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3- CLIMATIZZAZIONE CORONAVIRUS E SARS-COV-2

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(1)

climatizzazione

Quando, come e

perché accendere

l’aria condizionata

di Livio Mazzarella

(2)

Sommario

Premessa

Le possibili vie di trasmissione p. 6

del virus SARS-CoV-2

L’uomo diffonde il virus p. 9

L’efficacia della ventilazione p. 12

Sfruttiamo gli impianti p. 15

di climatizzazione

I vantaggi derivanti dall’uso p. 16

dei climatizzatori

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ISBN 978-88-31284-05-9

(3)

Biografia

Livio Mazzarella

Laureato a Milano in Ingegneria Meccanica indirizzo Energetico, professore Ordinario di Fisica Tecnica, insegna al Politecnico di Milano nell’ambito termotecnico. È presidente del sottocomitato 5 del CTI. Socio AiCARR dal 1979, ha ricoperto la carica di consigliere e di membro della Giunta.

Coronavirus e

climatizzazione

Premessa

di Livio Mazzarella

Prima di parlare di COVID-19 e impianti di climatizzazione, occorre chiarire alcuni concetti base

fondamentali per comprendere la dinamica della propagazione del virus e quindi l’efficacia o meno di alcune azioni che si possono attuare per ridurre il rischio di infezione. La prima cosa da dire è che il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 è un virus fino a ieri sconosciuto, per cui si sa poco delle sue caratteristiche e quindi spesso non è possibile fornire delle risposte certe alle domande che ci poniamo.

Proprio l’assenza di informazioni dettagliate e certe ci spinge ad adottare un principio di massima cautela, il cui acronimo è ALARA (As Low As Reasonably Achievable), cioè cercare di adottare quelle misure ragionevolmente attuabili che dovrebbero ridurre al minimo il rischio di infezione.

(4)

Linee guida

per la climatizzazione

Le possibili vie di

trasmissione del

virus SARS-CoV-2

I

nnanzitutto, il virus “vive” solo

dentro l’organismo umano, dove si replica, e quando ne fuoriesce “sopravvive” per un periodo limi-tato che dipende fortemente dalle caratteristiche dell’ambiente in cui si viene a trovare.

Quindi, a differenza dei batteri, nessun altro essere animato o inanimato può essere fonte diretta di infezione. Tutto ciò che non è l’uomo può essere solo un eventuale mezzo di “trasporto” tra una persona infetta e una persona non infetta.

(5)

“Tutto ciò che

non è l’uomo può

essere solo un

eventuale mezzo di

‘trasporto’ tra una

persona infetta e

una persona non

infetta”

Quali sono allora i mezzi di trasporto che il virus può prendere per passare da una persona a un’altra?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, così come il nostro Istituto Superiore di Sanità, riconoscono per il virus SARS-CoV-2 due principali vie di trasmissione:

1.

tramite goccioline di fluidi o particelle

organiche, emesse parlando, tossendo

o starnutendo che raggiungono diretta-mente le mucose sensibili (bocca, naso, gola, occhi) di un’altra persona, e attra-verso il contatto diretto delle nostre mani con materiale infetto (goccioline o parti-celle organiche emesse dal nostro appa-rato respiappa-ratorio e depositatesi su superfici varie, dalle nostre mani agli oggetti che tocchiamo e che ci circondano);

2.

conseguente contatto delle mani infette

con le mucose ricettive (bocca, naso,

(6)

Le possibili

vie di trasmissione

C

he

Cos

è

l

aerosol

?

Con il termine aerosol si intende la dispersione di micro-goccioline di liquido in aria o di micro particelle solide. Le nuvole e la nebbia sono degli aerosol di acqua liquida in aria, così come le famose PM1, PM2.5 e PM10 sono aero-sol di particolato aero-solido in aria. La caratteristica peculiare di un aerosol è che le particelle e/o micro-goccioline che lo com-pongono restano in sospen-sione nell’aria “galleggiando” e spostandosi con essa.

3.

