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IL MONDO NEGATO: LE CONSEGUENZE DEL RIFIUTO

5.1 The Road from Colonus

The Road from Colonus è una delle prime short stories di Forster; fu scritta

durante il viaggio in Grecia e pubblicata per la prima volta nel 1903, poi inserita nelle raccolte del ’11 e del ’47. Il testo si divide in due parti e presenta una narrazione eterodiegetica. Come già accennato, in questo racconto, il mondo altro, posto come alternativa alla realtà, è ancora una volta il mondo naturale; la Natura qui rappresentata è quella arcadica descritta nel terzo capitolo, luogo prediletto dalle divinità boschive, come Pan, le Naiadi e le Driadi. Come nelle altre prime storie, anche qui la realtà altra è una sola e non si presenta ancora come coacervo di più mondi (la Natura, la Morte, la Letteratura, la Fantasia), cosa che avverrà, nei racconti più tardi.

Il testo ha come protagonista Mr Lucas, un anziano che si trova in Grecia in vacanza con la figlia Ethel; insieme ad altri inglesi fanno un tour della penisola greca, visitando i luoghi più importanti. Per Lucas si tratta della realizzazione di un desiderio, quello di andare un’ultima volta in Grecia, per visitare i luoghi che l’avevano appassionato molti anni prima. Tuttavia, non sono Atene, Olimpia o il Peloponneso i luoghi scelti dal dio per manifestarsi a lui, ma un paesaggio campestre, lontano da tutto. Mr Lucas giunge, infatti, per primo al luogo scelto per pranzare, una radura, in cui è presente una piccola Khan, una locanda di campagna, gestita da persone del luogo. Triste e scontento per la vecchiaia che avanza, la prima cosa che il protagonista nota è la sporcizia e la povertà di queste persone, ma successivamente viene colpito dall’acqua di un ruscello, proveniente da un albero cavo, che gli bagna le caviglie. Questo improvviso contatto con la Natura coincide con un mutato atteggiamento del protagonista, che decide di non abbandonarsi al

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declino dell’età, ma di ritornare giovane e di agire come tale. Con questi propositi si addentra fra le fronde del platano, fin dentro il tronco cavo. Oltre allo sgorgare della sorgente, vi trova diversi oggetti votivi e un’immagine della vergine, quasi una specie di santuario; la santità del luogo sembra rimandare, inoltre, alle descrizioni mitiche degli spazi campestri, dimora delle ninfe. Dopo aver esperito tutto ciò, è capace di guardare con occhi diversi ciò che lo circonda: la Grecia, gli abitanti del Khan, la stessa Inghilterra, gli appaiono ora in modo totalmente differente; è come se finalmente riuscisse davvero a capire il mondo. Proprio in questo preciso momento sopraggiungono, però, anche i compagni di Mr Lucas che, a differenza di lui, osservano con superficialità l’ambiente circostante, non riuscendo a condividere la gioia del protagonista. Nella climax del racconto, sul momento di ripartire, Mr Lucas informa la figlia e i compagni che ha deciso di rimanere, intuendo che un evento importante che lo riguarda sta per accadere. La figlia cerca di dissuaderlo in tutti i modi, ma egli rimane irremovibile, sostenuto dai silenziosi abitanti del Khan, che sembrano aver compreso tutto. Tuttavia, alla fine, Ethel, con l’aiuto di un suo spasimante, Mr Graham, riesce a portarlo via; il protagonista non si ribella e lascia quel paradiso per sempre. Passati diversi mesi, ritroviamo Mr Lucas nuovamente a Londra: la figlia Ethel è sul punto di sposarsi ed egli sembra essere ripiombato nella quotidianità della vecchiaia, coinvolto nei litigi coi vicini, e pare aver completamente dimenticato l’avventura passata. Giunge, però, inaspettatamente un pacco proveniente dalla Grecia, contenente un giornale di diverso tempo prima, dove Ethel legge la notizia della caduta di un albero sopra un Khan, che ha provocato la distruzione dell’edificio e la morte di tutti i suoi abitanti. La ragazza è sorpresa, ma capisce subito che si tratta del medesimo luogo in cui il padre voleva rimanere e manifesta la sua gioia per il pericolo scampato. Mr Lucas non presta la minima attenzione a tutto questo, troppo intento a lamentarsi dei vicini.

