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10   COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI NEL DM1 104

10.2   Quadro clinico 106

I soggetti diabetici hanno una maggior prevalenza di aterosclerosi e di malattia coronarica (CHD), ed un maggior tasso di morbidità e mortalità dopo SCA (angina instabile o IMA) rispetto ai non diabetici.

Quindi l’essere diabetici è un fattore prognostico negativo in caso di SCA.

In genere il diabete conferisce un fattore di rischio aggiuntivo pari a quello dei soggetti con pregresso IMA 34280281.

L’associazione clinica tra DM1 e patologia cardiaca è il risultato di diversi insulti patologici che, schematizzando, possiamo ricondurre a:

1)aterosclerosi precoce ed accelerata; 2)CAN;

Fig. 10.1. Tratta da Type 1 diabetes, hyperglycaemia, and the heart Ravi Retnakaran, Bernard Zinman, Lancet 2008.

Aterosclerosi precoce ed accelerata

Come anticipato, i soggetti con DM1 hanno una malattia aterosclerotica molto più avanzata rispetto ai soggetti di pari età, e questo perché il DM1 accelera il processo aterosclerotico, ed oltre a ciò bisogna considerare che la malattia generalmente insorge

precocemente, in età pediatrica (anche se ci sono casi ad esordio più tardivo, come scritto precedentemente). Cosa accelera il processo aterosclerotico nel DM1 e qual è la fisiopatologia dell’accelerata aterosclerosi nelDM1?

Fig. 10.2. Schema riassuntivo sulla patogenesi dell’aterogenesi nel DM1, tratto da “Mitigating micro- and macro-vascular complications of diabetes beginning in adolescence”, Moore et al., 2009.

Questo argomento non è stato perfettamente chiarito, tuttavia, da una serie di studi, sembra che l’iperglicemia cronica determini disfunzione endoteliale, primo passo dell’aterogenesi

282-286.

a livello delle cellule endoteliali, che a differenza di altri tipi cellulari non sono in grado di ridurre l’uptake di glucosio 285, si avrebbe un aumento della intracellulare concentrazione di glucosio, che a livello dei mitocondri indurrebbe una maggior produzione di ROS. Questi danneggiano il DNA ed attivano contestualmente il sistema riparativo della poli– ADPribosio–polimerasi, enzima che oltre a riparare il DNA inattiverebbe l’enzima gliceraldeide fosfato deidrogenasi, enzima della via glicolitica.

Pertanto il glucosio, non potendo proseguire il suo catabolismo attraverso la naturale via della glicolisi, percorrerebbe vie biochimiche alternative, le stesse che portano ad un aumento degli AGEs, all’attivazione della PKC, della via delle esosamine, della via dell’aldoso reduttasi.

Queste quattro vie, indirettamente, in ultima analisi, porterebbero alla Disfunzione

Endoteliale 283.

La disfunzione endoteliale, a sua volta, si manifesta con:

-squilibrio tra produzione di agenti vasodilatanti (NO) e vasocostrittori (Endotelina-1 ed Angiotensina II), a favore di questi ultimi;

-squilibrio tra fattori anti-coagulanti e pro-coagulanti, a favore degli ultimi;

-attivazione di fattori di trascrizione come NF-KB ed espressione di geni che favoriscono localmente l’infiammazione: espressione di geni codificanti per le chemiotassine (che attirerebbero i leucociti per chemiotassi), per le adesine (che verrebbero espresse sulla superficie endoteliale facendo aderire i leucociti circolanti).

Il risultato della disfunzione endoteliale che deriva dallo stato iperglicemico, è l’adesione e la penetrazione dei leucociti circolanti nel subendotelio.

comincerebbero a formarsi le strie lipidiche, e poi col tempo la vera e propria placca aterosclerotica.

Quindi la parola chiave è DISFUNZIONE ENDOTELIALE.

Fig. 10.3. Tratta da “Type 1 diabetes, hyperglycaemia, and the heart”, Ravi Retnakaran, Bernard Zinman, Lancet 2008.

