• Non ci sono risultati.

5 . Il trust senza beneficiari individuati

9. La tassazione per trasparenza

86 La prassi sviluppatasi prima della emanazione della disciplina fiscale in materia di trust aveva in più di qualche circostanza optato per la tassazione dei redditi del trust direttamente in capo al beneficiario finale, purché in presenza di un trust nudo. Tale soluzione, che veniva proposta per gli accumulation trust, in cui il reddito prodotto viene di anno in anno aggiunto al capitale per essere poi distribuito ai destinatari alle scadenze stabilite, aveva il difetto di determinare un anticipo di tassazione personale in capo al beneficiario, che pur potrebbe non avere diritto a delle anticipazioni di capitale nemmeno per assolvere al suo debito tributario.

Con la nuova disciplina la strada dell’imputazione dei redditi direttamente al beneficiario finale sembra essere astrattamente percorribile. Il legislatore, infatti, non ha specificato la tipologia di beneficiario a cui si rivolge la norma di cui all'art 73 secondo comma Tuir (la norma parla genericamente di beneficiari individuati); ai fini della corretta interpretazione è quindi necessario indagare l’ulteriore requisito della titolarità di una quota di partecipazione previamente stabilita.

87 pertanto con una modifica della natura del reddito stesso, il quale non viene classificato secondo la categoria in cui si inquadra la relativa fonte produttiva.

È verosimile immaginare che il legislatore, operando tale riqualificazione, abbia voluto evitare i problemi di individuazione e collegamento dei flussi di ricchezza in entrata ed in uscita dal trust, rendendo il sistema di tassazione alquanto semplice.

I redditi del trust riqualificati come redditi di capitale, non soggiacciono più al principio di cassa, secondo la sistematica propria di questi categoria di redditi ma a quello della competenza, come se fossero redditi da partecipazione pertanto vengono tassati alla maturazione di un reddito, quindi anche se non percepito.

La prevalente dottrina119 ha subito messo in risalto che, nella ipotesi di tassazione per trasparenza, si crea una scissione tra titolarità della fonte e titolarità dell’obbligazione d’imposta120, che può essere spiegata solo al fine di meglio attuare il principio di capacità contributiva, soprattutto con riferimento al concetto di possesso del reddito inteso in senso funzionale121.

Infatti, la scissione tra titolarità della fonte e rapporto obbligatorio d’imposta trova il suo presupposto nel fatto che la proprietà dei beni segregati dal disponente si configura come funzionale, in quanto la disponibilità di tali beni è volta al perseguimento di interessi che non fanno capo al proprietario formale di essi, ossia il trustee. La funzionalizzazione del patrimonio implica conseguentemente che i redditi derivanti dalla gestione di esso non arricchiscano il titolare della fonte (il trustee), in quanto dovranno essere destinati alla cura degli interessi per il cui perseguimento il trust è stato istituito.

Da questo si evince che una legislazione tributaria che non tenesse conto di tale aspetto funzionale della gestione di esso non arricchiscano il titolare della fonte (il trustee), in quanto dovranno essere destinati alla cura degli interessi per il cui perseguimento il trust è stato istituito. Da questo si evince che una legislazione tributaria che non tenesse conto

119. G. SEPIO, E. COVINO, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui redditi: luci ed ombre, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag. 77; G. ZIZZO, La ricchezza erogata dal trust, tra reddito e capitale, in Rassegna tributaria, 2008, n. 5, pag. 1275; D. STEVANATO, Partecipazioni a catena in società «black-listed» fiscalmente trasparenti, in «Corriere tributario», 47, 2008, pp. 3784 - 3787;

120. A. CONTRINO, Recenti indirizzi interpretativi sul regime fiscale di trust interposti, trasparenti e transnazionali:osservazioni critiche, in Riv. Di Dir, trib., 2011,II,317;

