L’ARCADICO MONDO FORSTERIANO DELLA NATURA
3.1 The Story of a Panic
The Story of a Panic è la prima short story scritta e pubblicata dall’autore.
La cominciò durante un soggiorno in Italia nel 1902, a Ravello, e la pubblicò nel 1903. Nell’introduzione alla raccolta del ’47, è Forster stesso ad informarci che l’idea di questa storia nacque un giorno che era andato a visitare la campagna nei dintorni della cittadina; a quanto pare i luoghi erano stati di tale ispirazione che, una volta tornato in albergo, sapeva già cosa scrivere nel primo capitolo. Il resto, invece, lo scrisse qualche giorno più tardi.
The Story of a Panic si divide in tre parti ed è narrata in prima persona da
un personaggio interno alla storia, Mr Tytler, il cui punto di vista non è in alcun modo condiviso da Forster. Mr Tytler, in questo racconto, rappresenta a pieno l’approccio e l’educazione inglese alla vita. Il personaggio stesso è abbastanza stereotipato; egli, infatti, non ha alcuna dote positiva, ma, insieme a quasi tutti gli altri, rappresenta perfettamente la rigida società inglese senza cuore. Il punto di
5 Alan Wilde, “The Naturalisation of Eden”, in E. M. Forster: a Human Exploration, cit., pp. 196-
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vista reale dell’autore si evince leggendo il testo, capendo come il narratore sia totalmente rigido e in errore riguardo alle cose che sta narrando.
Un gruppo di inglesi in vacanza in Italia, a Ravello decidono di fare un pic- nic nella valle circostante. Benché la comitiva sia formata da persone della medesima estrazione sociale, un giovane, Eustace, si distingue per maleducazione e svogliatezza; per questi motivi viene sempre criticato dal narratore e da altri della compagnia. Una volta giunti nella vallata, dopo aver fatto il pic-nic, si verifica un evento soprannaturale: un soffio di vento, dalla forma particolare, si dirige verso di loro, provocando in quasi tutti un terrore inspiegabile. Mentre gli altri scappano, Eustace rimane dove si trova e subisce in pieno questa forza. Una volta tornati, i suoi compagni lo trovano mutato, completamente differente rispetto a prima; sembra, infatti, interessato solamente alla natura circostante e rivolge la parola solo allo sgrammaticato cameriere italiano, Gennaro. Durante la notte, si agita e tenta di scappare, perché la sua camera non gli permette di vedere fuori la natura. Riescono comunque a prenderlo con uno stratagemma: attraverso la corruzione, convincono Gennaro a consegnarglielo e lo chiudono nella sua camera. Quando sembra non esserci più speranza per Eustace, Gennaro riesce a uscire, senza essere visto, dalla stanza in cui si trovano tutti e lo fa fuggire. Eustace così lascia questo mondo per quello della Natura.
Com’è evidente, la sfera chiamata a rappresentare lo spazio mitico della Fantasia è qui il mondo della Natura. In questo testo sono presenti tutte le caratteristiche della Natura sopracitate, deputate a condurre il giovane meritevole nell’altro mondo.
Il destinatario dell’intervento divino è Eustace, vero protagonista della vicenda. Al pari di altri personaggi dei primi racconti, egli può essere catalogato come Homo Naturalis, anche se non ancora pienamente sviluppato. Queste prime
short stories, infatti, sono abbastanza schematiche e presentano una struttura simile.
Il protagonista della vicenda è sempre un ragazzo mal istruito o, addirittura, senza educazione, che odia la società di cui fa parte e che viene inevitabilmente allontanato da essa. Successivamente, grazie all’intervento divino, riesce a distaccarsi completamente da tutto ciò che lo circonda per unirsi completamente alla Natura. Eustace corrisponde perfettamente a questo modello; infatti, è un
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ragazzo che mal sopporta ciò che stanno cercando di insegnargli e gli insegnanti stessi. È maleducato e insensibile e non sembra voler bene a nessuno. Tuttavia, in lui vi è qualcosa di più: il suo comportamento cambia completamente una volta che entra in contatto con la divinità; il dio sembra risvegliare qualcosa in lui. Eustace va oltre l’Homo Naturalis. Il suo comportamento, in un certo senso, ricorda quello delle Baccanti, le donne invasate dal dio Dioniso, che perdono completamente il controllo e sono preda della divinità. Secondo il mito, le Baccanti, o Menadi, insieme a satiri e a sileni, celebrano il culto di Dioniso cantando, danzando e vagando per valli e foreste come se fossero animali. Inoltre, come lo stesso Dioniso, anche le Menadi hanno un originario significato agrario e, tramite l’eccitazione orgiastica, rappresentano e insieme provocano le potenze della natura vegetale.