E’ stato inoltre visto che anche a livello delle cellule muscolari lisce dei vasi si attivano alcune delle vie biochimiche viste in precedenza, ad esempio quella della PKC, dei recettori per gli AGEs, dell’NF-KB; verosimilmente quindi tali eventi indurrebbero le cellule muscolari lisce a migrare dalla tunica media all’intima, contribuendo a formare la placca, proliferando, tessendo matrice extracellulare ed infarcendosi di lipidi.

Va aggiunto infine che il diabete è associato ad un maggior stato di attivazione piastrinica, che, unitamente allo sbilanciamento della funzione endoteliale in senso pro-coagulante ed

alla diminuzione dell’attività fibrinolitica 285, 286, favorisce il formarsi ed il permanere del trombo.

C’è anche una differenza nell’evento acuto di placca nei non diabetici rispetto ai diabetici: mentre negli primi l’evento consiste generalmente in una vera a propria rottura della placca, negli ultimi si assiste più ad un processo di erosione che non di rottura della placca stessa 150.

A testimoniare che il processo ATS comincia precocemente nel DM1, già nel bambino, possiamo citare alcuni studi 184.

Ad esempio in uno studio, in bambini DM1 si osservava un aumento dell’IMT carotideo ed aortico; in un altro una riduzione della vasodilatazione NO dipendentente, segno di disfunzione endoteliale.

In aggiunta, recenti studi hanno evidenziato un’alta prevalenza anche di altri fattori di rischio cardiovascolari in bambini, adolescenti e giovani adulti con DM1 175, 287, 288 .

Di frequente riscontro è l’ipertensione, che a sua volta è fattore di rischio maggiore per malattie cardiache sia negli uomini che donne con DM1.

Forse è una conseguenza delle precoci alterazioni a carico delle cellule endoteliali e muscolari lisce vasali viste prima 289, 290.

Per quanto riguarda invece il profilo lipidico, esso non differisce molto, almeno da un punto di vista quantitativo, da quello della popolazione generale; molto più frequentemente si trova alterato invece nel DM2. Tuttavia nel DM1 si osservano alcune alterazioni qualitative delle lipoproteine, e se queste abbiano un ruolo aterogeno o meno non è perfettamente noto.

Anche nel DM2 il processo aterosclerotico è accelerato, ma vi sono alcune differenze. Una di queste è di ordine epidemiologico, ovvero l’età media di insorgenza del DM2 è maggiore di quella del DM1, pertanto, a parità di età i soggetti DM1 avranno avuto una maggior durata di iperglicemia e quindi di aterogenesi accelerata.

L’altra differenza è di ordine patogenetico: l’accelerazione dell’aterosclerosi nel DM2 è imputabile anche a fattori diversi rispetto all’iperglicemia, che incidono in maniera diversa e minore nel DM1:

la concomitante dislipidemia (bassi valori di HDL, alti di LDL,VLDL, TAG) e l’insulino resistenza 291, 292.

Si ricorda che l’eccesso di FFA è fonte indipendente di produzione di ROS, rispetto all’iperglicemia; ROS che a loro volta attivano quelle stesse vie attivate dall’iperglicemia (PKC, NFKB, ecc) e che portano in ultima analisi a disfunzione endoteliale 291 e che potrebbero giocare un ruolo nella Cardiomiopatia diabetica nel DM2.

Fig. 10.4. Tratta dalle Linee Guida ESC 2013 su Diabete,Pre-diabete e CDV

CAN

Generalità

La CAN (Cardiac Autonomic Neuropathy) è una grave e frequente complicanza cronica del DM ed è fattore di rischio indipendente per mortalità cardiovascolare.

Oltre che questo aspetto, la CAN si associa ad una peggior qualità di vita, dal momento che riduce la tolleranza all’esercizio fisico; si accompagna frequentemente anche ad ipotensione ortostatica, con le relative conseguenze.

