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I materiali legati con cemento: i masselli autobloccanti per pavimentazioni pedonali

4.3.1. La realizzazione del modello numerico

Riciclato: 32.2% Rettangolare: 9.7% S-Shaped: n.d.

Ottag+Quadr: 10.5% Ottagonale: 9.3% Quadrato: 13.5%

Figura 4.16 – Prova Cantabro: confronto tra le diverse tipologie di masselli mm), in secondo luogo la densità (maggiore nei blocchi standard) ed infine la metodologia di compattazione, parametro che, come già evidenziato, influenza la resistenza meccanica e la coesione della miscela stessa.

4.3. La modellazione numerica del test di trazione indiretta

Di seguito verrà descritta la procedura per la costruzione del provino utilizzato per simulare le prove di trazione indiretta, procedura poi ripetuta per le altre prove. Anche in questo caso si è scelto di utilizzare il Sistema Internazionale di misura, pertanto si ricorda che le lunghezze sono espresse in metri e le forze in Newton.

Come nei casi studio precedenti sono stati inizialmente definiti gli elementi boundary di confine, ovvero 4 elementi wall disposti a creare un quadrato di lato pari a 102.8 mm = 0.1028 m. Passo successivo è stata la creazione delle ball, che in questo caso si è scelto di considerare come cilindri di spessore pari a 0.0459 m, media degli spessori calcolati sui 21 provini reali. Questo permette di simulare correttamente la massa del campione, nonchè le pressioni agenti sulle facce superiori del modello. Considerando, infatti, le ball come dischi, lo spessore del provino sarebbe stato molto piccolo rispetto alla realtà e strettamente legato alla dimensione delle particelle; analogamente, considerando come default lo spessore unitario, quindi pari a 1.00 m, il modello sarebbe stato estremamente sproporzionato e, anche in questo caso, poco rappresentativo della realtà.

Gli elementi ball sono stati creati, come già anticipato, con la tecnica dell’espansione del raggio, ovvero è stato imposto un numero totale di ball (1000) di raggio variabile secondo una distribuzione normale, con gli unici vincoli di mantenere il rapporto tra raggio massimo e minimo pari a 1.5 e conseguire una porosità finale pari al 5%. Le particelle sono distribuite in modo casuale all’interno dello spazio definito dagli elementi di confine e, successivamente, modificate nelle dimensioni, aumentando o diminuendo il raggio di ogni elemento, fino a raggiungere il volume dei vuoti desiderato. Il procedimento iterativo utilizzato calcola, di volta in volta, un apposito coefficiente moltiplicativo da applicare al raggio dell’elemento, funzione della porosità richiesta e di quella attuale, come riportato nell’equazione 4.3

( )

1

) (

1

media

porosità porosità mult

= − (4-3)

in cui la porosità media è definita, ad ogni step di calcolo, dal rapporto tra l’area occupata dalle particelle (sum) e l’area del provino all’interno dei wall di confine (4.4).

) 1 (

height width porositàmedia sum

− ⋅

= (4-4)

Al termine della procedura, come già osservato nella generazione dei modelli precedenti, le ball presentano alcune sovrapposizioni non rappresentative della condizione reale, che danno origine a sforzi interni dell’ordine di grandezza di 106-107 N/mq. Tali sforzi sono stati ridotti attraverso la già citata procedura di ricerca di sforzo isotropico interno. Nelle figure seguenti si riportano le immagini dell’evoluzione degli sforzi interni: si osserva che la distribuzione varia nel tempo

Figura 4.17 – evoluzione degli sforzi interni durante la procedura di ricerca dello sforzo isotropico

sia in termini di valore assoluto, arrivando a valori trascurabili dell’ordine di 10-3, sia in termini di distribuzioni spaziali, arrivando ad una distribuzione omogenea, caratteristica di un materiale isotropo.

Ultimo aspetto da valutare, analizzando un materiale legato, è la presenza di elementi floaters, particelle che presentano meno di tre contatti, che creano vuoti incapsulati all’interno del materiale non rispondenti ad aspetti reali. Per eliminare i floaters è necessario procedere ad una ridistribuzione interna degli elementi nei punti critici, riposizionati in modo da garantire almeno 3 contatti per ogni elemento ball. Nelle figure seguenti sono evidenziati in rosso i floaters individuati all’interno del provino al termine della procedura di creazione dello stesso e la loro progressiva rimozione.

Figura 4.18 – progressiva eliminazione dei floaters all’interno del provino

Una volta terminata questa procedura è possibile instaurare i legami di contatto tra le particelle e rimuovere i wall di confine.

Per quanto riguarda la caratterizzazione del comportamento meccanico, si osserva che, come già ricordato, i metodi particellari sono stati introdotti in origine per lo studio di materiali discontinui. Recentemente, tuttavia, tali metodi sono stati utilizzati con successo nello studio della meccanica della frattura nel caso di mezzi continui e non omogenei, come nello studio di Azvedo et al.

(2002), che analizza il comportamento di un elemento piano in calcestruzzo soggetto a sforzi di taglio. Il conglomerato cementizio è caratterizzato da un

complesso comportamento a frattura, legato alla sua struttura microscopica, che può essere visto come uno scheletro di aggregati di dimensioni variabili, quasi in diretto contatto tra loro, uniti da una matrice di cemento che agisce come legante consentendo alla struttura di portare una quota parte di sforzi di taglio. Come ricordato da Cundall (2001), un insieme di particelle discrete collegate tra loro attraverso semplici leggi di interazione sono in grado di catturare il comportamento globale di un materiale quasi-fragile, sia questo una roccia o un conglomerato cementizio. In particolare Azvedo et al. (2002) hanno valutatola medesima prova attraverso quattro diversi modelli numerici, definiti rispettivamente da:

• 763 ball di diametro 8 mm, con una distribuzione regolare esagonale

• 2866 ball di diametro 4 mm, con una distribuzione regolare esagonale

• 2922 ball di diametro 4 mm, con una distribuzione eterogenea

• 1475 ball di diametro compreso tra 4 e 8 mm e distribuzione eterogenea.

Le condizioni al contorno sono state create utilizzando elementi wall lineari considerati infinitamente rigidi e senza possibilità di rotazione. I test sono stati simulati in controllo di deformazione, definendo lo spostamento di un elemento wall. Il criterio di rottura adottato è quello di Mohr Coulomb e i contatti sono considerati rotti quando viene raggiunta la tensione ultima del materiale o la resistenza a taglio dello stesso. Per tutti modelli analizzati i ricercatori hanno ipotizzato una frattura fragile, simulata con una rapida diminuzione della rigidezza dei contatti, in modo che, una volta avvenuta la rottura dei contatti, questi non siano più in grado di portare una quota parte significativa di forza.

La stessa procedura è stata utilizzata nella presente ricerca, definendo il comportamento del materiale attraverso la rigidezza degli elementi ball (normale e tangenziale) e la rigidezza dei legami di contatto, con riferimento al legame tipo contact-bond. Nei paragrafi seguenti si tratterà nel dettaglio la calibrazione del modello numerico.

4.3.2. La modellazione del test di trazione indiretta in