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Hit o flop? Analisi dei fattori determinanti il successo dei brani musicali su Spotify

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea magistrale in

Marketing e ricerche di mercato

TESI DI LAUREA

“Hit” o “Flop”?

Analisi dei fattori determinanti il successo dei brani

musicali su Spotify

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

Relatore:

Candidata:

(2)
(3)

Ai miei affetti più cari, che mi hanno sempre supportata, qualunque strada avessi deciso di percorrere

e a me stessa, per aver avuto sempre fiducia in me, anche nei momenti peggiori,

e per non aver mai ceduto di fronte alle difficoltà.

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INDICE

CAPITOLO 1 – INTRODUZIONE ... 6

CAPITOLO 2 - IL SUCCESSO DELLE OPERE CULTURALI ... 10

2.1 Una visione generale ... 10

2.2 Alcuni esempi pratici ... 11

2.2.1 Volatilità emotiva e successo di un film ... 11

2.2.1.1 Studio 1: elaborazione del linguaggio naturale e successo ... 12

2.2.1.2 Studio 2: manipolazione sperimentale della volatilità emotiva ... 13

2.2.2 Emozioni e impegno continuato nella lettura di contenuti on line ... 15

2.2.2.1 Studio 1: analisi del linguaggio naturale di 825000 sessioni di lettura... 17

2.2.2.2 Studio 2: manipolazione di emozioni specifiche ... 18

2.3 Un focus specifico: il successo dei brani musicali ... 20

2.3.1 Pronomi di seconda persona e successo culturale ... 21

2.3.2 Le tematiche comunicative più rilevanti nelle “Hit” dal 1960 al 2009 ... 25

2.3.3 Trend musicali e prevedibilità del successo musicale ... 30

CAPITOLO 3 - PIANO DI CAMPIONAMENTO E METODOLOGIA DI ANALISI ... 37

3.1 Descrizione del campione ... 37

3.2 Analisi sul campione ... 40

3.2.1 T test per campioni indipendenti ... 40

3.2.2 ANOVA ad una via ... 44

3.2.3 Analisi dell’associazione tra due caratteri: tabelle di contingenza ... 46

3.2.4 Regressione logistica binaria ... 50

CAPITOLO 4 - ANALISI DEI RISULTATI ... 58

4.1 Analisi 1: risultati T test per campioni indipendenti ... 58

4.1.1 Analisi Su Tutto Il Campione ... 58

4.1.2 Analisi Suddividendo il Campione in Decadi ... 63

4.1.2.1 Decade ‘60s ... 63 4.1.2.2 Decade ‘70s ... 65 4.1.2.3 Decade ‘80s ... 66 4.1.2.4 Decade ‘90s ... 68 4.1.2.5 Decade ‘00s ... 70 4.1.2.6 Decade ‘10s ... 71

4.2 Analisi 2: risultati ANOVA indipendente a una via ... 75

4.2.1 Analisi Su Tutto Il Campione ... 75

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4.3 Analisi 3: risultati delle analisi su variabili categoriche ... 122

4.3.1 Tabelle di contingenza per “Hit” e “Flop” ... 123

4.3.2 Tabelle di contingenza nelle diverse decadi ... 130

4.4 Analisi 4: Regressione logistica binaria ... 137

4.4.1 Regressione Logistica Binaria su tutto il dataset ... 137

4.4.2 Regressione Logistica Binaria dividendo il dataset in decadi ... 143

4.4.2.1 Decade ‘60s ... 144 4.4.2.2 Decade ‘70s ... 148 4.4.2.3 Decade ‘80s ... 151 4.4.2.4 Decade ‘90s ... 154 4.4.2.5 Decade ‘00s ... 156 4.4.2.6 Decade ‘10s ... 158 CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI ... 162

5.1 Sintesi dei risultati ... 163

5.2 Implicazioni manageriali ... 167

5.3 Limiti e possibili sviluppi futuri ... 169

BIBLIOGRAFIA ... 171

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CAPITOLO 1 – INTRODUZIONE

Nell’epoca del grande sviluppo del mondo digitale, uno degli argomenti che suscita grande interesse, legato al mondo dei contenuti online, è quello della musica.

In particolare, si assiste ad un’evoluzione sia nei mezzi di diffusione di questa, basti pensare allo sviluppo dei social media e dei servizi di streaming come Spotify e Apple Music, sia nelle caratteristiche melodiche e testuali. Da questi elementi dipende la riuscita o il fallimento di un brano musicale sul mercato.

Proprio la tematica del successo di un brano musicale rappresenta il fulcro di questa trattazione nella quale si cerca di fornire un’adeguata risposta ad uno degli interrogativi più frequenti che attanaglia da tempo studiosi ed appassionati dell’argomento: cosa determina il successo di un brano musicale? Può essere oggetto di previsione?

In base ad un filone teorico molto accreditato, capitanato da esponenti accademici del calibro di Berger e Packard, si fa strada la certezza che il successo musicale possa essere oggetto di previsioni che possono essere realizzate in modo sempre più realistico ed efficace a mano a mano che prosegue lo sviluppo della tecnologia a disposizione degli utenti.

Un esempio è rappresentato da “Hitwizard” 1, rete neurale di intelligenza artificiale allenata per rubare

il posto agli a&r (Artists and Repertoire, è una divisione di un'etichetta discografica responsabile della scoperta di nuovi artisti da mettere sotto contratto) e ai manager delle case discografiche. “Hitwizard” tiene in considerazione una serie di parametri, come i bpm, il tempo ed altri ancora, per emettere il suo giudizio di previsione, confrontandoli con i dati delle radio e delle classifiche di Spotify. La valutazione è espressa con un’accuratezza del 66%. Addirittura, se gli viene chiesto quale pezzo non diventerà un successo, l’accuratezza supera il 90%. Ovviamente questo non può sostituire le emozioni

1 Cosimi, C. “Le hit musicali si possono prevedere. Hitwizard, la scommessa di una startup”, La Repubblica,

20/10/2017,

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e l’aspetto umano, ma rappresenta un utilissimo strumento che fornisce un valido supporto alle scelte dell’industria discografica.

Un altro esempio che si colloca perfettamente in questo contesto è dato dallo studio condotto da un gruppo di ricercatori facenti capo al dottor De Bie dell’Intelligence Systems laboratory presso la Facoltà di Ingegneria dall’Università di Bristol2, mossi dall’interesse e dalla passione verso il mondo

della musica. Il risultato è un’equazione matematica in grado di prevedere se un brano diventerà “Hit” oppure “Flop”, attraverso l’inserimento di fattori precisi, che possono anche variare (gusti, ritmo, durata, energia ecc.). La formula è stata messa appunto studiando la classifica “Top 40” relativa ai singoli che hanno avuto successo in Gran Bretagna degli ultimi 50 anni, cercando di capire cosa distinguesse le prime cinque dalle ultime posizioni. Applicando questa formula si riesce ad attribuire un punteggio alle canzoni in base alle caratteristiche audio riscontrate ed è sulla base di questo che si può definire un successo oppure un fiasco (Manfredi, 2011). Anche qui la previsione è piuttosto elevata, del 60%, e si può identificare un’evoluzione nei gusti musicali che influenzano il successo. Questi sistemi, seppur con un’accuratezza che aumenta con il passare del tempo, non sono comunque gli unici da considerare, in quanto non si può prescindere dall’aspetto umano (intuito degli a&r, emozioni, gusti) il quale risulta essere fondamentale ai fini del successo di una canzone. Come affermava lo scrittore Tiziano Terzani: “la musica è matematica, ma la matematica non basta a spiegare la musica.”

La soluzione più accreditata è quella di integrare queste tecnologie con le caratteristiche umane dei produttori discografici e degli a&r indipendenti, ad esempio, per ottenere una visione internazionale quanto più completa ed un supporto di non poco conto ai fini di assumere importanti decisioni.

2 Manfredi, A. “Successo o flop in classifica? Se il brano è un'equazione”, La Repubblica, 17/12/2011, https://www.repubblica.it/scienze/2011/12/17/news/formula_matematica_canzone_di_successo-26701725/.

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L’evoluzione più recente del mondo della musica è trascinata dal boom di altri nuovi canali, uno su tutti è TikTok, che conferma ancor di più il legame fra lo sviluppo di nuovi canali di diffusione e il conseguente adattamento delle canzoni. Con questa app gli utenti possono creare brevi clip musicali che durano dai 15 ai 60 secondi, modificarne la velocità di riproduzione, aggiungere filtri ed effetti. Risulta essere una delle app più popolari al mondo, veicolo della cultura pop globale3. Questo porta

con sé un’importante conseguenza: la durata media dei brani si è ridotta da tre minuti e 50 a tre minuti e 30. Il fenomeno era già in voga dagli anni ’90, ma con l’ingresso dei servizi streaming e di TikTok si è accelerato, mettendo in luce degli importanti risvolti economici: le canzoni sono remunerate allo stesso modo a prescindere dalla durata e a patto che l’ascoltatore vi dedichi la sua attenzione per un certo lasso di tempo (superamento di un certo numero di secondi di ascolto), va da sé che un artista guadagnerà di più facendo più canzoni di breve durata rispetto a poche di lunga durata. Il risultato è che si fanno sempre di più album con un numero elevato di brani di durata limitata, senza necessariamente perdere la qualità musicale.

