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Il Nuovo Istitutore : periodico d’istruzione e di educazione. A.7(1875)

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NUOVO ISTITUTORE

d’ Istruzione e di Educazione.

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SALERNO

STABILIMENTO TIP. NAZIONALE

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(7)

A

nno

VII.

S

alkrno

, 10 Gennaio 1875.

N.' 1 e 2.

IL NUOVO ISTITUTORE

GIORNALE

PREMIATO CON MEDAGLIA DI ARGENTO

AL V II CO NG RESSO P E D A G O G IC O .

Il giornale si pubblica tre volte al m ese. Le associazioni si fanno « prezzi an ticip ati m ediante vaglia postale spedito a l D irettore. Le lettere ed i pieghi non fran cati si respingono: nè si restituiscono m an o scritti — P r e z z o : anno L. 5 ; sei m esi L. 3; un numero sep arato di otto p ag in e, Cent. 3 0 ; doppio Cent 50.

G iornali, libri ed opuscoli in dono s ’ indirizzino — A lla D irezione del Nuovo Istitu ­ to r e , Salerno.

SOMMARIO — Due parole a i le tto r i— Una lettera del F a n fa n i — Un’altra del p r o f. Pa- c in i — Un rapido sguardo al 1874 — G li odori — N orm e pedagogiche e did a ttich e — Cronaca dell’ istruzione — liibliogra/ia — Carteggio laconico — Jtingraziam ento.

AI L I T T O R I

H o la bellezza di sette a n n i, miei bravi lettori ;

e pe’ miei pari ei non son m ica tanto povera cosa ,

m assim e oggi che ne sbu can di so tterra com e i fu n ­

ghi, e poi vaniscono a guisa delle o m b re , per d ir come

dice un certo piag n u co lo n e. So bene che altri h a i

baffi più grigi d e’ miei, e che in q u esta faccenda della

vita non c ’ en tra nè p u n to nè poco il m erito e l’o n o ­

re. Si m u o r nelle f a s c e , si m u o r b a m b i n i , fanciulli,

g io v a n i, vecchi ; di m orte violenta o di lan g u o re ; di

questo o di quel m orbo ; secondo che piace a voi ,

piace a noi, piace a Dio. ( C h e infilzata di p i a c e r i! )

Si, anche voi, lettori miei belli, avete il diritto vitae

et necis su noi poveri m ortali ; e m o l t i , chè, gliel’ ho

a dir proprio io ? la sanno troppo bene q u e s t’ arte

(8)

lo vo’ to ccare, e to rn o a C am , cioè ai miei sett’ a n n i.

Dei quali ho detto e rid ico , c h e , p e r sè, sono senza

infam ia e senza lode; m a p u r mi d an n o licenza d’af­

ferm are, che la via orm ai la so da m e , da a n d a re in ­

nanzi alla fra n c a , e ch e u n p o ’ d ’ o p in io n u ccia io p u r

la godo ; p e r cortesìa , s’ in ten d e , dei v a le n tu o m in i ,

che m i voglion b en e e mi fan le carezze.

Q uel ch e sia stato d e’ p rim i m iei an n i , v e 1’ ho

detto s u p p e r g i ù , così alla p i a c e v o l o n a , nel mio solito

predicozzo di Capodanno ; e non. voglio o ra g ira r lo

sg u ard o ad dietro p e r m is u r a r tutto il cam in o percorso:

è tanto lu n g o e intrig ato ! Ma l’ ultim o tra tto ognuno

l’h a d ’ av e re b en e innanzi agli occhi, e m i dica in sua

fede , se p iù p ro sp e ra poteva c o rre rm i la sorte e più

am ic h e so rrid e rm i le stelle. N o n v a d a in bestia il mio

ad o rato Matteo dai baffi grigi, n è m i sgridi e h ’ io sia

solito fare sb ald o re e sp arate (1); chè d ’ altrettali onori

n o n ne capita p o ’ poi tutti i giorni e ad ogni fedel c r i­

stiano. L e sue l e t t e r e .. .. (o h a proposito: sai, lettor m io ,

che sono raccolte, insieme con altre festevolissime, in un

elegante volume col titolo: Lettere filologiche e critiche di

P . Viani, Bologna, Zanichelli, 1874 ? È la p iù saporita

e ghiotta lettura , che potresti desiderare : fattele venir

presto: m a zitti ve’ ; chè se lo sente lu i, eh’ io te le lodo

e raccomando, povero a me : ed è tomo, sai, che non ci

si scherza ). D u n q u e le sue lettere, i distici del R icci,

gli scritti di quel v a le n to m in o n e del F a n fa n i, del G ro s­

so, d e ll’ A cri, del B e r n a r d i, p e r d ir solo dei lo n ta n i,

che m ’ h a n n o onorato nel 7 4 , sono tal gh io tto rn ìa da

fa r vedere un morto, andare un cieco, com e disse u n

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poeta risancione, e da pigliarne b aldanza ogni più p o ­

vero e modesto g a la n tu o m o . E il passato vi sia a rra

dell’ avvenire ; in cui entro più allegro ed anim oso

da certi segni di buo n augurio, che mi p are scorgere

in aria. 0 n o n vedete anche voi ? non sentite il coro

di voci, che si levano verso la M inerva a in n eg g iare,

benedire, chiedere, sp erare ? E 1’ uom o, che c’ è lì e

tiene il mestolo in m ano, non gliene m a n c a n è a r d i ­

re, nè senno, nè operosità e buo n volere: anzi ce ne

ha a io sa , e pare u n fuoco lavorato. T u tti i giorni ,

che Dio m a n d a sulla te rra , c’ è qualcosa di suo ; e

altro non s o g n a , che s c u o le , m aestri e r ifo rm e , che

faccian p ro sp e ra r gli studii e crescano la gentilezza e

il sapere nel nostro diletto almo paese. O n d e, se ce lo

lasciano d u ra re un pezzo, e questo rigoglio non isfo-

ghi in lusso di fronde e di sterili fiori, noi dei buoni

e saporosi frutti p u r 1' avrem o a g u s ta r e , e c’ è sp e ­

ranza di rim p a n n u c c ia rsi u n po’ più a m odo e da gente

battezzata. Sicché fatevi cuore, voi m aestri elem entari

e professori di scuole secondarie : forse s p u n te rà a n ­

che la vostra s t e l l a . Questo è q u a n t o , e festa, per

o rn a rm i di u n a gala del mio V iani.

S alerno, il p rim o del 1875.

I l

Nuovo

Is t i t u t o r e.

LA CRONACA DEL COMPAGNI

^ L T R A L E T T E R A D E L ^ A N F A N I A L P R O F . J-IN GU1TI.

Caro Professore,

Mi rincresce di non poter rispondere alla sua lettera : prima per­

chè , dovendo farlo col metodo stesso , alle sue quindici facciate di

carattere minuto, bisognerebbe che ne rispondessi almeno sessanta, e

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ciò non posso fare in verun modo ; e poi perchè, usando io una critica

pratica nella quistione dell’ autenticità della Cronaca, non voglio, come

altre volte ho dichiarato, ingolfarmi in dispute di critica speculativa,

le quali a nulla approdano dove si discute di fatti. Il suo raziocinio

è ingegnoso, e degno della sua singolare dottrina ; ma chi accettasse

le teorìe che Ella pone, si verrebbe a concludere che la critica non

ha modo, per via di prove desunte dalla lin g u a, di accertare 1’ apo-

crifità di un’ opera ; e come i suoi argomenti valgono così per la

Cro­

naca

disputata, come per qual altra opera si voglia della cui autenticità

si disputasse, così ne seguirebbe che anche tutte le infinite opere rico­

nosciute per certamente apocrife si dovrebbero ribattezzare per legit­

time ; e che qualunque arfasatto al quale saltasse il ticchio di darsi

per scrittore antico, lo facesse pure a casaccio come il contraffattor

della Cronaca, potrebbe dormire i suoi sonni tranquilli che nessuno

lo convincerebbe di falsità. Se dunque, tornando al particolare della

Cronaca, non bastano per chiarirla falsa nè la mancanza assoluta di

antiche testimonianze e di codici antichi : nè 1’ assoluto silenzio di tutti

i biografi e scrittori di memorie: nè gli sformati errori storici, che

10 scrittore dice in persona propria: nè il parlare di edifizj che non

c’ erano a tempo di Dino : nè il far parlar morti ; nè il far morire chi

di fatto si trova vivo anni dopo ; nè tutti gli altri spropositi gravissimi

che nota lo Scheifer, il cui libro pare che Ella non abbia veduto ; se

non bastano le prove della lin g u a , i tanti luoghi rid ico li, buffoneschi

e privi di senso comune ; se tutte queste prove, e tante altre che la

vedrà nel mio libro, non bastano ; mi faccia il favore almeno di dirmi

qual prova reputa necessaria per accertare l’ apocrifità, ed io le pro­

metto di trovargliela chiara e lampante nella Cronaca : e poi mi faccia

11 piacer di dirmi qual è il fondamento

critico

dell’ autenticità , perchè

un uomo così dotto e di ingegno acuto come L e i, non credo che lo

faccia consistere in un

Ip s e d ix it

, che è il contrario della critica ; o

in un codice di tre secoli dopo.

