• Non ci sono risultati.

SINDROMI IPERESTESICHE NEL CANE E NEL GATTO

Cristian Falzone, DVM, dipl. ECVN Diagnostica Piccoli Animali, Zugliano (VI)

Con il termine iperestesia si fa riferimento a un’eccessiva sensibilità/reattività a stimoli sensoriali, siano essi tattili, termici o più spiccatamente dolorifici, che in condizioni di normalità non evocherebbero reazioni particolari. Nella pratica quotidiana e soprattutto in medicina veterinaria, si parla di iperestesia con riferimento ad un aumento della sensibilità di tipo dolorifico: in questa condizione, stimoli che in condizione di normalità non sarebbero particolarmente algici vengono in realtà percepiti dal soggetto come marcatamente dolenti. Seppure alla base di tali manifestazioni ci possano essere alterazioni a carico del sistema nervoso centrale o di quello periferico, in alcune circostanze non è possibile evidenziare un reale danno a carico di nessuno di questi e i meccanismi eziopatogenetici che si nascondono dietro queste manifestazioni rimangono non di rado ignoti.

Sindrome dell’Iperestesia Felina (FHS)

Tra le varie condizioni iperestesiche questa rimane senza dubbio quella “più conosciuta” in campo veterinario, seppure in letteratura esistano solo sporadiche segnalazioni. Da sempre questa sindrome ha rappresentato una condizione a metà tra i disturbi comportamentali e quelli decisamente più neurologici. Questo perché la FHS non è ancora del tutto ben codificata e le cause rimangono sconosciute. La FHS è da molti considerata come una forma atipica di convulsioni, vista la natura episodica dei sintomi e la somiglianza di alcuni di essi con sintomi più frequentemente riscontrati nelle “forme più classiche” di tipo convulsivo.

Seppure non esistano particolari predisposizioni di razza, sesso ed età, alcune razze come l’Abissino, il Burmese e il Siamese sembrano più rappresentate e la sintomatologia pare abbia il suo picco di insorgenza tra il quinto e l’ottavo anno di età. I sintomi più frequentemente riscontrati e riportati consistono in contrazioni ripetute e rapide di tipo “ondulatorio” a carico della cute e/o dei muscoli della regione toracolombare, riluttanza a farsi palpare/accarezzare tale area, con manifestazioni a volte di possibile “reale” dolore in cui il soggetto con violenza, lecca o morde le regioni del dorso, dei fianchi o della coda. A volte a questi sintomi si accompagnano alterazioni dello stato di coscienza o più verosimilmente del comportamento, caratterizzate da fasi di inconsueta ed ingiustificata agitazione durante le quali si può assistere a ripetute vocalizzazioni o miagolii, atteggiamenti più spiccatamente aggressivi caratterizzati da eccessivo movimento della coda, continuo ringhiare, mordere o persino attaccare oggetti inanimati o persone.

All’esame neurologico non si riscontrano particolari deficit, fatta eccezione per un possibile risentimento alla palpazione del rachide toracolombare. A tal proposito va comunque sottolineato

come il gatto non ami particolarmente questo test; capita infatti piuttosto frequentemente che anche soggetti del tutto normali reagiscano alla palpazione della colonna come se avessero dolore, pur in realtà non avendone alcuna ragione.

La diagnosi si basa per lo più sull’anamnesi e i sintomi. Ciò nonostante è comunque sempre consigliabile eseguire tutti i test mirati a escludere una possibile causa di algia spinale (e.g., ernia discale, meningite, etc.) o crisi convulsive (e.g., neoplasia cerebrale, encefalite, etc.): si inizia pertanto con i più comuni esami ematobiochimici, per proseguire con le sierologie per le più comuni malattie infettive, per poi concludere con un esame di Risonanza Magnetica dell’encefalo, del rachide ed con l’esame del liquido cefalorachidiano (Fig. 1). Nella FHS tutti questi esami sono solitamente nella norma. Di recente, in un gruppo di gatti affetti da questa condizione, sono state evidenziate alterazioni all’esame elettromiografico dei muscoli epiassiali del tratto toracolombare, supportate poi da alterazioni all’esame istologico delle biopsie muscolari, simili a quelle riscontrate nella miosite da corpi inclusi dell’uomo. Pertanto, attualmente si aprono le porte alla possibilità che tali manifestazioni cliniche possano dipendere da una miopatia che inizia come degenerativa e che si complica poi per una risposta infiammatoria secondaria di tipo immunomediato.

