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Il Sagittario : epigrammi di guerra e di pace

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(1)

%

jgli Studi rno onomia e ciò e jenza ECA

Q I O VH N K I L n r i Z n L O M E

IL S AG I TT A RI O

E P I G R A M M I DI G U E R R A E DI P A C E

QUINTA RISTAMPA RIORDINATA E PIÙ CHE RADDOPPIATA

Va o g n o r l u til cercando L a calda fa n ta s ia , Che so l fe lic e è quando L u tile u n ir può a l van to D i lu sin gh evol canto.

( Pa r i n i)

SALERNO

STAB. TIP. FRAT. JOVANE DI G. 1920

(2)

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v ì

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Università degli Studi di Salerno

Facoltà di E conom ia e C om m ercio e G iu risp ru d .

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-G i o v a m i L H N Z n L O N n

IL S A O I T T A ^ I O

E P I G R A M M I DI G U E R R A E DI P A C E

QUINTA RISTAMPA RIORDINATA E PIÙ CHE RADDOPPIATA

\

Va o g n o r l u til cercando La calda f a n ta s ia , Che so l fe lic e è quando L u tile u n ir può a l van to D i lu sin gh evol canto.

( Pa r i n i)

SALERNO

STAB. TIP. FRAT. JOVANE DI G. '

(6)
(7)

DEDICA

A

I T A L O P I Z Z I

co n v i va a m m i r a z i o n e

(8)

P R O T E S T A

Questi epigrammi pretendono di essere un grido

di saggezza in mezzo a questa crisi universale di

follia , che imperversa nel mondo. Sembrerà il grido

troppo fievole ? A d ogni modo, esso erompe dal pro­

fondo di un cuore, acceso di ardente fede nel bene,

e potrebbe trovare la via nei cuori fraterni. Molti di­

ranno che in questi versi c’ è troppo buon senso

,

e

quindi c’ è poca originalità.... senza riflettere, che oggi

il buon senso è

l’unica cosa originale

che sia rimasta

al mondo !

Salerno, febbraio 1920.

(9)
(10)
(11)

Or g a n i z z a z i o n e Da che il Kaiser s’ è intestato

Che tutto il mondo sia

organizzato,

Il mondo è diventato

Un

organo

stonato e sconquassato !

Um a n e s i m o

Poi c h ’è chiarito quanto assurda sia La

tedesca

follia

D ’

intedescar

tutta l’umanità, Speriam, poi che la guerra finirà,

D'umanizzare

la

tedescheria.

(1515)

Co n f e s s i o n e Che son codeste storie ?

Perchè mai 1’ invincibile Germania Di concluder la pace ha tanta smania ?

Si sente vinta... da le sue vittorie !

[1916J

(12)

I PEZZI DI CARTA

Germania, prepotente, i suoi trattati

P ezzi di carta straccia

ha dichiarati : O r che per lei le cose mutan faccia, « Pace !

»

ella grida ai nemici alleati : Ma che cosa offre lo r o ?

Carta straccia?

Re C o s t a n t i n o

Costantino

è ognor

costante,

Ceder finge e non s ’arrende : Ma per tante prove e tante P u r l’

Intesa

non 1’

intende !

|1916]

Il n e u t r a l e

Chi fra il bene ed il male Si dichiara neutrale, Sarà pure un g ra n d ’uomo ;

Ma nessun’acqua di Pilato al mondo Lo renderà sì mondo,

(13)

Es p a n s i o n e

Q uando nel treno capita

Alcun che bisogno ha

d'espansione,

O stizza, o incomodo Delle persone !

Nel treno Europeo, superbo Kaiser, O sanguinario matto,

Oh quanto, oh quanto meglio avresti fatto Di star cheto al tuo posto

Non disturbando gli altri a te d ’accosto !

Ch e g i o v a ?

Se, a furia di espanderti, Tu diventassi Atlante,

Che sosteneva il m ondo (e non si dice Ove poggiò le smisurate piante), Forse saresti tu

Felice un po’ di più ?

Forse più d ’una sarda o uno scoiattolo Felice è una balena o un elefante ?

[1915]

(14)

Gu g l i e l m o e Al b e r t o Guglielmo, con fedifrago delitto

Orrendo, disonora il regio serto; Ma, campione indomabile del dritto, Un più lucente se ne cinge Alberto; 11 tedesco oppressore è lo sconfitto Da luminoso insuperabil merto, Che con esempi di virtù sublime Innanzi a Dio l’umanità redime.

[1916]

Vi t t o r i o

Vittorio nostro non è

Re imboscato,

Re da sermone, Re da vanagloria; Ma divide col semplice soldato I disagi, i pericoli, la gloria;

E certo ha il nome suo ben meritato Di

Vittorio,

fratei de la

Vittoria;

O nde onore e grandezza aggiunge a noi E novo lustro agli antenati suoi.

Go t t

Perchè in tedesco Iddio si chiama

Gott ?

Non significa forse il

Dio dei G o ti?

O che i tedeschi sono Sommamente devoti

(15)

Or a c o l o

Fra tante profezie che han fatto fiasco Una sola infallibile io conosco: « Ritornerà la pace sulla terra

Giusto quel dì... che finirà la guerra

».

|1917]

Gli e p i g r a m m i Mi domandi, che siano, o melenso,

Gli epigrammi, ch’io scrivo e dispenso? Son gli aghi del Buon Senso,

Che pungono i bubboni Delle umane passioni.

Al l e d o n n e i t a l i a n e Siate in eterno benedette voi,

O donne Italiane,

Solerti a preparar tepide lane Pei nostri cari eroi

Guerrieri ardenti fra le nevi ostili; E voi, che le ferite

Loro lenite con le m an ’ gentili,

E che i vostri ori per la Patria offrite. Ma voi fra tutte benedette, 0 spose, O madri dolorose,

Che in altero silenzio Sacro a la Patria cara

Nutrite il vostro disperato duolo, A cui conforto solo

(16)

Cu l t u r a e i n g e g n o d i s o n e s t i

Cultura e ingegno senza rettitudine Ammiri tu così,

O stolto cittadino ? Non temi il bisturi Che, sottratto al cerusico,

Luccica ne la man de l’assassino?

Ce r t i s c r i t t o r i i l l u s t r i

A O tta v io D e S ica Durai tredici lustri,

O caro Ottavio, a discoprir le vie, Per cui si vien fra gli scrittori illustri: Son necessarie molte porcherie, Molte vigliaccherie,

E di sua dignità sì grande strazio, Che (fermamente io giuro)

Io sono altero, e Iddio lodo e ringrazio, D ’esser rimasto oscuro.

(17)

Au s t r i a i r r e d e n t i s t a Sempre che il fuoco irredento

A Trieste ed a Trento Pareva un poco spento, Subito l’Austria accorta Con fiero accanimento Soffiò sulla cenere morta... E tanto l’ha soffiata, Finché ne rimane scottata.

L AGGRESSIONE O pra sublime compiono

De la patria diletta i difensori:

Ma quale ufficio necessario adempiono De le altrui patrie i barbari aggressori ? Senza di loro il mondo

Q uanto saria più bello e più giocondo !

A Ca r l o dAs b u r g o Che bella eredità, povero Carlo,

A te lasciava il Grande Impiccatore ! Ma un doloroso tarlo

Ahi ! ti molesta il generoso cuore ! Cnè, per quanto tu adoperi il capestro Per imitar l’Impiccator Maestro,

Non ti riuscirà mai d ’uguagliarlo !

(18)

La v e r a s a p i e n z a !

Udite ciò che la Sapienza ha scritto: « La Forza è sola madre del Diritto: Lo Stato (e sia Caligola o Nerone) Può fare sbagtio, ma non mai delitto; Ogni Diritto è Usurpazione;

Il bianco è il nero, il torto è la ragione: E il Sole nasce dal Settentrione !

»

Al l a Po l o n i a

Q uando il Destino saziato e stracco Avrà dei mali tuoi misericordia, O generoso popolo Polacco,

Sulla bandiera tua scrivi:

Concordia

!