All’oggi è una delle complicanze del diabete mellito che peggio risponde alla terapia. Interessante sarebbe conoscerne il comportamento a seguito di trapianto di pancreas. In alcuni studi sul trapianto di pancreas come quello di Navarro et al. questa valutazione è stata fatta, e sembra che il trapianto di pancreas abbia apportato dei miglioramenti in termini di non progressione 293.

Evidenze desumibili da trials clinici hanno dimostrato il ruolo centrale dell’iperglicemia nel favorire insorgenza e progressione della CAN, e quindi come lo stretto controllo glicemico possa di contro ridurne l’incidenza.

Sono tuttora in corso studi per valutare cosa sia efficace e cosa non lo sia nel trattamento della CAN, una volta che essa si è già instaurata, così come sono in corso di studio farmaci che possano migliorare i sintomi dell’ipotensione ortostatica, come anticipato pocanzi una delle più invalidanti manifestazioni cliniche della CAN.

Ricordiamo infine che la CAN si inscrive nell’ambito di una più generale Neuropatia autonomica, che a sua volta si inscrive nell’ambito della Neuropatia diabetica. La CAN è quindi solo una delle tante manifestazioni possibili della neuropatia autonomica, e quindi della neuropatia diabetica.

Epidemiologia della CAN

E’ una frequente complicanza cronica del DM. La sua prevalenza in realtà è molto variabile a seconda dei criteri diagnostici usati (dal momento che non ne esistono di

Ad esempio si va dal 2,5 % del braccio di prevenzione primaria dell DCCT 294 al 90 % dei pazienti con DM1 di lunga data candidati al trapianto di pancreas 295. In uno studio fatto da Ziegler et al. 296 basato sull’analisi dell’HRV e sull’analisi spettrale degli intervalli R-R, vennero riscontrate anomalie nel 25,3 % dei DM1 e 34,3 % dei DM2.

Altri fattori di rischio,come ad esempio l’età ed il sesso, possono influenzare lo sviluppo della CAN.

Patogenesi

I trials clinici hanno dimostrato il ruolo centrale dell’iperglicemia, pertanto in ultima analisi lo sviluppo della CAN è il risultato di una complessa interazione tra il grado di controllo glicemico, la durata della malattia, alterazioni neuronali età-correlate e pressione sistolica e diastolica 297, 298.

L’iperglicemia a sua volta attiva una serie di vie metaboliche/biochimiche che, contestualmente alla ridotta perfusione da compromissione dei vasa nervorum, contribuiscono all’insorgenza e poi progressione della neuropatia diabetica 299-301. Pertanto si ritiene che intervengao i seguenti meccanismi 300, 302:

-danno metabolico diretto delle fibre nervose (attraverso le vie viste prima: PKC, via dei polioli, AGEs, stress ossidativo);

-danno dei vasa nervorum; -danno autoimmune; -deficit di GF neurotrofici.

Il SNA è il principale meccanismo regolatore estrinseco dell’HRV e della performance cardiaca. La neuropatia autonomica procede di pari passo alla neuropatia periferica, estendendosi in senso disto-prossimale.

Dal momento che la neuropatia danneggia prima le fibre nervose con maggior lunghezza, il nervo vago, che è il più lungo nervo del SNA, è il primo ad esser colpito e quindi le prime manifestazioni sono a carico della branca parasimpatica del SNA.

Come corollario si ha un precoce aumento relativo dell’attività ortosimpatica, avendo le due branche azioni antagoniste, reciprocamente inibitorie.

Questo spiega anche l’aumento della frequenza cardiaca a riposo,una delle possibili manifestazioni cliniche della CAN.

Fig. 10.5. Schema sulla denervazione cardiaca in corso di CAN, tratto da “Cardiac Autonomic Neuropaty in Diabetes”, Rodica Pop-Busui, anno 2009.

progredisce dall’apice dei ventricoli verso la base del cuore, e questo è un aspetto studiabile tramite tecniche di Medicina Nucleare, anche se queste sono prevalentemente riservate a scopi di ricerca.

