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Valutazione tromboelastografica dello stato coagulativo in gravidanza a termine.

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale: direttore Prof. Corrado Blandizzi

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica,

Molecolare e dell'Area Critica: direttore Prof. Riccardo Zucchi

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia: direttore

Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

VALUTAZIONE TROMBOELASTOGRAFICA DELLO

STATO COAGULATIVO IN GRAVIDANZA A TERMINE

RELATORI

Chiar.mo Prof. Francesco Forfori

Dr. Gianni Biancofiore

CANDIDATA

Miriam Giorgi

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INDICE

Capitolo I

I.I. L’emostasi ... 3

I.II. Metodiche di valutazione dell’emostasi ... 5

Capitolo II II.I. Tromboelastografia e tromboelastometria ... 8

II.I.a. Componenti e modalità di funzionamento del TEG ... 13

II.I.b. Parametri TEG ... 16

II.I.c. Metodi ... 19

II.II. Perché scegliere i POC rispetto ai test di laboratorio? ... 20

II.II.a. Vantaggi ... 20

II.II.b. Svantaggi e criticità ... 21

Capitolo III III.I. Variazioni dell’emostasi in gravidanza ... 23

III.I.a. Variazioni fisiologiche ... 23

III.I.b. Variazioni patologiche ... 25

Capitolo IV IV.I. Coagulazione e anestesia in gravidanza ... 30

Capitolo V V.I. Scopo del nostro studio ... 33

V.II. Descrizione del campione ... 33

V.II.a. Criteri di esclusione ... 33

V.III. Materiali e metodi ... 33

V.IV. Risultati ... 34

Capitolo VI VI.I. Discussione ... 51

Bibliografia ... 53

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Capitolo I

I.I. L’emostasi

L'emostasi [dal greco αἱμόστασις, comp. di αἷμα «sangue» e στάσις «stasi»] è un dinamico e delicato equilibrio tra la coagulazione e la fibrinolisi.1

La prima è il risultato dell’interazione fra i fattori di coagulazione, le piastrine e l’endotelio danneggiato con formazione di un “tappo” emostatico volto a determinare la cessazione del sanguinamento (Fig. 1).

Figura 1. Formazione del coagulo

La fibrinolisi, attivata dalla cascata della coagulazione, porta alla lisi del coagulo grazie all’attività enzimatica della plasmina che promuove l’idrolisi della fibrina.

Questo perfetto bilanciamento fra i due processi serve a mantenere in condizioni fisiologiche fluido il sangue, a limitare la formazione del coagulo evitando che diventi transmurale, ed infine evita un reclutamento eccessivo dei fattori della coagulazione nella sede della lesione che può portare a un deficit degli stessi in altri distretti in seguito a traumi o emorragie.

Schematicamente questo processo emostatico si può suddividere nelle seguenti fasi: 1. Fase vascolare

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3. Fase plasmatica 4. Fibrinolisi

Il fattore scatenante dell'intero è il danno endoteliale che attiva sia la fase vascolare che piastrinica. La prima, attraverso una vasocostrizione (entro 30 sec) che riduce la perdita ematica e la seconda attraverso l’esposizione di sostanze subendoteliale (collagene, il fattore di Von Willebrand) normalmente nascoste dall’endotelio stesso che attivano le piastrine attraverso un meccanismo recettore-ligando. Questo processo comporta un cambiamento della forma delle stesse e la loro degranulazione con rilascio di fattori contenuti all’interno granuli (ADP, fattore trombossano (TxA2) ed il fattore attivante le piastrine (PAF)) che stimolano le piastrine stesse, amplificando la loro aggregazione. Importante ricordare che molti di questi passaggi sono calcio dipendenti.

Successivamente la 3° tappa del processo è la fase plasmatica o coagulativa che ha la funzione di stabilizzare il coagulo. Attraverso il coinvolgimento di una serie di molecole, che vengono attivate “a cascata” porta alla trasformazione del fibrinogeno (una proteina solubile presente in grandi quantità nel circolo sanguigno) in un coagulo di fibrina, una trama densa di natura proteica che occlude completamente il sito di rottura del vaso. Molti dei passaggi sono catalizzati dalla trombina, responsabile della tappa finale del processo.2

Alla completa riparazione del vaso, per evitare il sequestro solo nel punto della lesione di tutti i fattori della coagulazione e limitare le dimensioni del coagulo finale, segue la successiva rimozione del tappo di fibrina, fenomeno noto come fibrinolisi, che si conclude con il ripristino della situazione iniziale (restitutio ad integrum).3 Questo processo avviene, come per la formazione del tappo, con il concerto di numerosi sostanze prodotte e non dall’endotelio; la trombina, che svolge un ruolo di cofattore attivante numerose tappe del processo coagulativo,4 viene inattivata dal legame con la trombomodulina, la fibrina e l’antitrombina III (Fig. 2), che in presenza di eparina, aumenta la velocità di legame trombina-AT III di circa 2000 volte.

L’endotelio produce la proteina S, cofattore della proteina C (entrambe vitamina K dipendenti) e il TFPI (Tissue Factor Pathway Inhibitor) che inibiscono anch’essi la fase plasmatica portando allo spegnimento della cascata coagulativa.

Un’altra molecola prodotta dall’endotelio è il fattore t-PA (attivatore tissutale del plasminogeno) che grazie al legame ad alta affinità con la fibrina direttamente sul coagulo,

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trasforma il plasminogeno in plasmina che scinde la fibrina in prodotti di degradazione (FDP) con conseguente dissoluzione del trombo e ripristino della pervietà del lume vasale. Elevati livelli di FDP (come ad es. il D dimero) sono utili nella diagnosi di disturbi della coagulazione come la CID e TVP.

Figura 2. Meccanismi di controllo emostatico e terminazione del clotting

Come osservato per il processo coagulativo, per prevenire un’eccessiva attivazione fibrinolitica, l’endotelio, stimolato dalla stessa trombina, libera anche il PAI-1, un inibitore specifico del t-PA, che si combina prontamente con il t-PA stesso e ne promuove la sua degradazione a livello epatico.

L’intero processo emostatico è continuamente e finemente bilanciato per evitare un eccesso dei due fronti e quindi un ipercoagulazione o un’emorragia.

Di seguito la trattazione dei principali metodi per analizzare la coagulazione, principi di funzionamento del TEG e il lavoro condotto nella presente tesi.

I.II. Metodiche di valutazione dell’emostasi

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volte collidenti non è semplice, non lo è in laboratorio e tanto meno lo è al letto del malato, in sala operatoria o al Pronto Soccorso.

Le analisi standard, maggiormente utilizzate nella pratica clinica e laboratoristica comprendono i test di laboratorio fra cui: INR, Tempo di protrombina (PT) o tempo di Quick, aPTT (tempo di tromboplastina parziale), conta piastrinica, fibrinogeno (conosciuto anche come fattore I della coagulazione).

Questi test sono basati unicamente sul plasma e sono stati fondamentalmente ideati e progettati per monitorare l’azione dei farmaci antagonisti della vitamina K e dell’eparina nonchè per valutare le carenze congenite dei fattori della coagulazione.

Pertanto essi non sono stati pensati con lo scopo di monitorare i disturbi acquisiti della coa-gulazione peri-operatoria, per prevedere un eventuale sanguinamento nei pazienti chirurgici o per guidare il trattamento di una eventuale coagulopatia.

Inoltre l’esecuzione di questi test richiede tempo con, a volte, tempi di consegna del risultato al clinico maggiori di 60 min.5

In generale, quindi, i Test standard di laboratorio (TSC), sono gravati da notevoli carenze sia metodologiche che di affidabilità e precisione del risultato quando impiegati nella gestione del paziente in sala operatoria o in emergenza, situazioni che richiedono un intervento emo-statico tempestivo tramite il ricorso ad emocomponenti, concentrati dei fattori della coagu-lazione o anche entrambi.

Inoltre, essi riflettono principalmente la fase di avvio della generazione di trombina. Pertan-to, non possono essere utilizzati per valutare tutte le importanti componenti del processo emostatico (emostasi primaria, forza del coagulo, eventuale presenza ed entità di fibrinolisi) che spesso sono compromesse nel paziente emorragico nel quale, inoltre, frequentemente si presentano in modo combinato tra di loro.