[1916]

A c h e ?

A che dell’ epigramma scocco il pungente strale ? Per intonarmi al fiero secolo Marziale

(19)

Ad u n s o c i a l i s t a i m b o s c a t o

Mentre la cara Madre Lotta in mortai periglio, Non corri fra le squadre

Di sua difesa, o snaturato figlio ? E, lungi dalle botte,

Voltoli la tua botte Di sofismi sottili Ad un branco di vili ? Ma l’ora dei cannone Oggi un dover s’impone: Discuterai domani Il torto e la ragione.

La f o r z a d e l l i m p o n d e r a b i l e Invan tu pesi e numeri

Oro fucili ed obici, Se poi per nulla compiti Le forze imponderabili. Irresistibil fulmine Disfrenasi il furor Dei violati popoli: E, possa incoercibile, La luce di giustizia Le oppresse menti illumina E accieca gli oppressor’ !

(20)

Ci t t a d i n i i m p a g a b i l i Mi dice il naturai mio raziocinio,

Che i nepoti magnifici d'Arminio, Compiuto il loro nobil tirocinio, Di educarsi allo stupro, all’assassinio, Alla bestiai ferocia, all’esterminio, Alla devastazione, al latrocinio, Anche quando la pace avrà dominio, Si mostreran (non mente il vaticinio!)

Degni nepoti al traditore Arminio: E allor la sapientissima Germania Forse comprenderà la propria insania !

Al l In g h i l t e r r a

Altra nazion si vanti possente dominatrice Di soggiogati popoli;

Tu sola sei di popoli libera educatrice A civil vita libera.

Nelle tue forti mani ogni alto Ideale, Inghilterra, Affida la sua fiaccola;

Sotto il tuo mite impero si desta e fiorisce la terra Di civiltà fruttifera.

(21)

La Fe d e r a z i o n e d e g l i St a t i d e m o c r a t i c i

O coscienza dei popoli, Spirito di giustizia, Dai dubbiosi crepuscoli lèvati, è giunta l’ora; Tutta la terra illumina, come u n ’immensa aurora, D ’una novella storia saluta l’apparir.

Dall’uno all’altro Oceano spandi il felice annunzio:

E’ chiusa ornai la tragica notte dei violenti ! In un fraterno idillio si stringano le genti ! Giorni sublimi affrettino con l’opra e col desir !

»

La d e f e z i o n e Ru s s a

Nel momento più bello i

Russi... russano !

Chi svegliarli potria dal lor sopore ? Il grido imperiai d ’un Dittatore.

(1916)

La g u e r r a c o i g u a n t i La guerra, che è barbarie suprema,

Tu farla vuoi con metodi D ’umanità, di gentilezza estrema: O cara Italia, io t’auguro

(22)

Lo n o r e d e l l a Ge r m a n i a

Quante più nei cupi fondi Dell'amaro Oceano Tu coi tuoi siluri affondi

Innocenti vittime,

L’onor tuo più si sprofonda Negli abissi, o perfida ! A ritrarlo a fior de l’onda

Basteranno i secoli ?

In u t i l i t à!

Che giova aver dottrina, Sistema, disciplina, Se tutto questo vale Solo a far bene il male ?

G i u o c o p u e r i l e ! Come le bimbe giuocano,

Divertendosi un mondo, A giro giro tondo, Così le nazioni

A chi fabbrica più bombe e cannoni !

(1917)

(23)

O r o a l l a Pa t r i a

Q uanto più l’oro offerto alia tua Patria Scemo il borsel ti rende,

Tanto più cresce e splende 11 puro oro dell’anima: Ma voi che con le borse Assai ben gonfie d ’oro

O ro negate alla gran Madre Italia, Non vi accorgete forse

Q uanta miseria, in mezzo alle dovizie, Insozza, o sciagurati, i vostri cuori ?

Un a l t r a g u e r r a? Dopo questo di guerra empio ciclone,

Orgia di sangue e di distruzione, Se l’uomo ancor si mostra così scaltro

Da prepararne un altro, Falsa è l'antica definizione De 1’

animai fornito di ragione !

Ce r t i t e d e s c o f i l i ! Come si adora un idolo

Senza saper che,sia, Tal di certi fanatici La tedescolatria !

(24)

Pa c e a n c h e a i n i d i !

S’arrampicava al brullo

Cortice d ’un bel pino un giovinetto; Ma il fogliame sfiorando un zefiretto Dolcemente il garria: « Scendi, fanciullo !

a

II bel nido ch’io cullo

Su l’alta cima e sotto il verde tetto, Me l’affidaro i padri. Io, mentre aspetto, Difendo i lor piccini e li trastullo.

« Scendi, fanciullo ! » Ei non ascolta. Sale, Sale bramoso, e al cinguettante nido

Stende la man fremente. Zefiro sbatte infuriato l’ale:

Precipita il fanciullo con un grido, E giace al suol, languente.

La f i n e d e l l e g u e r r e

Q uando morrà d ’inedia La guerra sanguinante?

Allor che l’animale

ragionevole

Diverrà

ragionante.

(25)

L’ Ig i e n e d e l Mo n d o Il Mondo era malato

E si sentia pieno d ’umori infetti: Onde chiamò, per essere curato, Il Dottor Marinetti.

Il celebre Dottore,

Tastato il polso ed ascoltato il cuore, Osservata la lingua e la céra,

Prescrisse un gran decotto Di versi liberi

Da prendersi a cucchiai mattina e sera. Ma l’ammalato non li digerì

E interamente li restituì. « Ecco un caso bellissimo

D ’intolleranza ! » Il medico sapiente

Esclama: « E’ proprio urgente

D ’andar subito a fondo!

Qui ci vuole una cura dietetica Di guerra... di guerrra... La sola igiene del Mondo !

»

Stupenda infatti si mostrò la cura: E se così la dura,

Il Dottor Marinetti ha presagito Con tutta verità.

Che il Mondo finirà Radicalmente guarito. — —

(26)

Il d e s t i n o d e i v i o l e n t i Che il futuro appartenga ai mansueti

Non è sogno di sofi e di poeti: Gli animali feroci e sanguinari Sulla terra si fan sempre più rari: E nell’Europa intera

Ornai non trovi nessun'altra fiera, Per quanto tu vi peschi e vi ripeschi, Che orsi, lupi... e tedeschi !

Cu l t u r a c o n o r g o g l i o

Cultura con orgoglio Paragonarla io soglio E in tutto la ragguaglio Al leone... col raglio !

Ap r i l e

Ritorni, o amabile madre dei fiori, Con rosee nuvole, con erbe tenere, Madre dei teneri fecondi amori ? Ah ! Ma a chi gli aurei doni di Venere

Rechi ? A chi il reduce riso dei fiori ? Per tutto è incendio, ruina e cenere

(27)

D'innumerevoli lutti ed orrori Ulula e sanguina la terra immensa, Di pianto e d ’odio son gonfi i cuori! Tu calma, o placida, l’empia bufera:

Tu giusta ai popoli pace dispensa: Sii tu dei secoli la Primavera!

(1917)

Il c h i o d o

L’architetto teutonico Prese a modello il chiodo; Il soldato teutonico Porta sull’elmo il chiodo; D ’un vincitor la statua Si onora con un chiodo; Ogni tedesco modo (Compresa la politica) Ha la grazia del chiodo. O h chiodosa Germania, O h quanto' anch’io ne godo, Che, a lo stringer del nodo,

Tu stringerai quel che tanto ami:

Un c h i o d o !

(28)

Fo r z a e Di r i t t o

La Forza crea il Dritto ./ è fiera legge Di barbarie, di sangue e di rapina.

« Forza serva del Dritto » a noi corregge

L’umana civiltà, figlia divina. O invitta e redentrice Spada Garibaldina, Sii tu sola superstite

Forza, de l’avvenir trionfatrice !

Cr i s t i a n i s s i m o !