Sono state le divinità a distruggere il Khan, proprio come conseguenza del rifiuto al cambiamento da parte del protagonista. Egli non è riuscito ad andare dall’altra parte, nel mondo della Natura; la società gliel’ha impedito e lui non ha fatto niente per evitarlo. La totale distruzione di quell’arcadico mondo naturale è la

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conseguenza di questa sua incapacità e Mr Lucas deve sopportare di essere il fautore, seppur non materiale, di morte e distruzione.

Ad una prima lettura, si potrebbe pensare che l’implacabile ira divina si sia questa volta abbattuta solamente sul mondo naturale circostante e non direttamente sul protagonista; tuttavia, non bisogna dimenticare la vita che Mr Lucas conduce a Londra e ciò che è diventato: una specie di Scrooge, un insopportabile anziano a cui dà noia qualunque cosa. La fine che egli stesso si è riservato è quindi peggiore della morte e non necessita alcun ulteriore castigo divino.

La storia di Lucas sottolinea anche un dettaglio importante, che tornerà in racconti successivi, vale a dire l’idea che il cambiamento sia di fatto possibile soltanto durante la giovinezza, quando corpo e spirito sono abbastanza forti per affrontare la realtà; una volta raggiunta la vecchiaia, il passaggio dall’altra parte è reso impossibile da impedimenti fisici, psicologici e sociali, che costringono l’individuo a permanere nella sua condizione.

Nel testo, sono portavoce del dio gli abitanti del Khan; benché trovino la morte a causa del protagonista, essi rappresentano le divinità campestri e boschive, come le Naiadi e le Driadi, legate direttamente al dio Pan. Sono, non a caso, personaggi misteriosi e silenziosi, che sembrano comunicare, attraverso lo sguardo, solo con chi è veramente degno. Capiscono subito il cambiamento avvenuto in Mr Lucas e la necessità che egli rimanga con loro; cercano, infatti, di sostenerlo con la loro silenziosa presenza. L’intera valle, compresi i suoi abitanti, è piena di una mitica sacralità. La Natura viene, infatti, qui rappresentata in termini quasi sacrali; essa sembra sovrapporsi alle religioni tradizionali, imponendosi come vera e unica via di salvezza. In questo contesto, l’acqua acquisisce ovviamente un fondamentale significato metaforico: diventa il mezzo attraverso il quale è possibile scuotere l’individuo dal suo torpore, facendogli capire cosa sia veramente importante nella vita. È attraverso di essa che Mr Lucas si desta, venendo attratto verso il platano e ciò che racchiude; è l’acqua a condurlo sulla “retta via”, per cui essa è qui esplicito simbolo di rinascita, come in numerose tradizioni religiose, in primo luogo quella ebraico-cristiana del battesimo. Nella maggior parte dei testi forsteriani, del resto,

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l’acqua è elemento portatore dei valori dell’autore1; qui sembra acquisire, però, anche un nuovo significato: sgorgando dal tronco cavo del platano, rimanda esplicitamente a una dimensione magico-fiabesca, a cui alludono il suo colore e il suo sapore. Essa, infatti:

pressed up steadily and noiselessly from the hollow roots and crevices of the plane, forming a wonderful amber pool ere it spilt over the lip of back on to the earth outside. Mr Lucas tasted it and it was sweet, and when ho looked up the black funnel of the trunk he saw sky which was blue, and some leaves which were green; and he remembered, without smiling, another of his thoughts.2

Dal colore e dal sapore sembra quasi essere ambrosia, il nettare degli dei; inoltre ha delle evidenti capacità taumaturgiche: bevendola l’anima del protagonista si fa ancora più aperta e ricettiva, comprende il mondo, la Natura e tutto ciò che gli sta attorno, arrivando a capire il mitico luogo in cui si trova e i poteri che esso ha. Entrando nella cavità dell’albero attirato dall’acqua, Mr Lucas entra in un’altra dimensione: il mondo della Natura e riesce finalmente a vedere con gli occhi della Fantasia, capendo quali sono i valori importanti. È proprio per questo che la sua “colpa” risulta così grave: ormai consapevole di tutto e graziato dagli dei, si lascia portare via, smettendo di combattere. Infine, è interessante notare che, una volta tornato a Londra, lo si descrive infastidito perfino dal rumore dell’acqua che scorre; questo mette ancora più in rilievo la totale opposizione con quanto avvenuto in Grecia.

