• Non ci sono risultati.

Sezione II: La residenza e la commercialità del trust

4. La soggettività

66

67 Infatti, il soggetto può essere colui il quale è chiamato ad assolvere all’obbligazione tributaria86, può essere il soggetto obbligato alla tenuta delle scritture contabili oppure ancora può coincidere con il sostituto d’imposta87.

Nel trust si concentrano tutte le figure enucleate, infatti il trust è tenuto a pagare l’eventuale imposta all’erario, a presentare la dichiarazione dei redditi, a predisporre altri eventuali adempimenti previsti dalla legge.

Il legislatore ha espressamente riconosciuto la soggettività del Trust con il comma 74 dell’articolo unico della legge 27 Dicembre 2006 n. 296 attraverso il quale il trust è stato riconosciuto quale soggetto passivo dell’Ires88.

La soggettività del trust, viene meno quanto lo stesso abbia dei beneficiari espressamente individuati, in quanto in questo caso, subentrerà il meccanismo della tassazione per trasparenza e saranno essi stessi soggetti passivi del tributo89.

La legge finanziaria del 2007 riconosce la soggettività del trust ma a condizione che non vi siano beneficiari individuati, così la soggettività potrà ricadere ora sull’istituto del trust, ora su soggetti specifici90.

Ad un occhio più critico, questo modus operandi del legislatore potrebbe apparire mosso più da esigenze di tipo impositivo che da ragioni sistematiche anche se occorre subito ricordare che la difficoltà di delineare una disciplina tributaria del trust dipende dalla sua stessa natura, in quanto trattasi di un istituto multiforme in grado di dar vita a più tipologie di trust. A ciò si aggiunga che le norme in tema di soggettività devono essere coordinate anche con la residenza del trust nel territorio dello stato Italiano.

86. L. FERLAZZO NATOLI, Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, Giuffrè, 1979, p. 93.

87. R. PIGNATONE, Sostituzione Tributaria e prelievo alla fonte, Cedam, Padova, 1993, pp. 55 ss.; J.L.

PEREZ DE AYALA, La soggettività tributaria, in AA.VV. Trattato di diritto tributario, diretto da A.

AMATUCCI, Cedam, Padova, 1994, vol. II, pp. 371 e ss.

88. Positivizzando quanto già era stato riconosciuto dall’amministrazione finanziaria in diversi atti di prassi;

89. G. MARINO, Titolare effettivo e possessori di reddito: sovrapposizioni, innesti e (probabili) mutazioni genetiche, in Riv. Di Dir. Trib., 2011,I, 183

90. In tal senso vedi, G. MARINO, il regime tributario del trust senza beneficiari individuati, in Rivista dei dottori commercialisti, I, 2008, p. 37.

68 Altro aspetto che rileva in ordine al concetto di soggettività è la circostanza che il trust può rivestire anche la qualità di sostituto d’imposta.

Infatti, dal combinato disposto degli articoli 73 Tuir e 23 comma 1 D.P.R. 600/73, gli obblighi di sostituzione ricadono su società ed enti.

Il trust non è espressamente incluso tra i soggetti che devono assumere la veste di sostituto di imposta e che sono elencati all’art. 23 d.p.r. 600/7391. A tal proposito occorre rilevare che, la modifica dell’art. 73 Tuir è successiva all’art 23 dpr 600/73 cosa che ha portato la dottrina a propendere per un’interpretazione positiva in virtù del generale richiamo che all’art. 73 del Tuir operato dall’art. 23 dpr 600/73.

La soggettività del trust ha un’estensione molto ampia, sussiste nell’ipotesi in cui esso è, in tutto o in parte, opaco ma anche laddove è trasparente.