E’ l’impero degli Asburgo Cristianissimo ben detto;

Chè la guerra ei fa col metodo Cristiano più perfetto;

E per farla meglio ancora S’è alleato a Maometto; Non ostante che il Pontefice L’abbia spesso benedetto.

11917 J

(29)

L’ u l i v o d i Wi l s o n Del ramo d ’ulivo,

Che invano io t’offrivo, Ne formo una clava E botte alla brava Ti sferro sull’elmo Già fesso, o Guglielmo !

De g e n e r a z i o n e d e l Ma c h i a v e l l i

Che i mezzi il fin

giustifica,

E’ teoria che, dentro certi limiti

Può ammetterla anche il

giusto

:

Ma che cosa

giustifica

Un fin che sia tedescamente

ingiusto?

L

A Et t o r e Ro m a g n o l i

(dopo letto i l suo lib ro M in erva e lo S cim m icn e „) Contro la vasta epidemia teutonica

Che delle nostre scuole è peste cronica Tu ben combatti con prodezza esimia! Ettore, insisti. La tedesca Scimia Che infettar volle la Minerva Lazia Per rabbioso furor sè stessa strazia !

_

(30)

Gu i d o d a Ve r o n a

Con penna intinta in fetida cloaca

scrive e smerdeggia i suoi sporchi volumi; poi freschi freschi al pubblico li caca, che tutto si delizia in quei profumi;

e legge, e ammira, e applaude, e s’ubbrTaca, e paga a peso d ’oro i sudiciumi.

C ’è qualche savio che grida: alla gogna ! Ma G uido ingrassa della sua verogna !

Pe r l a r i v o l u z i o n e Ru s s a

Da le steppe Rutene

Giunge un ru m o r di spezzate catene, E un tripudio di popoli acclamanti Intorno a troni ruinati e infranti; Ma Libertà, la corrucciata Dea, Di là manda il suo grido,

Che vola, eccitator, di lido in lido, A le rive de l’Istro e de la Sprea: Onde sui vacillanti troni aviti Gli empi tiranni balzano atterriti, E già presenton gl’imminenti tonfi E de l’odiata Libertà i trionfi.

(31)

Il p o p o l o d i Po l o n i a

Questo mi spinge perchè vuole espandersi, Quello mi tira, perchè vuol redimermi. Oppressori, redentori,

Quanto grato vi sarei,

Se mi lasciaste fare i fatti miei !

[1917]

Al l a Ge r m a n i a

Una impossibil tela tu incominciasti a tessere. Dopo che avrai per fame mangiate le tue tessere, Ti rimarrà il problema di essere o non essere! Una impossibil tela tu incominciasti a tessere!

[1977]

Di s c o l p a

Posto che la politica

E’ un sistema d ;inganni e violenze, Che colpa ha la Germania, sistematica, Se l'ha tratta all’estreme conseguenze ?

(32)

De g n a p r e p a r a z i o n e

a lla s tim a b ile sig n o r a Emma M a n in i

Quale amorosa madre ai figli aspettati da lunge Nitida e adorna la casa antica prepara,

Tale tu, Madre Italia, ai reduci figli dai fieri Studi di guerra, prepara più bello più puro Il tuo civil costume; così che i mutili eroi Ti benedican gli spasmi di loro oneste ferite E del loro avvenire sfiorite le giovani aiuole, Ed i caduti innumeri fra le nevi Trentine e sul Carso O i sepolti nel mare d ’Adria o ne 1’ onda Tirrena Esultino al pensiero: « Ah no, non fu vano il morire Per te combattendo, o Patria sì bella e sì grande !

»

(1 9 1 7 )

Fr a n c i a e It a l i a

Francia

, col tuo valore la civiltà tu

affranchi

De la tedesca barbara minaccia,

E la sorella Italia, che combatte a’ tuoi fianchi, Già fra le antiche selve-la ricaccia.

Suore Latine ! Ai popoli voi spianate la via De la felice fratellanza umana.

Ivi un giorno, guarita di sua brutal follia,

Anche

Germania

vi sarà

germana.

(33)

Il Gr a p p a

Q uando l’Italia si

aggrappò

sul

Grappa

Per l’Austria cominciò lo

scappa-scappa.

Ca p o r e t t o E’ giustissimo il detto:

Da molti

capi storti

è nato un

Caporetto.

La s t a t u a c h i o d a t a Sempre che Foch e Diaz picchian sodo,

La statua d ’Indeburgo perde un chiodo; O n d ’io logicamente ne deduco

Che ovunque muore un chiodo nasce un buco : E, poi che il fin dei picchiamenti indugia, La statua Q^iai s ’è fatta così così bugia, Che in tutto rassomiglia a una grattugia: Un sol chiodo le resta e non si smove... Indovinate dove.

Ar m a n d o Di a z Se all’Italia domando :

(34)

Di a z

A Napoli gli è un detto molto usato:

u

La

piave

è 'a p p e sa al

piovo

». Diaz ha dimostrato

Che invece il

piovo

era appeso alla

Piave.

Il Na n o Gi g a n t e Il Belgio, Nano generoso e forte,

Fra morte e disonor scelse la morte ! Ma dal cenere suo surto Gigante Di gloria sfolgorante

Mira il superbo traditor brigante, Che il volle estinto,

Giacer nel fango, svergognato e vinto, E figger cupo e sconsolato gli occhi Nei sanguinosi suoi vani balocchi !

In d i g e s t i o n e Si dice, che il testardo P r e s i d e n t i

Sia molto sofferente

Per certi doloretti sopraffini

Che gli pungono stomaco e intestini; E i medici chiamati

Concordemente han detto, Che è il naturale effetto

Dei

quattordici punti

rimangiati;

Ma v’ha chi afferma con molto acume,

Che un purgante ci vuol

d ’acqua di Fiume.

(35)

-Fi u m e Se il mio nome è Italiano,

E più Italiano é il core, Perchè tenti il mio furore, O testardo Americano ? Vuoi tu, sordo alla mia voce, Impedir, ch'io,

F i u m e ,

tenda A la mia naturai foce ?

lo mi gonfio in piena orrenda E travolgo, irresistibile, Tutto ciò che mi s ’oppone, Anche te, duro Vilsone !

[1919]

I QUATTORDICI PUNTI O Signor dai quattordici punti,

Non t’accorgi a qual punto siain g iu n ti? Ogni punto ci crea disappunti,

Più t’impunti e tu meno la spunti, O Signor dai quattordici punti.

(1919)

Pe r i l Gi a p p o n e

A l’uomo colorato ne l’oro del Sole oriente Porgi la mano, o Bianco; stringi la man fraterna. Non potria quella mano contrarsi in pugno iracondo

E schiacciarti sul muso il tuo misero orgoglio, E provarti, che vince l'Umanità gialla la bianca,

Come il croceo metallo vai più del bianco assai ?

(36)

-Il c o l o r e d e l l a p e l l e

Se giudicar si deve De gli uomini il valore Dal diverso colore

Del volto, e questa è la giustizia vera, Perchè d unque Agatone

Ha la pelle più bianca della neve E l’anima più nera ,

Del più nero carbone ?

Al l Am e r i c a

O Terra di Colombo e d ’Amerìco, O generosa, che a la Madre Europa Traverso le infinite acque d ’Atlante O ro infinito profondesti e sangue Per la giustizia e per la civiltà, O r non negare la giustizia a questa Italia, che di te men ricca tanto, Oro infinito anche profuse e sangue Per la giustizia e per la civiltà; A questa Italia, che di mille suoi Figli le braccia ed il sudor ti dà !

( d i e . 1919)

(37)

A Wi l s o n

Noi ti credemmo un novello Messia Venuto in terra nel secolo tardo A rifiorirvi Giustizia ed A m o r' O n d ’ io sciamai: « Non rivive nel sogno

Sol dei poeti e dei fervidi sofi La vaga terra promessa al mio cor ! » Ahi ! come il sogno dilegua !... Il Messia Svanì nel nulla ! Ahi ! caduto, appassito E’ di Giustizia il mirabile fior!

