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3.2 Le teorie di riferimento

3.2.1 Le prospettive di livello micro .1 Le risorse relative

3.2.1.3 Le ricerche sul genere

A partire dagli anni ‘80 sempre più spesso le ricerche sulla disparità tra uomini e donne nella divisione del lavoro familiare si sono focalizzate su una dimensione più pretta-mente psicologica rappresentata dal costrutto di genere (Rubin, 1975). Facendo pro-prio l’approccio socio-costruzionista allo studio delle differenze tra femminile e ma-schile, i/le ricercatori/ricercatrici rifiutano l’idea che esista una naturale predisposizio-ne degli individui, fondata sul sesso biologico, che spieghi la distribuziopredisposizio-ne dei compiti interni ed esterni alla casa.

In particolare, le ricerche che si sono basate su tale approccio sono distinte in due pro-spettive teoriche differenti: la prospettiva delle ideologie di genere e la prospettiva della costruzione del genere. La prima considera la distribuzione dei ruoli di genere come il risultato del processo di socializzazione che coinvolge ogni individuo fin dall’infanzia e che determina l’acquisizione di atteggiamenti, credenze e comporta-menti relativi all’essere donna e all’essere uomo coerenti con le aspettative del proprio contesto sociale (Greenstein, 1996; Cunningham, 2001). La seconda definisce il genere come il prodotto della costruzione dell’identità femminile e maschile nel corso di qual-siasi interazione quotidiana, anche in base alla distribuzione dei compiti familiari (West, Zimmerman, 1987; Ferree, 1991; Bianchi et al., 2000).

Tali studi tuttavia fanno spesso riferimento a costrutti differenti quali “identità di gene-re”, “atteggiamenti verso il genegene-re”, “ideologie di genere” senza distinguere adegua-tamente le specificità di ciascuno. La poca chiarezza a livello concettuale e spesso as-sociata a una scarsa congruenza anche nelle scelte metodologiche operate per la pro-duzione dei dati.

La prospettiva delle ideologie di genere

La prospettiva dell’ideologia di genere sostiene che sin dall’infanzia le persone sono socializzate a mettere in atto comportamenti e ad assumere ruoli coerenti con il pro-prio sesso; il dato biologico, quindi, innesca il processo di identificazione in un genere, maschile o femminile, i cui contenuti sono socialmente e culturalmente definiti (Co-verman, 1985). Attraverso tale processo ogni individuo acquisisce una propria identità di genere, riconoscendosi come uomo o donna, e contemporaneamente costruisce le ideologie di genere, che definiscono il maschile e il femminile e le condotte e i ruoli appropriati per le due categorie intese come complementari (Greenstein, 1996; 2000).

Greenstein (1996) rappresenta l’ideologia di genere come un continuum che ha come estremi una posizione tradizionalista, che vede l’uomo breadwinner e la donna casalin-ga, e una posizione egualitaria, dove entrambi i partner assumono una distribuzione più simmetrica dei ruoli.

Numerosi studi hanno osservato che generalmente gli uomini dichiarano ideologie di genere più tradizionaliste rispetto alle donne (Ferree, 1991; Pittman, Blanchard, 1996;

Erickson, 2005; Davis, Greenstein, Gerteisen-Marks, 2007; Olson et al., 2007; Cha, Thebaud, 2009) e che le ideologie di genere influenzano la divisione del lavoro familia-re con un maggiofamilia-re squilibrio a scapito delle donne (Gfamilia-reenstein, 1996; Pittman, Blan-chard, 1996; Arrighi, Maume, 2000; Cunningham, 2001; Davis, Greenstein, Gerteisen-Marks, 2007; Knudsen, Wærness, 2008; Lothaller, Mikula, Schoebi, 2009). In particola-re, gli uomini con una visione del genere più egualitaria sono più coinvolti nei lavori familiari rispetto agli uomini più tradizionalisti, mentre le donne più egualitarie dedica-no mededica-no tempo a questa tipologia di compiti rispetto alle più tradizionaliste (Green-stein, 1996; Bulanda, 2004; Fuwa, 2004; Kroska, 2004; Lothaller, Mikula, Schoebi, 2009; Poortman, van der Lippe, 2009).