121. BORIA P., Il principio di trasparenza nell’imposizione delle società di persone, Giuffrè, Milano, 1996;

88 di tale aspetto funzionale della proprietà (e conseguentemente dei redditi), imputando l'imposta sui redditi allo stesso trustee, sarebbe lesiva del principio di capacità contributiva e non conforme all'interpretazione costante del concetto di reddito. Questi sono i motivi che hanno indotto la prevalente dottrina prima122 e poi il legislatore a configurare il trust (soggettivamente distinto dal trustee) come autonomo titolare del debito d'imposta, in tutti quei casi in cui esso possa destinare autonomamente i redditi prodotti dal trust fund al perseguimento di interessi di cui è esso stesso portatore, nonché a configurare un meccanismo di imputazione per trasparenza qualora si possa desumere dall'assetto negoziale del trust che gli interessi prevalenti facciano capo ai beneficiari individuati (in forza della imputazione certa di quote di reddito a quest’ultimi), i quali allora, in via eccezionale, saranno possessori del reddito e quindi soggetti passivi dell'imposta su tale ricchezza.

Inoltre, l’inserimento del trust nell’elenco dei soggetti passivi Ires di cui al primo comma dell’art. 73, invece che tra le organizzazioni di qualsiasi tipo di cui al secondo comma, che sono riconosciute soggetti passivi Ires solo se il presupposto d’imposta si realizza in modo unitario e autonomo nei loro confronti, consente di affermare che il trust è sempre titolare della soggettività passiva Ires, al contrario di quanto riteneva la prevalente dottrina prima dell’entrata in vigore della Finanziaria per il 2007123. Il trust, quindi, è oggi sempre soggetto di diritto tributario, ancorché l’obbligazione d’imposta venga imputata per trasparenza ai beneficiari individuati. Conforme a questa conclusione è la previsione, da parte della circolare 48/E dell’Agenzia delle entrate, di tutta una serie di adempimenti tributari in capo al trust, tra cui quelli di presentare la dichiarazione dei redditi, munirsi di codice fiscale e tenere le scritture contabili, anche nelle ipotesi in cui esso sia trasparente, in quanto è comunque soggetto passivo Ires.

122. G. PUOTI, La tassazione dei redditi del trust, I trust in Italia oggi, a cura di I. BENEVENTI, Milano, Giuffrè, 1996 pag. 322; 751; S.CAPOLUPO, La soggettività passiva del trust ai fini delle imposte sui redditi, in Il fisco, 2006, n.29, pag. 10653; P. LAROMA JEZZI, I profili soggettivi dell’imposizione nella cartolarizzazione dei crediti fra separazione patrimoniale e trust, in Rivista di diritto tributario, 2003, I, pag. 286;

123. G. ZIZZO, Note minime di trust e soggettività tributaria, in Il Fisco, 2003, n. 30, pag 4658; G.

SEMINO, Trust nudo e trasparenza fiscale, in Il fisco, 2005, n. 13, pag. 1924.

89 Da quanto sopra affermato si può evincere che la tassazione dei redditi per trasparenza sia eccezionale ed eventuale rispetto alla tassazione in capo al trust, che quindi individua la regola principale124

10. I presupposti di applicazione dell’art. 73 secondo comma Tuir: La titolarità di una quota di partecipazione stabilita.

Secondo una prima tesi interpretativa125, emersa immediatamente dopo l’entrata in vigore della Finanziaria per il 2007, la nozione di quota di partecipazione evocherebbe i tipici rapporti tra soci e società. Infatti la norma di cui all’art. 5 Tuir primo comma si serve della medesima formula per imputare a ciascun socio una quota imponibile del reddito prodotto dalla società di persone.