Ed ecco che con l’entrata in campo dei test viscoelastici del sangue (TVS), come il TEG® o il ROTEM®, si è determinato una totale rivoluzione per quanto riguarda il treatment in emer-genza del paziente.

Sono test definiti POC (Point of Care, POC)6 cioè eseguiti direttamente al letto del malato, forniscono in breve tempo (già dopo 20 minuti), una valutazione rapida e dinamica del tem-po di formazione del coagulo, della sua resistenza e della sua stabilità con una prospettiva

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analitica più ampia e completa di tutto il processo della coagulazione rispetto a quanto fatto dai TSC.

Quindi, mentre i test di laboratorio fotografano staticamente un determinato status della coagulazione, i TVS ne danno un’immagine dinamica lungo tutte le fasi di sviluppo: dalla formazione del coagulo alla sua lisi.

Per queste caratteristiche sono entrati direttamente sul “campo di battaglia” dove, anche per questioni di necessaria rapidità della risposta terapeutica, è fondamentale poter disporre di una valutazione ampia, affidabile e celere del processo coagulativo.

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Capitolo II

II.I. Tromboelastografia e tromboelastometria

Il termine tromboelastografia è utilizzato per descrivere la traccia prodotta dalla misurazione dei cambiamenti viscoelastici associati alla polimerizzazione della fibrina 7 , 8 e questa metodica fu introdotta per la prima volta da Hartert ad Heidelberg dopo la fine della seconda guerra mondiale (1948),9 ma entrò nella pratica clinica solo agli inizi degli anni ‘80 ad opera di Kang a Pittsburgh negli Stati Uniti nella chirurgia dei trapianti ortotopici di fegato.10

Progressivamente abbandonata, per la scarsa riproducibilità della metodica e per il lungo tempo necessario all’analisi del campione, la tromboelastografia ha gradualmente riguadagnato campo in seguito all’evoluzione tecnologica del tromboelastografo, termine che fu registrato nel ‘96 come marchio di fabbrica della Haemoscope Corporation e da quel momento questa parola è usata per descrivere il test eseguito utilizzando unicamente la strumentazione prodotta da questa ditta Haemoscope (Fig. 3).

Una grande innovazione è stata data inoltre dall’introduzione di un convertitore analogico in grado di tradurre il segnale elettromeccanico in un segnale elaborabile da un software, in modo da ridurre i tempi sia di esecuzione che di lettura del grafico e migliorandone la riproducibilità.

Da qualche anno è disponibile anche una tecnologia alternativa commercializzata dalla Pentapharm GmbH che utilizza il termine tromboelastometria per identificare il processo di misurazione adottato dallo strumento di propria produzione e quello di ROTEM® (Figura 3).

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Il tromboelastografo è stato modificato anche nelle sue dimensioni e, già da tempo, ha assunto il significato di “bedside monitor” nella routine clinica dei trapianti di fegato ed in cardiochirurgia.11 Dal 1980 è usato routinariamente nei seguenti campi:6,7

a. Chirurgia dei trapianti di fegato (OLT) primo utilizzo documentato del TEG nel 1985.12-13 In questo campo gli strumenti POC (point of care) come il TEG o il ROTEM si sono dimostrati di notevole importanza per valutare la qualità dello stato coagulativo e il bilanciamento emostatico durante l’intervento, trattando pazienti che sia per le loro caratteristiche sia per il tipo di intervento (molto invasivo e complesso) risultano ad aumentato rischio emorragico che può richiedere delle emotrasfusioni.

Da questo punto di vista, l’impiego della tromboelastografia ha rappresentato un indubbio punto di forza e di svolta sotto due diversi aspetti:

 metodica POC in grado di saggiare tutto lo spettro delle anomalie della coagulazione in tempi brevi (già dopo 20 minuti).

 rispetto agli esami di laboratorio i POC risultano più completi. Infatti gli esami standard della coagulazione PT/INR e aPTT e la conta delle piastrine regolarmente non possono essere assunti come indicatori affidabili del rischio emorragico, nel paziente cirrotico, essendo sensibili alle carenze di fattori pro-coagulanti ma non alla riduzione concomitante di fattori anticoagulanti da deficit di produzione nelle epatopatie.

b. Chirurgia cardiovascolare (1999) per predire il rischio di emorragia come per esempio dopo intervento di bypass cardiopolmonare o per identificare un trattamento appropriato in emergenza.10

c. Anestesia generale/PS nella gestione del politrauma riduce la mortalità e morbilità associata a sanguinamento e trasfusioni.14,15 Di pochi giorni fa è la notizia dell’arrivo di un nuovo TEG nel nostro PS aggiudicandosi il primato di primo Pronto Soccorso in Italia ad avere un sistema di misurazione visco-elastica della coagulazione point-of-care con queste caratteristiche dedicato alla shock room.

Di seguito alcuni punti chiave segnalati dalla task force europea per quanto riguarda l'uso di TEG® e ROTEM® nei pazienti traumatizzati:

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1. La letteratura su TEG® e ROTEM® in trauma è limitata dalla carenza di studi randomizzati e controllati e dalla modesta qualità degli studi osservazionali disponibili. 2. TEG® e ROTEM® possono rivelarsi superiori ai test di laboratorio della coagulazione per

diagnosticare rapidamente la coagulopatia da trauma, inclusa l’ipercoagulazione, l’ipocoagulazione, l’iperfibrinolisi e la disfunzione piastrinica.

3. TEG® e ROTEM® sono in grado di prevedere la necessità di trasfusioni massive e la mortalità, ma con una performance che non è superiore a quella dei normali test di laboratorio della coagulazione.

4. Esiste una evidenza limitata ad un solo studio osservazionale per cui il ricorso ad un algoritmo trasfusionale basato su ROTEM® possa ridurre la quantità delle trasfusioni somministrate ai pazienti.16

5. L’impiego di TEG® e ROTEM® per guidare il trattamento nei pazienti traumatizzati emorragici non si associa ad una riduzione della mortalità nella maggior parte degli studi osservazionali; per definire questo aspetto è necessario attendere l’esito di eventuali studi randomizzati.17

In Tabella 1 è riportata una bozza procedurale per l’utilizzo del TEG, da ripetere dopo il primo sacchetto di ECS (sacche di emazie concentrate).

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E infine arriviamo al campo da noi studiato:

d. Ostetricia.

Recenti studi 18,19 hanno confrontato l'uso della tromboelastografia con i normali tests di laboratorio per il monitoraggio dell'emostasi in emergenza durante grave emorragia ostetrica (Tabella 2).

Obiettivo secondario era quello di correlare i risultati della tromboelastografia e quelli del laboratorio con le perdite ematiche.

Sono state incluse nello studio 45 donne con grave emorragia ostetrica >3L e 49 donne con perdita di sangue <600 ml. Le analisi tromboelastografiche eseguite sono state le seguenti: tempo K, angolo α, MA e LY30. Relativamente alle analisi di laboratorio sono state condotte conta piastrinica, tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT), tempo di protrombina (PT), fibrinogemia, antitrombina e D-dimero.

Le variabili tromboelastografiche che riflettono la stabilità del coagulo e la fibrinolisi sono risultate ridotte nelle donne con emorragia ostetrica massiva rispetto alle donne con sanguinamento normale, mentre l'inizio della formazione del coagulo è risultato accelerato. Anche le analisi di laboratorio hanno mostrato un emostasi compromessa con le differenze più marcate a carico della conta piastrinica, della concentrazione di fibrinogeno e di antitrombina (Tabella 2).

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Le correlazioni rivelatesi più forti sono state quella tra fibrinogemia e MA, tra perdite stimate di sangue e MA e tra fibrinogemia e valori ematici di antitrombina. Gli autori concludono che lo studio della coagulazione, condotto sia tramite tromboelastografia che attraverso le analisi di laboratorio, evidenza un’ alterazione di tale funzione dopo una perdita di sangue stimata di 2L.

