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PARTE SECONDA – Daylighting, strategie architettoniche a
confronto
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La scelta dei materiali, delle dimensioni e del posizionamento sono solo parte delle questioni che da sempre devono essere analizzate per la realizzazione delle finestre, delle facciate trasparenti, degli atri vetrati, ovvero di tutte le aperture poste sull’involucro edilizio per permettere alla luce di illuminare, riscaldare e definire lo spazio.
Con la successiva trattazione si intende dare spazio a quei sistemi passivi, che presentano una configurazione prevalentemente fissa, in assenza di elementi meccanizzati.
Figura 2: Soluzioni di toplighting e sidelighting realizzate per il Getty Center, Richard Meier, Los Angeles, 1970.
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1.1 Sidelighting
Con il termine sidelighting si intendono le soluzioni architettoniche che prevedono il ricorso alle sole finestre laterali, su uno o più fronti, come mezzo esclusivo per fornire un’illuminazione naturale.
Le tecniche di sidelighting prevedono il ricorso a finestre verticali per permetter alla luce naturale di entrare nei locali; a differenza delle altre tecniche quali toplighting e corelighting, il sidelighting è corresponsabile di numerosi problemi legati all’eccessivo riscaldamento delle zone circostanti le aperture e a fenomeni di abbagliamento molesto in prossimità delle stesse.
Soluzioni di sidelighting si adattano più agevolmente in edifici che presentano una disposizione planimetrica che predilige l’orientamento secondo l’asse est‐ovest e verso sud, in quanto sono in grado di garantire un guadagno solare diretto e una costante fonte di illuminazione durante l’arco della giornata.
Al fine di illuminare un ambiente da un solo lato, i meccanismi di cui tener conto riguardano la progettazione corretta della foratura, l’adeguato dimensionamento, così come la scelta della posizione della finestra rispetto alla morfologia dell’ambiente.
L’effettiva distanza che la luce naturale può coprire dal momento in cui entra nell’ambiente ‐nel caso di aperture finestrate su un solo lato della stanza‐, è piuttosto limitata, strettamente dipendente dalla larghezza della finestra stessa, dalla profondità della stanza e dalla presenza di ostacoli esterni ed interni.
Nel caso di edifici che presentano un rapporto di circa 1:2 tra superficie del pavimento e altezza utile di interpiano, la soluzione con illuminazione laterale da un solo fronte fornisce un potenziale livello di illuminamento sufficiente ai compiti visivi; nel caso invece di configurazioni spaziali differenti e più complesse la soluzione di sidelighting su un solo fronte risulta fortemente carente.
Nel caso il rapporto altezza‐larghezza del locale superi di circa il 25% il rapporto di 1:2, il contrasto di luminosità tra la zona immediatamente prospiciente la finestra e la parte centrale del locale risulterà notevole.
In relazione al fatto che l’occhio umano è in grado di adattarsi assai rapidamente alle variazioni di luminosità, accomodando i contrasti di luminosità presenti nel locale, la percezione di buio e fenomeni di abbagliamento molesto devono essere attribuiti ad una generale carenza di luminosità lungo la profondità della stanza.
Per sopperire ad una situazione di mancanza di uniformità nell’illuminamento, è possibile ricorre a due differenti strategie, da adattare in relazione alle specifiche esigenze visive e luminose del locale. La profondità dell’ambiente dovrebbe essere mantenuta il più possibile ridotta in relazione alla dimensione del fronte finestrato, allo scopo di assicurare un buon livello di uniformità.
In alternativa, nei casi in cui questo rapporto risulta svantaggioso è necessario provvedere con altri tipi di illuminazione, naturale o artificiale.
Finestre orizzontali forniscono la maggior quantità di illuminamento a parità di dimensione, in special modo in caso di assenza di ostruzioni interne od esterne che possono limitare la penetrazione della radiazione solare. Più l’altezza della foratura è
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considerevole più i raggi solari sono in grado di accedere in profondità nel locale ed essere riflessi dai materiali di finitura e dagli oggetti presenti.
Contestualmente occorre considerare che un posizionamento troppo elevato rispetto al piano di calpestio può pregiudicare negativamente la vista dell’esterno, creando fastidiosi effetti di disorientamento e discomfort.
La conformazione più idonea per sopperire a queste esigenze risulta essere la finestra orizzontale che si sviluppa su tutta la lunghezza del fronte esterno del locale, secondo la tradizione del diciannovesimo secolo che prevedeva il ricorso a questo tipo di forature soprattutto per gli edifici industriali, per offrire un adeguato livello di illuminazione agli operai all’interno dei locali.