( d i c e m b r e 1919)

Pa c i f i s m o a d o l t r a n z a

Finché nel mondo vivono barbari, Selvaggi ed antropofaghi, Chi ad ogni forza, stolto ! rinunzia

Si prepari al martirio.

Presto non corre nessun pericolo: Chè a la vita ei rinunzia !

(38)

La Le g a d e l l e Na z i o n i

A lla sc r ittric e M addalena C ravenna B rig o

Forse la bella pianta Della « Lega dei popoli

»

Cadrà ben presto inaridita e infranta! Ma non senza che un germe

Lasci; onde un giorno l'albero Meraviglioso de la Pace inerme Oli Stati accolga tutti

Sotto l’ombra benefica,

Lor dispensando i suoi divini frutti!

(dicembre lyl9)

1 METODI DEL PROGRESSO

Non dispregiati! le millenarie prove

Dei padri nostri. Aggiunger qualche passo Al cammino già fatto, ecco il progresso. Ma cominciar da capo ogni stagione A riprender la via, gli è tal sistema Per attinger giammai meta nessuna.

(39)

Op e r e m a n c a t e

Non vaneggianti suoni Sono i miei versi: germi Son di leggiadre azioni. Chè se dai nervi infermi

E se da le arche vuote All’atto uscir non puote Quella virtù possente Che m ’arde nella mente, Almen germoglia fuori Questi negletti fiori.

A i m i e i d u e i t o l i

sotto tra. A n drea m u tila to d i g u e rra e ten. F ernando f e r ito Le palle che sul Carso aspro e sul Piave

Aprir l'uscita al vostro sangue ardente, C h ’era pur sangue mio, per il mio cuore Passaron anche dolorosamente ;

Ma insieme col dolore, una soave Fiamma vi acceser di divino orgoglio Estinguibil non mai, ch’umile adora Le vostre belle e sante cicatrici, Di verace virtù nobili emblemi !

(40)

Ad u n p o e t a

Nuvole d'oro, albe e tramonti d ’oro, Voce d ’oro, chioma d ’oro,

Messi d ’oro, frutti d ’oro... Un tale aureo tesoro

Perchè sciupi, o poeta, inutilm ente? Tu, così ricco d ’oro,

Perchè non ne hai versato Patriotticamente

Nelle digitine casse de lo Stato ?

(101

A Ga b r i e l e D An n u n z i o

Con l’esempio tu insegni la prodezza E il sacrifizio per la patria terra, Ma con gli scritti la turpe mollezza E la lascivia, che gli animi atterra: Ben altra attingerai sublime altezza, Se mai, de l’arte tua vinta la guerra, Purificata l’anima segreta,

Pari al guerriero sorgerà il poeta.

(41)

La r t e... d i m a l f a r e ! Q uando l’arte diventa un turpiloquio,

La vita sociale è un turpificio; E se l’arte mentisce turpitudini,

Tollerar quel mendacio è tristo indicio !

Al l On. Lu z z a t t i p er la sua legge a n tip o rn o g ra fic a Buon Luzzatti, se è tal la vostra rete

Che tra le maglie i pesci grossi sfuggano, Nemmeno i pesciolini acchiapperete 1

Du e p i a g h e ! lo vorrei

Che i versi miei

Non fusser vano armonioso vento, Ma fuoco violento,

Ma nitrato d ’argento,

Per risanar le belle membra' tue Da una maligna lue,

Causticando le due

Estesissime piaghe, Italia mia:

L'una:

pornografia,

L’altra;

burocrazia,

Che ritardano i tuoi superbi voli Del tuo futuro ai destinati soli !

'

(42)

La p i ù f i o r e n t e i n d u s t r i a

Già che il discorso eterno È:

incoraggiar la industria,

Non si scordi il Governo, Quale l’industria sia

Più fruttuosa:

la pornografia:

E perchè più fruttasse O norarla dovrìa

Di molte e molte fruttuose tasse.

La r t e l a s c i v a

Q uanto più la lussuria è mista al bello, Tanto è più roba degna di bordello: È il male reso bello più nocivo al costume, È quasi un reo veleno trasformato in dolciume.

Ce r t e s c r i t t r i c i !

Fra le molte baldracche d ’ ingegno Che son gloria dell’ Italo regno,

Nessuno lo ignora ,

Che ci siete anche voi, o signora: Ma i vostri libri io non li stimo u n ’acca, Che siete in essi più che mai baldracca.

(43)

Ad u n p r o f e s s o r e

11 Governo ti paga, o professore, Perchè i giovani educhi; Il pubblico ti paga e l’editore Perchè lì diseduchi:

Tu, se insegni, o se scrivi Volumi educativi

O romanzi lascivi,

Gabbi egualmente e pubblico e scolari E badi a far danari.

Pe r d i v e n t a r e m i l i o n a r i o !

Vuoi diventare ricco sfondato ? Scrivi un libro da maiale: Studia poi che un Magistrato Per offesa alla morale Ti citi in tribunale. Assolto o condannato, Al milione volerai senz’ale.

Ad u n a m b i z i o s o

Hai gentile la sposa,

Hai la parola facile e ventosa: Nulla ti manca a diventar gran cosa!

(44)

Al Mi n i s t r o

PER LA LIMITAZIONE DEI CONSUMI

Poi che utile impresa ti assumi Limitando, Eccellenza, i consumi, Quali consumi v’hanno

Che arrechino più danno Di quelli che in Italia

Provoca u n ’arte svergognata e spuria Che è arte di lussuria ?

Am o r e e p u d o r e

Tutta la vita nasce dal Mistero E lo celebra A m or:

Onde l’amor più alto e più sincero Ha compagno il pudor,

Velo gentile del divin Mistero: E chi lo lacera

Distrugge Amor !

(45)

S’usava al tempo antico

Con le statue e pitture un po' indenti Una foglia di fico.

Se oggi a voi ridicolo Ciò sembra e fuor di moda, Siate almen coerenti,

Metteteci una coda !

A UNO SCULTORE | U ltim a indecente m oda a rtis tic a \ Perchè il tuo marmo svela

Lo membro che l ’uom cela ?

O Dante era un cretino a dirlo tale, O tu sei uno stupido animale !

La v e r a p o e s i a

La vera poesia d ’inedia crepa, E

lirica

vuol dire

La poesia delle sporcacce

lire

(46)

La r t é p e r l a r t e !

a Francesco T orraca C'era un signore, di cervei non corto

Ma alquanto storto, Che piantò nel suo orto Mille fiori bellissimi e venefici. Ma egli li dicea tutti benefici, Perchè i fiori son fatti per guardare, Ed è cosa assai sciocca

Il farli entrare

Ne l’interno pel naso o per la bocca. Ma quel signore avea dei figlioletti Che andandosi a diporto,

Come solean, per l’orto,

Contravvenendo ai paterni precetti, I bei fiori annusarono,

E alcuni ne moriro, altri infermarono.

Pe r u n d i s o n e s t o b e n e f i c o

Se, per caso, il diavolo Compie u n ’ opera buona,

Grido: Viva il diavolo !

E abbasso l’innocenza fannullona !

(47)

Il t e s t a m e n t o d u n u s u r a i o! Vivendo smunse i poveri

Con usuraia asprezza, Morendo lascia ai poveri La turpe sua ricchezza, Per evitar l'inferno... Nel dubbio, il Padreterno Al Limbo lo mandò.

La v o l p e e i l p o r c o Una volpe ed un inaiale

Per non so che qitisti'onc Fecer guerra, e se ne dettero Di santissima ragione.

Fu dal grifo e dalle zanne Ben la volpe maltrattata, iVla, partendosi sconfitta, Fe’ al nemico tal parlata: « Senti, hai vinto, anzi stravinto,

Nè già in dubbio io lo ritorco; Ma che vale ? Anche vincendo Tu rimani sempre un p orco!

La r t e t r i o n f a n t e

Che cosa è l'arte? Io l’ho ben definita:

« La propaganda della mala vita

».