Una terza via di trasmissione, che viene considerata possibile ma di minor rischio, è la via fecale-orale.

Tale via di trasmissione è riconosciuta dall’OMS, anche se con solo riferimento alle strutture sanitarie con malati COVID-19 [1]. Nel documento [1] l’OMS indica come misura precauzionale di utilizzare lo sciacquone del servizio igienico solo dopo aver chiuso il coperchio. Inoltre, si suggerisce di evitare che i sifoni di even-tuali scarichi a pavimento, in piatti doccia o in altri dispositivi sanitari restino senza acqua aggiungendone regolarmente (ogni 3 settimane a seconda del clima) in modo che la presenza dell’acqua contribuisca al corretto funzionamento. Questo per evi-tare che esalazioni provenienti dal sistema di scarico delle acque nere possano pene-trare nei bagni attraverso gli scarichi.

Tornando al caso delle precauzioni relative alla terza via di trasmissione – chiusura del coperchio e sifoni dei servizi igienici funzionanti nel modo corretto – la motivazione è legata al fatto che durante l’attivazione dello sciacquone e l’espulsione lungo il sistema di scarico si forma aerosol, che, se le feci fossero infette, può

con-tenere una certa quantità di virus; di conseguenza, restando questo “attivo” per qualche ora, se l’aerosol prodotto viene inalato porta il virus a contatto con le mucose dell’apparato respirato-rio del successivo fruitore del servizio.

Perché si indicano tali precauzioni?

4.

Per rispondere a questa domanda occorre introdurre la quarta possibile via di propagazione, quella per la for-mazione di aerosol contenente cariche

(7)

L’uomo diffonde

il virus

R

iesaminiamo con maggiore dettaglio come avviene la trasmissione dell’infezione. Una persona infetta, asin-tomatica, pre-sintomatica o sintomatica, possiede una certa

carica virale (numero di particelle

virali trasportate e rilasciate nell’am-biente da un individuo contagiato da un virus), che viene dispersa nell’am-biente con tosse e starnuti o sempli-cemente attraverso l’atto respiratorio

o il parlare o il cantare.

Quindi, il meccanismo primario è l’e-missione attraverso l’apparato respi-ratorio di un certo numero di virus, che chiamiamo carica virale. Questi virus si trovano inglobati nelle goc-cioline di fluido o particolato orga-nico trasportato all’esterno del nostro apparato respiratorio, se siamo infetti, dal semplice atto espiratorio o da eventi importanti come colpi di tosse e starnuti.

(8)

L’uomo

diffonde il virus

Perché si indicano tali

precauzioni?

Per rispondere occorre considerarne le dimensioni:

– Le goccioline più grandi, maggiori di 5 micrometri, e che quindi possono contenere una carica virale più alta, per effetto del loro peso tendono a ricadere velocemente su tutte le superfici che si trovano in un raggio di 1-2 metri ciò dipende dall’intensità del fenomeno di espulsione: una sequenza di forti colpi di tosse o starnuti contro un semplice sospiro. Queste goccioline sono la causa delle principali vie di trasmissione indicate dall’OMS, quella diretta, perché le persone che si tro-vano a una distanza inferiore a 1-2 metri da una persona infetta possono respirare direttamente tali goccioline

prima che abbiano il tempo di cadere sulle superfici limitrofe, e tramite contatto con le superfici contaminate dalla caduta di tali goccioline.

– Le goccioline più piccole, minori di 5 micrometri, e che quindi contengono una carica virale minore, costituiscono l’aerosol e possono rimanere sospese nell’aria per ore ed essere trasportate su lunghe distanze da eventuali flussi d’aria presenti nell’ambiente (maggiori di 2 metri), sia naturali sia generati meccanicamente da ventilatori, estrattori d’aria e impianti di climatizzazione. Tali micro-goccioline sono in genere prodotte dall’evaporazione delle goccioline più grandi e possono contenere ancora il virus, che ha una dimensione variabile tra 0,06 e 0,16 micrometri.