Soluzioni più evolute nel caso strategie di sidelighting su un solo fronte sono costituite da finestre con clerestory, ovvero finestre alte, che forniscono luce prevalentemente in profondità ed evitano problemi di abbagliamento molesto, essendo posizionate ad un’altezza superiore a quella dell’occhio dell’occupante.
Un successivo sviluppo della finestra per sidelighting è la finestra a tutt’altezza, una soluzione tecnologica e formale, che ha segnato lo sviluppo di numerose tendenze architettoniche, e relative soluzioni tecniche per sopperire a problemi quali l’eccessivo illuminamento o surriscaldamento nella stagione calda, portando allo sviluppo di nuovi sistemi oscuranti, pellicole e vetri per il controllo della radiazione solare in ingresso.
Norbert Lechner, autore di Heating, Cooling, Lighting: Design Methods for Architects (2000)1, e creatore del celebre Heliodon Sun Emulator, evidenzia ulteriori perplessità sulla validità di tecniche di sidelighting che impieghino un solo fronte finestrato per l’illuminazione naturale di una stanza:
the illumination is greatest just inside the window and rapidly drops off to inadequate levels for most visual tasks. The view of the sky is often a source of direct glare, and direct sunlight entering the window creates excessive‐
brightness ratios …To overcome these negative characteristics…, designers should keep in mind the following strategies…2
suggerendo conseguentemente alcune strategie di intervento, soprattutto legate all’impiego di un doppio fronte finestrato, che serva per bilanciare le luminosità variabili in ingresso da più fonti:
le finestre, indipendentemente dalla loro forma, devono essere disposte nella parte alta della parete, in quanto la distanza coperta dalla luce solare in ingresso da una finestra è una volta e mezzo l’altezza della finestra stessa3;
1 NORBERT LECHNER, Heating, Cooling, Lighting. Design Methods for Architects, 1st edition, Wiley, London, 2000.
2 l'illuminazione appare migliore in prossimità della finestra per ridursi rapidamente a livelli meno adeguati per i diversi compiti visivi. La vista di una porzione di cielo è spesso fonte di fenomeni di abbagliamento, mentre la luce diretta del sole che penetra attraverso le finestre è responsabile di fenomeni di eccessiva luminanza.... Per ovviare a questi peculiarità negative ..., i progettisti devono tenere a mente le seguenti strategie…
3 Tratto da US DEPARTMENT OF ENERGY, ENERGY EFFICIENCY AND RENEWABLE ENERGY, Sidelighting vs.
Toplighting. National Best Practices Manual, Daylighting and Windows, p. 73.
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se possibile dotare le finestre di clerestory continui per una maggiore penetrazione solare in profondità nella stanza per garantire maggiore uniformità nei livelli di abbagliamento. Questa soluzione permette un controllo disgiunto delle operazioni di apertura e oscuramento del locale in relazione ai compiti visivi che qui si svolgono;
se possibile, le finestre dovrebbero essere distribuite su più fronti;
se possibile, distribuire le finestre in prossimità delle pareti divisorie interne per ridurre i contrasti di luminosità tra le finestre e le pareti stesse;
se possibile, filtrare la luce naturale prima dell’immissione dei oretta attraverso la finestra;
disporre dispositivi mobili di schermatura.
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1.2 Toplighting
Uno dei metodi più comuni di distribuire di luce naturale nei locali è costituto da soluzioni di toplighting, attraverso lucernari, tipo skylight e roof monitor apribili o fissi sulle coperture, che rappresentano solo parte della gamma di sistemi attraverso cui realizzare una illuminazione dall’alto.
Il principale vantaggio correlato a questa tecnica di daylighting risiede nella possibilità di disporre di una luce uniforme che proviene dalla parte più luminosa del cielo, lo zenit, senza subire riflessioni o incontrare ostacoli; in questo modo si garantisce una disponibilità luminosa molto più estesa, in presenza di qualsiasi tipo di vetro.
Si può affermare che il toplighting sia la strategia di illuminazione naturale che presenta più similitudini con le prestazioni offerte dalla luce artificiale, in relazione al fatto che si ottiene una illuminazione diretta, né filtrata né riflessa, dall’altro verso il basso. Per questo motivo molti dei principi afferenti all’illuminotecnica vengono impiegati anche per la progettazione e la disposizione dei singoli sistemi per il toplighting.