Non è un caso che fra i generi che prediligono una lunghezza delle canzoni ridotta vi sia proprio la Trap, molto in voga dalla fine degli anni ’90 – inizio 2000, di solito fatta da artisti giovani che prediligono i moderni mezzi di diffusione e una durata limitata per avere un impatto immediato sul pubblico.

TikTok sta cambiando tutta l’industria musicale con la conseguenza che, per avere successo sul mercato, le canzoni oltre ad essere corte dovrebbero abbinarsi a brevi video, creando così un insieme di frammenti che compongono una canzone, ma anche avere un testo facilmente memorizzabile e con un ritmo loopable: questi gli ingredienti del successo musicale ad oggi.

Nel presente lavoro di ricerca si cercherà, come già accennato in precedenza, di mettere in luce la possibilità di elaborare previsioni circa il successo dei brani musicali, ricollegandosi al filone di

3 Mazziotta, C. “Perché le canzoni sono sempre più corte?”, 18/06/2020, https://www.rockit.it/articolo/perche-canzoni-sono-sempre-piu-corte-come-spotify-tik-tok-stanno-cambiando-musica.

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pensiero che sostiene questa possibilità. In particolare, la trattazione presenterà, nel secondo capitolo, un excursus della letteratura esistente in materia, proponendo esempi riguardanti il mondo delle opere culturali, siano esse film, libri o canzoni.

Proseguendo, nel terzo capitolo, verrà presentato il dataset utilizzato ai fini della ricerca, nonché la fonte di provenienza e una breve spiegazione delle variabili che lo compongono, per terminare con l’esposizione teorica dei quattro tipi di ricerca svolti. Nel quarto capitolo, poi, verranno esposti tutti i risultati delle analisi, corredati da opportune tabelle e grafici, dove necessario. Infine, il quinto capitolo esporrà una breve sintesi di quelli che sono i risultati più importanti emersi in fase di ricerca e già esposti in modo analitico nel precedente capitolo, le conseguenti implicazioni manageriali e, per finire, i limiti emersi durante lo studio che potrebbero essere superati nelle future trattazioni.

La musica è in continuo cambiamento, è la variabile dipendente di una rete di relazioni che coinvolge disparati aspetti: canali di diffusione, evoluzione dei gusti, sviluppo di nuovi generi, nuova tecnologia disponibile, nuove mode. Quali saranno gli sviluppi futuri? Come dovrà essere una canzone per assicurarsi il successo sul mercato?

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CAPITOLO 2 - IL SUCCESSO DELLE OPERE CULTURALI

2.1 Una visione generale

Ormai da diverso tempo si è aperto un dibattito che ha per argomento il successo delle opere culturali, in cui emergono scuole di pensiero contrapposte: da un lato c’è chi afferma che il successo di un film, di un libro o un di brano musicale sia dovuto al solo caso, dall’altro, invece, ci sono teorie che dimostrano l’esistenza di fattori che sono in grado di predire il successo. L’analisi della letteratura presentata in questo capitolo mira proprio ad individuare se esistono e quali sono i fattori in grado di influenzare il successo di un elemento culturale, cercando di riportare esempi pratici estrapolati da alcune trattazioni passate ed utilizzate come fondamento teorico in questa sede.

Un contributo fondamentale in questo campo è quello di Jonah Berger, il quale ha scritto diversi articoli sull’argomento, trattando sia il tema dei film, che quello dei libri e della musica. Il quesito fondamentale che lui ed altri studiosi si pongono è sempre il medesimo: “Cosa porta certi prodotti culturali a vincere nel mercato delle idee?” (Berger, Kim, & Meyer, 2018)4.

Vi sono due possibili strade, la prima indica che il successo di un’opera sia casuale, l’altra suggerisce l’esistenza di processi psicologici individuali, i quali svolgono un ruolo importante. In questo senso, la ricerca sulla psicologia interculturale dimostra come la cultura formi i processi psicologici (Markus, & Kitayama, 1991), ma come sia vero anche il contrario: i processi psicologici influenzano ciò che le persone gradiscono, ricordano e condividono e questo, a sua volta, forma la cultura collettiva (Kashima, 2008; Schaller, & Crandall 2004).

“Questi processi psicologici possono agire come un meccanismo di selezione, determinando quali cose prosperano e quali cadono piatte” (Norenzayan et al., 2006). Secondo questa teoria, quindi, il

4Berger, J., Kim, Y. D., & Meyer, R. (2018),"Emotional Volatility and Cultural Success", in NA - Advances in Consumer Research

Volume 46, eds. Andrew Gershoff, Robert Kozinets, and Tiffany White, Duluth, MN: Association for Consumer Research, pp. 264-269.

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successo delle opere culturali non è casuale, ma può riferirsi a specifici fattori ed essere anche oggetto di previsione.

Queste affermazioni possono essere estese a tutte e tre le tipologie di opere culturali menzionate sopra, anche se vengono espresse nel contesto specifico del cinema.

In questa trattazione, il tema che verrà esposto più in profondità è invece quello della musica, che ha aperto la strada a diversi tipi di ricerca trattate nei capitoli 3 e 4.

Non si può però prescindere, al fine di arrivare alla trattazione dei brani musicali, da un’analisi del contesto generale, considerando anche altre opere culturali (film e libri), seppur di diversa natura.

2.2 Alcuni esempi pratici

Dagli articoli presi in considerazione nel presente lavoro, si possono estrapolare alcuni esempi pratici che Berger ed altri studiosi portano alla luce al fine di dimostrare la teoria secondo la quale il successo non è dovuto al caso, ma può essere spiegato da fattori concreti. In particolare, uno di questi è legato al mondo del cinema ed uno a quello della letteratura.

2.2.1 Volatilità emotiva e successo di un film

Una delle ricerche condotte da Berger in questo campo si pone l’obiettivo di dimostrare che cambiamenti nel tono emotivo di un film impattano sul successo o meno di questo.

Le ricerche svolte in questo ambito sono state due: in primo luogo, è stata svolta un’analisi automatica dei sentimenti su migliaia di film al fine di testare se quelli emotivamente più volatili fossero recepiti in maniera più positiva o meno, in secondo luogo, è stata manipolata direttamente la volatilità emotiva in un esperimento condotto sul campo (Berger, Kim, & Meyer, 2018).

I contributi di questo lavoro sono di tre tipi: per prima cosa si vuole dimostrare che la volatilità emotiva influenza la valutazione e la risposta ad un film. Secondo, si mira a superare il limite della scarsità di prove empiriche circa lo studio della struttura narrativa di un film. Terzo ed ultimo, si sfrutta lo studio del linguaggio naturale in ambito del successo culturale.

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Prima di esporre i due tipi di ricerca nello specifico, gli autori si preoccupano di introdurre il tema delle emozioni e delle valutazioni, nonché quello della volatilità emotiva. Partendo dal primo, si può affermare che esistono emozioni valutate in maniera positiva ed altre in maniera negativa, generalmente le persone preferiscono le prime. Momenti importanti di un’esperienza sono le estremità e il culmine; gli autori suggeriscono che le persone molte volte, anziché sommare ogni momento di un’esperienza, spesso giudicano quest’ultima da come si sentivano al suo culmine e alla fine (Berger, Kim, & Meyer, 2018).

Meno attenzione è stata data alle dinamiche emotive, le quali possono variare nel corso di un film. Si arriva quindi al secondo tema introdotto prima dei due studi.

Per volatilità emotiva si intende una condizione in cui i sentimenti e le emozioni fluttuano mutando la loro natura. In sostanza, la volatilità emotiva può impattare sulla valutazione di un film in maniera positiva. La variazione può infatti essere molto stimolante (McAliser, & Pessemier, 1982). Gli autori si domandano dunque se i benefici derivanti dalla variazione possano estendersi anche alle esperienze emotive. In realtà, è di gran lunga preferibile una situazione in cui si aggiungono cose positive ad altre negative e non viceversa, nel contesto di esperienze personali. Quando si parla di prodotti culturali, invece, vi è un certo distacco fra le cose negative ed il sé: ne deriva che una cosa brutta che accade al diretto interessato sarebbe percepita come terribile, ma la stessa cosa, se accade ad una persona distante da noi, può essere persino divertente (Lazarus, 1993). “Quindi, mentre la volatilità emotiva può essere stimolante se sta accadendo al soggetto in prima persona, la distanza dovrebbe ridurre l’impatto negativo del momento negativo. Di conseguenza, sebbene la maggior parte delle persone preferisca che le cose positive accadano a sé stesse, la volatilità emotiva può portare le opere culturali ad essere valutate più favorevolmente perché le rende più stimolanti e coinvolgenti” (Berger, Kim, & Meyer, 2018).