Poiché la tromboelastografia, come precedentemente accennato fornisce risultati più rapidamente rispetto al laboratorio, il suo utilizzo si è rivelato più vantaggioso nel contesto di una emorragia ostetrica.20

Un altro recente studio osservazionale si è proposto lo scopo di dimostrare le variazioni della meccanica del coagulo durante la gravidanza e di determinare l'effetto del parto sui parametri tromboelastografici prelevati subito dopo l’espletamento.21

In questo studio si è proceduto ad analisi tromboelastografica su campioni di sangue intero ottenuti da donne gravide e ripetuta poi 6 ore dopo il parto.

Dal terzo trimestre al periodo successivo al parto, c'è stata una diminuzione significativa del tempo per la formazione di fibrina (P = 0,036) e del tempo per raggiungere una determinata forza del coagulo (MA di 20 mm, punto K: 1,3 vs 1,1 minuti, P = 0.007). Subito dopo il partum si è verificato un significativo aumento della lisi del coagulo a 60 minuti (LY60: 1,8% vs 3,1%, p = 0,001). Gli autori hanno quindi concluso che il loro studio supporta l’utilizzo della tromboelastografia nell'ambito delle valutazioni di routine della funzione coagulativa al momento del parto.20

Oggetto di interesse non sono però solo le alterazioni della coagulazione che ne determinano una riduzione di funzionalità ma anche la tendenza ad una sua accelerazione.

In uno studio in cui sono state arruolate donne non gravide, donne pre-termine e donne in fase post-parto è stato dimostrato che esiste uno stato di ipercoagulabilità durante la gravidanza che persiste durante le prime 24 ore successive al parto. I tempi R e K sono risultati diminuiti, mentre l'angolo alfa e MA sono stati significativamente aumentati nelle donne in gravidanza e dopo il parto rispetto al gruppo di donne non gravide.22

Infine l’utilizzo dei TVS può essere utile anche nella scelta del trattamento terapeutico. Il parametro MA, che rappresenta l’ampiezza massima del coagulo, il cui valore è dato per un 80% dalle piastrine e un 20% dal fibrinogeno da solo non dà informazioni sul contributo dei singoli fattori.

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D’altra parte, attraverso l’utilizzo di reagenti come il fibrinogeno funzionale (FF) o un frammento di anticorpo monoclonale c7E3 Fab (Reo Pro) (come descritto nello studio di Gottumukkala et al.23) è possibile discriminare il contributo indipendente delle piastrine o del fibrinogeno sulla forza del coagulo, utilizzando queste informazioni a scopo terapeutico. Per esempio, il grafico sottostante (Fig. 4) ottenuto con l’utilizzo di FF, mostra un valore di MA di 29, che indica una concentrazione di fibrinogeno normale, e quindi la necessità di aumentare la concentrazione ematica di piastrine.

Figura 4. Tracciato TEG ottenuto con fibrinogeno funzionale

II.I.a: Componenti e modalità di funzionamento del TEG

I principali componenti del tromboelastografo sono una cuvetta cilindrica che viene riscalda-ta a 37°C e dove si colloca con un’apposiriscalda-ta pipetriscalda-ta una quantità noriscalda-ta di sangue (0,36ml) e un pistoncino sospeso, connesso ad un filo di torsione che si va a immergere nel sangue. En-trambi, cuvetta e pistoncino, sono composti di materiale plastico monouso. La cuvetta oscilla con un angolo di torsione di 4°45’ in 10 secondi (Fig. 5). Quando, iniziando il processo di coa-gulazione, comincia la formazione di fibrina, l’ago viene inglobato nel complesso fibrina-piastrine iniziando quindi ad oscillare in maniera soidale con l’oscillazione della cuvetta. Al momento di massima solidità del coagulo corrisponde la maggiore oscillazione dell’ago. L'o-scillazione poi torna a diminuire quando inizia la lisi del coagulo.

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Figura 5. Funzionamento TEG

Tali variazioni di movimento vengono poi elaborate dall’elettronica contenuta nello stru-mento e convertite da un trasduttore elettro-meccanico in segnale elettrico e quindi in se-gnale digitale elaborato da un software e mostrato in tempo reale tramite computer (Fig. 6) che dà una proiezione rapida della curva attesa, accompagnata da un'analisi dei risultati. L'aspetto generale della curva è quello di un diapason.

Figura 6.Tromboleastogramma e pc.

Il dispositivo ROTEM® utilizza una tecnologia simile ma modificata (Fig. 7): il segnale del per-no sospeso nel campione di sangue viene trasmesso attraverso un sistema di rilevazione ot-tica, e non un filo di torsione, mentre il movimento di torsione viene prodotto dal perno e

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non dalla provetta. Inoltre, lo strumento è dotato di una pipetta elettronica per facilitare le procedure manuali.

Figura 7. Strumento ROTEM®

Esistono versioni di tali strumenti da poco tempo rese disponibili sul mercato da entrambe le ditte che sono caratterizzate da una concezione costruttiva molto più moderna e che ap-paiono di molto più semplice e facile utilizzo da parte del clinico poiché impiegano cartucce preformate di nuova concezione che rimpiazzano provette, perni e pipette da laboratorio li-mitando variazioni operatore dipendenti (Fig. 8).

Figura 8. TEG Haemonetics 6s (sinistra) e Rotem Sigma (destra)

Il TEG® ed il ROTEM® valutano entrambi le proprietà viscoelastiche di un campione di sangue intero in condizioni di basso shear (termine tecnico difficilmente traducibile in modo

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letterario dall’inglese in italiano). Esso si riferisce sostanzialmente alla sollecitazione provocata dallo scorrimento del sangue sulle pareti dei vasi sanguigni.

Il tracciato TEG può essere analizzato qualitativamente o quantitativamente.24

I profili grafici vengono interpretati facilmente, senza misurazione, grazie alle forme caratteristiche che derivano da stati di coagulazione normale, iper-, ipocoagulazione e iperfibrinolisi (Fig. 9). Inoltre utilizzando i parametri di normalità stabiliti si possono quantificare profili in relazione al tipo e al grado di anormalità.

Figura 9. Modifiche nella forma del tracciato TEG II.I.b: Parametri TEG.

I parametri TEG sono riportati in Figura 10.

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 il tempo di reazione/reaction time (R).

valuta il tempo dall’inizio del test fino alla prima polimerizzazione di fibrina, misurando quin-di la fase enzimatica della coagulazione. È misurato in minuti ed è visualizzato come linea rettilinea che si traccia alla velocità di 2 mm/min.

Un suo prolungamento è sinonimo di ridotta coagulazione da diminuzione dei fattori coagu-lativi congenita, acquisita o iatrogena (Fig. 11).

Figura 11. Allungamento R

Quindi anche gli stessi anticoagulanti come l’eparina, warfarin, dicumarolici, portano ad al-lungamento. Un valore R accorciato, al contrario, indica l'esistenza di una tendenza alla iper-coagulabilità. I valori normali di R (4-8min)

 Il tempo K o tempo di cinetica del coagulo (K-time).

Questo parametro valuta l’interazione tra la fibrina e le piastrine. È una misura della velocità necessaria a raggiungere un predeterminato livello di forza del coagulo (Fig. 12).

Il valore normale di K è compreso tra 0 e 4, in caso di ipercoagulabilità diminuisce, al contrario aumenta in situazioni di ipocoagulabilità.

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 Angolo α (Fig. 12): analogamente a K, dà una misura dell'interazione della fibrina con le piastrine. Esso valuta la rapidità dell’accumulo e della polimerizzazione di fibrina (rafforzamento del coagulo). Si misura in gradi angolari (47-74 deg). In condizioni di ipocoagulabilità invece aumenta in caso di ipercoagulabilità.

 Massima Ampiezza (MA) valuta la consistenza del coagulo come indice di “massima forza del coagulo” (Fig. 13). Rappresenta la massima ampiezza verticale del tracciato misurata in mm (54-72). E’ una funzione diretta delle proprietà dinamiche massime del legame tra il fibrinogeno (20%) e piastrine (80%) e della funzione/aggregazione piastrinica.

Figura 13. Il parametro MA

Valori elevati di MA sono indicativi di uno stato di ipercoagulabilità, e corrisponde a un tracciato molto slargato (chiamato a bicchiere di cognac), mentre in uno status di ipocoagulabilità il tracciato si chiude ed MA si accorcia.

 Parametro G (forza del modulo elastico di taglio) misurato in dyn/cm2.

