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Le Trappole della Mente

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Anno 2018 / 2019 Tesi di laurea

Le trappole della mente

I pericoli che si nascondo dietro la prova testimoniale

Candidato Carmelo Galfo

Relatore

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‘’Erano famiglie un pò particolari, che vivevano una vita un pò particolare, per cui era possibile..’’

‘’C’era una famiglia qui in mezzo.. che erano capaci di tutto secondo me. Ma soprattutto avevano molta fantasia’’

‘’Beh certo non avevano una vita tranquilla sicuramente. Si parlava di loro come gente che già trafficava, che si per due solidi disposti a tutto’’.

‘’Il padre era una persona molto ignorante, che non aveva voglia di lavorare. Non era in grado di conversare normalmente senza urlare o alzare le mani. Sia con la moglie che con i figli’’

‘’Aveva poca voglia di lavorare, giocava a carte, trattava male la moglie, non dava da mangiare ai figli.’’

‘’La gente li ridicolizzava quando li vedeva in piazza chiamandoli ‘’la famiglia dei brutti’’ perché effettivamente erano tutti magri, denutriti e vestiti male e non erano normali come.. famiglia’’

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1. Introduzione - 2. I servizi sociali e l’allontanamento dalla casa familiare - 3. La categorizzazione nel processo cognitivo - 4. Processo decisionale: approccio analitico e approccio euristico - 5. I giudici ed il processo decisionale - 6. Lo stereotipo - 7. Il pregiudizio - 8. Lo stereotipo ed il legislatore, scegliere il male minore.

Introduzione

Tra il 1997 e il 1998 nella Bassa Modenese più di 20 persone furono accusate di far parte di una setta di pedofili satanisti e di aver abusato sessualmente di 16 bambini.


Mirandola, teatro del caso giudiziario oggetto di studio, è un piccolo paese, un pò come tanti altri: una piazza, due bar, le stesse facce ogni anno sempre più invecchiate.


Tutti sanno tutto di te o almeno credono di saperlo.


In questo contesto vive una famiglia, i Galliera, il cui capo famiglia viene descritto come un perdigiorno che frequenta amicizie poco affidabili e vive di espedienti.


La famiglia è molto umile, i figli sono denutriti, mal vestiti e tra le vie del paese vengono epitetati come <<i brutti>>.


Si dice che ‘’dicono e fanno cose strane’’.


Per chi viene da una piccola cittadina è semplice riconoscere tra i propri vicini una famiglia cui tale descrizione calza a pennello,: povera, poco istruita, non integrata (nella mia cittadina abbiamo ‘’gli ciolli’’)

Dario, il più piccolo, verrà affidato a strutture esterne di sostegno e per brevi periodi tornerà nella casa dei genitori.


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Dopo uno di questi periodi, dai racconti del bambino, i genitori affidatari prima e la psicologa del servizio sociale poi, ipotizzano che potrebbero esserci state delle molestie da parte del fratello maggiore e dal padre.


Attraverso i colloqui, condotti con la tecnica del disvelamento progressivo, il piccolo coinvolge sempre più persone scatenando un domino di processi e allontanamenti che si è concluso soltanto nel 2013 con l’assoluzione degli imputati.1

Può il pregiudizio aver avuto una qualche rilevanza nell’approccio della psicologa al caso? 


Il pregiudizio ha potuto influenzare il giudice nella convalida dell’allontanamento?


Quanto i preconcentti e le idee che abbiamo possono modificare il nostro modo di ragionare e comportarci?


I giudici sono esenti da tali rischi? 


Nelle pagine successive proveremo a dare una risposta.

I servizi sociali e l’allontanamento dalla casa familiare

Prima di procedere all’analisi delle singole fattispecie che rivestono un ruolo importante nella formazione delle decisioni è opportuno analizzare la disciplina relativa all’allontanamento della casa familiare. Tale analisi ci permetterà di avere un idea sul quantum del potere degli assistenti sociali e della loro

Pablo Trincia, Veleno, Il paese dei bambini perduti, ‘’La Repubblica

1

(online)’’, 22 Ottobre 2017


Disponibile online all’indirizzo: https://lab.gedidigital.it/repubblica/2017/ veleno/

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influenza all’interno delle indagini. 
2

L’allontanamento di bambini e ragazzi dal proprio nucleo familiare costituisce una decisione residuale nel panorama degli strumenti utilizzati dai servizi sociali in concerto con la Magistratura.


A tal proposito è stato predisposto un tavolo tecnico dal Consiglio Nazionale dell’ordine degli Assistenti Sociali da cui è emerso che l’obbiettivo prioritario deve essere la salvaguardia del minore all’interno del proprio nucleo familiare.


I punti fondamentali emersi sono

-

l’extrema ratio di tale provvedimento, utilizzabile solo quando è accertata la condizione di assoluta urgenza e grave rischio per il minore

-

la necessità che la richiesta da parte degli assistenti sociali avvenga attraverso una relazione in cui vengano indicati i motivi per cui è necessaria l’adozione del provvedimento e gli interventi posti in essere per evitare l’allontanamento.3

Il ricorso all’allontanamento è un atto di amministrazione: avendo natura essenzialmente operativa e di protezione non richiede l’esplicitazione dettagliata dei motivi che lo sottendono, deve tuttavia essere indicata la presenza di una situazione attuale di sofferenza e di pregiudizio per il minore.


Ad operare è la Pubblica Autorità di cui fanno parte gli organi

Luisella De Cataldo Neuburger, La testimonianza del minore, CEDAM,

2

Padova 2005, p. 42

Carta di Noto IV, Linee Guida allontanamento minore, 14 Ottobre 2017


3

Disponibile online all’indirizzo: https://www.altalex.com/documents/news/ 2010/04/08/carta-di-noto-strumento-per-operatori-nel-campo-dell-abuso-sessuale-ai-minori

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deputati all’assistenza del minore e alla protezione dell’infanzia mentre l’intervento delle forze dell’ordine non è sempre necessario. 
4

L’iniziativa di allontanamento dalla casa familiare proviene dagli assistenti sociali che, avendo maggiori contatti con la famiglia e con il minore, sono in grado di meglio percepire uno stato di grave pericolo per l’integrità fisica e psichica dello stesso.


Appurato tale rischio è possibile procedere con l’allontanamento d’urgenza attraverso la semplice iniziativa degli assistenti sociali; solo successivamente la questione viene devoluta all’autorità giudiziaria che deciderà se mantenerne gli effetti o farli cessare.
 Non sussiste limite temporale oltre il quale, nel silenzio dell’Autorità giudiziaria, il potere del 403 c.c. decade.


Lo stato di necessità perdura infatti fino alla pronuncia / ratifica del Tribunale per i Minorenni o comunque fino a quando il servizio non ritiene il pericolo attuale.


L’allontanamento dalla residenza familiare e più in generale l’intervento socio assistenziale legato a questo provvedimento avviene ad opera del servizio sociale che, caso unico, si trova allo stesso livello potestativo dell’Autorità Giudiziaria.


L’eccezionalità dello strumento e il possibile abuso dello stesso ha portato il legislatore a prevederlo solo nei casi urgenti, in particolare quando i servizi, venuti a conoscenza della situazione di pregiudizio per il minore, ritengano sia necessario un provvedimento immediato senza poter attendere il provvedimento (e il conseguente filtro garantistico) del giudice.

Cass. civ. n. 12460/18

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L’ultima parola spetta al Tribunale per i Minorenni ma finché tale vaglio non viene operato, i servizi sociali nella persona del responsabile e dell’operatore del caso, possono in piena autonomia decidere se mantenere la misura eccezionale o sospenderla e far rientrare il minore nella propria casa familiare.
 Il servizio in tal modo ex art. 403 c.c. non esegue alcuna prescrizione del giudice ma un autonoma scelta tecnico-professionale.


La valutazione sull’opportunità o meno di adottare un provvedimento di tal portata ricade internamente sulla discrezionalità dell’assistente sociale.


