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2.4. Pre-elaborazione delle immagini

2.4.3. Rettifica di immagini epipolari

zione:

(2.32)

Anche in questo caso la procedura può essere utilizzata a scatola chiusa ed è quindi pienamente auto-matizzabile nel processo.

Nella pagina precedente sono riportati alcuni esempi delle tecniche appena illustrate (figura 2.6) in cui è possibile anche notare come le diverse procedure operino trasformazioni differenti negli istogrammi dei toni di grigio.

CAPITOLO 2. Algoritmi e tecniche di matching area-based 99

epipolari: un primo metodo, descritto in [Hartley 2000], è basato sulla stima di un piano proiettivo comune ad entrambi i fotogrammi e legato a questi da due particolari omografie. La rettifica di immagini epipolari richiede infatti che i punti corrispondenti agli epipoli vengano “mappati”, per mezzo di una trasformazione appropriata, all’infinito. Tale trasformazione può essere effettivamente assimilata ad una collinearità, nel qual caso l’intero processo assume il significato di riproiezione su un piano immagine “virtuale”che sia parallelo alla base di presa dei due fotogrammi (vedi figura 2.7). E’ facile osservare che i piani che verifica-no tale condizione costituiscoverifica-no ∞1 fasci impropri di rette con generatrici rette parallele alla base di presa.

Analiticamente ciò può essere dimostrato, riferendoci per semplicità ad un solo fotogramma, dal fatto che una volta determinata la corrispondenza fra l’epipolo (di coordinate (x1, x2, x3)) e il punto all’infinito di coordinate (1,0,0) restano ancora 4 gradi di libertà (1 rotazione, 2 di traslazione e 1 di scala del piano p) per fissare l’omografia evitando di dar luogo a trasformazioni proiettive indesiderate.

Una prima condizione da imporre è quindi limitare al massimo le deformazioni prospettiche nell’intor-no di un punto del fotogramma (ad esempio il centro del fotogramma o il baricentro dell’area che si vuole analizzare nel matching). Si supponga, per semplicità che l’epipolo del fotogramma considerato abbia coordinate e = (f, 0, 1). Si consideri allora la trasformazione omografa individuata dalla matrice:

P1

P2

π

Figura 2.7: Schema della generazione di immagini epipolari: si stima l’omografia che lega i due piani immagine originali (in giallo) ad un nuovo piano p parallelo alla base di presa P1P2; punti corrisponden-ti sulle nuove immagini (in azzurro) vengono, per costruzione, a trovarsi sulla stessa linea orizzontale.

(2.33)

E’ facile dimostrare che se il punto di interesse è prossimo all’origine (0, 0, 1) la deformazione nell’in-torno del punto è approssimativamente nulla: il punto di coordinate generiche (x, y, 1), a seguito dell’appli-cazione della collinearità risulta trasformato in

(2.34)

Approssimando tali coordinate per mezzo di uno sviluppo in serie di Taylor supponendo che il rapporto x f % 1, ovvero che l’epipolo si trovi sufficientemente distante dal formato del fotogramma, si ottiene

(2.35)

Lo jacobiano della trasformazione, in altre parole, risulta:

(2.36)

che, in virtù delle ipotesi fatte, risulta assimilabile alla matrice identità. Se l’epipolo ha coordinate gene-riche ed il punto di interesse non si trova nell’origine, detta R la matrice di rotazione richiesta per portare l’epipolo in (f, 0, 1) e T la matrice di trasformazione che rappresenta la traslazione per portare il punto di interesse x0 nell’origine, l’omografia complessiva può essere ottenuta come

(2.37)

Il problema, a questo punto, consiste nel determinare un’omografia da applicare al secondo fotogramma in modo che due condizioni vengano soddisfatte: innanzitutto anche in questo caso l’epipolo deve essere portato all’infinito, in modo da portare punti omologhi sulla stessa retta orizzontale; inoltre, visto che si può dimostrare che la precedente condizione non è in grado di fissare tutti i gradi di libertà, è necessario stabilire un criterio per fissare i rimanenti parametri liberi: tale condizione può ad esempio essere quella di scegliere la trasformazione che rende minime le parallassi fra le due immagini:

(2.38)

E’ possibile dimostrare ([Hartley 2000]) che la prima condizione è verificata se e solo se essa risulta (2.39) G

f 1 0 1

0 1 0

0 0 1

= -G

f 1 0 1

0 1 0

0 0 1

=

-, -, , ,

G

x x x y x f

x f x

x f 1 y

1 1 1

T T

- =

-

-= =

l G ^ , , h d , , n

x x x y x f

x f x

x f 1 y

1 1 1

T T

- =

-

-= =

l ^ h d n

... , ... , xl, `x _1 +x f+... ,i y _1+x f+... ,i1j xl, `x _1 +x f+ i y _1+x f+ i1j

J x f

y f x f

1 2 0

= + 1

J x f +

y f x f

1 2 0

= + 1

+

H=GRT H=GRT

, min

d Hx H xi i

i

2=

_ l li

!

d Hx H xi, i min

i

2=

_ l li

!