Il parametro G fornisce anch’esso una misura della stabilità del coagulo ed è sensibile a pic-coli cambiamenti nella forza del coagulo.

 Indice di coagulazione CI.

È un indice totale di tendenza all’ipo o all’ipercoagulabilità poiché correla tutti i parametri precedentemente descritti R, K, alfa, MA. Varia da valori -3 +3, con 0 che sta a indicare l’equilibrio tra i sistemi coagulativi e fibrinolitici, mentre valori che si discostano dallo 0 sono

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segni di squilibrio. emostatico.

 LY30 o LY60: calcolano la progressiva lisi del coagulo ad opera della plasmina a 30 e 60 min. Sono entrambi indici della fibrinolisi (Fig. 14).

Figura 14. Il parametro LY30 II.I.c. Metodi

Il TEG può essere effettuato su sangue fresco, se l'apparecchio è in prossimità del sito di prelievo (blocco operatorio, per esempio), oppure possiamo aggiungere dei reagenti.

Nel caso in cui il sangue non si analizzi a fresco può essere messo in una provetta di citrato (cioè contenete citrato di sodio) e analizzato entro 4 h dal prelievo. Dopo di che si inseriscono nella cuvetta (340 µL) di sangue e 20 µL di CaCl2 0.2 M per consentire la ricalcificazione del

campione.

L’analisi deve inoltre essere corretta in relazione alla temperatura del paziente dal momento che questa è in grado di influenzare i processi coagulativi.

Si possono utilizzare dei reagenti da miscelare al sangue nativo per ridurre il tempo di esecuzione del campione, per valutare il fibrinogeno funzionale, l’efficacia di una terapia, oppure per invertire una condizione cinica (per es., eparinase in pazienti che fanno eparina). Di seguito i principali reagenti divisi in categorie:

• Attivatori (celite, caolino, fattore tissutale, trombina, DAPPTIN, ecc.) • Neutralizzatori dell’eparina (eparinasi, protamina)

• Agenti di blocco delle piastrine (Reopro, Integrilin, Aggrastat, ecc.)

• Farmaci antifibrinolitici (acido -amino-caproico, acido tranexamico, aprotinina). Il caolino (silicato di alluminio idrato) ad esempio agisce attivando la via intrinseca della

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coagulazione tramite il fattore XII.

L’eparinasi I, estratta dal flavobacterium heparinum, è un enzima che neutralizza in modo rapido e specifico l'effetto dell’eparina scindendola in piccoli frammenti inattivi senza influenzare la funzione di altri componenti del sangue coinvolti nella coagulazione. Una cuvetta con eparinasi riesce a neutralizzare circa 6 UI di eparina per ml di sangue. Quest’ultimo utilizzo rappresenta una grande innovazione in quanto si può analizzare il sangue di pazienti che fanno terapia antiaggregante senza fargliela sospendere. In particolare il dosaggio Platelet Mapping misura la funzione delle piastrine offrendo così una prospettiva accurata del rischio trombotico o emorragico relativo al paziente.25

II.II.Perché scegliere il TEG rispetto ai test di laboratorio??

II.II.a. Vantaggi:

I vantaggi teorici del TEG risiedono nella facilità di esecuzione dell’esame e nella celerità della lettura dei risultati ottenuti (già circa dopo 20min appaiono i primi valori).

La pratica clinica del TEG, negli ultimi dieci anni, ha messo in evidenza le potenzialità dello strumento; si è rivelato infatti capace non solo di evidenziare situazioni di ipocoagulabilità, ma altresì stati di ipercoagulabilità, è un utile aiuto nella gestione terapeutica delle emergenze, come quelle perioperatorie chirurgiche, le emorragie e il politrauma.

Ci sono prove sempre più forti per cui i TVS, impiegati seguendo un approccio goal-directed nella gestione della coagulazione, possano modificare le strategie trasfusionali poiché sono in grado di fornire una migliore comprensione della patologia sottostante la coagulopatia ri-ducendo in tale modo le necessità trasfusionali e consentendo al medico di adattare la sua azione terapeutica alle reali esigenze del paziente.26 Questa riduzione di trasfusioni ha per-messo un miglior utilizzo degli emocomponenti, risparmi sui costi di gestione (Fig. 15), ridu-zione delle infezioni e complicanze legate alla procedura e riduridu-zione del tempo di degenza.

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Figura 15. Costo dei prodotti trasfusi: 30 pazienti prima del monitoraggio TEG® rispetto a 30 pazienti dopo il monitoraggio TEG. Dati ottenuti da una struttura ospedaliera di 710 posti

let-to nell’area sud-occidentale degli Stati Uniti.25

II.II.b. Svantaggi e criticità sul TEG

Come per ogni test diagnostico, esistono alcuni “punti ciechi” nel monitoraggio della coagu-lazione con la metodica viscoelastica.

Ad esempio, non è possibile rilevare la disfunzione piastrinica sia di tipo ereditario che quella indotta da farmaci.

Altro problema è l'insensibilità della metodica per la rilevazione degli effetti del fattore di von Willebrand. Inoltre, l’attività del fattore XIII, che è il principale responsabile della stabi-lizzazione del reticolo di fibrinogeno, non è adeguatamente evidenziata. Tuttavia, va sempre ricordato che la trombolestografia è e rimane una metodica POC, rapida e pronta all’uso, non è una tecnologia di laboratorio. Altre importanti rilievi riguardano la standardizzazione dell’esame eseguita da questi strumenti.8,27

A livello operativo, i test viscoelastici sono stati criticati per non essere stati sottoposti ad un processo di valutazione di tipo laboratoristico. Esistono infatti ampie varianti tecniche nel modo in cui vengono eseguiti sia TEG® che ROTEM®, manca infatti una standardizzazione universale.

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Inoltre, gli strumenti richiederebbero una calibrazione da 2 a 3 volte al giorno (il che causa notevoli inconvenienti nell'uso clinico continuativo point-of-care).

Altre critiche riguardano il fatto che essi erano stati originariamente progettati per essere eseguiti su sangue intero fresco senza attivatori mentre successive modifiche hanno incluso l’anticoagulazione del campione e l'uso di diversi attivatori, come abbiamo fatto noi nel no-stro studio. Sesso ed età dei pazienti nonché l’uso di alcool possono influenzare i risultati. In-fine, è stato notato come i normali valori di riferimento per i test viscoelastici sono stati ot-tenuti da un singolo studio su pazienti chirurgici e non ci sono stati studi su larga scala.5 Per-tanto, è stato suggerito che ogni centro generi il proprio range di riferimento da parte di per-sonale appositamente addestrato secondo le linee guida Clinical Laboratory Improvement Amendments (gli standards applicati a tutti i test di laboratorio condotti su esseri umani ne-gli Stati Uniti).

Tutti questi rilievi richiedono che il centro che utilizza questi strumenti TEG® e/o ROTEM® operi anche un programma controllo-qualità.

Infine, esistono condizioni in cui i test viscoelastici potrebbero non riuscire a rilevare un’ eventuale disfunzione emostatica. Ad esempio, gli strumenti sono impostati per lavorare a una temperatura di 37 ° C. Pertanto, l'effetto dell’ipotermia, che ha un impatto negativo ben riconosciuto sulla coagulazione, può alterare i risultati senza una adeguata correzione otte-nibile attraverso una modifica del settaggio dello strumento.

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Capitolo III

III.I. Variazioni dell’emostasi in gravidanza III.I.a. Variazioni fisiologiche

La valutazione dell’emostasi in gravidanza è di estrema importanza nell’iter diagnostico e terapeutico delle gravide. Infatti questa condizione è caratterizzata da cambiamenti che portano all'instaurarsi di uno stato ipercoagulativo fisiologico come testimoniato da elevati livelli di fibrinogeno riscontrati.