Il successivo vaglio del tribunale opererà su una situazione non ‘’vergine’’ ma già valutata; il giudice deciderà sulla base delle relazioni fornite dagli assistenti sociali, come vedremo in seguito questo avrà un ruolo chiave nella decisione.5

La categorizzazione nel processo cognitivo


Abbiamo visto come la decisione relativa all’allontanamento dalla casa familiare spesso poggi interamente sulle spalle degli assistenti sociali.


In seguito analizzeremo l’incidenza di fenomeni quali lo stereotipo e il pregiudizio nella formazione di una decisione e a tal fine appare opportuno una piccola divagazione relativa al processo cognitivo.

Alessandro Palma, Paradigmi ascrittivi della responsabilità penale

5

nell’attività medica pulirisoggettiva, Jovene Editore, Napoli 2016 , pp. 137 -

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Decidere non è una cosa semplice: cosa ordinare al ristorante, dove andare in vacanza, continuare o meno una relazione; tali difficoltà sono tipiche di qualunque essere umano, compresi coloro i quali decidono per professione all’interno delle aule dei tribunali.


L’uomo è un individuo attivo, elabora informazioni, le immagazzina e poi le recupera per poter meglio organizzare i propri comportamenti: tutto viene interpretato attraverso le proprie conoscenze ed esperienze pregresse.


La comprensione della realtà è un processo complesso che richiedo uno sforzo inconscio non indifferente.

La nostra mente pertanto utilizza spesso tecniche finalizzate al risparmio di energie tra cui le euristiche (scorciatoie mentali) il cui fine è quello di non sovraccaricare il ‘’sistema’’.


Strumenti utilizzati in maniera automatica.


Il meccanismo in assoluto più utilizzato è quello degli schemi di categorizzazione, processo mentale attraverso cui esemplari interconnessi (pensili di una cucina, pesci in un acquario, individui di etnia indù) vengono inseriti in uno stesso insieme significativo in base agli elementi che li accomunano così da poter ottenere una definizione approssimativa ma rapida dell’ambiente in cui ci si muove.


Gli esemplari racchiusi all’interno di una determinata categoria vengono trattati in modo analogo, soggetti interscambiabili privati delle loro peculiarità individuali.


Il rischio che si corre è quello di sottovalutare gli elementi che differenziano gli individui rispetto a quelli che li rendono simili

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percependo un grado di omogeneità interno alla categoria che appare superiore rispetto a quello effettivo. 
6

La conseguenza è un automatica estremizzazione delle differenze. 


Tale meccanismo che ci permette di riconoscere una cucina per la presenza di fornelli, pentole e coltelli è utilizzato in modo analogo sugli individui ed è alla base dello stereotipo.


Ogni individuo viene inserito in una categoria specifica, l’appartenenza a quella categoria determina la presenza di determinate caratterist Giulia Mazzoni, Si può credere a un

testimone?, Il Mulino, 2003, (pag. 202 - 208) iche, a riprova di

ciò basti pensare a quante freddure iniziano con ‘’C’erano un Tedesco, un Italiano ed un Francese’’ e mai con ‘’C’erano un Tedesco molto preciso, un Francese con la puzza sotto il naso ed un Italiano scansafatiche’’.

La categorizzazione, nonostante possa essere un processo consapevole, è qualcosa che di norma avviene in maniera automatica e spontanea.


I criteri su cui ci basiamo nella categorizzazione degli individui sono l’etnia, l’appartenenza di genere, la situazione economico-sociale: un ragazzo di colore sarà bravo a giocare a basket, un omosessuale avrà uno spiccato giusto per la moda, la famiglia Galliera avrà sicuramente venduto il figlio ai pedofili per far soldi.7

Giulia Mazzoni, Si può credere a un testimone?, Il Mulino, Bologna 2003,

6

pp. 48 - 50.

Fred Newman, The myth of psychology, Castillo International, Madrid

7

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Processo decisionale: approccio analitico e approccio euristico


Il processo decisionale è un attività cognitiva attraverso cui tra le diverse opzioni possibili viene selezionata quella che permette di ottenere il miglior risultato.

Le fasi del processo decisionale sono tre:

-

raccolta di informazioni sul contesto del problema

-

indagine e valutazione delle possibili soluzioni

-

scelta della soluzione

Nella logica del risparmio delle risorse cognitive, gli individui sono portati ad utilizzare delle scorciatoie per prendere decisioni più rapidamente.


Utilizzare le ‘’euristiche’’ (metodo di approccio alla soluzione dei problemi che non segue un chiaro percorso, ma che si affida all’intuito e allo stato temporaneo delle circostanze) ci permette di formulare giudizi in base ad informazioni limitate e ciò permette di ridurre il tempo e gli sforzi necessari al raggiungimento di una conclusione.


Ne deriva una soluzione spesso soddisfacente ma nella maggior parte dei casi non la migliore.

Un esempio di euristica utilizzata in ambito penale è stata documentata dall’università di Trento nel 2008.


Venne verificato come i giudici donna tendano a liquidare somme maggiori in caso di divorzio, a titolo di mantenimento, rispetto a

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quelle liquidate ai mariti.


La spiegazione che viene data a tale procedimento fa leva sul fatto che il giudice riesce più facilmente a proiettare nella propria mente l’immagine di una donna in difficoltà, rispetto a quella di un uomo nelle medesime condizioni.


A tale modalità decisionale rapida, intuitiva, impulsiva, si contrappone invece il metodo analitico, procedura che si consta di lunghi passaggi procedurali ed analisi approfondite delle situazioni. Tale approccio necessità un maggiore sforzo razionale.
 La tendenza di tutti noi è quella di affidarci all’intuito e percorrere le vie del sistema euristico, soluzione che spesso porta ad errori ed imprecisioni.


Se non ci fidiamo del nostro intuito passiamo al sistema analitico, fondato sui criteri della logica formale e destinato ad introdurre elementi più affidabili in giudizio.8

I giudici ed il processo decisionale

Nella realtà di tutti i giorni, così come nel mondo della giustizia, esistono scorciatoie di pensiero che influenzano il ragionamento.
 Una mente analitica sarà portata a mettere in evidenza qualsiasi elemento che compone la vicenda ma potrebbe essere deviato dall’individuazione dei punti focali.


La capacità di comprendere è differente rispetto alla capacità di giudicare, alcuni soggetti riescono meglio di altri ad individuare gli elemento che compongono un avvenimento ma non sono poi

Tversky e Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori, Milano 2012, pp.

8 56 - 67

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in grado di graduarli nella loro importanza.


Questi sono i rischi in cui incorrono coloro la cui mente protende per le meccaniche analitiche.


La mente sintetica invece, utilizza euristiche e altre scorciatoie rischiando però di generalizzare e confondere le analogie con le identità.


Il giudizio si compone di due fasi principali:

-

l’analisi: gli elementi che compongono il quadro da analizzare vengono scomposti.

-

la sintesi: questi elementi vengono assimilati.

Tali operazioni permettono al giudice di riuscire a pervenire alla sentenza.


Poiché il nostro sistema giuridico prevede che la prova si formi all’interno del dibattimento, giuridicamente l’inizio della fase decisionale dovrebbe avvenire in concomitanza dell’apertura del dibattimento.


Credere che sia sempre così sarebbe ingenuo da parte nostra infatti il convincimento del giudice inizia in una fase già precedente.


Tutte le informazioni sul caso, sia che vengano apprese tramite canali ufficiali (verbali di polizia, relazioni degli assistenti sociali) o quelli alternativi a quelli giudiziari (media, social network) contribuiscono ad influenzare l’approccio che il giudice avrà nei confronti della decisione.

Di particolare importanza risulta essere anche il momento in cui la decisione viene presa.


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immediatamente, proprio all’inizio del processo di analisi e sintesi, l’assimilazione delle ulteriori informazioni quindi sarà utilizzata per argomentare una decisione già matura.

Questo comporta spesso una sorta di cecità selettiva poiché una stessa informazione, a seconda che sia allineata o meno con la nostra decisione, verrà interpretata in maniera differente. 