Ricostruendo la disposizione dell’art. 73 secondo comma alla luce di questa linea interpretativa, si deve evincere che il meccanismo di tassazione per trasparenza può operare solo laddove vi sia una distribuzione “fisiologica” dei redditi durante la vita del trust, in forza di un diritto certo e attuale dei beneficiari a ricevere la ricchezza prodotta, previsto nell’atto istitutivo. In questo modo si viene a creare un parallelismo tra la

124. Per una opinione contraria si veda: G. FRANSONI, La disciplina del trust nelle imposte dirette, in Rivista di diritto tributario, 2007, I pag. 227. L’Autore in particolare sostiene che la disciplina di riferimento sia proprio quella che prevede l’imputazione dei redditi prodotti dal patrimonio vincolato ai beneficiari individuati, con la conseguenza che, in quest’ordine di idee, la soggettivazione del trust costituisce una regola residuale. L’autore trae queste conclusioni partendo dal presupposto che non tutti i trust presentano i requisiti previsti dall’art. 73 secondo comma: ad esempio, come aveva già rilevato la dottrina prima della finanziaria per il 2007, un trust nudo, in cui il reddito viene immediatamente imputato al beneficiario, secondo quanto stabilito dall’atto costitutivo, non integra il requisito dell’attitudine a realizzare il presupposto d’imposta in modo autonomo.

125. G. SEPIO, E. COVINO, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui redditi: luci ed ombre, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag. 77; F. GUFFANTI, Problemi aperti sul trust ai fini delle imposte sui redditi, in Corriere tributario, 2007, n. 15, pag. 1190; A. CONTRINO, R. LUPI, Il diritto attuale del beneficiario come condizione per l’imputazione per trasparenza dei redditi del trust, in Dialoghi di diritto tributario, 2008, n. 3, pag. 106;

90 posizione dei beneficiari all’interno del trust, e la posizione dei soci all’interno della società.

Alla luce di quanto affermato si deve trarre la conseguenza che il meccanismo così inteso non può operare nei confronti del beneficiario finale: esso infatti non è titolare di un diritto attuale alla distribuzione della nuova ricchezza prodotta, in quanto potrà far valere le proprie pretese solo alle scadenze fissate nell’atto costitutivo; continuando nel parallelismo con il quadro societario, si può dire che la posizione del beneficiario finale sia più simile a quella di un creditore titolare di una aspettativa a ricevere una parte dell’eventuale patrimonio residuo, piuttosto che a quella del socio126. Al contrario il beneficiario di reddito, ancorché nei soli casi in cui esso possa far valere immediatamente la propria pretesa nei confronti del trust, è titolare di un diritto certo ed attuale alla distribuzione della ricchezza prodotta; seguendo la tesi in esame si sostiene quindi la possibilità di applicare il meccanismo di tassazione per trasparenza solo in presenza di beneficiari per una quota previamente stabilita di reddito.

Questa interpretazione vale a superare quelle isolate dottrine, che prospettano la configurabilità della tassazione per trasparenza anche in capo al beneficiario finale;

tenendo comunque conto che quest’ultima teoria presta già il fianco a numerose critiche:

anzitutto essa può avere significato solo per gli accumulation trust di breve durata, dove i redditi prodotti vengono progressivamente accumulati nel patrimonio segregato e distribuiti ai beneficiari finali al momento di cessazione del trust, senza che vi sia un eccessivo scollamento temporale tra momento di produzione del reddito (con tassazione in capo ai beneficiari) e la successiva distribuzione della ricchezza prodotta.

Al contrario tale tesi diviene non accettabile nei confronti di trust di lunga durata, ove si ha un grande lasso temporale tra il momento della tassazione e il momento di maturazione del diritto a percepire le somme, per cui si può dubitare della capacità contributiva attuale del beneficiario finale. Infatti quest’ultimo non è dotato di mezzi con cui tutelare la propria pretesa al momento della produzione del reddito, dato che il suo

126. G. SEPIO, E. COVINO, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui redditi: luci ed ombre, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag. 77.

91 diritto diviene esigibile solo alle scadenze fissate nell’atto costitutivo e spesso egli può addirittura ignorare la costituzione del trust127.