(48)

Me t o d o i n g e g n o s o

C'era una volta un inatto Che sopra il suo costume Con certo olio da lume Fece un solenne imbratto. Da prima, esterrefatto,

Volle correre al fiume: Ma poi, con nuovo acume, Prese un grosso pignatto D ’olio; e là dentro immerso

L’abito, e tratto fuor, Ebbe un color diverso, Ma tutto un sol color.

Che intende il picciol verso ? A buon intenditor...

Ti t o l i d i c o n c o r s o

Dimmi, con quali titoli

Quel caro De Pedanti ebbe la cattedra Per bacco ! Presentò al concorso tredi Opere importantissime

Con documenti inediti Sui debiti del Foscolo

E le amate da Giacomo ! —

(49)

Gi o v a n n i Be r t a c c h i

Clic scandalo, perdio, che putiferio Perchè un poeta è professor d ’estetica ! E, infatti, c'è criterio

A immaginarsi che un poeta sia Capace di parlar di poesia ?

1191 Sj

Po l i t i c a

Dai più

politica

vien definita

Come una cosa poco

polita

;

Pu r si son visti Furbi statisti (Materialisti E pessimisti)

Giudicar gli uomini Tutti egoisti E vili e tristi, Ma lor

politica

Punto

polita

In modo misero Esser fallita ! Oh, consoliamoci

(50)

Ad u n s u p e r u o m o N o n c o p rirti di tante c tante glorie,

P e r carità, n o n far sì g r a n d i imprese ! A bbi pietà dei posteri !

Se tr o p p o stancherai le lor m em orie, C e rto ti m a n d e r a n n o ... a quel paese !

Pe r l o s b a r c o d i G a b r i e l e D An n u n z ì o a Za r a O Artista de l'ip e rb o le

E del Superlativ o,

C hi mai t’insegna ad essere U n p o ’ m e n o eccessivo ? N o n basta la Rettorica

P a zza e lo stil lascivo ? V uoi con tue p azze im prese S tru g g e re il bel Paese ?

La p a c e e r a p r e p o t e n t i U n cane e un lu p o

Sovra u n d ir u p o

F ecero pace e patto d ’alleanza: E com e c e le b ra ro n o

La nova fratellanza ?

F ra tern am en te , reciporcam ente, (1) Si sp a rtirò u n a pecora,

E in santa pace se la b a n c h e tta r o n o .

(1) M a g n i f i c o a v v e r b i o di Trilussu,

(51)

A CE RTI PO ETI O Cigni, che s e n z ’ale

Vi affannate per salire

Il m onte del N u o v o e dell’O riginale: A chi non ha nulla da dire

Voglio io s c o p r ir e

Il segreto del su o Capolavoro:

Il S i l e n z i o !

L’ Im b o s c a t o Se io salvai la pelle da le palle

N o n dim ostrai però civil coraggio Ad affrontar l'oltraggio

Del pu b b lic o s o g g h ig n o e il diso n o re ? 11 guaio è che l'o n o re

P u ò esser risarcito:

Ma la mia pelle ?... Fatto lo sd ru c ito , O pelle mia, per te n o n c’è sartore !

[1916|

Sf r o n t a t o 11 valido soldato

C he evita a n d a re al fronte

Chiam atelo sfrontato,

P erch è non ha più fronte

(52)

Il p a t r i o t t i s m o d e l l i m b o s c a t o Chi per la fuga e core e g a m b e ha pronte

È patriottism o che no n vada al fronte; Se no, fu g g e n d o in nanzi alla mitraglia, C o n l'ese m pio fa p e r d e r la battaglia, O n d e ben fanno i c o m a n d a n ti scaltri A im b o s ca r noi prudenti e ch iam a r gli altri.

1916!

Pr o m o z i o n e m e r i t a t a \ U n tenente, che io conosco,

Col passar di bosco in bosco, Si fece tanto onore,

•Che da tenente d ive ntò maggiore.

A u n d i s e r t o r e E p u r cosa ingiu sta e trista

Il chiam arvi disertore, P e rc h è voi no n disertaste

Dalle idee nobili e caste Di c o nvinto pacifista, E da vero meritaste La m edaglia del valore, Se vi parve un gesto bello E da p ro d e Italiano Il fug g irv e n e lo n ta n o Da lo s tu p id o m acello !

(53)

Ad u n To l s t o i a n o

Ma che far, se dal solito balcone De PAI pi a n c o r s ’affaccia

Lo stran iero invasore e ci minaccia ? Favorisca ! S ’a c c o m o d i ! P a d r o n e ! V enga p u r d a fratetlo e da signore In casa nostra ! Ci fa tr o p p o o n o re ! Ahi ! per ben lu nghi secoli

La do lo ro sa esperienza hai fatta

Nè ancora, o Italia mia, sei soddisfatta ?

Im b o s c h e t t i

Ma quale patriottism o ha d im ostra to Cotesto f a nnullone d ’ Imboschetti ?

C o m e ! è tutto o c c upato A fabbricar proietti ! — — — —

(54)

IN FAVORE D EL F E M M I N I S M O

Ben diverse attitu dini D ie ’ n a t u ra ai d u e sessi; Ma i dritti son gli stessi.

Dei d u e sol’ u n o concepisce e figlia: Ma in estinguibil riso e m eravig lia Sarà, q u a n d o u n a legge osi bandire: « E p ro ib ito ai maschi il p a r to r ir e ! ».

Il v o t o a l l e d o n n e Io voto, o d o n n e, p e r il vostro voto,

Ma fo rm o insieme il mio più ard e n te voto

C he il cervel vi diventi assai men voto !

A l ) U N A F E M I N I S T A

A Tuoni p r e te n d i diritti pari ?

Siati pari, o d onna, d u n q u e i doveri: U o p o è che p r im a docile impari A usa r più serii m o d i e pensieri.

(55)

Se la ride il d e m o n io

C he o g n o r più raro è fatto il m a trim onio, Da che s e m p re più scarso è il p a trim o n io Privato, geloso,

Riserbato allo sposo,

Ma la parte m a g g io re è del d e m a n io E in pu b b lic o d o m in io !....

C o m e ride il d e m o n io !

A U N A C IV E TT A

E p p u r tu ig nori, civetta mia, La più squisita civetteria,

La più efficace, quella che piace A chi sia u o m o vero e n o n bestia: Sì,

la m o d e s ti a !

La SAG GI A E L E G A N T E

Io le S ig n o re lodo

C h e se guon la M oda... con modo.

Ma se Moda trasmoda,

Q uasi immodesta incitatrice al vizio, Ben la c orregge d o n n a di giudizio.

(56)

Al l e m a r t i r i d e l l a m o d a

M entre che i vostri p adri e i vostri fratelli su 1* Alpi S offrono c o m b a tt e n d o per u n ’idea sublime,

Martiri ed eroine voi siete non m e n o di loro, Martiri ed eroine d ’ u n a su b lim e idea !

C o n che su b lim e co ra g g io ai cu p id i sg u a rd i esponete M a rm ore i petti e ben tornite gam be,

O, con m a g g io r coraggio, eroic he fanciulle, esponete S bilenchi e m agri stinchi, scure e giallastre carni, S fid a n d o il g h ig n o dei pravi e il fiero sprezzo dei saggi

E i denti di Borea, p a d r e di febbri e tossi ! O h com e di tanto e ro ism o i vostri cari su 1' Alpi

Si esaltano e beati s p ir a n o s o r ri d e n d o !

A v e n t a n n i !

T r o p p o scoverse il niveo petto ai morsi di Borea gelati Ed o r da q u esto niveo m a rm o co p e rta giace Ada, di febbre Iberica estinta a v ent'a nni ! O sublime

Recanatese, oh q u a n t o scrivi verace detto, Allor che chiam i fide sorelle la M oda e la Morte !

(57)

A U N A BELL A S IG N O R A Bella voi siete... e più sareste bella,

Se un po' m e n o pensaste a farvi bella.