D’altra parte la gestione della luce zenitale in ingresso attraverso dispositivi di toplighting può causare problemi di abbagliamento e surriscaldamento nella zona subito sottostante l’apertura, nel caso non siano presenti sistemi di controllo o di schermatura così come l’impiego di sistemi di luce zenitale è altamente vantaggioso solo per i piani appena sottostanti la copertura, mentre è del tutto inefficace nel caso di edifici a più piani.
Un’ ulteriore limitazione nel caso di ricorso a soluzioni simili è legata all’assenza di vista dell’esterno, con effetti negativi sulla percezione dell’alternanza di giorno e notte e effetti di discomfort per l’occupante.
In caso di progettazione di sistemi di toplighting particolare cura deve essere dedicata alla fase di dimensionamento e posizionamento delle aperture, oltre alla scelta dei singoli dispostivi e soluzioni tecniche relative ai materiali di finitura e al loro grado di riflessione, per evitare fenomeni di abbagliamento molesto.
Numerosi sono i sistemi impiegati per soluzioni di toplighting, classificati in relazione alle prestazioni luminose che offrono e in relazione all’uso di cui si può disporre.
Gli skylight, lucernari o cupolini, si ottengono attraverso aperture vetrate orizzontali o leggermente inclinate nel sistema di copertura. I lucernari offrono la possibilità di vedere una vasta porzione di cielo, da una posizione priva di ostacoli e trasmettere all’interno la quasi totalità della radiazione luminosa incidente. Nel caso si renda necessario un controllo di una quota di radiazione solare in ingresso è possibile predisporre la superficie del lucernario con materiali traslucidi o riflettenti, per favorire la diffusione interna. Il dimensionamento e relativo posizionamento dei lucernari è strettamente dipendente dal clima, dalla località geografica e ancora di più dalla prevalenza delle condizioni di cielo, oltre che dalla tipologia edilizia.
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I cosiddetti lucernari a dente di sega, Sawtooth roof, sono costituti da una successione di aperture zenitali fortemente inclinate, orientate tutte secondo la medesima direzione. Questa strategia consente alla luce naturale di penetrare nell’ambiente secondo un flusso omogeneo e equamente distribuito, ottenendo un illuminazione di tipo wallwasher, grazie al sistema di riflessioni spontanee tra la superficie inclinata su cui la luce si posa che viene poi riflessa sulla parete opposta sottostante. Decisiva dunque rimane la scelta del corretto orientamento e del grado di inclinazione rispetto al quale angolare le superfici dei lucernari disposti in serie: direzionandoli verso sud si provvederà a fornire una maggior quota di luce diurna vero l’interno, ma al tempo stesso richiedono sistemi schermanti per le ore di massima insolazione. Nel caso invece, di aperture orientate verso nord, il flusso di luce che viene canalizzato all’interno degli ambiente è più costante, ma fornisce livelli di illuminamento inferiori rispetto alla media annuale delle aperture a sud. Per questo motivo è auspicabile dotare un ambiente con entrambe le soluzioni tecniche.
L’impiego di questi dispositivi per il toplighting è riservato, solitamente, ad ambienti di grandi dimensioni, in cui si ricerca un’illuminazione omogenea e diffusa, e in cui la presenza di grandi luci libere tra i solai, riduce il contrasto di luminanza che, inevitabilmente si crea in prossimità delle aperture zenitali.
I Roof monitors, lucernari zenitali, sono sistemi che possono essere realizzati con sezioni verticali, orizzontali o inclinate rispetto alla superficie del solaio di copertura su cui si poggiano.
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Si tratta di sistemi ibridi tra gli skylight e le finestre alte (clerestory), per assimilare benefici e vantaggi di ciascuno dei rispettivi sistemi.
Questi sistemi di illuminazione naturale permettono di ottenere una illuminazione omogenea e controllata nella parte centrale della stanza, rispetto invece ad una illuminazione perimetrale che si ottiene con finestre clerestory.
Le clerestory windows, o finestre alte, possono essere correntemente impiegate sia per realizzare sistemi di toplighting che di sidelighting.
Nel caso in cui il posizionamento della finestra si realizzi a circa 1/3 dell’altezza del muro, si parla di finestre alte – clerestory ‐ (letteralmente lanternini). Il beneficio correlato al tipo di finestre discende dalla consistente quota di luce diurna che è in grado di diffondersi in profondità nella stanza.