Ma io, Ella risponderà, vi ho mostrato col fatto che voi errate

in cinque cose, là dove tassate di non antiche certe voci ; e questa

non è critica speculativa. Di quelle cinque cose, mi perdoni, caro

Professore, non sono punto persuaso ; e le mostrerò

di qua da picciol

tempo,

che gli esempj da lei recati non calzano al fatto nostro ; e che,

specialmente quelli del

Cioè

e dello

Scomunare,

confermano anzi quel

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che dico io. Ma anche se Ella avesse ragione per tutte e cinque ; se

invece di quattro fossero otto, dieci, venti ( io non son Pio IX ) che

cosa verrebbe a dire ? 0 non ne restano in p M i ie cento e le du-

gento, le quali sono più che sufficienti a provare la falsità ? Questa

prova della lingua per me è la più certa ; ma essa non è sola. Ci

sono altre prove e riprove ; e 1’ una fa buona 1’ altra ; e siccome sono

prove di fa t t o,

così non mi si possono combattere in altro modo che

mostrandole false

col fa tto

; nè dove parlano i fatti, hanno forza veruna

i più sottili ragionamenti.

Ella vedrà il mio libro, che già è finito di stampare ; in esso le

prove sono concatenate 1’ una con l’ altra. Se Ella mi combatterà

pra­

ticarne,nte,

e me le abbatterà una per u n a , non mi vergognerò di esser

vinto da Lei : se per altro le piacerà piuttosto di continuare nella critica

speculativa, e di andare per teorìe astratte, non se l’ abbia a male,

ma io non risponderò, perchè in quel modo le dispute sono eterne.

Mi continui la sua benevolenza, e mi creda

Firenze, 10 del 75.

suo aff.°

P .

F a n f a n i.

IL VOCABOLARIO ITALIANO DELLA LINGUA TA R LA TA .

Firenze 1S Dicembre l i .

Carissimo O livieri,

Eccole una buona notizia. Dalla direzione della Tipografia Cen-

nìana qui di Firenze ci fanno sapere che dopo la prima metà del pros­

simo mese di gennaio sarà pubblicato il

Vocabola/rio italiano della lin­

gua parlata

compilato dal Rigutini e dal Fanfani, e ce lo fanno sa­

pere pubblicando la

prefazione

ed un

saggio

di esso lavoro. Già ba­

stava solamente che ci dicessero che è questo un lavoro di que’ due

che nel fatto della lingua vanno per la maggiore, perchè fossimo si­

curi di avere un’ opera utilissima all’ Italia per questa tanto deside­

rata unificazione della lingua. Io le mando la prefazione e il saggio

e vedrà da sè come ideò dapprimo il Rigutini questo dizionario, e

come oramai coll’ aiuto del Fanfani 1’ ha condotto a termine : e le

dirò per giunta come avendo veduto gran parte del lavoro fatto, non

mi perito ad affermare che gli egregi compilatori si avranno la gra­

titudine di tutti quelli clic amano le nostre lettere e la nostra lingua.

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È fatto proprio col flato questo dizionario, è proprio vivo; che so io?

par che si muova, e tema per tema si legge come uno dei racconti

più briosi della nostra letteratura. La lingua comune ci si trova tutta,

quella cioè che si lisa oggi in Toscana e segnatamente in Firenze dai

ben parlanti. Scommetto che se fosse vivo il Manzoni, lui che sopra

a tutti ebbe l’ istinto e quasi sempre il sicuro sentimento della to­

scanità, appena lette poche pagine di questo dizionario, esclamerebbe:

1’ ho trovato, l’ ho trovato ! Lieto di aver trovato quanto di veramente

vivo è oggi nelle bocche dei toscani e quali sono le condizioni pre­

senti della nostra lingua. Non mica che abbian fatto un inventario, una

statistica a casaccio di tutte le parole in uso, come vorrebbero alcuni

che si facessero i dizionari. Ci hanno badato bene c meglio; ogni

parola 1’ hanno sottoposta ad esame col concetto dell’ italianità : liberi

sì da gretterie, ma guardandosi sempre dal dare all’Italia, colla scusa

dell’ unità della lingua , il codice dell’ unità degli spropositi : non

hanno fatto, e lo dicono nella prefazione, come chi comprendesse nel

novero della vera popolazione di una città anche i forestieri, che giorno

per giorno si notano nei registri delle locande.

Ma poiché le mando questa prefazione, dalla quale potrà vedere

per filo e per segno quali sono i criteri che han servito di guida alla

compilazione del lavoro in discorso, non voglio tediarla a parlargliene

più a lungo io ; sicché buon Natale, buone feste e buon Capo d’anno

e mi voglia bene come io lo voglio a Lei.

Suo Affezionatissimo

S.

Pacini.

L’ ANNO 1874.

1.° Gennaio 187$. Un altro anno è testé tramontato ! L’ animo nostro s’ arresta a con­ templare la rapida successione del tempo, e si compiace di considerare quali làsciti fa al nuovo anno che sorge il vecchio che muore. Come gli ingordi credi di un ricco defunto s’ avventano alla eredità tant’ anni so­ spirata , e ne fanno esatto c minuto inventario ; così noi sogliamo rivol­ gerci all’ anno eh’ è caduto, per domandargli i suoi nuovi trovati, le sue nuove scoperte, i nuovi incrementi recali alle arti, alle scienze, alle let­ tere; per misurare, in una parola, la nuova spinta data al cammino della civiltà. E , per parlare in particolare dell’ anno 1874 che jeri si chiuse ,

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se noi vi tornassimo sopra con occhio acuto e penetrativo; se noi 1’ inter­ rogassimo per sapere che parte ha rappresentato, se nulla ha fatto, onde s’ arricchisca il patrimonio scientifico della nazione ; otterremmo per av­ ventura una risposta non aifatto sconsolante, e apprenderemmo che esso non ha punto da arrossire in faccia agli altri anni che lo precedettero. Il fare questa inchiesta, giovevole quanto difficile, non è dagli omeri miei: altro ingegno vi vuole, altri studii , altra versatilità di mente da abbrac­ ciare come in un guardo solo tutte le diverse parti del sapere umano. Però propongo a me stesso un còmpito assai più modesto e ristretto ; quello vo’ dire, di ricordare ciò che si è fatto o detto o discusso in opera di pub­ blica istruzione nel giro dell’ anno 1874. Sarà una rapida e succinta ras­ segna de’ legati, che il nuovo anno riceve dal vecchio.