2.2.1.1 Studio 1: elaborazione del linguaggio naturale e successo

Il primo tipo di analisi svolta ha sfruttato l’elaborazione del linguaggio naturale per misurare la volatilità emotiva ed affermare che i film più volatili sono quelli di maggior successo.

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Dai risultati emersi la tendenza è stata piuttosto chiara: i film emotivamente più volatili ricevono effettivamente voti più alti.

Questi risultati sono stati messi alla prova inserendo nel modello altri fattori, quali la lunghezza del film (se film più lunghi sono sia emotivamente più volatili, sia valutati positivamente), la mera presenza di emozione (se la presenza stessa sta guidando l’effetto), oppure ancora, il picco emozionale e la fine di ogni film (ci si chiede se film più volatili abbiano punte più alte e se è questo che guida l’effetto). Proseguendo, si considera la complessità di un film, il fatto che la nostra misura non rilevi tanto la volatilità, quanto l’estromissione. Infine, ci si chiede se film più recenti siano sia più volatili che valutati più positivamente. Anche inserendo queste altre covariate, il legame tra volatilità emotiva e successo persiste, lo stesso accade se si spezza il film in un numero diverso di segmenti o in segmenti diversi.

Per valutare meglio l’effetto della volatilità emotiva, gli autori hanno provveduto anche ad eseguire una regressione tenendo ferme tutte le covariate, facendo variare solo la volatilità emotiva. Per fare questo, sono stati analizzati film con sequel: anche in questo caso i film emotivamente più volatili sono valutati in maniera più positiva rispetto agli altri.

Ulteriore supporto alla tesi deriva dal fatto che nei film il cui genere è più stimolante (es. thriller), la volatilità ha un effetto più forte nelle valutazioni.

Complessivamente, i risultati del primo studio sono favorevoli all’affermazione che la volatilità emotiva dia forma alle valutazioni.

Il secondo studio fornisce una prova più diretta manipolando la volatilità direttamente. 2.2.1.2 Studio 2: manipolazione sperimentale della volatilità emotiva

Questa seconda analisi consiste in un esperimento diretto sul campo, svolto prendendo quattro pezzi di un film (due positivi e due negativi) e cercando, attraverso la modifica del loro ordine, di manipolare la volatilità. Il fine ultimo è quello di fornire un test casuale della volatilità emotiva. Dopodiché si misura l’influenza che ne deriva sulle valutazioni (Berger, Kim, & Meyer, 2018).

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Si procede anche alla misurazione di potenziali meccanismi che potrebbero contribuire all’effetto, ovvero la stimolazione e l’impegno. I risultati, anche questa volta, sono stati favorevoli.

Infatti, attraverso un’analisi ANOVA ad una via, si è rilevato come l’ordine delle scene influenzi le valutazioni di un film, le quali sono state più positive nei film ad alta volatilità. Seconda cosa, la manipolazione ha influenzato anche l’impegno e la stimolazione. “Gli spettatori hanno valutato un film come più coinvolgente o stimolante quando era più volatile e, infine, stimolo e coinvolgimento, hanno determinato l’impatto dell’ordine della scena sulle valutazioni. L’instabilità emotiva ha fatto sembrare il film più stimolante e coinvolgente, il che ha fatto sì che alla gente piacesse di più.” (Berger, Kim, & Meyer, 2018).

Infine, volendo unire i risultati dei due studi, si può iniziare affermando che dallo studio 1 è emerso che le parti di film emotivamente più volatili sono quelle valutate più positivamente (elaborazione linguaggio naturale); la relazione già fortemente sottolineata fra volatilità e successo è più forte in quei film il cui genere è stimolante. Dallo studio 2, invece, si dimostra come, manipolando direttamente la volatilità emotiva e misurandone l’impatto sulle valutazioni, quest’ ultime aumentino. Ancora, stimolo e impegno svolgono un ruolo chiave di mediazione dell’effetto della volatilità emotiva sulle valutazioni.

Il lavoro sopra esposto, nonostante i buoni risultati, ha messo in luce dei limiti che potrebbero magari essere superati in ricerche future, quali il fatto che le sole parole su cui si sono basati gli autori per la misurazione della volatilità siano state le parole degli attori. Questo lascia spazio alla possibilità che, qualora si riesca a sfruttare anche altre caratteristiche (informazione visiva e come vengono pronunciate le parole e la musica), la volatilità emotiva potrebbe essere più grande. Altro limite è dovuto al fatto che probabilmente l’effetto della volatilità emotiva è moltiplicato (emozioni sperimentate ripetutamente) e, inoltre, anche i contrasti edonistici potrebbero giocare un ruolo fondamentale.

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Sicuramente l’elaborazione del linguaggio naturale risulta fondamentale per snocciolare il mistero del perché alcune storie falliscano ed altre no.

2.2.2 Emozioni e impegno continuato nella lettura di contenuti on line

Un secondo esempio che vale la pena citare deriva da un altro studio condotto sempre da Berger, questa volta con la collaborazione di altri autori quali Wendy Moe e David Schweidel5.

Il tema in questione è la lettura di contenuti online e la domanda che gli autori si pongono è: “Cosa rende alcune storie più coinvolgenti di altre?” (Berger, Moe, & Schweidel, 2019). Ancora una volta, gli studi realizzati sono di due tipi e sono svolti al fine di indagare come le caratteristiche del contenuto modellano l’impegno continuato investito nella lettura.

Il primo studio si occupa dell’elaborazione del linguaggio naturale di un insieme di 825000 sessioni di lettura da oltre 35000 articoli estrapolati da 9 importanti editori online. La raccolta di questi dati permette di esaminare come le caratteristiche testuali di un certo paragrafo hanno impatto sul fatto che qualcuno continui a leggere o meno.

Il secondo studio ha come oggetto un vero e proprio lavoro sul campo, un esperimento in grado di fornire la prova diretta che le emozioni influenzano la lettura. Questo è realizzato manipolando emozioni specifiche e misurandone l’impatto sulla lettura.

Alla fine, gli autori procedono con una misurazione di eccitazione e incertezza al fine di valutare se queste sono in grado di spiegare gli effetti (Berger, Moe, & Schweidel, 2019).

Anche in questo caso, il lavoro in questione fornisce tre contributi: in primo luogo, i risultati forniscono informazioni su come le emozioni evocate dal contenuto e la modalità di elaborazione di questo possano impattare sul fatto che i lettori continuino a leggere e fanno luce sui processi psicologici sottostanti che potrebbero essere la causa di tali effetti. In secondo luogo, i risultati aiutano i creatori di contenuti a progettarne di più coinvolgenti. In terzo luogo, i risultati dimostrano come

5 Jonah Berger, Wendy W Moe, & David Schweidel (2019),"What Leads to Longer Reads? Psychological Drivers of Reading Online Content", in NA - Advances in Consumer Research Volume 47, eds. Rajesh Bagchi, Lauren Block, and Leonard Lee, Duluth, MN: Association for Consumer Research, 19-23.

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l’elaborazione del linguaggio naturale (ancora) possa far luce sul comportamento dei consumatori (Netzer, Feldman, Goldberg, & Fresko, 2012; Netzer, Lemaire, & Herzenstein, 2018; Moore, & McFerran, 2017; Packard, Moore, & McFerran, 2018; Rocklage, & Fazio, 2015; Rocklage, Rucker, & Nordgren, 2018, Tirunillai, & Tellis, 2014).

Ulteriore contributo del presente lavoro deriva dal fatto che l’argomento della lettura gioca un ruolo importante nell’impegno, ma non è il solo fattore, infatti, anche il modo in cui si parla di un certo argomento riveste un importante compito.

Prima di esporre nello specifico i due studi, è opportuno citare altre ricerche collaterali sull’argomento. Ad esempio, una di queste afferma che incidono molto sull’impegno profuso nella lettura il tipo di media, il layout, la presenza di immagini e video (Lagun, & Lalmas, 2016; Lagun, &Agichtein, 2015).