Secondo una versione del mito, presente ne Le Metamorfosi di Antonino Liberale, tutto è partito con il disinteresse da parte delle figlie del re Meno per il culto del dio; Dioniso, infuriato per la tracotanza subita, le fa impazzire, conducendole a compiere infanticidio e omofagia. Inoltre, sempre secondo il mito, è il dio Hermes a intervenire e a risolvere la situazione: ormai incontenibili, trasforma le Baccanti in tre animali notturni, gufo, pipistrello e civetta. Nella tragedia euripidea Le Baccanti, il mito della nascita delle seguaci del dio è differente, poiché prende in considerazione la parte del mito legata alla madre Semele e al cugino, Penteo. Esso, inoltre, è legato alla nascita stessa del culto di Dioniso e alla vendetta perpetrata da quest’ultimo contro le sorelle della madre, colpevoli di mettere in dubbio la sua ascendenza divina, e contro il re di Tebe, Penteo, colpevole, a sua volta, di ostacolare la diffusione del suo culto. Mentre la punizione rimane inalterata6, la soluzione della vicenda viene mutata da Euripide, che affida allo stesso Dioniso il compito di spiegare quanto accaduto e punire definitivamente i colpevoli. Questa tragedia, in verità, mette in luce le difficoltà dell’accettazione e della diffusione del culto dionisiaco, originario della Tracia, in Grecia.
Seppur senza la parte violenta che caratterizza le Menadi, Eustace sembra essere preda della stessa forza, ma da un punto di vista positivo. Forster reinterpreta,
6 Con l’eccezione della macabra sorte a cui viene destinato Penteo, ucciso e smembrato dalla madre
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in un certo senso, il mito delle Baccanti in chiave positiva, togliendo la componente di violenza. La divinità, quindi, prende possesso di lui, facendogli perdere tutti gli aspetti più umani, legati al nostro mondo, e gli permette di vedere la realtà e le cose in tutt’altro modo. Pan, nella sua natura distruttrice e violenta, lo annienta e lo ricrea. Questo accadimento non è casuale, Eustace è meritevole della trasformazione subita; il fatto stesso che non sia scappato come gli altri, lo dimostra. Inoltre, anche se inconsapevolmente, potremmo dire che il suo suonare il whistle che si è costruito può essere interpretato come un invito al dio: Pan stesso è spesso raffigurato mentre danza e suona uno strumento simile, rincorrendo le ninfe.
È interessante notare come, fra le tante persone presenti, solamente un giovane non tema la venuta del dio. Nel prosieguo della narrazione, apprendiamo che anche la figlia del narratore, Rose, aveva inizialmente deciso di rimanere, scegliendo poi però di seguire la madre in fuga. Lo stesso Eustace, in un primo momento dopo la trasformazione, appare ben disposto verso di lei e pronto a raccontarle tutto, ma cambia idea proprio per la sua decisione di andarsene. Da tutto questo, si può intuire come, per l’autore, solo i giovani abbiano la possibilità di cambiare ed essere “traghettati” dall’altra parte. Essi, infatti, grazie alla loro età, non sono ancora stati totalmente corrotti dall’educazione della società.