Si tende a dar maggiore risalto alle prove che confermano le nostre ipotesi piuttosto che a quelle che le contraddicono (G.V. Bodenhasen e M. Lichtenstein)


Questo non significa che una decisione è immutabile, qualora le informazioni appaiano insufficienti ad appurare la nostra decisione, saremo portati a cambiare idea, ma cambiare idea richiede uno sforzo ed analisi molto profonde.9

Un fenomeno che è riscontrabile spesso tra i giudici è quello del ‘’Bias Egocentrico’’, la tendenza che ha l’individuo di sopravvalutare le proprie abilità decisionali.


Particolari analisi vennero svolte dagli studiosi Guthrie, Rachlinski, Wistrich che nel 2001 tennero uno studio in cui chiedevano ai giudici quanto ritenessero probabile il rovesciamento in appello della sentenza da loro emessa.


L’87% di questi riteneva poco probabile un rovesciamento in appello della sentenza.


L’esperimento dimostra quanto affidamento si pone nei confronti delle proprie decisioni e quanto siamo ostili rispetto l’idea di avert torto.


Sull’argomento cfr: Antonio Forza, La psicologia nel processo penale,

9

Feltrinelli, Milano 2018


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Il giudice più di chiunque altro dovrebbe essere formato sullo studio dei meccanismi che sottendono le decisioni.


Appare necessario che tra i molteplici corsi di formazioni cui gli operatori giuridici vengono sottoposti, ve ne sia uno che fornisca dettagli relativi alle neuroscienze applicate al diritto.


Essere a conoscenza di quali sono i vizi della mente, le scorciatoie cognitive e gli errori cui inconsciamente siamo indotti permette di adottare un approccio alle decisioni maggiormente accurato.


La soluzione prospettabile pare essere instillare la consapevolezza di essere fallibili.

Lo stereotipo


In molte rappresentazioni la mente umana viene delineata come formata da complessi reticoli tra loro collegati attraverso dei nodi (link).


I link uniscono i concetti semanticamente legati e quando vengono stimolati propagano un impulso che attiva i link dal maggiore legame associativo.


Questo meccanismo è finalizzato al risparmio di risorse cognitive ed è quello che praticamente da vita agli stereotipi.


Gli stereotipi sono le convinzioni che abbiamo sulle caratteristiche di un gruppo e derivano da una conoscenza generale e poco approfondita ma non sono necessariamente negativi.

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L’attivazione del link ‘’Svizzero’’ potrebbe attivare il link ‘’puntuale’’, ‘’neutrale’’ oppure con lo stimolo ‘’Tedesco’’ balzerebbe alla mente il concetto di ‘’efficenza’’.


Lo stereotipo non si basa su conoscenze di tipo scientifico, molto spesso infatti rivela una valutazione rigida ed errata che ci porta ad attribuire indistintamente determinate caratteristiche ad un intera categoria di persone.


Le generalizzazioni che portano alla nascita di uno stereotipo vanno distinte a seconda che siano supportate da basi statistiche o meno (spurie).


Come affermato precedentemente lo stereotipo non è da considerarsi fenomeno negativo tout court poiché spesso si rivela essere un alleato cognitivo molto utile ma solo se quanto sottende è sostenuto da dati statistici validi.


Affermare ad esempio che i bull dog hanno problemi respiratori appare un affermazione corretta poiché sostenuta da dati statistici anche se non del tutto esatta poiché non tutti i bull dog hanno tali problemi.


Diverso è il caso invece delle affermazioni spurie, quelle non sostenute da dati statistici, le quali si basano su elementi non scientifici e portano ad errori macroscopici ad esempio: gli omosessuali sono meno coraggiosi o i capricorno sono più razionali. 


Nella lettura della realtà utilizzando tale meccanismo si è portati ad interpretare un medesimo episodio in maniera differente: abbracciando ad esempio il famoso enunciato ‘’donna al volante pericolo costante’’, saremo portati a leggere un errore di

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distrazione in un tamponamento con al volante un uomo e un ineluttabile conseguenza della poca destrezza in caso di guidatore del gentil sesso.

Tale meccanismo è un inconsapevole modalità di semplificazione del giudizio.10

Il pregiudizio

Simile ma non uguale allo di stereotipo abbiamo il pregiudizio.
 Se lo stereotipo è legato alla componente cognitiva, il pregiudizio rileva per quanto riguarda la parte emotiva e consiste nella sistematica attribuzione delle caratteristiche generali a ogni membro del gruppo.


Il pregiudizio è una valutazione che precede l’esperienza, un giudizio formulato prima di disporre dei dati necessari per conoscere e comprendere la realtà fattuale.


Se gli stereotipi sono una cosa normale e sociale, i pregiudizi in genere hanno implicitamente una connotazione negativa poiché si basano su informazioni insufficienti.


Tale connotazione negativa non è da confondere con il necessario giudizio negativo, l’attribuzione pregiudizievole può essere anche di tipo positivo, ad esempio affermare che un ingegnere è molto preciso sulla base delle nostre opinioni non è così diverso dall’affermare che i tassisti facciano la strada più lunga per speculare.

Sergio Sabetta, Stereotipi e categorizzazione della realtà (online), 10

LAPREVIDENZA.IT, 07.06.2014, PDF


Disponibile online all’indirizzo: http://www.laprevidenza.it/notizie/dottrina/ stereotipi-e-categorizzazione-della-realta-prof-sergio-sabetta

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In ambito giudiziale, la nascita di pregiudizi è determinata dalla lettura dei verbali o dalla storia giudiziale degli individui sottoposti a giudizio.


Ottenere informazioni o perché da altri riferite, o perché provenienti da verbali, certificati penali, giornali creerà nelle menti un preconcetto che influenzerà la percezione e l’interpretazione di chi giudica.


Un fenomeno interessante relativo al pregiudizio è la cosiddetta ‘’profezia che si autoavvera’’; il pregiudizio influenza il nostro pensiero e si riverbera anche sul nostro comportamento.


Ad esempio se ritengo che Carlo sia un ragazzo litigioso, nel rivolgermi a lui starò sulla difensiva pronto a difendermi dai suoi inevitabili attacchi. Questo atteggiamento ostile potrebbe essere percepito da Carlo che reagendo rafforzerà il mio pregiudizio.
 Tali idee influenzano fortemente il nostro modo di codificare la realtà e di percepire gli stimoli: lo stesso sorriso può essere interpretato come amichevole o sprezzante a seconda dell’opinione che l’altro ha di noi.11

Lo stereotipo ed il legislatore, scegliere il male minore.


Pregiudizio e stereotipo non vanno ostracizzati, in alcuni casi fare affidamento alle generalizzazioni può essere utile, ciò che è importante è fare affidamento alle generalizzazioni valide.


Abbiamo visto come lo stereotipo, seppur caricato di intrinseco significato avversativo, non sia necessariamente un male.


Alberto Voci, Lisa Pagotto, Il pregiudizio. Che cosa è, come si riduce,

11

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Intavolare conversazioni sul calciomercato al primo appuntamento ignorando che tendenzialmente le donne odiano il calcio potrebbe ad esempio essere una mossa kamikaze.

Utilizzare o meno uno stereotipo, dove per stereotipo indichiamo una generalizzazione avvalorata da prove statistiche valide ed assolutamente non spurie, è un esercizio a cui spesso il legislatore deve far affidamento, scontrandosi poi con coloro che tacciano le decisioni come razziste.


Negli anni Ottanta, il sindaco di New York L. Koch, a causa dell’incremento di attacchi da parte di cani, nella fattispecie Pit Bull Terrier, nei confronti di uomini, dovette emanare provvedimenti restrittivi nei confronti di questo particolare tipo di razza.


I proprietari di Pit Bull d’altro canto accusarono il sindaco di generalizzare poiché consci dell’affidabilità del proprio animale domestico ritenevano ingiusta un trattamento a tappeto e consigliavano punizioni individualizzate per i singoli esemplari violenti.


Esperti sostenevano come la maggior parte dei Pit Bull in realtà non è pericolosa ed un maggior indicatore di aggressività rispetto alla razza è l’addestramento e l’indole.


Una ricerca del 1987 della Human Society of The United States indica che tra il 1983 e il 1987 ci sono stati 28 morti a causa di morsi di cani e 20 tra queste sono state causate da Pit Bull.