Figura 1: Varie possibili vie di trasmissione dell’infezione respiratoria tra un individuo infetto e un soggetto sensibile (adattata da [3])

(9)

Recenti studi [2] mostrano come il virus

SARS-CoV-2 presente nell’aerosol riduce la propria carica virale dopo 3 ore (la durata dell’esperimento) a circa il 16% del valore iniziale.

Nella Figura 1 sono illustrate sia le trasmissioni aeree a corto raggio (cioè conversazionali) che quelle a lungo raggio (oltre parecchi metri). La testa di colore arancione rappresenta la fonte infettiva, mentre quella di colore bianco un potenziale destinatario (il riquadro in basso a destra indica che entrambe le teste sono potenziali destinatari tramite l’autoinoculazione conseguente al toccare superfici contaminate e successivamente la bocca e/o il naso).

Il termine “espirazione” qui è indicativo sia dell’espirazione dovuta alla normale attività respiratoria che dei flussi d’aria dovuti a tosse e/o starnuti. Le goccioline trasportate dall’aria possono

quindi depositarsi su superfici dove possono essere toccate e trasportate sulle mani portando a ulteriori percorsi di trasmissione di autoinoculazione.

La via di trasmissione dell’infezione per via

aero-sol è aero-solo indirettamente riconosciuta dall’OMS, che la ritiene significativa solo in presenza di atti-vità mediche su pazienti infetti che producono aerosol (intubazione tra-cheale, ventilazione non inva-siva, tracheotomia, rianimazione cardiopolmonare, ventilazione manuale prima dell’intubazione e broncoscopia) [4]. In presenza di tali attività l’OMS richiede che, per la protezione degli operatori sani-tari, vi sia una ventilazione dell’ambiente, se in ventilazione naturale di 160 L/s/ paziente, se in ventilazione forzata di 12 ricambi/ora con controllo della direzione del flusso d’aria.

(10)

Linee guida

per la climatizzazione

L’efficacia della

ventilazione

N

el caso in cui l’inquinante

sia un virus, come il SARS-CoV-2, presente nell’aero-sol, la sua concentrazione (numero di particelle per unità di volume) è espressa in termini di carica virale (numero di virus per unità di volume).

L’introduzione di aria esterna, priva di virus, in un ambiente in cui ci sia una sorgente di cariche virali, in questo caso il paziente infetto, comporta la diluizione della carica

virale media nell’ambiente.

Mag-giore è la quantità d’aria esterna

che viene introdotta, pulita rispetto al virus, maggiore è la diluizione di carica virale che si ottiene. È altresì evidente che, se è sempre attiva la sorgente, non si potrà mai annul-lare del tutto la carica virale media dell’ambiente ma la si potrà comun-que diminuire di molto e, in parti-colare, sotto la soglia minima per cui, se inalata da un soggetto sano, questo non contragga l’infezione. Il problema maggiore è che a oggi nessuno sa con certezza quale sia questo valore di soglia, cioè quale sia la dose infettiva (numero medio

(11)

di particelle virali necessarie per sca-tenare l’infezione in una persona), il che rende impossibile determi-nare con certezza quale deve essere la quantità di aria di ventilazione che occorre introdurre in un dato ambiente per garantire condizioni di sicurezza rispetto alla possibilità di infezione.

Da qui l’applicazione dell’ALARA

prin-ciple, introdotto in precedenza: si

cerca di attuare la massima ventila-zione possibile e compatibile con lo stato del sistema edificio-impianto esistente per ridurre al minimo la possibilità di contrarre l’infezione SE sono presenti nell’ambiente

conside-rato una o più sorgenti di infezione.

È importante ricordare e sottolineare che se non c’è un infetto, sintoma-tico o asintomasintoma-tico, il problema della trasmis-sione per via aerosol non si pone; ma mentre è relativamente semplice individuare una persona sintomatica e impe-dirne l’accesso a spazi comuni condivisi con altre persone, è , a oggi, impossibile individuare all’accesso, e quindi in tempo reale, un soggetto asintomatico infettivo. Quindi, ancora una volta nell’assenza di certezze, è bene fare ricorso all’A-LARA principle, creando nell’ambiente condiviso la condizione di massima sicurezza compatibile con tutte le altre esigenze, dal comfort al risparmio energetico, ventilando il più possibile.