Fig. 1: immagine sagittale T2 pesata sul piano sagittale di gatto con ernia discale toracolombare con marcato dolore alla palpazione del rachide; le ernie del disco rappresentano pertanto una diagnosi differenziale nei gatti con FHS

Quanto alla terapia, sono riportate numerose opzioni che consistono nell’uso di farmaci corticosteroidei, di antidepressivi triciclici, di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, di farmaci antiepilettici e di diete ricche in antiossidanti; sfortunatamente la risposta a tutte queste opzioni terapeutiche è scarsa o nulla e spesso si assiste ad una progressione della malattia con una prognosi piuttosto infausta nel controllo della sintomatologia.

Sindrome felina del dolore orofacciale (FOPS)

Questa sindrome si caratterizza per marcato dolore orale e facciale per lo più a insorgenza acuta. Da alcuni assimilata alla neuralgia del nervo trigemino dell’uomo, la FOPS rappresenta una forma di dolore neuropatico. Si è ipotizzato che i soggetti affetti abbiano un’alterazione nella processazione degli stimoli sensoriali da parte del nervo trigemino. Tale alterazione fa si che ogni volta che le terminazioni nervose sono sensibilizzate, ad esempio da una malattia dentale, queste rispondendo ed elaborando gli stimoli in modo anomalo, danno origine al dolore neuropatico.

Seppure gatti di tute le razze possano esserne affetti, quelli di razza Burmese sono senza dubbio i più predisposti; i sintomi possono insorgere ad ogni età, anche se l’esordio corrisponde prevalentemente con il periodo di eruzione dei denti permanenti; i maschi sembrano leggermente più predisposti delle femmine.

Il segno clinico più frequentemente riscontrato e riportato dai proprietari è caratterizzato da movimenti esagerati di leccamento e masticazione, con tendenza eccessiva del gatto a portarsi le zampe al muso e alla bocca. Nei casi più gravi/avanzati è anche possibile riscontrare automutilazioni della faccia, della bocca e della lingua (Fig. 2).

Fig. 2: concessa da Dr.ssa Clare Rusbridge; automutilazioni linguali in un gatto con FOPS

L’esame neurologico non presenta particolari alterazioni, fatta eccezione per un fastidio e riluttanza alla palpazione-ispezione della bocca, non di rado più marcata da un solo lato. I sintomi possono essere episodici, innescati da movimenti della bocca, dal mangiare o dal toelettarsi e possono durare da alcuni minuti a qualche ora. Nelle forme “permanenti” (non episodiche) pare che l’intensità dei sintomi aumenti ancora una volta durante i movimenti della bocca, ma che possa anche essere influenzata da fattori esterni responsabili di situazioni di stress o particolare eccitamento.

Seppure esami avanzati come la RM e/o l’esame del liquido cefalorachidiano siano utili per escludere malattie neoplastiche o infiammatorie a carico del nervo trigemino o dell’encefalo, non esistono test che confermino definitivamente la diagnosi di questa sindrome, che si basa

principalmente sul segnalamento, anamnesi ed esame generale. Fondamentale è il parere di specialisti odontoiatri e quindi un accurato esame radiografico, al fine di indagare e trattare ogni possibile patologia dentale che possa innescare il disturbo.

Quanto alla terapia, oltre a quella mirata a eventuali patologie dentali o del cavo orale più in generale, è essenziale trattare il dolore tramite combinazioni di farmaci anti-infiammatori non steroidei ed oppioidi e prevenire ulteriori traumatismi fasciando le zampe o applicando un collare di Elisabetta. Seppure non ci siano studi dedicati in merito, se i suddetti farmaci non dovessero funzionare, è possibile utilizzare farmaci antiepilettici in grado di controllare il dolore neuropatico, quali ad esempio il Fenobarbital o la Carbamazepina. Ogni fattore ambientale potenzialmente fonte di stress e agitazione dovrebbe essere eliminato: i gatti affetti dovrebbero preferibilmente vivere da soli, in un’area esclusivamente a loro dedicata in cui l’impiego di feromoni può essere considerato e talvolta utile nel controllare la sintomatologia.

