• Non ci sono risultati.

Il regime sanzionatorio previsto dall’art 18 St Lav (post riforma Fornero)

Nel documento Il licenziamento disciplinare illegittimo (pagine 43-47)

CAPITOLO 2 IL REGIME SANZIONATORIO PER IL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO INTIMATO AI LAVORATOR

II.2 Il regime sanzionatorio previsto dall’art 18 St Lav (post riforma Fornero)

La disciplina giuslavoristica contempla dunque, per i lavoratori licenziati illegittimamente, due differenti tipologie di tutela: quella c.d. reale prevista dall’art. 18 della L. 300/1970, e quella c.d. obbligatoria di cui all’art. 8 L. 604/1966. Come risaputo, la prima (detta anche ripristinatoria) consente al lavoratore di poter essere reintegrato nel posto di lavoro, mentre l’altra, consente di ottenere solo una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno. La tutela reale, si applica(va)129 ai licenziamenti illegittimi o nulli, intervenuti all’interno di

unità produttive130 con almeno 15 dipendenti ovvero almeno 5 nel caso di

imprese agricole, nel caso di unità produttive con diverse sedi, ma che in uno stesso comune vi siano almeno 15 dipendenti o almeno 5 nel caso di imprese agricole. Oppure, con qualsiasi unità produttiva nel caso si tratti di azienda con almeno 60 dipendenti. La ratio iuris nell’adozione di una disciplina differenziata (peraltro mantenuta dall'art. 18 l. 300/1970 anche post modifica ex L. 108/1990), in base al requisito dimensionale delle imprese, si appunterebbe sull’elemento fiduciario del rapporto, che in caso di piccole imprese è più tangibile131, atteso che

detrimento dei lavoratori (ed a vantaggio delle imprese), mentre in prospettiva futura dovrebbe contribuire al miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro

129 Il d.lgs. 23/2015, ha posto, indirettamente, un confine temporale all’operatività

dell’art. 18 Stat. Lav.. stabilendo che coloro che sono stati assunti posteriormente alla data del 7 marzo 2015, soggiacciono alla diversa disciplina

130 Ai fini dell’applicazione della norma, per “unità produttiva” si intende quella entità

aziendale che sia dotata di una propria autonomia imprenditoriale e caratterizzata da un livello di indipendenza tecnica, organizzativa ed amministrativa che consenta di esaurire per intero un determinato ciclo produttivo ovvero una frazione di questo o un suo momento essenziale (Cass. 19837/2004, Cass. 9881/2001)

131 Cfr. Romei R., La legge 11 maggio 1990 n. 108 Disciplina dei licenziamenti individuali, a cura di R. De Luca Tamajo e M. D'Antona, in NLC, 1991, pag. 193 e ss.

di solito l’imprenditore lavora a fianco dei prestatori di lavoro. Pertanto, prima della L. 92/2012, nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo, rientranti nel campo di applicazione della tutela reale, il giudice ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno (per un importo non superiore alle 5 mensilità), oltre che al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, dal licenziamento all’effettiva reintegra. Oppure qualora il lavoratore non intendeva essere reintegrato, veniva rimessa solo allo stesso, la facoltà di chiedere (entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza) un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità della retribuzione. Detta richiesta oltre a far sorgere il relativo diritto, aveva l’effetto di estinguere ipso iure (ex art. 18 co. 5), il rapporto di lavoro. Con la riforma Fornero, per le imprese fino a 15 dipendenti, quasi nulla e' cambiato rispetto al precedente assetto normativo, perciò in caso di licenziamento illegittimo per insussistenza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo, rimane inalterato il regime di tutela di cui all’art. 8 della L. 604/66 (tutela c.d. obbligatoria), che prevede la facoltà del datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore licenziato o in sostituzione di risarcirlo nella misura stabilita dal Giudice (sempre in una forbice tra le 2,5 e le 6 mensilità). Lasciando in disparte i requisiti dimensionali delle imprese, la riforma Fornero ha riconfermato132 il

principio che il licenziamento del lavoratore possa avvenire solo per giusta causa (art. 2119 c. c.) o per giustificato motivo (art. 3 L. 604/1966). Quindi i criteri in base ai quali i Giudici decidono se un licenziamento debba essere reputato valido o meno, continuano ad essere i medesimi, ciò con particolare riferimento al criterio di proporzionalità (art. 2106 c.c.). Quanto alla decorrenza, viene disposto che essa retroagisca al momento della contestazione del fatto133. La tutela reale,

132 In tal senso cfr. M. T. Carinci, Il licenziamento non sorretto da giusta causa e da giustificato motivo soggettivo: i presupposti applicativi delle tutele previste dall’art. 18 St. Lav. alla luce dei vincoli del sistema, in RIDL, 2012, II, p. 1053 e ss.; A. Vallebona, La riforma del lavoro 2012, Giappichelli, Torino 2012; L. Galantino, La riforma del regime sanzionatorio dei licenziamenti individuali illegittimi: le modifiche all’art. 18 dello statuto dei lavoratori, in G. Pellacani (a cura di), Riforma del lavoro. Tutte le novità introdotte dalla legge 28 giugno 2012 n. 92, Giuffrè, Milano 2012; Contrario - Cfr. P.

Tullini, Riforma della disciplina dei licenziamenti e nuovo modello giudiziale di

controllo, in RIDL, 2013, fasc. 1, p. 149 ed altri (affermando che la riforma Fornero abbia

introdotto modifiche di natura sostanziale).

