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tutti 1 discors , non milionl d’uomini, ioro lidea d in 1 ascoltano con piacere mentre apparencemoi P ie incoraggiano ClUeSt.e SerLzionh lunf dal prendendovi parte. utii; giacche esse nuocere ai Governi, distolgono dal pensare distraggono ì P0Po1’ . , E. Obbligatorio sì o ' alla questione essenziale. « 00 *

*“» SS6indo0S“«hf.mo . .iato pronti a ma

:0 >

riACERI CROUKM

54

commettere e a sopportare per noi delle vio¬

lenze. » Cosi dicono i Governi e gli eruditi orga¬

nizzatori dei congressi, e gli autori di scritti per la pace, approvano a pieni voti questo ra¬

gionamento.

In tal modo pensano ed agiscono i dotti della prima categoria. La loro,' è l’attitudine più favo¬

revole ai Governi, e per conseguenza è anche la più incoraggiata.

Il concetto di coloro che appartengono alla seconda categoria, è più tragico. Questa è for¬

mata da uomini, i quali pure trovando che l’a¬

more per la pace e la necessità della guerra for¬

mano un terribile contrasto, dicono che tale è il destino dell uomo. La maggior parte sono indi¬

vidui di talento, di natura impressionabile, che vedono e comprendono l’orrore, l'imbecillità e la barbarie della guerra; ma per una strana aber¬

razione, non cercano o non trovano alcuna uscita a questa disperante situazione dell’umanità.

H 11011 si giudicherebbero i Governi esemniomil^UerK’ # <*°™ancia a se stesso, per Maupassant SGn,ttore f^ncesc Guy de se essi C ’• popoli comprendessero questo, se essi stessi giudicassero dei voleri micidiali se rifiutassero di lasciarsi ■>,*?; a ''C ,l l' ragione, se si servissero ZH ^ S6nza °*CUM°

quelli che li hanno .oro armi coniro rivolta succedesse ll giorno in cui tale

««. ssfa

m°rta~m

(Sur l’Eau, pagg. 71-SO).

L’autore comprende l’orrm-o a u

conosce che la causa sono ^ P della Suerra> n‘

"annando i popoli li r„°- 1 (3ovenil> i quali in¬

cenda senza alcuna utiSl^Llf u°cidersi a che ì cittadini componLfi v **8“ vede ancora rivoltarsi armati contm ;r eserc.lfco potrebbero overni c domandare

f--

■ '-V ! "—I !-

PIA0EII1 CftODEU 55 il perchè dell’eccidio che esigono, ma pensa che tale rivolta non avverrà mai, e che ogni uscita a questa situazione è perciò impossibile.

1 T„_anrrrrìnnorft fl.lfcrOVG « Cile Dei

tabile; cosi 1 ODungu uci ' tabilc come lo è la morte, e finche 1 Governi voi- ranno la guerra, essa esisterà sempre. »

Tali sono le parole di questo scnttorcsinceio p di talento, espresse con quella sua facoltà di ap¬

profondire il soggetto, che costituisce 1 essenza del dono poetico. Egli ci rappresenta la crudele contraddizione fra la coscienza degli uomini ed il loro operare, ma non cerca di risolverla anzi sembra riconoscere l’obbligo dell’esistenza di tale contraddizione che compendia in se stessa la tragedia poetica della vita. . „

tfn altro scrittore di non minor ingegno, E- doardo Rod, dipinge con colori piu vivaci, le barbarie e la follìa della situazione attuale, ma nin mente per constatarne il carattere tragico,

" ,Tp»poPrrè <3 rimedio. Secondo lui lo foro»

è nelle1 mani di quelli che perdono se stessi, di lutti "li individui .componenti le masse: e la sor- tutti gii ‘naivmu . r Sembrerà che la fon raddzU^Tcoscienza e la vita abbia raggiunto*^ limiti insuperabili, arrivai, a. quali, la soluzione s’impone.

