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Strutture e passaggi di proprietà di una dimora signorile della campagna lucchese, secc. XVI-XIX

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Gianluca Stefani

Strutture e passaggi di proprietà di una dimora signorile

della campagna lucchese, secc. XVI-XIX

2019

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non

(2)

2

Gianluca Stefani

*

Strutture e passaggi di proprietà di una dimora signorile della campagna

lucchese, secc. XVI-XIX

Questa breve nota intende documentare una villa lucchese poco nota a causa del suo stato attuale

di degrado

1

e delle singolari vicende che la portarono a far parte dal 1806 del demanio dello Stato

Lucchese. La dimora attualmente non risulta documentata se non per un breve passaggio in un

volume di Guglielmo Lera

2

. La nota si articola in una breve descrizione dello stato attuale delle

strutture a cui segue una dettagliata descrizione dei passaggi di proprietà subiti dalla dimora e dei

conseguenti mutamenti delle strutture stesse. La scansione temporale dei passaggi è organizzata

seguendo la successione delle famiglie proprietarie della villa: Rapondi, Prosperi, Orsetti e

successivi proprietari.

1. Le strutture

Il palazzo attualmente conosciuto come Palazzaccio

3

e sito in via della Chiesa di Marlia nn.

14-22 consiste di un corpo unitario a 2 piani con soffitta, purtroppo notevolmente alterato e deturpato

nella parte centrale. La facciata sud, impreziosita da un marcapiano, mostra 6 finestre a tutto sesto

con cornici di pietra arenaria scalpellate a gradina al primo piano ed altrettante piccole finestre

rettangolari per la soffitta, conservate, queste ultime, nella loro forma originale solo nel terzo di

ponente dell’edificio. Al centro della facciata meridionale campeggia uno stemma in pietra serena

della famiglia Prosperi, probabilmente tardo secentesco.

* Dip. di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università degli Studi di Firenze

1 Dal punto di vista urbanistico l’edificio ricade sotto la disciplina dell’articolo 15 del Regolamento Urbanistico del

Comune di Capannori che tutela gli edifici di rilevante valore storico architettonico ed è schedata con il n.71 nel cosiddetto terzo elenco che comprende immobili aventi interesse architettonico e urbanistico schedati dal Comune ai sensi della L.R. 59/80. Ironia della sorte, la villa è stata schedata come edificio a corte in prossimità della chiesa parrocchiale, mentre l’edificio contiguo a levante, una volta casa del contadino, è schedato come villa.

2 Cfr. GUGLIELMO. LERA, Capannori. Vicende di una civiltà contadina, Lucca, Promolucca, 1992, p.51. 3 Conosciuto anche come “Palazzo oggi Baccili, Buoni, Pieretti”, Cfr. GUGLIELMO.LERA, Capannori…,cit., o come

(3)

3

Fig. 1 Lo stemma della famiglia Prosperi, attualmente visibile al centro della facciata meridionale del Palazzaccio (Archivio Stefani, Firenze)

Come accennato, il terzo a ponente è quello che si presenta meglio conservato mantenendo nelle

sue linee essenziali l’aspetto che doveva avere alla fine del XVII secolo. La facciata meridionale di

tale parte si presenta tutta dipinta, nella metà a sinistra con un motivo a quadrati suddivisi in triangoli

neri e bianchi, forse un trompe l’oeil per un bugnato a diamante

4

. All’interno dei triangoli neri sono

presenti figure in bianco di diverso tipo: alberi fruttiferi (forse meli), cipressi, figure che ricordano

una spiga di miglio o forse una rapa, colombe. Fino agli anni ‘70 era presente anche un

Cristogramma. Il graffito a diamante è datato 1687. Nella metà a destra si può osservare una

decorazione a festoni e teste di fauno che corre sotto il marcapiano e sotto la gronda. Anche il resto

della parete doveva essere dipinta ma si sono conservati solo alcuni stemmi, con lance e festoni al

primo piano, ormai quasi illeggibili.

4 Una decorazione simile è presente sulla facciata tergale della cinquecentesca villa Fatinelli a SS. Annunziata, cfr.

(4)

4

Fig 2 Particolare della facciata a mezzogiorno con il graffito a diamante negli anni ’70 ( Archivio Stefani, Firenze)

L’immobile nel suo complesso, per struttura e proporzioni, forma e distribuzione delle aperture,

nonché per la presenza del marcapiano, è ascrivibile alla metà del cinquecento. Altri edifici simili,

se non nelle proporzioni almeno nella forma e disposizione degli elementi della facciata sono la

Villa De Vera a Pozzuolo, la Villa Mansi a S. Maria del Giudice e la Villa Bernardini a Massa

Pisana

5

. Come la Villa Bernardini, anche questo edificio risente in qualche modo l’influsso della

matrice strutturale della villa gotica a due facciate con corpo allungato e tetto a capanna

6

sebbene

qui la copertura sia già a quattro falde.

Tuttavia il corpo cinquecentesco doveva essere stato costruito inglobando uno o più edifici

precedenti poiché, all’interno della parte ovest ed anche sulla facciata meridionale al centro, sono

osservabili al piano terreno elementi tardomedievali

7

come un’apertura ad arco in mattoni con luce

di circa 5 metri, ora murata, e vestigia di monofore ai due piani superiori.