Le clerestory window non consentono la vista dell’esterno, essendo collocate ad un’altezza superiore a quella dell’occhio dell’occupante:
questa peculiarità ne limita l’uso ai grandi spazi pubblici, dove
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l’illuminazione naturale non rappresenta l’unica fonte di luce, ma permette di mantenere un contatto visivo e percettivo con l’ambiente esterno.
Figura 3: vista della sala delle turbine della Tate Modern, Londra.
Figura 4: esempio di impiego in edificio esistente di un dispositivo per il toplighting, The Metropolitan Museum of Art, New York City.
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1.3 Corelighting
Il termine corelighting si riferisce alla più moderna tra le tecniche per il daylighting, che fa ricorso sia a sistemi architettonici che a dispositivi ottici per illuminare naturalmente gli spazi interni.
Nonostante lo sviluppo di tecnologie specifiche per il corelighting abbia subito un processo di notevole evoluzione negli ultimi decenni soprattutto nei sistemi ottici di captazione e distribuzione della luce, l’origine dei primi sistemi va fatta risalire al la cultura egizia, quando i primitivi tentativi di dotare cunicoli e stanze di luce diretta, diedero il via alla ricerca sulle proprietà ottiche di lenti e specchi per incanalare i raggi del sole.
Così come per i sistemi sidelighting e toplighting anche l’illuminazione corelighting prevede l’impiego si sistemi attivi e passivi, allo scopo di trasportare la luce all’interno di spazi complessi e articolati, anche ai piani sottostanti la copertura, fino al solaio più basso della costruzione.
Tecniche di corelighting prevedono essenzialmente il ricorso a sistemi di condotti luminosi, che consentono di illuminare il nucleo centrale dell’edificio, in assenza di altri sistemi o forature che permettano un contatto con l’esterno. Si è soliti distinguere tra condotti ottici e atri e cortili interni. Per ciò che riguarda le soluzioni architettoniche si annoverano tre possibili sistemi di funzionamento, da cui è possibile combinare sistemi complessi e ibridi.
La ricerca relativa a questi sistemi passivi riguarda solitamente tre fattori di cui tener conto per la valutazione della luce naturale in ingresso, ovvero la fonte di luce naturale e le sue peculiarità, l’involucro architettonico, e nella fattispecie l’atrio, e la sua illuminazione.
Il sistema delle forature, i sistemi di captazione e ridirezionamento della luce e i gli elementi captanti sono parametri da valutare in modo integrato.
Lam e Robbins (1986)4 hanno classificato alcuni tra i principali sistemi di corelighting.
La Light Court o corte aperta rappresenta il sistema più semplice di realizzazione della strategia corelighting, trattandosi di un semplice spazio aperto verso la volta celeste, realizzabile sia in ambiente pubblico che privato.
Può assumere varie conformazioni in relazione alle necessità di illuminazione interna.
4 HAMDAN AHMAD, MOHD TAJUDDIN MOHD RASDI,ET ALII, Design principles of atrium buildings for the tropics, Penerbit Universiti Teknologi Malaysia, 2000.
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Figura 5: rappresentazione schematica della light court, tratta da Sunlighting‐Lam‐toplighting‐12a.jpg
Progettare correttamente un atrio vetrato o un light well –pozzo di luce vetrato‐ può, già di per sè, costituire un ottimo espediente per il controllo e la gestione della luce naturale, in caso di edifici a pianta centrale. La principale differenza tra un atrio aperto e una light court risiede nella possibilità connaturata a quest’ultima di assicurare livelli di illuminamento maggiori agli spazi adiacenti;
L'atrio, o pozzo di luce, è una tecnica di illuminazione di base, utilizzato in edifici moderni a più piani. Il nucleo centrale dell'edificio si apre tramite un elemento di vetro nella parte superiore, mentre il l’involucro esterno presenta lateralmente numerose aperture che forniscono la luce ai locali perimetrali, tramite tecniche di sidelighting.
Figura 6: rappresentazione schematica del light well tratta da Sunlighting‐Lam‐toplighting‐12a.jpg
Una basilare regola di progettazione intuitiva consiste nel dimensionare l’altezza dell’atrio in relazione alla profondità dell’edificio: ciò significa che le
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due dimensioni dovranno essere il più possibile simili tra loro, tali da assicurare la penetrazione della luce anche nella parte più interna del corpo centrale.