In realtà questo cambiamento ha lo scopo di salvaguardare l’organismo materno dalla perdita di sangue programmata che è il parto, ma d’altro canto comporta un aumentato rischio di fenomeni trombotici nella paziente gravida. Si calcola che il rischio di tromboemobolismo venoso abbia un’incidenza di 1-1000 parti e il rischio aumenta molto di più durante il 3 trimestre di gravidanza e nel puerperio.1

I cambiamenti che si instaurano durante i mesi di gravidanza sembrerebbero da rapportarsi alla concomitanza di fattori di origine sia materna che placentare che causano uno squilibrio fra il sistema fibrinolitico e antifibrinolitico (Tabella 3).28

Tabella 3. Variazione dei fattori della coagulazione in gravidanza

I principali fattori procoagulanti che si modificano sono:

 Il fibrinogeno, che aumenta dal secondo trimestre di gestazione e può arrivare oltre 700ml/dl a termine, il fattore VII, può aumentare fino a 10 volte in gravidanza,

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raggiungendo massimi livelli a termine. Inoltre aumentano anche i fattori IX, X, XII.  Il fattore XIII, che è responsabile della stabilizzazione della fibrina, aumenta nel 1

trimestre ma al termine è il 50% rispetto ai livelli normali.29

 Non ci sono cambiamenti di rilievo del fattore II (Protrombina) che risulta normale a termine.

 Il fattore di von Willembrand, che agisce anche come portatore del il fattore VIII, aumenta durante l'ultimo periodo di gravidanza giocando un ruolo importante nell’adesione piastrinica.

 Si registra un aumento del fattore V di Leiden, duranti i primi mesi di gravidanza, seguito poi da una diminuzione e stabilizzazione a valori normali.

Nella gravida inoltre si ha una progressiva diminuzione della conta piastrinica che è da imputarsi sia all'emodiluizione, compensata da un aumento delle dimensioni piastriniche, che da un aumentato consumo.

Tuttavia l’American Society of Anesthesiologists Practice Guidelined for Obsteric Anesthesia concorda con il fatto che la conta delle piastrine non sia un fattore discriminante nel determinare l’outcome della paziente, ma certamente puo essere predittivo per un valore <70000 plt di una HELLP (hemolysis, alti livelli enzimi epatici e basse piastrine), di una CID, trombocitopenia immune e altre rare condizioni che possono coesistere nella gravidanza. La cascata coagulativa raggiunge il picco proprio nel momento dell’espulsione placentare con un forte stimolo coagulativo per fermare la perdita di sangue -considerato che il flusso placentare è di 700ml/min- possiamo immaginare l’entità dell’emorragia che si potrebbe avere se il sistema fallisse per poi tornare a normali livelli dopo 4 settimane dall’espletamento.

Fattori fibrinolitici:

Per quanto riguarda l'attività fibrinolitica, molti studi riportano che i naturali inibitori della coagulazione come ATT e la proteina C rimangono stabili durante tutta la gravidanza (Tabella 3), fatta eccezione per la riduzione della proteina S che inizia dalla 6° settimana di gestazione. D’altro canto però è aumentato il rilascio di alcuni prodotti di derivazione placentare come il PAI-1 (Plasminogen Activator Inhibitor-1) e PAI-2 (Plasminogen Activator Inhibitor-2),

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rintracciabile nel sangue solo durante la gravidanza che inibiscono questo sistema in sinergia con una consensuale riduzione del fattore XI e dell'attività del t-PA (attivatore tissutale del plasminogeno).

In particolare una diminuzione del fattore XI, noto come antecedente plasmatico della tromboplastina/PTA o fattore di Rosenthal, da colui che l’ha scoperto, è da analizzare come una fisiologica risposta per bilanciare l’aumento dei fattori della coagulazione.30

Dall’altro canto, se fino a ora abbiamo detto che l’attività fibrinolitica è ridotta, di notevole rilievo è il lieve aumento del plasminogeno, insieme al cofattore eparinico II e alla proteina Z, due inibitori della coagulazione. Questo è da associare in parte ad un diminuito utilizzo (per inattivazione di tutto il sistema) e in parte ad un’aumentata produzione per compensare la spinta coagulativa che si verifica.1

Si riscontrano anche un aumento dei livelli di D-Dimero direttamente proporzionali all’attività fibrinolitica che segue la formazione di fibrina.

Pertanto da queste analisi si evince che questa spinta ipercoagulativa è in parte bilanciata da un aumento della fibrinolisi. Come riporta il titolo di un articolo “Haemostasis in normal pregnancy: A balancing act?”,30 si assiste a un vero e proprio “balance” tra i due sistemi. L’alterazione di questo perfetto equilibrio porta agli episodi discussi di seguito.

III.I.b. Variazioni patologiche

Nel corso della gravidanza si possono presentare una serie di patologie con impatto significativo sull’equilibrio emostatico. Pur trattandosi di eventi non molto frequenti, tra gli episodi di maggior riscontro si evidenziano: HELP, syndrom, Preeclampsia, CID ed emorragia post-partum (EPP). Inoltre un’alterazione della coagulazione può anche essere osservata in caso di presenza di anticorpi APL.

Nella sindrome HELLP, l’acronimo fu coniato nel 1982 per descrivere una sindrome caratte-rizzata da Hemolysisis, Elevated Liver enzyme levels and Low Platelet count, l’alterazione emostatica predominante è la piastrinopenia. Non rara (circa il 15%) comunque è la compar-sa come complicanza di una coagulazione intravascolare disseminata (CID). La sindrome HELLP è una condizione caratteristica del terzo trimestre di gravidanza e si riscontra piu fre-quentemente nelle gravidanze complicate (0,2-0,6% dei casi). Tuttavia si può verificare nel secondo trimestre con un’incidenza stimata dell’11%, nel 69% dei casi si manifesta nel

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pe-riodo ante-partum mentre nel 31% nel post-partum. in quest’ultimo caso l’esordio tipico è entro 48 ore dal parto. Le donne a rischio sono di età avanzata, di razza bianca e multipare. I criteri diagnostici della sindrome HELLP sono:

Emolisi:

- Anomalie allo striscio periferico - Bilirubina totale > 1,2 mg/dL

- Lattico deidrogenasi (LDH) > 600 U/L  Aumento degli enzimi epatici:

- Aspartato aminotrasferasi (AST) > 70 U/L - LDH > 600 U/L

Piastrinopenia:

- Conta piastrinica < 100.000/mm3

La preeclampsia è considerata come la conseguenza di un’anomala risposta materna alla placentazione31 in seguito alla incompleta trasformazione delle arterie spiraliformi, che rimangono rivestite da cellule muscolari lisce e quindi sensibili agli stimoli vasocostrittori, in vasi a basse resistenze e alta portata per garantire un adeguato flusso al feto. Come tale la clinica dipende dall’intensità di segnali (vasocostrittori, ipercoagulativi e infiammatori) che questo circolo comporta come la diminuzione delle prostaglandine, prostacicline e ossido nitrico (il valore della prostaciclina infatti, in gravidanza fisiologica aumenta di 8 volte mentre nella preeclampsia si registra un lieve aumento di 2-3 volte superiore), l’aumento del TXA2 che potenzia l’aggregazione piastrinica e l’ischemia utero-placentare favorendo lo sviluppo della sindrome preeclamptica 32 fino a un quadro di coagulazione intravascolare disseminata (CID). Nella preeclampsia, ci sono stati numerosi studi sull’utilizzo del TEG 33,34 come ad esempio di rilievo uno del 201635 che correla l’utilizzo del TEG con i normali test di laboratorio nelle pazienti preeclamptiche allo scopo di valutare il profilo coagulativo di donne con preeclampsia prima dell’anestesia loco-regionale. I risultati ottenuti hanno confermato come i parametri TEG diano delle buone informazioni sulla qualità della coagulazione, in particolare una forte correlazione tra la conta piastrinica e i valori di MA (p < 0.001) e un’assenza di correlazione significatività tra il bleeding time e i valori R time e K time, per predire una ipocoagulazione (p < 0.001) (Fig. 16).

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Figura 16. Correlazione tra conta piastrinica e valori di MA.33

L’emorragia postpartum (EPP), che rappresenta una rara emergenza in ostetricia, tanto che si parla di “golden hour” 36,37 nella tempistica di intervento, rappresenta la prima causa di mortalità (circa un quarto delle morti per parto l’anno) e morbidità nella popolazione ostetrica a livello globale.

