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Attualità del divieto assoluto di procreazione medicalmente assistita eterologa in Italia e prospettive di superamento

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DOTTORATO DI RICERCA IN

Diritto e nuove tecnologie: indirizzo bioetica

Ciclo XXV

Settore Concorsuale di afferenza: 12/H3 Settore Scientifico disciplinare: IUS/20

A

TTUALITÀ DEL DIVIETO ASSOLUTO DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

ETEROLOGA IN

I

TALIA E PROSPETTIVE DI SUPERAMENTO

Presentata da: dott. Maria Alessandra Iannicelli

Coordinatore Dottorato

Relatore

Prof. Giovanni Sartor

Prof. Luigi Balestra

(2)

I

INDICE

PREMESSA 1

C

APITOLO

P

RIMO

La procreazione medicalmente assistita

eterologa nel contesto europeo.

Introduzione 5

1. Le tipologie di procreazione medicalmente assistita. 8 2. La questione della liceità del ricorso alle tecniche di

procreazione medicalmente assistita. 10

3.

Le fonti di diritto internazionale e le normative vigenti in Europa in materia di procreazione

medicalmente assistita eterologa.

20

C

APITOLO

S

ECONDO

La normativa vigente in Italia in materia di

procreazione medicalmente assistita eterologa:

profili civilistici e dubbi interpretativi.

1. La Legge 19 febbraio 2004, n. 40 ed il divieto assoluto di procreazione medicalmente assistita

eterologa in Italia. 37

(3)

II

3. I divieti di disconoscimento di paternità e di

anonimato della madre. 56

4. Il diritto del nato da fecondazione eterologa di

conoscere le proprie origini biologiche. 67

C

APITOLO

T

ERZO

L’

iter

giurisprudenziale favorevole al

superamento del divieto assoluto di

procreazione medicalmente assistita eterologa

in Italia.

1. La incompatibilità del divieto assoluto di procreazione medicalmente assistita eterologa con i principi della Convenzione Europea dei Diritti

dell’Uomo (CEDU, sent. 1° aprile 2010). 77 2. La non manifesta infondatezza del divieto assoluto

di procreazione medicalmente assistita eterologa (Trib. Firenze, ord. 13 settembre 2010; Trib. Catania, ord. 21 ottobre 2010; contra, Trib. Salerno,

ord. 20 ottobre 2010). 86

3. Segue. L’ulteriore rinvio alla Consulta sul divieto di fecondazione eterologa (Trib. Milano, ord. 2

(4)

III

C

APITOLO

Q

UARTO

La questione ancora “aperta” sulla legittimità

costituzionale del divieto assoluto di

procreazione medicalmente assistita eterologa

in Italia.

1. La legittimità del divieto per legge del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologa (Grande Camera CEDU, sent. 3

novembre 2011). 102

2. La procreazione medicalmente assistita eterologa al vaglio della Consulta (Corte Cost., ord. 7 giugno

2012, n. 150). 110

3. I nuovi rinvii alla Consulta sul divieto di fecondazione eterologa dopo l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 150/2012 (Trib. Firenze, ord. 29 marzo 2013; Trib. Milano, ord. 9 aprile

2013; Trib. Catania, ord. 13 aprile 2013). 116

C

ONCLUSIONI

Considerazioni sul superamento del divieto

assoluto di procreazione medicalmente assistita

eterologa in Italia.

1. La previsione in Italia di una normativa organica in materia di procreazione medicalmente assistita

eterologa. 124

2. L’auspicabile tramonto del c.d. “turismo

procreativo”. 132

(5)

1 PREMESSA

La presente ricerca si fonda su un’attenta ed approfondita analisi della normativa vigente in Italia in materia di procreazione medicalmente assistita (PMA), con particolare riferimento al divieto assoluto di PMA eterologa, di cui all’art. 4, comma 3, L. 19 febbraio 2004, n. 40, consentita invece – sia pure con la previsione di limitazioni differenti – nella quasi totalità dei paesi europei.