5 Cfr. AA.VV: La Villa Lucchese e il suo territorio, Firenze, Vallecchi,1997.

6 Cfr.ISA BELLI BARSALI, La Villa a Lucca dal XV al XIX secolo, Roma, De Luca, 1964, p. 27 7 Cfr. G.LERA, Capannori … cit., p.51

(5)

5

Fig 3. Il Palazzaccio negli anni ’60. Si noti la forma allungata del corpo di fabbrica, tipica delle ville gotiche del ‘400. La struttura, nonostante i deturpamenti era ancora leggibile nelle sue linee principali (Archivio Matteucci, Marlia)

Fig 4. Il Palazzaccio negli anni ’70: facciata a mezzogiorno. All’epoca, la decorazione ricopriva l’intera metà ovest della facciata, in particolare si noti al centro la decorazione intorno allo stemma e la cornice

sottostante ( Archivio Stefani, Firenze).

Dall’esame dei sotterranei della parte di ponente e della porzione più a est dell’edificio si rileva

che in epoca tardomedievale il palazzo doveva essere più corto (l’attuale sesto più a ovest è stato

aggiunto nel Cinquecento) ed anche meno profondo poiché il muro perimetrale a settentrione

risultava più arretrato, rispetto all’attuale, di circa tre metri.

(6)

6

2. I passaggi di proprietà nei documenti di archivio

I Rapondi

Non abbiamo notizie documentali dell’edificio prima del 1551 quando viene descritto

nell’Estimo della Repubblica Lucchese sotto due misure diverse, una prima volta nel terzo della

Pieve del Comune di Marlia, ed una seconda nel terzo di S. Donnino del medesimo comune

8

, il

palazzo si trovava infatti sul confine tra i due terzieri. Nel primo caso

9

è descritto insieme alla pieve

e alla canonica di Marlia come «Palazzo grande, colombario et casa p(er) il salano

10

attaccata a

ditta casa un’altra casa per il salano» poiché il fondo della Pieve e la chiusa intorno al Palazzaccio

erano condotti dal medesimo soggetto

11

. L’intestazione della misura è infatti duplice: «della Pieve

di Marlia, de’Redi di Galeotto Rapondi». La rappresentazione del palazzo è molto stilizzata e simile

ad altre che si trovano nel medesimo Estimo per gli edifici più importanti: due piani oltre alla soffitta

con bifore al piano nobile e comignoli sul tetto. Si notano comunque un colombario e due aperture

al piano terra, forse un loggiato.

Fig 5. Il Palazzaccio nel 1550: si noti la posizione, sotto l’antica chiesa di Marlia, ed il colombario ( ASL Estimo, 197, p. 2°,-Marlia, Terzo Pieve, mis. 19).

8 La Pieve di Marlia era suddivisa in terzieri: Pieve ( a nord), San Donnino ( a sud-est) e san Martino a sud-ovest. 9 Archivio di Stato di Lucca, Estimo197, parte 2° (Marlia) Terzo Pieve, mis.19.

10 In vernacolo lucchese il termine salano indica un contadino (Cfr. ILDEFONSO NIERI, Vocabolario Lucchese, Lucca,

Tipografia Giusti, 1902, pag. 178).

11 In un terrilogio della pieve di Marlia del 1711 è individuata la stessa chiusa con la canonica e la chiesa, già descritta

nelle misure pubbliche del 1550 sotto il n. 19

[…] che con le misure laterali comprende una parte della Chiusa, e Palazzo,[…] e già godeva il Sig. Galeotto Rapondi, vero è che a dette misure [del 1550] Vincenti di Jacopo Nannini conduttore,[dichiarò] condurla parte dalla Pieve, e parte dagli Er(e)di di galeotto Rapondi senza dire, se sia tutto della Pieve et il Rapondi ne abbia, una parte a livello, neppure senza individuare la porzione spettante alla Pieve […]

(7)

7

Nel terzo di San Donnino invece il medesimo edificio è menzionato

12

nella descrizione di un

fondo «delli h(e)r(e)di di Ghaleotto Rapondi» a cui confinano da settentrione «Casa e Corticelli e

stalla e prato di dicti heredi via mediante» (figura 7). Qui la rappresentazione della casa è ancora

più stilizzata ma si notano ancora il loggiato e la casa del salano attaccata al palazzo. La contiguità

della casa padronale con quella del salano conferma l’impianto antico della villa con i fabbricati

dedicati ai salani contigui al corpo principale della villa

13

.

.

Fig 6. Il Predio magno dei Rapondi nel 1550: si noti la collocazione del palazzo sopra la via (ASL Estimo, 197, p. 2°,-Marlia, Terzo S. Donnino, mis. 76).

12 ASL, Estimo197, parte 2° (Marlia) Terzo S. Donnino, mis. 76.

13 Cfr. DANIELE PESCIATINI, Il Significato delle strutture produttive annesse alle dimore lucchesi dell’area

extraurbana: dalla gestione signorile allo sfruttamento capitalistico, in Le Dimore di Lucca, a cura di Emilia Daniele, Firenze, Alinea Editrice, 2007, pp. 85-90.