SlfTedTHate Sco Pdella ' vita ulna...,

?ghn Ivfmc mostrato l’orrore, conclude che in Lu orrore dove passare ‘ “^“^gorìa, , CoSl 'l/“STa SraSK*I di datale.

che considerano la (Jt ormata da uomini senza La terza corona e «orm.*taa ^ e 4.0efi coscienza o per «ò p. tengono Moltke la sentimento u™1- citata da Maupassant, e la Zgg?of pTrteX militari imbevuti di questa

PIACERI CRUDELI

crudele superstizione, della quale vivono; essi sono perfino sinceramente convinti che la guerra è una situazione non solo inevitabile, ma neces¬

saria ed utile.

Questa è pure l’opinione di qualche borghese, sedicente dotto ed incivilito.

Ecco ciò che scrive nel numero della lievua des jRevues, dove sono riunite le lettere sulla guerra, il celebre accademico Camillo Doucet:

« Caro signore,

« Allorché voi chiedete al meno bellicoso tra gli accademici, s’egli è partigiano della guerra, la sua risposta è già formulata.

« Sfortunatamente, voi stesso chiamate un sogno, il pensiero pacifico al quale oggi s’ispi¬

rano i vostri generosi compatrioti.

« Tifi noli ò ar\r\ n «7 1_! j ì •

* Oamillo Doucet. »

riACERl CRUDELI 57 Il senso di questa lettera è che l’onore degli uomini vuole la lotta fra essi, e l’interesse dei popoli esige la rovina ed il mutuo sterminio.

Quanto ai tentativi per distruggere la guerra, non meritano che un sorriso. Dello stesso genero è l’opinione di un altro accademico, il signor Giulio Claretie.

« Caro signore,

« Per un uomo di buon senso esiste una sola opinione sulla questione della pace o della guerra.

« L’umanità è fatta per vivere, libera di per¬

fezionare e migliorare la sua condizione con un lavoro pacifioo.

« L’intento generale predicato dal Congresso Universale per la pace, è forse un bel sogno, anzi il più delizioso dei sogni. L’uomo ha sempre da¬

vanti agli occhi la Terra promessa, e su questa terra dell’avvenire dovranno maturare le messi senza timore d’essere falciate dagli obici, nè schiacciate dalle ruote dei cannoni._

« Ma purtroppo, poiché i filosofi e i benefattori dell’umanità non sono i padroni, è bene che dei soldati veglino alle nostre frontiere e sui nostri focolari, giacché le loro armi, ben portate e ben usate, sono forse la miglior garanzia di questa paoe tanto amata. La pace non è concessa che ai vigorosi ed ai forti. . , „

« Credete, signore, ai segni della mia sincera e profonda considerazione

« Giulio Olaketie. »

Questa lettera dimostra che, mentre nulla ci impedisce di parlare di ciò che nessuno ha 1 in¬

flizione nè il dovere di fare, quando si tratta di venire all’atto pratico, bisogna battersi. Ecco infine, l’opinione recentemente espressa su questo

lAOE.'fl L’JIUDEL

58

soggetto, dal più popolare romanziere d’Europa:

Emilio Zola.

« Io considero la guerra come una necessità fatale che sembra inevitabile, causa i suoi intimi legami colla natura umana e coll’intero universo.

Anche rimandando la guerra ad un tempo inde¬

terminato, pure arriva il momento elio siamo obbligati a batterci. In questo momento ragiono da un punto di vista universale, non facendo al¬

lusione al nostro disaccordo colla Germania, disaccordo insignificante nella storia dell'umanità!

