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IL PROBLEMA DELLA TUTELA DELLA MINORANZA NELLA CONVENZIONE DI MORATORIA

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Consulenza Professionale alle Aziende

IL PROBLEMA DELLA TUTELA DELLA MINORANZA

NELLA CONVENZIONE DI MORATORIA

Relatore:

Candidato:

Prof.ssa Abu Awwad Amal

Alessia Papini

Controrelatore:

Prof.ssa Boletto Giulia

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INDICE

Abstract 5

CAPITOLO I 6

INTRODUZIONE: I PROFILI GIURIDICI 6

1.1 L’integrazione degli accordi di ristrutturazione: art 182-septies l. fall. 6 1.1.1 La derogabilità all’efficacia dei contratti 9

1.1.2 Il principio maggioritario 10

1.2 Dalla prassi alla legislazione 12

CAPITOLO II 16

LA CONVENZIONE DI MORATORIA 16

2.1 La funzione prodromica della convenzione 16

2.2 Il pactum de non petendo ad tempus 18

2.2.1 Il concetto di provvisorietà 20

2.3 L’aspetto sostanziale: il contenuto 22

2.4 L’irrilevanza della prevalenza dell’indebitamento finanziario 24

2.5 L’eventualità dell’intervento del Tribunale 26

2.6 Il ruolo dell’attestatore 28

2.6.1 La relazione del professionista 30

CAPITOLO III 32

LA POSIZIONE DELLA MINORANZA 32

SEZIONE I 32

L’ESTENSIONE “AUTOMATICA DEGLI EFFETTI 32

1.1 Il tema della deroga degli articoli 1372 e 1411 c.c. 32

1.2 L’autonomia privata 34

1.3 L’estensione “automatica” degli effetti della convenzione 36 1.3.1 Il principio della maggioranza qualificata 38

1.3.2 La formazione delle categorie omogenee 39

SEZIONE II 42

LA FORMA DI TUTELA 42

2.1 L’opposizione: dubbi sulle modalità di presentazione 42

2.2 Il giudizio del Tribunale 44

2.2.1 La soddisfazione in misura non inferiore alle alternative concretamente praticabili: una

possibile interpretazione 45

2.2.2 Il decreto motivato e il reclamo 47

2.3 Cenni alla disciplina penalistica 47

2.3.1. Le norme penali: art 236 e 236-bis l. fall. 48 Conclusioni 50 Bibliografia 51 Documenti 53

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Abstract

La legge fallimentare, nel 2015, è stata oggetto di una (ulteriore) importante riforma. Il D.L. 83/2015, convertito in legge n. 132 sempre nel 2015, ha introdotto l’articolo 182-septies l. fall., il quale ha previsto due nuovi strumenti di risoluzione della crisi. Uno di questi, oggetto della presente analisi, è la c.d. convenzione di moratoria.

L’indagine, una volta esaminate quelle che sono le peculiarità della convenzione di moratoria, ha approfondito una problematica centrale nel tema analizzato: la tutela della minoranza.

Infatti, il legislatore, con l’introduzione di questo nuovo strumento, ha introdotto anche un nuovo principio, consistente nell’estensione automatica degli effetti verso i creditori finanziari non aderenti, nel momento in cui l’impresa debitrice ha stipulato con la maggioranza qualificata degli intermediari finanziari e banche la suddetta convenzione.

I creditori finanziari “riottosi” si ritroverebbero, quindi, ad essere destinatari del contenuto della convenzione, a cui non hanno consentito e a cui, inoltre, non vi è neppure l’assoggettamento all’omologa del Tribunale.

Il legislatore, a fronte di tale situazione, ha comunque previsto una forma di tutela: ai creditori finanziari non aderenti è riconosciuta la possibilità di fare opposizione e, nel caso in cui questa venga accolta, di rendere nulli gli effetti prodotti dalla convenzione nei loro confronti.

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CAPITOLO I

INTRODUZIONE: I PROFILI GIURIDICI

1.1 L’integrazione degli accordi di ristrutturazione: art 182-septies l. fall.

Nel giugno 2015, con la nuova riforma della legge fallimentare, il legislatore ha introdotto una serie di importanti novità idonee a rendere gli strumenti, volti alla gestione dell’insolvenza, più efficienti. In particolare, con il D.L. 83/2015, poi convertito in legge nell’agosto 2015 n.132, è stato introdotto l’articolo 182-septies, rubricato, all’articolo 9, “Crisi d’impresa con prevalente indebitamento verso gli intermediari finanziari”. Tale norma si configura, dal comma 1 al 4, come un’integrazione della disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis l. fall. e, ai commi 5 e 6, come una nuova forma di risoluzione della crisi con gli intermediari finanziari: la convenzione di moratoria.

Fin dalla prima delle riforme degli ultimi anni, che risale ormai al 2005, l’intenzione del legislatore era quella per la quale i concordati dovevano diventare la procedura principale e il fallimento man mano regredire. Così non è stato: il fallimento è divenuto lo strumento più utilizzato e i concordati, così come anche gli accordi di ristrutturazione, sono rimasti “strumenti dalle potenzialità inespresse”1. Da questa situazione dei fatti sono derivate continue riforme che hanno spinto in favore dell’autonomia contrattuale e in particolare, rispetto agli accordi di ristrutturazione, il legislatore è arrivato al punto di derogare espressamente princìpi istituzionali in materia di contratti. Il fine ultimo è sempre quello di ampliare il più possibile le possibilità di accesso a soluzioni della crisi alternative al fallimento, inserite però in un contesto specifico: indebitamento verso banche o intermediari finanziari.

1 Cfr. N

ICCOLÒ NISIVOCCIA, “Il nuovo art. 182 septies l. fall.: quando e fin dove la

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Al debitore è stata data la possibilità di negoziare e disciplinare in via provvisoria, con la maggioranza dei propri creditori finanziari2, gli effetti della crisi d’impresa attraverso una moratoria dei crediti3. Con la particolarità che gli effetti derivanti dalla convenzione si estendono automaticamente4 anche ai creditori non aderenti, in deroga agli articoli 1372 e 1411 c.c. e in presenza di determinate condizioni. La ragione fondante è rappresentata dal fatto che tale categoria di creditori, presenta spesso caratteristiche omogenee che giustificano la possibilità di forzare la volontà di qualche creditore riottoso all’accordo. Facendo un’analisi comparatistica, si osserva che, nei sistemi europei, vi era già la presenza di accordi di ristrutturazione operativi e vincolanti anche in assenza di consenso unanime da parte del ceto creditorio: in Francia è prevista la “Sauvegarde financière accélerée”5 e in Inghilterra è previsto lo “scheme of

2 Così come definito dal Documento del Consiglio Nazionale dei Dottori

Commercialisti ed Esperti Contabili “Accordo di ristrutturazione con intermediari

finanziari e convenzione di moratoria” del Novembre 2016, “sono agevolmente

riconducibili agli istituti di credito iscritti nell’albo dell’art. 13 del d.lgs. n. 385 del 1993 (TUB) e agli intermediari finanziari di cui all’art. 106-107 del TUB (ai quali rinvia l’art. 18 del TUF) per i soggetti abilitati ai servizi di investimento (tra gli altri, le imprese di leasing, i consorzi fidi, le società di factoring, le realtà di credito al consumo, le società veicolo impiegate nelle cartolarizzazioni)”.

3 La moratoria dei crediti “non integra una modalità di soddisfazione del credito, ma

solo una dilazione della sua esigibilità”. Cfr. LUCIANO M.QUATTROCCHIO, “L’accordo

di ristrutturazione dei debiti e la convenzione di moratoria: la disciplina”., in Diritto ed economia dell’impresa, 2016, pag. 138 ss..