(8)

8

L’estensione del fondo era piuttosto rilevante raggiungendo 12 Coltri e 2 quarre

14

, circa 5 ettari,

(a cui si devono aggiungere i terreni posti a nord della via che fungeva da confine del terzo di San

Donnino per circa mezzo ettaro) con forma grossolanamente rettangolare e lati di pertiche circa 60

x 95 ovvero metri 177 x 280 (fig. 6).

Nel 1568 il fondo è infatti menzionato in un rogito come il «predio magno» di Giusfredo

Rapondi, figlio del Galeotto ricordato sopra. Il podere grande risulta sito in Marlia in località

«lirciatico sotto la chiesa»

15

nel medesimo luogo del fondo individuato dagli estimi del 1550.

Fig 7. Il Predio magno dei Rapondi nel 1550: particolare (ASL Estimo, 197, p. 2a, -Marlia, Terzo S.

Donnino, mis. 76).

I Rapondi erano una delle principali famiglie lucchesi alla fine del XIV secolo quando si

opposero, insieme ai Forteguerra, alla fazione dei Guinigi risultando sconfitti

16

. Mercanti e

Banchieri, ebbero la loro figura più importante in Dino, banchiere e finanziatore del duca di

Borgogna, con interessi a Bruges dove morì nel 1415. La famiglia Rapondi era imparentata con le

più famose famiglie lucchesi tra cui si notano i Cenami, i Bernardini e i Burlamacchi. Anche il ramo

della famiglia che poi sarà proprietario del Palazzaccio era coinvolto nell’attività di mercatura e

creditizia nelle Fiandre. Il trisavolo del Giusfredo sopra ricordato, Giovanni di Jacopo Rapondi,

sposato ad una Cenami, compare come socio nella compagnia di Dino Rapondi a Bruges nel 1378

17

.

Nello stemma di famiglia figurano su sfondo azzurro 6 coppie di rape d’oro

18

, di fattezza simile a

quelle osservabili sulla facciata meridionale del Palazzaccio nei riquadri del graffito a diamante

(fig.8).

14 La Coltre era misura di superficie. Si divideva in quattro quartieri (anticamente quarre), di 115 pertiche quadre

ciascuno, ovvero in 460 Pertiche, ciascuna di braccia 5 di lato, e così una coltre comprende 11500 braccia quadre. Una braccia quadra era pari a circa 0,35 mq quindi una coltre corrispondeva a circa 0, 4 Ha ( cfr. ANGELO MARTINI, Manuale di metrologia,ossia misure, pesi e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, Torino, Loescher, 1843, p.308).

15 ASL, Notari parte II, Ser Antonio Santini, 11 agosto 1568.

16 Cfr. CHRISTINE MEEK, Lucca 1369-1400. Politics and Society in an Early Renaissance City-State, Oxford, OUP,

1978.

17 Cfr. BART LAMBERT, The City the Duke and their Banker. The Rapondi family and the formation of the Burgundian

State ( 1384-1430), Turnhout, Brepols, 2006, p.55.

18 Cfr. GIANFRANCO ROCCULLI, Quelli delle rape d’oro, in «Atti della società italiana di Studi Araldici»,26mo

(9)

9

Fig. 8 Particolare del graffito a diamante. Si confronti, indicata dalla freccia, la “rapa” con l’elemento araldico dello stemma della famiglia Rapondi che compare sulla casa in via Fatinelli ( a dx)

Gli interessi fondiari dei Rapondi a Marlia sono documentati da alcuni atti notarili citati dal

Baroni a partire dagli inizi del XVI secolo

19

. Inoltre nella vita del venerabile Cesare Franciotti, del

padre Massimiliano Deza, si narra della profezia sull’ordinazione sacerdotale di Giusfredi Rapondi,

figlio di Pietro e nipote del primo Galeotto, evento avvenuto quando il padre Franciotti si trovava

nel «paese di Marlia, ove soleano villeggiare i Signori Rapondi»

20

. Considerato che il Padre

Franciotti muore nel 1627, si può ipotizzare che all’inizio del ‘600 i Rapondi avessero mantenuto

una villa fattoria a Marlia, probabilmente corrispondente con il «podere grande» di Giusfredo posto

sotto la chiesa e da identificarsi con l’attuale Palazzaccio (vedasi infra)

21

.

19 Biblioteca Statale di Lucca, Baroni, Famiglie Lucchesi, ms 1129, ff 294 e324.

20 Il testo narra che il Padre Franciotti, trovandosi in Marlia incontrò Giusfredo e suo padre Pietro e rivolgendosi al

primo, un bambino di 5 anni, gli disse che sarebbe diventato prete di S. Maria Corteorlandini. Il padre Pietro fece notare che se si fosse fatto religioso, Giusfredi avrebbe estinto la casata. Ciononostante il Padre Franciotti confermò la sua profezia.

In simil guisa più da lontano previdde parimente la Vocatione del Padre Giusfredi Rapondi Sacerdote della Nostra Congregatione. Trovandosi un giorno il Servo di Dio nel Paese di Marlia , ove soleano villeggiare , i Signori Rapondi , presente il Signor Pietro suo Padre disse à Giusfredi, che all'hora non passava il quinto anno dell'età sua: Voi sarete Prete di Santa Maria Cortelandini, al che rispondendo il Padre di Giusfredi : Padre Cefare io non hò altri Figliuoli, né penso già, che questo debba estinguere la Casa per farsi Religioso, Cesare gli pose in Capo la sua propria Berretta,e di nuovo replicò molto asseverantemente: Con tutto che Giusfredi sia unico sarà nondimeno Religioso della Madre di Dio.