Le persone, quando leggono i contenuti online, scansionano di più e leggono di meno (Holmqvist, Holsanova, Barthelson, & Lundqvist, 2003). Nei contenuti online, la parte superiore ottiene più attenzione di quella inferiore. Questo tipo di studi ha prestato meno attenzione agli elementi testuali e come questi possono influenzare la lettura. La concentrazione è stata per lo più riposta nel fatto che vi sono frasi comprensibili ai più ed altre che necessitano di una certa specializzazione o di una conoscenza di termini acquisibili con una certa istruzione: parole o frasi più lunghe sono più complesse e richiedono un certo livello di istruzione per la loro analisi e comprensione.

Gli autori elaborano delle previsioni che saranno testate sia sul campo che in laboratorio. Principalmente, la motivazione e l’abilità sono fondamentali per il comportamento. Se si applicano alla lettura, queste possono essere legate al contenuto emotivo che evocano ed alla facilità di elaborazione del testo, rappresentata da diversi elementi di seguito menzionati.

Per quanto riguarda la facilità di elaborazione, si ritiene che le caratteristiche di un testo che rendono i passaggi più facili da elaborare, riescano ad aumentare la lettura, riducendo lo sforzo profuso in questa. In particolare, parole brevi dovrebbero facilitare la comprensione ed invogliare la lettura. Per approfondire lo studio, si possono considerare anche alberi di analisi delle frasi, dove alla maggior

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altezza dell’albero corrisponde una minor lettura. Legato alla facilità di elaborazione, vi è anche il fatto che la presenza di parole familiari può rendere un testo più facile e incoraggiare la lettura. Infine, anche la concretezza gioca un ruolo: più facile da immaginare è un elemento, più facilmente viene elaborato (Connel, & Lynott, 2012).

Anche l’emozione svolge una funzione importante per la lettura, impattandovi in tre modi: emotività, la quale può aumentare l’attenzione (Easterbrook, 1959; Vuilleumier, 2005), valenza, ovvero positiva o negativa. Alcune emozioni si associano a stati positivi ed altre a stati negativi. I contenuti più negativi dovrebbero incoraggiare la lettura. L’ultima modalità di influenza è identificata dalle emozioni specifiche: vi sono emozioni che, seppur presentando la stessa valenza, hanno effetti diversi sulla lettura, dovuti soprattutto a come modellano l’eccitazione e l’incertezza. Proprio quest’ultima porta ad un aumento dell’attenzione e quindi incoraggia la lettura. Alcune emozioni si caratterizzano per alta eccitazione (rabbia e ansia) ed altre per bassa eccitazione (tristezza): sono le prime che incoraggiano le persone a leggere.

2.2.2.1 Studio 1: analisi del linguaggio naturale di 825000 sessioni di lettura Questo primo studio è stato realizzato dagli autori grazie all’appoggio di un’azienda di content intelligence che traccia il coinvolgimento dei lettori per gli editori online.

L’attenzione è stata rivolta solo a sessioni che richiedono un certo impegno e solo su articoli in inglese.

La variabile dipendente è la lettura e, come controlli, vengono inserite diverse variabili, ad esempio l’editore, il dispositivo, l’argomento ecc. Le variabili indipendenti che influenzano la lettura sono, come anticipato precedentemente, l’emozione e la facilità di elaborazione.

I risultati confermano l’ipotesi di emotività, ovvero che le emozioni incoraggiano l’impegno nella lettura e che le persone hanno più probabilità di continuare a leggere dopo paragrafi che evocano ansia e, viceversa, se evocano tristezza. Per quanto riguarda la facilità di elaborazione, più una lettura è complessa più viene danneggiato l’impegno e quindi la continuazione nella lettura. La probabilità di una prosecuzione è legata molto all’utilizzo di parole familiari.

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I risultati in questione sono valutati come robusti per una serie di controlli, ovvero le persone sono più propense a continuare la lettura se il dispositivo hardware di cui si servono è un desktop o tablet, inoltre, le persone preferiscono continuare a leggere articoli i cui argomenti ricadono nella sfera del calcio, cibo e intrattenimento.

Per concludere, questo primo studio suggerisce l’esistenza di alcune caratteristiche testuali che impattano sulla lettura, in primo luogo le emozioni rivestono un importante ruolo (si continua a leggere dopo paragrafi che suscitano ansia e si è meno propensi a continuare dopo paragrafi che evocano tristezza); ancora, più facile è l’elaborazione di un testo, più è probabile che il lettore prosegua la sua attività.

A questo punto viene introdotto il secondo studio, al fine di testare direttamente se eccitazione e incertezza guidino realmente gli effetti di emozioni specifiche sulla lettura. Seguito da questo vi è anche un’analisi circa i ruoli sottostanti svolti dall’eccitazione e dall’incertezza.

2.2.2.2 Studio 2: manipolazione di emozioni specifiche

Le emozioni che sono oggetto di manipolazione in questo studio sono la rabbia, l’ansia e la tristezza delle quali si provvederà anche a misurare l’impatto sulla lettura. L’esperimento è stato condotto con un campione di 322 soggetti ai quali è stata assegnata, a caso, una delle quattro condizioni (controllo vs. rabbia vs. ansia vs. tristezza).

Lo studio si è svolto in vari step: uno, sono state manipolate delle emozioni specifiche, chiedendo di elencare da tre a cinque cose che hanno fatto sentir loro una specifica emozione e poi scrivere approfonditamente di una di queste, due, dopo aver completato il compito di scrittura, ai partecipanti è stato chiesto quanto incerti e sollevati si sentivano, terzo, è stata misurata la variabile dipendente. Infine, ai partecipanti è stato mostrato di più dell’articolo e lo studio si è concluso (Berger, Moe & Schweidel, 2019).

Anche in questo caso, i risultati si sono dimostrati coerenti con le ipotesi iniziali. Attraverso un’analisi ANOVA ad una via, è stato dimostrato che le emozioni danno forma alla lettura. Nello specifico,

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mentre ansia e rabbia hanno fatto desiderare alle persone di saperne di più, la tristezza ha avuto l’effetto opposto.

Inoltre, si è cercato di dimostrare che sia eccitazione che incertezza possono spiegare gli effetti delle emozioni sulla lettura. Manipolando l’ansia è stato rilevato che, in caso di aumento, aumenta anche l’eccitazione che aumenta a sua volta la lettura; l’ansia crescente aumenta anche l’incertezza che ha lo stesso effetto sulla lettura. Successivamente è stata manipolata la tristezza, la quale, all’aumentare, riduce l’eccitazione e quindi la lettura. D’altro canto, però, aumenta l’incertezza che a sua volta aumenta la lettura.

Infine, è stata manipolata la rabbia e si è rilevato come un aumento di questo generi un incremento sia di eccitazione che di incertezza con conseguente aumento della lettura.

Per concludere, ansia e rabbia hanno spinto i lettori a leggere il resto dell’articolo, mentre la tristezza ha avuto l’effetto opposto. Inoltre, le emozioni specifiche hanno influenzato eccitazione ed incertezza le quali hanno un impatto positivo sulla lettura (Berger, Moe, & Schweidel, 2019).

Volendo fornire una panoramica generale dei risultati, si può partire dalla domanda iniziale degli autori (“Cosa rende alcuni articoli più coinvolgenti rispetto ad altri”?). La rabbia, l’ansia e la tristezza sono tutte emozioni negative, ma che impattano in modo diverso sulla lettura, come già ampiamente esposto in precedenza (rabbia e ansia incoraggiano la lettura e tristezza la inibisce). Inoltre, le analisi ausiliarie e quelle relative al secondo studio hanno dimostrato il ruolo importante di eccitazione e incertezza, evidenziando come le persone, a seguito di passaggi che evocano più eccitazione o incertezza, di fatto sono invogliate a proseguire la lettura. Ancora, è stato evidenziato che tanto più complessi sono i contenuti, minore è la probabilità di continuare a leggere.

Gli studi in questione lasciano ampi margini di sviluppo per future ricerche che potrebbero basarsi sullo studio del comportamento di lettura di un successivo articolo. Le emozioni che un pezzo evoca possono trascinare gli effetti del comportamento di lettura di un secondo articolo, quindi, se si è appena letto un articolo che suscita ansia, questa può aumentare l’incertezza e far sì che le persone si

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impegnino di più nelle letture successive. Un altro possibile aspetto da esplorare riguarda lo studio della somiglianza fra i pezzi di un articolo; si potrebbe valutare se un articolo in cui si susseguono pezzi simili scorre di più di uno in cui si alternano pezzi simili e non, questo può essere legato alla facilità di elaborazione e quindi al maggior coinvolgimento nella lettura, il tutto facendo sì di non rendere il contenuto troppo banale (pezzi troppo simili).

