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I cittadini ebrei, durante il XIX secolo, hanno contribuito notevolmente allo sviluppo della vita intellettuale, culturale, economica ed architettonica della città.

Il contributo nel patrimonio architettonico è l’aspetto che più ci interessa e possiamo dire che, ad eccezione di luoghi di culto o rappresentativi, per quanto riguarda gli edifici residenziali, siamo di fronte ad oggetti integrati nel panorama architettonico del loro tempo.

Dal 1867 in poi, con la legge di emancipazione, gli ebrei diventarono proprietari di innumerevoli edifici per abitazioni, ristoranti, bar, cinema e negozi.

La loro volontà era quella di integrarsi nella nazione ungherese; spesso rinunciarono al tedesco a favore della lingua ungherese, magiarizzarono i loro nomi e il fatto che colpì di più è che alcuni arrivarono persino a convertirsi al cristianesimo pur di integrarsi.

Di seguito vedremo una serie di edifici che sono stati selezionati per vari motivi; si tratta

di una selezione, pertanto incompleta e soggettiva. I criteri che stanno alla base della scelta degli edifici presi in considerazione sono i seguenti:

- Vicinanza al sito di progetto

- Appartenenza alla tradizione ebraica - Rappresentatività di un linguaggio architettonico

- Rilevanza storico-architettonica

Attraverso la combinazione di questi quattro fattori, l’obbiettivo è quello di rappresentare l’assoluta varietà stilistica del quartiere come aspetto formale più evidente.

L'immagine attuale del quartiere è fortemente correlata al periodo tra il 1810 e il 1875; la struttura urbana e la concentrazione di edifici del primo storicismo sono qui più diffusi che in ogni altra porzione di città.

Gli edifici di seguito descritti appartengono alle diverse epoche ma non sono stati volutamente catalogati secondo una

classificazione stilistica; tale decisione è maturata in seguito alla consapevolezza della limitazione di inserire le varie architetture in uno stile definito.

L'architettura ungherese si è dimostrata particolarissima nel declinare i diversi linguaggi architettonici europei secondo una dimensione personale e regionale.

La prima metà del XIX secolo (1800-1840) ha visto la diffusione di un linguaggio, soprattutto negli edifici istituzionali, prettamente storicista. Per storicismo si intende il riferimento a modelli appartenenti al passato. In questa prima fase storicista i modelli prediletti dagli architetti ungheresi sono gli edifici neoclassici francesi, austriaci e dell'Italia settentrionale. Anche se il neoclassicismo è stato il linguaggio più diffuso, non mancano esempi ispirati al barocco ad esempio di Borromini, in particolare intorno al 1850.

A questa prima fase seguirà un secondo periodo in cui il linguaggio architettonico, sempre storicista, si rivolgerà verso modelli neo rinascimentali, risale a questi anni infatti la critica dell'architettura neoclassica ritenuta inadatta a rappresentare lo spirito ungherese. Questa seconda fase storicista

viene spesso indicata come "storicismo romantico": l'attenzione si sposta verso forme più complesse e decorazioni più articolate. La linearità del linguaggio classico lascia man mano lo spazio a concavità e convessità romantiche. Gli architetti magiari iniziano a trarre ispirazione dal periodo medievale. Inizia in questo momento a prendere piede tra gli altri il revival gotico.

Il tema della ricerca delle radici della cultura magiara nel linguaggio gotico è sentito nel periodo tra il 1870 e il 1900. In questa fase il dibattito architettonico ungherese ruota infatti intorno al tema della ricerca di uno stile originale nazionale. Tra i modelli verranno presi in considerazione il mondo rurale e l'oriente.

In tutta Europa, a cavallo tra XIX e XX secolo, il linguaggio più diffuso è l'Art Nouveau, secondo varie accezioni regionali.

L'apparato decorativo diventa originalissimo e attinge agli ambiti più disparati, esplode il gusto per l'esotico. L'avvento di nuove tecnologie costruttive apre la strada alla sperimentazione di nuove gerarchie spaziali. Anche Budapest vive in pieno questa fase eclettica, sulla base degli stretti rapporti con Vienna e la Germania. Qui l'Art Nouveau si esprime con caratteri particolari

e estremamente legati al territorio. Si parla infatti di Szecesszió. Questo è il periodo più interessante per l'architettura budapestina e sarebbe riduttivo definirlo semplicemente Art Nouveau. Con il termine Szecesszió si intende infatti un linguaggio ricco di sperimentazioni e riferimenti alla sfera delle regioni più rurali, alla Transilvania, all'oriente.

Grazie ad architetti come Ödön Lechner, l'architettura ungherese vive il momento di passaggio dallo storicismo all'architettura moderna. Nei decenni successivi un uso più moderato della decorazione ci restituirà architetture più vicine al Movimento Moderno; basti pensare alle opere di Béla Lajta in cui le forme diventano più lineari, le superfici più planari, senza tuttavia abbandonare il simbolismo e il regionalismo delle decorazioni.

Nel VII distretto troviamo esempi di tutte le epoche sopra brevemente descritte, meno frequenti sono gli edifici più moderni, per non parlare di quelli contemporanei.

A questa diversità del patrimonio architettonico va aggiunto un ulteriore livello di analisi: molte tra le opere descritte sono state progettate da architetti di religione

ebraica o per committenti ebrei. Troveremo pertanto l'inserimento, ancora più tipico, di simbolismi e decorazioni di natura ebraica oltre che a configurazioni spaziali talvolta dettate da motivazioni liturgiche.

Nella narrazione spesso si farà uso di termini spaziali quali via, strada, viale, piazza, usando la lingua ungherese. Questo a volte per motivi di assonanza e a volte perché ho avuto l'impressione di snaturare il nome di un determinato luogo dopo averlo sentito pronunciare svariate volte nella sua lingua originale. Pertanto, per facilitare la comprensione riporto qui di seguito un breve specchietto con la traduzione dei termini utilizzati.

italiano: ungherese:

via utca viale út viale anulare körút piazza tér distretto kerület