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Il sermo antiquus e la predicazione di età patristica (secoli VI-XII)

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 31-38)

I. L A STORIOGRAFIA SULLA PREDICAZIONE DEI SECOLI XII-XV

I.2. Il sermo antiquus e la predicazione di età patristica (secoli VI-XII)

Il problema delle omelie, e in particolare della lingua in cui dovessero essere recitate, ha contribuito a scrivere la storia dell’evoluzione linguistica europea. Infatti, nell’anno 813 vennero convocati da Carlo Magno una serie di concili ecclesiastici in varie

10 Delcorno C., Comunicare dal pulpito (secc. XIII-XV), in Comunicare nel medioevo. La conoscenza e l’uso delle lingue nei secoli XII - XV, Atti del convegno di studio svoltosi in occasione della XXV edizione del Premio internazionale Ascoli Piceno, Ascoli Piceno, 28 – 30 novembre 2013, a cura di I. Lori Sanfilippo e G. Pinto, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo 2015.

11 Galletti A., L’eloquenza (dalle origini al XVI secolo), Vallardi, Milano 1938.

12 Rusconi R., Predicazione e vita religiosa nella società italiana da Carlo Magno alla Controriforma, Loescher, Torino 1981.

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città del regno; il risultato furono delle particolari disposizioni in cui vennero evidenziate le fonti patristiche che i chierici avrebbero dovuto utilizzare.13 Celebre in tal senso il dettato del concilio di Tours in cui viene esplicitato, e quindi sentito come netto, lo iato tra il latino e le nuove lingue volgari, fossero esse di matrice germanica (lingua thiotisca) o romanza (rustica romana lingua). Al contempo vennero individuati alcuni omeliari patristici da cui ricavare delle raccolte in vista di un volgarizzamento ai fedeli14. Spiccano tra gli autori le cui opere ebbero una maggiore circolazione Cesario di Arles (†542), le traduzioni di Padri greci come Giovanni Crisostomo e Origene, ma soprattutto la raccolta XL Homiliarum in Evangelia libri duo di Gregorio Magno.

Lo studioso che decida di affrontare tematiche inerenti la predicazione in età carolingia non può fare a meno quindi di gettare lo sguardo più indietro; la trasformazione nei secoli a venire sarà netta per questo tipo di produzione. Per questa ragione la maggior parte degli studi riguardano per lo più l’opera omiletica dei Padri che non dei predicatori carolingi. Papa Gregorio Magno era posto certamente come punto di riferimento principale per coloro che si apprestassero all’ufficio del predicatore sotto i Carolingi;

infatti, già nei suoi Moralia in Iob15 accennava, al capitolo XXX, al ministero della cura d’anime, tornando in seguito ad affrontare la questione in maniera compiuta nella Regula Pastoralis. Quest’ultima richiama spesso l’opera precedente a sottolinearne il parallelismo che ha ispirato il pontefice e che gli studiosi non hanno mancato di evidenziare; lo Judic ha analizzato approfonditamente la Regula in alcuni suoi saggi proprio a partire dall’individuazione di tali consonanze nel suo Preparation du

«Pastoral» dans les «Morales»16, per poi valutare i motivi ispiratori dell’opera e individuare le indicazioni sui criteri di comportamento da adottare nella cura d’anime nel saggio Structure et fonction de la «Regula pastoralis»17- è qui che viene sottolineata la costruzione da parte di Gregorio Magno di una retorica pastorale valida in ogni

13 M.G.H., Concilia aevi Karolini, vol. II/1, a cura di Werminghoff A., 1906.

14 Rusconi R., La predicazione: parole in chiesa, parole in piazza, op. cit., p. 576

15 Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, VI, XXX, 13, a cura di Siniscalco P. – Gandolfo E., Roma 2001 (Opere di Gregorio Magno, I/4).

16 Judic B., Preparation du «Pastoral» dans les «Morales», in Gregoire le Grand, Regle pastorale, edd. Judic B. – Rommel F. – Morel C., Paris 1992 (SC 381-38), pp. 17-21.

17 Judic B., Structure et fonction de la «Regula pastoralis», in Gregoire le Grand, cit.

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contingenza storica – chiudendo, infine, il cerchio con il contributo La «Regle pastorale:

programme, ambitions et realisations»18 dove ne illustra il programma e gli scopi, ribadendo la centralità del praedicator illustrata dal pontefice19. Un’analisi dell’impianto dell’opera è stato compiuto nel 1948 da R. Hoornaert20 al fine di comprendere meglio attraverso alcuni punti la dottrina elaborata dal pontefice.