“Maggiore è la

quantità d’aria

esterna che viene

introdotta, pulita

rispetto al virus,

maggiore è la

diluizione di carica

virale che si

ottiene”

C

i

vengono

in

aiuto

le

masCherine

Esiste un’altra possibile linea di intervento per limitare la possibile propagazione per via area del virus (sia goccioline che aerosol), che è quella di intervenire direttamente sulla sor-gente: l’uso delle mascherine chirurgiche. L’obiettivo di tali mascherine non è quello di impedirci di inalare il virus se presente nell’aria (condizione invece necessaria per gli operatori sanitari che lavorano a contatto con i malati di COVID-19), ma di evitare che il soggetto infetto ma asintomatico presente nell’ambiente condiviso diffonda goccioline e aerosol nell’aria.

Da qui l’esigenza di indossare masche-rine quando non si è in grado di mantenere nell’ambiente chiuso una ventilazione tale da minimizzare in modo significativo il rischio di infezione. È facile comprendere come la massima condizione di sicurezza possibile sia quindi ventilazione più mascherine, tanto più necessaria da applicare quanto più non si conosce la dose infettiva per il SARS-CoV-2.

(12)
(13)

Sfruttiamo

gli impianti di

climatizzazione

A

desso è possibile

compren-dere come gli impianti di cli-matizzazione degli edifici non rappresentino di per sé una minaccia, come qualcuno ha paventato, ma in tanti casi un’oppor-tunità per migliorare le condizioni di sicurezza, ovviamente se ben gestiti e manutenuti.

Come abbiamo visto un modo per ridurre il rischio di contagio è la

ven-tilazione degli ambienti condivisi da

più soggetti, che consente di diluire l’eventuale carica virale prodotta dal soggetto infetto. Tale ventilazione può essere attuata aprendo le finestre (aerazione) o tramite sistemi mecca-nici (ventilazione meccanica).

Nel caso dell’apertura delle fine-stre, non siamo in grado di garantire il risultato, perché non riusciamo a controllare la quantità di aria in ingresso né a controllarne il percorso all’interno dell’ambiente. Per questo motivo è meglio ventilare utilizzando

un impianto di ventilazione o un impianto di climatizzazione dotato di ventilazione e, in questo secondo

caso, se possibile, aumentare le por-tate di aria esterna, cioè la quantità di aria che l’impianto preleva dall’e-sterno e poi immette nell’ambiente chiuso.

Quest’ultima affermazione è legata al fatto che, per economizzare su sumi energetici, di norma l’aria con-dizionata immessa negli ambienti è costituita da una miscela di aria esterna e di aria “ricircolata”.

L’aria ricircolata è l’aria ripresa dall’ambiente interno, fatta passare attraverso un filtro, e reimmessa nella macchina che tratta l’aria (UTA, unità trattamento aria), dove viene misce-lata con l’aria esterna, raffreddandola (se siamo in estate) o riscaldandola (se siamo in inverno) e riducendo così la necessità di potenza termica che l’impianto deve fornire per portarla alle condizioni desiderate.

(14)

Linee guida

per la climatizzazione

I

n sintesi, l’impianto di climatiz-zazione, che fa anche ventila-zione, immettendo aria esterna contribuisce a ridurre il rischio di contagio tramite diluizione. Non tutti gli impianti di climatizza-zione (cioè che controllano tempera-tura e umidità dell’ambiente interno) sono dotati della funzione di venti-lazione. Tali impianti rientrano nella categoria degli impianti a tutta aria o aria primaria e terminali locali (ven-tilconvettori, travi fredde, pavimenti radianti, etc.).

Il vantaggio della ventilazione mec-canica, sia essa dedicata, o inclusa nell’impianto di climatizzazione è la possibilità di filtrare l’aria esterna immessa in ambiente, cioè di depu-rarla da polveri, particolato in sospen-sione, pollini, etc., cosa ovviamente non possibile con la semplice aper-tura delle finestre, e di poter fornire a ogni ambiente in ogni momento, indipendentemente dalle condizioni climatiche esterne, la quantità l’aria esterna desiderata.