Inoltre la tesi in questione non è applicabile a quelle ipotesi in cui il beneficiario finale, ancorché individuato, abbia solo diritto a percepire il trust fund nell’ammontare che aveva al momento della segregazione in trust, dato che l’atto istitutivo vincola il trustee ad utilizzare i redditi per il perseguimento di determinati scopi o a beneficio di determinati soggetti. In tali casi è chiaro che viene a mancare la capacità contributiva del beneficiario finale quanto ai redditi conseguiti dal trust.

Tornando alla teoria che avvicina il rapporto tra trust e beneficiari a quello tra società e soci ai fini della ricostruzione del meccanismo di tassazione per trasparenza, è da notare che essa, nonostante sia stata accolta in dottrina128, non consente di risolvere numerosi dubbi che si pongono in relazione all’applicazione del combinato disposto dei comma primo e secondo dell’art. 73.

Sicuramente tale tesi può applicarsi alle ipotesi di trust “nudi” o fixed trust129, in cui manca qualsiasi connotato di discrezionalità in capo al trustee, dato che sia i beneficiari del reddito che le quote loro spettanti sono previamente stabilite dal disponente; e nel caso in cui manchi l’indicazione della quota di spettanza potrà sicuramente applicarsi il criterio residuale dell’individuazione per parti uguali previsto dall’art. 73 secondo comma.

Inoltre, di norma, il tenore dei fixed trust esclude che con riferimento ad essi si ponga il problema di stabilire il momento in cui nasce l’obbligazione d’imposta in capo ai beneficiari, ossia se la tassazione debba avvenire per competenza o per cassa, questione che nasce stante la riqualificazione dei redditi imputati ai beneficiari quali redditi di capitale, ex art. 44 lett. g) sexies Tuir. Infatti gli atti istitutivi di trust “nudi” prevedono

127. G. FRANSONI, La disciplina del trust nelle imposte dirette, in Rivista di diritto tributario, 2007, I, pag. 227;

128. G. SEPIO, E. COVINO, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui redditi: luci ed ombre, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag. 77.

129. L. CASTALDI, R. LUPI, E. COVINO, Ulteriori spunti sulla regolamentazione tributaria del trust:

la soggettività tributaria, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 3, pag. 349.

92 generalmente che la distribuzione del reddito ai beneficiari avvenga man mano che gli utili della gestione vengono prodotti, o comunque entro un breve lasso di tempo, di modo che il momento di competenza e il momento di cassa tendono a coincidere.

Quindi, la tesi che ricostruisce il requisito della titolarità di una quota individuata in capo al beneficiario del trust alla stregua dei rapporti tra socio e società, è sicuramente applicabile ai trust “nudi”; la linearità ricostruttiva trova invece ostacolo in relazione a numerose ipotesi di trust discrezionali, che pur presentano beneficiari di reddito individuati in senso giuridico:

a) Pensiamo in primo luogo ad un trust, istituito in Italia, con atto tra vivi o mortis causa, allo scopo di integrare le risorse economiche di tre soggetti nominativamente indicati. A quest’ultimi spettano i redditi prodotti dal trust in proporzione alle loro esigenze secondo quanto stabilito discrezionalmente dal trustee, il quale potrà anche mantenere presso di sé i redditi qualora lo ritenga opportuno per meglio raggiungere lo scopo prefissato.

b) Ancora, pensiamo ad un trust istituito a scopo finanziario, in cui siano individuati tre soggetti, tra i quali il trustee dovrà scegliere il beneficiario della metà dei redditi annualmente prodotti, dato che il rimanente dovrà essere reinvestito.

c) Altra ipotesi diffusa nella prassi è quello di trust istituito allo scopo di sostenere beneficiari individuati, i quali potranno partecipare

secondo quote uguali al reddito del trust, purché lo richiedano.

d) Si pensi infine ad un trust in cui è previsto che il beneficiario riceva annualmente una determinata somma, potendo il trustee assolvere a tale credito attingendo al reddito o al capitale a propria discrezione.