Il rapporto tra altezza e larghezza dell’atrio vetrato non deve quindi essere superiore al rapporto 2:1. Nel caso invece tale rapporto non possa essere garantito, si integrano nella progettazione con riflettori e diffusori interni da sospendere nello spazio centrale, al di sotto della copertura vetrata, per favorire la diffusione in più direzioni.
Una soluzione di notevole efficacia per il raggiungimento di sufficienti livelli di illuminazione interna è realizzabile ricorrendo a finiture interne traslucide e altamente riflettenti, cha accentuano la luminosità interna.
L’atrio vetrato si connota per i vantaggi ad esso correlati: innanzitutto garantisce un’ illuminazione ambientale omogenea e dall’effetto profondamente naturale, per aree che altrimenti dovrebbero ricorrere necessariamente alla luce artificiale. Inoltre, il costante contatto sia visivo che percettivo con l’esterno assicura un buon livello di comfort visivo e psicologico per gli occupanti.
Il Litrium, dall’inglese light e atrium, non trova una esatta corrispondenza nella lingua italiana. Si tratta di una atrio, la cui forma si rastrema verso il basso, ovvero in cui la superficie aperta decresce verso il piano inferiore, per massimizzare la penetrazione solare in entrata dalla parte alta del pozzo di luce. In questi atri vetrati dalla particolare forma chiusa verso il basso, la luce del sole, provenendo direttamente dalla volta celeste, è solitamente indirizzata verso le pareti piuttosto che sul soffitto degli ambiente confinati che si affacciano sull’atrio stesso.
Figura 7: rappresentazione schematica del litrium tratta da Sunlighting‐Lam‐toplighting‐12a.jpg
La questione di maggior peso nella scelta della più opportuna strategia di daylighting dipende essenzialmente dal corretto dimensionamento degli spazi attorno al dispositivo corelighting. La scelta della geometria di un atrio è regolata da alcune formule
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parametriche, come ad esempio la SAR – Section Aspect Ratio‐, la PAR ‐ Plan Aspect Ratio‐ e la WI –Well Index Ratio‐, secondo la classificazione proposta da Saxon e Bednar nel 1986.5 6
Sulla scorta di questi strumenti impiegati per massimizzare la quantità di luce naturale in ingresso in un atrio vetrato in relazione alla sua conformazione geometrica, numerosi studi sono stati condotti negli anni a seguire, per definire un metodo univoco che sviluppasse una relazione precisa tra i metodi di previsione sulla disponibilità di daylighting e strumenti progettuale ad esso correlato.7 8
Figura 8: esempio di corelighting nel nuovo Rolex Center, Losanna.
Figura 9: atrio centrale della nuova sede dell’Università Bocconi, Milano.
Oltre alle soluzioni formali e architettoniche, le strategie risolutive per il corelighting riguardano anche sistemi attivi realizzati con dispostivi ottici, attraverso i quali la luce stessa viene captata e raccolta da eliostati, ovvero specchi e ottiche regolate da cellule fotosensibili, che consentono al sistema di seguire il percorso giornaliero del sole, per poi concentrare il fascio luminoso negli ambienti confinati, attraverso il passaggio in condotti chiusi. Per trasportare la radiazione solare è possibile sfruttare le riflessioni multiple dei raggi solari incidenti, raccolti da lenti Fresnel attraverso una testa di captazione, e poi indirizzate sulla lunga distanza in condotti rivestiti con materiali riflettenti e lenti che permettono di non disperdere ‐ in termini di quantità e rendimento
‐ la luce solare captata dall’alto. Infine il sistema di emissione si conclude con l’introduzione della luce nel locale interno, attraverso aperture circolari di diametro variabile. Nel dimensionamento dell’impianto, oltre alla scelta della lunghezza più
5 MICHAEL J.BEDNAR, New Atrium, McGrawhill Building Type Series, New York, NY, 1986.
6RICHARD SAXON, Atrium Buildings Development and Design, The Architectural Press, 2nd edition, London, 1986.
7 MORAD.R. ATIF, ET ALII, Development of atrium dayligthing prediction: from an algorithm to a design tool, in “Journal of the Illuminating Engineering Society”, 24, (1), pp. 3‐12, 1995
8 ÖZGÜR GÖÇER, ASLIHAN TAVIL, ERTAN ÖZKAN, Thermal performance simulation of an atrium building, in
“Proceedings of eSim 2006 Building Performance Simulation Conference”, Faculty of Architecture, Landscape, and Design, University of Toronto, Toronto, 2006.