Poiché in quel periodo i Pit Bull rappresentavano soltanto l’1% della popolazione canina è corretto supporre che circa un esemplare su cinque fosse aggressivo.


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E’ pur sempre vero che basarsi su una tendenza statistica non è qualcosa di infallibile, qualunque restrizione applicata ai Pit Bull perché violenti toccherà molti esemplari docili e affidabili.


Una soluzione alternativa sarebbe quella di applicare limitazioni simili (quali museruole e divieto di ingresso in locali pubblici) a tutti i cani e non solo i Pit Bull.


Tale decisione, che sicuramente sarebbe più equa porterebbe però ad un numero di errori per eccesso spaventoso.


La soluzione paventata dai possessori di Pit Pull, ovvero punire i soli esemplari violenti è un rischio che la società non è pronta a sostenere.


D’altro canto altre generalizzazioni sono accettate, ad esempio il limite di velocità: per perseguire l’obbiettivo di ridurre il numero degli incidenti impone un limite che se calibrato rispetto alle capacità del guidatore potrebbe essere o troppo alto o troppo basso.


Punire << I fatti e non le Razze>> sarebbe come permettere a tutti di guidare alla velocità che ritengono più opportuna e punire soltanto coloro che commettono incidenti.


Se le soluzioni adottate nei confronti dei Pit Bull sono necessarie ma impopolari, quando le generalizzazioni vengono applicate nei confronti di individui i rischi di malcontento aumento considerevolmente. 
12

Tali prassi vengono ad esempio utilizzate dal punto di vista fiscale, poiché appare impossibile verificare ogni cartella in

Frederick Schauer, Di ogni erba un fascio, Il mulino, Bologna 2008, pp.

12

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maniera certosina.


Esistono algoritmi (DIF) che tenendo conto di alcuni parametri e permettono una più facile individuazione di coloro che tendono maggiormente a frodare il fisco.


Gli elementi dell’algoritmo sono segreti ma alcuni dati sono noti: imbianchini e camerieri dichiarano di solito molto meno così come anche medici ed avvocati che esagerano con le detrazioni.
 Tale esercizio di generalizzazione è mirato a concentrare le poche risorse del fisco la dove appaiano essere più efficaci.


E’ un metodo che molti considerano ingiusto ma è generalmente accettato.


Anche i controlli doganali applicano un sistema simile: i corrieri della droga spesso partono da paesi che producono droga (Colombia, Thailandia) e vanno in città che sono centri di lavorazione e distribuzione (Amsterdam, Miami), hanno pochi bagagli da imbarcare, pagano in contanti e si trattengono nel paese molto brevemente.


Nessuno di questi elementi preso singolarmente è un indicatore completo ma la combinazione di questi elementi permette la creazione di un profilo statisticamente valido.


Il rischio più grave è quello di applicare tra gli indicatori la razza.
 Nell’aereoporto di O’Hare, Chicago, negli anni Novanta, un numero sproporzionato di donne venne sottoposto a perquisizioni umilianti.


Secondo Schauer, non esisteva un documento dato agli agenti della dogana che indicava l’elemento ‘’donna afroamericana’’ come rilevante al fine delle perquisizioni ma ciononostante si era

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diffuso tale pregiudizio. 


Le motivazioni alla base di ciò sono una genuina ostilità razziale e l’infondata convinzione che la loro decisione fosse appurata da basi statistiche valide.


In questo caso si tratta di profili assolutamente spuri.


Il profiling razziale in realtà non è da considerarsi sinonimo di abuso e di razzismo, laddove infatti la razza appaia come un elemento rilevante, non c’è alcun motivo per non includerlo nel profilo. 
13

Se ad esempio, porre in essere controlli nei confronti di tutti gli individui mediorientali sarebbe un abuso inaccettabile, utilizzare la combinazione di tale elemento con sesso, età, modalità di pagamento del biglietto, orario del check in e quant’altro permette la creazione di un profilo quantomeno utilizzabile. 
14

Ivi, pp. 143 - 153

13

Ivi, pp. 159 - 175

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Live Alessandro: Stoppalo! Gli manca la cravatta... 
 Live Alessia: Magari è un altro, no? 


Live Alessandro: No è quello! Gli manca la cravatta e quel video lì è stato rimontato. Lì gli manca la cravatta e non se l’è mai tolta durante il colloquio! 


Non riesce proprio a riconoscersi nel ragazzino che 20 anni fa raccontava quelle cose. E’ evidente che non possiamo più andare avanti.

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1. Il funzionamento mnestico - 2.Come ricordiamo? - 3. Le memorie - 4. Il

decadimento della traccia Mnestica e la curva di Ebbinghaus - 5. Riconoscimento e rievocazione - 6. La memoria guidata


Il funzionamento mnestico


La memoria è quella funzione psichica (funzione mnestica) che consente l’assimilazione, la ritenzione ed il richiamo d’informazioni apprese durante la vita di tutti i giorni.


I ricordi vengono conservati sotto forma di tracce e possono avere varie forme e funzioni: percezioni sensoriali (immagini, suoni, sensazioni tattili, odori, ecc.), conoscenze ed abilità (competenze tecniche e culturali, nozioni, modi d’uso, ecc.), relazioni che legano altre informazioni (successione cronologica di eventi ed immagini, posizione ed orientamento di oggetti), ecc.


La memoria è la base funzionale delle attività cerebrali più alte, è il fondamento di ciò che siamo, della nostra individualità, della capacità di compere associazioni, di riconoscere oggetti ed eventi. 


Ignoriamo dove si fissa la memoria, come funziona l’immagazzinamento e la cancellazione. 
1

Secondo lo studioso Emiliano Farinella, la memoria non funziona come una videocamera o un registratore, non basta scegliere il file e mettere in play, ogni ricordo deve essere elaborato, ricostruito, manipolato e rappresentato. Ricordare non è un operazione pura, si consta infatti di un meccanismo selettivo e di uno costruttivo, le tracce sono

Luisella De Cataldo Neuburger, La testimonianza del minore, Cedam,

1

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elementi labili e soggette a continue modifiche dovute allo scorrere del tempo, allo stato emotivo o ad esempio al contesto in cui vengono apprese.


I fenomeni di rielaborazione/ricostruzione rendono qualsiasi ricordo permeato di componenti che si traducono con tracce talvolta distanti dalla realtà fattuale. 2

Come ricordiamo?


Secondo alcune teorie la memoria è il risultato di una attività complessa che avviene attraverso vere e proprie modifiche biochimiche ma al riguardo le teorie sono molteplici e tutt’ora non univoche.


Ciò su cui gli studiosi sono concordi è il fatto che la memoria umana è frammentata in molteplici sistemi di immagazzinamento.

Qualunque sistema memoria richiede essenzialmente tre funzioni: la capacità di codificare ovvero di immettere informazioni nel sistema; la capacità di assimilare tale informazione; la capacità di individuarla e recuperarla.


Tali funzioni, benché separate, sono interconnesse ed interagiscono tra di loro.


Un esempio chiarificatore ci viene dato da Baddeley, il quale discostandosi dai tipici esempi di Hard Disk o videoregistratori ci chiede di far riferimento ad uno dei più antichi strumenti a supporto della memoria: una lista cartacea.


La lista, affinché possa considerarsi fruibile deve essere scritta in maniera leggibile per il destinatario; qualora si

Memoria e testimonianza, Emiliano Farinella, CICAP, (10 - 01 - 2003)


2

Consultabile presso il sito: 


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bagni, l’inchiostro sbaverebbe (immagazzinamento danneggiato) e la lista diventerebbe meno chiara e più difficile da leggere (recupero). Altresì il recupero sarebbe più difficile se la grafia fosse cattiva o se lo scritto si macchiasse. 
3

Riassumendo, i meccanismi attraverso cui ricordiamo sono i seguenti: codifica (acquisizione dell’informazione attraverso stimoli sensoriali); ritenzione (stabilizzazione dell’informazione in memoria e mantenimento della stessa per un lasso di tempo variabile); recupero (l’informazione viene riportata allo stato attivo per essere utilizzata) 
4

Le memorie

L’esperienza quotidiana dimostra come talvolta abbiamo un ricordo particolareggiato di eventi molto remoti e grosse difficoltà nel ricordare evento accaduti anche solo poche ore prima. 