Queste tipologie di impianto sono quelle solitamente impiegate per la climatizzazione dei grandi spazi comuni, come per esempio i

super-mercati, in quanto nella loro progetta-zione si richiede sempre di provvedere un’aria di ventilazione (cioè l’intro-duzione di una certa quantità di aria esterna). Il consiglio che si può dare per ridurre il rischio di infezione in tali contesti è quello di far operare tali impianti con la maggior quantità di aria esterna possibile compatibile con le caratteristiche dell’impianto stesso (vedasi raccomandazioni AiCARR [5], eventualmente eliminando il ricircolo dell’aria interna (potenzial-mente infetta, se sono presenti una o più sorgenti di infezione).

Ma cosa si fa se l’impianto di clima-tizzazione non è dotato della fun-zione di ventilafun-zione?

In tal caso vuol dire che il sistema lavora, se ad aria, con un ricircolo interno totale: aspira l’aria dall’am-biente interno, la raffredda o la riscalda, e la reimmette nello stesso ambiente.

Questa è la modalità caratteristica di tutti i sistemi di condizionamento detti split, dei ventilconvettori, siano essi ad armadietto, a soffitto o canalizzati. Ma anche i corpi scaldanti degli impianti di riscaldamento e i

I vantaggi derivanti

dall’uso dei

(15)

diverse, ma anche essi generano un ricircolo dell’aria all’interno dell’ambiente in cui si trovano per moti naturali indotti dalle differenze di temperatura.

Se l’impianto considerato serve più ambienti

Se ho in un ambiente, per esempio un ufficio singolo, una persona infetta che tossisce ripetutamente, questa produce aerosol infetto che può essere aspirato dall’impianto, fatto passare attraverso il filtro di ripresa, miscelato con l’aria ripresa dagli altri uffici e reimmessa in tutti gli ambienti. Per chi si trova in un altro ufficio servito dallo stesso impianto il rischio è minore in quanto, quest’ultimo è esteso a tutte le persone presenti nell’intera zona servita dagli impianti. In questo caso, se non si vuole spegnere l’impianto per non introdurre altre possibili fonti di rischio per la salute (per esempio temperature troppo elevate per cardiopatici, etc.), vi sono due

possibilità: far funzionare gli impianti tenendo le finestre parzialmente aperte (in modo da consentire una qualche diluizione della potenziale carica virale sotto soglia di rischio infezione), agire sulla potenziale sorgente imponendo l’uso delle mascherine a tutti gli occupanti anche quando si trovano da soli nei loro uffici.

“L’impianto di

climatizzazione,

che fa anche

ven-tilazione,

immet-tendo aria esterna

contribuisce a

ridurre il rischio di

contagio tramite

diluizione”

(16)

I vantaggi

derivanti dall’uso dei climatizzatori

controllo climatico, nessuno mi garan-tisce che se il soggetto infetto si trova vicino alla finestra il flusso d’aria entrate non trasporti sufficiente carica virale al soggetto che si trova subito a valle di tale flusso infettandolo);

3.

tengo l’impianto in funzione senza

aprire le finestre (riduco la probabilità

di rischio per chi trova seduto vicino al soggetto infetto accrescendola per coloro che si trovano più distanti, a causa del miscelamento su tutto il volume, ma potrei avere una valore della carica virale media più basso della dose infettiva);

4.

tengo in funzione l’impianto

aprendo parzialmente le finestre

(vale quanto detto in precedenza con una maggiore riduzione della carica virale media e un maggior comfort ambientale); ultimo scenario, tengo in funzione l’impianto, spalanco le fine-stre per 10 minuti ogni 2 ore e faccio