Le tematiche offerte dalla Regula non si esauriscono, però, in una sua semplice analisi stilistica e contenutistica. Alcuni studiosi si sono soffermati su un’interpretazione allargata delle indicazioni gregoriane ivi contenute. Un primo aspetto di fondamentale interesse è stato trattato da R. Reydellet21 riguardo ai destinatari dell’opera e spiegando come questa possa essere considerata una guida per esercitare il potere anche al di fuori della Chiesa, come se Gregorio avesse immaginato la figura del vescovo e del rector sovrapposte, descritte attraverso immagini comuni. In risposta a questo studio R. A.

Markus22 dedica un saggio proprio sull’utilizzo della parola rector nelle opere del pontefice, deducendo che, per Gregorio, ci sono principi di valore universale e quindi applicabili a chiunque detenga il potere, tuttavia l’opera è fuor di dubbio indirizzata a coloro che devono esercitare il ministero pastorale. È G. Hocquard23 a parlare della Regula come di un codice di santità sacerdotale e allo stesso tempo un trattato di teologia pastorale, di fatto evidenziando il carattere spirituale dell’opera, ispirata alla Parola divina

18 Judic B., La «Regle pastorale»: programme, ambitions et realisations, in Codex Trecensis. La Regola pastorale di Gregorio Magno in un codice del VI-VII secolo: Troyes, mediatheque de l’agglomeration troyenne, 504, II Studi critici, a cura di Petrucci A., «Archivium Gregorianum», 5, Firenze 2005.

19 Recchia V., Il «praedicator» nel pensiero e nell’azione di Gregorio magno (Immagini e moduli espressivi), in Id., Gregorio Magno papa ed esegeta biblico, «Quaderni di Invigilata lucernis», 4, Bari 1996

20 Hoornaert R., Un grand apotre du soin des ames: saint Gregoire, in La vie spirituelle, 79, 331 (1948), p. 1962.

21 Reydellet R., La royauté dans la litterature latine de Sidoine Apolinnaire à Isidore de Seville, Bibliotheque des Ecoles francaises d’Athenes et de Rome, 243, Roma 1981.

22 Markus R. A., Gregory the Great’s Rector and his Genesis, Aa. Vv., Gregoire le Grand, Chantilly, Centre culturel Les Fontaines, 15-19 septembre 1982 – Actes publiès par Fontaine J. – Gillet R.

– Pellistrandi S., Paris 1986, pp. 136-146.

23 Hocquard G., L’idéal du pasteur des ames selon saint Gregoire le Grand, in La tradition sacerdotale. Etudes sur le sacerdoce, Bibliotheque de la Faculté catholique de théologie de Lyon, 7, Le Puy 1959.

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e a un paradigma di valori propri dell’annuncio cristiano; il pontefice condanna i prelati immersi negli affari del secolo, di fatto smentendo parzialmente le tesi di Reydellet.

La medievistica italiana non ha certo mancato di inserirsi nel dibattito storiografico e lo ha fatto grazie ai contributi di G. Vinay24 e V. Paronetto25 in merito alla condotta del presule, infatti, secondo Gregorio, questa deve superare in qualità quella del popolo, così come la vita del pastore sovrasta quella del gregge. Il Vinay, in particolare, definisce «messaggio inceppato» questo passo della Regula perché in contrasto con l’annuncio evangelico, dal momento che i fedeli sono visti come subiecti. Gastaldelli26 si è, invece occupato del tema del peccato e riflette su questo aspetto della condizione umana visto dal pontefice in alcuni suoi saggi dal taglio a tratti psicologico. Gli spunti offerti dalle opere di Gregorio Magno sono certamente numerosi e, per ciò che interessa la presente ricerca, è fondamentale il contributo di Emanuela Prinzivalli27 al convegno tenutosi presso l’Accademia dei Lincei in occasione del XIV centenario dalla morte del pontefice. La studiosa analizza qui la comunicazione omiletica prendendo le mosse dalle XL Homiliarum in Evangelia libri duo28 con particolare attenzione a quelle omelie messe per iscritto solo in seguito alla loro esposizione orale29. Si evince come già per il pontefice fossero chiari i problemi legati alla ricezione da parte del pubblico, alla diffusione non

24 Vinay G., Il messaggio inceppato di Gregorio Magno, in Alto Medioevo latino. Conversazioni e no, «Nuovo Medioevo», 14, Napoli 2003.

25 Paronetto V., Gregorio Magno, un personaggio tradito. Un esame di fonti, in «Studium», 75, 1979.

26 Gastaldelli F., Il meccanismo psicologico del peccato nei «Moralia in Job» di san Gregorio Magno, in Id., Scritti di letteratura, filologia e teologie medievali, «Collectanea», 20, Spoleto 2000, pp. 3-43.

27 Prinzivalli E., Gregorio Magno e la comunicazione omiletica, in Gregorio Magno nel XIV centenario della morte. Atti dei convegni lincei (Roma, 22-25 ottobre 2003), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 2004; e Deleeuw P. A., Gregory the Great’s “Homelies on the Gospels”, in «Studi medievali», III, XXVI 1985.