I. Uno de’ più gravi argomenti che occuparono il Parlamenjo italiano nello scorcio della passata legislatura, fu certamente il disegno di legge presentato dall’ on. Ministro Scialoja intorno al riordinamento della istru­ zione elementare. Oggetto d’ incessanti studii di due precedenti ministri, il Margoni ed il Correnti , e delle solerti cure di apposite com m essioni, era ben giusto aspettarsi un disegno tale di legge, che supplisse a tutt’ i mancamenti e le imperfezioni della legge del 7 gennaio 1861 , che tut­ tora governa nelle provincie napolitane la istruzione elementare. Fatto sta, che appena fu noto il disegno di legge dell’ on. Scialoja, gravi appunti gli venner mossi dalla stampa e da uomini di riconosciuta autorità; per­ chè sebbene vi fosse sancito il principio della istruzione obbligatoria con tutt’ i mezzi necessari ad assicurarne la piena osservanza ; pur tuttavolta si notavano in esso certe gravi pecche , che lo mettevano in disaccordo con le particolari condizioni e con gli speciali bisogni del nostro paese. In Parlamento, com’ era da credere, s’ ebbe accoglienza non lieta ; onde i sostenitori ne furon pochi e poco validi, e gli avversari molti e corag­ giosi. La discussione fu lunga sì, anzi stemperatamente lunga ; ma, con­ fessiamolo francamente, non fu quella discussione larga, dotta, feconda, a cui eravamo preparati. Il Parlamento, respinse la legge a voti segreti; ed ecco che il problema della istruzione obbligatoria, già sciolto in altri paesi, presso di noi è rimasto tuttavia insoluto. Col rigetto della legge se n’ andarono in tritoli tanti bei castelli in aria, sfumarono tante dolci spe­ ranze de’ poveri maestri, a’ quali già era apparso in lontananza un avve­ nire men duro, una condizione men trista. Lo Scialoja cadde, gli successe temporalmente il Cantelli , il quale poi , non è guari tempo, fece luogo definitivo all’ illustre Bonghi, che certo riproporrà emendata la legge su 1’ istruzione elementare, avendone data assicurazione alla Camera de’ De­ putati nella tornata del 19 Dicembre 1874.

II. Con le discussioni avvenute in Parlamento a proposito della legge su la istruzione elementare si collegano i lavori condotti a termine dal

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nono Congresso pedagogico tenuto a Bologna. Gravi questioni attenenti alla istruzione elementare furono dibattute in mezzo a’ snvii educatori colà convenuti da tutto il Regno; ma dove la lotta si fece più violenta ed ac­ canita, fu intorno all’ insegnamento religioso nelle scuole popolari. Destò grande rumore nella stampa italiana la grave deliberazione del Congres­ so, con cui si espresse il voto, che venisse bandita 1’ istruzione religiosa dalle scuole; e giustamente fu ricordato il voto precedente del Congresso pedagogico di Venezia, che 1’ anno prima era andato in ben diversa sen­ tenza. Mosso da sì evidente contraddizione, ebbe a dire in questo stesso giornale il mio egregio amico prof. Olivieri: « Chi s’ avrà 1’ onore di sa­ via, Bologna o Venezia ? Dove meglio si discusse la cosa e si ragionò da filosofi e da educatori, nella citlà de'D ogi, o in quella d e 'S a p ie n ti? Dis­ sero il vero 1’ anno scorso , o lo dicon oggi ? » Su questo importante e geloso argomento il preclaro ingegno di Francesco Acri indirizzò al Con­ gresso di Bologna una lucida, forbita e dotta scrittura , che poi fu fatta da lui stesso pubblicare nel Nuovo Istitutore ( numeri da 27 a 30 ). In essa combattè a viso aperto la splendida relazione del prof. Panzacchi, che nel Congresso sostenne validamente P abolizione dell’ istruzione reli­ giosa. La scrittura dell’ Acri merita d’ esser letta e meditala da quanti sen­ tono amore ed interesse per le cose d’ istruzione.

III. Ed ora io lascerò 1' istruzione elementare , obbligato come sono a dir qualcosa anche della secondaria. I lettori si ricorderanno , perchè più volte ne discorsero di proposito gli egregi scrittori di questo perio­ dico, di una certa Commessionc d’ inchiesta, creata dal Ministero per pro­ porre delle riforme all’ insegnamento secondario, così classico come tecni­ co. La Commessionc in fatti rndunossi, e andò , a dir c o s ì, in pellegri­ naggio per le varie province d’ Italia , cavando risposte dalla bocca di questo e di quello. Gli animi si levarono a grande aspettazione, e si era certi, che la Commessione avrebbe proposte al Ministero delle sode e so­ stanziali riforme. Ma il Decreto del 13 Settembre 1874 venne a deludere le troppo ardite aspettative e a chiarir vane in gran parte le concette spe­ ranze. Le innovazioni introdotte sono ben poche , e, per verità, le meno urgenti, tanto che mi pare affatto inutile volerle ricordar tutte. Pure sti­ mo pregio dell’ opera far menzione di un provvedimento ; a cui tutti fe­ cero p lau so, perchè conferirà certo al regolare andamento della istru­ zione. — Era stabilito , che ogni anno , il 17 di Marzo , ne’ Licci del Regno si dovesse celebrare una festa scolastica in commemorazione degli illustri scrittori e pensatori italiani. Per questa usanza, non ad altro buona che a tener vive in mezzo a noi lo vacue tradizioni arcadiche , i giovani nel colmo dell’ anno si smagavano dagli studii , per attendere solamente alle composizioni da recitarsi nel giorno assegnato. Saviamente il Decreto abolisce la festa, e dispone che quinc’ innanzi uno de’ professori, al prin­

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cipiar dell'anno, inauguri gli sludii con un acconcio discorso : così non sarà più interrotto il filo delle lezioni. La Relazione che precede il De­ creto promette col lempo altri e più efficaci rimedii a’ mali che affliggono l’ istruzione secondaria ; e noi gli aspettiamo questi rimedii con animo confidente dal senno e dalla fortissima volontà di colui, che presentemente regge in Italia la pubblica istruzione.

Riepilogando le poche cose dette, si può conchiudcre, clic nello scorso anno si è molto ragionato, discusso, e perfino chiacchierato, ma di poco si è venuto a capo in materia di pubblica istruzione. Faccia Dio , che il 1875 sorga con migliori auspicii , e rechi a maturità quei frutti , che restarono acerbi nell’ anno, che or ora s’ è involto nelle pieghe del tempo.

G . R u i n n i i o .

G L I O D O R I

Parlato di i naso, si vuol dire degli odori. Oh che son essi ? Rispondo anch’ io : P a g a n in i n o n ripete. Non la sapete la storiella ? Eccovela. Chi fosse il violinista genovese Niccolò Paganini non occorre dirlo a’ miei let­ tori. Un d ì, essendo egli a Parigi, fu sfidalo da altro famoso violinista francese. La sfida è accettata. Cartelloni colossali di annunzio fa riversare in teatro mezza Parigi. È l’ ora: ecco i due campioni. Si fanno un po’ di cerimonie sulla precedenza. L’ Italiano la cede al Francese. Questi incomin­ cia. Suonò divinamente, per usare uno dei più umili vocaboli dei giornali teatrali. Terminò dicendo: Così si suona in F rancia ! Gli applausi vanno al cielo, per dirla colla frase obbligata di un lempo. Furori, come dicono ancora ogni dì i primi. Cessato il baccano ( p a r d o n , JlessieursJ che fu nè poco grande nè poco lungo, si fa innanzi T Italiano, il cui volto scarno e sparuto fa singolare contrasto con quello affocato e ritondo del rivale che, carico d’allori come asino, era gonfio come un tacchino e per poco non faceva la rota. 1 Chez-nous accolgono il Paganini col sorriso ironico obbliga­ torio verso gli stranieri, massime Italiani, quando pure ce ne degnano. Niccolò intanto sta litigando coi cantini e colle chiavi del suo violino; ma to c.... ahi ! una corda si stronca. Il pubblico rispettabile a ridere. Ma colui non ci bada e fa .... toc, un’ altra corda è rotta. Il rispettabile sullodato si agita, come mare in tem pesta, e fra i cachinni scoppiano alcuni fischi in anticipazione. Il Paganini non move costa e continua ad accordare.... to c , un’ altra ! Questa volta il teatro pare una bolgia infernale, con un crescendo diabolico, in veder che il Paganini non se ne dava per inteso, e già le patate ruzzolavano per il palcoscenico, quando il violinista fe’ segno coll’ archetto che dava principio. Chi gli poteva credere ? Il Rispettabile si tenne per bur­ lalo. A forza di pst ! e di silcnce ! si quetò alfine. Il Paganini suona, suona

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con una corda so la .... Il pubblico è vinto, è morto. In tutto il teatro non si sente che il volteggiar turbinoso per 1’ aria delle note affascinatrici del violino che, più che suonare, parlava e parlava una lingua misteriosa, po­ tente, prepotente. Ed erano ancor tutti rapiti, quando si senti il Paganini dire forte: Così si suo n a in Ita lia ! Gli applausi irruppero coll’ impeto e col fragore di mille gonfi torrenti c h e , gli argini distrutti, precipitami tutt’ insieme in un abisso. Da quel vortice tonante cominciarono poi a guiz­ zare i bis da tutte le parti e tutto finì in un bis bis b is... Il nostro Ita­ liano fece far silenzio e : P a g a n in i non rip ete, disse e voltò loro le spalle. Che lungagnata ! per dire eh’ io pure non ripeterò cose di cui dissi altrove ( I ) ; ma convenite che il fatterello, per chi già noi sapeva, è bel­ lino e che intanto 1’ articolo acquista sua giusta proporzione.