Cfr. MASSIMILIANO.DEZZA, Vita del venerabile padre Cesare Franciotti della Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio, Roma, per Mascardi, 1680, p.259.

21 Un'altra probabile traccia non documentale della villa fattoria è costituita da una lapide in pietra, frantumata in 4

pezzi, recentemente trovata in un annesso rurale di un edificio del paese di San Pancrazio, attualmente adibito a struttura turistica ( nota come “villa Rapondi”). La lapide, lacunosa, riporta, la seguente iscrizione:

AMAIORIBUSACQUISITUMSPLENDIDADOMUS AEDIFICATIONEPARATUMCUIUSAULAS SUPERIORESGOFREDUSGALEOTTIETINFERIOREM PETRUSGOFFREDIFILIUSPICTURISELEGANTIORIBUS

(10)

10

Nel 1655 l’edificio è ben individuato in un atto di divisione

22

dell’eredità di Galeotto Rapondi,

figlio di Giusfredo. Entrambi i Rapondi, così come il padre di Giusfredo, ricoprirono la carica di di

Gonfaloniere della Repubblica più volte tra il XV e il XVI secolo

23

.

Nell’atto del 1655 l’eredità di Galeotto Rapondi è divisa tra la moglie Margherita Sandonnini e

le due nipoti Maria e Caterina, rispettivamente sposate a Buonaventura Baschi

24

, dottore in legge, e

Baldassarre Prosperi, cittadino lucchese e nobile ferrarese. Mentre la casa in città, in contrada San

Quirico

25

, è assegnata a Maria, la casa di Marlia è assegnata a Caterina ed è descritta come:

Una casa murata solariata a due [solara] con terrestre, coperta di embrici […] posta in Comune di Marlia per uso del padrone con piccola casetta contigua a detta casa grande per uso dell’hortolano con chiusa in due ripartimenti di horto, uno posto a mezzogiorno, et l’altro verso settentrione, et un giardino posto verso ponente, tutto serrato parte con muraglie et parte con sciepe alla quale confina da levante beni assegnati alla Signora Margherita Rapondi, da mezzodi li medesimi beni, da ponente strada, da settentrione [cimiterio] della Chiesa di Marlia via mediante, in tutto C(oltri) 2 ½ [mi. civica]26.

Sempre nello stesso atto, si trova allegato un inventario dei beni di. Galeotto Rapondi con elencati

oltre 13 pezzi di terre campie

27

in Marlia e due vigne a Matraia per oltre 30 coltri di terra.

L’inventario inizia con la descrizione della casa di città dei Rapondi cui fanno seguito gli immobili

posti nel paese di Marlia e confinanti. Il complesso del Palazzaccio con unito l’immobile posto

attualmente a est dello stesso, è riconoscibile ai numeri 2 e probabilmente 3 dell’inventario:

1 Una casa con tre solara posta nella contrada di San Quirico all’olivo con un horto contiguo a d(ict)a casa. Confina da L. beni del medico Corvetti, da P. e M. via pubblica da 7ne casa et horto del q(ond)a(m) And(re)a de Nobili.

2 Una casa posta nel Comune di Marlia l.d. la Chiusa [cioè] in due ripartimenti d’Horto, uno posto a mezzogiorno, e l’altro verso 7ne, et il giardino posto verso Ponente tutto serrato parti con muraglie parti con sciepi in tutto C: 2½ inc.a. 3 Una Chiusa di terre campie con arbori e viti con casa, e cascina per uso del salano posta in Comune di Marlia l.d. in Lisciatico, òvero sotto la Pieve da L. confina via per(tiche) 12 e parti semitola pert. 105. 7/10. Da M. via per. 61 9/10 da P. via pert. 112 3/5 da 7ne via pert. 29 4/5 in t(u)t(to) C. 12.21 e notasi che il d(icto) Galeotto vendé al q.dam Pietro28

AERUMINISLIBERUMABOM[NIVINCULO]IN FAMILIARAPOND<………..>[PRE] SERVATUMFUNDUM<………> VATURUMGALEOTTUS<………>

NEXIBUSOBSTRICTU[M]<………>ERE OMNIMODEVOL<UIT…………>NS.

MP164[?]

Per la datazione (tra il 1640 e il 1649) e per i riferimenti al padre Goffredo e al fratello Pietro è probabile che l’iscrizione sia stata commissionata proprio dal Galeotto che fa testamento alla metà del ‘600. In tal caso non può che riferirsi ad uno dei due edifici menzionati nel testamento: la casa in città presso San Quirico all’olivo o il Palazzaccio di Marlia. Poiché il Palazzaccio alla fine del ‘600 era sicuramente dipinto, è probabile che la lapide si riferisca proprio a questo ultimo anche se non è chiaro perché sia stata ritrovata frantumata e a qualche chilometro di distanza.