L’interesse per l’oggetto della tematica prescelta muove da un dato essenzialmente fenomenico: il ricorso alle tecniche di PMA è sempre più frequente a causa di una costante crescita dei tassi di infertilità e sterilità1. È per questo motivo che molte coppie accettano di intraprendere un percorso non facile, dagli esiti incerti, non privo di rischi e conseguenze per la loro salute fisica e psichica, essendo spesso costrette ad eludere la normativa italiana recandosi all’estero, nei paesi in cui la fecondazione eterologa è ammessa, pur di concepire un figlio e diventare così genitori.

La legge italiana, nel vietare le tecniche eterologhe, sacrifica la libertà delle persone che vorrebbero fare ricorso ad esse in omaggio alla “naturalità” della procreazione, secondo una particolare concezione etica

1 Secondo C.FLAMIGNI, La procreazione assistita, 2a ed., Bologna, 2011, 10 ss., la

crescente diffusione di infertilità e sterilità rispetto ad alcuni decenni or sono dipende da diversi fattori: sono molto aumentate le malattie infettive a trasmissione sessuale (causa frequente di infezioni pelviche e di sterilità meccanica); è diffuso il ricorso all’aborto volontario e all’uso di anticoncezionali endouterini (ulteriori possibili cause di sterilità meccanica); molte donne rinviano la ricerca del primo figlio ad età in cui sono più frequenti gli aborti e sono diminuite le probabilità di concepire. Non si deve sottovalutare, infine, la circostanza che molte persone – oggi – sono colpite da forme tumorali in età ancora giovanile e sopravvivono alla malattia, dovendo però far uso di farmaci che le rendono sterili o ipofertili.

(6)

2

della famiglia e del rapporto di coppia, che può essere sì rispettabile, ma non imposta per legge a chi non la condivide2.

L’autonomia delle persone, negli ambiti che riguardano la sfera fisica, la famiglia, la sessualità e la procreazione, costituisce ormai un principio irrinunciabile a livello statuale e sovranazionale.

Dalla L. n. 40/2004 emerge, invece, una pericolosa inversione rispetto alle linee di tendenza che, a partire dalle leggi sul divorzio, sull’aborto, sulla riforma del diritto di famiglia, hanno caratterizzato l’evoluzione dei rapporti tra Stato e famiglia, attuatasi nel segno della c.d. “privatizzazione” dei rapporti familiari e del rispetto delle scelte personali nel campo della famiglia, della sessualità, della procreazione3.

Il diritto, come affermava – già nel lontano 1984 – la filosofa britannica Mary Warnock, nominata poi presidente della Commissione di inchiesta sulla fecondazione umana e sull’embriologia, «non è né può essere espressione di un sentire morale. Deve applicarsi a chiunque, indipendentemente dai sentimenti di ognuno, deve essere intellegibile e deve poter essere fatto rispettare»4.

Di rimando, il giurista Paolo Zatti ha osservato che «un buon sistema giuridico non proclama valori che non possa, nei limiti del ragionevole, realizzare. E soprattutto, non proclama valori con prescrizioni che inducono

2 Cfr. S.RODOTÀ, Introduzione, in Id. (a cura di), Questioni di bioetica, Bari, 1994,

VII ss.; ID., Strategie per legiferare in bioetica, in Bioetica. Rivista interdisciplinare, 1994, 122 ss.; ID., Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, 101 ss.; P. ZATTI, Verso un diritto per la bioetica, in C. M. Mazzoni (a cura di), Una norma giuridica per la bioetica, Bologna, 1998, 72 ss..

3 Si veda G.FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999.

4 M. WARNOCK, Introduzione a A question of life, trad. it., in G. Ferranti e S.

(7)

3

comportamenti di fuga, di clandestinità, di cancellazione di fatto della regola enunciata»5.