I cardini della terapia si basano su il controllo delle “4T”:38 , 39 Tono (con farmaci uterotonici/ossitocinici); Tessuto (mantenimento del circolo con opportuna idratazione), Trauma; Trombina (somministrazione di concentrati dei fattori della coagulazione e terapia della coagulopatia emorragica instauratasi). Inoltre un ruolo importante sembra essere svolto dal fibrinogeno che può essere misurato in corso di valutazione clinica TEG® o ROTEM® guidata. Infatti, i dati relativi al fibrinogeno funzionale (TEG®) o al FIBTEM (ROTEM®), quando in riduzione, sono più sensibili rispetto alla quantificazione laboratoristica della sua concentrazione ematica e possono quindi rivelarsi utili per l'orientamento precoce dei necessari interventi terapeutici (Fig. 17).

Per episodi gravi, si ricorre come primo approccio alla trasfusione di emazie concentrate e di plasma fresco congelato in associazione alla terapia farmacologica sopracitata. In questi casi, come si vede dall’algoritmo, l’utilizzo del TEG serve per guidare la terapia trasfusionale o per indirizzare l’anestesista su cosa somministrare alla paziente.

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(29)

Anche la sindrome degli anticorpiantifosolipidi, malattia autoimmune sistemica caratterizzata clinicamente da uno stato trombofilico e dall’evidenza di autoanticorpi diretti contro i complessi proteina-fosfolipidi, può essere causa di complicazioni ostetriche.

Infatti le gravidanze nelle pazienti affette sono considerate a rischio per questo status protrombotico che comporta precoci aborti, parti pretermine ed altre complicanze ostetriche. Di notevole interesse è il fatto che l’aPTT e il PT, che normalmente in uno status ipercoagulativo diminuiscono, in queste pazienti risultano artificialmente aumentati.40,41 Nella pratica clinica, il trattamento prevede l’utilizzo di un anticoagulante a scopo profilattico come l’eparina durante tutta la gravidanza e da sospendere 12h prima del parto.

Nelle pazienti inoltre con storia di TVP o trombofilia si consiglia di proseguire l’eparina fino a sei settimane dopo il parto. Comunque si tende a valutare l’approccio profilattico caso per caso tenendo conto dell’età del soggetto, dei fattori di rischio cardiovascolare, della presenza di malattie concomitanti e del profilo degli aPL.

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Capitolo IV

IV.I. Coagulazione e anestesia in gravidanza

L’anestesia in ostetricia, ha visto una grandissima evoluzione negli ultimi anni, con il passaggio da un’anestesia generale a una locoregionale: spinale ed epidurale.

In Italia si stima che in media il 36,7% dei parti avvenga con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. È il dato registrato dall'ultimo rapporto Cedap (che raccoglie tutti i Certificati di assistenza al parto nel 2011) pubblicato dal ministero della Salute.

Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle straniere: si ricorre all'operazione nel 28,2% dei parti di madri straniere e nel 38,6% nei parti di madri italiane. Quest'ultime hanno un'età media di 32,6 anni, mentre le straniere 29,4.

Se negli anni passati questo intervento si affrontava con l’anestesia generale, oggi questa è riservata solo quando è controindicato l’anestesia regionale.

Al momento, come anche nella nostra AOUP pisana, la partoanalgesia più praticata è quella epidurale.

L’anestesia epidurale o peridurale, è una metodica di anestesia locoregionale che con l’utilizzo di un ago (di Tuohy) di 18 gauge (Fig. 18) si raggiunge lo spazio epidurale, zona di pochi millimetri di spessore (da 3 a 6), compresa tra legamento giallo e dura madre, che si estende per tutta l'estensione della colonna vertebrale.

L’ago viene fatto avanzare attraverso lo spazio interspinoso fino allo spazio epidurale, identificato grazie alla sua diversa consistenza rispetto al legamento giallo (tecnica della perdita di resistenza all'aria o al liquido) o alla presenza di pressione negativa al suo interno (tecnica della goccia pendente, palloncino epidurale).

Una volta raggiunto lo spazio viene inserito un catetere di materiale plastico morbido che è lasciato in sede per tutta la durata del parto ed eventualmente anche nel post partum attra-verso il quale si iniettano miscele di anestetico in dosi ripetute fino all’espletamento. La me-todica è eseguita in anestesia locale e, di norma, non è dolorosa. Il catetere verrà tolto 2h circa dopo il parto o mantenuto per 24h per infondere la terapia antalgica.

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locoregionale che consta di una sola puntura nello spazio subaracnoideo con aghi di calibro sottilissimo di 25/26G con punta atraumatica (Fig. 18) per limitare il traumatismo tissutale, detta anche con “conformazione a matita”, e iniezione diretta one shot dell’anestetico. Viene riservata ai parti cesarei.

Figura 18. I due aghi a confronto: ago di Tuohy (sinistra) e per anestesia spinale (a destra). Tra i criteri di esclusione maggiori abbiamo:

il volere della paziente, piastrinopenie al di sotto di 90-100.000, tatuaggi nel punto di iniezione, sepsi, instabilità emodinamica, infezioni fungine, alterazioni della coagulazione e utilizzo di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti.

In questo ultimo caso, si può eseguire la tecnica trascorse le 12h in pazienti con dosi terapeutiche di EBPM, per dosi più elevate si devono attendere 24h prima dell’intervento.42 Tra le complicanze da annoverare, per ordine di incidenza abbiamo:

cefalea post puntura durale <1:100, lombalgia post partum (20-40%), neuropatie periferiche (0,04%), sindrome di Claude Bernard Horner (caratterizzata da miosi, enoftalmo, e ptosi palpebrale) molto rara e normalmente transitoria della durata di 24-72h, ematoma spinale <1:220.000 pz (causa gravissima con intervento immediato), reazioni all’anestetico locali o sistemiche.

L’ematoma spinale, definito come sanguinamento sintomatico all’interno del nevrasse, rappresenta la complicanza più grave ma anche molto rara. Dall’esame della letteratura disponibile42 risulta che la sua incidenza sia meno di 1:220.000 per l’anestesia spinale e di 1:150.000 per l’anestesia epidurale. La compromissione neurologica si manifesta con una progressione di blocco sensitivo o motorio (68%) o con disfunzione dell’alvo o della vescica (8%) spesso senza dolore lombare. Costituisce un’emergenza e va trattata con laminectomia decompressiva entro 8h dall’esordio della sintomatologia neurologica.

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La cefalea postpinale, complicanza più frequente e più probabile nell’anestesia epidurale per le dimensioni dell’ago può avvenire se viene punta la dura madre con fuoriuscita di liquor. Ha carattere benigno e transitorio della durata di qualche giorno, che obbliga a letto in posizione supina ed a terapia medica fino alla sua scomparsa

Ha una sintomatologia frontale e occipitale con sensazione di stiramento ed è una cefalea tipicamente ortostatica, in quanto in questa posizione aumenta lo stiramento delle meningi e quindi la sintomatologia.

Come vedremo in seguito, durante queste complicanze il TEG può essere utilizzato per valutare la funzionalità della coagulazione e come guida per possibili interventi.

In questo senso un TEG non soddisfacente dovrebbe consigliare prudenza, magari limitando i tentativi, utilizzando una mano più esperta e un ago di calibro ridotto.

Parlando di un eventuale sanguinamento, ad esempio, con questa metodica è possibile discriminare anche se è dovuto ad una mancata emostasi chirurgica, ad una disfunzione piastrinica, ad anomalie delle proteasi della coagulazione o dei loro inibitori, oppure se è associato ad un precoce fibrinolisi.

(33)

Capitolo V

V.I. Scopo dello studio

Il presente studio si propone di descrivere la funzione coagulativa di donne sane gravide tramite l’analisi tromboelastografica. In presenza di scarsi dati in letteratura a tale riguardo, l’obiettivo primario è stato quindi quello di individuare i valori tromboelastografici da considerare normali per la particolare tipologia di soggetti studiati.

V.II. Descrizione del campione

Lo studio si è svolto presso la U.O. Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana nel periodo compreso tra febbraio 2016 e febbraio 2017. Tutte le donne hanno espresso per iscritto il proprio consenso a partecipare allo studio dopo un colloquio informativo.

Il campione oggetto di studio è stato confrontato con 106 casi controllo selezionati tra il personale sanitario dell’Azienda.

V.II.a. Criteri di esclusione

Sono state escluse dallo studio tutte le donne con problemi noti a carico della funzione coagulativa, quelle in trattamento con eparina o altri anticoagulanti o antiaggreganti o FANS o corticosteroidi.