• « Dissi che la guerra è necessaria ed utile!

perchè appare come una condizione dell’esi¬

stenza degli uomini. Dovunque, incontriamo la guerra, non solo fra le diverse razze e i diversi popoli, ma nella vita famigliare e privata Essa o uno degli elementi principali del progresso, od ogni passo che l’umanità fece avanzando, fu tatto nel sangue.

enmfrl èJ™a>t0 ed anCOra si Parla del disarmo:

oppine esso e una cosa impossibile, e Quando

anche fosse possibile, lo si dovrebbe rifiutare

•Solamente un popolo armato è potente c arando '

nazione bellicosa, godevi una deIj.u.mamtà. Una L’arto militare porta con sè in «ldjzlone fiorente, le altre arti; ne è testimoni'n i SvduPP° di tutte ed a Roma, il commeSo Rimi *??*■ Ad Atene ratura raggiunsero il niii mdustna 6 la lette- tempo defi! roTdòUazio^6 SVÌIuPP°> a1 forza delle armi, sul mondo n esercita^a colla

« Per dare un esemnbT

V

ltlora conosciuto, richiamo il secolo di Lu&^VTV^i P*Ù recenti- Gran Re, non solamente non i, Le 6uerre del progresso delle arti e delle lanuo arrestato il sembrarono attivare e favorìrnZn’,raa contrario 0 11 loro sviluppo. »

PIA OEM ORO D'ELI 59 La guerra, un’opera utile!...

Ma l’opinione più caratteristica e quella del- P accademico, signor De Voglie, il più chiaro fra gli scrittori di questa categoria.

Ecco ciò ch’egli scrive in un articolo sulle sezione militare all’Esposizione del 1889:

« Sulla spianata degli Invalidi, in mezzo a cu versi accampamenti esotici e coloniali, un tali bricato severo domina il pittoresco bazar: tutti nuesti frammenti del globo, sono venuti per aggre¬

garsi al palazzo della Guerra; e, ospiti sottomessi fanno la guardia per turno davanti alla casa madre, senza la quale non si troverebbero qui.

Bel soggetto d’antitesi per la pettorina umani¬

taria: ossa non si perita di gemere su tali ravvi¬

cinamenti e d’affermare che « questo ucciderà , ciucilo» (1), che la fusione dei popoli per mezzo della scienza e dell’arte trionferà degli istinti

”U« fasciamoli accarezzare la chimera di unhjta d’oro, che se si realizzasse, si cambierebbe pio. •

1U «ULa° storiai insegna che abbisogna del sangue n„. affrettare e cementare la fusione doi pop • K tóenze n.tur.11 h,,»o MtM..«■o aj.g.orm

Afe

“ ’rostSA- «mSA p.rfezionsm.nto,

. „„ J. Victor Hugo: Nolre Dame de (1) Paiolo tolto dal romando di

Pari*-, eeci tutra cela.

PIACÉRI ORtÌDEÌ.1

« Entriamo dunque in questo inevitabile, ne¬

cessario palazzo della Guerra: avremo occasione di osservare come, U più tenace dei nostri istinti, senza nulla perdere del suo vigore, si piega alle varie esigenze dei momenti storici. »

La necessità della guerra è provata, secondo il signor De Voglie, da due espressioni di due grandi pensatori: Giuseppe de Maistre e Darwin, e queste parole gli piacciono tanto che di nuovo le richiama nella sua lettera scritta al direttore della Revue des Revues.

« Signore *>, scrive « voi chiedete la mia opi¬

nione sulla possibile riuscita del Congresso Uni¬

versale per la pace. Io credo, con Darwin, essere

•la lotta violenta, una.legge di natura che regge, gli esseri viventi: credo, con Giuseppe de Maistre, ch’essa sia una legge divina.

« Due maniere differenti di chiamare la stessa cosa. Se, cosa impossibile, una parte della società umana (ammettiamo l’Occidente civilizzato), arri¬

vasse a sospendere tale legge, altre razze più primitive, nelle quali ancora domina l’istinto, si incaricherebbero di applicarla contro di noi.