4 Diversamente, nel caso di accordi di ristrutturazione con banche e intermediari

finanziari è il debitore che ha la facoltà di decidere se estendere gli effetti anche ai creditori non aderenti. Nel caso di convenzione di moratoria, tale estensione è in via automatica laddove siano soddisfatte alcune condizioni.

5 L’istituto è stato trattato da

LUCIANO M. QUATTROCCHIO, “L’accordo di

ristrutturazione dei debiti e la convenzione di moratoria: la disciplina”., in Diritto ed economia dell’impresa, 2016, pag. 138 ss.,:

“È applicabile al debitore, nell’ambito di una procédure de conciliation in corso, a condizione che il debitore medesimo:

- Non sia in stato di cessation de paiements;

- Sia in grado di dimostrare l’esistenza di difficultés insurmontables; - Soddisfi i criteri per la costituzione di un comités de créanciers;

- Sia in grado di dimostrare do aver elaborato, nel corso della conciliation, un piano suscettibile di ottenere l’approvazione della maggioranza dei créanciers finanziers et obligataires.

Il plan de sauvegarde deve essere approvato da una maggioranza qualificata pari a due terzi dei crediti vantati dai membri del comité des ètablissements de crédit, che abbiano espresso il voto; con la precisazione che i crediti vantati dai créanciers finanziers ayant

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arrangement”6. L’obiettivo di questi due istituti è quello di semplificare la conclusione di accordi tra il debitore non ancora in stato di insolvenza e i creditori più forti in quanto il mancato coinvolgimento di essi all’accordo comporterebbe il rischio di insuccesso dell’intera operazione. In conseguenza anche a tale analisi, la “Miniriforma delle procedure concorsuali” ha dato attuazione alla Raccomandazione della Commissione europea del 2014, la quale incentivava, nel caso di crisi di impresa, l’adozione di un piano di ristrutturazione con la partecipazione anche solo di alcuni creditori.

participé à la conciliation sono considerati déclarées. La sauvegarde financière accélerée ha effetti soltanto nei confronti dei creditori membri del comité des établissements de crédit e, all’occorrenza degli obligataires”.

6 Anche questo istituto è stato trattato da L

UCIANO M.QUATTROCCHIO, “L’accordo di

ristrutturazione dei debiti e la convenzione di moratoria: la disciplina”., in Diritto ed economia dell’impresa, 2016, pag. 138 ss.:

“È una procedura di tipo giudiziale prevista dal Companies Act 2006, tramite la quale una società può conferire carattere vincolante ad un accordo approvato da una maggioranza dei propri soci o creditori (o categorie particolari di soci o creditori) in una assemblea convocata ad hoc dalla società.

La procedura necessaria per completare uno scheme of arrangement comporta i due seguenti passaggi:

• ottenimento da parte di un giudice di un provvedimento finalizzato a convocare una assemblea di soci o creditori, per discutere ed eventualmente approvare la proposta di accordo;

• invio ai soci o creditori di un avviso di convocazione dell’assemblea, accompagnato da una breve spiegazione degli effetti che l’accordo avrebbe per soci e creditori;

• approvazione dell’accordo in assemblea. La relativa delibera richiede il voto favorevole di una maggioranza numerica rappresentante almeno il 75% del valore delle partecipazioni dei soci o dei crediti vantati dai creditori, che partecipano all’assemblea e votano sulla proposta di accordo;

• ottenimento da parte del giudice di un provvedimento che, dopo aver verificato la regolarità̀ della procedura seguita dalla società̀ e che l’accordo approvato dai soci o creditori è fair and reasonable (cioè́ equo e ragionevole), omologa l’accordo medesimo; • deposito, presso il registro delle imprese competente, del provvedimento del giudice e della documentazione a supporto dell’accordo: Tale deposito segna il momento in cui l’accordo diventa vincolante per la società̀ e i relativi soci e creditori, inclusi quelli dissenzienti.

[…] Il vantaggio più̀ significativo dello scheme of arrangement consiste nella possibilità̀ di dare corso alla ristrutturazione dei debiti, nonostante la presenza di soci o creditori dissenzienti. […]”.

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1.1.1 La derogabilità all’efficacia dei contratti

Come è stato accennato sopra, il recente strumento di risoluzione della crisi di impresa prevede un’espressa deroga a due principi in tema di contratti.

Precisamente l’articolo 182-septies, comma 5, l. fall., dispone che: “Quando fra l'impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari viene stipulata una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari e sia raggiunta la maggioranza di cui al secondo comma, la convenzione di moratoria, in deroga agli articoli 1372 e 1411 c.c., produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se questi siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria”..

Si tratta di una disciplina che “esplicitamente prende posizione sulla natura contrattuale di detti accordi”7, in quanto va a derogare due delle norme cardine del diritto privato: l’efficacia del contratto (art 1372 c.c.) e il contratto a favore di terzi (art 1411 c.c.).

L’articolo 1372 c.c. richiama il concetto di efficacia inter partes, in quanto dispone che “il contratto ha forza di legge tra le parti” e il fatto di andare ad estendere gli effetti ai creditori non aderenti rappresenta uno dei casi previsti dalla legge di derogabilità a tale principio, giustificato dal comma secondo, il quale recita che “il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”.

Riguardo invece all’articolo 1411 c.c. “incomprensibile resta […] l’asserita deroga”8 in quanto pare “del tutto inappropriata”9 la deroga sul contratto a favore

7 Cfr. L

UIGI BALESTRA, “Accordi di ristrutturazione dei debiti con le banche e

normativa civilistica: peculiarità, deroghe e ambiguità”, in Corriere giuridico, 2016,

pag. 449 ss.

8 Cfr. M

ICHELE PERRINO, “Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari

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di terzi quando il legislatore, in primis con l’articolo 182-bis, comma 1, l. fall. e dopo con l’articolo 182-septies l. fall., nella parte in cui prevede un differimento dell’esigibilità dei crediti dei creditori non aderenti all’accordo, contempla effetti non già vantaggiosi, bensì svantaggiosi. E come osserva parte della dottrina, tali svantaggi e vantaggi sono parametri relativi, in quanto dipendono dalla situazione data e dalle alternative concretamente praticabili. Si può ipotizzare una situazione peggiorativa per i creditori, sia aderenti che non, nel caso in cui il discrimine sia il soddisfacimento integrale del credito, ma sicuramente la valutazione cambierebbe nel caso in cui venisse aggiunta l’ipotesi prospettica di fallimento. Ecco che soltanto la deroga all’articolo 1372 c.c. trova una ragion d’essere: è consentito “il sacrificio dei diritti dei terzi, se e quando tale sacrificio possa condurre al superamento della crisi d’impresa, considerato quale bene preminente e da ottenere a qualunque costo”10.

1.1.2 Il principio maggioritario

Il principio maggioritario, insieme ad altre specifiche condizioni, è la base di partenza per ammettere l’estensione automatica degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti.

La convenzione deve essere stipulata con la maggioranza (qualificata) dei creditori finanziari data da almeno il 75% dell’ammontare del passivo ad essi riferibile, già preventivamente segmentato in specifici sottoinsiemi (categorie) in base al criterio dell’omogeneità. Da ciò ne consegue che l’intermediario finanziario, o banca, non aderente, ma comunque destinatario degli effetti della convenzione di moratoria, “può anzitutto appuntare le proprie eventuali doglianze sulla corretta formazione delle categorie”11. Il legislatore, per attenuare quest’ultima eventualità di conflitto, ha previsto che un professionista, in

9 Ancora L

UIGI BALESTRA, “Accordi di ristrutturazione dei debiti con le banche e

normativa civilistica: peculiarità, deroghe e ambiguità”, in Corriere giuridico, 2016,

pag. 449 ss.