Nonostante siano molto diversi, i casi di cui sopra presentano comunque un connotato in comune: in tutti, infatti, vi è la presenza di beneficiari del reddito, nominativamente indicati, a cui spetta un diritto a ricevere i frutti prodotti dalla gestione del trust, anche se tale diritto è incerto e condizionato, al contrario di quanto avviene nel caso di trust

“nudo”.

La prima conseguenza che ha tratto la dottrina130 è stata quella di escludere, in tali ipotesi, l’applicabilità della norma di cui al secondo comma dell’art 73 Tuir,

130. G. SEPIO, La regolamentazione dei trust ai fini delle imposte sul reddito, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag 77; AA.VV., Le novità fiscali in materia di trust, consultabile sul sito

www.il-93 concludendo, così, per la tassazione dei redditi prodotti dal patrimonio segregato direttamente in capo al trust. Questa impostazione, che sicuramente risponde ad esigenze sistematiche e in particolare alla necessità di ricondurre a categorie certe il multiforme istituto del trust, conduce però a risultati non condivisibili: da un lato infatti si restringe enormemente l’ambito di applicazione del secondo comma dell’art. 73, a favore della tassazione diretta in capo al trust, aprendo importanti spiragli a meccanismi di elusione d’imposta; dall’altro non si tiene conto della possibilità che in un trust discrezionale, come quelli sopra descritti, il reddito venga imputato ai beneficiari individuati entro il periodo d’imposta in cui è stato conseguito, venendosi, così, a creare una situazione del tutto analoga a quella del trust “nudo”. In tali casi non si spiega il diverso trattamento fiscale che sarebbe conseguito alla applicazione della teoria in esame.

Tanto meno si potevano risolvere tali incongruenze applicando alle ipotesi di trust discrezionali - in cui il beneficiario individuato è titolare di un diritto condizionato e incerto alla distribuzione del reddito - il criterio residuale della imputazione per quote uguali. Mediante questa via si andrebbe a pregiudicare infatti la posizione di quei beneficiari individuati che potrebbero non ricevere alcunché; ossia si finirebbe per attribuire una capacità economica che potrebbe mai esprimersi in concreto, con evidente lesione del principio di capacità contributiva proclamato dall’art. 53 Cost131.

Alla luce di queste indicazioni si è cercato di ricostruire il concetto di titolarità di una quota stabilita di redditi in modo autonomo rispetto alle fascinazioni provenienti dal meccanismo di tassazione per trasparenza previsto per le società.

Interessante è la proposta di intendere la nozione di quota come un qualsiasi titolo, in capo al beneficiario, finalizzato ad ottenere periodicamente una parte del reddito prodotto dal trust e non come una frazione o una somma prestabilita.

trust-in-italia.it; F. GUFFANTI, Problemi aperti sul trust ai fini delle imposte sui redditi, in Corriere tributario, 2007, n. 15, pag. 1190; N. DE RENZIS SONNINO, Il trust e i redditi dei beneficiari, in Trust e attività fiduciaria, 2007, pag. 361; A. CONTRINO, R. LUPI, Il diritto attuale del beneficiario come condizione per l’imputazione per trasparenza dei redditi del trust, in Dialoghi di diritto tributario, 2008, n.

3, pag. 106.

131. G. SEPIO, E. COVINO, La regolamentazione del trust ai fini delle imposte sui redditi: luci ed ombre, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, n. 1, pag. 77.

94 Proseguendo per questa strada si ritiene di poter applicare il meccanismo di tassazione per trasparenza non solo alle ipotesi di fixed trust, ma anche ogniqualvolta il trustee decida discrezionalmente di attribuire i redditi ad un beneficiario individuato;

purché tale distribuzione avvenga nello stesso periodo d’imposta in cui si è realizzato il reddito, altrimenti il presupposto impositivo si verrebbe a creare in capo al trust, con conseguente applicazione del primo comma dell’art. 73 Tuir.