Gli odori, l’ ho già detto di là , corrispondono per lo più alla virtù buona o malefica della cosa. Spesso natura non è molto scrupolosa coi colori e di porpora riveste le bacche di belladonna, ma vi provvide col- 1’ odore, il quale è pur sola e sicura norma per le bestie che pascolano le erbe, facendo loro fra mille distinguere e schivare quella nociva. Anzi par che natura ci abbia voluto ammonire di non prestar troppa fede ai colori. N im ium ne crede colori. Il che vale tanto per le cose, quanto per gli animali, massime pei bipedi, massime per questi di genere femmi­ n ile.... Se 1’ uomo seguisse un po’ più natura, mentre par che ogni studio si metta in falsarla fin dall’ infanzia, si troverebbe assai meglio e in fug­ gire i pericoli e in cercare suo vantaggio. Non posso affermare che 1’ uomo farebbe come i cani che, ammalati, vanno in cerca di quell’ erba che loro è medicina e, pur annasando, la sanno trovare. Ma un istinto ci farebbe dire quello che torna e quello che non ; mentre oggidì il capriccio soffocò e spense quell’ istinto e per usar troppo della ragione là dove questa non c’ entra, siam fatti men saggi delle bestie medesime, cui natura è madre e sempre maestra.

E poiché l’ argomento ci ha fatto cader il discorso sui vegetali, dirò qualcosa dei loro odori, classandoli alla meglio. — 1.° L’ odore am brosio, di cui ci offre un tipo il muschio, si trova nella fava tonka e ne l’ asperula odorosa; — 2.° l’ odore p en etra n te svolgesi principalmente nella notte ed è proprio della tuberosa e della datura ; — 3.° 1’ odor balsam ico è dal ben­ zoino, dal tiglio, dalla balsamite; — 4.° V arom atico sentesi nel gherofano, nella viola e principalmente nell’ alloro; — 5.° Y ir d n io o di becco è di alcune orchidee, come il loroglossum h ircin u m e anche nell’ hip ericu m h ir c im m ; — 6.° 1’ odor fosforico si sentì nelle radici di certe acacie d’ Au­ stralia; — 7.° l’ a g lia c e o , oltrecchè nell’ aglio, ritrovasi nell’ agliada ; — 8.° l’ odor narcotico nella canape ; ed è velenosa nell’ yebla e nauseante

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nel tabacco; — 9.° Vacre è proprio della senape; — 10.° il salino o m u ­ riatico, vicn esalato dalle piante marine, come i fu c h i, quando sono fre­ schi; — 11.0 l’idrosolforoso è quello dei cavoli marci o almeno in decom­ posizione, che si offende il naso; — 12.° l’odor canforoso ricorda la canfora e alcune labiale ; — 13.° lo stercorario appartiene a certi liori i quali tirano al violetto, siccome certe aristolochiec, alcune aroidee e molte asclcpiadee.

II calore e la luce accrescono la potenza odorosa; e se certi fiori nei giardini olezzano più la sera, gli è che il calor solare produce delle cor­ renti atmosferiche ascendenti che rapiscono seco gli odori. In un gran numero di fiori, par che la forza dell’ odore s’ accordi coi colori : i bianchi sono, per lo p iù , i meglio odorosi; meno i gialli, poi seguono i rossi, i violetti e ultimi vengono t;li azzurri.O è?

L’ odore de’ fiori possono dare 1’ accapacciatura, anche la morte, morte d’ asfissia. Questo mi ricorda una bellissima poesia tedesca di D. Freili- grath, La vendetta d ei fio ri: (1) i quali aggirandosi intorno alla fanciulla che dorme, cantano quest’ inno lugubre:

« Fanciulla ! dalla terra ove siam n a ti, Ci volesti rapir.... Nel vaso cristàllin ci hai condannati

A languire, a morir ! Oh, come posavam cheti e giocondi

In grembo al molle s u o l, Dove, attraverso le conserti fiondi ,

Godea baciarci il sol ! Dove c’ eran ristoro le gelate

Brezze dell’ Alpi spoglie: Dove di notte giocavam quai fate

Fuor dai nidi di foglie. Allor la pioggia c’ irrorava, or cinti

Siam di palude infetta: Morrem ! — ma prima di cadere estinti,

Vogliam, vogliam, vendetta! » Il canto cessa. — Attorno alla dormente

Gli spettri si chinar : Cessa il canto ; ma s’ ode novamente

Confuso un mormorar. Come ardono le gote alla don zella!....

Come vanno i fantasmi

(1) Vedila intiera assai ben trad o tta da G. Peruzzini n ell’ Arpe educatrice delle Scuole (M ilano 1873) pag. 369.

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Alitandole in volto, e per la cella

S’ addensano i miasmi ! Entra un raggio di solo — e tutto tace,

E via gli spettri porta. Sull’ origlier del letto fredda giace

La più leggiadra morta, Fiore appassito anch’ essa, in rosa tinta

Pur ha la guancia ancor.... Giace là presso a’ suoi fratelli, estinta

Dal profumo dei fior !

IB. C o m a ri,

NORME PEDAGOGICHE E DIDATTICHE.

(V e d i i n u m eri 33 e 34 ari. V I-J

29. Trovi de’ maestri che ti sanno ottimamente dirigere una sola clas­ se, ma posti ad insegnare in una scuola unica non vi riescono bene: tante cure richiedono queste scuole, che non a tutti torna agevole dirigerle con­ venevolmente. Egli è indispensabile innanzi tutto , che il maestro sappia distinguere in sezioni la sua scolaresca, le quali, per quanto è possibile, non debbono essere più di tre: giacché il tempo assegnato a ciascuna se­ zione è tanto più breve, quanto maggiore è il numero delle sezioni. Ma come si avrà a fare , quando vi fosse differeuza di età e di sapere ? In tal caso, anziché crescere il numero delle sezioni, tornerebbe meglio fa­ ticare alcun poco, per giugnere a pareggiare l’ idoneità della scolaresca, e farla capace di essere divisa nelle sole tre sezioni indicate dal program­ ma governativo. Quando non vi sia speranza che certi allievi possano in breve tempo raggiungere gii altri, sarà sempre meglio assegnarli alla se­ zione inferiore ; chè in fine dell’ anno avranno imparato assai più di quello che avrebbero appreso, ammessi a stento nella sezione superiore. Quanto poi al modo di ordinare gli allievi, secondo il programma governativo, in tre sezioni , il maestro dovrà tenere ragione della capacità e dell’ istru­ zione di ciascuno. La prima sezione comprenderà gli analfabeti e chi poco se ne distingua. Nella seconda sezione dovranno entrare quegli allievi, che hanno ricevuto in famiglia o nogti asili d’ infanzia qualche coltura, e però sanno alquanto leggere e scrivere. Alla terza sezione, infine, si vogliono assegnare quelli che hanno dato pruova di sapere scrivere sotto dettato, leggere correttamente e con certa franchezza , e di conoscere un cotal poco di aritmetica. Per queste sezioni le ultime disposizioni del 10 otto­ bre 18G7 assegnano particolari programmi , che ci pare dover essere in qualche parte modificati ; ma non è ora il tempo di ragionarne.