10 N

ICCOLÒ NISIVOCCIA, “Il nuovo art. 182 septies l. fall.: quando e fin dove la legge

può derogare a se stessa?”, in Il Fallimento, 2015, pag. 1181 ss. 11 M

ARCO AIELLO, “La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di

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possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) l. fall., attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici all’interno degli specifici sottoinsiemi.

Tornando alle condizioni giustificative dell’automaticità dell’estensione degli effetti, è necessario, ancora, che i creditori non aderenti siano stati informati dell’avvio delle trattative e posti nella condizione di parteciparvi in buona fede12. Una delle differenze rispetto agli altri istituti di risoluzione della crisi di impresa, è che tale maggioranza (qualificata) si forma senza un’adunanza ad hoc13 ed “è lasciata all’interlocuzione tipica delle trattative, alle quali le minoranze – pur informate dei fatti come richiede la norma – potrebbero anche non partecipare”14. È pur sempre vero che il legislatore, anche se non ha previsto l’intervento diretto del Tribunale per l’omologazione della convenzione, ha dato la possibilità ai creditori non aderenti di fare opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata, chiamando il Tribunale ad effettuare gli stessi accertamenti previsti per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari.15

12 Secondo l’autore Provaroni, tale concetto di buona fede appare fin troppo generico,

non comprendendosi in particolare se lo stesso debba riferirsi al debitore come è ragionevole che sia, o al creditore. Si veda LUCA PROVARONI, “Accordo di

ristrutturazione e convenzione di moratoria: effetti pei i creditori finanziari dissenzienti”, in Corriere tributario, 2016, pag. 75 ss.

13 Nel concordato preventivo, invece, è prevista l’adunanza dei creditori al fine della

raccolta dei voti e al raggiungimento della maggioranza per l’approvazione.

14 L

UCA PROVARONI, “Accordo di ristrutturazione e convenzione di moratoria: effetti

pei i creditori finanziari dissenzienti”, in Corriere tributario, 2016, pag. 75 ss. 15 Così come disciplinato dall’articolo 182-septies al comma 4, terzo periodo, l. fall.:

“Il tribunale procede all’omologazione previo accertamento, avvalendosi ove occorra di un ausiliario, che le trattative si siano svolte in buona fede e che le banche e gli intermediari finanziari ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo: a) abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti;

b) abbiano ricevuto complete ed aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’accordo e sui suoi effetti, e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative;

c) possano risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”.

Sul punto c) ha posto l’attenzione l’autore MASSIMO FABIANI, in “La convenzione di

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Questo intervento, per così dire indiretto, rappresenta lo strumento di tutela a disposizione per la minoranza. Sarà oggetto di approfondimento nei capitoli successivi.

1.2 Dalla prassi alla legislazione

Fatta una breve introduzione di quella che è la portata del nuovo strumento introdotto dal legislatore con la “Miniriforma”, è importante ricordare che nella prassi esistevano già strumenti che permettevano al debitore di ottenere una moratoria con le banche utili alla formazione, magari, di un piano di risanamento della crisi d’impresa. E di fatto, parte della dottrina16 ricorda che “si è da tempo diffusa la prassi della stipulazione di intese preliminari funzionali alla regolamentazione meramente provvisoria della crisi”17 e tra gli atti più importanti del procedimento di risanamento rientra l’accordo di moratoria con le banche. Tale accordo di moratoria non è altro che una richiesta alle banche di un periodo di standstill necessario per la predisposizione di un piano di risanamento. Con questo accordo, le banche si obbligano a non intraprendere azioni volte all’ottenimento del pagamento, a non richiedere la risoluzione del contratto finanziario originario, ed a non esigere il rientro dalle linee di credito; allo stesso tempo anche l’impresa si impegna a non compiere atti di straordinaria amministrazione18.

Attraverso questi accordi, l’impresa, nei confronti di una molteplicità di banche creditrici, richiede una proroga delle scadenze inizialmente pattuite al fine di poter usufruire di un tempo utile per ideare un piano di risanamento idoneo al turnaround ed evitare così la strada del fallimento. Infatti, in mancanza di tale

Fallimento, 2016, pag. 1269 ss., circa la coerenza di tale espressione rispetto alle

peculiarità della convenzione di moratoria.

16 T

OMMASO MARIA UMBERTAZZI, “Accordi di moratoria, convenzioni interbancarie e

bancarie nei risanamenti di imprese: profili civilistici e qualificatori”, in Contratto e impresa, 2015, pag. 40 ss.

17 Cfr. M

ARCO AIELLO, “La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di

regolazione provvisoria della crisi”, in Crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 1 ss. 18 In particolare, si impegna a non concedere garanzie a favore di alcuna delle banche

finanziatrici o a terzi, a non acquisire partecipazioni di società terze, a non costituire nuove società ed anche a non contrarre ulteriori finanziamenti.

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accordo, ciascuna banca agirebbe per la riscossione dei propri crediti verso l’impresa e di conseguenza l’impresa si ritroverebbe a non poter attuare un piano di risanamento perché dichiarata fallita. L’interesse del debitore è quello, da una parte, di evitare che i creditori finanziari vadano ad aggredire il patrimonio, quando però ci sia anche una certa tranquillità che gli altri creditori non diano esecuzione ad azioni giudiziarie, e dall’altra parte, quello di continuare ad operare con gli istituti di credito e pattuendo con essi che le linee di credito restino aperte19.

Altra forma di atto necessario al risanamento dell’impresa è la convenzione bancaria. Contestualmente alla stipulazione della convenzione interbancaria20 le banche stipulano quella bancaria con le imprese, la quale ha una durata che può variare dai 5 ai 10 anni. Con tale convenzione le banche si impegnano a non richiedere all’impresa l’adempimento dei crediti e cercano di operare un consolidamento delle posizioni debitorie esistenti. Allo stesso modo, l’impresa si

19 Cfr. M

ARCO AIELLO, “La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di

regolazione provvisoria della crisi”, in Crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 1 ss.,

ha precisato che “il semplice mantenimento delle linee in essere può talora tradursi, di fatto, in un incremento del rischio (con ciò presentando, per quanto concerne la valutazione del merito creditizio, criticità non del tutto dissimili da quelle che sorgono in caso di richiesta di c.d. nuova finanza), in particolare laddove, per un verso, la conferma dell’operatività sia richiesta con riguardo agli importi oggetto di affidamento anziché a quelli già utilizzati e, per l’altro, i secondi non assorbano integralmente i primi, con conseguente facoltà, per l’impresa, di aumentare il proprio effettivo indebitamento verso il ceto bancario”.

Ed ancora MASSIMO FABIANI, “Gli accordi di moratoria del debito nei processi di

regolazione della crisi”, in Il Fallimento, 2014, pag. 965 ss., ha osservato che “spesso

accade che la conservazione delle linee sia discussa e cioè se debba essere considerata, ad una certa data di riferimento, come credito affidato o come credito utilizzato. Vi è, infatti, una certa propensione degli istituti di credito a ritenere che lo standstill si applichi nei soliti limiti di quanto utilizzato alla data di riferimento, mentre l’eccedenza fra affidato ed utilizzato debba essere qualificata come nuova finanza e, dunque, da assoggettare ad un diverso regime quanto a sua erogazione. In tal caso gli istituti possono stabilire di (i) concedere una nuova linea ripartita proporzionalmente (fra le banche) sulla base degli utilizzi alla data di riferimento; ovvero (ii) consentire maggior utilizzo delle linee già accordate ma limitatamente ad un add-on che salvaguardi la proporzionalità”.