De l l e d u e l u n a

C on Farti de la m o d a riesci a farti più bella? Io non ti biasm o, anzi ti a p p l a u d o e a m m iro . Ma se con strane fogge ti rendi ridicola e brutta,

N o n so se il riso o la pietà prevale ! 1

Ta c c h i a l t i e s c a r p i n e s t r e t t e Capisco, o elegantissima

Callia, perc hè non balli... P e rc h è il p ie dino è càllistos 2 Cioè.... pie no di calli!

Co n s i g l i o

O figli noi d ell’istante, se godi l’istante fuggente, N on atto scar la gioia de l’istante se guente .

(1) V e r s o r u b a t o a ll a Gi n e s t r a „ d e l L e o p a r d i . (2) In g r e c o , b e l l i s s i m o .

(58)

So p r a u n v e n t a g l i o

Poi che è c o m u n e il detto e il sentim ento , C h e i versi so n o inutili

(Specie gli onesti) e r e n d o n o Men di zero per cento,

N o n s o n o da lodare io, che li a d o p e ro Almen, bella S ignora, a farvi vento ?

Il f i l o s o f o e l a r o s a

U n filosofo seccante Si sgolava a d im o s tra re

A u n a rosa bellissim a e fragrante, C h e la bellezza devesi spregia re P e r c h è d u r a un istante.

Ma la bella fra le rose Gli rispose:

« Q u a n t o più son brevi e rare P iù si p re g ia n o le c o s e , O eternissim o p ed a n te ! »

(59)

Ag l i a l b e r i

Alberi amici, il Sole Vi d o n a i bei colori De le foglie e dei fiori; La terra il n u trim e n to ;

Vi dan gli augelli il canto e le parole; Moto vi do n a il vento;

Il poeta pensiero e sentim ento ; Ma il c a m p a g n u o lo , avido, vi recide, E la g u e r r a vi uccid e !

Pe r l a f e s t a d e g l i a l b e r i

D o v ’ è il pere n n e regale a m m a n t o Che rivestiva g l ’ Itali monti ? O rb i di voli, m uti di canto, Ig n u d e al cielo levan le fronti. Spoglia di verde, N a tu r a è muta;

E’ com e u n ’a n im a priv a d ’am or: R e n d ia m o ai colli l’o m b r a p erduta, D iam o a le selve l’antico onor.

(60)

Vo l u b i l i t à

Vasto è il core del mio bene ! N e l’im p e r o di quel core O g n i mese eletto viene U n novello im pe ratore. Ma se avvien che, d o p o tante

Successio ni di caduti, Resti il tr o n o un dì vacante O in re p u b b li c a si muti ?

La s t a t u a d i To t i

al poeta Pier Emilio Bosi M aggior» dei Bersaglier

Chi è q u es to m e m b r u to M onco, ceffo di b r u to ?

P e rc h è spogliasti la divisa bella, P o v e ro Toti, ig n u d o

In q uesto in ve rno c r u d o ?

C o n t r o chi scagli tu la tua stampella ? F orse così tu scacci

S tuolo di monellacci

C h e ir rideva no al tuo m o n c h e r i n o ? Sei soldato? o bo rg h ese ? o facchino? Italiano? Austriaco? o S anculotto? Abissino? O tte ntotto?

N ulla dice d e ll’arte il chiaro stigma ! Ai posteri sarai fam oso en ig m a !

(61)

-Le t t e r a d i u n s o l d a t o a l l a m a m m a

D entro il core ho tanto foco, tanto foco, o cara M amma, Che c o m p re n d e r non so com e questo foglio non

[s’ in fia m m a ! Q u i, nel campo, di pensieri, v’è assoluta carestia:

C h e b aldoria di coraggio, di salute, d 'a ll e g ria ! C ara Mamma, per l'Italia a com batter me ne vo:

D ’un Giornal della Domenica più illustrato io to rn e rò . T u prepara, pel ritorno, la tua z u p p a e i tuoi rinfreschi: Da mia parte ti p ro m e tto un soffritto di Tedeschi. S ono alq u an to magri e duri, ma ci ho p ro n to il

con-[dim ento: Basta, a renderli mangiabili, un zinzin di Trieste [e T re n to . C h e se poi ci a g g iu n g i un pizzico e di Alsazia e di [Lorena, T u non lasci di papparteli, se n o n n ’hai la pancia piena. Su, sta p u r senza paura: cosa son b o m b e e mitraglia?

S ono i m etodi più spicci p e r buscarsi un a medaglia. Di medaglie così carico voglio a te rip re se ntarm i,

Che tu, M a m m a poveretta, n o n saprai com e a b b r a c c ia r m i: Ma tra lacrim e di gioia io m 'avvento al caro petto

Ed in g iro per la casa ti fo fare un bel balletto. ­

(62)

Ec o n o m i a p o e t i c a Io vorrei

Che per e n tro i versi miei Si ascoltasse

II s u s u r r o delle piante, M o rm o rasse

La fontana zam pillante, C he dei boschi

Folti e foschi

Vi spirasse la frescura... P e r g oder, qui, nel paese, Senza spese, L’a n n u a l villeggiatura. Ad u n o d e i s o l i t i c r i t i c i Il tr ibuna le Del tu o giornale Inappellabili S ente nze spicca

Crìtica ? o cricca ?

Cr i t i c a i n g i u s t a C h e cosa è critica

Senza g iu s tiz ia ?

E ’ nequizia , è malizia, è tristizia C h e tu tto vizia !

(63)

Ad u n a r o m a n z i e r a a m i c a

G iacché il sincero mio giu d iz io chiedi, 11 tuo r o m a n z o fa d o r m ir e in piedi. Q uasi quasi direi, S ig n o ra mia, Di m a n d arlo a La Nuova Antologia

Al F U T U R I S T I e p a s s a t i s t i

F u tu risti, P assatisti,

N o n sareste m e n o tristi E più sinceri artisti,

A d iv e n tare un poco P re se n tisti?

Il v e r d e

Al certo là mia stella V erde raggiò la luce: P erò che s e m p r e il verde P u r frai più aspri duoli Mi rifiorì ne l ’anima; E il mio g o d e r e è q u a n d o In fra m o n ta g n e e selve H o gli occhi ebbri di verde: Ed il più p u ro verde In tutte le stagio ni Mi rallegrò le tasche !

(64)

A Sa l e r n o Bella sei tu, q u a n d o si leva il Sole,

Bella, S ale rno mia, q u a n d o si corca: Ma tr o p p o mi m ortifica e mi duole D o v e r sentire, che sei tr o p p o sporca! E più di tutti se n 'ac co rg e bene Chi s'arrischia all'Ufficio d ’ig iene ! (*)

I l g i o r n a l e « I l M a r z o c c o »

E tu sei cosi sciocco

C he ti aspetti le Iodi dal Marzocco ?

E q uello un dotto accorto co ncistoro : Le lodi se le sc a m b ia n o tra loro.

(65)

Le c o n f e r e n z e

a San ti S ottile Tornaselli

La prim a conferenza, di cui notizia ab b iam o , C a ro Santi, sì, quella che Dio fece ad A d a m o , E bbe un effetto assai disastroso p e r l'u o m o , S tuzzicandogli l’ùzzolo col pro ib irg li il p o m o . Molto più efficace fu quella del Serpente, Ma, in realtà, efficace solo ap p a ren te m en te, C hè anche senza di essa il p o m o p ro ib ito S aria stato eg u a lm e n te m angiato e dig erito . Q u esto famoso esem pio dim ostra, anc he ai più futili,

Che son le co n ferenze perfettam ente inutili, Salvo, s ’in tende bene, salvo un certo pia cere Che, solo fra gli astanti, prova il co n fe re n zie re . L’u n ic a conferenza che feci in vita mia

( D opo la quale il m o n d o seguitò la sua via) Io volli con g ran cu ra c o m p o rla e ripulirla, Ma poi, caro Sottile,.... no n andai a sentirla !

(66)

Al c o m m . N i c o l a A r n o n e

Preside del R. Liceo T. Tasso in Salerno

Mio caro A n io n e, n o n è cosa agevole, O r a che fatto sei Commendatore, A stabilir, se con siffatto o n o r e

T u diventato sei più commendevole.