Il protagonista di questo racconto, non è, quindi, un giovane disposto a tutto per ottenere la libertà, senza educazione e desideroso di cominciare a vivere davvero, come può essere Eustace, il protagonista di The Story of a Panic. Mr Lucas è un uomo che ha sempre vissuto la sua vita seguendo le regole e riscuotendo un discreto successo sociale; arrivato alle soglie della vecchiaia, ormai non più capace a curarsi da solo e quasi dimentico di quello che è stato, durante l’ultimo viaggio in Grecia, riceve l’aiuto divino, giunto a soccorrerlo proprio nel momento in cui la vita

1 Ne è un esempio “The Point of It”, dove il protagonista, ormai all’inferno, per tornare indietro si

lascia portar via dalla corrente, riuscendo a tornare nuovamente sulla barca, circondato dal mare e in compagnia dell’amico Harold.

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sembra perduta. Di solito i personaggi forsteriani ritenuti degni dell’intervento divino e capaci di vedere con gli occhi della Fantasia sono ancora giovani, con un’intera vita davanti; l’aiuto del dio permette loro di vivere una vita diversa, lontana dalla società e dalle sue regole. In questa storia, invece, il protagonista è un uomo alla fine della sua vita, una persona che è sempre stata perfettamente inserita nella società. Benché nel testo egli dica di voler tornare giovane e veda, nell’abbracciare questa vita differente, una reale possibilità che ciò si realizzi, per il suo corpo è ormai tardi; lo dimostra la sua incapacità di opporsi a Mr Graham.

Il messaggio che l’autore trasmette è quindi la necessità di “cogliere l’attimo” quando si è giovani, poiché la vecchiaia è un periodo della vita troppo tardo per cambiare davvero. Lo stesso messaggio è veicolato anche in The Eternal

Moment, dove la protagonista, per quanto provi a risolvere i problemi creati in

gioventù, non riesce a cambiare niente. Non è dunque un caso che entrambe siano

short stories dove vengono raccontate le conseguenze del rifiutarsi di andare

all’altro mondo.

Molto interessante è anche la dimensione intertestuale di questo racconto, in particolare, il suo esplicito riferimento all’Edipo a Colono di Sofocle. La tragedia sofoclea viene, infatti, più volte nominata nel testo; inoltre, lo stesso Mr Lucas è esplicitamente paragonato a Edipo, come la figlia Ethel a Antigone. Il significato stesso del testo si intreccia a quello della tragedia, in un continuo susseguirsi di somiglianze e contrapposizioni.

L’Edipo a Colono è una tragedia di Sofocle rappresentata nel 401 a.C., dopo la morte del drammaturgo. Sofocle aveva già trattato in altre tragedie3 il famoso mito di Edipo, re di Tebe, e del suo sciagurato destino, incentrandosi prima sulla parte iniziale del mito4, poi sul destino della figlia Antigone. In questo dramma, invece, prende in considerazione gli ultimi giorni di vita di Edipo, ormai un esule vecchio, cieco e povero, aiutato proprio da Antigone, che lo accompagna insieme alla sorella Ismene. Egli arriva nelle vicinanze di Atene, a Colono, in pellegrinaggio, perché un oracolo gli ha vaticinato che troverà finalmente la morte

3 Edipo Re e Antigone.

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nel bosco sacro delle Eumenidi5. Giunto a Colono, si rende conto che il bosco sacro si trova proprio lì; però, alcuni ateniesi lo ostacolano, non volendo che rimanga. La situazione di empasse si risolve con l’intervento di Teseo, sovrano di Atene, che garantisce agli esuli ospitalità e protezione. Presto giunge in città anche il figlio maggiore di Edipo, Polinice, scacciato da Tebe dal fratello Teocle, alla ricerca dell’aiuto del padre per la riconquista di Tebe. Inizialmente Edipo rifiuta di vederlo, poi, su intercessione di Teseo e Antigone, accetta; fra i due si svolge un animoso diverbio che si conclude con la maledizione dello stesso Edipo. La parte finale della tragedia vede finalmente il racconto della morte del sovrano di Tebe da parte di un nunzio: egli, accompagnato da Teseo, si dirige all’interno del bosco sacro e lì muore, facendosi traghettare nell’Aldilà da Hermes Psicopompo. Le due figlie, per quanto addolorate, accettano la decisione del padre di seguire fino in fondo il suo destino e decidono loro stesse di seguire il loro, tornando a Tebe per cercare di evitare lo scontro fra i due fratelli.