22 ASL, Notari parte II, Ser Jacopo Motroni, 20 febbraio 1655.

23 Giusfredi Rapondi fu per sette volte Confaloniere di Giustizia della Repubblica di Lucca dal 1576 al 1610 , suo

padre Galeotto per due volte nel 1542 e nel 1536, suo figlio Galeotto per cinque volte tra il 1630 e il 1652 ( Cfr. GIROLAMO TOMMASI, Sommario della Storia di Lucca. Documenti,in «Archivio Storico Italiano», Vol. 10 ,1847, pp. 220-240)

24 La famiglia Baschi è ricordata come famiglia nobile nel 1628 ( Cfr. GERARDO MANSI, I patrizi di Lucca: le antiche

famiglie lucchesi ed i loro stemmi, Lucca, Titania, 1996, p.13).

25 Si tratta probabilmente della casa nell’attuale via Fatinelli ove è ancora possibile osservare uno stemma dei Rapondi

(fig. 5), sita di fronte al luogo ove si erigeva la chiesa di S. Quirico all’Ulivo (Cfr. LÉON MIROT, Études lucquoises, in «Bibliothèque de l'école des chartes», tome 89, 1928, p. 302).

26 ASL, Notari p II, Ser Jacopo Motroni, 20 febbraio 1655.

27 Con il termine terra campia i notari lucchesi indicano un seminativo.

28 Pietro Rapondi, fratello di Galeotto era il padre di Maria e Caterina. Il martirologio citato nell’inventario purtroppo

è andato perso mentre invece si conserva il terrilogio della Pieve di Marlia del 1711 che fa menzione di una

(11)

11

suo fratello della suddetta pianta di terre un pezzo di altri 1.2.17 c(ol)t(ri) e il (giardino?), come si legge nel Martirilogio di d(ict)o S. Galeotto.

L’immobile di cui al n.2 corrisponde, anche per estensione, alla casa assegnata a Caterina

descritta più sopra, ed è riconducibile alla proprietà Rapondi misurata negli estimi del 1550. In

particolare il ripartimento di horto a settentrione, che doveva comprendere anche la casa,

corrisponde alla parte di proprietà che ricadeva nel terzo della pieve illustrata in figura 7. Il fondo

di cui al n.3 è sito in luogo detto «Lisciatico” o «sotto la pieve» quindi probabilmente vicino

all’attuale collocazione del Palazzaccio posto immediatamente a sud della Pieve di Marlia e

corrisponde per estensione alla descrizioni precedenti (estimo del 1550 terzo di San Donnino) e

successive del corpo di beni comprendenti detto Palazzaccio ( vedasi infra e fig.10 ). Allegato

all’atto Motroni si trova inoltre un inventario di tutti i beni mobili presenti nella casa di Marlia dei

Rapondi Si tratta di derrate agricole, mobilia e suppellettili (circa 140 pezzi in tutto) con

l’indicazione degli ambienti dove si trovavano collocate:

 Sala ( 9 pezzi)

 Camera grande ( 16 pezzi)

 Seguente camera verso levante (25 pezzi)

 Andrione ( 9 pezzi)

 Cucinetta (20 pezzi)

 Camera del Servitore (3 pezzi)

 Camera della Serva (9 pezzi)

 Salone di sopra ( 7 pezzi)

 Prima camera terrena (11 pezzi)

 Camera seguente ( 31 pezzi)

 Loggia (5 pezzi)

 Cigliere

29

(19 pezzi)

 Ciglieretto ( 3 pezzi)

La presenza di una loggia, probabilmente situata al piano terra visto il contenuto ( sellature da

cavallo e altri attrezzi), è anche confermata dalla descrizione del palazzo che si trova allegata ad un

contratto di enfiteusi del 1843 ( vedasi infra).

I Prosperi

Dopo il 1655 il Palazzaccio diviene parte del patrimonio amministrato dalla famiglia Prosperi.

E’ questa una famiglia presente a Lucca fin dal Medioevo pur avendo sempre rivestito un ruolo

minore nella vita politica della Repubblica. Bandita nel 1308 insieme ad altre famiglie bianche, si

trasferì oltre Appennino. Una parte della famiglia si stabilì a Ferrara dove ricoprì ruoli importanti

alla corte degli Este. Nel 1573 furono reintegrati nella cittadinanza lucchese pur continuando a

mantenere interessi patrimoniali ed economici a Ferrara

30

. Lo stemma della famiglia è attualmente

visibile al centro della facciata meridionale del Palazzaccio ( fig.1).

Con il matrimonio di Baldassarre Prosperi (1605-1659) e Caterina di Pietro Rapondi

(1620-1680), i Prosperi si imparentavano con una delle più antiche famiglie lucchesi che, sebbene avesse

accumulato grandi fortune nei secoli XIV e XV, ormai aveva che un ruolo marginale nel commercio

XVI secolo un Pietro Rapondi risulta essere pievano di Marlia, si tratta però di un prozio di Galeotto ( cfr. BSL, Baroni, cit., ms. 1129).