Questa sindrome può essere autolimitante, soprattutto in quei soggetti in cui il disturbo segue il cambio dei denti o quando una causa sottostante viene riscontrata e trattata. Le recidive comunque sono possibili e in alcuni casi, molto probabilmente una minoranza, si rende necessaria una terapia a vita.

Considerata l’elevata incidenza della FOPS nei soggetti appartenenti alla razza Burmese, è possibile che in questi esista una predisposizione genetica e attualmente sono in atto programmi di raccolta e di valutazione del DNA.

Varie

In neurologia veterinaria numerose condizioni patologiche possono manifestarsi con il solo dolore.

Infatti, alcune malattie ed in particolare quelle di natura infiammatoria, se interessano le sole meningi o una singola radice nervosa e risparmiano il midollo spinale e l’encefalo, non si accompagnano a veri e propri deficit. All’esame neurologico l’unico riscontro è l’algia alla palpazione del rachide o alla manipolazione di un arto, a seconda delle aree interessate dal processo flogistico.

In corso di meningiti, che sono per lo più di origine sconosciuta e di possibile natura immunomediata, l’animale si lamenta spontaneamente e/o quando lo si tocca a livello del rachide in modo diffuso, seppure la regione cervicale appaia frequentemente quella più algica. Questi pazienti hanno spesso ventroflessione della testa e del collo e sono estremamente riluttanti a farseli manipolare. Soggetti di ogni sesso ed età possono esserne affetti, seppure sembri esistere una predisposizione per i cani di sesso femminile e per alcune fasce di età. Nei soggetti giovani ad esempio, e soprattutto nelle razze medio-grandi, si riscontra comunemente una forma di meningite-arterite definita steroido-responsiva (SRMA), perché la terapia consiste per l’appunto nella

somministrazione di farmaci corticosteroidei a scalare, per un periodo solitamente non inferiore ai 6 mesi. Come in tutte le meningiti, la diagnosi viene raggiunta attraverso un esame di diagnostica per immagini avanzata (RM o Tomografia Computerizzata) che escluda cause frequenti di algia spinale quali le ernie discali o le discospondiliti, seguito quindi dall’esame del liquido cefalorachidiano (LCR). Nella maggioranza dei pazienti con meningite il LCR risulta alterato (aumento del contenuto cellulare e proteico) e, sempre su LCR, è possibile eseguire test quali la PCR per escludere alcune tra le cause infettive relativamente “più frequenti” di meningite come la toxoplasmosi e la neosporosi. La prognosi nei pazienti affetti da SRMA e trattati con corticosteroidi è per lo più favorevole, con completa remissione della sintomatologia nella maggioranza dei casi, seppure le recidive sono possibili in circa un 20% dei soggetti.

Le infiammazioni di una o più radici nervose possono manifestarsi, oltre che con il solo dolore, anche con lievi gradi di disfunzione neurologica, quali zoppia o monoparesi se sono interessate la o le radici di pertinenza di un arto, o con atrofia muscolare selettiva. La diagnosi si ottiene attraverso l’esame RM, a volte seguito da un esame bioptico delle radici affette. Infatti, la sola RM non è sufficiente in alcuni casi a differenziare forme di neurite da forme tumorali radicolari (Fig. 3). Da un punto di vista clinico, anche queste ultime possono dar luogo a sintomatologie e decorsi sovrapponibili alle forme radicolari infiammatorie.

Fig. 3: Immagini STIR trasverse di un paziente affetto da neurite (foto di sinistra) e di uno affetto da neoplasia (foto di destra) di una singola radice del plesso brachiale.

La terapia e la prognosi nei pazienti con queste alterazioni radicolari dipenderanno quindi nella maggior parte dei casi dall’esito della RM, eventualmente associato a quello della biopsia.

Bibliografia

1. de Lorimier LP. Feline hyperesthesia syndrome. Compendium in Continuing Education 31(6),2

2. March P.A. and J.R. Fischer. Electomyographic and histologic abnormalities in epaxial muscles of cats with feline hyperesthesia syndrome. Journal of Veterinary Internal Medicine 13:238, 1999.

3. Rusbridge C1, Heath S, Gunn-Moore DA et al. Feline orofacial pain syndrome (FOPS): a retrospective study of 113 cases. Journal of Feline Medicine and Surgery 12(6):498-508,2010

QUANDO SI INCONTRANO LA NEUROLOGIA E LA