In una materia che coinvolge la sfera più intima e personale della vita privata e familiare, quale quella della PMA, il legislatore avrebbe dovuto operare con misura, individuando soluzioni ragionevoli ed equilibrate nel rispetto della pluralità di etiche contrapposte ed interessi in conflitto, evitando di imporre modelli fortemente influenzati da certe opzioni morali e caratterizzati da molteplici divieti che consentono di determinare residualmente l’area della liceità. Così non è stato.

Il divieto assoluto di fecondazione eterologa viene giustificato in base ad un supposto principio costituzionale di naturalità della procreazione, a ben vedere discutibile.

Del resto, le perplessità che legittimamente ciascuno di noi può nutrire in merito all’opportunità di ricorrere alla PMA eterologa6 non bastano per imporre dall’alto a tutti i cittadini un divieto indiscriminato7.

Occorre, inoltre, considerare che l’inseminazione eterologa – come si evince chiaramente dall’analisi condotta nel capitolo I della presente tesi – è ammessa nella quasi totalità dei paesi europei. E che uno dei principi

5 P.ZATTI, Verso un diritto per la bioetica, in C. M. Mazzoni (a cura di), Una norma

giuridica per la bioetica, cit., 71.

6 In particolare, si sottolinea il rischio di mettere in crisi l’equilibrio della coppia,

focalizzando l’attenzione sulle zone d’ombra, sui rischi per la formazione della personalità del figlio nato da fecondazione eterologa o sul fantasma del donatore che può incombere su questa vicenda familiare.

7 Per una critica del divieto e, soprattutto, dell’impiego della sanzione penale, si

veda S.CANESTRARI, Verso una disciplina penale delle tecniche di procreazione medicalmente

assistita? Alla ricerca del bene giuridico tra valori e opzioni ideologiche, in L. Fioravanti (a cura di), La tutela penale della persona: nuove frontiere, difficili equilibri, Milano, 2001, 57 ss.. Osserva l’Autore che «un modello di diritto penale consapevole del suo carattere sussidiario ed ispirato al principio di laicità, in grado di conservare una concezione liberale o critica del bene giuridico, non può tollerare l’incriminazione di fatti privi di dannosità sociale, che si limitano ad essere in contrasto con una determinata visione etica e religiosa della “giusta” fecondazione».

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4

fondamentali del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (artt. 45 ss. TFUE) è quello della libera circolazione, all’interno dell’Unione, delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi. La libertà di circolazione dei servizi comprende anche quella di ottenere servizi sanitari in un altro Stato membro. Ciò, dunque, rende possibile l’accesso, in altro Stato, alle tecniche di riproduzione vietate nel paese di appartenenza; motivo per cui, il divieto assoluto di PMA eterologa, di cui all’art. 4, comma 3, L. 19 febbraio 2004, n. 40, viene oggi fin troppo agevolmente aggirato, potendo un cittadino italiano ottenere in un altro paese europeo quei servizi che in Italia sono vietati.

Attraverso una capillare analisi della recente giurisprudenza nazionale ed europea, la presente ricerca mira, pertanto, a valutare possibili prospettive di superamento del divieto assoluto di PMA eterologa previsto dalla L. n. 40/2004.

I risultati a cui la presente indagine ha consentito di pervenire dimostrano quanto sia opportuna l’adozione in Italia di un “modello liberale”, in cui sia lecita anche la fecondazione eterologa (con la necessaria previsione di limiti e condizioni volti a tutelare primariamente il superiore interesse del nascituro), onde consentire l’adeguamento al nuovo concetto di “genitorialità” ormai prevalente e l’arresto del c.d. “turismo procreativo”.

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5

CAPITOLO PRIMO

LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA ETEROLOGA NEL CONTESTO EUROPEO.

SOMMARIO: Introduzione. – 1. Le tipologie di procreazione medicalmente assistita. – 2. La questione della liceità del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. – 3. Le fonti di diritto internazionale e le normative vigenti in Europa in materia di procreazione medicalmente assistita eterologa.

Introduzione

L’impiego delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), sebbene risalga alla fine del Settecento8, è stato fino alla metà avanzata del secolo scorso un fenomeno limitato e marginale.