Fig. 10.6. Tratta da “Cardiac Autonomic Neuropaty in Diabetes”, Rodica Pop-Busui, anno 2009.

Manifestazioni cliniche della CAN ed epoca di comparsa

Le manifestazioni cliniche possono apparire anche a distanza di molto tempo dall’esordio del DM e di solito in un fase avanzata della CAN. Low et al., usando una scala in cui i pazienti annotavano i sintomi autonomici, riporta che i sintomi autonomici sono più comunemente presenti nei DM1 che nei DM2 303.

Quali sono le manifestazioni cliniche?

Normalmente esiste una considerevole variabilità della frequenza cardiaca, da un battito al successivo, per effetto dell’innervazione simpatica e parasimpatica che regolano il ritmo cardiaco in base ad una numerosa serie di parametri, di natura emodinamica,metabolica,ecc.

Sempre fisiologicamente la frequenza cardiaca cambia a seconda della fase del ciclo respiratorio in cui ci troviamo: aumenta durante l’inspirazione e decresce in espirazione. Tramite registrazione elettrocardiografica durante opportune manovre (Valsalva, passaggio dal clino all’ortostatismo,ecc.), oppure tramite registrazione ambulatoriale della pressione arteriosa nelle 24 ore ed analisi della variabilità R-R (estrapolando alcuni indici come il SDNN, il SDANN e ll rMSSD), oppure ancora tramite analisi spettrale dell’HRV, è possibile valutare in maniera più sensibile una riduzione della HRV, anche cogliendola pertanto anche in fase preclinica 300, 304-310.

2)Tachicardia a riposo

Valori di frequenza cardiaca a riposo, anche fino a 100 bpm, con occasionali aumenti anche fino a 130 bpm, in genere si verificano in fase avanzata di CAN e sono il riflesso dell’aumento relativo dell’attività simpatica a scapito di quella vagale.

Tuttavia non è esso segno patognomonico di CAN avanzata, dal momento che questo potrebbe realizzarsi anche in altre condizioni, come ad esempio un’anemia od in corso di tireotossicosi (la manifestazione clinica dell’ipertiroidismo).

Lo step successivo è la mancata risposta della frequenza cardiaca all’esercizio fisico, allo stress, la mancata riduzione durante il sonno: questi eventi riflettono una oramai completa denervazione cardiaca e quindi configurano una CAN grave 305.

E’ un’altra possibile manifestazione dalla CAN, che determina incapacità del cuore ad innalzare frequenza cardiaca, portata cardiaca e pressione arteriosa in risposta all’esercizio fisico 305.

Per questo è raccomandabile che i pazienti diabetici, con possibile o già documentata CAN, siano sottoposti a test da sforzo prima di cominciare un programma di attività sportiva.

4) Anomalie nella regolazione della pressione arteriosa

Durante la notte, nei soggetti non diabetici si assiste ad una prevalenza del tono parasimpatico su quello simpatico, il che comporta una riduzione notturna della pressione arteriosa 311, parallelamente alla riduzione della frequenza cardiaca.

Nel diabetico con CAN questo non si verifica, il simpatico prevale sul parasimpatico e pertanto si ha ipertensione notturna 312.

Questo a sua volta si associa ad ipertrofia del ventricolo sinistro ed eventi cardiovascolari mortali e non 313.

5)Ipotensione ortostatica

E’ la conseguenza della perdita dell’innervazione efferente ortosimpatica, il che si traduce in una ridotta capacità di vasocostringere il distretto splancnico ed altri letti vascolari nel passaggio dal clino all’ortostatismo314.

I sintomi che vi si associano possono esser di varia gravità: dal senso di disorientamento (in inglese “dizziness” diverso da “vertigo”, che corrisponde alla vertigine vera), al senso di debolezza, all’annebbiamento della vista fino alla sincope. Questi sintomi provocano un peggioramento della qualità della vita. Alcuni farmaci possono aggravarli, e tra questi possiamo citare: vasodilatatori, diuretici, fenotiazine, l’insulina stessa (tramite

vasodilatazione endotelio dipendente) ed infine i TCA, farmaci tra l’altro usati spesso a scopo sintomatico per il dolore che può accompagnare la neuropatia diabetica.