Infine, come richiamato dal precedente articolo trattato, (Berger, Kim, & Meyer, 2018) anche la volatilità ha un ruolo fondamentale nel senso che può rendere più coinvolgente il contenuto di un articolo, quindi aumentare l’impegno. Quest’ultimo può anche impattare sulle visite di ritorno presso uno stesso fornitore di contenuti: più i lettori si sentiranno coinvolti da un articolo, più è probabile che ritornino a quel fruitore di contenuti (Berger, Moe, & Schweidel, 2019).

2.3 Un focus specifico: il successo dei brani musicali

Dopo aver introdotto il macro-argomento riguardante i fattori di successo delle opere culturali ed aver riportato esempi pratici di questo, l’attenzione si concentra sul tema principale della presente trattazione: cosa determina il successo di un brano musicale?

Anche in questo caso sono stati presi in considerazione, in via preliminare, alcuni lavori svolti da accademici che sono serviti da input per la ricerca svolta in questa sede e presentata alla fine di questo capitolo.

Le prime due trattazioni, di seguito esposte, si concentrano di più sullo studio del testo di un brano musicale, mentre l’ultima affronta anche tematiche riguardanti la melodia e le caratteristiche acustiche di un brano.

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2.3.1 Pronomi di seconda persona e successo culturale

Il primo di questi articoli è stato scritto da Grant Packard e Jonah Berger6 e tratta la tematica

dell’utilizzo dei pronomi di seconda persona nelle canzoni e come questo fattore impatti sul loro successo.

La domanda iniziale che apre le danze è sempre la stessa, ovvero quale sia la ragione che porta alcune opere ad avere successo, mentre altre falliscono. Alcuni studiosi hanno teorizzato che le arti narrative hanno un ruolo sociale, favorendo un senso di connessione con gli altri (Hargreaves & North, 1999; Schafer et al., 2013). Nello specifico, gli autori vogliono mettere alla prova la capacità della musica di collegare gli ascoltatori ad altri soggetti che fanno parte della loro vita: questo ha la naturale conseguenza che le canzoni che riescono a facilitare questa connessione dovrebbero avere più successo (Packard & Berger, 2020). In sintesi, nell’articolo in questione, si cerca di dimostrare che le canzoni che utilizzano di più pronomi di seconda persona dovrebbero avere più successo, questo non perché le parole si rivolgono direttamente al pubblico come soggetto, ma come oggetto, in quanto evocano un’altra persona presente nella vita dell’ascoltatore.

Gli studi condotti in questo caso sono 3.

Il primo ha preso in considerazione, come negli altri esempi citati in precedenza, l’elaborazione del linguaggio naturale di un campione di 1879 canzoni da 1187 artisti. Questo è stato ottenuto raccogliendo i dati sulle canzoni e le rispettive performance con cadenza trimestrale per tre anni (2014-2016) dalla classifica dei download di Billboard per ciascuno dei sette generi principali (Packard & Berger, 2020). Il secondo step ha riguardato la misurazione dei pronomi di seconda persona attraverso l’acquisizione del testo da SongLyrics.com e la successiva elaborazione utilizzando Linguistic Inquiry e Word Count (LIWC; Pennebaker et al., 2015) per identificare la proporzione di parole in ogni canzone scritte alla seconda persona. Il terzo step, poi, si è focalizzato

6 Packard, G., & Berger, J. (2020), “Thinking of You: How Second-Person Pronouns Shape Cultural Success”, in

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sulla realizzazione di una regressione OLS per esaminare la relazione tra pronomi di seconda persona e successo della traccia musicale.

I risultati di questo primo studio hanno confermato l’ipotesi iniziale: le canzoni che hanno usato di più parole come “tu” o “voi” si sono dimostrate più popolari. Inoltre, questi risultati si sono confermati robusti anche in relazione ad alcuni controlli, ad esempio se le canzoni che usano di più pronomi di seconda persona parlano di specifici argomenti e sono questi piuttosto che i pronomi a guidare il successo. In totale sono stati introdotti altri quattro controlli oltre a quello menzionato (popolarità dell’artista, riproduzione in radio del pezzo, genere, caratteristiche del linguaggio).

Anche aggiungendo tutti questi fattori i risultati sono rimasti stabili.

Ci si potrebbe chiedere se questo rapporto è limitato solamente a canzoni popolari. Per fornire i risultati in questione è stata selezionata casualmente una canzone dello stesso artista e album che non è entrata nelle classifiche Billboard, i brani in questione appartengono allo stesso artista e allo stesso periodo di pubblicazione di una “Hit”. I risultati mostrano che le canzoni più popolari (appartenenti alla classifica top 50 di Billboard) hanno usato di più i pronomi di seconda persona.

Inoltre, è stata svolta una ricerca specifica volta a identificare se l’effetto dei pronomi di seconda persona è lo stesso a seconda che le canzoni si rivolgano direttamente al pubblico come soggetto oppure come oggetto dei pensieri che viene evocato nella mente dell’ascoltatore.

I risultati hanno evidenziato che quando il pronome “you” è usato in riferimento ad un oggetto, le canzoni risultano essere più popolari e questa relazione persiste anche con l’inserimento dei controlli precedentemente presentati.

In sintesi, dallo studio uno è emerso che le canzoni che usano di più i pronomi di seconda persona sono anche più popolari e che questa popolarità è legata al fatto che, piuttosto che riferirsi direttamente all’ascoltatore come soggetto, questo viene considerato come un oggetto (canzoni che evocano una persona nella mente dell’ascoltatore che può essere l’oggetto del desiderio o dell’amore) (Packard & Berger, 2020).

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Il secondo studio effettuato dai due autori ha testato la relazione tra pronomi di seconda persona ed impegno individuale, al di là del successo o meno di una canzone. Si esamina se le canzoni con più pronomi di seconda persona sono gradite di più o di meno. Inoltre, si testa questa relazione: se i pronomi di seconda persona aumentano l’impegno dell’ascoltatore attivando altri soggetti nella loro vita, allora questa relazione dovrebbe essere mediata dalla capacità del testo di evocare un’altra persona nella vita del pubblico.

L’analisi in questione è stata svolta con un panel di ascoltatori a pagamento ai quali è stato chiesto di nominare qualsiasi canzone ascoltata di recente chiedendone il gradimento. Si è proseguito misurando il processo ipotizzato, ovvero se il gradimento ha incoraggiato le persone a pensare a qualcuno della loro vita. Infine, grazie nuovamente a SongLyrics.com, sono stati estrapolati i testi delle canzoni ed analizzati in LIWC (Pennebaker et al., 2015) per venire a conoscenza della proporzione di parole costituite dalle varianti di “you”.

I risultati si sono dimostrati coerenti con quelli del primo studio, lasciando intravedere che le canzoni più contenevano pronomi di seconda persona più erano gradite. I risultati si sono confermati robusti anche con l’introduzione dei controlli del primo studio. Nello specifico, il gradimento è risultato maggiore per le canzoni che usano “you” come oggetto piuttosto che soggetto. Questa relazione fra l’utilizzo di pronomi in funzione di oggetto e il gradimento è stata mediata dalla capacità della canzone di far immaginare un’altra persona nella vita dell’ascoltatore (Packard & Berger, 2020). Si è anche cercato di dare delle spiegazioni alternative a suddetti risultati attraverso la valutazione, ad esempio, di pronomi di terza persona e di prima. Ne è risultato che nessuno dei due aveva impatto sul gradimento della canzone, con o senza controlli.

Si può pertanto affermare che da questo secondo studio sono emerse ulteriori conferme del fatto che l’utilizzo di pronomi di seconda persona riesca ad aumentare il successo e l’effetto di gradimento è risultato più legato al fatto che queste canzoni evocavano nella mente dell’ascoltatore un’altra persona, piuttosto che dal fatto che il pubblico si sentisse direttamente interpellato (soggetto). Infine, i risultati si possono generalizzare anche a canzoni che non sono “Hit”.

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Il terzo ed ultimo studio proposto si è occupato, invece, di manipolare i pronomi di seconda persona in una canzone fittizia, misurandone l’impatto sul gradimento e verificando se gli effetti risultavano guidati dall’attivazione di un’altra persona o meno.

In questo caso i partecipanti, nuovamente estratti da un panel online a pagamento, sono stati assegnati casualmente a tre diverse condizioni di pronome (seconda persona, terza persona, impersonali). A tutti i partecipanti è stato chiesto di leggere il testo di una canzone per tre volte. Le condizioni di confronto sono state due: la prima riguardante la sostituzione di pronomi di seconda persona con quelli di terza che rende la vicinanza con l’“altro” psicologicamente inferiore (Enfield & Stivers, 2017), la seconda condizione, invece, ha rimosso i pronomi personali sostituendoli con quelli impersonali come “questo” ed “esso”.