20 Trattasi di una convenzione stipulata tra le banche. Per approfondimenti, si veda

TOMMASO MARIA UMBERTAZZI, “Accordi di moratoria, convenzioni interbancarie e

bancarie nei risanamenti di imprese: profili civilistici e qualificatori”, in Contratto e impresa, 2015, pag. 40 ss.

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impegna a rimborsare le somme dei crediti così come definiti nella convenzione bancaria e a comunicare alla banca tutte le informazioni necessarie per identificare il suo status21. La funzione di tale convenzione bancaria è proprio quella di permettere il rientro progressivo e dilazionato dell’esposizione debitoria dell’impresa nei confronti delle banche e, di conseguenza, di consentire un risanamento dell’impresa.

Descritto brevemente il quadro di quelle che erano le “convenzioni innominate di moratoria”22 e constatato che il loro utilizzo non è diminuito neppure dopo l’introduzione del c.d. concordato ‘in bianco’, si può certamente concludere che gli operatori, ogniqualvolta la crisi non assuma una gravità tale da imporre l’immediato accesso ad una procedura concorsuale, preferiscono gestire la fase preliminare di soluzione della crisi attraverso una “regolamentazione dei rapporti con i principali creditori su base meramente convenzionale”23. Da qui il vantaggio di questa impostazione: le parti possono definire il contenuto dell’accordo. L’unico punto critico è di dover ottenere il consenso unanime dei creditori e, la mancata adesione anche di un solo creditore rischia di far cadere nel nulla l’intero progetto e di conseguenza indirizzare il debitore verso l’automatic stay.

Il nuovo strumento della convenzione di moratoria introdotto con l’articolo 182-septies, comma 6, l. fall. mira proprio a favorire la stipulazione di queste intese, al fine di regolare i rapporti tra il debitore in difficoltà e alcuni degli intermediari finanziari o banche, grazie all’estensione coattiva degli effetti della convenzione, stipulata con la maggioranza (qualificata), alla minoranza dissenziente (o inerte).

21 Consegnando ad esempio trimestralmente informazioni sulla situazione economico

finanziaria e sul il bilancio di esercizio approvato; inoltre consegnano informazioni circa il perseguimento di risultati economici finanziari tali da rendere il patrimonio netto consolidato e l’indebitamento finanziario consolidato netto inferiore ad un determinato ammontare predeterminato e previsto per tutta la durata del risanamento. Si veda TOMMASO MARIA UMBERTAZZI, “Accordi di moratoria, convenzioni interbancarie e

bancarie nei risanamenti di imprese: profili civilistici e qualificatori”, in Contratto e impresa, 2015, pag. 40 ss.

22 Cfr. M

ARCO AIELLO, “La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di

regolazione provvisoria della crisi”, in Crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 1 ss. 23 Cfr. M

ARCO AIELLO, “La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di

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Imposizione che, comunque, trova giustificazione nella tutela di un interesse di rango generale: la soluzione della crisi. 24

24 Nel disegno di legge di conversione del d.l. n. 83/2015, si legge che il “successo o

insuccesso di queste operazioni non sono solo decretati dalle regole del mercato e del vantaggio economico: non sono pochi i casi in cui la maggioranza (spesso la larga maggioranza) delle banche creditrici concorda con le proposte dell’impresa, ma alcune di esse, solitamente quelle che vantano crediti di importo minore, si dichiarano contrarie, impedendo così il successo dell’operazione. I risultati possono essere di due ordini, entrambi subottimali per l’economia, oltre che per i principali soggetti coinvolti: a) in taluni casi, le banche aderenti si sobbarcano l’onere di soddisfare integralmente le altre;

b) in altri casi, quando i costi sono tali da non poter essere sostenuti solo da una parte delle banche, si apre una fase di gestione della crisi proceduralizzata, nella migliore delle ipotesi un concordato preventivo. Forma di gestione che, seppur resa più efficiente dalle recenti modifiche normative, comunque comporta, rispetto alla soluzione stragiudiziale, costi diretti e indiretti più elevati”.

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CAPITOLO II

LA CONVENZIONE DI MORATORIA 2.1 La funzione prodromica della convenzione

La convenzione di moratoria, così come è stata introdotta nel precedente capitolo, ha dimostrato una reale utilità. Consentire al debitore di usufruire di un periodo di tempo per “rimuovere lo stato di decozione”25 una volta liberate risorse sufficienti per adempiere alle obbligazioni verso i creditori estranei, oppure per scegliere lo strumento più efficace al fine di risolvere la composizione della crisi. E in quest’ ultimo caso, la convenzione può declinarsi come strumento prodromico alla soluzione della crisi, senza però costituirne parte integrante26. Nel senso che, una volta che il debitore ha redatto la convenzione di moratoria con gli intermediari finanziari, di fronte ad un altro strumento di risoluzione della crisi di impresa27, non è detto che tali intermediari finanziari manifestino in egual misura il loro consenso.

L’essenza prodromica acquista valore nel momento in cui il debitore, attraverso la convenzione, preannuncia l’avanzare dello stato di crisi. Il disegno di legge recante “Delega al Governo per la riforma delle discipline delle crisi di impresa e dell’insolvenza”, eredita dalla commissione Rordorf le novità per la sistemazione della crisi e la regolamentazione dell’insolvenza. Concetti questi, crisi e insolvenza, che debbono essere tenuti separati. La Fondazione Nazionale dei Commercialisti28 ha dato un’interpretazione a questi concetti. Più precisamente,

25 Cfr. I

VAN LIBERO NOCERA, “La convenzione di moratoria nella crisi d’impresa:

estensione dell’efficacia e abuso dell’opposizione”, in Il diritto fallimentare, 2016, pag.

1090.

26 Come invece accade per gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari in

cui è espressamente previsto dall’articolo 182-septies, comma 1, l. fall. che “la disciplina di cui all’articolo 182bis […] è integrata dalle disposizioni contenute nei commi secondo, terzo e quarto” e quindi rappresenta una species degli accordi di cui all’articolo 182-bis l. fall.

27 Che può essere un piano di risanamento, un accordo di ristrutturazione, un concordato

preventivo o altro.

28 Nel documento del 28 febbraio 2017 “Crisi d’impresa e insolvenza nella prospettiva aziendale e giuridica alla luce delle riforme in itinere”, a cura di RAFFAELE MARCELLO E CRISTINA BAUCO.

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sostiene che “la definizione di stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza,” venga “articolata tenendo in considerazione l’elaborazione della cultura aziendalistica”. Da qui il Consiglio Nazionale ha emanato le “Linee guida” proprio allo scopo di dare un’indicazione, quantomeno precisa, degli elementi economico-aziendali “qualificanti l’informativa e la valutazione della crisi d’impresa”.

Sicuramente lo stato di insolvenza rappresenta una crisi, mentre non è detto che lo stato di crisi porti o conduca in ogni caso allo stato di insolvenza. Ecco che i due concetti sono completamente separati, possono essere collegati, anche se, non da un rapporto di biunivocità reciproca.

La convenzione di moratoria può essere posizionata proprio nella fase d’inizio dello stato di crisi: laddove il debitore incontri delle difficoltà economico-finanziarie, ha la possibilità di redigere una moratoria con la maggioranza delle banche e degli intermediari finanziari ed automaticamente estendere gli effetti anche ai creditori finanziari riottosi, al fine di ottenere il tempo necessario per inquadrare la situazione e scegliere la strada più efficace per combattere la crisi, senza che essi possano procedere con azioni esecutive per soddisfare il loro credito e danneggiare ulteriormente il debitore.