Il ricorso alla PMA è divenuto frequente alla fine degli anni Settanta, sia a seguito di tecniche sempre più sofisticate che hanno consentito il passaggio da una manipolazione terapeutica “conservativa” ad una manipolazione, ben più radicale, “trasformativa”9, sia a causa di un significativo mutamento sociale in seno alla famiglia che ha consentito una diversa visione della filiazione, meno legata al carattere naturalistico.

8 Notizie di inseminazione omologa risalgono al 1780, anno in cui l’inglese David

J. Hunter – per la prima volta – raccomandava l’uso dell’inseminazione con seme del marito nelle coppie sterili; i primi risultati clinici sono stati pubblicati dal francese Michel Augustin Thouret nel 1803. Per una ricostruzione storica della fecondazione assistita, si veda C.FLAMIGNI, La procreazione assistita, cit., 32 ss..

9 La prima fecondazione in vitro di un ovocita femminile fu ottenuta a Melbourne

nel 1973; il primo successo totale fu però conseguito soltanto nel luglio del 1978, quando in Inghilterra nacque Louise Brown, mediante un procedimento di fertilizzazione in vitro eseguito da Robert Edwards e Patrick Steptoe.

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6

Grazie ai progressi della scienza e delle nuove tecnologie di riproduzione le coppie che, per ragioni sterilità10 o infertilità11, non riescono a concepire un figlio possono diventare egualmente genitori, realizzando – così – una delle più profonde aspirazioni, intime e personali, di ogni essere umano.

“Procreazione per scelta” potrebbe essere definita la PMA12, giacché è la decisione degli interessati che porta alla nascita di un figlio. È indubbiamente una decisione difficile, che mette in discussione la persona non solo nella sua corporeità, ma nella sua identità di genere, oltre che nei rapporti con la famiglia e nelle relazioni sociali.

Il riconoscimento della libertà ed autonomia delle persone nel campo della procreazione e della famiglia è l’esito di un processo storico in cui viene progressivamente affermandosi il principio di laicità dello Stato, uno Stato che non ha una sua visione etica da proporre a tutti i cittadini, ma che è invece rispettoso delle scelte individuali ed offre a tutti pari opportunità di espressione13.

La riforma del diritto di famiglia del 197514 ha indubbiamente attuato un processo di “privatizzazione” del diritto di famiglia e, dunque, il passaggio da una concezione della famiglia come “cellula fondamentale della società”, tutelata in ragione di un prevalente “interesse pubblico”, ad una concezione della famiglia come “formazione sociale” (art. 2 Cost.), protetta in quanto

10 La “sterilità” viene generalmente definita come l’incapacità di una coppia di

concepire dopo che sia trascorso un certo periodo di tempo avendo rapporti di normale frequenza e senza usare alcun tipo di contraccezione.

11 Nel linguaggio medico italiano si considera “infertilità” l’incapacità di avere

figli sani e vitali, per ragioni legate alla ripetizione di episodi abortivi o alla reiterazione di malformazioni fetali incompatibili con la vita.

12 In questi termini si esprime G. FERRANDO, Il divieto di fecondazione eterologa.

Genitori per scelta, in La fecondazione assistita. Riflessioni di otto grandi giuristi, Milano, 2005, 95 ss..

13 Si veda U.SCARPELLI, Bioetica laica, Milano, 2005, 5 ss..

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7

luogo ove si svolgono le personalità individuali, in ragione della salvaguardia degli interessi delle persone che la compongono.

Alla mistica familiare di stampo tradizionale si è sostituita, in nome della prevalente libertà, una concezione eudemonista della famiglia15. In questa concezione, l’individuo non ritiene più di dover soltanto esistere per la famiglia come istituzione che vale per sé, ma che la famiglia debba altresì esistere per il suo personale sviluppo.

Anche la disciplina della PMA dovrebbe allora collocarsi nel solco di questa linea evolutiva che valorizza l’autonomia delle persone e rispetta la pluralità di concezioni etiche riguardanti la famiglia, la sessualità, la procreazione, giustificando l’intervento pubblico in ragione della tutela dei diritti delle persone che, nel disegno costituzionale, assumono una rilevanza costituzionale.