Se ad esempio ricordo con vividi particolari le sensazioni tattili ed emotive che accompagnarono il mio primo bacio, nel momento in cui sto scrivendo queste pagine provo una certa difficoltà a ricordare il pasto della sera precedente.
 La memoria è un serbatoio d’informazioni e di esperienze

Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria, Il mulino, Bologna 2011, p.

3

17

Barbara De Marchi, Memoria e testimonianza, Lumsa, Roma 2015


4

Consultabile al sito:


https://www.lumsa.it/sites/default/files/UTENTI/ u665/5_Memoria%20e%20testimonianza.pdf

(27)

in cui coesistono un sistema temporaneo e permanente finalizzato al mantenimento dei ricordi.

Le informazioni del passato vengono immagazzinate attraverso sistemi che danno differenti gradazioni ai ricordi.

L a m e m o r i a a b re v e t e r m i n e c o n s i s t e i n u n immagazzinamento temporaneo di piccole quantità di informazioni per brevi intervalli di tempo. 5

Tale meccanismi è frutto probabilmente di una reiterazione cosciente o inconscia di un esperienza codificata nella nostra corteccia cellulare che svanisce in genere in un range che va dai 15 ai 29 secondi.


Distrarsi o cambiare argomento sarà sufficiente a far svanire la traccia.

La memoria a lungo termine invece, filtra gli innumerevoli stimoli cui in ogni momento veniamo colpiti ed individuando le informazioni da archiviare le trasforma in modelli biochimici che si fissano nella nostra mente. 6

Negli anni sessanta, anche grazie alla spinta data dallo sviluppo di linguaggi informatici e delle intelligenze artificiali, gli scienziati iniziarono a studiare con ritrovato interesse il modo in cui gli esseri umani immagazzinano l’informazione.


Uno dei maggiori contributi fu dato da Endel Tulving che propose una distinzione immediatamente accettata dagli studiosi dell’epoca tra memoria episodica e memoria semantica.


La memoria episodica è alla base della nostra capacità di Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria cit., p 23

5

Il tema della Memoria a Breve Termine e a Lungo Termine sono meglio

6

(28)

ricordare episodi o eventi particolari.


Tale funzione ci permette di fare quelli che Tulving chiamava ‘viaggi nel tempo’, rivivere o per lo meno riportare alla luce episodi o eventi particolari del nostro passato.


La memoria semantica permette invece la costruzione di modelli mentali con cui si decodifica la realtà esterna.


Riguarda la conoscenza del mondo: concetti astratti che non hanno una concreta collocazione nella realtà fattuale ma astrazioni che ce ne permettono la comprensione.


Ad esempio la parola Albero associata all’albero reale.


La memoria semantica è una conoscenza di tipo generale, il nostro background che ci permette di interagire con l’universo esterno, comprende infatti anche le conoscenze generali attraverso cui ad esempio sappiamo cosa fare al ristorante. 
7

Sistema episodico e semantico sono separati ma in continua interazione, sarà infatti l’accumulo e la consolidazione del ricordo episodico di eventi particolari che porrà le basi della nostra conoscenza semantica.


Il sapore di una mela, riconoscibilissimo e fissato nella nostra memoria semantica è li grazie ai molteplici ricordi episodici in cui abbiamo morso il frutto.


I due sistemi sopracitati fanno parte della cosiddetta memoria esplicita, una forma mnestica cosciente in cui ricordo è recuperabile e pienamente utilizzabile.


A questi si contrappone la memoria implicita, sistemi caratterizzati dall’utilizzo incosciente, il ricordo infatti si

Massimiliano Mancini, La memoria e le distorsioni del ricordo, diritto.it


7

Consultabile al sito : 


(29)

manifesta come influenza sui comportamenti. 
8

Anche la memoria implicita si differenzia in sistemi diversi e vanno menzionati la memoria procedurale e quella associativa.


La memoria procedurale permette di rispondere in maniera adattiva a complesse situazioni ambientali.


Imprime inoltre schemi che ci permettono di operare in maniera semiautomatica (Es. Andare in bicicletta). 
9

Per quanto riguarda la memoria associativa consiste in un comportamento successivo ad uno stimolo (Es. ritrarre la mano a contatto col calore). 
10

Il decadimento della traccia mnestica e la curva di Ebbinghaus

Ricordare non è altro che il recupero di un informazione conservata come traccia potenziale affinché questa diventi effettiva e fruibile.


L’attivazione di questa traccia è tanto più agevole quanto più compatibile con le informazioni in possesso dell’individuo,.

Luisella De Cataldo Neuburger, Il minore e la testimonianza, CEDAM,

8

Padova 2005, pp. 100 - 114

Al riguardo vorrei citare l’esempio del mio grande amico e collega Vittorio

9

Modica. 


Nel confrontarmi con lui sul tema della memoria implicita mi propose l’esempio del taglia unghie: esiste un meccanismo inconscio attraverso cui verificare se tendiamo a prediligere, quando affrontiamo più compiti, iniziare con l’attività più semplice o meno.


Il taglia unghie deve essere impugnato necessariamente con la mano opposta rispetto a quella su cui operare.


Chi predilige iniziare con il lavoro duro userà la sinistra se destrorso e la destra se mancino, viceversa chi preferisce iniziare con i compiti più agevoli.

Tversky e Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori, Milano 2012,

10

(30)

Secondo Herman Ebbinghaus, anche il recupero del ricordo, avviene attraverso procedure differenziate.


Le modalità sono essenzialmente due: la rievocazione ed il

riconoscimento.


La differenza tra le due modalità è l’utilizzo o meno di input esterni.

Il riconoscimento, è per ovvie ragioni più semplice, dal momento che consiste in un raffronto tra il dato fattuale e la traccia conservata in archivio.


Maggiori difficoltà presenta l’altra procedura la quale necessità di un forte dispendio di risorse cognitive volto ad individuare il ricordo senza alcun supporto esterno. 
11

Uno dei più importanti studi sulla rievocazione venne compiuto da Herman Ebbinghaus.


Partendo dal presupposto che tracce più recenti vengono tendenzialmente rievocate con maggiore facilità volle

Luisella De Cataldo Neuburger,Psicologia della testimonianza e prova

11

(31)

testare la correlazione esistente tra tempo e ritenzione.


12

Ebbinghaus imparò 169 elenchi distinti di 13 sillabe prive di significato; ripeté ogni elenco ad intervalli che andavano da 21 minuti a 31 giorni.


I risultati dimostrarono come il ricordo diminuiva drasticamente in un primo momento tanto da ridursi alla metà dei dati assimilati già nel primo giorno.


L’oblio è molto rapido all’inizio ma poi rallenta gradualmente; è una curva più logaritmica che lineare.


Ogni giorno il ricordo diveniva sempre più rarefatto fino a raggiungere una stabilità dopo una settimana. 


Il decadimento naturale della traccia mnestica è dettato da fenomeni non ancora identificati a cui alcuni studiosi cercano di dare una spiegazione attraverso il concetto di

interferenza. 
13

La critica che viene mossa ad Ebbinghaus è che gli studi sulla curva riguardano ricordi ‘’innaturali’’ non comparabili coi ricordi che mediamente una persona accumula normalmente.

Un esperimento in tale direzione venne fatto da Meeter, Murre e Janssen (2005) i quali utilizzando le principali notizie apparse sui quotidiani ed in televisione giorno dopo giorno in un intervallo di quattro anni, prepararono un test di 1000 domande su altrettanti eventi databili; ai pazienti vennero poste 40 domande in ordine casuale.


la foto proviene dalla pagina divulgazionedinamica.it ed è consultabile al

12

link:


https://www.divulgazionedinamica.it/blog/prevenire-la-curva-delloblio/ Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria, cit., p. 240

(32)

Dai dati emerse come la capacità dei soggetti di ricordare un evento scendeva dal 60 % relativo agli avvenimenti distanti un anno, al 30% per quelli relativi all’anno successivo.