“Si potrebbe ritenere che le stesse esigenze possano essere soddisfatte dal concordato ‘con riserva’”29 il quale, secondo l’articolo 161, comma 6, l. fall., prevede che le azioni esecutive e cautelari di tutti i creditori per un termine fissato dal giudice, che è comunque compreso nell’intervallo tra sessanta e centoventi giorni, siano bloccate; ed alla scadenza del predetto termine è possibile presentare una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione. Sempre Nocera ricorda che “Tuttavia, rispetto alla convenzione di moratoria, il mero deposito della domanda di ‘pre-concordato’ ex art. 161, comma 6, l. fall. comporta una serie di effetti non certo vantaggiosi per il debitore”, tra i quali: i debiti vengono tutti a scadenza per effetto dell’articolo 55 l. fall.30; gli atti di

29 Cfr. I

VAN LIBERO NOCERA, “La convenzione di moratoria nella crisi d’impresa:

estensione dell’efficacia e abuso dell’opposizione”, in Il diritto fallimentare, 2016, pag.

1090.

(18)

straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo se urgenti e se autorizzati dal tribunale; opera il vincolo di segregazione patrimoniale impresso dall’applicazione della regola di cui all’articolo 45 l. fall.31.

Inoltre il legislatore ha voluto specificare che “in nessun caso, per effetto degli accordi e convenzione di cui ai commi precedenti, ai creditori non aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti”. In tal modo ha reso la convenzione un mero pactum de non petendo ad tempus e come sostiene parte della dottrina “non in un accordo di standstill”32.

2.2 Il pactum de non petendo ad tempus

La Suprema Corte ha definito il pactum de non petendo come un accordo finalizzato alla dilazione dei termini di scadenza di un credito scaduto, o anche da scadere, evidenziando l’idoneità dello stesso ad incidere sullo stato di insolvenza del debitore33. La particolarità di questo accordo consiste nella preclusione al creditore della possibilità di esercitare giudizialmente i suoi diritti di credito, attraverso la modifica dell’originario rapporto obbligatorio. 34

L’iter argomentativo della Suprema Corte prende le mosse dallo stato di insolvenza, che viene definito come “situazione di squilibrio finanziario non superabile con mezzi ordinari nei termini ragguagliati all’ordinaria scadenza dei crediti”35. Chiarito che l’accordo è volto a dilazionare i termini di scadenza del credito, rimane da capire se l’insolvenza possa considerarsi attuale dopo la

31 Anch’essa evocata dall’articolo 169 l. fall. 32 L

UCIANO M. QUATTROCCHIO, “L’accordo di ristrutturazione dei debiti e la

convenzione di moratoria: la disciplina”, in Diritto ed economia dell’impresa, 2016,

pag. 138 ss.

33 Cfr. Cass., 19 novembre 1992, n. 12383, in Fall., 1993, p. 510 e in Dir. Fall., 1993, II,

p. 1084, con nota di Lembo; Cass., 28 ottobre 1992, n. 11722, in Fall., 1993, pag. 352.

34 La modifica dell’originario rapporto obbligatorio non comporta come conseguenza

l’estinzione definitiva dell’obbligazione stessa, differenziandosi infatti dalla remissione. Così come sostenuto da MAURIZIO GALARDO nel libro “Gli accordi di ristrutturazione

dei debiti. Risanare l’impresa”, pag. 74 ss. 35 D

OMENICO PERRONE, “Insolvenza, pactum de non petendo e creditori pretermessi”,

(19)

conclusione del pactum. Secondo l’opinione del Collegio, la stipula del patto di moratoria porta, come conseguenza immediata, una ritrovata capacità solutoria legata anche al ridimensionamento del passivo. Da queste considerazioni, l’orientamento della Cassazione risulta essere quello per cui il pactum de non petendo sia totalmente estraneo al principio della par condicio creditorium, sostenuto dal fatto che anche la Corte ha postulato l’irrilevanza della mancata partecipazione dell’intera massa dei creditori. Il patto è teso ad evitare l’instaurazione del fallimento “se ed in quanto le attribuzioni patrimoniali che i contraenti si scambiano (in genere, dilazione dei termini contro la garanzia) siano idonee a far venir meno la sintomatologia dell’insolvenza”.36

È bene sottolineare che da questo patto, finalizzato al differimento dell’originario termine di scadenza, non sempre trae vantaggio soltanto il soggetto obbligato. Anche i creditori (una determinata categoria di essi) possono avere interesse a rinviare il più possibile l’eventuale dichiarazione di fallimento; ciò nonostante vi possono comunque essere creditori non inclini ad accomodamenti con il debitore. Parte della dottrina mostra espressamente la non condivisione, così come è anche la mia di opinione, delle interpretazioni che si sono sviluppate in passato in merito al patto. Precisamente si aveva la tendenza a disconoscere il pactum de non petendo, qualora fosse stato stipulato solo con una parte dei creditori, come idoneo ad eliminare, provvisoriamente, lo stato di insolvenza. E “argomentare, infatti, l’inettitudine del concordato dilatorio (soggettivamente) parziale a frenare il dissesto, sulla scorta di una necessaria adesione totalitaria […] significa astringere un istituto di natura privatistica alla più rigorosa disciplina del concordato giudiziale negandone, così, in maniera radicale, la stessa ragion d’essere”.37

36 D

OMENICO PERRONE, “Insolvenza, pactum de non petendo e creditori pretermessi”,

in Il Fallimento, 1992, pag. 661 ss. 37 Sempre D

OMENICO PERRONE, “Insolvenza, pactum de non petendo e creditori

pretermessi”, in Il Fallimento, 1992, pag. 661 ss., sottolinea, inoltre che, nonostante

l’insolvenza sia costituita da un insieme di inadempimenti, la rimozione di una parte di essi può decidere della sussistenza di quello stato di dissesto irreversibile che costituisce il presupposto oggettivo del fallimento.

(20)

Le recenti decisioni della Suprema Corte sono giunte ad una formulazione completa: se il pactum viene stipulato tra il debitore e tutti i creditori di conseguenza si esclude la fattispecie dell’inadempimento ed anche il termine di insolvenza in quanto trattasi della semplice dilazione del pagamento di tutti i crediti prevista nel patto; se invece l’accordo viene stipulato tra il debitore ed una parte dei creditori, questi oltre alla dilazione del pagamento devono provvedere al pagamento degli altri creditori e di conseguenza si ha un’incidenza indiretta sull’insolvenza. Tuttavia, il patto non elimina l’insolvenza se i creditori partecipanti al pactum non impediscono ai creditori non aderenti di presentare istanza di fallimento.38

Il pactum de non petendo costituisce sostanzialmente uno strumento modificativo del rapporto obbligatorio. Nell’analisi della convenzione di moratoria fin qui condotta, si fa riferimento al c.d. pactum de non petendo ad tempus in quanto l’accordo stabilisce un termine, prima del quale il creditore non deve richiedere al debitore l’adempimento della sua obbligazione. Da questo, si differenzia il pactum de non petendo in perpetuum in quanto consiste nell’impegno definitivo di non chiedere la prestazione.

2.2.1 Il concetto di provvisorietà

L’articolo 182-septies al comma 6 l. fall.: “Quando fra l’impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari viene stipulata una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti […]”. Tale concetto di provvisorietà, espressamente previsto dal legislatore, indica che il fine ultimo della convenzione è quello di dare la possibilità al debitore di prendere il tempo necessario per giungere ad una definita e strutturata regolazione della crisi.