Queste razze sosterrebbero la natura contro la ragione umana, e vi riuscirebbero, poiché la cer¬

tezza della pace, non dico la pace, dico la cer¬

tezza della pace, genererebbe in mezzo secolo una maggiore corruzione e decadenza, di quella provocata dalla peggior guerra.

credei lai Kk6rra’ -legge criminMe dell’umanità, tutte le ! bfba fglr- C0.me dobbiamo fare per tutte le nostre leggi criminali: raddolcirle ap¬

plicarle il meno frequente possibile e tendere acauiftnatfcXaRten-'5rl?.ÌQutili- Ma l’esperienza acquistata colla stona c’insegna che non si duo sopprimerla finché resteranno suul terra due uomini, del pane, del denaro ed una donna

« Sarei felice se il Congresso mi desse una amen-

ruotiti OBODELI 6

]

tita, ma temo la dia 'alla Storia, alla Natura,

a Dio. . . . j. „

« Vogliate aggradire, signore, 1 segni della mia distinta considerazione.

< MelcRiorbe de Vogué. »

Il concetto di questa lettera dice chiaramente che la storia, la natura dell’uomo e Dio, mo¬

strano come la guerra sussisterà finche esiste¬

ranno due uomini e fra essi la questione del pane, del denaro e della donna. Ciò vuol dire che nessun progresso indurrà gli uomini a lasciare la sel¬

vaggia idea della vita, la quale non ammette, senza la lotta, la divisione del pane del denaro (che c’entra qui il denaro!) e della donna.

Sono strani questi uomini che si radunano in congressi, pronunciano discorsi per insegnare come si prende un uccello, mettendogli un gra¬

nello di sale sulla coda. E sono pure strani quell, che, come Maupassant, Rod e molti alta, vedono chiaramente tutto l’orrore della guerra, tutta la contraddizione risultante dal non fare g uomini ciò elio devono e che sarebbe loro pro¬

fittevole quelli che si lamentalo delle fatalità

tragiche della vita, e non comprendono che queste MSl.tà cesseranno

rffdSsss.. israr-» “ >»°—■

ÌÌ--S xsr. jw±;

SSbile sorto terribili, spa.eotos, nella loro aberrazione. odian0 51 male e I primi 1C01^ ‘ mentre i secondi dichiarano chee non v’è nò bene nè male. Ogni dissertazione

62 PIACERI CRUDELI

sulla possibilità di sostituire la pace alla guerra attuale, è un sentimentalismo nocivo degli il¬

lusi. Esiste una legge d’evoluzione secondo la quale risulta che io devo vivere e agire male: che fare?

Sono un uomo istruito, conosco la legge d’evolu¬

zione e per conseguenza, devo agir male: « En¬

triamo nel palazzo della Guerra. »

Esiste una legge d’evoluzione, perciò non vi è nè bene nè male, ed il tutto consiste nel vivere il meglio possibile, pensando solamente al proprio interesse personale e lasciando il resto alla legge d’evoluzione.

E’ l’ultima espressione della cultura raffinata e nello stesso tempo di quell’offuscamento delle coscienze che distingue le classi illuminate del nostro tempo. Il desiderio di queste classi di con¬

servare con ogni mezzo le loro idee preferite, raggiunge il paradosso.

Esse mentono, s’ingannano e ingannano gli altri colle forme le più raffinate, puramente per offuscare e soffocare la coscienza.

Invece di cambiare il loro sistema di vita, ascoltando la voce della coscienza, essi cercano tutti 1 mezzi per soffocare questa voce. Ma ò nell oscurità che la luce brilla, ed è così che la verità comincia a brillare nelle tenebre dei giorni

PIACERI CRUDELI 63

La felicità.

i.

Cristo ci rivela la verità. Se la verità osiate teoricamente, deve pure esistere praticamente:

e se la vita in Dio è felice e vera,- essa dev’essere applicata alla vita reale, perchè o la vita reale si dove conformare alla dottrina di Cristo, o la dottrina di Cristo è falsa. '

Cristo ci chiama dalle tenebre alla luce, non dalla luco alle tenebre. Egli ha pietà degli uomini, li tratta come agnelli perduti, e loro promette, per attirarli, un buon pastore ed ubertosi pascoli.