C e rto se la c o m m e n d a a u n bravo e onesto T occ ò talvolta, il caso è p ro p rio questo. Ma tu rim ani il mio stimato A rn o n e C o m e p rim a .

G io v an n i Lanzalone.

Po e s i a c a m p e s t r e

caricatura di certa moda poetica

Nella c a m p a g n a gli asi­ ni r ic a n ta n d o in cor- o d ic o n o gli sp a si mi dei lor caldi am or. C a n ta n o in versi li

beri e in sonetti p e trarcheschi, e tutti gli astanti o d o n o in e stasi e n o n pochi p o

eti si studian d'im itarli un p o ’. ­

­ ­

(67)

Pa r e c c h i e l e t t i

E si dicono eletti, non chè sian di eletta morale, O vver di eletto ingegno, o di cu ltu r a eletta, Ma sol perchè con gesti dì lingua, di piedi, di m ani,

S e p p e ro ben usa re l’arte d'essere eletti.

[1919J

Un m a l d i c e n t e

M uvio di tutti sparla e n o n s ’avvede che spessa, Così facendo, sparla soltanto di sè stesso.

Pr o v a d i d o v u t a s t i m a

Io non avevo stima per u n tale; Ma ora sì: Muvio ne dice male.

Pe r u n a d e l l e t a n t e l a p i d i

P erch è tanto ti sei m eravig liato Che lapide sì bella a Tizio in d e g n o Il C o m u n e a sue spese abbia murato? Altri fu mai più d e g n o

(68)

IL 9 G E N N A I O

{vacanza di lutto per la morte del Gran Re)

Ieri u n a regia nascita, O g g i u n a regia morte, Son ragioni legittime

P e r c h è la scuola c h iu d a le sue porte. Viva i g io c o n d i scio peri

De la o p p r im e n te scola E il P a d r e di u n a Patria Così m eravig liosa festaiola !

Al l e g r. Do t t. Vi t t o r i o G r a z i a d e i

R. Provveditore a g li studi

Ella che s ’a d d o lo ra Dei chiassi che talora F a n n o i nostri studenti,

C h e ne dice dei chiassi assai frequenti E in c o n c lu d e n ti

Di quegli scolaretti im pertinenti Ed indisciplinati

C h e si dic o n o nostri d e p u t a t i ! ?

(69)

Il Ga l a t e o

Cosi nell’alto, com e nel basso, È il G alateo m olto in ribasso, T a n to che a stento

H a suo rifugio nel P a r la m e n to !

À U N D O T T R I N A R I ©

Sai d irm i tu, a che giovi la d o ttissim a T eoria c a tte d ra tic a ?

È presto detto: a ingarbugliar la pratica.

Q u i s C U S T O D I T C U S T O D E M ? Molte ragio ni acute e p rofondissim e

Udii da sapientissimi dottori, P erch è la nostra scuola

E duca poco. Ma io ne so u n a sola: P o c o educati son gli educatori!

(70)

La s c u o l a m i s t a

Scaglia p u r la tua parola C o n t r o i vizii della scuola: Ma sei certo u n m e n tito re Nel negar, che oggi a u n a sola Cosa educa: a far l’a m o re !

Ce r t i t e s t i t e d e s c h i

O am m ir a to ri regnicoli Di certi testi teutonici,

Via dalle scuole questi mali cronici, C he spesso n o n son testi... m a testicoli!

La t r o p p a p e d a u o u i a

O h c o m e u n a maestra am ica mia Ben definisce la pe d a g o g ia ! " L'arte di ca m m in a re C o n u n ago nel piede. »

E Infatti pare, Anzi chiaro si vede,

C he c a m m in av a assai meglio la scuola Allor che Vago era a n c o r nella scuoia !

(71)

A U N D O T T I S S I M O SO FIS TA

La tua d o ttrin a è tro p p a, è così troppa, C he il tuo pensiero

Vi si dibatte e in to p p a

P r o p r i o com e u n p u lc in o ne la stoppa, E n o n trova il sentiero

Del reale e del vero.

Al P o n t e f i c e d e l l a c r i t i c a

O tu che benedici e c r o c ifig g i

Sei bene detto Benedetto Croce.

Ben l’alta m e n te ad alta meta affiggi, Ma tro p p o , ahimè, ti nuoce,

C he le forti ali ne la pania inveschi Di concetti barbarici tedeschi : E sì l’uso t’ è invalso,

P e r violenti stu p ri di p e n s i e r o , . C h e tr o p p o spesso benedici il fa lso

E crocifiggi il vero.

A G i o v a n n i La n z a l o n e

Sei vecchio e non t'avvedi, che i tuoi sforzi son vani A vole r r a d d r iz z a r e un p o ’ le g a m b e ai cani ? Bada che i cani latrano e m o rd o n o , e che stram be, P ro p r io c o m ’eran prim a, r im a n g o n o le g am b e.

(72)

Ev o l u z i o n e d e l l a v a r i z i a

Alm en gli antichi avari, qual N um e, ad o ra v an o 1’ O ro , C he frai metalli sp le n d e com e un raggio di Sole : Ma gli evoluti avari m o d e r n i che a d o r a n o invece ?

11 su c id o N u m e de la cartaccia sporca !

A U N AVARO

T u a m m u c c h i, a m m u c c h i, fra mille cure e tim ori. Chi ti salva dal fuoco ? Chi dagli astuti ladri ? Le frodi, i fallimenti, gli o rre n d i naufragi, i tr e m u o ti,

Le som m osse, le guerre, i fiumi e i cieli irati, Son mille i nem ici a insidiarti i tesori:

Pensa ci: il sol d a n a r o sic uro è il b en e speso.

A U N V IL L A N O A R R I C C H I T O

Eri villano e rozzo, m a bene in tona to a l’a m b ie n te , C o m e p o v e r a nota d ’una povera o rch e stra.

O r, tra la nova dovizia, più rozzo e villano tu spicchi, Q u a l vilissim o q u a d r o sto na in co rn ic e d ’oro.

(73)

D o rm e Fazio F urfetto in q uesto sasso, U n che eb b e a la Virtù sì g ra n rispetto: S em pre che la in c ontrò sul suo c a m m ino, Le fece, pronto, un rispettoso inchino, E le cedette il passo. La c o r r e t t e z z a Q u el tale è un u o m o o n e s to ? C e rto è un u o m o di vaglia Io n o n d o m a n d o questo: E ’ un galan tu o m perfetto ?

E’ un u o m o assai corretto. S arà u n a correttissima canaglia...

O n o r i f i c e n z a e c a r c e r e

P erch è han d a n n a to al carcere Il cavalier B i rb a n z a ?

Eh, a q u a n to pare, non r u b ò a bba sta nza ! Se un poco più si fosse fatto onore, C e rtam ente saria C o m m e n d a to r e .

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(74)

L On o r e v o l e Bu o n s e n s o

a Ferdinando M artin i

U n g io r n o il no stro valoroso Re, N o n so perchè,

(Fu certo, io penso,

In u n m o m e n to di distrazione) N o m i n ò l ’O n o re v o le B u o n s en so M in istro della P u b b lic a Istruzione. L’O n o re v o le B uo n s en so

T u tto lieto sale P e r le scale

De la D ea della S apienza. Q u a n d o poi per l'a m p ie sale,

D ’ impiegati fra un p u b b lic o stupito , Fi s ’ inoltra, riverito,

U n cotale

S ente tanfo di muffito, Di r ifo rm e secolari, Di progetti sbardellati, E u n feto r di em arg in ati E di note e circolari,

S icché il capo ornai gli circola, In crescente ca p o g iro ;

n in to n tito ;

G ià gli vien m e n o il resp iro ; G ià si sente u sc ir di sé ; O n d e alfin g r id a : « N o n è Q u e s ta qui aria p e r m e !... » E sc a p p a sulla strada, in o rrid ito !

(75)

Se m p l i c i t à e c h i a r e z z a !