Come è possibile notare da questa breve sinossi dell’intreccio, sono molti i punti in comune con la storia forsteriana: dalla descrizione dell’albero sacro, che sembra avere la stessa sacralità del bosco delle Eumenidi, all’apparente somiglianza di Mr Lucas con Edipo, all’esplicito riferimento, in Sofocle, ad Hermes Psicopompo, traghettatore di anime. È, infatti, il dio ad aspettarlo nel bosco sacro per accompagnarlo nell’Oltretomba. Tutti questi riferimenti fanno dunque pensare che il racconto forsteriano abbia come ipotesto l’Edipo a Colono di Sofocle.

Gli stessi compagni di viaggio vedono nel rapporto fra lui e la figlia un rispecchiamento di quello tra Edipo e Antigone: la figlia amorevole che dedica la sua giovinezza a curare l’anziano padre. Questo è l’unico ruolo a cui la società ha destinato il protagonista; come persona ormai in età avanzata deve assumere lo stesso atteggiamento di Edipo nell’opera di Sofocle, le regole sociali non prevedono altre possibilità per una persona anziana. In questo racconto, invece, il protagonista forsteriano cerca di reagire e di distaccarsi dal modello di Edipo. Se il protagonista della tragedia sofoclea è ormai rassegnato al proprio destino, pronto a morire e rispettoso di ciò che la sua età gli impone, Mr Lucas non accetta il modo in cui gli

5 Sono divinità ctonie, di origine molto antica. Sono conosciute anche come Erinni, divinità che

portavano alla follia chi si era macchiato di un grave delitto. Da divinità negative si trasformano in positive nel mito di Oreste, prendendo il nome di “Eumenidi”.

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altri lo vedono e si ribella; desidera ancora essere giovane e sembra essere deciso a cambiare. Lo stesso albero sacro, benché rimandi alla sacralità del bosco delle Eumenidi, si differenzia da questo nella funzione: esso ringiovanisce e riporta alla vita, l’altro, invece, porta solo alla morte. Se si pensa a quest’importante presa di distanza dall’Edipo di Sofocle, non è un caso che il titolo della short story sia The

Road from Colonus: Forster sembra voler indicare al lettore l’importanza di

distanziarsi da questo modo di vedere; l’autore si contrappone al testo a cui fa riferimento, mettendo in evidenza altri valori.

Tuttavia, la storia forsteriana si contrappone al mito anche in senso negativo. Benché Edipo si arrenda al destino e a ciò che la società gli impone, le persone che lo circondano rispettano la sua volontà: Antigone e Ismene non si oppongono al suo desiderio di essere accompagnato a morire solamente da Teseo, rispettano la sua volontà. Nel racconto forsteriano, invece, Ethel e gli altri6 non accettano e non rispettano le idee del protagonista, e usano perfino la forza per portarlo via. Così, come Mr Lucas non corrisponde perfettamente a Edipo, Ethel non corrisponde perfettamente ad Antigone: quest’ultima non si impone mai al padre e gli rimane accanto fino alla morte. Ethel, invece, impone la sua volontà, non curandosi davvero del benessere paterno e abbandonandolo una volta tornati in Inghilterra. Inoltre, la condizione finale di Edipo, la morte, è di gran lunga migliore rispetto a ciò a cui si è auto-destinato Mr Lucas. Edipo, alla fine, attraverso la morte, viene, infatti, perdonato dalle divinità per il peccato commesso; il protagonista forsteriano, invece, deve subire le conseguenze della colpa commessa.