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Ordinata la scolaresca , il maestro ha compiuta la parte più impor­ tante, per rendere facile e piana la via, che dee percorrere nell’ insegna­ mento. S e , dopo ciò , si vorrà adottare il sistema di ricevere al mattino la 1“ e 2“ sezione, e il dopo pranzo la 3a, si potrà molto facilmente u- sare il metodo simultaneo , e senza grave fatica tenere occupati gli sco­ lari nel medesimo tempo. Ma se , o per propria elezione , o per volere delle autorità com unali, o per quale che sia altra ragione , si dovrà te­ nere unite insieme le tre sezioni così il mattino come il dopo pranzo, con­ verrà in tal caso prepararsi dei monitori, che vengano in aiuto e invigilino le sezioni loro affidale , quando il maestro è occupato nell’ insegnare ad altra sezione. Della scelta de’monitori, che certamente è difficile e di grave importanza, ci passiamo, perchè di sopra se n’ è detto a bastanza. Ricor­ diamo qui solamente, che si vogliono essi prescegliere nelle classi supe­ riori a destinarli a quest’ ufficio in premio della loro diligenza e buona condotta ; sicché gli alunni sentano la giustizia della superiorità che si concede ai loro compagni. Vi ha chi suggerisce, che la scelta si lasci fare agli scolari medesimi: perciocché i fanciulli sono vergini di cuore, e ben di rado incontra che essa non cada sopra i migliori. Questo mezzo , in verità, è molto morale, e prudentemente usato è assai giovevole, chè per tal modo si eviterebbero eziandio le gare e le piccole invidie , che so­ gliono suscitarsi nell’ animo de’ fanciulli. Ma potendo intervenire , che i migliori non sieno anche i più capaci , bisognerà in questo caso che il maestro procuri di addestrarli al compito con lezioni speciali. Ed accioc­ ché i monitori , generalmente parlando , non sieno defraudati nella loro parte d’ insegnamento diretto, è mestieri che il maestro, secondo il biso­ gno, gl’ istruisca privatamente.

Quando si sarà fatta una savia classificazione ed una buona scelta di monitori, si potrà ottenere un sufficiente profitto dagli allievi, procurando di seguire le norme migliori per tenere occupate tutte le sezioni in eser­ cizi diversi, e distribuiti in modo che vi sia una specie di rotazione, per cui il maestro possa direttamente insegnare a tutte le sezioni successiva­ mente, senza mai perderne di vista nessuna. E gli esercizi si vogliono al­ ternare con sì fatto accorgimento, che gli uni servano comc di riposo da­ gli altri. Così gli esercizi di lettura latti impiedi dinanzi alla lavagna, ov­ vero sui libri nei semicircoli (1) intorno al monitore, tengano dietro gli eser­ cizi di scrittura fatti nei banchi; il calcolo mentale che può del pari es­ ser fatto in piedi, sia preparazione al calcolo scritto sulle lavagliene e sui quaderni; la spiegazione dei libri di lettura, sui quali si fanno gli

eser-(t) Questi scm icircoii sono segnati sul pavim ento, perchè i fan ciu lli possano piil facilm ente e regolarm ente collocarsi; e sono per lo più term in ati d a due circonferenztì concentriche iu modo che due file di fa n ciu lli riguardino la lavagna o il m onitore.

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eizi (li lingua , venga seguita dagli esercizi graduati di composizione , e via dicendo. Ma fra i vari esercizi si vegga se non vi sarebbero inconve­ nienti, introducendovi di quando in quando regolari movimenti nella scuo­

la, e brevissimi canti sacri, o patrii, o morali.

Prima di procedere oltre, vogliamo rispondere a due domande, che spesso si fanno da maestri di scuole uniche : La prima è questa : se gli alunni della 3a sezion e, licenziati regolarmente per via di esame , voles­ sero frequentare la scuola per un altro anno , si può accettarli ? Il mae­ stro potrà accoglierli senza veruna difficoltà, a condizione però che nulla di particolare debba loro insegnare , mirando unicamente allo scopo di meglio perfezionarli nelle materie già apprese: perocché il tempo ch’egli occuperebbe in una più larga istruzione per costoro, verrebbe a defrau­ darlo a chi ha da compire ancora il corso. L’ altra domanda riguarda gli alunni che si ammettono nel corso dell’ anno , o frequentano per poco tempo la scuola. Ora intorno a costoro come ha da regolarsi il maestro ? Così dagli uni come dagli altri il maestro non è tenuto a rispondere alla fine dell’ anno scolastico ; ma si studierà di farne un solo p erìo d o p re ­ paratorio , cui insegnerà, quanto é possibile , con modo simultaneo ; e per tal guisa li viene disponendo a stare , 1’ anno seguente , con frutto nella prima sezione regolare.

(Gont.) A . d i F i g l i o l i »

C R O N A C A D E L L ’ I S T R U Z I O N E

---cea&po — ■

1 maestri elem entari e la camera «lei deputati — Nella tornata del 19 die. p. p. 1’ on. deputato Pissavini, che più volte ha levato la sua generosa voce in prò dei maestri elementari, presentò un disegno di legge, inteso a migliorar la loro sorte, e lo svolse con poche e nobili parole. Questo disegno di legge , firmato dalla maggior parte della sini­ stra, modifica così gli stipendi. Scuole urbane, maestri di gr. sup. di I . a classe L. 1250; di 2 .a classe 1100; di 3 .a classe 1000. Maestri di grado inf. di l . a ci. 1000; di 2 .a 900; di 3.a 800. Scuole rurali, maestri di gr. sup. di l . a cl. L. 900; di 2 .a 800; di 3 .a 700. Maestri di grado inferiore di l . a 700; di 2 .a 650; di 3.a 600. Al Pissavini rispose il Ministro di Pub­ blica Istruzione, eh’ egli pel primo sentiva la necessità di apportare tutti i possibili miglioramenti ad una condizione, che come quella dei maestri elementari, era una vergogna n a zio n a le. Questi miglioramenti dovrebbero essere morali e materiali. Bisogna anzitutto determinare con apposita legge le relazioni tra i comuni ed i maestri; i quali oggi si trovano alla mercè di un sindaco o di un municipio composti il più delle volte da gente « cui sono oggetto di riso e di disprezzo dottrina e sapere. » Riguardo

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agli stipendii il Ministro dichiarò che presenterà al parlamento una appo­ sita legge per aumentarli.

L’ on. Petruccclli pure interrogò il Ministro della Pubblica Istruzione per sapere quando e se intendeva presentare il disegno di legge per l’istru­ zione obbligatoria. L’ on. Ministro rispose che oggi vi ha una legge che rende obbligatoria 1’ istruzione; una legge che punisce severamente il pa­ dre ed il tutore che non mandi i figliuoli a scuola : ma riconobbe che questa legge non fu sinora applicata. Perchè questa legge diventi efficace è necessario che vi sia un’ amministrazione che vegli alla sua esecuzione; e che vi siano inoltre dei maestri per renderla possibile nella sua esecu­ zione. Insomma 1’ on. Bonghi non crede oggi opportuno presentare una nuova legge per rendere obbligatoria l’ istruzione popolare , quando ne esiste già una (1859) la quale sancisce quell’ obbligo con pene, che più severe non potrebbero essere determinate dal Parlamento. L’ opera sua adunque si limiterà ad applicare quella legge riformando quell’ ammini­ strazione che sinora ne ha reso frustraneo lo spirito; aumentando i mae­ stri , il cui numero è oggi assolutamente insufficiente per diffondere la istruzione popolare; e chiedendo nuovi sagrifizii al Parlamento per aumen­ tare il poverissimo bilancio del Ministero di P. I . , che è il più impor­ tante in uno stalo civile.

L’ on. Ministro conchiuse il suo discorso tra gli applausi della Came­ ra, e r o n . Petruccelli della Gattina dichiarossi soddisfatto, rendendo leal­ mente omaggio alle idee manifestate dall’ on. Ministro di P. I.

d e l e g a t i s c o l a s t i c i m a n d a m e n t a l i — Con recente decreto sono stati nominati a delegati scolastici dei mandamenti di Nocera e di Amalfi gli egregi signori Alfonso di Figliolia e Marco de Feo. Sono due bravis­

simi insegnanti, che s’ intendono di scuole e amano di veder progredita la popolare educazione: onde non si potea sceglier meglio.

