• Non ci sono risultati.

Un muro trasparente

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Un muro trasparente"

Copied!
1
0
0

Testo completo

(1)

41

Me pinxit, me fecit

A cura di Eleonora Del Riccio

Storica dell’arte E-mail: [email protected]

Un muro trasparente

Riv Psichiatr 2019; 54(1): 41 Studio Azzur-ro è un ormai af-fermato colletti-vo di artisti mila-nesi attivo fin dai primissimi anni Ottanta. Nato inizialmente co-me Laboratorio di Comunicazio-ne Militante, il collettivo si è av-valso dell’uso di differenti media come la fotografia, il cinema (Facce da festa, 1979-1980) e il video, quest’ultimo diventato nucleo del lavoro espressivo degli anni successivi. In virtù di questa predilezione, Studio Azzurro si può classificare come il primo significativo contri-buto italiano al filone della videoarte, nato negli anni ’60 dal-le esperienze di Nam June Paik, Vito Acconci, Bruce Nau-man e Andy Warhol (Screen Tests, 1964-66).

A tal proposito, uno degli interventi più interessanti dello Studio è quello concernente le video-ambientazioni. Queste ultime sono opere che hanno uno stretto rapporto dialettico con lo spazio che le contiene e circonda. Pertanto sono diffi-cilmente immaginabili in un altrove differente da quello per cui sono state pensate, rendendo dunque più problematica l’esportazione.

Una delle video-ambientazioni più suggestive, a titolo d’esempio, è Il Nuotatore (1984). In un ambiente simile alla vasca di una piscina sono accostati 24 monitor attraverso i quali si vede un uomo nuotare a pelo d’acqua, il tutto con un avvolgente sottofondo musicale composto da Peter Gordon.

Oltre alle video-ambientazioni che avevano l’ambizione di presentare l’opera in un contesto, creando così uno sfondo per una narrazione, è di grande interesse anche la costruzio-ne di ambienti sensibili. Ovvero, luoghi espositivi in cui il vi-sitatore è invitato a interagire con l’opera, decidendo se atti-varla. Non si tratta di un escamotage fine a se stesso, al con-trario la presenza attiva del fruitore è richiesta al fine di sti-molare una nuova responsabilità che possa trasformarlo, in ultima analisi, in agente attivo dell’opera e non più ricevente passivo. Per esempio, in Tavoli. Perché queste mani mi

tocca-no? (1995), l’immagine “reagisce, si attiva, sviluppa una pic-cola parte della sua storia” nel momento in cui l’osservatore decide di toccare il tavolo su cui è proiettata. L’incontro tra il reale e il virtuale avviene su materiali familiari, senza la per-cezione della struttura tecnologica, ma attraverso la creazio-ne di “interfacce naturali” che dissimulino gli apparati artifi-ciali che non sono direttamente funzionali alla ricezione del-l’immagine.

Dove va tutta ’sta gente? (2000) è, invece, l’opera che pre-cede il particolare allestimento qui presentato del Museo La-boratorio della Mente. L’opera gioca sul concetto di liminali-tà dal momento che si compone di tre porte automatiche in vetro che si spalancano man mano che l’osservatore decide di passarvi attraverso. Sulle porte sono proiettate immagini di uomini, donne e bambini che si scontrano sulle pareti invisi-bili in un susseguirsi di suoni che alludono all’impatto e allo scivolamento sulle superfici.

Un muro trasparente divide per intero anche il piano ter-ra del VI padiglione dell’ex Ospedale Psichiatrico, oggi adi-bito a Museo Laboratorio della Mente. Anche in questo caso il visitatore è costretto ad attraversare un limite, un confine che era sembrato impossibile valicare fino a quando fu pro-mulgata nel 1978 la Legge 180 (Legge Basaglia) sugli “Ac-certamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Ta-le confine è relativo al passaggio non solo fisico e percettivo negli gli ambienti espositivi, ma anche attraverso un luogo che racconti il disagio mentale, confinato nelle mura del ma-nicomio per oltre cinquecento anni. Un percorso che – tra in-stallazioni video, strumentazioni medico-scientifiche e dota-zioni farmaceutiche – sottolinea l’abisso che correva tra il dentro e il fuori della struttura, tra l’accettazione e l’allonta-namento e che mira a “mantenere una memoria attiva, una radice collegata alle esperienze storiche”, soprattutto di que-gli eventi che per lungo tempo si ha avuto difficoltà a vedere.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI/WEB

• Valentini V (a cura di). Le pratiche del video. Roma: Bulzoni, 2003.

• Valentini V (a cura di). Studio Azzurro: l’esperienza delle imma-gini. Milano-Udine: Mimesis, 2017.

• http://www.studioazzurro.com • http://www.museodellamente.it Studio Azzurro, Museo Laboratorio

della Mente, 2008. Installazione video. Roma, VI padiglione dell’ex manicomio

di S. Maria della Pietà.

Riferimenti

Documenti correlati

L'evento vuole far emergere, dati alla mano, il ruolo centrale delle donne nel miglioramento delle condizioni di vita della famiglia italiana e della società, e il suo

magistrali del 2015, infatti, il 13,7% ha svolto l’esperienza nel biennio magistrale e un altro 4,8% non ha partecipato a programmi nel biennio ma ne avevano svolti nel

Fra i laureati magistrali del 2012, infatti, 9,3 su 100 hanno svolto l’esperienza nel biennio magistrale e altri 4,9 su 100 non hanno partecipato a programmi nel biennio ma

Nella popolazione analizzata nel Profilo 2013, i laureati che hanno preso parte alla mobilità prevista dai programmi dell’Unione Europea (quasi esclusivamente Erasmus) sono il 7%

I laureati che hanno svolto esperienze di studio all’estero all’interno di un programma Erasmus o altro programma dell’Unione europea durante gli studi universitari (rispetto a

Il romanzo si offre, al tempo stesso, come formidabile campionario dei più sintomatici motivi romantici (subito se n’avvidero anche i contemporanei), illustrati con un mordente che

Scienza che si occupa della diversità degli organismi e delle relazioni che fra essi esistono Branca della sistematica che definisce i metodi per ottenere una classificazione che

Così come nel 1919, un detenuto trasferito da San Quentin porta il contagio a Folsom nonostante la quarantena di 4 giorni, così molti detenuti vengono trasferiti da istituti