28 Étaix R., Note sur la tradition manuscripte des “Homelies su l’Evangile” de Saint Grégoire le Grand, in Gregoire le Grand, Paris 1986.

29 Meyvaert P., The Date of Gregory the Great’s Commentairies on the Canticle of Canticles and on I Kings, «Sacris Eruditi» (1978-1979).

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ufficiale da parte di tachigrafi, il suo legame con la tradizione dettata da Agostino30 e, non ultima, la questione della lingua31 in un’Italia in cui ormai la comprensione del latino era tutt’altro che diffusa (di questo tema si è occupato, in particolare, M. Banniard32).

Interessante sia per capire il diverso atteggiamento verso un pubblico sia per un’analisi di tipo letterario, è la presenza nel corpus delle 20 omelie “orali” di exempla, già dominante nei Dialogi, ma che, grazie alla lezione di questo Padre della Chiesa, diverrà una costante in tutta la predicazione medievale.

La differenziazione fatta da Gregorio Magno nelle sue Omelie sui Vangeli in confronto a quelle su Ezechiele propone un naturale oggetto di analisi, e cioè quello sulla destinazione dei sermoni; non si tratta solo di un problema inerente la differente levatura sociale e culturale del pubblico, bensì del luogo stesso in cui queste prediche erano pronunciate. C’erano sermoni monastici, sermoni liturgici, sermoni destinati all’istruzione pastorale dei vescovi, ognuno con delle caratteristiche proprie e così sarà anche nei secoli a venire33. Oltre a ciò sorgeva, soprattutto in concomitanza di quella svolta epocale che fu la riforma della Chiesa nel secolo XI, un ulteriore problema: chi aveva il compito, quindi il diritto, di predicare? Questa confusionaria situazione, apparentemente gestibile e sicuramente arginabile, si risolve indirettamente nel sorgere delle eresie che caratterizzeranno i secoli successivi. La correlazione tra il sorgere dei movimenti religiosi popolari dei laici e i rapporti con l’ideale di imitazione della vita apostolica è stata analizzata in maniera accurata da H. Grundmann, Movimenti religiosi nel Medioevo. Ricerche sui nessi storici tra l’eresia, gli Ordini Mendicanti e il movimento

30 Recchia V., La memoria di Agostino nella esegesi biblica di Gregorio Magno, «Augustinianum»

25, 1985.

31 Auerbach E., Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e nel Medioevo, Feltrinelli, Milano 2007.

32 Banniard M., Viva voce. Communication ecrite et communication orale du Ive au IXe siécle en Occident Latin, Paris 1992.

33 Kienzle B. M., The tipology of the Medieval Sermon and its Development in the Middle Age:

Report on work in Progress, in De l’homelie au sermon. Histoire de la predication medievale, a cura di Hamesse J. – Hermand X., Institut d’Etudes medievales, Louvain-la-neuve 1993.

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religioso femminile nel XII e XIII secolo e sulle origini storiche della mistica tedesca34. Mi limito tuttavia a segnalare solo alcuni autori fondamentali, dal momento che la storiografia sui movimenti eterodossi è vastissima, tanto da essere spesso distinta in vari sotto ambiti in base al tipo di eresia, sia essa catara, valdese o degli Umiliati prima che si conciliassero con la Chiesa romana. Sono i grandi nomi della storiografia nazionale ad aver dato solide basi a questo tipo di studi, in particolare Gioacchino Volpe, Ovidio Capitani, Cinzio Violante e Raffaello Morghen35.

In queste poche righe ho solo accennato attraverso delle tappe fondamentali alla continua evoluzione della pratica omiletica. Risulterebbe senza dubbio comodo pensare (e studiare) immaginando un mondo avvolto in una sorta di stasi dettata dalla tradizione patristica. Tuttavia, soprattutto dopo la grande opera di assestamento adottata anche in campo ecclesiastico da Carlo Magno, le evoluzioni di questo particolare ambito letterario si sono fatte sentire. Già nell’Alto Medioevo i sermoni monastici assunsero delle peculiarità che li differenziavano da quelli di età patristica. La Regola di san Benedetto prevedeva la lettura di materiale omiletico nell’ambito della liturgia comunitaria sia per la meditazione privata che per la lettura in refettorio. Il sermone monastico, partendo da un brano biblico, veniva poi ampliato a seconda del livello culturale dell’autore e delle esigenze del monastero, ciò accadeva soprattutto tra IX e X secolo come ha osservato T.

L. Amos36, ma vi erano anche esempi di sermoni nati con un’espressa finalità di lettura privata e meditativa in ambito monastico, esemplari in tal proposito erano quelli della scuola di Auxerre analizzati da H. Barré37 e R. Gregoire.