6Jn m e s t o r i c o r d o — Il eh. prof. L. Dorruoci, direttore del Gin­ nasio di Sulmona, ebbe la sventura di perdere improvvisamente un fior di giovanetta, sua nipote, ch’ era presso a divenire sposa. Egli mestamente la piange e ricorda in un bel sonetto, che stringe il cuore.

B I B U O G R A F I A

L ’

Ed ucatore

Racconti, apologhi ec. per le classi elementari, scritti

dal prof. Lizio-Bruno.

Messina, 1874. L. 1,20.

Il buon viso, che si è fatto a questo libro, essendosene in brevissimo tempo spacciata tutta la prima edizione, prova che è un libro indovinato ed opportuno. Vi è molta semplicità e schiettezza quasi infantile , e i

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bimbi non durano nessuna fatica a intendere i raccontili)' e gli upologbetti, di cui è pieno. Poi li tira la leggiadria e il pincere d’ apprender tante nuove e belle cosette, e l’ animo loro se ne fa migliore e più nobile e civile, essendo ogni cosa ordinato dall’ egregio prof. Bruno alla buona e- ducazione ed alla virtù. Onde io gliene do un bravo all’ egregio autore, e raccomando assai ai maestri questa bell’ operetta educativa.

t ì . O.

Annunzi

B o n i f a z i o , giornale delle scuole dirette da Carlo Azzi — Si pub­ blica ogni lunedi a Firenze, in otto pagine di stampa a due colonne, e costa L. 5 l’ anno.

I/a C r i t i c a d e l l ’ i s t r u z i o n i p u b b l i c a , giornale ebdomadario scolastico. Si pubblica a Torino ogni m ercoledì, e costa lire 8 l’ anno. È diretta dall’ egregio prof. Alessandro Fomaris.

C A R T E G G I O L A C O N IC O

T r iv e n to — Ch. Sig. M . M ontalbò — Grazie c o lm issim e , sig . mio. Ma non gli creda, s a : è l ’am icizia e il buon cuore, che Io fanno sì onorevolm ente p a rla r di me. Ad ogni modo grazie a Lei e a lui ; il quale, a dircela tra noi che non sen ta , è un coso da benedire. Oh! Cola, Cola!

C a v a — Ch. Sig. F . S. A d in o lfi.— Perchè mai il C. ha d isertato la b a n d ie ra ? S tella-C ilento — Sig. F . F e r ra io li — Va bene.

G ravina di P u g lia — Ch. prof. iV. Spagnuolo — Ho ricevuto e spedito. Dai signori — Cav. F'. R a villio n , A . B r ig id i, P . E . C e r e li, V. G a lletti, F . S . A - d in o lfi, G. Cesareo, A . B uglione, P . B ern a rd o , G. d i Rosa, S . Sang erm a n o , F . Ca­ m ozza, F . A ir o la , L . C u rc io -P a lm ie ri, F . Z a m p in i, F . Q uagliariello — ricevuto il costo d’ associazione.

RINGRA ZIAMENTO

A tutti quei gentili associati, che ci hanno spedito

i biglietti di visita, rendiamo vive e sincere grazie.

Pr o f. Giu s e p p e Ol i v i e r i, D irettore. S alern o 1875 — S ta b ilim e n to T ipografico N azionale.

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A n n o VII.

S a l e r n o , 4 Febbraio 1875.

N.' 3, 4 e 5.

II. NUOVO ISTITUTORE

GIORNALE

D IS T R U Z IO N E E X)X EDUCAZIONE

PREMIATO CON MEDAGLIA DI ARGENTO

AL V II CONGRESSO P E D A G O G IC O .

Il giornale si pubblica tre volte al m ese. Le associazioni si fanno a prezzi a n tic ip a ti mediante vaglia postale spedito al D irettore. Le lettere ed i pieghi non fran cati si respingono: nè si restituiscono m an o scritti — P r e i i o : anno L. 5 ; sei m esi L\ 3 ; un num ero separato di otto p ag in e, Cent. 3 0 ; doppio Cent SO.

Giornali, lib ri ed opuscoli in dono s ’ ind irizzin o — A lla D irezione del Nuovo Istitu ­ tore , Salerno.

SOMMARIO — Una letterin a del V ia n i — V n valoroso scrittore fr a n c e s e , lettera del P. I’. del R io — F ilologia Dinesca, osservazioni e risposte del F a n f a n i— Uno scritto del p ro f. A c r i — V arietà - La Mica - Poesia per no zze— llib lio g r a fìa — C arteggio.

s t o s t a .

Mio caro Olivieri,

All’ entrata dell’ anno scorso vi mandai una mia bazzecola che

non isgradiste, ma all’ entrata di questo vo’ mandarvi una cosa d’im­

portanza d’ un mio chiaro e valente concittadino ed amico , già pro­

fessore di filosofia, mio predecessore nella presidenza del R. Liceo di

Reggio nell’ Emilia, uomo di santa vita e di elettissimi studi. Orna­

tene il vostro Giornale, e curatene, di grazia, la correzione. Io credo

che piacerà a m olti, e specialmente ai migliori. Buon dì e buon anno.

Di Bologna, a’ 10 del 1875.

I l

vostro

Prospero Viani.

SOPRA LA TEODICEA DI AMEDEO MARGERIE 1

S cttcta G ò. toftp eto 6 ò d f l i o

G IO V IN E E G R E G IO jiàlG N O R jiU G E N IO p iO T E M I.

La Teodicea del M argerie, della quale mi chiedi, la lessi oggim ai fà un anno, e dopo la lettura ne scrissi di corsa e com e vien viene quello che, ravviato alquanto, ma senza mutazioni sostanziali [che pur

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b iso g n ereb b ero a volergli d a re m iglior a sse tto ], qui ti riscriv o , p e rc h è invero non p o trei più abbo n d ev o lm en te di cosi sig n ificarti l ' im p ressio n e ch e m e ne rim a se nell’ an im a e so d d isfare a l tuo d esid erio di av e rn e sin c e ra n o tiz ia , e a n c h e al mio ch e è d’ in v o g liarti a p ig lia rte la più p re c isa e in tie ra col le g g e rla tu m edesim o. Il su d d etto mio sc a rta b e llo ad unque e ra del te n o re se g u e n te :