Completamente differente è, invece, l’atteggiamento degli adulti davanti a tale apparizione. Non appena il dio compare, infatti, tutti gli adulti si fanno prendere dalla paura e, smettendo di pensare, si precipitano a fondovalle. È interessante porre l’accento sulla descrizione che il narratore fa a proposito di quanto accade loro:
It is not possible to describe coherently what happened next: but I, for one, am not ashamed to confess that […] I became terribly frightened, more frightened than I ever wish to become again, frightened in a way I never have known either before or after. And in the others, too, I saw blank, expressionless fear, while their mouths strove in vain to speak and their hands to gesticulate. […] in one second we were tearing away along the hillside. […] for I saw nothing and heard nothing and felt nothing, since all the channels of sense and reason were blocked. It was not the spiritual fear that one has known at other times, but brutal, overmastering, physical fear […] for I had been afraid, not as a man, but as a beast.7
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Quanto ci viene qui descritto è una reazione di forte e incontrollata paura; è, però, una paura diversa, fisica ed istintuale, la paura tipica degli animali. Il narratore lo dice esplicitamente alla fine del paragrafo. Sembra che gli aspetti negativi del comportamento delle Baccanti siano confluiti in questa reazione. Nel paragrafo citato, Mr Tytler dice esplicitamente che non avevano alcuna cognizione di ciò che li circondava e avevano perso la capacità di raziocinio; ognuno di loro aveva pensato a se stesso e alla propria salvezza. Questo atteggiamento e questo totale oscuramento del pensiero razionale possono ricordare la follia e il modo di agire delle Baccanti; anche loro, infatti, non riescono più a pensare e sono dominate da un istinto bestiale, lo stesso, seppur senza gli atti di cui si macchiano queste donne, di cui sono preda i personaggi del racconto. Forster sembra dunque aver scisso e cambiato il mito classico: Eustace diviene, con la possessione del dio, un tutt’uno con la natura che lo circonda, mentre gli altri, per il loro rifiuto e per la loro erronea osservanza delle regole sociali, assumono tutti i tratti negativi e bestiali delle Menadi.
In questo racconto Pan si manifesta due volte, sotto due sembianze diverse. Una prima volta prende la forma di “a cat’s-paw of wind that was running down one of the ridges opposite”8, mentre successivamente è incarnato da un ragazzo italiano analfabeta e povero, Gennaro. Attraverso la sua prima manifestazione, provoca “l’invasamento” sopracitato di Eustace e, con le sembianze del ragazzo, lo aiuta a fuggire da quella prigione angusta che è la società, per vivere sui monti con lui. Nelle sembianze di Gennaro, il dio sembra farsi corrompere dal narratore: accetta, infatti, sotto pagamento, di ricondurre Eustace in casa e di consegnarglielo. Tuttavia, non bisogna dimenticare che, nonostante questo, non smette di operare comunque in favore del giovane.
Nonostante Pan si manifesti solamente in queste occasioni, durante tutta la prima parte viene continuamente nominato. L’autore, fin dall’inizio, sembra voler mettere in evidenza come la Natura e il mondo naturale siano importanti e, allo stesso tempo, come i personaggi che ne parlano non capiscano niente a riguardo. Una bellissima descrizione della valle, in cui accade l’avvenimento sconvolgente,
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pare preannunciare la presenza del soprannaturale; infatti, il luogo appare vivo, quasi appartenesse a un altro mondo.
The valley ended in a vast hollow, shaped like a cup, into which radiated the ravines and ribs of hill that divided the ravines were covered with leafy chestnut, so that the general appearance was that a many-fingered green hand, palm upwards, which was clutching convulsively to keep us in its grasp. Far down the valley we could see Ravello and the sea, but that was the only sign of another world.9
L’autore, quindi, ci suggerisce fin dall’inizio che siamo in un altro mondo, il mondo della Natura e che qualcosa sta per accadere. Si può dire che sia una sorta di climax ascendente, che trova il suo apice nell’avvento del dio.