Forster si rapporta dunque al testo sofocleo in maniera complessa: da una parte, rifiuta il ruolo che Edipo rappresenta; dall’altra, invece, sembra affermare che per coloro che non accettano di andare dall’altra parte la fine di Edipo è un lusso a cui non possono aspirare. Ancora una volta, anche attraverso i riferimenti letterari, l’autore riafferma il messaggio finale del “carpe diem”.

111 5.2 The Life to Come

The Life to Come è una short story del 1922 mai pubblicata da Forster, a

causa degli espliciti riferimenti omosessuali. È uscita postuma nella raccolta del ’72 che reca il medesimo titolo. Questo testo gli era tuttavia particolarmente caro; infatti, come sappiamo da una lettera scritta a Sasson, per Forster esso incarnava “a great deal of sorrow and passion that I have myself experienced” 7.

Anche in questo caso, il mondo altro, alternativa alla società, è la Natura; una Natura selvaggia, fatta di foreste, con alberi e fiori sconosciuti. Tuttavia, benché abbia sempre tratti mitici e favolosi, non è comunque una realtà totalmente fuori dal mondo reale. La Natura, infatti, è rappresentata da un territorio selvaggio e mai scoperto, fino a quel momento, dagli europei: il “Nuovo Mondo”. È, quindi, un mondo naturale non più così lontano e allegorico, ma reale.

Tuttavia, come il testo precedente, anche questa storia tratta dell’esperienza della conversione all’ombra di una natura spettacolare, una conversione a un modo di vivere e vedere la vita e il mondo in maniera radicalmente differente. Anche in questo caso, si tratta però di una mancata conversione.

È un racconto abbastanza lungo, con una narrazione eterodiegetica, suddiviso in quattro parti: Night, Evening, Day e Morning. Differentemente dagli altri racconti, quindi, ogni parte ha un titolo e rimanda a un momento preciso del giorno, seguendo un ordine della giornata “inverso”, dalla notte alla mattina. Come possiamo già capire da questa suddivisione, il tempo acquisisce un significato particolare: il richiamo alla suddivisione del giorno rimanda, in un certo senso, a una circolarità temporale, che si contrappone a quella lineare della storia raccontata. Altrettanto interessante è l’inversione della giornata: è la notte ad aprire la storia ed è il mattino a finirla. Il tempo sembra avere un importante ruolo nel testo, intrecciandosi al significato stesso della storia e ai personaggi che la popolano; esso viene fatto equivalere all’intera vita dell’uomo.

7 Judith Scherer Herz, “From Myth to Scripture: An Approach to Forster’s Later Short Fiction”, in

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A dispetto di questa precisa scansione cronologica delle parti, la storia non ha coordinate temporali e geografiche precise, ma si ambienta probabilmente in un territorio colonizzato; racconta dell’incontro fra due culture: quella cristiana, rappresentata dai curati venuti a convertire, e quella indigena, misteriosa e naturale, con una religione politeista molto più “concreta”. In particolare, il testo narra del rapporto che si crea fra il giovane curato Paul Pinmay e il capo indigeno Vithobai e del modo in cui esso si sviluppa. La suddivisione in quattro parti con i rispettivi titoli rispecchia, infatti, lo sviluppo del rapporto; ogni momento del giorno corrisponde ad un differente stadio della relazione. Nella prima parte, Night, i due si incontrano per la prima volta, innamorandosi l’uno dell’altro: Pinmay, infatti, si reca dal giovane capo indigeno per convincerlo a convertirsi, rimanendo colpito dalla sua bellezza; la stessa cosa accade a Vithobai, che va nella sua tenda, chiedendogli spiegazioni sul dio chiamato Amore. I due passano la notte insieme, ma Paul si pente e fugge via, cominciando dentro di sé a rifiutare i propri sentimenti e ad accusare Vithobai per quanto accaduto.

Nella seconda parte, Evening, assistiamo alle conseguenze di questo pentimento. Vithobai, intanto, per l’amore che ha per Paul, si converte al cristianesimo, cambiando nome e diventando un “buon cristiano”; a Paul, invece, data l’apparente vittoria, viene affidata la tutela del nuovo distretto. Il suo modo di operare diventa totalmente diverso dall’atteggiamento benevolo e amorevole tenuto all’inizio: comincia ad essere duro, severo e violento verso gli indigeni e verso

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