= Q uesto mi p a r bene libro d e tta to d a intelletto d’ am ore. L a m en te e il cuore, la sc ien za e 1’ a rte , la ra g io n e e la fede in b ell’ acco rd o vi sp ira n o calo re e luce c h e rin g io v an isce 1’ an im a in sen tim en to di p u ra e s e re n a g iocondità. L a E sistenza di D io, L a Creazione, L a P rovvidenza vi sono sta b ilite non p e r nuove e p elleg rin e d im o stra z io n i, sì b en e p e r le co n su ete, m a talm en te d isp o ste e c o n se rta te insiem e ch e e a c ia sc u n a secondo sè, e a tu tte congiunte insiem e con p o ten te u n ità s ’ a g g iu n g a sp le n d o re e forza. I capi dove tr a t t a del P ensiero e d ell’a m o r e d i D io si d irebbero d e tta ti d a lla m ente di B o s s u e t, e d al cu o re del F e n e lo n , e b a sta n o , a mio cre d e re, essi soli a p e rs u a d e re o g n ’ uom o di b u o n a fede d e lla v e rità di q u ella se n te n z a del G uizot a lle g a ta d a ll’ A. [V , 1. p. 5.] ch e solo il cristianesim o possiede il D io vivente, e a fa r p a le se l’enorm e e rro re di chi re p u ta e c h ia m a inutili o poco im p o rtan ti le disquisizioni e le d o ttrin e co n cern en ti la Divinità. N on pig lierei m a ra v ig lia p erò se taluno di quelli [e non son p o c h i] ch e sogliono g iu d ic a re d e’ libri solo dal F ro n tisp izio , o, a lla m en trista , d a ll’ in d ic e , s e n te n z ia sse p u r questo co lla g ià n o ta qualificazione [in flitta , e m e rita m e n te , a ben a ltro libro] di filosofia da donne ; nè vorrei in tu tto c o n tra d d irg li, p u rc h é s ’ in ten d a ch e 1’ A. acco p p ian d o a lla s a g a c ità e d o ttrin a del filosofo le in d u strie del le tte ra to co strin g e a d iscen d ere d alle su e c o n su ete alte z z e la m e­ ta fisica e re n d e rsi intendevole, p e r la v ia del cu o re , non ch e alle d o n n e , anzi ta lo ra [fui p e r d ir e ] sino ai fanciulli. C erto ch e se n o m e ,m e rito e g lo ria di filosofo non si voglia conced ere salv o ch e a ’ gonfianuvole che o raco lan o sen ten ze e sistem i la v o ra ti a b a ld a n z a di fa n ta s ia e non intesi d a n essu n o *; ovvero a que' P ositivisti ch e si piaciono di s ta r e n e lla b a s s u ra de’ s e n s i, nè voglion s a p e re e v e d e r n u lla di là dal nebbione ond’ h an n o la te s ta c in ta , certo , io dico, il M a rg e rie non h a nè titolo n è v a g h e z z a di co n seg u ire 1’ am m irazione di cotali g iu d ic a to r i, la cui lode g li sone reb b e anzi p eg g io r dell’ o ltra g g io , com e in c o n tra rio to rn a g li a m erito e onore e sse re d a loro sc h e rn ito com e te s ta p iccin a p iccin a e filosofo d a s a g r is tia , ch e è il m a g g io r v itu p èro c h e e’ sa p p ia n dire. T u tti quelli però ch e se la tengono a n c o ra col sen so com une gli s a p ra n n o g ra d o e trib u te ra n n o om aggio di stim a e ric o n o scen za p e r la sa v ie z z a e ’1 v alo re onde fa o p e ra di s a lv a r questo e ra v v ig o rirlo colla s c o rta d ella

1 « T a n ta e s t im p u n ita s g a rrie n d i. A t q u a m lic e n te r ! . . . P u d e r e t m e d ic e re non « in te llig e re si vos ip si in te llig e re tis , qui is ta defenditis. » Cic. D e N a tu r a D eorurn lib. 1. Cap. X L I.

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osservazione e della esperienza illum inata d a lla ragione, riputando bru tto gioco di fantasie febbrili com e il m e tte rsi a rifa b b ricare il m ondo a

p r io r i, cosi goffaggine o m a ttia di cervelli piom bosi o strav o lti il pre­

sum ere di sp ieg are non g i à , com e s ’ è fatto fin q u i, la m a te ria colla ragione, m a sì la rag io n e colla m a te ria , che riesc e in so s ta n z a a peggio che a voler tr a r 1’ ente d al niente. N è 1’ a tte n ta e g iu d izio sa o sse rv a ­ zione de’ fatti e la so b rie tà e c a u te la onde p rocede nel tra rn e inferenze va in lui disg iu n ta d a v irtù sp eco la tiv a . N e sta n n o a p o ten te p ro v a la concisa m a lim pida contezza e h ’ egli p orge del Criticismo e P anteism o tedesco e 1’ efficacia e sp ed itezza n erv o sa con che lo im pugna. Il si­ ste m a , se g n a ta m e n te , di A m edeo F ic h te è con evidenza tra tte g g ia to dal N. e com battuto con forza p ari a lla vivezza e le g g ia d ria onde sc riv e: « lasciategli [al F ic h te ] l’ io della M ed ea di C orneille, e, com e l e i , d irà « n' ho abbastanza p e r c re a re 1’ A s s o lu to , p e r c re a r D io , com e a lui « sfuggi di b occa dinanzi a un uditorio ch e non p a re ne r e s ta s s e m a . ravigliato » [V . 2. p. 113 e segg.]. Con vigore poi non m ai sco m p ag n ato da m an su etu d in e e u rb a n ità di m odi m ette in a p erto e rifiu ta il sin g o lare trav iam en to ovvero di que’ filosofi che p u r in q uella ch e n eg an o 1’ esi­ sten za dell'A ssoluto danno sulle furie con chi li an noveri fra gli A tei, ovvero d i tanti altri u o m in i del nostro tempo che b ria ch i d ’orgoglio della

ragione che vuol bastare a sè stessa [ V. 2. p. 316.] giungono fino a spo­

gliare la v e rità delle sue p re ro g a tiv e divine e a te n e rla p e r co sa a! tu tto

relativa e co n tin g en te, che è il p rin cip io che s’ è im padronito con fo r z a della scienza m oderna [V . 2. p. 140]. Di che si vede [ p e r n o tarlo così di

p a s s a ta ] com e b en s ’ a p p o se il P ro u d h o n laddove sc risse [ De la cèlè-

bration de la D im anche ] che la m alattia d ell’ età nostra sta nelle idee,

e bisogni c u ra re il cervello p e r g u a rire il cuore ; se non ch e s ’ egli in q u esta diagnosi la fece d a m edico v alente, ognuno s a poi e h ’ egli me­ desim o colla su a te ra p e u tic a , scam bio di togliere, a g g ra v ò di m olto il m ale. B e n sì rim edio validissim o a san azio n e può conferire la filosofia

cristiana tra c c ia ta d all’ A. tu tto inteso non a scoraggiare sì a corroborar

la r a g io n e , nè a sp ia n ta re la filosofia m a a difenderla da sé stessa e

dalle fu n e ste tentazioni dell’ orgoglio suo [V . 2. p. 362.]. « Noi pensiam o

« \s c r iv ’ e g li] e diciam o ch e la fede relig io sa è p e r la scien za non un « giogo che 1’ opprim e od un cancello che ra ttie n e il suo libero slancio « verso la v e r ità , sì u n a v ig o ro sa disciplina ch e a u m e n ta la s u a e n erg ia « regolando i suoi sfo rz i, un alito p o ssen te c h e , tu tto c o n sid e ra to , la « solleva e la dirige *. Noi pensiam o e diciam o che qu esti m iste ri, la « cui piena intelligenza ci vien n e g a ta q u ggiù, m an d an o bensì m irabili

1 Mi pajo n acco n ce ed u tilissim e le p a ro le del P ro f. B o n g h i, o r a m in istro della Istruzione P u b b lic a , nel seg u e n te giu d izio so e v ero p a ra lle llo e h ’ egli fa del R osm ini col M anzoni e che tra s c riv o tu tto in tie ro p e r non g u a s ta rn e la b e lle z z a , ben sic u ro di com pensare con q u e sta la p o c a a tte n e n z a d ’ alc u n e p a rti di e sso al p u n to qui v o lu to

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« splendori s u lla v ita u m a n a , com e sp e sse fiate si vede il sole n asco sto « dietro u n a n u b e , illum inare 1’ orizzonte tu tto quan to d al fondo impe- « n e trab ile del suo r itir o .» [ I v i ] . C he poi l’A. ab b ia felicem ente ra g ­ giunto il fine dell’ egreg io suo lavoro m o stran d o ch e n e lla filosofia c ri­ s tia n a so lta n to su ssisto n o in te g ra lm e n te le verità dello s p ir itu a lis m o , ch e la vera filosofia conduce al Cristianesimo [ V. 2. p. 338. ] e ch e la

storia s ’ unisce al buon senso affine d i procla m a re l’ accordo della fe d e e della s c ie n z a ... e u n esperienza d i diciotto secoli testim onia che la ragione um ana si nobilita e si fo rtific a p e r la sua libera som m issione alla ragione divin a [ ib. pag. 365.] non credo s a r à n e g a to q u a lv o lta q u e sta

T eo d icea trovi le tto ri d’ anim o sgom bro d a p assio n i e sc h ie tta m e n te a- m oroso d e lla v e rità e della virtù.