F u ap p ro v a ta un a legge in p ar la m e n to Quasi a u nanim i voti : e r a n o i vari Articoli così semplici e chiari,

Che fu o p p o r t u n o un bel R egola m ento C o m p ila to da venti Lum inari

F diviso in articoli trecento,

C ui te nne d ie tro un procelloso vento Di note co n tro n o te e circolari, O n d e si fecer sì confusi e vari

I criterii di tutti i F u n zio n a ri, Sì a r d u o il d isb r ig o degli affari, Che necessaria fu del P a rla m e n to

Altra legge e novel R e g o la m e n to E poi lo stesso em arg in ato vento....

Le C o m m i s s i o n i

Sapete voi che cosa è u n a C o m m is s i o n e ? E ’ un m e to d o elegante perc hè u n a q u istio n e Sia m o rta e seppellita. Si te n g o n o sedute, Si ste n d o n o verbali, si ciarla, si discute, Si fan relazioni, si studia a s sid u a m e n te ,

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La p a c e u n i v e r s a l e f. i l d i s a r m o

C red e te voi, che tr asform are è agevole La belva u m a n a in animai d o m e s tic o ? Ma se p e r m olti avvenne già il miracolo, Molti vogliono a n c o r l’o p r a dei secoli. O r che far a n n o i mansuefatti popoli ? S ’offriran d isa rm ati in v olonta rio P asto ai feroci ? Assai m iglior p r o p o s ito S arà str a p p a r e a le tigri in d o m a b ili E le zanne e gli artigli, ovvero ch iu d erle In ferree gabbie, p erc h è s tia n o in n o c u e O servan solo a p u b b lic o spettacolo.

D e b o l i e f o r t i

H a n n o i pote nti il seme d ’un a g ran debolezza: il delirio! H a n n o i deboli un g e r m e di m irabile forza: il martirio!

Pa t r i a e u m a n i t à

Q u a n d o o r g a n is m o si v ed rà s e n z ’organi E l’o r g a n o sarà senza molecole, Allora an c h e vedrai famiglia e patria Assorbite s p a r ir ne l’um an genere.

(77)

Ad u n c o s m o p o l i t a

Senza P arigi no n v ’è Parigino

E da S i bari nasce il Sibarita;

E tu p r im a che fo n d in o Cosmopoli

Appellarti già vuoi Cosmopolita ?

Abbracci p u r com e con c ittad in o Il tuo fratei C a n n ib a le ?

Sì,.., ma n o n tr o p p a fretta ! Se no, corri pericolo

Di finire evoluto... in cotoletta !

Al B E L L I G E R A N T I

C he vale E u ro p a ? La gleba, che voi con torrenti di [sangue Vi disputate, e urli di rabbia e di d olore?

Nè pensate, che il vostro s o g g io rn o un attim o d u r a Su questa breve in sa n g u in a ta gleba!

E n o n che u n ’o n d a puote del liq uido Atlante ingoiarla, Siccome un te m p o la s u p e rb a Atlantide,

C he or con sua m u ta storia nei cupi fondi silenti Giace, di um a ni e di lor g u e r r e im m em o

(78)

re!-Il l a v o r o d e l l a s c i e n z a

Ben la scienza scopre Mille m irabili o p re P e r far vivere l'u o m o ; Ma mille a n c o r ne scopre P e r u cc id e re l’uom o: Sì che è tr o p p o evidente,

Che, c o n c h iu d e n d o , ella n o n scopre niente !

A Te o d o r o Mo n e t a

per la sua in iziativa di un Comitato Internazionale per la Federazione Europea

Il Sol che negli occhi ti m anca Ti sp le n d e ne l’an im a grande: U n raggio , che i cuori rin franca, P e r tu tta l’E u ro p a si sp a n d e Da te, o m a g n a n im o , o pio, D a te, vero Dono d i D io ! 1

(1 9 1 6 )

(79)

Lo St i v a l e Di qual d ivino sim bolo

Tì stam pò l’im m ortale, Q u a n d o t'im presse, Italia, La fo rm a di S tiv ale? P e r as p re vie di. g loria

C o r r e r fu il tu o destino: T u g u id a e s p r o n e ai popoli P er l'id eal c a m m i n o !

L a i u o l a c h e n e f a t a n t o f e r o c i

a l poeta Alfredo Baccelli

Vidi un g io r n o fanciulli giocanti con u n po' di terra: D i s t r i b u i v a n o su pie truzze (chiamavanli piatti), P r e p a r a n d o s i un pranzo, di varie minestre, di carne, D ’uova, frutta, dolcium i, leccornie d ’ogni sorta, Il tutto im m ag in a rio . Ma nel dividersi i dolci Metaforici cibi, insorse fiera una lite:

Da le g rid a a le ingiurie, da queste si ven n e a la zuffa: S coppiò furia di calci, di pugni, di graffi e cazzotti.

Io m ’adoprai, passando, a rappaciarli. E pensai: Ecco, questi fanciulli s ’azzuffano p e r poca terra; Ma che altro di m e g l i o , i n s o m m a , fan gli uom ini

[adulti ?

(80)

La p a c e d i Ve r s a i l l e s

Volava su la terra, disceso dai cieli più p u r i, U n angelo bellissimo. Avea fra le ca n d id e dita De la sua destra il te nero ram oscello di un fiore

[divino, E, p e r trapianta rlo, cercava u n a vergine aiuola In q u es to bieco m o n d o f um ante d' incendii e di

[sangue. D o p o esplorate inva no le vaste pla ghe de l'orbe, S ’a p p ro s s i m ò a Versaglia. Su vincitrici bandiere « G iustizia ! Libertà ! » rilesse in segni fiam m anti. A le sante parole, nel core e nel viso s ’allieta, E a quella meta volge il bia nco rem e ggio de l'ali, P e r trapiantarvi alfine il verde celeste germoglio . Ahi! ma g iu n to da presso... un su b ito grido d ’o r ro r e La diva cre atura levò dal petto turbato,

Di d u o lo e di s d e g n o tr a sc olorando nel volto, E dritto all’alto t e n d e n d o sparì ne l’azzurro, R e ca ndo ad altri m o n d i la p u ra divina corolla, A cui la terra im m en sa n o n offre propizia un a zolla!

Al l It a l i a

Q u esta sentenza mai n o n obliarla:

Meglio è s u b ir nequizia anzi che farla !

(81)

Na t u r a d e l l e g u e r r e

P e r destare un vastissimo incendio Basta un solo fiammifero, Ma talvolta, per estinguerlo, Basta a p p e n a l'O c e a n o !

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Ot t i m o r i m e d i o

Poi che ciascuno pensa, e nel p e n s a r n o n erra, C h e s o n o inso p p o rta b ili le spese de la g u erra, Così alcuni p r o p o n g o n o questa soluzione: A g giungervi le spese d ’u n a riv olu zio ne !

1 RIM EDI T R O P P O RADICALI

P e r c o r re g g e re gli u o m in i Iddio m a n d ò il diluvio: Ma poi dovè convincersi, C h e avea sbagliato,

Chè, d o p o , quasi nulla era mutato, E solo il fango s ’era aum enta to.

(82)

Ri v o l u z i o n e ( a l l e g o r i a )

G u a r d a com e tu m u l tu a Il G olfo ! Da contrarii Venti aizzati, avventansi L’un c o n tro l’altro i rabidi Flutti, iracondi popoli D i leoni, che in furia

Squassali le g iu b b e e balzano R u g g h ia n d o . Oh, quanti naufraghi D iv o ra questa to rb id a

Ira M editerranea!

Dai ciechi fondi in so rg o n o , A galleggiare, il p u tr id o Lim o e la sabbia, e tingono L 'o n d e di rabbia itterica, C he terra e ciel m in acciano !... O h q u a n d o , oh q u a n d o il placido T u o sorriso sereno,

O mio di vili T ir r e n o ?

Il t e r z o

Spesso ripeter s ’ode

C he frai d u e litiganti il terzo gode:

Ma litigan p ad ro n i e scioperanti,

M entre che il terzo, l’arcistufo pubblico,

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