Nel caso di trust trasparenti, secondo l’opinione dell’amministrazione Finanziaria cui aderisce autorevole dottrina92, i redditi imputati ai beneficiari, in virtù di quanto disposto dall’art 44, lett. g. sexies del Tuir, sarebbero oggetto di un doppio processo di qualificazione:infatti, essi prima vanno imputati al trust cosa che conferisce loro imponibilità sotto il profilo territoriale e della qualificazione alla corretta categoria reddituale, e successivamente i redditi vanno imputati ai beneficiari quali redditi di capitale. Questa interpretazione, fatta propria dall’amministrazione finanziaria, fa sì che il trust non perda la sua soggettività neppure quando è trasparente. Il legislatore considera il trust quale soggetto obbligato in tutti i casi, quando è opaco questa soggettività implica il riferimento ad esso sia dei profili soggettivi inerenti la determinazione dell’imposta (residenza, natura commerciale ecc.) sia della vera e propria obbligazione tributaria;

quando è trasparente, il trust è soggetto solo in ordine ai profili inerenti la determinazione dell’imposta.

91. P. COPPOLA, la disciplina fiscale del Trust in materia di imposte dirette: le difficoltà di conciliare le attuali soluzioni normative alle molteplici applicazioni dell’istituto, in Rassegna Tributaria, 3, 2009, p 657.

92. G. ZIZZO, La qualificazione e l’imposizione dei redditi imputati ai beneficiari, in AA.VV., Teoria e pratica della fiscalità dei trust (a cura di G. Fransoni, e N.L. De Rensis Sonnino), Milano, Giuffrè, 2008, 51 ss.

69 Occorre sottolineare che alcune criticità sorgono quando si considera il Trust come soggetto di imputazioni di situazioni soggettive per la determinazione dell’imposta (ci riferiamo ai criteri di residenza e commercialità).

Infatti tali qualificazioni sono state elaborate avendo riguardo a centri di imputazione il cui paradigma è quello delineato dal comma 3 dell’art. 73 Tuir “le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi d’imposta nei cui confronti il presupposto si manifesta in modo unitario e autonomo”, pertanto, per i centri d’imputazione occorre l’esistenza:

a) di una organizzazione;

b) di un sufficiente grado di autonomia;

Nel caso dei trust, i problemi interpretativi nascono dalla circostanza che, il patrimonio è amministrato dal trustee nell’interesse di altri soggetti, il patrimonio non è un mezzo per raggiungere altri fini, ma nella maggior parte dei casi è esso stesso il fine e inoltre non vi è alcun complesso di organi che attribuiscano autonomia al patrimonio del trust.

Il trust non corrisponde al paradigma di centro di imputazione di situazioni giuridiche delineato dal secondo comma dell’art. 73 e da qui nascono i problemi di residenza e commercialità del trust.

La soggettività del trust può essere anche intesa in riferimento alla terza accezione considerata, ovvero come espressione di capacità contributiva. A tal proposito, la qualificazione del trust come “contribuente” pone problemi minori.

I dubbi sorgono in ordine al fatto se gli enti di cui all’art. 73 tuir rispondono o meno dell’imposta esprimendo una capacità contributiva propria o esprimendo una capacità dei soggetti cui è destinato il risultato, tali dubbi sorgono per l’esistenza di norme intese a regolare la tassazione in capo all’ente ed in capo al destinatario del patrimonio attraverso il sistema di regole di credito d’imposta ed esenzione. Infatti mentre è prevista un’esenzione parziale che coordina la tassazione tra enti e destinatari del patrimonio, per i trust sembra vigere la regola dell’esenzione totale, circostanza questa che si giustifica in quanto l’esenzione totale in capo al trust comporta che il prelievo in capo ad esso è totalmente un acconto mentre nell’ipotesi di esenzione parziale, il prelievo non è in toto un acconto.

In questo caso, il trust non acquista mai la soggettività tipica del contribuente.

70 Per quel che riguarda la soggettività del trust in ordine agli obblighi di sostituzione, occorre ricorda che tali obblighi incombono su società ed entri di cui all’art. 87 oggi 73 Tuir, la novella dell’art. infatti, ha affiancato alle prime due categorie (società ed enti) anche il trust.

Come si approfondirà infra, il richiamo alle prime due categorie potrebbe non implicare anche l’estensione al trust. Tuttavia anche in considerazione dell’ampliamento della categoria dei soggetti sostituti d’imposta, sarebbe incoerente non includervi anche i trust.