Diagnosi

Non vi è un unanime accordo .

Generalmente nella pratica clinica si ricorre, per conferma diagnostica o per screening in soggetti non ancora sintomatici al rilevamento dell’HRV, dell’ipotenzione ortostatica (se è documentabile una riduzione >30 mmHg di Ps e/o >10 mmHg di Pd nel passaggio dal clino all’ortostatismo 314), alla registrazione ambulatoriale della pressione arteriosa nelle 24 ore.

Tra le indagini invece usate prevalentemente a scopo di ricerca, e che forse in futuro avranno una maggiore diffusione nella pratica clinica, possiamo citare ad esempio la PET con [11C]HED, radiofarmaco assunto a livello delle varicosità sinaptiche dei nervi simpatici, tramite il NET(norepinephrine transporter), e che per l’appunto potrebbe esser usata per monitorare il grado di denervazione simpatica 305, 315, 316.

Infine, tra le altre indagini usate a scopo di ricerca ricordiamo la BRS(Baroreflex sensitivity) 317 e la Microneurografia 318.

Significato prognostico della CAN

La CAN è un potente fattore di rischio indipendente di mortalità per cause cardiovascolari nei diabetici, sia DM1 che DM2, e questo lo si è visto in una serie di studi longitudinali 171,

293, 319-322.

studio), dopo correzione per altri fattori di rischio cardiovascolari 171. Pertanto la presenza della CAN è un elemento fortemente peggiorativo dal punto di vista dell’outcome cardiovascolare.

Da un lato vi è una mera relazione di tipo associativo: se si è sviluppata clinicamente la CAN, vuol dire che siamo verosimilmente in una fase avanzata del diabete, e che probabilmente vi saranno altre complicanze microvascolari, e che magari la malattia aterosclerotica ha raggiunto livelli importanti.

Dall’altro vi è una relazione causale con la morbidità e mortalità cardiaca e questo per una serie di possibili ragioni:

1)può determinare anomalie della risposta vasomotoria coronarica; 2)vi è un aumentato rischio di aritmie gravi e morte improvvisa;

3)viene a mancare un importante campanello d’allarme verso due eventi sfavorevoli:

a)l’episodio ischemico; b)l’episodio ipoglicemico.

a)La ridotta o assente percezione del dolore ischemico compromette il tempestivo

riconoscimento dell’ischemia o infarto miocardico, e quindi ritarda l’intervento terapeutico.

b)La CAN inficia il riconoscimento di ipoglicemie. Secondo un circolo vizioso, a sua volta

un episodio di ipoglicemia riduce la risposta ormonale ed autonomica ad un successivo episodio ipoglicemico 323.

Un’ ipoglicemia non riconosciuta potrebbe favorire l’insorgenza di aritmie maligne con conseguente morte cardiaca improvvisa.

4)Ha un ruolo causale nella Cardiomiopatia Diabetica?

Non si hanno ancora risposte definitive a riguardo. Tuttavia da alcuni studi sembrerebbe che ci sia una correlazione 324.

Va infine ricordato che i pazieni CAN, secondo alcuni studi 305, 325 sembrano presentare un maggior rischio di stroke, ed un maggior rischio intra e perioperatorio 305. Infatti nei pazienti sottoposti ad anestesia generale, quelli con CAN richiedono un supporto vasoattivo maggiore di quelli senza CAN.

Ridotta o mancata percezione del dolore ischemico, o ischemia silente, nella CAN

Questa osservazione è stata suggerita da una serie di studi nei quali si è notato il frequente riscontro nei pazienti con CAN di ischemia miocardica silente.

Si ritiene infatti che alla CAN sia imputabile principalmente la mancata percezione del dolore ischemico nei soggetti diabetici, e questo aspetto è stato confermato da numerosi studi, alcuni dei quali verranno citati, per trasmettere un’idea dell’impatto clinico- prognostico della problematica.