Ancora, i risultati si sono confermati aderenti alle previsioni, dimostrando che, anche con canzoni fittizie, i pronomi di seconda persona riescono ad influenzare il gradimento verso una canzone molto di più rispetto a quando vengono utilizzati pronomi di terza persona o impersonali. Anche questa volta gli autori hanno tentato di fornire una spiegazione alternativa, cercando di capire se l’utilizzo delle due nuove tipologie di pronomi piuttosto che gli effetti positivi di quelli di seconda persona hanno guidato i risultati, ma la supposizione si è rivelata non vera.

Nuovamente si può affermare che la presenza di pronomi di seconda persona ha aumentato il gradimento anche nei confronti di una canzone fittizia e che questo ha spinto all’attivazione di un altro soggetto nella vita dell’ascoltatore.

Generalizzando i risultati ottenuti, si dimostra come delle caratteristiche linguistiche spesso ignorate possono avere una grande importanza e che gli studi proposti potrebbero essere opportunamente impiegati per diverse opere culturali (cinema, letteratura). Il fatto che l’impegno nell’ascolto del pubblico fosse guidato dall’evocazione di altri nella loro vita, conferma le dichiarazioni preliminari circa l’importante ruolo sociale della musica (Schafer et al., 2013).

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Ricerche future potrebbero indagare più a fondo il rapporto fra ascoltatore e protagonista, poiché molte volte chi ascolta tende a sentirsi un po' protagonista di un pezzo (Hartung et al., 2016). Potrebbe forse aumentare il coinvolgimento quando il soggetto appare in prima e non in terza persona (ad esempio “capisco” vs. “lei capisce”). Inoltre, si potrebbe approfondire il rapporto con l’altra persona invocata, che non è detto sia soltanto l’oggetto del desiderio o l’amata/o, ma il risultato dovrebbe essere il medesimo nel caso in cui il pezzo evochi un’altra persona odiata, nel caso in cui ci sia una persona verso cui l’ascoltatore nutre certi sentimenti.

2.3.2 Le tematiche comunicative più rilevanti nelle “Hit” dal 1960 al 2009

Il secondo articolo preso in considerazione circa la specifica tematica musicale è stato scritto da David Henard e Christian Rossetti7, entrambi professori presso l’Università del North Carolina. Ancora una

volta ci si sofferma più approfonditamente sulla tematica testuale, lasciando la melodia in secondo piano.

I due autori hanno analizzato le canzoni pop che hanno rivestito il ruolo di “Hit” in un periodo che va dagli anni ’60 al 2009, con l’obiettivo di identificare i temi comunicativi delle canzoni più di successo presso il pubblico. Lo scopo finale è sempre il medesimo: riuscire, attraverso l’estrapolazione delle tematiche comunicative più utilizzate, a predire il successo di una canzone.

In questo lavoro è molto evidente il risvolto comunicativo e pubblicitario. Infatti, attraverso l’osservazione delle canzoni più di successo, possono essere fornite delle indicazioni precise al mondo dell’advertising per realizzare un messaggio di un certo tipo che colpisca il consumatore, sfruttando la musica pop (Henard, & Rossetti, 2014).

L’inclusione della pop music nella pubblicità è dovuta all’abilità di questa di fornire rilevanza per i consumatori. Inoltre, le pubblicità che includono la musica pop sono più efficaci di quelle senza musica e le pubblicità con contenuti vocali sono più efficaci di quelle puramente strumentali (Allan, 2006).

7Henard, D. H., & Rossetti, C. L. (2014), “All you need is love? Communication insights from pop music's number-one

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Numerosi contributi precedenti a quello qui analizzato avevano provato che i testi delle canzoni miglioravano l’impatto della pubblicità (e.g. Allan, 2008), ma i ricercatori non riuscirono a valutare empiricamente quei testi. Progressi tecnologici avvenuti nel corso degli anni 2000 hanno reso possibile fare ciò attraverso la combinazione di ricerche comportamentali e neuropsicologiche, le quali hanno evidenziato il fatto che gli individui sono in grado di elaborare testi e melodie in modo indipendente durante l’ascolto di un brano (e.g. Barongan et al., 1995; Besson, Faita, Bonnel, & Requin, 1998; Peretz et al., 1994; Wester, Crown, Quatman, & Heesacker, 1997).

Dal punto di vista della comunicazione di marketing, questa possibilità apre la strada all’ampliamento dell’orizzonte delle ricerche possibili.

Nello specifico il lavoro di Henard e Rossetti cerca risposte a tre domande di ricerca: in primo luogo, se i temi di comunicazione possono essere identificati e quantificati nei testi della pop music; in secondo luogo, se ciò è possibile, gli argomenti in questione possono predire il successo o meno di una canzone? Per ultimo, se tutte e due le precedenti affermazioni sono vere, quali sono le implicazioni pratiche per le comunicazioni di marketing?

Gli autori cercano, attraverso un focus sul testo della canzone, di catturare le tematiche del messaggio che più rispecchiano un ampio numero di consumatori, cercando di capire perché alcune canzoni raggiungono il successo ed altre no.

La musica è un’arte che ha un forte impatto a livello sociale, infatti, in ambito musicale, il pubblico è coinvolto in prima persona nel ricevere un tipo di informazione simbolica, prodotta da altri ai quali non può rispondere direttamente, ma con i quali l’audience può formare legami affettivi o di lealtà (Thompson, 1994).

Se si conoscono le tematiche testuali di una canzone, è più semplice realizzare un messaggio o una pubblicità che abbia successo.

La ricerca si è aperta cercando di costruire un dataset estrapolando dei brani dalla classifica “Hot 100” di Billboard, in totale sono state esaminate 943 canzoni. Sono state analizzate solo quelle che

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hanno raggiunto le vette più alte della classifica, sotto premessa degli autori che queste fossero le preferite dal pubblico.

In totale, sono risultati cinque dataset di testi di canzoni, uno per ogni decade nelle quali la canzone in questione si trovava al primo posto.

I testi delle canzoni sono stati analizzati con il metodo di analisi di risonanza centrale dell’analisi testuale computerizzata (CRA). Questo metodo fa leva sulla teoria accentrante (Grosz, Weinstein, & Jqshi, 1995) e usa l’analisi dei contenuti per decodificare il testo rappresentandolo empiricamente come una rete di parole e relazioni grammaticali (Carley, & Kaufer, 1993; Danowski, 1993).

La codificazione è meccanica e questo permette di ridurre il bias e di fornire un’analisi più dettagliata di gruppi di parole complessi.

Il CRA lavora utilizzando il linguaggio naturale per dividere il testo in sequenze che identifichino le varie parti del dialogo, infine, calcola l’influenza di ogni parola.

Ogni dataset conteneva file di testo delle canzoni ed ognuna era analizzata con una rete CRA. Si otteneva così un punteggio di influenza per ogni parola.

In riferimento alla prima domanda di ricerca, è stato possibile ottenere sia le tematiche primarie che quelle secondarie (o transitorie), ma non senza margine di errore. Infatti, si rileva che meno testi di successo non erano rappresentati in questi dati. Per risolvere questo, i dati sono stati divisi in quartili della lunghezza dei giorni di permanenza al numero uno della canzone, in contrasto all’uso delle tematiche testuali attraverso il 25% delle canzoni. Queste percentuali di canzoni che si trovano nel periodo temporale iniziale (1960-1989) e alla fine (1990-2009) sono state selezionate per formare i quartili (Henard, & Rossetti, 2014).

Così è stato possibile valutare se l’uso delle tematiche differisse nei quartili o meno. Le canzoni più recenti (1990-2009) tendevano a restare al numero uno più a lungo di quelle del primo periodo (1960-1989).

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Non è stata rilevata alcuna differenza statistica nell’uso delle tematiche primarie o secondarie attraverso i quartili.

Passando alla seconda domanda di ricerca, per ognuna delle cinque decadi, sono stati identificati i primi due cantanti più di successo che si trovavano da una settimana al primo posto della classifica ed è stato preso in considerazione il maggior numero di canzoni per ogni artista (sia “Hit” che “Flop”). È stata poi condotta un’analisi fattoriale per identificare le parole chiave influenti e le tematiche. I risultati hanno indicato una variazione di tematiche per ogni artista. I testi delle canzoni sono stati, poi, analizzati con il metodo CRA ed, infine, è stata condotta una regressione logistica per determinare se le tematiche primarie potessero predire se una canzone avrebbe raggiunto la vetta della “Hot 100” o meno. In questo frangente, gli autori hanno trovato che la presenza di tematiche primarie potrebbe predire con un’accuratezza del 73.4 % il successo di un brano. Nello specifico, il 24.3 % delle “Hot 100” è stato correttamente classificato come “Hit” e l’81.6% delle non “Hot 100” è stato identificato come “Flop”.