Però previene i suoi discepoli che dovranno sof¬

frire per la sua dottrina, e li scongiura d’essere incrollabili. Ma egli non dice che seguendolo, soffriranno più che seguendo il Mondo: e aggiunge che la morale degli uomini rende infelice, mentre i suoi discepoli troveranno la felicita.

Questo insegnamento e certamente di Cristo,

1-esattezza delle sue parole, il senso generale de a

; dottrina da lui propugnata, la sua vita e quella • l dei propri discepoli sono altrettante prove. .Si I comprende come i seguaci di Cristo siano piu fplici degli uomini ossequenti alla morale del Mondo: i primi, facendo il bene ppn provocane}

04 riACEIU CRPDBI.J

odio, o non servono di mira che allo persecuzioni dei cattivi. I partigiani del Mondo invece, hanno

f

,er leggo della loro vita la lotta e si divorano 'un l’altro. D’altronde, le prove umane sono eguali per tutti: ma mentre i discepoli di Cristo lo sop¬

portano con calma, giudicandole necessarie, i seguaci del Mondo vi si ribellano con tutte le loro forze, ignorando il motivo dello loro soffe¬

renze.

Evochi ognuno i momenti dolorosi della sua vita, si rammenti le sofferenze fisiche e morali e si domandi in nome di quali principi egli ha sop¬

portati tanti mali: fu secondo lo spirito di Cristo o secondo quello del Mondol Ripassi l’uomo sin¬

cero il corso della sua esistenza, ed egli constaterà di non aver mai sofferto seguendo la dottrina di Cristo, ma che la maggior parte delle disgrazie della sua vita provennero dall'aver seguita la mo¬

rale dell odierna società, resistendo alla propria coscienza.

Nella mia vita, felice agli occhi altrui, l’in¬

sieme dei dolori che h'o sopportati per parte degli uomini, basterebbe a formare un martirio per Cristo. I vizi che imbrattarono la mia esistenza, a cominciare dall’ubriachezza e dalla dissolu¬

tezza de miei anni giovanili nei quali mi dedi- cavo allo studio, per finire ai duelli, alle ma¬

lattie, alle condizioni anormali e penose nelle quali 10 jotfco> tutto ciò è un martirio offerto sul- 1 altare del Mondo; e non parlo che della mia vita personale, eccezionalmente felice agli occhi desìi altri. Quante vittime del Mondo esistono e defle quali non posso nemmeno imaginare le sofferenze1 Noi siamo persuasi che i dolori £ * ■ causati, sono le condizioni usuai? deUa ^ita- cosi non possiamo comprendere coma n -ca ¬ parli di liberazione dal male e di felbità?”^0 C1

riACiini onuDELi 65

II.

Attraversato una folla, di preferenza m una città; esaminato quei visi stanchi, inquieti ro¬

vinati, o ricordate la vostra yita e quella dogli uomini che conosceste intimamente : rammen¬

tato le morti violenti, 1 suicidi dei quali sentiste parlare, e chiedetevi il perchè di questo morti

§i queste sofferenze, di queste disperazioni ! V’accorceretc, per quanto possa sembiar strano, la causa di nove decimi delle sventure umano

i

la vitoaUaldol mondo: che questa eolio,enee potrebbero non esisterò c elio la. maggioranza degli nomini è martire dello idee mondane.

Udentemente, in una piovosa domenica d au¬

tunno o attraversavo, in tramway, il mercato tunno, i .> Qniikìiarev. Per un percorso di

lo p,ù albati ed . bm,d^i .s. E ^ fango, disputano s o Mosca c delle altro aVJ'eno ,Pstf uomini Passeranno la sera nello citta. Questi tlte andrann0 a rintanarsi osterie, e g1» elle loro tane. La domenica

?11irii«!S “o°p,'“ssi: a, lunodì ricommcian»

quella maledetta esistenza. j dividui alla si.