Non è facile dipingere un quadro complessivo degli studi sulla predicazione tra i secoli IX e XIII, naturalmente le fonti sono diverse e certamente più esigue rispetto alla

34 Grundmann H., Movimenti religiosi nel Medioevo. Ricerche sui nessi storici tra l’eresia, gli Ordini Mendicanti e il movimento religioso femminile nel XII e XIII secolo e sulle origini storiche della mistica tedesca, Il Mulino, Bologna 1974.

35 Capitani O., L’eresia nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 1971; Morghen R., L’eresia nel Medioevo, in Medioevo cristiano, Laterza, Bari 1970; Violante C., Eresie nelle città e nel contado in Italia dall’XI al XII secolo, in Id., Studi sulla cristianità medievale, op. cit.

36 Amos T. L., The italian Homiliary: From Sermon Collection to Monastic Homiliary, in

«Medieval Sermon Studies Newsletter», 29, 1992.

37 Barré H., Les homeliires carolingiens de l’Ecole d’Auxerre, Biblioteca Apostolica, Città del Vaticano 1962.

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produzione successiva, inoltre, la stessa storiografia si è occupata di settori molto particolari, spesso monografici per fare chiarezza su quest’epoca. Si tratta di studi specialistici, per una preliminare infarinatura è interessante segnalare gli studi, datati ma sempre efficaci, di J. Leclerq38 e R. Gregoire39, si tratta di opere legate ad un’analisi per lo più filologica dei testi, di inventari e analisi di sermonari, ma che senza dubbio contribuiscono a un primo approccio per chi volesse intraprendere delle ricerche di respiro più ampio. Segnalo alcuni contributi specifici sulla predicazione prima della raccolta omiletica operata da Paolo Diacono in epoca carolingia: lo stesso Gregoire ha rivisto l’omeliario di San Pietro in Vaticano, già studiato in precedente da G. Loew;

sempre gli stessi autori si sono occupati di far luce sull’omeliario del prete romano Agimondo40, seguiti da A. Chavasse41. Uno dei più celebri e ricchi sermonari a noi giunto risale all’VIII secolo, si tratta dell’opera attribuita ad Alano di Farfa, uno dei monasteri più importanti per tutto l’Alto Medioevo. Già presente nei suddetti studi di Loew e Leclerq, trova degli importanti contributi monografici nelle pubblicazioni di E. Hosp e R.

Etaix42. Tutti questi contributi analizzano le opere altomedievali al fine di rintracciare in esse la tradizione manoscritta dei Padri della Chiesa, è per questo motivo che l’interesse risulta essere prettamente filologico e per certi versi poco stimolante nell’ottica di più ampi scenari sociali e politici.

Una menzione meritano certamente alcuni fondamentali studi sul periodo della riforma del secolo XI che ormai possiamo definire dei classici della storiografia nazionale e internazionale. Mi riferisco in particolar modo agli studi di Cinzio Violante e Giovanni

38 Leclercq J., Tables pour l’inventaire des homiliaires manuscrits, in «Scriptorium», 2, 1948; Id., Le magistère du prédicateur au XIIIe siècle, in «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du moyen âge», 15, 1946; l’autore si è inoltre occupato dell’edizione completa del sermonario di Bernardo di Clairvaux.

39 Gregoire R., Homeliaires liturgiques medievaux. Analyse des manuscrits, CISAM, Spoleto 1980.

40 Loew G., Il più antico sermonario di San Pietro in Vaticano, «Rivista di archeologia cristiana», 19, 1942; Id., Ein Stadtromisches Lektionar des VIII. Jahrhunderts, in «Romische Quartalschrift», 37;

Gregoire R., L’homeliaire romain d’Agimond, in «Ephemerides Liturgicae», 82, 1968.

41 Chavasse A., Le sermonnaire d’Agimond. Ses sources immediates, in Aa. Vv., Kyriakon.

Festschrift J. Quasten, Munster i. W., Aschendorff, 1970.

42 Hosp E., Il sermonario di Alano di Farfa, in «Ephemerides Liturgicae», 50, 1936; Etaix R., Le prologue du sermonnaire d’Alain de Farfa, in «Scriptorium», 18, 1964.

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Miccoli43. Quest’ultimo, nel suo Chiesa gregoriana edito per Sansoni nel 1966, tratta, tra le altre cose, della predicazione ai laici, ormai entrati a pieno in quella fondamentale opera di riforma che occupa la seconda metà del secolo e che lo stesso studioso ha approfondito nel saggio Per la storia della pataria milanese, il fenomeno patarino è anche al centro del contributo di Violante, I laici nel movimento patarino all’interno del volume I laici nella societas christiana dei secoli XI e XII edito nel 196844.

I.3. La nascita degli Ordini mendicanti e i riflessi sulla predicazione

Nel documento DOTTORATO DI RICERCA IN Studi storici (pagine 31-38)

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