Tuttavia alcuni dati sembrano non confermare tale ipotesi. Alcune ricerche, infatti, hanno rilevato che le ideologie di genere dichiarate dal/dalla partner sono maggior-mente predittive del tempo impiegato dall’altro/a in queste attività. In particolare le ricerche hanno rilevato che: le donne sposate con uomini tradizionalisti dedicano più tempo nel lavoro familiare rispetto alle donne sposate con uomini egualitari (Bianchi et al., 2000; Kroska, 2004; Erickson, 2005); le ideologie egualitarie delle donne producono effetti positivi sulla partecipazione maschile al lavoro domestico (Pittman, Blanchard, 1996); le ideologie di genere dell’uomo influenzano le ore che egli spende nel lavoro domestico solo se la partner si dichiara egualitaria (Greenstein, 1996).

Questi dati confermano che la distribuzione dei compiti familiari non è determinata in modo lineare dall’ideologia di genere del singolo individuo, ma è il risultato di un pro-cesso di co-costruzione che ha luogo nelle interazioni quotidiane di entrambi i partner.

In sintesi, sebbene la prospettiva delle ideologie di genere confermi in alcuni casi il ca-rattere predittivo di tale dimensione rispetto alla distribuzione del carico familiare, al-cune questioni risultano irrisolte. Non si spiega perché nonostante attualmente le per-sone si dichiarino sempre più spesso egualitarie, in primis le donne, persista una condi-zione di svantaggio a scapito di quest’ultime nella gestione del carico familiare. Inoltre,

tale prospettiva rischia di considerare il genere come una caratteristica che dalla prima infanzia diventa fissa, immutabile, statica, proprio come il sesso, reiterando le stesse differenze tra maschile e femminile (West, Zimmerman, 1987).

La prospettiva della costruzione del genere

Tale prospettiva fondata sull’interazionismo simbolico e sul costruzionismo sociale (Berger, Luckmann, 1966; Gergen, 1999) definisce il genere una performance (Butler, 1993). Il focus è posto sui processi sociali di costruzione dei generi, dei ruoli ad essi as-sociati e delle loro differenze nel corso delle interazioni quotidiane (West, Zimmerman, 1987; Ferree, 1990; Thompson, 1993). La differenza rispetto alla prospettiva delle ideologie di genere risiede nel fatto che mentre quest’ultima sostiene l’influenza delle ideologie sulla distribuzione dei compiti familiari, la prospettiva della costruzione del genere afferma che dalla partecipazione ai compiti familiari derivi la costruzione del genere (Bianchi et al., 2000; Erickson, 2005).

Nel tempo tale prospettiva di studio ha proposto diverse teorie che mettono in eviden-za sfumature diverse del medesimo costrutto: “gender schema theory” (Bem, 1981);

“doing gender” (West, Zimmerman, 1987); “relational” (Thompson, Walker, 1989);

“gender theory” (Ferree, 1990); “gender perspective” (Thompson, 1993). Nello specifi-co, la Gender schema theory (Bem, 1981) intende il genere come la lente attraverso cui guardare se stessi e gli altri. Le persone con schemi di genere più rigidi saranno portate a individuare chi “devia” dallo stereotipo di genere, più frequentemente rispetto alle persone a-schematiche (vedi capitolo 2). Doing gender (West, Zimmerman, 1987) signi-fica, invece, creare differenze tra uomini e donne, che non sono naturali o biologiche, ma costruite in base all’assunzione di attività routinarie e ripetitive, distinte socialmen-te in maschili e femminili. La socialmen-teoria Relational (Thompson, Walker, 1989) implica il ri-conoscimento della partecipazione attiva di uomini e donne nella costruzione del signi-ficato del genere, che ha luogo all’interno delle relazioni quotidiane tra i membri della famiglia. La Gender theory (Ferree, 1990) si focalizza su come specifici comportamenti e ruoli offrano un significato al genere e come la distribuzione del lavoro interno ed esterno alla casa influisca sulle differenze simboliche tra uomini e donne. Il genere è definito un elemento costituente le relazioni sociali e, al tempo stesso, il risultato di un processo di costruzione sociale del maschile e del femminile, intesi come categorie con differente potere. Infine, la Gender perspective (Thompson, 1993) concentra la sua

at-tenzione sui quattro livelli d’analisi che partecipano alla costruzione del genere: il con-testo storico-sociale; il concon-testo più immediato; i processi d’interazione e i risultati in-dividuali.