29 Il Cigliere, dal francese cellier, è la cantina, dove vengono infatti elencate numerose botti in legno.

(12)

12

della seta

31

.Tuttavia i Rapondi potevano ancora disporre di un certo patrimonio fondiario nelle Sei

Miglia. Forse è a causa dell’eredità di Galeotto Rapondi che Baldassarre Prosperi decide di vendere

beni a Ferrara per consolidare il patrimonio fondiario a Marlia. In un atto del 1710

32

i discendenti

di Baldassarre lamentano infatti che «qualche parte de […] beni di Ferrara con grave pregiudizio di

essi già furono alienati dal quondam Sig.re Baldassare» e in un altro atto del 1659

33

Baldassarre

acquista da Margherita Sandonnini, vedova di Galeotto Rapondi, beni in Marlia in località Lisciatico

con il ricavato della vendita di beni in Ferrara.

Una politica patrimoniale di segno opposto è invece perseguita dai discendenti di Baldassarre. Il

figlio Prospero (Anziano nel 1677

34

) sposa Isabella di Ercole Gualagni, nobile ferrarese, e sposta

gli interessi della famiglia nuovamente verso Ferrara

35

. Infatti vengono progressivamente alienati i

beni a Lucca e sul Palazzaccio ed altri beni

36

viene costituito un censo e un imprestito dai figli Felice

Gasparo e Baldassarre Prosperi nel 1708. Detto censo serviva per pagare parte della dote alla sorella

Maria Caterina, promessa sposa a Girolamo Arnolfini

37

. Due anni dopo il bene viene ceduto in

enfiteusi a Bartolomeo Lunardi per estinguere il censo e il prestito e per ricomprare i beni in Ferrara

alienati dall’avo, Baldassarre, nel Seicento:

Essendo che li nobili Baldassarre e Felice Gasparo fratelli e figli del quondam Nob. Sig.re Prospero Prosperi, Patrizi di Lucca, e Nobili Ferraresi, tenghino e possedino quasi tutto il Patrimonio dei loro Beni stabili nel Dominio di Ferrara Stato Pontificio, et in altri Paesi e luoghi ad esso convicini, e non li rimanghino altri effetti stabili in questo Territorio di Lucca, che l’infrascritti beni gravati dell’annuo Censo, et Imprestito [Lunatino], che a basso si diranno, onde per fare megliori le loro condizioni, abbiano resoluto concederli a livello perpetuo con la facoltà di affrancarli in denaro contante nel modo infradetto, non tanto per assicurare l’infrascritta rendita, ma ancora in caso, che dall’infrascritto Livellario si affrancassero detti infrascritti Beni in denaro contante, per liberarsi dalli detti, et infrascritti Censo et Imprestito, e per impiegare il prezzo, che li sopravanzerà da tale affranco (detratto il detto Capitale di prestito o detto Imprestito) in compera di Beni stabili situati in vicinanza di detti loro Beni esistenti nel territorio di Ferrara e di Paesi convicini , e così uniformarsi alle intenzioni dei loro antenati, che acquistarono il detto patrimonio da essi posseduto nel detto Dominio di Ferrara, qualche parte de quali beni di Ferrara con grave pregiudizio di essi già furono alienati dal quondam Sig.re Baldassare loro avo paterno, sopra de quali credono avere la ricompra […]38

I beni rimasti in possesso dei Prosperi erano solo due, Il Palazzaccio con un discreto corredo di

terreni limitrofi ed un appezzamento vicino:

Un corpo di terre Campie con alberi, e frutti, e viti sopra di se, in parte cinto di muraglie, e di sciepe, e con Casa per uso di Padrone, et altre case per uso di Salano, Cascina, Forno, e Pozzo, e con altre sue ragioni e pertinenze, posto in Comune di Marlia, luogo detto alla Pieve, che vi confinano da Levante Beni delli Eredi del Sig. Giovanni Spada per indiretto, e [parte] Beni del Vescovado di Lucca, e della Pieve di Lammari, semitola39 mediante, da Mezzodì per

indiretto La Via Pubblica come corre, da Ponente Via Pubblica, e da Settentrione Beni della Pieve di Marlia, Via pubblica mediante, e per biscocca40 Via mediante all’infrascritta Terra, a misura di Coltre tredici, e quarre tre di terra.

Qual corpo di beni presentemente si conduce in allocazione in parte da Gio. Pierini ed in parte da Francesco Quilici, ed in parte resta a commodo del Padrone,

Item.

31 Cfr. RITA MAZZEI, La Società lucchese del seicento, Lucca, M. Pacini Fazzi, 1977, p. 176. Viene citata solo una

compagnia mercantile attiva nel XVII secolo di cui figura socio un Rapondi

32 ASL, Notari parte II,.Ser Marcantonio Lorani 12 Settembre 1710 33 ASL, Notari parte II, Ser Jacopo Motroni 1 Aprile 1659, 34 Cfr P.ZANARDI PROSPERI, Tra Ferrara …, cit., pp. 20-21 35 BSL, Baroni, cit., ms 1128

36 Fra cui una casa a Lucca, in parrocchia di San Frediano «luogo dicto alla piazza de Rapondi». Si tratta forse della

casa di via Fatinelli ( cfr. supra nota 24)

37 ASL, Notari parte II, Ser Marcantonio Lorani, 29 Agosto 1708, 38 ASL, Notari parte II, Ser Marcantonio Lorani, 12 Settembre 1710.