Gli studi di Ebbinghaus, sono stati ripresi da Bahrick e Wittlinger che nel 1975 hanno accertato che la ritenzione di materiale significativo, relativo ad eventi reali, decade più lentamante.

Hanno verificato infatti come la capacità ad esempio di riconoscere in fotografia vecchi compagni di scuola resti praticamente invariata per oltre 35 anni e continua a rimanere buona anche dopo un tempo medio di 45 anni. Assumo un ricordo A il quale crea un legame con B. Il sopraggiungere di informazioni fa si che si creino altri legami, nello specifico A-C, A-D e così via. Questi ultimi, poiché più recenti divengono preponderanti e rendono sempre meno accessibili A-B.


Semplificando molto si potrebbe descrivere il fenomeno utilizzando la metafora dell’armadio. Mano a mano che riempio l’armadio di ricordi, i primi rimangono in fondo e recuperarli diventa sempre più complesso.

Tali teorie attribuiscono la perdita del ricordo a cause identificabili nel sopraggiungere di ulteriori informazioni. 14 Il corpo principale del ricordo rimane nel tempo, ciò che svanisce sono i dettagli (si può ricordare per sempre di essere stati derubati ma dettagli quali il volto

Giulia Mazzoni, Si può credere a un testimone?, Il Mulino, Bologna 2003,

14

(33)

dell’aggressore o il colore dei vestiti tendono a svanire nel tempo). 15

L’aver appreso un informazione non fa si che questa venga fatta propria, lo scorrere del tempo tende a deteriorarla e potrebbe renderla viziata ed inaccessibile.


In ambito testimoniale tali problematiche assumono una gravità superiore rispetto all’utilizzo mnestico ordinario.

Riconoscimento e rievocazione 


Si è parlato di come l’utilizzo dei dati ‘’salvati’’ in memoria avviene attraverso un complesso procedimento che porta al recupero degli stessi.


Tale recupero, soprattutto laddove i fenomeni di codifica e ritenzione sono stati imprecisi, può essere molto difficoltoso.


Le procedure principali attraverso cui il ricordo viene recuperato sono il riconoscimento e la rievocazione.

Il riconoscimento è un attività che avviene attraverso uno stimolo esterno e si basa sulla capacità dell’individuo di associare ad un dato stimolo la propria rievocazione mnestica.


La rievocazione richiede invece una libera riattivazione del materiale memorizzato e procede in assenza di qualsiasi stimolo se non quello di voler ricostruire la vicenda.

E’ un compito molto complesso, necessita l’utilizzo di schemi mnestici che permettano una sistematica ricerca all’interno della memoria.


Il riconoscimento è un compito molto più semplice dal Psicologia della Testimonianza, Giulia Mazzoni, Carrocci, Roma 2011, p.

15

(34)

momento che prevede uno stimolo esterno che verrà confrontato con i dati presenti in archivio, ciò che l’individuo dovrà fare è semplicemente una comparazione alla ricerca di corrispondenze.


Questo metodo è utilizzabile anche laddove non sia possibile descrivere o disegnare una figura, sarà la familiarità percepita a permetterci di svolgere il compito 16

La memoria guidata


Nel 1983, lo psicologo ed esperto di neuroscienze canadese, Endel Tulving comprese come vi fosse una profonda connessione tra ambiente e rievocazione.


Sfruttando gli stimoli provenienti da una ricostruzione delle condizioni iniziali di percezione, le capacità mnemoniche del soggetto vengono implementate.


L’esperimento compiuto dallo studioso prevedeva la simulazione di un atto di vandalismo all’interno di una scuola.


I partecipanti vennero divisi in due gruppi, primi venivano intervistati all’interno dell’aula in cui era avvenuto il reato mentre i secondi, il gruppo di controllo, veniva interrogato in un altra sala.


In fase di line up, i soggetti la cui memoria era stata guidata davano una percentuale di risposte corrette pari al 60 % contro il 40 % dei soggetti che utilizzavano il metodo della rievocazione pura. 
17

16 Sul recupero cfr. la lettura del capito VIII di Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria, Il mulino, Bologna 2011

Barbara De Marchi, Memoria e testimonianza, Lumsa, Roma 2015


17

Consultabile al sito:


https://www.lumsa.it/sites/default/files/UTENTI/ u665/5_Memoria%20e%20testimonianza.pdf

(35)

Nei sistemi di Common Law, è previsto che il teste possa utilizzare ogni scritto, a differenza del nostro ordinamento in cui è necessario che lo scritto sia stato scritto di proprio pugno, tale facoltà permette da un lato di guidare in maniera più efficace il ricordo, dall’altra potrebbe generare falsi ricordi. 18

Argomenti quali il recupero ed i vizi dello stessa saranno meglio

18

approfonditi nel capito IV. 


Ne consiglio l’approfondimento al capitolo VIII del sopracitato testo di Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria

(36)

Uomo 1: Scegli tu i posti dove vuoi... che vuoi andare a vedere 
 Bambina: Dritto 


Uomo 1: I posti che ci vuoi raccontare diciamo, indicare 
 Donna: Possiamo andare al cimitero? 


Bambina: Sì 


Donna: Ci fai vedere dove si va? Quando non vuoi più, che hai paura, lo devi dire, altrimenti noi non possiamo capire 


Uomo 2: C’è qualche posto particolare, che ti ricorda qualcosa? 


Bambina: Quello lì 


Uomo 2: Questo ponte? perché di lì che facevate? 


Bambina: Lì ammazzavano dei bambini e... o ballavamo... facevamo tutti quei gesti brutti con i vestiti... poi... 


Uomo 2: Ammazzavano i bambini come? 


Bambina: Con quella saetta... non so... quella per tagliare le teste... 


Uomo 1: Questo succedeva di giorno o di notte? 


Bambina: Quando c’era buio. Poi quel pratino... Lì, se mi ricordo bene, hanno scavato dei bimbi, e hanno messo dei bambini lì.

Uomo 2: Ti ricordi chi ci stava quando succedevano queste cose? Bambina: Mio padre, tutti i bambini, qualche volta mia madre, e...

(37)

1. Rischi della prova regina - 2. La guerra degli spiriti - 3. Percezione e Testimonianza - 4. Effetto Alone - 5. Belli e buoni, Brutti e Cattivi - 6. Weapon Focus Effect

I rischi della prova regina

Per testimonianza s’intende una dichiarazione resa da un soggetto (teste) su fatto oggetto di giudizio dei quali ha avuto conoscenza diretta o indiretta. 
1

Verte su fatti accaduti nel passato e riportati alla luce sotto forma di enunciazione orale. 
2

Si forma durante l’istruzione dibattimentale o eccezionalmente durante l’incidente probatorio infatti le dichiarazione rese durante la fase delle indagini preliminari sono considerate semplici informazioni utili ma non possiedono alcun valore probatorio. 
3

L’oggetto della testimonianza deve essere determinato e specifico, sono censurabili le divagazioni relative a moralità, giudizi, apprezzamenti personali o voci correnti relative all’imputato.

Sono possibili piccole eccezioni relative a fatti specifici qualora siano utili alla definizione della personalità dell’imputato se legata al reato commesso.


Il nostro legislatore, ha compreso che testimoniare, soprattutto con riguardo a reati che potremmo definire

Ex art. 64 Cpp - Regole generali per l'interrogatorio

1

Ex art 187 Cpp - Oggetto della prova

2

Ex art 392 Cpp - Casi

(38)

‘’delicati’’ possa essere, soprattutto per la vittima, fonte di stress se non addirittura umiliazione; da un lato perché rievocare ricordi spiacevoli in pubblico è già di per se difficile, d’altro canto perché spesso la difesa tende ad incalzare la vittima con domande il cui unico obbiettivo è quello di tratteggiare la vittima come personaggio di dubbia moralità o dai costumi censurabili.


A tal proposito è previsto il divieto di domande relative alla vita privata o sessuale della persona offesa, inoltre è possibile richiedere l’audizione protetta con l’assistenza di uno psicologo.