Ciò che accomuna le varie teorie è il riconoscimento del ruolo giocato, in particolare, dalla partecipazione al carico familiare nella definire le relazioni di genere all’interno della famiglia (Hartmann, 1981; Coltrane, 1989). La partecipazione o l’astensione dai compiti domestici e di cura diventa un mezzo attraverso il quale le persone attribui-scono significato al proprio genere (Bianchi et al., 2000; Erickson, 2005): per la donna occuparsi del lavoro familiare può divenire la conferma del possesso di caratteristiche considerate propriamente femminili e di un forte senso di attaccamento alla famiglia;

per l’uomo, invece, il riconoscimento sociale della propria mascolinità può derivare dall’assunzione del ruolo di breadwinner e dalla conseguente scarsa o occasionale par-tecipazione al lavoro familiare.

Attraverso questa prospettiva sembra possibile spiegare i limiti e i risultati contraddi-tori di quelle precedentemente illustrate (Bianchi et al., 2000; Coltrane, 2000; Kroska, 2004; Erickson, 2005; Mannino, Deutsch, 2007). Ad esempio, come già precedente-mente discusso, si è osservato che la condizione di dipendenza economica delle donne nei confronti del partner genera un aumento del carico familiare per le prime, mentre ciò non è rilevato per gli uomini che hanno uno stipendio inferiore alle loro partner (Brines, 1994; Greenstein, 2000; Bittman et al., 2003). La Gender Construction Perspec-tive spiega tale dato facendo riferimento alle modalità differenti con cui uomini e don-ne utilizzano il proprio potere dentro casa: gli uomini quando hanno più potere lo usa-no per ottenere una divisione del lavoro domestico a loro favorevole, mentre le donne decidono di non usare le proprie risorse per sottrarsi alle responsabilità familiari che sono intese come un mezzo per confermare la propria femminilità (Davis, Greenstein, 2004). Brines (1994) conclude che uomini e donne rispondono in modo differente alla condizione di dipendenza, secondo la prospettiva del gender display. Quando le coppie

“deviano” dalla struttura tradizionale, che vede l’uomo impegnato nel lavoro extrado-mestico e la donna dedita alla casa e ai familiari, è possibile che il lavoro doextrado-mestico sia distribuito in modo più tradizionalista per ottenere il riconoscimento esterno della propria mascolinità o femminilità. Questo fenomeno è anche indicato come il risultato di un processo di neutralizzazione della devianza (Greenstein, 2000). Inoltre, secondo la prospettiva del bilanciamento se gli uomini perdono potere in un dominio, come il

lavoro retribuito, riconosciuto da sempre come “naturalmente” maschile, possono ri-stabilire l’equilibrio riducendo la propria partecipazione e responsabilità verso quei compiti che tradizionalmente sono riferiti alle donne e così riacquisire il proprio potere maschile (Hochschild, 1989).

Alcune ricerche condotte nell’ambito di questa prospettiva hanno rilevato che lo status coniugale e l’inizio della convivenza sono associati a una distribuzione dei ruoli tradi-zionalisti, a scapito delle donne (South, Spitze, 1994; Gupta, 1999; Bianchi et al., 2000).

Il matrimonio sembrerebbe perciò aumentare le differenze di genere tra i partner. In-fine, altri studi hanno dimostrato che le coppie negoziano esplicitamente o implicita-mente il tempo da dedicare al lavoro familiare in base al proprio genere e contempo-raneamente, il coinvolgimento in questi compiti contribuisce a definire il significato dell’essere uomo e dell’essere donna (Coltrane, 1989; Hochschild, 1989; Ferree, 1991;

Twiggs, McQuillan, Ferree, 1999; Erickson, 2005; Humble, Zvonkovic, Walker, 2008;

Knudsen, Wærness, 2008).

La prospettiva della costruzione del genere offre, sul piano teorico, una lettura più complessa delle disparità di genere rispetto alla distribuzione del carico domestico, concentrandosi sui processi di costruzione e de-costruzione del genere che hanno luo-go nelle interazioni quotidiane tra i partner. Le scelte metodologiche (discusse in modo più approfondito successivamente), tuttavia, ne hanno tradito i presupposti, poiché si sono limitate a misurare atteggiamenti e/o ideologie di genere attraverso strumenti (questionari self-report) simili a quelli proposti dalla prospettiva delle ideologie di ge-nere, non cogliendo gli aspetti processuali e interattivi propri della costruzione degli atteggiamenti nel parlato, e la discrepanza tra il maggiore egalitarismo dichiarato nella società moderna e la persistenza di una distribuzione iniqua dei compiti domestici e di cura (Billig, 1987; Potter, Wetherell, 1987).