Nonostante, però, il legislatore abbia previsto espressamente la locuzione “in via provvisoria”, non ha dato o non ha voluto dare una misura quantitativa. Tuttavia,

38 A tal proposito A

NTONIO DIMUNDO, “Pactum de non petendo e insolvenza”, in Il

Fallimento, 1996, pag. 905 ss. precisa che “quello del creditore di chiedere il fallimento

(21)

l’orizzonte temporale sarà comunque limitato al breve termine, anche perché la situazione in cui versa il debitore è particolarmente delicata e una durata troppo lunga finirebbe per danneggiare sia il debitore stesso che i creditori, banche o intermediari finanziari, considerato il fatto che nel caso in cui la convenzione “non sia in grado di rimuovere l’insolvenza, la sua durata non dovrebbe eccedere il limite di 90 giorni”39 in quanto, se il debitore procedesse alla presentazione di una domanda di concordato preventivo, secondo l’articolo 168, ultimo comma, l. fall. “le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni he precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”40.

Pare opportuno fare un’ulteriore analisi. In merito ad altri istituti di risoluzione della crisi d’impresa, quali l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis l. fall. e il concordato ‘con riserva’ di cui all’articolo 161, comma 6, l. fall., il legislatore ha previsto dei termini che oscillano tra i sessanta e i centoventi giorni fino ad un massimo di centottanta giorni. “Appare assai opinabile”41 l’utilizzo di questi termini per la convenzione di moratoria e tutt’al più, in via esclusivamente interpretativa, può essere preso in considerazione l’orizzonte temporale dei centottanta giorni senza però attribuirgli una valenza perentoria.

39 R

ICCARDO RANALLI, “La convenzione di moratoria di cui all’art. 182 septies”, in Il

Fallimento, 2016, pag. 889 ss. 40 M

ICHELE PERRINO, “Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari

finanziari e le convenzioni di moratoria”, in Il diritto Fallimentare, 2016, pag. 1441 ss.,

in merito alle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti la pubblicazione del ricorso di cui all’articolo 168, ultimo comma, l. fall., sostiene, così come evidenziato nel nuovo articolo 182-septies, comma 3, in tema di accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari, che “ non si tiene conto delle ipoteche giudiziali iscritte dalle banche o dagli intermediari finanziari nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. La disposizione appare intesa a far sì che non possa rilevare, nella formazione delle classi, il tentativo di alcuni creditori più veloci di guadagnare, mediante iscrizione di ipoteca giudiziale (per lo più, a seguito dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo), una posizione preferenziale rispetto ad altri della medesima categoria ante iscrizione. In questo senso, si tratta di previsione analoga, ma non coincidente con quella già dettata in tema di concordato preventivo dall’art. 168, comma 3, ultimo periodo, ove dell’iscrizione è sancita più radicalmente l’inefficacia rispetto ai creditori concorrenti”.

41 M

ASSIMO FABIANI, “La convenzione di moratoria diretta a disciplinare in via

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Sicuramente ogni fattispecie è a sé stante, nel senso che dovrà essere analizzata la singola situazione e “calibrata rispetto al prodursi degli effetti irreversibili”42, uno dei quali potrebbe essere la non rimozione dello stato di insolvenza e l’incamminarsi verso la peggior soluzione: il fallimento.

L’esperienza insegna, così come afferma la dottrina, che generalmente la durata della stipula della convenzione di moratoria è molto lunga e proprio per questo sarebbe opportuno definire almeno un limite temporale entro il quale il debitore deve chiudere il tavolo delle trattative.

2.3 L’aspetto sostanziale: il contenuto

L’impresa debitrice nella fase embrionale della crisi d’impresa ha la possibilità, come già detto, di stipulare una convenzione di moratoria con uno o più creditori che siano banche o intermediari finanziari, al fine di una regolazione più strutturata della crisi.

‘Moratoria’ significa sospensione della scadenza delle obbligazioni.43 Perciò si può dire che il contenuto della convenzione di moratoria consiste nell’impegno che prendono i creditori, che siano banche o intermediari finanziari, di non attivare azioni esecutive per esigere le obbligazioni scadute e tale contenuto vale e produce effetti anche verso i creditori non aderenti. Al comma 7 dell’articolo in esame, il legislatore ha previsto, però, un limite assoluto: “in nessun caso, per effetto degli accordi e convenzioni di cui ai commi precedenti, ai creditori non

42 Ancora M

ASSIMO FABIANI, “La convenzione di moratoria diretta a disciplinare in via

provvisoria gli effetti della crisi”, in Il fallimento, 2015, pag. 1269 ss.

43 Il termine moratoria era molto già conosciuto nella legislazione dell’800.

Precisamente era conosciuto nel Codice di Commercio del 1865 agli art. 819-829, il quale così come recita IVAN LIBERO NOCERA nel suo articolo “La convenzione di

moratoria nella crisi d’impresa: estensione dell’efficacia e abuso dell’opposizione”, in Il diritto fallimentare, 2016, pag. 1090.: “consentiva al debitore, anche non ancora

fallito, in grado di dimostrare che la cessazione dei pagamenti fosse stata dovuta ad avvenimenti straordinari ed imprevedibili o scusabili, di ottenere dall’autorità giudiziaria, in accordo con i propri creditori, una dilazione del fallimento o la sospensione dell’esecuzione della sentenza di fallimento per un periodo massimo di sei mesi”. È facile da intendere che tale strumento, estremamente a favore del debitore, è finito per diventare uno strumento oggetto di molti abusi. Con la legge n. 197, del 24 maggio 1903, la moratoria è stata abrogata e sostituita con il concordato preventivo, a causa della sua inefficienza comunque legata all’abuso.

(23)

aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti”. A fronte dell’estensione automatica degli effetti per i creditori non aderenti prodotti dalla convenzione, stipulata con una maggioranza almeno del 75% dei crediti omogenei (per posizione giuridica e interessi economici), vi è comunque un’attenuazione in quanto la parte minoritaria (i non aderenti), come sarà specificatamente visto nel prossimo capitolo, può avvalersi dell’opposizione come forma di tutela.

Resta fermo che anche l’impresa debitrice, nei confronti dei creditori, assume degli impegni: non modificare la propria situazione patrimoniale e finanziaria e non intraprendere nuove iniziative societarie e industriali44.

Il debitore, in ogni caso, prima di iniziare la trattativa per la stipulazione della convenzione è bene che invii a ciascun creditore una lettera di intenti, con la quale li convoca, per poter esporre loro come intende regolare la crisi.

La lettera d’intenti è un documento basato su un principio importante: la buona fede. Principio che è essenziale anche ai fini dell’estensione automatica degli effetti ai creditori non aderenti. Tale principio è contenuto nel codice civile all’articolo 1337: “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”. Vuol dire quindi che le parti, in questo caso l’impresa debitrice e ciascun creditore finanziario, debbono procedere con la stipula della convenzione assumendo un comportamento non decettivo. Per riempire di contenuto tale principio è opportuno che vi sia completezza, veridicità, chiarezza ed aggiornamento delle informazioni.45

44 In tal senso, lo stesso autore di cui la nota sopra, esemplifica tali obblighi a carico del

debitore: non contrarre nuovi finanziamenti, non concedere ulteriori finanziamenti, non costituire o concedere garanzie reali a favore di qualsiasi creditore, non cedere marchi o brevetti dell’impresa, trasmettere ai creditori finanziari un’informativa aggiornata, a continuare a corrispondere gli interessi avendo ottenuto la sospensione della quota capitale. Inoltre per ulteriori clausole standard si veda MASSIMO FABIANI, “Gli accordi

di moratoria del debito nei processi di regolazione della crisi”, in Fallimento e le altre procedure concorsuali, 2014, pag. 965 ss.