Hl=^I+HeaThHM con F=6 @e XM Hl=^I+HeaThHM con F=6 @e XM

CAPITOLO 2. Algoritmi e tecniche di matching area-based 101

in cui a è un vettore che contiene gli elementi incogniti dell’omografia. Dal momento che, a seguito della trasformazione (2.37) l’epipolo e viene a trovarsi in (1, 0, 0), la quantità tra parentesi nella (2.39) risulta:

(2.40)

Detti allora xti=Hxi, H0=HM e xtli=H0xli è possibile riscrivere la condizione (2.38) come

(2.41) ea

H I H I a b c

a b c 1

0 0

0 0

1 0

0 1

A=^ + eaTh= + $ =

H I H I a b c

a b c 1

0 0

0 0

1 0

0 1

A=^ + Th= + $ =

, min

d x H xi A i

i

2= l t t

_ i

!

d x H xi, A i min

i

2= l t t

_ i

!

Figura 2.8: Generazione di immagini epipolari con il metodo proiettivo.

che riscritta in funzione delle componenti (a, b, c) di tale vettore porta a:

(2.42)

Osservando che la seconda quantità _yti- lytii, per le trasformazioni determinate, risulta costante, la quantità da minimizzare risulta:

(2.43)

che può essere risolto semplicemente per mezzo di una stima a minimi quadrati.

In figura 2.8 a pagina precedente viene mostrato l’effetto della trasformazione su una coppia di imma-gini. Al termine del matching si calcolano le coordinate immagine sui due fotogrammi originali applicando le trasformazioni inverse H-1 e ] gHl -1 alle coordinate ottenute.

E’ inoltre possibile restituire i punti determinati sulle immagini epipolari in funzione dei parametri di orientamento esterno (si veda [Roncella 2005b] per maggiori dettagli).

L’ipotesi che l’epipolo si trovi distante dal punto di interesse x0, e quindi il rapporto x/f sia prossimo a zero, non è sempre verificata, soprattutto in applicazioni close-range. Osservando lo jacobiano della tra-sformazione (2.36) si comprende che se l’epipolo viene portato all’infinito, con l’approccio descritto, si introducono trasformazioni (deformazioni) del fotogramma troppo elevate per permettere un matching affi-dabile. Risulta allora più efficiente il metodo introdotto da [Pollefeys 1999], nel quale le immagini vengono ricampionate per mezzo di una trasformazione polare e non più una proiettività. Dalla conoscenza della matrice fondamentale F si ricava la relazione che lega linee epipolari corrispondenti sulle due immagini [Luong 1996]; l’idea è piuttosto intuitiva se ci si riferisce alla figura 1.16 e si considerano le rette corrispon-denti determinate dalle intersezioni fra i due piani immagine e un fascio di rette con generatrice la base di presa. L’omografia che mappa una linea epipolare sull’altra risulta:

(2.44)

in cui, ancora una volta, il vettore a è un generico vettore tale che det( )H !0. Il passaggio può anche essere ottenuto considerando un punto qualsiasi su una delle due rette epipolari e calcolando la corrispettiva linea sull’altra immagine.

Si considera dunque una trasformazione, per la prima immagine, fra lo spazio cartesiano immagine ed uno spazio in coordinate polari con origine sull’epipolo; una nuova immagine, rappresentante lo spazio Orq viene ottenuta per ricampionamento; il passo di campionamento in r può essere posto pari ad un pixel, mentre per q si può stabilire un passo fisso o variabile come mostrato in [Pollefeys 1999]. In questo secondo caso per non avere perdite nel contenuto informativo, per ciascuna successiva linea epipolare considerata corrisponde un’ampiezza di q differente. Le trasformazioni da spazio immagine a spazio ricampionato e viceversa risultano semplicemente

axi byi c xi y y

i

i i

2 2

+ + - l + - l

t t t t t

_ i _ i

!

axi byi c xi y y

i

i i

2 2

+ + - l + - l

t t t t t

_ i _ i

!

axi byi c xi

i

+ + - l 2

t t t

_ i

!

axi byi c xi

i

+ + - l 2

t t t

_ i

!

H=6 @el XF+e al T H=6 @el XF+e al T

CAPITOLO 2. Algoritmi e tecniche di matching area-based 103

(2.45)

(2.46)

I valori di q, se a passo variabile, possono essere memorizzati in una tabella che permette di applicare la (2.46) immediatamente note le coordinate sull’immagine epipolare.

Un esempio dell’applicazione della tecnica è presentata in figura 2.9.

In analogia con l’altro metodo, per ottenere la minimizzazione delle parallassi, si può stimare a minimi quadrati un’ulteriore trasformazione affine in modo da verificare la condizione (2.38) fra le due immagini ricampionate:

(2.47) arctan

x e y e

x e y e

x y

x y

2 2

= - +

-=

-t

i

_ _

_

f_

i i

i ip arctan

x e y e

x e y e

x y

x y

2 2

= - +

-=

-t

i

_ _

_

f_

i i

i ip

cos sin x

y

=

=

t i

t i

cos sin x

y

=

=

t i

t i

x ax by c y y

= + +

= l l

x ax by c y y

= + +

= l l

Figura 2.9: Generazione di immagini epipolari con il metodo polare.

Si osservi che la (2.47) è del tutto equivalente alla (2.43).

Sebbene ciò rappresenti un ulteriore passaggio, ed una maggior complicazione per trasformare le coor-dinate estratte dal matching nelle corrispondenti coorcoor-dinate riferite allo spazio immagine originale, in alcu-ni casi può permettere un notevole miglioramento delle prestazioalcu-ni degli algoritmi di correlazione.