V.III. Materiali e metodi

In tutti i soggetti ammessi allo studio sono stati prelevati 2.5 ml di sangue intero dall’accesso venoso radiale o brachiale della paziente e immessi in una provetta contenente citrato di sodio in modo da bloccarne il processo coagulativo. I campioni ematici sono poi stati sottoposti a indagine tromboelastografica (TEG) eseguita con strumento Haemoscope thrombelastograph® Haemostasis Analyzer ( TEG®) modello 5000, software V.4.

In particolare, per mezzo di una pipetta graduata sono stati prelevati 340µl di sangue che sono stati trasferiti insieme a 20 µl di caolino all’interno di una cuvetta in cui erano stati

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precedentemente aggiunti 20µl di calcio cloruro 0,2M (CaCl2).

Il calcio cloruro antagonizza l’azione del citrato di sodio; il caolino ha la funzione di accelerare il processo coagulativo. Si è dato, quindi, il via all’analisi tromboelastografica che nel giro di 90 minuti è in grado di dare tutte le informazioni del caso.

I risultati sono stati quindi analizzati con il software Prism vers 5 (GraphPad software Inc) con cui sono stati eseguiti i seguenti test: T test per dati appaiati, Analisi della frequenza. I risultati sono stati considerati statisticamente significativi per valori di p< 0.05.

V.IV. Risultati

Il gruppo delle donne in gravidanza (che chiameremo di qui in poi GRAV) e il gruppo di controllo (CONT da qui in poi) hanno avuto lo stesso numero di casi analizzati (Tabella 4): 106. La media e la deviazione standard delle età nei due gruppi è risultata confrontabile (media± DS: GRAV 33.22± 5,23 e CONT 32.26±9.42) con età compresa fra i 21 e i 46 anni nel gruppo GRAV e 20 e 53 anni nel gruppo CONT.

Tabella 4. Dati demografici

DATI DEMOGRAFICI

Controllo Gravide

Min Max Media Min Max Media

Età 20 53 32,3 21 46 33,2

Altezza 1,57 1,78 1,67 1,50 1,98 1,65

BMI pre 16 34 22,1 15 36 22,9

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Figura 19. Distribuzione campione

Come si evince dalla Figura 19, il 42% erano nullipare, sul restante 58 % delle pluripare il 19% aveva avuto un precedente aborto, mentre il 39% avevano avuto almeno una gravidanza andata a buon fine.

I due gruppi sono stati confrontati anche in termini di BMI prendendo in considerazione il peso pre-gravidanza nel gruppo GRAV (media ± DS: GRAV 23±4.30, CONT 22±4), con una lieve prevalenza di BMI più bassi nel gruppo di controllo. Infine, il BMI delle donne in gravidanza (misurato al momento del prelievo) è risultato essere 27.15±4.10.

I risultati ottenuti per i diversi parametri sono riportati in Tabella 5. 42%

39% 19%

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Tabella 5. Valori ottenuti col TEG e confronto tra Controllo e Gravide GRAVIDE _____________________________________ CONTROLLO _____________________________________ N valor i Min 25% Perce ntile Medi ana 75% Perce ntile Max Medi a Dev. Std. N val ori Min 25% Perce ntile Medi ana 75% Perce ntile Max Medi a Dev. Std. R 78 3,7 5,4 6,75 7,3 17,2 6,7 2,0 74 4,1 5,9 6,8 7,8 11,7 7,0 1,7 K 106 0,8 1,1 1,2 1,8 9,4 1,6 1,1 96 0,9 1,5 1,8 2,0 3,4 1,8 0,5 α 106 37,5 64,3 70,7 74,1 80,0 67,6 9,5 100 45,3 60,1 65,8 68,7 74,2 63,4 7,9 MA 106 49,0 68,5 71,6 74,6 90,0 71,3 5,7 104 53,7 62,6 66,1 69,3 72,7 65,6 4,4 CI 102 -9,9 0,1 1,4 2,7 4,6 1,1 2,5 101 -5,5 -0,9 0,2 1,1 3,2 0 1,9 LY30 106 0 0 0 0,1 9,5 0,6 1,7 106 0 0 0,3 1,3 8,3 1,1 1,8

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Valore R

Il tempo di reazione R ha avuto come valore medio nel gruppo CONT 7±1.68 e nel gruppo GRAV è stato di 6.5±1.76 di media (Tabella 6, Fig. 20), senza mostrare una differenza significativa.

Tabella 6. Distribuzione percentuale dei valori R nei gruppi CONT e GRAV.

R GRAV CONT Number of values 78 74 Minimum 3.7 4.1 25% Percentile 5.4 5.9 Median 6.75 6.8 75% Percentile 7.30 7.8 Maximum 13.4 11.6 Mean 6.5 7.05 Std. Deviation 1.76 1.69

(38)

Però l’analisi delle frequenze mostra (Fig. 21, 22) come tra il 25° e il 75° perc del campione si collochi tra il 5.4 e il 7.30 con un R più corto rispetto ai CONT con un 25° al 5.9 e il 75° al 7.8.

Figura 21. Distribuzione percentuale dei valori R nel gruppo CONT.

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Valore K:

Il tempo di cinetica del coagulo (K, Tabella7) ha una media di 1.64± 1.14 nel gruppo GRAV, contro 1.75± 0.5 nel gruppo CONT (Fig. 23).

Tabella 7. Distribuzione percentuale dei valori K nei gruppi CONT e GRAV.

K GRAV CONT Number of values 106 96 Minimum 0.8 0.9 25% Percentile 1.1 1.5 Median 1.25 1.8 75% Percentile 1.8 1.97 Maximum 9.4 3.4 Mean 1.64 1.76 Std. Deviation 1.14 0.49

Figura 4. Analisi della media ±DS dei due gruppi

Dall’analisi della frequenza (Fig. 24, 25) si evince che tra il 25° e il 75° delle GRAV si colloca rispettivamente a 1.1 e 1.8 nelle GRAV, contro 1.5 e 1.97 nel CONT.

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Figura 5. Distribuzione percentuale dei valori K nel gruppo CONT.

(41)

Angolo α

I valori di angolo α (Tabella 8) nel gruppo GRAV hanno avuto una media di 67.58±9.5. Nel gruppo CONT la media è di 63.4±7.94 (p< 0.01 Vs GRAV) (Fig. 25).

Tabella 8. Distribuzione percentuale dei valori dell’angolo α nei gruppi CONT e GRAV.

ANGOLO α GRAV CONT

Number of values 106 100 Minimum 37.5 45.3 25% Percentile 64.28 60.1 Median 70.7 65.8 75% Percentile 74.13 68.7 Maximum 80 74.2 Mean 67.58 63.45 Std. Deviation 9.495 7.944

Figura 6. Analisi della media ±DS dei due gruppi

Osservando l’analisi della frequenza nei due gruppi (Fig.-26, 27) si nota che il picco dei valori nel gruppo GRAV si trova più concentrato tra 64.28 (25° perc) e74.13 (75°) mentre il gruppo CONT ha valori più bassi tra 60.1 (25° perc) e 68,7 (75° perc).

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L’angolo α nelle GRAV è un angolo più aperto, con valori tra 64 e 74 gradi e indica un’aumentata velocità di formazione del coagulo rispetto al CONT.

Figura 7. Distribuzione percentuale dei valori angolo α nel gruppo CONT.

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Valore MA:

Per quanto riguarda MA, che rappresenta la massima ampiezza del coagulo (Tabella 9), la massima apertura del grafico (Fig. 28), la media del gruppo GRAV è stata di 71.28±5.7 e per il gruppo CONT è stata 65.64±4.40 (p< 0.0001 Vs GRAV).

Tabella 9. Distribuzione percentuale dei valori dell’angolo α nei gruppi CONT e GRAV.