Se l’impianto considerato serve un unico ambiente

Nel caso in cui l’impianto ricircoli l’aria nello stesso ambiente, non vi è alcun problema nel momento in cui l’am-biente è occupato da una sola per-sona, ovvero se parliamo di residenze dallo stesso nucleo familiare che con-divide tutto, e si ricade parzialmente nel caso precedente quando questo è invece un open space occupato con-temporaneamente da più persone. In questo secondo caso, possiamo figu-rare più scenari:

1.

spengo l’impianto ma tengo le

finestre chiuse (è solo questione di

tempo, il rischio di infezione è legato al prodotto carica infettiva per tempo di esposizione a tale carica);

2.

spengo l’impianto e tengo le

(17)

n

ota

Non è vero che se siamo all’e-sterno non c’è alcun rischio: se chiacchiero con un soggetto asintomatico positivo, entrambi senza mascherina e a un metro di distanza l’uno dall’altro, e questo improvvisamente tos-sisce senza interporre la mano davanti la bocca, il rischio che io prenda l’infezione è non trascurabile (respiro sia goccio-line che aerosol contenenti il virus), se poi prendo l’infezione o no dipenderà dai miei geni e dalla famosa dose infettiva, che ancora nessuno conosce con certezza.

tenere a tutti le mascherine chirurgi-che (il più efficiente dal punto di vista energetico, del comfort e della proba-bilità di infezione).

Potete comprendere adesso quanto sia difficile e complesso poter dare risposte certe e pianificare azioni di prevenzione valide per tutti, in ogni tipologia di utilizzo degli spazi chiusi a uso comune, quando non si sa ancora con certezza quale sia il valore della dose infettiva per il virus SARS-CoV-2, qual è la carica virale emessa da un infetto a seguito di uno specifico epi-sodio (semplice respirazione, parlato, cantato, colpo di tosse, starnuto), qual è la durata o la ripetizione dell’evento, dove si trova il soggetto infetto nello spazio chiuso rispetto agli altri, com’è esattamente fatto l’impianto di clima-tizzazione rispetto a quanto descritto nei progetti (se disponibili), qual è il suo grado di manutenzione, e così via. La conclusione evidente è che, in tale condizione di incertezza, è sicuramente meglio utilizzare i nostri impianti ope-rando come consigliato dagli esperti [5], piuttosto che spegnerli e magari

sottoporci a altri rischi, indossare sempre le mascherine quando ci tro-viamo in spazi pubblici chiusi in cui non siano garantiti ricambi d’aria con aria esterna tali da ridurre al minimo il rischio di infezione.

(18)
(19)

Riferimenti

[1] WHO (2020), Water, sanitation, hygiene, and waste management for the COVID-19 virus. Interim guidance, 23 April 2020, World Health Organization (Organizzazione Mondiale della Sanità).

[2] van Doremalen N., Morris D.H., Holbrook M.G., Gamble A., Williamson B.N., Tamin A., Harcourt J.L., Thornburg N.J., Geber S.I., Lloyd-Smith J.O., se Wit E., Munster V.J. (2020), Aerosol and Surface Stability of SARS-CoV-2 as Compared with SARS-CoV-1, N Engl J Med 2020; 382:1564-1567, DOI: 10.1056/NEJMc2004973.

[3] Tellier, R., Li, Y., Cowling, B.J. et al. (2019), Recognition of aerosol transmission of infectious agents: a commentary, BMC Infect Dis 19, 101 https://doi.org/10.1186/s12879-019-3707-y

[4] WHO (2020), Infection prevention and control during health care when COVID-19 is suspected. Interim guidance, 19 march 2020, World Health Organization (Organizzazione Mondiale della Sanità).

[5] AiCARR (2020), Prontuario sul ruolo degli impianti di

climatizzazione invernale ed estiva nella riduzione della diffusione della COVID-19 http://www.aicarr.org/Documents/Normativa/ COVID19/200411_Prontuario AiCARR_ Ruolo_impianti_HVAC.pdf

(20)

Sars-CoV-2

Figura

Figura 1: Varie possibili vie di trasmissione dell’infezione respiratoria tra un individuo  infetto e un soggetto sensibile (adattata da [3])

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