Un altro elemento che annuncia ciò che accadrà, è, come già detto, la discussione a proposito della Natura. Durante la gita, prima che Pan appaia, assistiamo, infatti, a una conversazione fra i partecipanti a proposito della Natura e del dio Pan. In essa, si fronteggiano due idee ben distinte, entrambe erronee. Ad iniziare la conversazione a proposito della Natura è l’artista Leyland, il quale, dopo il pranzo, annuncia che la Natura è morta e che è stato proprio l’uomo a ucciderla; afferma che con lo sfruttamento umano abbiamo scacciato tutti gli abitanti mitici del mondo della Natura, uccidendo le Nereidi e Pan. Più volte ripete che Pan è morto, perché i boschi non possono dargli più asilo. Mr Tytler, invece, da buon proprietario terriero, sostiene che lo sfruttamento del territorio è necessario e giusto. Ad una prima lettura si potrebbe dare ragione a Leyland; in realtà, né lui né Tytler sono nel giusto. Quest’ultimo sbaglia per l’atteggiamento arrogante e noncurante, tipico della società inglese imperialista; Leyland, invece, benché abbia ragione a criticare il modo in cui l’uomo sfrutta ingiustamente la Natura, erra quando pensa che Pan sia morto. Il fatto stesso che poco dopo appaia ne è una dimostrazione. Inoltre, con il comportamento che tiene successivamente ci fa capire come anch’egli sia indegno e ipocrita. Una frase esemplificativa del suo pensiero verso gli altri e, in special modo, verso chi è diverso è “It is astonishing how blind a boy
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is to anything that is elevating or beautiful…”10. Qui dimostra tutta la sua ripulsa verso i giovani e la sua mancanza di empatia verso chi gli sta intorno.
Fin dall’inizio il narratore ci informa della sua avversione per questo individuo, simile a quella nei confronti di Eustace, seppur con una differenza. Eustace rappresenta la mancanza d’educazione e il rifiuto d’impararla, entrambi fattori negativi per il narratore ma positivi per l’autore, e deve quindi essere giudicato in maniera positiva dal lettore; Mr Leyland, invece, non rappresenta affatto il punto di vista di Forster. Nonostante sia un artista, egli ha una posizione antitetica rispetto a quella dell’autore, data la sua natura fredda e scostante verso tutto e tutti.11 Esempio della sua antinaturalistica idea di arte è l’affermazione secondo cui un soggetto naturale, come la vallata in cui si trovano, non è assolutamente adatto per un quadro, non possedendo i giusti requisiti, come la prospettiva e il colore. Le motivazioni che fornisce sono snob e superficiali e rappresentano perfettamente il tipo di artista disprezzato da Forster.
Come abbiamo visto, in questa short story, i richiami mitici sono molti, siano essi impliciti o espliciti; allo stesso modo, il cambiamento comportamentale di Eustace è qualcosa che non si trova in altri racconti. Come già accennato all’inizio del paragrafo, in altri testi i protagonisti sono degli “uomini naturali” incompresi, ma in loro non avviene alcun radicale mutamento; è più che altro la realtà circostante a piegarsi al loro modo di vedere e al loro stretto legame con l’altro mondo, quello della Natura. Di questa tipologia sono un esempio Ansell e
The Purple Envelope, dove il protagonista è un fuoricasta, criticato e incompreso,
ma, alla fine, la società circostante soccombe alla sua visione della vita e al suo stretto legame con la Natura, grazie anche all’intervento tempestivo del dio. In queste prime short stories, quindi, ciò che cambia, e che distingue in particolare
The Story of a Panic, sono i vari richiami mitici e il diverso grado di presenza del
mito in ogni racconto.
10 Ibidem, p. 14.
11 È interessante notare come il significato del nome “Leyland” faccia riferimento ad un terreno
erboso, adatto alla pastorizia, in completa opposizione con quelle che saranno le posizioni dimostrate dal personaggio riguardo alla Natura.
62 3.2 Other Kingdom
Pubblicata nel 1909 e composta da quattro parti, Other Kingdom è una delle
short stories più ricche di riferimenti mitici. Il suo stesso titolo rimanda subito al
mondo altro, diviso e lontano dal nostro, posto dall’autore in alternativa alla rigida realtà contemporanea. L’opposizione fra le due realtà si fa ancora più manifesta in questa storia. In questo racconto ritroviamo rimandi a una Natura arcadica, incontaminata e selvaggia; è un paradiso naturale, adatto solo agli esseri soprannaturali. Other Kingdom è, quindi, nuovamente il mondo della Natura; qui è rappresentato da un bosco, che è vicino, ma, allo stesso tempo, inaccessibile alle persone della tenuta vicina, che non sanno vedere con gli occhi della Fantasia.