Non sembra questa tuttavia – come ben emerge dall’analisi oggetto della presente ricerca, anche alla luce dell’esperienza di altri paesi europei – la filosofia che ha ispirato il legislatore italiano, se solo si considera come la L. n. 40/2004 in materia di PMA16 pretenda piuttosto di imporre un certo modello di famiglia.

15 In tal senso, L. D’AVACK, Diritti del minore e procreazione medicalmente assistita, in

L. Palazzani (a cura di), L’interesse del minore tra bioetica e biodiritto, Roma, 2010, 60 ss..

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8

1. Le tipologie di procreazione medicalmente assistita.

Le tecniche di fecondazione assistita vengono generalmente classificate come “semplici” e “complesse”. Le prime comprendono unicamente le metodologie che si limitano ad utilizzare il seme; le seconde, hanno invece la prerogativa di manipolare sia i gameti maschili sia quelli femminili17.

I metodi comunemente utilizzati per attuare la PMA sono l’inseminazione artificiale e la fecondazione in vitro. La prima consiste nella deposizione, nelle vie genitali femminili, di liquido spermatico mediante mezzi diversi da quelli naturali. La seconda si attua attraverso l’aspirazione di un ovocita dal follicolo ovarico in un periodo preovulatorio e la sua congiunzione in vitro con uno spermatozoo, in modo che avvenga la fecondazione ed il trasferimento nella cavità uterina18.

Le tecniche di PMA possono essere tanto omologhe quanto eterologhe, a seconda che siano utilizzati gameti propri della coppia o di soggetti estranei19. In particolare, dalla combinazione tra le diverse fattispecie di

17 Da un punto di vista pratico, per una descrizione dettagliata delle procedure

applicative delle tecniche di fecondazione assistita, semplici e complesse, si veda C. FLAMIGNI, La procreazione assistita, cit., 31 ss..

18 In Enc. Dir., vol. XXXVI, 1987, Milano, voce Procreazione (diritto civile), 957 ss.. 19 Nel Rapporto finale del 1994 della Commissione di studio per la procreazione

medico assistita del Ministero della Sanità si legge: «le nuove tecniche di procreazione assistita vengono divise in “minori” e “maggiori” in relazione alla complessità tecnica, all’invasività ed al coinvolgimento di vario tipo che richiedono alla coppia. Le tecniche minori sono: a) inseminazione intracervicale; b) inseminazione intrauterina; c) inseminazione intraperitoneale; d) inseminazione intratubarica. Le tecniche maggiori sono: a) trasferimento dei gameti nelle tube, eseguito per via laparoscopica; b) trasferimento dei gameti nelle tube, eseguito per via transvaginale; c) trasferimento dei gameti nell’utero; d) fecondazione in vitro e trasferimento degli embrioni in utero; e) fecondazione in vitro e trasferimento di zigoti nelle tube; fecondazione in vitro e trasferimento di embrioni nelle tube; g) microiniezione di spermatozoi sotto la zona pellucida e trasferimento degli embrioni così ottenuti in tuba o in utero; h) iniezione di spermatozoi

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9

fecondazione eterologa e le tecniche utilizzabili derivano le seguenti alternative astrattamente prospettabili: inseminazione artificiale (IA) con liquido seminale di un terzo donatore; fecondazione artificiale in vitro con embryo transfer (FIVET) o Gametes Intra Falloppian Transfer (GIFT) con seme di donatore ed ovocita della donna richiedente; FIVET o GIFT con liquido seminale dell’uomo richiedente ed ovocita di terza donatrice; FIVET o GIFT con entrambi i gameti, maschile e femminile, appartenenti a soggetti estranei rispetto ai membri della coppia.