Dagli studi in questione è emerso anche che le tematiche primarie utilizzate variano con il tempo: - La tematica “ispirazione”, relativamente poco usata negli anni ’60, ha il suo boom nei 2000; - “nostalgia” va via via in disuso con il passare del tempo;

- “perdita”, che risulta dominante negli anni ’80 e ’90;

- “separazione” ha una fluttuazione più contenuta rispetto alle altre;

- le altre due tematiche primarie sono “desiderio” e “aspirazione” (Henard, & Rossetti, 2014). Passando ad esaminare quelle secondarie (ribellione, disperazione, confusione, fuga e disillusione) si nota come vi sia una crescente disparità nel loro uso rispetto alle primarie.

Sostanzialmente:

- Gli anni ’60 risultano caratterizzati da tematiche come “dolore”, “nostalgia” e “ribellione”; - Gli anni ’70 vedono come tematiche dominanti “nostalgia”, “ribellione” e “disillusione”; - Negli anni ’80 dominano “perdita”, “aspirazione” e “confusione”;

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- Negli anni ’90 vi sono “perdita”, “ispirazione” e “fuga”;

- Infine, nei 2000, predominano “ispirazione”, “dolore” e “disperazione” (Henard, & Rossetti, 2014).

Si può affermare che le tematiche possono essere identificate durante i cinquant’anni, che i contenuti di queste sono estremamente razionali e che variano nell’utilizzo lungo il lasso di tempo considerato. Si passa, a questo punto, a rispondere al terzo interrogativo di ricerca: quali sono le implicazioni per la comunicazione e la pubblicità. Le implicazioni sono molteplici: per iniziare, i pubblicitari dovrebbero identificare quelle tematiche che meglio risuonano con quelle del loro pubblico più rilevante, perché quando le tematiche sono usate in modo continuato nel tempo, la connessione che si riesce a stabilire con il pubblico va oltre la forza di un singolo messaggio (Moriarty, 1996). Ancora, l’integrazione di queste tematiche nelle comunicazioni dovrebbe favorirne il successo commerciale in misura maggiore rispetto a quei messaggi che non sfruttano questi contenuti; sono tematiche universali con cui tutti hanno avuto a che fare almeno una volta. Inoltre, si è scoperto anche che le tematiche musicali di successo sono state sconvolgentemente emozionali nella melodia, la quale va a completare le scoperte precedenti riguardo al ruolo del coinvolgimento emozionale e all’efficacia della pubblicità (Binet, & Field, 2009). Accorpando questo punto di vista alla ricerca, si può affermare che l’intensità affettiva della comunicazione può evocare una risposta emotiva non casuale (e.g. Bruner, 1990), c’è da aspettarsi che le tematiche emozionali risuoneranno ad un pubblico più ampio e ciò si può legare al successo di una comunicazione.

Le ricerche future potrebbero esaminare l’uso delle tematiche attraverso specifici generi oppure riguardare un contesto più ampio dal punto di vista demografico, in quanto la cultura di origine influenza in qualche modo l’efficacia di una comunicazione. Una ricerca addizionale potrebbe anche fornire i professionisti del settore di informazioni su come certe coppie di tematiche dei brand risuonano o meno ai consumatori.

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Altri studi potrebbero essere in grado di predire quali saranno le tematiche di successo nell’immediato futuro, inoltre, si potrebbe cercare di comprendere quali tematiche risultano più adatte ad un canale comunicativo piuttosto che ad un altro.

Lo studio di Henard & Rossetti non è però privo di limiti, uno su tutti è la mancanza di considerazione nei confronti della melodia e di tutte le caratteristiche armoniche di un brano, nonché del coinvolgimento non testuale delle canzoni. Inoltre, vi è incapacità di isolare completamente l’efficacia di una tematica dalla melodia associata. Ancora, il vero scopo di un mezzo di comunicazione è difficile da stabilire con cura e non è mai più di un’approssimazione (McQuail, 1997).

Infine, includere i “Flop” potrebbe produrre tematiche addizionali che potrebbero essere sottorappresentate nel campione qui considerato.

2.3.3 Trend musicali e prevedibilità del successo musicale

Il terzo ed ultimo studio preso in considerazione nell’ambito del successo musicale analizza un campione di più di 500000 canzoni pubblicate nel Regno Unito fra la metà degli anni ‘80 e il 2015, al fine di capire le dinamiche alla base del successo, correlandolo con le caratteristiche acustiche dei brani per capire come lo si possa prevedere. Il successo, in questo studio, è identificato come “essere presente in classifica” per un brano musicale, e se si possono delineare delle tendenze nelle diverse decadi.

L’articolo in questione è stato scritto dai seguenti autori: Interiano M., Kazemi K., Wang L., Yang J., Yu Z., & Komarova, N. L.8

Suddetto lavoro si basa su altri contributi realizzati in precedenza. Uno fra questi si è concentrato sul rapporto tra la posizione del brano in classifica e la durata del tempo di permanenza: si è scoperto che i più grandi successi sono rimasti in classifica per periodi più lunghi (Strobl, & Tucker, 2000).

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Per citarne altri, vi sono anche analisi di sopravvivenza, come quella che ha misurato le correlazioni statistiche del periodo in cui un album è rimasto nelle classifiche americane e che ha portato alla scoperta di una relazione di dipendenza fra longevità in classifica e rango di debutto dell’album, carriera dell’artista, promozione con etichette importanti e genere dell’artista (Bhattacharjee et al., 2007).

Interiano et al. (2018) studiano una categoria molto più ampia di canzoni, considerando sia canzoni in classifica che fuori, questo permette una maggior varietà delle caratteristiche musicali ed aumenta la potenza predittiva. Le canzoni qui analizzate provengono dalla Top 100 Singles Chart della Official Charts Company nel Regno Unito, che rappresenta la fonte principale di pop music in UK (http://officialcharts.com) e questi dati sono stati poi ampliati con metadati e descrittori delle caratteristiche musicali provenienti da MusicBrainz (https://musicbrainz.org/) e AcousticBrainz (https://acousticbrainz.org/).

MusicBrainz è un archivio pubblico di metadati musicali a cui si può avere accesso tramite internet, è nato negli anni ’90, ampliando a mano a mano la natura delle informazioni che contiene: questo consente di scoprire relazioni più complicate che possono essere utilizzate per la ricerca e scoperta musicale (Interiano et al., 2018). AcousticBrainz, invece, è un progetto che mira a democratizzare e facilitare la ricerca musicale rendendo i dati più accessibili al pubblico.

Le caratteristiche musicali di alto livello di AcousticBrainz sono ottenute applicando classificatori alle informazioni caricate dagli utenti; le caratteristiche di queste variabili sono descritte online (https://acousticbrainz.org/).

In totale vi sono diciotto variabili calcolate da AcousticBrainz, dodici delle quali binarie e sei categoriche ed ogni variabile ha una probabilità di precisione posteriore stimata associata. Le binarie sono divise in due categorie: le proprietà acustiche della musica (ballabilità, tonalità, timbro, voce, genere) e gli stati d’animo che descrivono i suoni (triste, felice, rilassato, aggressivo, entusiasta). Vi sono anche due proprietà acustiche scindibili in due modalità: acustica o elettronica.

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Le variabili categoriche, invece, tentano di classificare la musica in classi di umore (mirex) e genere più complessi (generi: elettronica, Tzanetakis, Dortmund, rosamerica, ismir04) (https://acousticbrainz.org/).

Le 12 variabili binarie sono utilizzate per studiare le tendenze multi-decade, mentre tutte le variabili sono utili per la previsione del successo.

Dal momento che lo studio in questione si propone di confrontare canzoni di successo con quelle non di successo, è stato necessario, per la lista delle canzoni non classificate, includere tutte quelle disponibili da un’uscita distribuita nel Regno Unito (album, singoli, vinili, Eps, ecc..).

Una volta identificate le canzoni candidate, sono stati recuperati i loro descrittori dal database AcousticBrainz creato con i dati disponibili pubblicamente (Interiano et al., 2018).

A questo punto sono stati analizzati i dati ed il primo risultato rilevante da esporre riguarda le tendenze temporali delle 12 caratteristiche musicali. In particolare, si rileva come le caratteristiche medie delle canzoni di successo siano molto diverse da quelle dei non successi, seguendo un loro proprio modello. Per quanto riguarda il trend delle caratteristiche, la “felicità” e la “vivacità” hanno sperimentato una tendenza al ribasso, mentre la “tristezza” ha seguito un aumento negli ultimi trent’anni (e.g. Mazziotta, 2020).

Ancora, “rilassamento” e “ballabilità” sono aumentati nel corso del tempo. Infine, la percentuale di voci maschili sta andando verso il ribasso e le canzoni di successo annoverano una maggior percentuale di artiste donne rispetto a tutte le canzoni (Whiteley, 2013).