In un report dell’Oslo Study, che coinvolgeva 29 pazienti DM1 di età media di 43 anni e durata media di malattia di 30 anni sottoposti ad IVU (IntraVascular Ultrasound), si vide che tutti questi presentavano aterosclerosi coronarica significativa e 10 di loro (il 34 %) presentava stenosi superiori al 50 % alla coronarografia.

Di rilievo fu il fatto che nessuno di questi avesse sintomi riferibili alla coronaropatia, e solo 6 di loro erano positivi all’ECG da sforzo.

Altro studio, con messaggio analogo:

In uno studio con monitoraggio ambulatoriale del segmento ST in pazienti con CAD documentata, oltre il 90 % degli episodi ischemici era asintomatico326.

In un altro studio, con test da sforzo, i soggetti diabetici erano meno inclini ad esser limitati dall’angina nel momento della depressione del segmento ST rispetto ai non

(indicativo di insufficienza cardiaca) durante il test da sforzo spesso precede il dolore anginoso, e che questa correla con il grado di CAN nei test di reattività cardiovascolare 328,

329 e col la scintigrafia con MIBG 330, corroborando quindi il legame tra CAN e mancato

riconoscimento dell’angina.

Nella metanalisi di Vinik et al.300 di 12 studi pubblicati, si è vista un’importante associazione tra CAN e ischemia miocardica silente, indotta nel corso di test da sforzo con esercizio fisico.

Nonostante quindi nonostante l’aterosclerosi tenda ad evolvere asintomaticamente, rispetto ai non diabetici, i DM1 hanno malattia aterosclerotica diffusa, stenosi più severe del circolo coronarico, più frequente malattia trivasale e malattia dei segmenti distali 331, 332. Senza sintomi quindi la malattia aterosclerotica spesso arriva in fase avanzata, potendo quindi esordire con un ECV bassa portata 120.

Quindi concetto chiave: la CAN innalza la soglia ischemica, e ciò comporta che: -la malattia ATS non si manifesti clinicamente finchè non è troppo avanzata;

-in caso di SCA l’angina può mancare od esser tardiva, quindi compromettendo una tempestiva diagnosi e terapia riperfusiva 333.

In aggiunta si ricorda che una ridotta percezione del dolore rende anche difficile monitorare il trattamento anti-ischemico o determinare se si sia verificata una restenosi dopo intervento coronarico. Non è infine un caso che nei pazienti diabetici con infarto miocardico silente sia stato dimostrato un danno istologico delle fibre autonomiche afferenti al cuore 334.

quindi è bene non sottovalutare in tali pazienti sintomi come una dispnea insorta acutamente, con o senza tosse, una intensa affaticabilità, nausea e vomito insorti acutamente, dispepsia, sudorazione, modificazioni acute della glicemia, ecc., dal momento che potrebbero questi essere gli unici elementi cui appigliarsi per la diagnosi di SCA, mancando il tipico dolore anginoso 305.

Approcci terapeutici

1) Prima di tutto la prevenzione, che in questo caso si realizza con lo stretto controllo glicemico,come dimostrato nei trials in cui si confrontava la terapia insulinica aggressiva con quella standard, ovvero il DCCT ed il suo prosieguo,cioè l’EDIC nei DM1.

Ad esser più precisi nel braccio della terapia aggressiva ,l’incidenza di CAN era ridotta del 53 % rispetto al braccio convenzionale, e nell’EDIC (follow up di entrambi i gruppi,dopo ritorno in entrambi alla terapia convenzionale) si è visto che tale effetto protettivo proseguiva,nonostante il convergere dei valori di HbA1c249, 294. Risultati un po’ meno netti nel DM2 335, 336.

2)In soggetti con CAN documentata, sono in corso tentativi terapeutici farmacologici e non.

Sembra che la pratica dell’attività fisica, con esercizi di resistenza sotto stretta