39 In vernacolo lucchese semitola significa sentiero, stradellina (Cfr. I.NIERI, Vocabolario…, cit., pag. 200). 40 In vernacolo lucchese per biscocca significa per sghimbescio (Cfr. I.NIERI, Vocabolario…, cit., pag. 33.)

(13)

13

Una Pezza di terre Campie, con alberi, e viti, con Case, e Casette sopra di seo, posta in detto Comune, e Luogo, alla quale a Levante confinano Beni della Pieve di Marlia, e per biscocca Beni del Vescovado, da Mezzodì Via mediante in parte al suddetto Corpo, da Ponente parte detta Via mediante al detto Corpo, parte Beni della Pieve di Marlia, Semitola mediante, e da settentrione via pubblica, e per biscocca Beni di detto Vescovado a misura di coltre una di terra. […]

Fig. 9 Schizzo delle proprietà Prosperi ( dominio diretto) intorno al 1810. Si noti la chiusa piccola intorno al palazzo e alla casa del salano e la proprietà circostante , più ampia , di coltri 13 e quarre 3 corrispondenti a circa 5 ettari (P.ZANARDI PROSPERI, Tra Ferrara…,cit., p.242)

I suddetti beni vennero ceduti in enfiteusi con un laudemio di 600 scudi d’oro ed un canone

enfiteutico di 57 scudi d’oro e 48 staja di grano.

Gli Orsetti

Nel 1715 Bartolomeo Lunardi dichiarerà nel dominio utile dei beni suddetti Giovan Francesco

Orsetti, membro di una famiglia di mercanti, originari di Marlia, che ottennero solo nel ‘600 la

cittadinanza lucchese. I beni entrarono quindi a far parte del vasto patrimonio fondiario e

immobiliare che gli Orsetti possedevano a Marlia comprendente anche la villa oggi conosciuta come

Reale, acquistata nel 1654 dai Buonvisi in seguito al loro fallimento

41

.

41 Cfr.I.BELLI BARSALI, La Villa a Lucca..., cit., p. 198.

(14)

14

Fig. 10 Il Palazzaccio nella mappa del Catasto Vecchio ( 1835). La fabbrica unitaria, comprendente l’edificio posto a est, è indicata come particella 681. Le terre già Prosperi coprivano l’area ombreggiata, per

un’estensione di circa 5 ettari (ASL, Catasto Vecchio, F. 12 , Capannori, G , 4 , n. 322 )

Nel 1804 il Conte Lelio Orsetti alluoga il corpo fondiario comprendente il Palazzaccio a Pietro

Pieretti e a suo figlio Jacopo, avi degli attuali comproprietari. Nell’atto, rogato da Ser Francesco

felice Ricci il beni sono descritti come

42

:

Un corpo di terre Campie, con Alberi, Viti e Gelsi e con Casa e Cascina sopra di se, il tutto murato, posto nel Comune di Marlia Terzo [della] Pieve luogo detto ai Prosperi, a cui confina da Levante redola mediante ai beni degli Eredi del fu Stefano Spada pert. 59 e 7/10, e parte Beni dell’Arcivescovato, e della Pieve di Lammari pert: 34 e 2/5, e per Biscocca Via Pubblica pert: 78 e ½, e per biscocca Chiusa di detto Sig.r Locatore, e da Sett.e: Via Pubblica pert: 22 e 3/5, e per Biscocca detta Chiusa pert: 36 e 1/5.

Una Chiusa di Terre Seminative con Alberi, Viti, e Gelsi, con Casa da Padrone sopra di se, e Casa da Salano con Pozzo circondata detta Chiusa da Muri a riserva di una Porzione dall’aria di mezzodì, che è circondata da Siepe, posta nel suddetto Comune e terzo luogo detto alla Chiusa, ed a Prosperi, a cui confinano da Levante beni, e casa di detto Sig. Locatore; da Mezzodì beni dello stesso Sig. Locatore, da Ponente Via Pubblica, e da Settentrione Via corrente al muro della Chiusa di Marlia.

42 ASL, Notari parte II, Ser Francesco Felice Ricci, 16 Luglio 1804.

N

(15)

15

Dichiarando che la Casa da Padrone esistente nella soprascritta Chiusa non resta compresa nella presente alluogagione, dovendo rimanere riservata per il detto Sig. Locatore

Il primo fondo, di notevoli dimensioni date le lunghezze in pertiche dei lati era situato a

mezzogiorno dell’attuale Palazzaccio, la cui descrizione compare immutata nei vari rogiti

susseguitesi dalla metà del 600 in poi, in particolare la natura parte murata e parte siepe della chiusa.

Fig. 11 Il Palazzaccio in una mappa del 1842 , disegnata dall’ Ing. Morelli. L’estensione del podere della reale intendenza si estendeva a sud oltre la fossa detta caterattino del giallo ( Archivio Parrocchiale di Marlia).

Ultimi passaggi di proprietà

Pochi anni dopo il Palazzaccio viene ceduto, insieme alla villa Orsetti oggi reale, ai principi

Felice ed Elisa Baciocchi

43

e da allora seguirà le sorti della Villa reale fino alla seconda metà dell

‘800 facendo parte di un numeroso gruppo di beni stabili destinati a fornire una rendita di 100.000

Lire per la manutenzione e le spese di gestione della villa reale stessa

44

. Tali beni furono noti come

Lista civile, poi come Lista della real Casa Borbonica e infine, dopo il 1847, come Regie Possessioni

granducali avendo seguito i passaggi di proprietà della Villa Reale.