Figura 9. Analisi della media ±DS dei due gruppi

L’analisi delle frequenze (Fig. 29, 30) mostra come tra il 25° perc e il 75° perc del gruppo GRAV si collochi tra valori di 68.5 mm e 74.63 mm, diversamente dal gruppo CONT con il 25° (62.6 mm) e il 75° (69.28 mm). Dai grafici risalta subito all’occhio una frequenza di

MA GRAV CONT Number of values 106 104 Minimum 49 53.7 25% Percentile 68.5 62.6 Median 71.6 66.1 75% Percentile 74.63 69.28 Maximum 90 72.7 Mean 71.28 65.64 Std. Deviation 5.669 4.402

(44)

distribuzione più spostata verso limiti alti del gruppo GRAV, mentre il CONT ha una distribuzione più gaussiana all’interno dei range di normalità.

Figura 10. Distribuzione percentuale dei valori MA nel gruppo CONT.

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Valore G

Per quanto riguarda G, altro parametro che indica la stabilità del coagulo (Tabella 10, Fig. 31), la media del gruppo GRAV è stata di 12.61±3.1 e per il gruppo CONT è stata 9.8±2.06 (p< 0.0001 Vs GRAV).

Tabella 10. Distribuzione percentuale dei valori di G nei gruppi CONT e GRAV.

G GRAV CONT Number of values 106 105 Minimum 4.8 5.8 25% Percentile 10.58 8.1 Median 12.6 9.8 75% Percentile 14.48 11.4 Maximum 20.9 13.3 Mean 12.61 9.8 Std. Deviation 3.118 2.06

Figura 12. Analisi della media ±DS dei due gruppi

L’analisi delle frequenze (Fig. 32, 33) mostra come tra il 25° perc e il 75° perc del gruppo GRAV si collochi tra valori di 10.58 dyn/cm2 e 14.58 dyn/cm2, diversamente dal gruppo CONT con il 25° (8.1 dyn/cm2) e il 75° (11.4 dyn/cm2) (p<0,0001 VS GRAV). Anche qui si nota un netto spostamento verso valori più elevati di G nel GRAV rispetto al CONT che ha invece una distribuzione più uniforme.

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Figura 13. Distribuzione percentuale dei valori CI nel gruppo CONT.

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Valore CI:

Per i valori di CI, indice di coagulazione (Tabella 11), la media±DS nel gruppo GRAV rispetto a CONT (Fig. 34) è rispettivamente di 1.55±2.28 e -0.03±1,9 (p<0,0001 VS GRAV).

Tabella 11. Distribuzione percentuale dei valori di CI nei gruppi CONT e GRAV.

CI GRAV CONT Number of values 102 101 Minimum -7 -5.5 25% Percentile 0.1 -0.9 Median 1.50 0.2 75% Percentile 2.6 1.1 Maximum 4.6 3.2 Mean 1.55 -0.033 Std. Deviation 2.28 1.916

Figura 15. Analisi della media ±DS dei due gruppi

Anche nei grafici sottostanti (Fig. 35, 36) si vede una distribuzione del gruppo GRAV più verso valori positivi; il 25° perc si colloca a 0.1 contro il -0.9 del gruppo CONT e il 75° è di 2.6 contro 0.2 de CONT. Da questi risultati si puo dedurre che il sistema nel gruppo CONT è in perfetto

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equilibrio (mediana CI=0.2) mentre nel gruppo GRAV prevale lo status ipercoagulativo (mediana CI=1.50) con riduzione della fibrinolisi.

Figura 16. Distribuzione percentuale di CI nel gruppo CONT

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Ly30:

LY30 rappresenta la percentuale di coagulo lisato a 30’ (Tabella 12). Per il gruppo GRAV si registrano valori (Fig. 37) di media±DS 0.62 ±1.67 e per CONT 1.11 ±1.80, risultando una differenza non significativa anche nell’analisi della frequenza (Fig. 38, 39).

Tabella 12. Distribuzione percentuale dei valori di LY30nei gruppi CONT e GRAV.

CI GRAV CONT Number of values 106 106 Minimum 0 0 25% Percentile 0 0 Median 0 0,3 75% Percentile 0,1 1,35 Maximum 9,5 8,3 Mean 0,63 1,11 Std. Deviation 1,67 1,80

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Figura 19. Distribuzione percentuale di LY30 nel gruppo GRAV

Figura 20. Distribuzione percentuale di Ly30 nel gruppo CONT

ISTOGRAMMA: LY30 CONT

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Capitolo VI

VI.I. Discussione

I test di laboratorio che esplorano la funzione coagulativa, e cioè aPTT, INR e fibrinogeno, sono normalmente utilizzati nella pratica clinica per valutare lo stato coagulativo dei pazienti nonché per guidare gli eventuali interventi correttivi. Tuttavia, questo tipo di approccio è stato messo in dubbio da numerosi studi tra cui anche le più recenti linee guida europee per la gestione del sanguinamento perioperatorio. Inoltre, la definizione arbitraria di coagulopatia (e cioè un allungamento di INR e aPTT > 1,5 volte rispetto ai valori di riferimento), è stata anch’essa discussa relativamente alla sua affidabilità 43. Da tutto ciò ne consegue che i test di laboratorio non sono caratterizzati dalla massima affidabilità per la valutazione dell’emostasi non solo nella popolazione “normale” ma anche nelle donne gravide. Infatti, a fronte della loro nota tendenza verso l’ipercoagulazione, nelle pazienti gravide i test di laboratorio che esplorano la coagulazione non differiscono significativamente rispetto alle donne non gravide19,35, 44 eccetto che per il fibrinogeno, che aumenta marcatamente a partire dal 2 trimestre.

Il TEG, al contrario, oltre a fornire una valutazione globale del processo emostatico, (emostasi primaria, forza del coagulo, eventuale presenza ed entità di fibrinolisi) grazie alla sua capacità di dare informazioni relativamente alla cinetica della formazione del coagulo ed alla sua stabilità, è in grado di valutare con una buona affidabilità anche un eventuale stato ipercoagulativo.

I risultati di questi studio evidenziano una forte propensione verso l’ipercoagulazione delle donne gravide Vs la popolazione di controllo. Infatti, l’angolo α (p< 0.01 Vs CONT), MA, G e CI (p< 0.0001 Vs CONT) sono tutti risultati significativamente aumentati. Pertanto, contra-riamente a quanto possibile con i test di laboratorio, il TEG conferma di identificare le donne gravide come caratterizzate da un maggior rischio per malattia trombo-embolica ed ictus. Va però messo in luce un aspetto importante: pur dimostrando una tendenza a concentrarsi vero i limiti alti della normalità, in termini assoluti i dati dei parametri TEG NON sono risultati significativamente superiori rispetto a quelli di riferimento. Tale dato potrebbe essere consi-derato come in contraddizione rispetto a quanto appena affermato, e cioè che le donne

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gra-vide iper-coagulano rispetto alle donne non gragra-vide. In realtà, tale apparente contraddizione si spiega allorquando si consideri che la prospettiva del TEG rispetto al processo di coagula-zione è molto differente da quella degli esami di laboratorio. Infatti, il vero dato da conside-rare è che la cinetica della coagulazione (così come analizzata attraverso l’angolo alfa, G e CI, MA) risulta accelerata nelle gravide rispetto ai soggetti di controllo.

In definitiva quindi, i risultati dello studio evidenziano come la tendenza ipercoagulativa delle donne gravide, così come analizzata dal TEG, sia da ascrivere non tanto ad una aumentata concentrazione o produzione dei fattori della coagulazione (infatti R, che rappresenta la parte enzimatica del processo di coagulazione, risulta non significativamente differente tra i GRAV e CONTR) bensì ad un accelerato innesco del processo coagulativo (collegato alle alterazioni endoteliali indotte dallo status gravidico nonché all’aumentata stasi venosa) che quindi agirebbe quasi come un cofattore velocizzante dell’intero processo. Da sottolineare il fatto che tale dato è evidenziabile solo ed esclusivamente grazie all’analisi TEG e non attraverso gli esami di laboratorio.

Ad oggi, in tutti gli studi presenti in letteratura in cui è stato impiegato il TEG per valutare l’emostasi in gravidanza, ci si è limitati a descriverne le modifiche senza però individuare quale possa essere il range di “normalità” dei singoli parametri TEG analizzati caratteristici per lo stato di gravidanza. In funzione dei nostri risultati possiamo iniziare a ipotizzare la definizione di tale range per angolo α, MA, G, CI. Nuovi e più completi studi potranno confermare i nostri dati.

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Riferimenti

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