Dal punto di vista processuale, la testimonianza ha un peso specifico enorme: il testimone si pone come strumento di misura attraverso cui valutare la realtà fattuale. 
4

E’ però necessario ricordare che ciò che viene riportato dal testimone è frutto di una percezione sensoriale, rielaborata e richiama a posteriori, senza contare che le lungaggini processuali fanno si che tra la ritenzione e la rievocazione intercorre un lasso di tempo davvero ampio.


Nonostante le oggettive difficoltà che emergono nel ricordare, è stato dimostrato da una commissione britannica denominata Devlin Commitee che la testimonianza oculare riveste ancora un ruolo cardine nella definizione dei procedimenti: su duemila processi analizzati, solo la metà di questi si concludeva con una condanna e tra questi ultimi la stragrande maggioranza si

Ex art 499 Cpp - Regole per l'esame testimoniale

(39)

basava su una testimonianza oculare. 
5

Anche nel nostro ordinamento la testimonianza porta legittimamente la corona, basti pensare che è immune all’art 192 III comma cpp che impone riscontri esterni per validare la prova.


In sostanza la testimonianza è di per se sufficiente a provare o meno la responsabilità dell’imputato.


Secondo lo studioso Emiliano Farinella, la memoria non funziona come una videocamera o un registratore, non è sufficiente scegliere il file e mettere play, ogni ricordo infatti viene rielaborato, ricostruito, manipolato e rappresentato.
 I ricordi non sono immagini dormienti da rievocare a piacimento, sono invece elementi labili e soggetti a mutamenti dovuti allo scorrere del tempo, allo stato emotivo o anche al contesto in cui riemergono.


Nella fase di rielaborazione-ricostruzione emergerà una componente soggettiva che seppur minima non permetterà di affermare la corrispondenza biunivoca tra realtà fattuale e ricordo. 
6

La capacità di testimoniare appartiene a qualsiasi individuo, indipendentemente dalla capacità d’agire (minori, incapaci), ciò che va però indagato sarà la credibilità di quanto da loro affermato.


Le valutazioni del teste vanno verificato sotto il profilo dell’accuratezza e della credibilità.


L’accuratezza è legata al funzionamento percettivo, cognitivo e mnestico.


Giuseppe Saccone, Il processo penale tra esigenze di difesa sociale e

5

garanzie della persona, diritto.it srl, 2017

Sergio Della Sala, Memoria e Testimonianza, CICAP, consultabile online:


6

(40)

Ciò che va verificato è la presenza di distorsioni che possono aver modificato la codifica della realtà.


La credibilità invece interessa esclusivamente gli aspetti di natura motivazionale.


Si analizza il rapporto che intercorre tra le conoscenze e le motivazioni che spingono alla dichiarazione nel tentativo di individuare manipolazioni o falsificazioni.


Va precisato che non tutte le falsificazioni sono frutto di dolo, come vedremo successivamente gli aspetti che possono inficiare una testimonianza sono molteplici e talvolta inconsci.7

La guerra degli spiriti

La nostra mente aborrisce l’ignoto.

La tendenza tipica è quella di stabilizzare i ricordi confusi e lacunosi attraverso l’inserimento di elementi che lo rendano più fruibile. 8

Esistono moltissimi studi sull’argomento, il più suggestivo è sicuramente ‘’La guerra degli spiriti’’ condotto da Sir Frederic Barlett, pioniere in questo ambito.


Egli avvalendosi di racconti del folklore nativo-americano sottoponeva i pazienti ad un test mnemonico a distanza di intervalli di tempo diversi.


Il racconto è il seguente: 


Luisella De Cataldo Neuburger, Psicologia della Testimonianza e prova

7

testimoniale, Giuffré, Milano 1988, pp. 1 - 7

Scott Fraser, Why eyewitnesses get it wrong, Ted Talks, consultabile

8

online:


https://www.ted.com/talks/

(41)

‘’Una sera, due giovani di Egulac discesero il fiume per cacciare foche, e mentre stavano lì si fece nebbioso e calmo. Udirono grida di guerra, e pensarono: "Forse è una spedizione guerresca". Fuggirono sulla spiaggia, e si nascosero dietro ad un tronco. 


Tosto sopravvenivano delle canoe, ed essi udivano il fruscio delle pagaie, e videro una canoa che si dirigeva verso di loro. C'erano cinque uomini nella canoa, e dissero: "Che ve ne pare? Vogliamo portarvi con noi per combattere con certa gente". 


Disse un giovane: "Non ho frecce". 


"Le frecce stanno nella canoa", risposero. 


"Non verrò. Potrei restare ucciso. I miei genitori non sanno dove sono andato. Ma tu", soggiunse volgendosi al compagno, "puoi andar con loro". Così un giovane andò, mentre l'altro rincasò. Ed i guerrieri percorsero il fiume fino ad una città sull'altro lato di Kalama. 


Quelli del posto corsero verso l'acqua, ed iniziarono a combattere, e molti furono uccisi. Ma ad un certo punto il giovane udì uno dei guerrieri che diceva: "Presto, ritorniamo, quell'indiano è stato colpito". 


Allora pensò: "Oh, sono spettri". Non si sentiva male, ma dicevano che egli era stato colpito. Così le canoe fecero ritorno ad Egulac, ed il giovane sbarcò a casa sua, ed accese un fuoco. E diceva a tutti: "State a sentire, ho accompagnato i fantasmi, e combattemmo. Molti dei nostri, e molti degli avversari, caddero. Dicevano che io son stato colpito, però sto benissimo". 


Finì il suo racconto, poi tacque. Al sorgere del sole egli cadde a terra. Qualcosa di nero uscì dalla sua bocca. La

(42)

sua faccia si contorse. Tutti balzarono in piedi gridando. Era morto’’. 
9

Ai pazienti veniva chiesto di rievocare il racconto dapprima pochi minuti dopo la lettura e 30 giorni dopo siffatto momento.


Abbiamo già parlato del naturale decadimento del ricordo pertanto non ci stupiremo nell’apprendere come i resoconti posteriori apparissero più scarni di dettagli e contenuti.
 Ciò che invece sorprendeva era notare come le storie divergessero dalle originali per la menzione di elementi del tutto nuovi quali cowboy, vampiri e cimiteri.


Barkley ritiene che tale risultato è dovuto alla tendenza di colmare i vuoti mnestici attraverso le conoscenze generali di cui siamo in possesso: gli elementi sopracitati sebbene siano del tutto estranei al racconto appaiono comunque in linea con l’immaginario collettivo relativo agli Indiani d’America e alle storie del terrore. 
10

Meccanismo analogo è riscontrabile nelle vicende giudiziarie che hanno interessato Massa Finalese: le tombe, i gatti uccisi, le maschere, i balli, sono tutti elementi appartenenti più all’immaginario cinematografico che ai culti di satana documentati.


Ciò che appare insolito viene mutato in qualcosa di più familiare, più adatto agli schemi del soggetto.


Le conoscenze generali cui il soggetto attinge inconsapevolmente per completare in maniera coerente

Jill Price, La donna che non può dimenticare, Piemme Voci, Milano 2008

9

pp. 23 - 24

Baddeley, Eysenck, Anderson, La memoria, cit., p. 23

(43)

l’oblio prendono il nome di script. 
11

Gli script ci guidano affinché la nostra interpretazione della realtà si mantenga coerente, il rischio che si corre è quello di modificare ciò che ci appare insolito al fine di adattarlo alle nostre capacità cognitive.


Spesso accade che la descrizione fatta da un testimone diventi sempre più dettagliata e particolareggiata col procedere del processo.


La ricerca ha dimostrato come esiste una precisa tendenza a migliorare le immagini frammentate o incomplete per dare loro un senso logico e congruo alla situazione.


Questo meccanismo di riempimento delle lacune, che può essere un utile espediente mnemonico per la vita quotidiana risulta essere insidioso in ambito processuale.
 In uno studio molto noto (Bransford, Branks, 1971) sono state presentate ad un gruppo di soggetti quattro proposizioni:

-

Il masso ha sfondato la capanna;

-

la capanna era posta al limite del bosco;

-

la capanna era fragile;

-

il masso è rotolato giù dalla montagna.