All’impianto del Catasto Borbonico, nel 1835, il Palazzaccio è censito alla particella 681 del

Comune di Capannori, Comunità di Marlia, sez G

45

, ormai ridotto a «Casa Colonica con aja». Il

Palazzaccio compare successivamente nei registri dell’amministrazione delle Regie Possessioni

dove tra i renditori si elencano prima Pietro Pieretti

46

come livellatario e successivamente il di lui

43 ASL, Notari parte II, Ser Giuseppe Pera, 4 Luglio 1806,.

44 Cfr. EUGENIO LAZZARESCHI, Elisa Bonaparte Baciocchi nella vita e nel costume del suo tempo, Lucca, M.Pacini

Fazzi, 1983.

45 ASL, Catasto Vecchio, f. 12 , Capannori, G , 4 , n. 322. 46 ASF, Scrittoio delle Regie Possessioni Filza 4389 fasc. 33 f. 9

(16)

16

figlio Giovanni. Nel 1843 il fondo fu ceduto in enfiteusi a detto Giovanni Pieretti

47

dall’Intendenza

della Real Casa borbonica

48

. Nel rogito il fondo è descritto come:

[…] un pezzo di terra campia con prode d’alberi e viti e frutti sopra se recinta in parte da muri in pessimo stato, e per la maggior parte distrutti con casa padronale in stato di deperimento, con pozzo, ed altre sue ragioni usi comodi e pertinenze posto nella Sezione di Marlia luogo detto a Prata, ed ai Prosperi […]

Il cattivo stato di conservazione della casa padronale è confermato da una perizia allegata al

rogito la quale fornisce ulteriori particolari architettonici:

[…] casa padronale in stato di deperimento […] divisa in n° 6 stanze al terrestre con loggiato aperto in n° 4 dette, con andito al piano superiore ed in n° 6 stanze al piano a tetto murata, e coperta di embrici, e tegole, e con pessimi solai a tavole parte di cotto e parte di legno, con pozzo ed altre sue ragioni usi comodi e pertinenze […]

La presenza di un loggiato, sul lato settentrionale come in molte ville lucchesi

49

, confermerebbe

alcune notizie sul Palazzaccio riportate da Carlo Matteoni nelle sue memorie di Marlia

50

dove si

accenna alla presenza di portici istoriati nel palazzo, già scomparsi agli inizi del XX secolo.

Nel 1863, quando il Palazzaccio era ormai parte delle Regie Possessioni granducali, l’enfiteusi

fu affrancata

51

e la casa divenne proprietà della famiglia Pieretti che ne ha conservato in parte il

possesso fino ad oggi.

47 Giovanni di Pietro Pieretti è descritto come «possidente e barrocciante, addetto alla R. Villa di Marlia». 48 ASL Notari parte II, Ser Francesco Bertocchini, 28 Agosto 1843. Solo la casa padronale ed il terreno contiguo

furono ceduti in enfiteusi, il resto del podere all’epoca erano ancora alluogati a Jacopo Pieretti secondo quanto stabilito dal contratto rogato da Ser Francesco Felice Ricci nel 1804 ( cfr. supra).

49 La presenza di un porticato sul lato settentrionale dell’edificio è menzionata in un atto notarile successivo relativo

alla vendita del sesto di levante del Palazzaccio effettuata da Teresa di Giovanni Pieretti a Pietro di Jacopo Pieretti ( cfr ASL, Notari, parte IV, Amedeo Tessandori, 14 novembre 1872)

50 Cfr.CARLO MATTEONI, Memorie di Marlia in «L’Angelo», vol. IV, n. 6, Giugno, 1935, pp. 1-3. Matteoni riporta la

credenza popolare sondo la quale agli inizi del XIX secolo:

[…] nel summenzionato palazzotto o castello in Prata, sotto ai portici istoriati, ora scomparsi, pei vari deturpamenti, si ammirava ancora l’Albero genealogico, descritto sulle grandi pareti della Casa degli Ottoni, fattovi fare appositamente per conservare e tramandare ai posteri la memoria che in quel palazzo o castello aveva dimorato il I° Ottone. Detto albero richiamò l’attenzione di certi antiquari francesi, i quali credendo di trovarsi di fronte ad un lavoro di arte fecero pratiche per acquistare l’affresco, tagliando il muro per asportarlo.

Sebbene non sia possibile verificare quanto riportato da Matteoni, tuttavia è certo che in Marlia, in località Lisciatico, erano presenti edifici in epoca altomedievale come testimonia la donazione al Vescovo di Lucca effettuata dal conte Ugo Aldobrandeschi nel 1054 di terre e case annesse alla ,curtis di Marlia,(cfr. SIMONE M.COLLAVINI, Honorabilis Domus et Spetiosissimus Comitatus, Pisa, ETS,1998, p.116 n. 25).

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17

Appendice: Alberi Genealogici

Fig. A.1 Rapondi ramo di Giovanni di Jacopo52

Fig. A2 Albero Genealogico dei Prosperi53

52 BSL, Baroni…, cit., ms. 1139

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