Questa interpretazione seppur corretta dal punto di vista dei presupposti, ha il difetto di considerare, ai fini della tassazione in capo ai beneficiari, il momento della distribuzione del reddito (principio di cassa); tal cosa non può considerarsi errata, dato che il reddito imputato ai beneficiari è classificato come reddito da capitale dall’art. 44 Tuir e i redditi da capitale sono di regola tassati per cassa, ma semplicemente inopportuna, dato che potrebbe prestare il fianco a intenti elusivi. Basterebbe infatti posticipare il momento di distribuzione del reddito ai beneficiari per eludere la norma dell’art. 73 secondo comma, imputando l’obbligo tributario al trust.

La complessità del quadro normativo richiedeva un intervento interpretativo da parte dell’Agenzia, al fine di consentire agli operatori una uniforme applicazione della disciplina fiscale.

Intervento che opportunamente si è realizzato con la Circolare 48/E del 6 agosto 2007, nella quale l’Agenzia, assumendo della posizioni “mature”, ha più volte interpretato la disciplina forzando il dato letterale, con l’intento di eliminare in radice le aporie e le incongruenze derivanti dalla lettera della legge132.

In materia di tassazione per trasparenza la Circolare 48/E specifica chiaramente che si ha trust trasparente solo in presenza di beneficiari di reddito individuati, eliminando così i dubbi (derivanti dall’uso della formula generica “beneficiario individuato” nell’art. 73 secondo comma) relativi ad una possibile tassazione in capo ai beneficiari finali.

Quanto alla nozione di beneficiario individuato per quote di reddito, la Circolare specifica che è necessario non solo che il beneficiario sia puntualmente individuato, ma

132. M. LUPOI, L’Agenzia delle entrate e i principi sulla fiscalità dei trust, in Corriere tributario, 2007, n.

34, pag. 2785.

95 che esso sia titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza. In questo modo il beneficiario esprime una capacità contributiva attuale rispetto al reddito imputatogli.

La portata di questa affermazione dell’Agenzia peraltro non si coglie pienamente, se non è combinata con un’altra parte della Circolare, in cui si dice che “dopo aver determinato il reddito del trust, il trustee indicherà la parte di esso attribuita al trust, sulla quale il trust stesso assolverà l’Ires, nonché la parte imputata per trasparenza ai beneficiari, sulla quale quest’ultimi assolveranno le imposte a prescindere dall’effettiva distribuzione”.

Le combinate affermazioni dell’Agenzia consentono lo svolgimento di una serie di considerazioni.

In primo luogo viene affrontata e, ad avviso di che scrive, risolta la problematica della tassazione del trust discrezionale: la circolare 48/E afferma infatti che il diritto certo ed attuale alla distribuzione della ricchezza prodotta, di cui deve essere titolare il beneficiario individuato ai fini del meccanismo di tassazione per trasparenza, può sorgere non solo in base all’atto istitutivo del trust, ma, anche, in base al successivo atto con il quale il trustee procede a determinare il reddito del trust e ad imputare tale ricchezza, in tutto o in parte, ai beneficiari. Naturalmente qualora non vengano imputate quote di reddito ai beneficiari nello stesso periodo d’imposta in cui la ricchezza è stata prodotta, la tassazione seguirà lo schema previsto dal primo comma dell’art. 73, con il trust titolare dell’obbligazione d’imposta sui redditi.

Nel caso in cui il trustee proceda a tale imputazione nello stesso periodo d’imposta di conseguimento del reddito, non rileva il fatto che tale soggetto abbia agito in forza di un vincolo stabilito dal disponente o in esercizio di un proprio potere discrezionale: in entrambi i casi l’imputazione di quote di reddito ai beneficiari determina l’insorgenza, in capo a quest’ultimi, di un diritto certo ed attuale ad ottenere la ricchezza imputata133.

133. M. CASALINI, L’imputazione per trasparenza dei redditi del trust ai beneficiari – condizioni e conseguenze, in Teoria e pratica della fiscalità dei trust, A cura di G. FRANSONI e N. DE RENZIS SONNINO, Milano, 2008, pag. 161;