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I materiali legati con bitume: il ruolo del legante nel conglomerato bituminoso

3.5. Il Wheel-Tracking test

Ulteriore confronto può essere fatto con un esempio di modellazione al continuo.

La riporta nuovamente il modello realizzato con PFC, a sinistra, e il modello FEM, a destra, realizzato da Soares et al. (2004): entrambi i modelli tendono a modellare la struttura del materiale nel dettaglio, ma è chiaramente evidente come il metodo agli elementi distinti particellari riesca a modellare più accuratamente lo sviluppo della fessura centrale.

Particolare attenzione è stata posta sulla modellazione della sollecitazione, che nella pratica sperimentale è impostata tramite una ruota di 10 cm di diametro opportunamente caricata, in moto armonico lungo la superficie del provino. Nel modello tale ruota è stata assimilata ad un unico elemento ball, caratterizzato da un peso specifico tale da imporre, attraverso l’azione della forza di gravità, una forza pari a quella imposta dal carico reale (Figura 3.54).

Figura 3.54 – Wheel-tracking-test: modello numerico con ruota di carico (sinistra) e castello di prova sperimentale (destra)

Si è scelto di non applicare nessun fattore di scala al diametro della ruota in quanto si è verificato che un’eccessiva differenza tra i raggi degli elementi in gioco porta a problemi di instabilità del modello. Tale aspetto non va comunque ad influenzare negativamente il contatto ruota-provino, che anzi risulta coerente con la realtà sperimentale, come evidenziato attraverso le forze di contatto riportate in Figura 3.55. L’unica accortezza riguarda la superficie del campione, che deve essere il più possibile piana, per garantire un piano di scorrimento orizzontale. Qualora, a seguito dell’azione della forza di gravità, la superficie del provino presenti un andamento non regolare, è bene compattare ulteriormente il campione attraverso un piano orizzontale che azzeri, per quanto possibile, le disomogeneità verticali.

Figura 3.55 - Wheel-tracking-test: forze di contatto sviluppate tra la superficie del provino e la ruota di carico

Si ricorda infine, che l’elemento “ruota” deve muoversi avanti e indietro lungo il provino, compiendo un totale di 40.000 cicli. Tale aspetto è stato definito attraverso due diverse subroutine, che regolano la velocità dell’elemento in funzione della posizione assunta lungo l’asse orizzontale. In altre parole, la ruota assume velocità (orizzontale e di spin) positiva e concorde con la direzione x fino ad un’ascissa pari al limite destro del modello; oltrepassato tale limite, la velocità cambia verso e la ruota procede in senso contrario, con velocità negativa, fino al limite sinistro del modello. Il valore assoluto della velocità è stato assunto pari a 5 mm/sec, sia per la componente orizzontale sia per quella di spin.

L’elevato numero di cicli che la ruota deve percorrere e l’entità degli spostamenti percorsi, molto maggiore rispetto alle altre grandezze in gioco, comportano uno sviluppo molto lento della simulazione. Per ovviare a tale inconveniente si è scelto di adottare il comando “set dt dscale”, che impone la durata unitaria del time-step. Questa procedura, sebbene consigliata nei casi in cui siano presenti elementi di differenti dimensioni come nella situazione in esame, può facilmente portare a problemi di instabilità e scarsa convergenza a lungo termine. Tale aspetto deve essere pertanto valutato accuratamente nella calibrazione dei parametri in gioco, sia quelli legati alle caratteristiche micromeccaniche dei materiali, sia quelli legati alle caratteristiche dinamiche del modello

L’analisi dei risultati è stata condotta ancora una volta sulla base dei riscontri sperimentali, confrontando gli spostamenti superficiali del provino reale con quelli del modello numerico, rappresentati dagli spostamenti lungo l’asse y di alcuni elementi ball di riferimento. La Figura 3.56 mostra i vettori velocità degli elementi ball durante l’esecuzione del test: come è lecito aspettarsi, tutte le componenti di velocità sono dirette verso il basso e risentono dello spostamento imposto dalla ruota di carico.

I grafici in Figura 3.57 e Figura 3.58 riportano inoltre l’evoluzione degli spostamenti verticali nel tempo di uno degli elementi centrali del modello nel caso di miscela con legante naturale (Figura 3.57) e modificato (Figura 3.58). In entrambe le situazioni l’andamento degli spostamenti verticali è coerente con la realtà sperimentale, anche se il modello numerico fornisce risultati molto dispersi e confrontabili con la realtà sperimentale solo tramite una linea di tendenza.

Figura 3.56 - Wheel-tracking test: andamento dei vettori velocità durante il test

0.00 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50

0 10000 20000 30000

abbassamenti verticali (mm)

n°cicli

LAB_NAT PFC

Figura 3.57 – Wheel-tracking test: confronto tra dati sperimentali e numerici per il conglomerato naturale

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6

0 10000 20000 30000

abbassamenti verticali (mm)

N°cicli

LAB_HD PFC

Figura 3.58 - Wheel-tracking test: confronto tra dati sperimentali e numerici per il conglomerato Hard

Questo aspetto evidenzia alcuni limiti del modello, legati principalmente allo spazio bidimensionale di lavoro. Il modello piano, infatti non riesce a cogliere lo

“spanciamento” del provino reale fuori dal piano di azione della ruota, che risulta invece particolarmente marcato nella prova di laboratorio: gli elementi ball possono infatti rifluire esclusivamente ai bordi del campione, ma non ortogonalmente ad esso.

Inoltre, il modello numerico non tiene conto degli effetti inerziali che si sviluppano durante i cambi di direzione della ruota: i grafici sperimentali evidenziano un

Figura 3.59 – Wheel tracking test: confronto qualitativo tra la deformata sperimentale (linea tratteggiata) e numerica (linea continua)

aumento della deformazione in corrispondenza degli estremi del provino, legata all’accelerazione e decelerazione della ruota che amplifica i carichi tangenziali.

Nel modello numerico, così come è stato impostato, quest’aspetto non viene evidenziato, dando origine ad una deformata complessiva che presenta alcune discrepanze localizzate rispetto a quella reale (Figura 3.59).

Tali limiti possono essere superati analizzando la sola parte centrale del modello numerico, creando un provino semplificato che comporta contestualmente una riduzione dell’onere computazionale, estremamente elevato per simulazioni di questo tipo. In alternativa, per cogliere tutti gli aspetti evidenziati dalla realtà sperimentale, è opportuno passare ad una modellazione tridimensionale del problema.