Ai soggetti sono state presentate 4 diverse combinazioni di queste frasi.


Al momento della rievocazione il risultato era spesso la logica integrazione delle quattro proposizioni e cioè: il masso che era rotolato giu dalla montagna sfondò la

Giulia Mazzoni, Si può credere a un testimone?, cit., p.37

(44)

fragile capanna che si trovava sul limitare del bosco.
 In questa forma non era mai stato presentato.


Entrambe le ricerche dimostrano come i soggetti ricordano non tanto i singoli elementi complessi quanto la struttura e che solo tale script viene poi ricordato.


In conclusione, quello che ricordiamo non è un ricordo fedele dell’input ricevuto ma l’interpretazione che noi abbiamo dato allo stimolo nel momento in cui l’abbiamo percepito. 12

Percezione e testimonianza 


Poiché come abbiamo visto, la ricezione dell’informazione avviene attraverso input captati dai nostri cinque sensi, appare doverosa un analisi degli aspetti percettivi.


I canali maggiormente sollecitati, soprattutto con riguardo alla testimonianza, sono quello uditivo e quello visivo, strumenti la cui affidabilità scema con l’avanzare dell’età o in caso di comuni patologie (basti pensare a miopia o astigmatismo).


Anche laddove occhi ed orecchie del testimone fossero della miglior dotazione, elementi quali distanza, scarsa luminosità o diffuso trambusto potrebbero gravemente alterare la percezione.


Concetti di tal specie, evidenti ed incontestabili nella vita di tutti i giorni , vengono spesso sottovalutati se non 13

Luisella De Cataldo Neuburger, Psicologia della testimonianza e prova

12

testimoniale, Giuffré Editore, Milano 1988, pp. 111-113

Non suscita alcun clamore una prezzazione differenziata con riguardo ad

13

(45)

addirittura ignorati in sede processuale. 
14

Al riguardo è interessante citare il Caso Carrillo (18 Gennaio 1991, USA) : un uomo, uscito in strada per rimproverare dei ragazzi che stavano bivaccando sulla sua proprietà, viene avvicinato da un automobile da cui partono diversi colpi di pistola che lo uccidono.


La polizia individuò in breve tempo un sospettato, predispose un Line Up ed attraverso la testimonianza dei ragazzi li presenti un diciassettenne del quartiere, Carrillo, venne arrestato e condannato per l’omicidio.


Dall’analisi dei verbali della polizia emerse come al momento della sparatoria le condizioni di visibilità erano ottimali ma ciò sembrava improbabile a Scott Fraser, esperto forense invitato a testimoniare.


Egli riteneva, essendo l’omicidio avvenuto a Gennaio, nell’emisfero Nord, intorno alle 19, basandosi su calcoli relativi alle fasi lunari e alla luminosità del crepuscolo, che la visione fosse scotopica ed essendo le pupille intente a 15 catturare più luce possibile sarebbero state al punto di massima dilatazione con conseguente diminuzione della percezione della profondità.


Forte dei dati in suo possesso, in maniera un pò audace, sfidò il giudice a dare un occhiata nelle stesse condizioni in cui i testimoni avevano visto il Signor Carillo.


L’esperimento venne fatto con la stessa auto descritta dai testimoni, alla stessa ora, nella stessa zona. L’auto

Luisella De Cataldo Neuburger, Psicologia della testimonianza, cit. pp. 14

62 - 63

La visione scotopica (scotopic vision) è la visione monocromatica

15

dovuta unicamente all'attività dei bastoncelli della retina. Si tratta del tipo di visione che si ha quando il livello di illuminazione è molto basso e

(46)

accosto di fronte al giudice ed un uomo puntò una finta arma nella direzione dello stesso, il giudice non riuscì a riconoscerlo.


Il caso venne riparto e Carrillo prosciolto.16

Effetto Alone


Una delle tendenze che abbiamo è quella di dare un giudizio sulle singole caratteristiche dell’individuo basandoci sulla valutazione generale che abbiamo di lui.
 Altro non facciamo che basarci su un pregiudizio.


Al riguardo, l’esperimento più significativo è quello di Thorndike che nel 1920 coinvolse due comandanti dell’esercito chiedendo loro di valutare le seguenti caratteristiche dei propri sottoposti: abilità fisiche; intelletto; leadership; qualità personali.


Dai risultati emerse come le valutazioni di una singola caratteristica influenzavano le altre: un maggior punteggio riguardo alle abilità fisiche era spesso correlato a valutazioni di egual qualità relativamente ad intelletto o leadership e viceversa.


‘’Le correlazioni erano troppo alte o troppo uguali. Ad

esempio, per i tre valutarli in seguito hanno studiato la correlazione media tra fisico ed intelligenza è 0.31; tra fisico e leadership 0.39 e tra carattere e fisico 0.28’’.


La valutazione degli ufficiali si basavano principalmente

Scott Fraser, Why eyewitness get it wrong, Ted Talk, 2001 


16

Consultabile online: 


https://www.ted.com/ talks/

(47)

sulle percezioni generali. 
17

Belli e buoni, brutti e cattivi


L’universo cinematografico da sempre c’insegna che gli eroi son giovani e belli mentre i cattivi se non sono vecchi di sicuro sono ripugnanti.


La scelta di scritturare attori avvenenti per i ruoli di protagonista e quella di scegliere chi non avesse nel sorriso la miglior qualità per gli antagonisti non è del tutto casuale.


L’effetto alone, la tendenza a dare un giudizio generale sulle caratteristiche di un soggetto basandosi sulle singole caratteristiche si manifesta in maniera preponderante con riguardo all’elemento bellezza.


Rispetto ai casi sopracitati, la bellezza ha il vantaggio/ svantaggio di essere facilmente riconoscibile, pertanto determina un pregiudizio immediato, soprattutto laddove il rapporto non permette una conoscenza approfondita dell’altro.


Dion e Berscheid nel 1972 condussero uno studio sul rapporto esistente tra attrazione ed effetto alone.


Vennero coinvolti 60 studenti dell’università del Minnesota a cui venne chiesto di associare al volto di tre diversi individui (attraente, mediamente attraente, scarsamente attraente) un punteggio soggettivo relativamente alle seguenti caratteristiche: altruismo, stabilità emotiva, affidabilità, gentilezza e felicità. 
18

I soggetti più attraenti ottenevano un punteggio 17 Francesca Cassi, L’effetto alone: quando la bellezza porta a valutazioni

errate, Blasting News, 2018

Ibi

(48)

maggiormente positivo ed emerse come si credesse avessero una vita generalmente più felice.


In ambito giudiziario la bellezza assume un ruolo importantissimo, tra i vari studi va citato quello di Stewart che analizzando le caratteristiche fisiche di 74 imputati emerse come i più belli ottenessero sanzioni generalmente più miti. 
19

La spiegazione alla base del meccanismo è la seguente: la bellezza stimola i centri neurologici che producono dopamina. La dopamina crea uno stato di piacere e benessere che potrebbe influire sulla valutazione del giudice. 
20

Una precisazione è d’obbligo, l’avvenenza, in ambito giudiziario, non è un vantaggio ‘’tout court’’, è stato dimostrato infatti come porti benefici soltanto laddove non abbia alcun legame con il reato commesso.


Mi spiego meglio, se un uomo affascinante, viene accusato di furto con scasso potrebbe, statisticamente parlando, ottenere un trattamento più favorevole rispetto ad un soggetto che ha commesso lo stesso reato e non è nelle grazie di Afrodite.


Qualora invece lo stesso bell’uomo si sia macchiato di truffa ad una vecchietta, manipolandola con sorrisi ed ammiccamenti, verrà probabilmente punito più severamente.


Medicina Online, 17.11.2018 - https://medicinaonline.co/2018/11/17/

19

effetto-alone-e-bias-cognitivo-in-psicologia-economia-marketing/ Al riguardo cfr. la ricerca di Shai Danziger dal titolo ‘Sentenze più

20

clementi se il giudice ha la pancia piena ’ 


https://www.psicologo-milano.it/newblog/sentenze-clementi-se-giudice-ha-mangiato/

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