I riferimenti alla cultura classica cominciano fin dalle prime pagine, dove viene descritta una lezione di traduzione latina, più precisamente si sta traducendo un passo dalle Bucoliche di Virgilio. Il passo tradotto, “ah demens, habitarunt di quoque silvas”, sembra preludere agli avvenimenti successivi. La conversazione che, poi, ha luogo, pone ancor più in rilievo l’elemento sovrannaturale presente nei boschi; si sottolinea, infatti, come siano innumerevoli le divinità che abitano i boschi e le campagne. Tutto questo sembra essere una sorta di implicita guida per il lettore, che deve tener ben presente questa prima parte, quando arriverà a leggere il prosieguo della storia.
Il narratore è, ancora una volta, un personaggio interno al racconto, Mr Inskip. Come Mr Tytler nel precedente, anche Inskip è portavoce di un punto di vista parziale e coincidente con quello rigido della società. Come già accennato, egli è meno caricaturale del narratore di The Story of a Panic, ma, in ogni caso, condivide con lui la rigida attinenza alle regole dell’educazione. Inoltre, benché si renda conto di certe cose, non fa niente per cambiare gli accadimenti che si verificano. La sua posizione è liminale in tutto ciò che succede e cerca di essere coinvolto il meno possibile. Si attiene a ciò che gli viene detto da Mr Worters,
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tenutario terriero e suo datore di lavoro, condividendone quasi sempre il punto di vista e non intervenendo mai quando la sua opinione è differente. Un esempio di tutto questo è la discussione riguardo all’importanza degli studi classici. Secondo il pragmatico Mr Worters, questi studi non sono veramente importanti e servono agli uomini per pura apparenza; alle donne, invece, sono ancor meno necessari. Per questo motivo, ritiene che sia infruttuoso per la sua fidanzata Evelyn continuare a dedicarvisi. Nonostante sia uno studioso classico, Mr Inskip non fa niente per contraddirlo e si piega al volere dell’altro. Sicuramente, attraverso questa discussione, l’autore ha voluto portare agli occhi del lettore l’annosa questione dell’importanza di tali studi; infatti, con questo racconto, emerge il suo punto di vista. Si intuisce che, per l’autore, gli studi classici non devono necessariamente servire a qualcosa, ma devono essere coltivati perché appassionano lo studente e sono pieni di valori fondamentali per gli esseri umani.
Portatore del punto di vista dell’autore è, invece, Mr Ford, pupillo di Mr Worters e completamente opposto a lui. Giovane studente di Mr Inskip, viene da lui perfettamente descritto come opposto del suo tutore; di lui dice che:
I like Ford. The boy has the makings of a scholar and ‒ though for some reason he objects to the word ‒ of a gentleman. It amused me now to see his lip curl with the vague cynicism of youth. He cannot understand the footman and the solid silver kettle-stand. They make him cross. For he has dreams ‒ not exactly spiritual dreams: Mr Worters is the man for those ‒ but dreams of the tangible and the actual: robust dream, which take him, not to heaven, but to another earth. There are no footmen in this other earth, and the kettle-stands, I suppose, will not be made of a silver, and I know that everything is to be itself, and not practically something else.12
Il modo di pensare di Ford corrisponde a quello vero, assoluto e senza inganni che è il mondo della Fantasia, e della Natura in questo specifico caso. Se Mr Worters può essere rappresentato perfettamente dalla parola practically, Ford corrisponde al suo opposto, absolutely. Egli, infatti, non condivide affatto il punto di vista del suo benefattore, ma lo prende in giro di continuo, non cambiando mai idea, e non si tira mai indietro, a differenza di Inskip, di fronte a lui. Egli è l’unico a comprendere quali siano davvero i valori fondamentali per l’individuo e capisce