N è p e r tu tto qo esto dirò che ogni c o sa in e s s a s ia com piuto e p er­ fetto, e non c o n tra ste re i affatto a chi d e sid e ra sse m en v ag o e torbido il concetto dell’ A. c irc a 1’ origine e la n a tu ra delle id e e , e rip u ta sse ch e questi fa ta lo ra s e n tir più la forza d ell’ affetto c h e q u ella del rig o ­ roso d isco rso scienziale. Sebbene sa re b b e poi in g iu stizia il ta c e re , che, risp etto alle indagini id eo lo g ich e , non e ra a ssu n to dell’ A u to re il tr a t­ ta rn e ex p ro fesso , n ed egli ne p a rla m ai se non tra s c o rs iv a m e n te , e il non d im en ticare le difficoltà di q u e lle , non p o tu te a n c o ra s n o d a re , alm en p ien am en te, da um ano ingegno p e r a s s o ttig lia rv isi ch e a b b ia fatto con p e rtin a c ia e a lte z z a d’ investigazioni b en ch é d ire tte a q uesto solo in­ tento. Q uanto poi a lla se c o n d a opposizione, e’ si vuol g u a r d a r bene allo scopo e a lla n a tu r a d ell’ o p e ra del N o stro . Il quale [com e dianzi fu detto] m ira v a a raffo rz a re e illu stra re i d e tta ti del sen so com une e l’a rm o n ia stu p e n d a onde colla s c o rta di e ssi ci si a p p a le sa n o fra loro a c c o rd a ti

co n v alid are. « L ’ a m m ira z io n e del M anzoni [ p e l R o s m i n i ] e r a ta n to p iù v e ra e più « c a ld a , q u a n to p iù egli ste s s o ric o n o s c e v a n e lla s u a in e ttitu d in e al fa re u n difetto « e u n a la c u n a d e lla s u a n a tu ra .

« L ’ in g eg n o dell’ uno n o n ra sso m ig lia v a p u n to a quello dell’ a ltr o ; m a , s tr a n o a « d ir e , le p a r ti dissim ili di c ia sc u n dei d u e tro v a v a n o n e ll’ a ltr o le q u a lità p iù a d a tte « a d a p p re z z a rle . Il M anzoni e r a al R o sm in i il p o e ta del c u o r su o ; il R o sm in i e r a al « M anzoni il filosofo d ella s u a m en te . L ’ in v en tiv a del P o e ta co si te m p e ra ta ed in - « v e s tita dal se n tim e n to relig io so p a r e v a al p o e ta u n a d im o s tra z io n e p e r fe tta di q u ella « n a tu r a s p iritu a le su cui la fede si eleva. L a m en te dell’ uno e d ell’ a ltro n o n e ra « p ie g a ta d a q u e s ta , nel g iro d e ’ d o g m i s u o i, se non p e r a c q u is ta r n e u n a più g a - « g lia rd a te m p e ra e s c a tta r e ed e le v arsi con m a g g io r fo rz a . In a m e n d u e l’ a n im o s ’ e ra « a s s o g g e tta to p e r isforzo p ro p rio di ra g io n a m e n to a c re d e n z e c h e il p o e ta su b lim a v a « con u n ’ a r d ita fa n ta s ìa e il filosofo in v e s tig a v a con a r d ito in te lle tto . A m o lti, tu tto « q u esto e h ’ io dico, p a r r à im p o ssib ile p e r c h è , g iu d ic a n d o a s s u r d e c o te s te c r e d e n z e , « d u ra n o fa tica a p e n s a r e , che p o ss a n o e s s e re a c c e tta te di b u o n a fede ; o g ià il solo « a c c e tta rle p a r lo ro sufficiente indizio d ’ ing eg n o p iccolo. P u r e è c h ia ro che c o sto ro « si p o n g o n o il p ro b lem a a ro v e scio ; si che p e r sè so lo n o n le v a rip u ta z io n e 1’ a - « verle ; o alm en o — il n e g a rle ris o lu ta m e n te — e m o lto m en o il fa stid irle fiaccam en- « te — non d à p u n to lu o g o a p re s u m e re che si v a lg a più. » L e tte r e C r itic h e , a p a g . « X III — T ip. B e rn a rd o n i — M ilano 1873.

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l’ ideale e ii reale; e m e tte r q u e sta in a p e rto e d a rle rilievo si che p o ssa infondere saldezza e g a g lia rd ia n eg l’ intelletti a ssid e ra ti e affraliti dallo

scetticismo; rich iam are g l’ Idealisti dalle fredde e to rb id e regioni d’ in­

tem peranti a stru se rie e acu tezze a s c a ld a re in e s s a il p en siero e ra v ­ vivarlo a norm a del filosofare d a uom ini ch e siam o e non d a intelli­ genze se p a ra te ; ad ec citare infine i P ositivisti sem p re fitti ch e sono nella m ate ria, a sollevare gli sg u a rd i al lum e indeficiente delle v e rità razionali onde m o stra che siain n a t i , p e r d irla con D a n te , a v irtù e co n o scen za e non a vivere com e bruti. B en o ra però si sc o rg e com e b iso g n a v a d a r prevalenza al sentim ento n e ’ due prim i d e’ tre ca si p r e n o ta ti, e g u a r ­ darsi nel terzo da specolazioni a s tru s e e troppo e le v a te , a c u i, que’ fi­ losofanti, oltre che le a borrono e sfuggono com e la p e s te , h a n co rte F ali dell’ avvilita e to rp id a rag io n e loro. N on p e rta n to di s c u s a , m a reputo anzi d eg n o di encom io l’A. ch e s ’ è in g e g n ato col detto tem pe­ ram ento di v ed er m odo com e p ro v v ed ere a lla g u arig io n e di essi filosofi, o a meglio d ire , so fisti, dim entichi gli uni di a v e re il c u o re , gli a ltri la te s ta , e com e p re s e rv a re d a m a lan n i così fatti la u n en te e il cuore di tutti. D esidero poi in c o n trario , e spero che l’A. non ab b ia p ien am en te ragione là dove afferm a che 1’ E g h e lia n ism o diventa naturale in Ita lia ,

ove ora lo vediamo stabilito officialm ente in N a p o li [V o i. 1. p ag. 2 2 .].

M ercecch è, om m ettendo di c e rc a re il giusto v alo re ch e debbe qui avere- la paro la o fficialm ente, quantu n q u e sia vero ch e in q u ella priv ileg ia ta parte d’ Italia troppi sono che ab u san o 1’ alto ingegno a p ro p in are le dottrine dell' infelice fra te N olano rim esco late e rin n o v ate a lla te d e s c a , stimo tu tta v ia a ssa i lontano il pericolo ch e m ai q u este si connaturino agl’ ita lia n i; e se quelli h an n o ivi tro v a to p lau so ri e s e g u a c i, non però vi trionfano, o tutto al più il loro trionfo è più da sc e n a ohe da sc u o la , nè meno cadevole di quello di A tei a lla V a c h e ro t o a lla L ucrezio, in- segnatori in a ltre illustri n o stre città. O n d ech è, se n z a n e g a re i danni e guasti che m enano g ra v i sem p re e d o lo ro si, c’ è d a s ta r s ic u r i, o, p e r lo m anco, g ran d em en te confidati nel sald o ostacolo e h ’ essi inco n tran o a più larg h e conquiste, se non anzi a co n se rv a re le g ià f a tte , in quella

dirittura logica e sentim ento cristiano, che sono, a detto del Rosm ini, i due caratteri del popolo d 'Ita lia [ P sic. V. 2. p. 264.]. C om unque però sia del

prenotato giudizio dell’A. noi ce ne p asserem o a ssa i leg g erm en te, poiché la su a Teodicea vien tu tta al caso p e r rin c a lz a re questi due c a ra tte ri toccati dal filosofo R o v eretan o , sendo p u r vero, com e notò l’ illustre M a­ rmami, che: « appo noi più che il freddo raziocinio, p iglia efficacia l’affetto « e la sim p a tia , e può an c h e m olto c e rta b ellezza ideale, che sp esso tien « le veci di paziente m editazione » ; tan to più ch e la paziente m edita­

zione è qui pur sem pre co n g iu n ta a lla bellezza ideale, m a fu vo lu ta s o s te ­

nere dall’A. p er risp a rm ia rla ai lettori. Il p e rc h è i savii italiani dovranno d ar lode e sen tir g ra titu d in e a c h i, tra d u c e n d o la , n’ ebbe a g e v o la ta a

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