Avendo già affermato che il modello delle canzoni di successo differisce da quello degli insuccessi, gli autori rilevano nello specifico che: i successi sono più felici, con timbro più brillante, meno tristi, più festosi, meno rilassati e più ballabili della media. Soprattutto riguardo ad alcune caratteristiche (“aggressività”, “acustica”, “atonalità”, “ballabilità” e “vivacità”), l’andamento delle canzoni pop di successo non riflette quello complessivo di declino. Una motivazione di ciò potrebbe derivare dal crescente successo delle compilation (Wikström P., & Burnett R. 2009), che hanno contribuito al progredire del successo riducendo il rischio, puntando sul riconfezionamento e la reintroduzione di

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vecchie canzoni, oppure, la crescente preminenza di consumatori più anziani che possono rendere più statico il successo (Wikström P., & Burnett R. 2009).

Gli autori hanno indagato anche sull’influenza dei generi musicali sul successo dei brani, rilevando che il jazz e la musica classica difficilmente riusciranno a trionfare, mentre le canzoni dance e pop sono quelle di maggior successo. Anche il rock ha una tendenza al ribasso dai primi anni 2000. Al fine di comprendere la connessione tra genere e successo, è stata ripetuta l’analisi precedente ed i risultati hanno rilevato che, se all’interno di un genere, una caratteristica ha una ridotta variazione rispetto a quella fra tutte le canzoni, questa caratteristica non differisce molto fra “Hit” e “Flop”. Nonostante i risultati interessanti, non è compito semplice determinare il genere in maniera automatica e si possono rilevare molte incongruenze nelle variabili di AcousticBrainz, quindi, le dodici caratteristiche musicali esaminate prima, si confermano come più abili a fornire indicazioni sul successo.

Come ultimo step, si è cercato di predire il successo musicale utilizzando canzoni pubblicate negli anni precedenti. Questo è stato possibile grazie ad un’analisi che prende il nome di Random Forest Model che ha considerato il 2014 (anno più recente con un anno pieno di dati), il 2004 (anno con due terzi di dati da utilizzare) e il 1994 (anno con un terzo di dati). Sono state svolte tre analisi, una prima ha elaborato un modello per ogni anno per prevedere se una canzone del 2014 sarà in grado di raggiungere il successo o meno; la seconda ha combinato singoli modelli dell’analisi precedente inserendo pesi proporzionali alla precisione di previsione individuale. La terza combina i dati, utilizzando il tempo come variabile continua e utilizzando tutti i dati di canzoni dall’ ‘85 al 2013. Come si può notare, queste tre analisi hanno riguardato la previsione di successo per il 2014 nello specifico.

Altro fattore importante che viene introdotto, al fine di valutare se questo possa influire o meno sui risultati, è la variabile “superstar”, attribuita all’artista che è stato top-charted negli ultimi cinque anni. Tra le canzoni registrate, quelle con un artista “superstar” erano tra il .51 e .68, con proporzione più

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bassa nel 1986, dovuto al fatto che solo le canzoni del precedente anno possono essere usate per definire i brani con “superstar”. Tra i brani non classificati, la proporzione di quelli con artista “superstar” è molto inferiore, il che spinge ad affermare che questa variabile abbia un elevato valore predittivo.

Per poter generalizzare queste conclusioni anche al 2004 e al 1994 sono state di nuovo eseguite le analisi presentate sopra, dalle quali è scaturito che la “superstar” è una buona predittrice del successo anche per gli anni 2004 e 1994 anche se, rispetto ai risultati del 2014, le previsioni di accuratezza per gli altri anni considerati, sono inferiori; questo può essere dovuto al fatto che la qualità dei dati negli ultimi anni è migliorata notevolmente (Interiano et al., 2018).

In generale, lo studio in questione mostra delle chiare tendenze temporali, come un andamento al ribasso di “felicità” e “vivacità” ed uno verso l’alto della “tristezza” (Dewall et al., 2011).

Inoltre, vi è stato un aumento multi-decade di “ballabilità” e “rilassatezza” che può indicare una diffusione della musica pop che supera il rock (Straw, 1991), accompagnata da una riduzione della mascolinità delle canzoni.

La seconda serie di risultati evidenzia, invece, il fatto che le canzoni di successo sono veramente poche rispetto a tutte quelle pubblicate. Nel dataset in questione, in media, meno del 4% è in grado di raggiungere il successo ogni anno. Le canzoni di successo seguono propri modelli, sono in controtendenza, evidenziando il fatto di essere più felici, brillanti, festaiole, meno tristi e più ballabili della maggior parte dei brani.

Va però precisato che il successo è difficile da definire e generalizzare, basti pensare al fatto che per le caratteristiche “maschile” e “ballabilità”, le “Hit”, sembrano prevedere la tendenza generale, mentre per altre quattro riflettono l’andamento passato (e.g. “felicità”).

In totale, la capacità di previsione non ha superato il .74, solo considerando i dati del solo anno precedente. La capacità di previsione aumenta ancor di più se si considera la variabile “superstar” (.86)

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Il limite di .74 è dovuto al fatto che sono state considerate solo caratteristiche acustiche che non esauriscono la storia di una canzone, ecco spiegato il miglioramento in caso di introduzione di “superstar”. In passato altri autori hanno studiato il rapporto fra fattori musicali e non (Asai, 2008) identificando come quest’ultimi contribuiscano al successo in modo significativo. Comunque sia, l’aver ottenuto una capacità di previsione di .74 dimostra che le caratteristiche meramente musicali sono molto importanti. Peraltro, la musica è un elemento soggetto a cambiamenti repentini, la moda musicale dura pochissimo e questo è dovuto da un lato ad un processo di gocciolamento verticale (Veblen, 1899), ma anche alla lotta fra i sempre più numerosi fornitori musicali.

In definitiva, la letteratura ampiamente trattata nelle pagine precedenti evidenzia quante possibilità di sviluppo in ambito di ricerca esistono ancora, al fine di trattare il tema del successo culturale. Questa è servita, in qualche modo, da fondamento teorico-empirico preliminare al fine di sviluppare la ricerca realizzata in questa sede.

Ogni articolo lascia ampio spazio all’esposizione di ricerche future che potrebbero essere introdotte al fine di migliorare i modelli presentati e la previsione del successo.

In particolare, nell’ambito musicale, due delle trattazioni presentate si concentravano più approfonditamente sul testo delle canzoni tralasciando la melodia, mentre solo l’ultimo dedicava la sua totale attenzione alle caratteristiche acustiche, cercando di individuare una tendenza temporale di queste.

Una fonte di ispirazione per la ricerca che verrà qui introdotta ed esposta approfonditamente nei seguenti capitoli, deriva proprio da studi di questo genere. L’obiettivo cardine è sempre quello di rispondere o almeno contribuire a snocciolare una questione sulla quale, da alcuni anni, si dibatte: cosa determina il successo delle opere culturali, nello specifico di una canzone? (Packard & Berger, 2020; Berger, Moe, & Schweidel, 2019; Berger, Kim, & Meyer, 2018; Interiano et al., 2018; Henard, & Rossetti, 2014).

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La ricerca in oggetto prende spunto da quelle precedentemente presentate e le integra, per esempio considerando altri tipi di variabili, sia binarie che categoriche, le quali potrebbero essere in grado di spiegare e predire il successo di un brano musicale. Alcune di queste sono comuni a quelle trattate dagli autori Interiano et al., come per esempio la “ballabilità”, “strumentalità” e “acustica”, ma ne vengono introdotte altre sempre strettamente legate alla melodia della canzone e meno alla sfera emotiva (e.g. “emotività”, “triste”, “felice”), come la “modalità”, “energia”, “volume”, ecc.

La coerenza con le ricerche già svolte nel settore si dimostra anche per il fatto che si prendono in considerazione, anche in questo caso, sia i successi che gli insuccessi, al fine di valutare se il loro trend ha dei punti in comune o li ha con quello generale. Inoltre, anche qui, si prende in considerazione un lasso temporale abbastanza ampio che va dal 1960 al 2019, per consentire di produrre un modello quanto più possibile completo ed in grado di spiegare cosa determina il successo di una canzone o meno.

Si potrebbe scoprire che, in realtà, la capacità di previsione può essere migliorata rispetto a quel .74 sopra esposto e che non solo l’anno precedente rispetto a quello considerato restituisce informazioni interessanti per la previsione del successo.

Al fine di fornire risposte ai numerosi interrogativi sopra esposti, si procede entrando nel vivo della ricerca realizzata nella presente trattazione, introducendo le variabili e le varie analisi che la compongono (cap. 3) ed esponendone i risultati (cap. 4), nonché le conclusioni e le principali implicazioni (cap. 5).

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