133 Il licenziamento produce effetto, non dal momento in cui viene intimato, ma da quello

in cui il procedimento disciplinare è stato avviato (ex art. 1, comma 41 della L. 92/2012). Riguardo agli effetti, questi rimangono sospesi in caso di impedimento derivante da

resta invece sempre applicabile laddove si tratti di datori di lavoro di medie o grandi dimensioni, oppure che occupano più di 15 dipendenti nell’unità produttiva (più di 5 per le aziende agricole), più di 15 dipendenti nell’ambito comunale (più di 5 per aziende agricole), o più di 60 dipendenti nel complesso. Occorre precisare che nel settore del lavoro pubblico privatizzato, in caso di licenziamenti, la tutela reale trova applicazione a prescindere dal requisito dimensionale. Una volta chiarito l’ambito applicativo della Legge Fornero, occorre evincere più nel dettaglio, in che modo è stato modificato il preesistente regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi. Ebbene, si passa dall’unica sanzione (reintegra più risarcimento) all’introduzione di un regime sanzionatorio meramente indennitario, diversificato in base al tipo di violazione alle regole dei licenziamenti134. In particolare sono state individuate quattro fasce di tutela135, che vengono modulate secondo il grado di responsabilità datoriale accertato, alla natura ed all’intensità della gravità della violazione136: la tutela reale piena (che viene disciplinata dai primi tre commi dell’art. 18 S.L.); la tutela reale attenuata (contemplata nel comma 4, con risarcimento compreso tra una massima); La tutela indennitaria forte (ex comma 5, variabile tra 12 e 24 mensilità) ; La tutela indennitaria attenuata (prevista dal comma 6, oscillante tra 6 e 12 mensilità). La tutela reale piena, viene circoscritta alle sole ipotesi in cui emerga la commissione di gravi violazioni rispetto alla disciplina dei licenziamenti. Il primo comma dell’art. 18 Stat. Lav., nella nuova formulazione riserva la reintegrazione nel posto di lavoro ad alcune ipotesi di nullità di licenziamento, ravvisandone la certa discriminatorietà allorquando: “… ai sensi dell’articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi

infortunio occorso sul lavoro. In generale, in tutte le ipotesi in cui opera la sospensione, il licenziamento avrà efficacia al termine dell’impedimento o della sospensione del rapporto.

134 Tale passaggio, segna il primo sostanziale depotenziamento dell’art. 18 della L.

300/1970, che per oltre quaranta anni, aveva rappresentato, il pilastro su cui poggiava l’intero sistema di tutele e dei diritti dei lavoratori

135 Per una minuziosa disamina delle differenti forme di tutela previste C. Cester, Il progetto di riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni, in ADL, 2012, I,

p. 547 e ss.; M. Marazza, L’art. 18, nuovo testo, dello Statuto dei lavoratori, in ADL, 2012, p. 613 e ss.

136 Cfr. C. Cester, I quattro regimi sanzionatori del licenziamento illegittimo fra tutela reale rivisitata e nuova tutela indennitaria, in Carlo Cester (a cura di), I licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012, Cedam, Padova 2013, p. 59 e ss.

dell’articolo 35 del codice civile delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 del codice civile”. Pertanto ricorrendo dette ipotesi il licenziamento viene dichiarato nullo, essendo stato intimato per motivi discriminatori, ne consegue la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro, ciò indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati, dalla natura dell’attività svolta o dal motivo formalmente adotto dal datore quale causale del licenziamento. Inoltre spetta al prestatore di lavoro il diritto al risarcimento del danno, la cui entità deve essere “commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali137”.

Quindi, pur lasciando inalterata la tutela reintegratoria precedente, vengono apportate delle modifiche sostanziali, modulate in modo tale da ridurre il quantum risarcitorio spettante. Difatti, facendo riferimento all’ultima retribuzione globale di fatto percepita, gli eventuali aumenti, medio-tempore intervenuti (nell’arco temporale che va dalla percezione dell’ultima retribuzione fino alla sentenza) non vengono presi in considerazione. Inoltre, quanto alla previsione della detrazione dell’aliunde perceptum (ossia delle somme percepite da altre datori durante l’illegittimo licenziamento), viene osservato che, in precedenza tale orientamento era dibattuto in giurisprudenza, e che quindi il legislatore abbia voluto conferire omogeneità e certezza: “ragioni di coerenza normativa e di parità di trattamento inducono a ritenere comunque applicabile la regola fissata da quest’ultima norma, che è diversa da quella previgente, peraltro di formazione giurisprudenziale

contrastata138”. Lo stesso autore, peraltro, da conto dell’esistenza di un

orientamento per il quale “la variabilità delle previsioni risponde alla volontà del legislatore di introdurre regimi differenziati anche con riferimento al profilo delle conseguenze risarcitorie”. Altra dottrina, con maggior persuasione, osserva che la volontà del legislatore sia protesa a circoscrivere le ipotesi di licenziamento illegittimo “odiose139” ovvero connotate da una ingiustificatezza macroscopica,

equivalente al “torto marcio140” (datoriale), insomma quel tipo di situazioni la cui

gravità è indiscutibilmente manifesta ed elevata.

Nel documento Il licenziamento disciplinare illegittimo (pagine 43-47)