45 La violazione del dovere di buona fede genera una responsabilità precontrattuale. Le

(24)

Le informazioni, cui il debitore è chiamato a fornire, rappresenteranno la situazione di crisi che l’impresa deve affrontare; perciò verranno forniti i flussi di cassa previsionali periodici, verranno spiegate dettagliatamente le ragioni della crisi, dovrà esser data contezza dell’esposizione debitoria, della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, dovranno essere evidenziate le prospettive dell’impresa e anche le modalità attraverso le quali il debitore intende continuare l’attività di impresa fino a che non “scade” la provvisorietà della convenzione.46 Ciascun creditore, darà quindi una propria interpretazione allo stato di crisi dell’impresa ed a come il debitore propone di risolverla. Di fatto, anche per le asimmetrie informative, se pur ridotte al minimo, che caratterizzano il rapporto tra creditore e debitore, a causa ad esempio “della maggiore o minore frequenza o rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore”47, ogni creditore finanziario deciderà se essere consenziente all’accordo o se ritenersi non aderente.

2.4 L’irrilevanza della prevalenza dell’indebitamento finanziario

Da un’attenta lettura dell’articolo in questione, si può notare che non vi è richiamo della prevalenza dell’indebitamento finanziario. La ragion per cui il

quando queste siano giunte ad un punto tale da far confidare la controparte sulla conclusione del contratto; non rendere note alla controparte cause di invalidità del contratto conosciute; indurre la controparte a concludere un contratto pregiudizievole.

46 Il documento del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti

Contabili titolato “Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria” a cura della Commissione Crisi di Impresa – Area Procedure Concorsuali con presidente Alberto Guiotto, ha definito l’informativa opportuna in caso appunto di convenzione di moratoria:

- Indebitamento complessivo con separata indicazione dello statuto; - Indebitamento bancario;

- Situazione patrimoniale;

- Budget e piano di tesoreria che copra l’intero orizzonte temporale sino al termine della moratoria;

- Effetti della convenzione rappresentati in modo tale da consentire ai creditori bancari e finanziari interessati di valutare anche la convenienza rispetto alle alternative concretamente praticabili.

47 M

AURIZIO GALARDO, “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Risanare

(25)

legislatore non ha voluto né prevederla né richiamarla48 può essere ricercata nella ratio sottesa alla stipula di una convenzione di moratoria: guadagnare tempo necessario (provvisorietà) per strutturare la regolazione della crisi e non necessariamente risolverla.

In altre parole, l’impresa debitrice può stipulare una convenzione con la maggioranza (qualificata) delle banche e intermediari finanziari senza però che essi rappresentino più della metà dell’indebitamento.

Volendo fare un esempio in estremis: se l’impresa debitrice ha un indebitamento verso gli istituti di credito soltanto del 30%, e il restante 70% dell’indebitamento è riferito a fornitori, ad istituti previdenziali ed altri, si ha che il debitore può stipulare con gli istituti di credito la convenzione di moratoria ed una volta suddivisi, tali creditori finanziari, in categorie dovrà essere soddisfatta almeno (per ogni categoria) la percentuale del 75% al fine di estendere gli effetti anche ai creditori finanziari riottosi.

La scelta appare ragionevole, in quanto il rapporto dell’impresa debitrice con le banche ed intermediari finanziari è estremamente delicato, al punto da poter compromettere l’esigibilità, non solo dei crediti da essi vantati, ma anche quelli vantati da altri creditori che non siano finanziari.

È evidente, invece, la differenza che si ha per gli accordi di ristrutturazione con banche ed intermediari finanziari, dove è stato previsto obbligatoriamente la prevalenza dell’indebitamento finanziario rispetto all’indebitamento complessivo49; di fatto si tratta di una “disciplina che integra quella generale

48 Nel primo comma dell’articolo 182-septies l. fall., in merito agli accordi di

ristrutturazione con intermediari finanziari il legislatore ha previsto espressamente che affinché possa essere integrato l’articolo 182-bis, indebitamento verso banche e intermediari finanziari debba essere superiore alla metà dell’indebitamento complessivo.

49 Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nel

documento “Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di

moratoria” del novembre 2016 hanno individuato gli elementi che costituiscono la

prevalenza del debito bancario:

- Sia debiti già scaduti sia debiti non ancora scaduti;

- Per i contratti di leasing pendenti dovrebbe esser considerato l’intero debito in linea capitale e il debito per interessi già maturati alla data di riferimento;

(26)

dell’articolo 182-bis […] ed è specificamente indirizzata ad agevolare il procedimento di ristrutturazione dei debiti tramite l’accordo di ristrutturazione”50.

2.5 L’eventualità dell’intervento del Tribunale

Una delle peculiarità della convenzione di moratoria consiste proprio nell’estensione automatica degli effetti, da essa prodotti51, nei confronti dei creditori non aderenti, i quali non sono totalmente privi di tutela ma hanno la possibilità di fare “opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata” adendo il Tribunale.

A differenza di tutti gli altri strumenti di “risoluzione della crisi” dove è prevista la fase dell’omologa da parte del Tribunale, in questo caso l’intervento del Tribunale è soltanto eventuale all’opposizione del creditore non aderente.

Le condizioni che debbano essere rispettate al fine dell’estensione degli effetti sono:

i) l’omogeneità delle categorie formate dall’impresa debitrice;

ii) la comunicazione a ciascun creditore dell’inizio della trattativa accompagnata dalla relazione del professionista designato a norma dell’articolo 67, terzo comma, lettera d). Comunicazione che deve - I debiti contestati o in contenzioso tendenzialmente non vengono computati,

salvo che sia infondata la contestazione da parte del debitore;

- Dovrebbe esser tenuto conto dei debiti potenziali per fideiussioni concesse dall’impresa a favore di banche e intermediari finanziari o di altri soggetti, ogni qualvolta e nella misura in cui sia probabile la loro escussione da parte del creditore garantito;

- Il fair value negativo dei contratti derivati, anche se di copertura, concorre a formare l’indebitamento rilevante.

50 Cfr. B

RUNO INZITARI, “Gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e la

convenzione di moratoria: deroga al principio di relatività del contratto ed effetti sui creditori estranei”, consultabile in www.Ildirittodegliaffari.it , 2015.

51 La produzione degli effetti cambia a seconda del tipo di creditore finanziario. Se è

creditore finanziario aderente alla convenzione allora gli effetti decorrono dal momento della sottoscrizione; se è creditore finanziario non aderente alla convenzione allora gli effetti decorrono dall’inutile decorso del termine di 30 giorni per l’eventuale opposizione o rigetto con provvedimento passato in giudicato. Così ha precisato MICHELE PERRINO, “Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari

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essere effettuata mediante lettera raccomandata o PEC e contenente informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria che risultino rispettose dei principi di chiarezza, completezza, veridicità ed inoltre che il creditore sia messo nella condizione di poter partecipare al tavolo delle trattative;

iii) Le trattative debbono esser condotte secondo il principio della buona fede.

Laddove, il creditore finanziario riottoso, ritenga che non sia stata rispettata almeno una delle condizioni sopradette può adire il Tribunale al fine di effettuare una verifica ed una valutazione sullo status e sulle modalità di conduzione della trattativa da parte dell’impresa debitrice. In particolare, il legislatore ha rinviato in toto alla fattispecie dell’omologazione che compete al Tribunale in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti con intermediari finanziari prevista dal comma 4, terzo periodo.

L’eventualità dell’intervento del Tribunale, nel caso di convenzione di moratoria, risiede nella natura dell’istituto, nel senso che si tratta di uno strumento del tutto stragiudiziale, in cui non vi è bisogno dell’omologa da parte del giudice ma è sufficiente la stipula con la maggioranza dei creditori finanziari.