Riflettete alla vita di^quesU na^ ^ tuazione che abb j quale si sottopon- gonol Considerata, U 1»™™ ^um„tiri! «inno gono e vedrete eh essi sono ^ padre> , tutti abbandonato P > . g jp ganno rinnn- fratelli e spesso la moglie ed i ngn,

tift ruoBni onuDBti

ciato ad ogni cosa e sono venuti in città, per ac¬

quistare ciò che il Mondo crede necessario!

E tutti hanno fatto così; dall’operajo dello fabbriche, dal cocchiere, dalla sarta, dalla prosti¬

tuta, al commerciante arricchito, al funzionario;

senza parlare delle decine di migliaja d’infelici che hanno tutto perduto e vivono d’elemosina e d’acquavite negli asili notturni!

Percorrete questa folla, dal povero al ricco;

cercato colui ohe si dica soddisfatto e creda di possedere quanto il Mondo ritiene indispensabile;

non ne troverete uno fra mille.

Essi si sforzano per ottenere con tutti i mezzi, ciò che viene loro impósto dall’ambiente in cui vivono, e se non raggiungono lo scopo, si riten¬

gono infelici. Ma appena acquistato il bene ago¬

gnato, il Mondo ne presenta uno più necessario ed il lavoro di Sisifo dura eternamente.

Considerate la scala sociale, dall’individuo che spende trecento rubli a quello che ne spende cinquantamila: vedrete che ognuno s’affanna per possedere quattrocento rubli se ne ha solo tre¬

cento, _ cinquecento se ne ha quattrocento, e cosi di seguito. Chi poi ha cinquecento rubli, non si abbassa alla condizione di colui che ne ha quattrooento; e se lo fa, è per accumulare mag¬

giori ricchezze.

Oggi, un uomo porta un abito alla moda, do¬

mani vorrà un orologio colla catena, dopodo¬

mani un appartamento con divani, lampadari, tappeti per il salone, stoffe di valore, quadri’:

poi una casa, cavalli, ecc. Infine, come risultato di questo sforzo eccessivo, egli 8’ ammala o muore!

Un altro continua la sua opera, immola la sua vita allo stesso Moloch; c poi muore senza nemmeno sapere perchè abbia tanto sofferto.

Ma questa vita, in sè stessa è forse felice?

Paragoniamola con ciò che gli uomini inten-

PIACERI CRUDELI 67 dono per felicità,: da tale paragone vedremo ohe quel modo di vivere lungi dal soddisfare, rende molto, molto infelici.

III.

Quali sono le prime condizioni della ielicità, quelle che nessuno osa discutere?

* v t ili __ —i n nnnfll'IlfìHl fi. ITI 111

ai campi, allo piante; agli animali Sempre ed ovunque, gli uomini hanno considerato come una infelicità, la privazione di tali boni, ed è quella che i prigionieri risentono maggiormente.

Osservate resistenza di coloro che vivono se¬

condo il codice della società. Quanto maggiore ò la loro situazione nel mondo altrettanto grande ' i mnnpanyfi di Questa# felicità-, giacché essi non (rodono che in minima parte della luce del sole, fle? campi, dei boschi, degli ammali selvaggi o domestici. _ gi fcutte le gonne _ Gran pait vecoiiiaia senza aver contemplato du?Tolte in tutta la vita, il fevar l!u “1bui£ campagne ed i boschi, c quasi sempre del 8°1®» ‘e "‘g *Vc8rSo lo sportello di una vettura S° H'un carrozzone: senza aver mai seminato una

°.tl ri allevata una mucca, un cavallo, una gal- pianta, al'°va men0 sapere come nascono e lina: 3 Ili £! Essf conoscono solo i tea- crescono gli { lav0rati dall’uomo, e.per suti, le pmtr-jnno alla luce del sole, ma ad una di più non U venf^a o Che il rumore delle mac-

& d"“!vTJrSd°l c'nnoni, U suono «««-

Q8 riAOERI CRUDELI

ci ale degli strumenti musicali; respirano l’odore detestabile dell'alcool e del fumo del tabacco;

ci ale degli strumenti musicali; respirano l’odore detestabile dell'alcool e del fumo del tabacco;

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