In relazione alla natura stragiudiziale, possono essere rammentati i piani di risanamento attestati di cui all’articolo 67 l. fall..

Facendo una breve comparazione, si nota che vi sono differenze nette, nonostante si tratti in entrambi i casi di istituti stragiudiziali. Sicuramente una prima differenza risiede nella funzione coercitiva che assume la convenzione di moratoria in merito all’estensione automatica degli effetti ai creditori non aderenti. Una seconda differenza ricade sul concetto di provvisorietà, in quanto il piano attestato è uno strumento durevole, che persegue “il risanamento e il riequilibrio”52 della crisi. Altre diversità si possono individuare nel fatto che il contenuto del piano attestato sia liberamente determinabile, mentre nel caso di convenzione di moratoria il contenuto è abbastanza vincolato e presuppone una

52 Cfr. M

ICHELE PERRINO, “Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari

(28)

uniformità verso i creditori della stessa categoria; inoltre, il piano attestato può prevedere l’erogazione di nuova finanza, cosa espressamente vietata in caso di convenzione di moratoria, con la sola eccezione del godimento dei beni in leasing; infine un’altra differenza individuata consiste nella mancata iscrizione nel registro delle imprese della convenzione di moratoria.

Quest’ultima differenza denota la peculiarità dell’istituto: l’importanza dell’efficacia inter partes. Nel senso che è talmente forte al punto di valere anche verso terzi, intesi come creditori finanziari non aderenti, senza la necessità di alcuna iscrizione nel registro delle imprese, ma attraverso una mera comunicazione via raccomandata o PEC eseguita dalla stessa impresa debitrice. In ogni caso comunque, così come ricorda parte della dottrina53, un piano attestato più complesso può assorbire in sé la convenzione di moratoria, laddove il debitore intenda “disciplinare anche altri aspetti della crisi finanziaria con gli enti creditizi”.

2.6 Il ruolo dell’attestatore

L’articolo 182-septies, comma 5, l. fall. oggetto dell’analisi qui affrontata, prevede che un professionista, iscritto nel registro dei revisori legali, in possesso dei requisiti di indipendenza e che svolga attività di avvocato, o di dottore commercialista, o di ragioniere o ragioniere commercialista, o che sia uno studio professionale associato o una società tra professionisti sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti sopradetti, “attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati alla moratoria”. Assume un’estrema importanza il requisito dell’indipendenza del professionista poiché, così come indicato dall’articolo 67, terzo comma, lettera d), deve essere nominato dal debitore stesso. In merito all’ indipendenza dell’attestatore, ad oggi, non c’è una normativa che la vada a disciplinare ad hoc; però è possibile assimilare l’indipendenza prevista per il revisore legale dei conti a quella del professionista ex articolo 67, comma terzo, lettera d) l. fall. poiché “le criticità,

53 G

IANFRANCO BENVENUTO, “Il piano di risanamento attestato e la convenzione di

(29)

specialmente in tema d’indipendenza, che emergono nell’attività normata dal D.lgs. 39/2010, siano del tutto simili e paragonabili”54. Di conseguenza, è possibile applicare al professionista attestatore l’articolo 10 del D.lgs. 39/2010 collegato al principio di revisione n° 100 “Principi sull’indipendenza del revisore”.

Fatta questa breve premessa, si può declinare il concetto di indipendenza nella c.d. Indipendenza apparente la quale deriva dalla Raccomandazione della Commissione delle Comunità Europee del 16 maggio 2002 “L’indipendenza dei revisori legali dei conti nell’UE: un insieme dei principi fondamentali”. Si tratta della condizione in base al quale, un terzo informato dettagliatamente della situazione, obiettivo e ragionevole, possa riconoscere l’attestatore come indipendente, in quanto giungerebbe al medesimo risultato.

L’indipendenza può essere configurata sotto due livelli: uno nei confronti della società per la quale deve essere redatta l’attestazione e l’altro riferito alle società da questa controllate o che la controllano.

Laddove non vi sia il soddisfacimento del principio dell’indipendenza, vi sono teorie contrastanti, in quanto c’è chi ritiene che debba esser ricondotta tale mancanza ai casi di responsabilità civile e penale55 e c’è chi ritiene, ed è l’orientamento prevalente, che l’attestazione elaborata in mancanza del requisito d’indipendenza del professionista sia priva di efficacia.56

Nella convenzione di moratoria, rispetto all’attestazione dei piani di risanamento, il professionista deve attestare non la veridicità dei dati aziendali o la fattibilità del piano o l’attuabilità dell’accordo, bensì l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati alla moratoria. Ovviamente nel caso in cui la convenzione di moratoria sia stata eventualmente

54 Cfr. F

ILIPPO SALVARDI, “I requisiti dell’attestatore alla luce della L. 134/12 e della

circolare dell’Irdcec dell’11.02.13: focus sull’indipendenza”., consultabile in

www.Ilcaso.it, 2013.

55 Si veda G

IOVANNI BATTISTA NARDECCHIA, “Professionisti attestatori: requisiti

stringenti e sanzioni”, in IlSole24Ore, 2012.

56 La Circolare dell’IRDEC, n. 30/IR dell’11 febbraio 2013 si così espressa: “la

relazione prodotta dal professionista in assenza dei requisiti d’indipendenza […] è viziata, potenzialmente invalida e priva di efficacia”.

(30)

integrata in un piano di risanamento, allora il professionista dovrà andare ad attestare anche la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il motivo sotteso alla necessità di intervento di un professionista per attestare l’omogeneità delle categorie è legato alla particolarità secondo la quale manca in via diretta un’omologazione giudiziale. In via diretta nel senso che è prevista soltanto qualora i creditori non aderenti presentino opposizione entro il termine previsto.

2.6.1 La relazione del professionista

Il contenuto dell’attestazione del professionista, al fine di verificare l’omogeneità all’interno delle categorie, verterà su verifiche degli affidamenti, dei finanziamenti e delle garanzie prestate. In merito agli affidamenti dovranno essere prese in considerazione le scadenze, piuttosto che il rispetto o meno dei covenants previsti ed anche le eventuali situazioni di anomalia andamentale. Riguardo ai finanziamenti, considerando anche i mutui e i contratti di leasing finanziario, dovranno essere fatte delle verifiche sul contenuto dei contratti stessi. Ed infine in merito alle garanzie, il professionista deve verificare l’eventuale escussione già intervenuta o che interviene durante la moratoria.

Ne consegue che tale omogeneità deve essere analizzata non solo fra i creditori finanziari aderenti, ma nei confronti di tutte le banche ed intermediari finanziari comprese nella categoria.

“È pertanto ragionevole ritenere che l’attestatore compia una disanima della base dati e riconcili le grandezze contabili con quelle risultanti dalla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia”57.

Ed ancora, il professionista dovrà esporre nella propria relazione, che la trattativa condotta dall’impresa debitrice rispetti i requisiti di cui all’articolo 182-septies, comma 5, l. fall.. In altre parole, deve esser verificato che i creditori finanziari siano stati ben informati dell’avvio delle trattative e che siano stati messi nelle

57 Cfr. R

ICCARDO RANALLI, “La convenzione di moratoria di cui all’art. 182 septies”,

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condizioni di parteciparvi in buona fede58; che vi sia completezza e aggiornamento delle informazioni fornite ai creditori; ed anche la possibilità che i creditori non aderenti possano risultare soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Quest’ultimo punto necessita di approfondimenti, che verranno presentati nel prossimo capitolo.

58 In questi casi, così come affermano vari autori e così come è anche la mia opinione, è

bene che l’attestatore si esprima in termini di negative assurance, nel senso della mancata conoscenza di elementi indicatori dell’assenza delle condizioni di legge.

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