In queste ipotesi, alla scissione tra sessualità e riproduzione, propria di tutte le tecniche di PMA, si aggiunge la scissione tra fattore biologico e fattore volontaristico, nel senso che alla volontà dei richiedenti di assumersi la responsabilità della procreazione non corrisponde la paternità o maternità “genetica” del nato20.

intracitoplasmatica e trasferimento degli embrioni così ottenuti in utero; i) prelievo chirurgico di spermatozoi direttamente dall’interno delle vie genitali maschili; l) maternità surrogata. Una prima tappa molto delicata e responsabile è quella relativa alla selezione delle coppie, alla scelta della tecnica che si ritiene più opportuna per quella determinata situazione quale risultato di una valutazione il più ampia possibile. I meccanismi pro fertilità sfruttati da questi metodi sono: produzione di più ovociti (superovulazione controllata), preparazione del liquido seminale, timing corretto dell’ovulazione, facilitazione del percorso dello spermatozoo verso l’ovocita. Il ricorso alle tecniche maggiori si attua quando queste rappresentano l’unico trattamento possibile di sterilità o quando da una relazione ampia della coppia risultano esperite senza successo le normali attività terapeutiche. Esistono, in ogni caso, tappe comuni a queste varie tecniche: selezione accurata della tecnica migliore per la coppia; induzione farmacologica della crescita follicolare multipla; prelievo ovocitario; preparazione del liquido seminale. …».

20 A tal proposito, si veda F.NADDEO, Accesso alle tecniche, in P. Stanzione e G.

Sciancalepore (a cura di), Procreazione assistita. Commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, Milano, 2004, 46 ss..

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2. La questione della liceità del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

In un sistema giuridico come il nostro, che pone alla base della filiazione il criterio biologico, le tecniche di PMA, che possono consentire una filiazione a favore di un padre o di una madre non biologici, sono riconducibili ad un altro criterio: quello della volontà come fondamento di una filiazione irrevocabile ed incontestabile. Il fattore biologico cessa, dunque, di costituire il presupposto per la fondazione della discendenza nella fecondazione assistita.

Si pone, pertanto, l’esigenza di contemperare la prospettiva adultocentrica – che richiede il tendenziale riconoscimento dell’aspirazione dell’adulto a diventare genitore – con quella puerocentrica – che richiede modalità procreative dirette ad assicurare al nato una condizione personale e relazionale tale da garantirgli un armonioso sviluppo della personalità21.

Nella PMA omologa, sebbene il concepimento avvenga senza quell’atto sessuale che, nella disciplina della procreazione naturale, è il presupposto fondamentale per l’attribuzione al nato dello status di figlio legittimo o naturale dei soggetti che lo hanno generato, l’esistenza di un rapporto di derivazione biologica a supporto dell’intento volto alla procreazione fuga – almeno in un’ottica di bioetica “laica”22 – ogni dubbio sulla liceità e

21 Come è stato efficacemente sintetizzato da L.NIELSEN, The right to a child versus

the right of a child, in J. Eekelaar e P. Sarcevic (a cura di), Parenthood in modern society: legal and social issues for the Twenty-First Century, Boston, 1993, 213 ss., «nella disciplina della PMA si fronteggiano «the right to a child versus the right of a child».

22 La Chiesa cattolica, invece, ha condannato anche le tecniche di PMA di tipo

omologo, almeno quando il concepimento non avvenga in vivo bensì in vitro. A maggior ragione, le tecniche di fecondazione artificiale eterologa vengono stigmatizzate come «gravemente disoneste» e contrarie «all’unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad

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meritevolezza di tutela dell’operazione alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento ed in particolare di quelli che reggono la materia familiare23.

Con riferimento, invece, all’ammissibilità della PMA di tipo eterologo, de iure condito e de iure condendo, le posizioni dottrinali risultano antitetiche24.

In Italia è ancora ampiamente condivisa una concezione sacrale della vita umana – che ha nella Chiesa cattolica la sua massima, ma non esclusiva sostenitrice – che condanna senza eccezione qualsiasi intervento dell’uomo nella sfera della riproduzione e, più in generale, della sessualità.

A tal proposito, si ritiene che i principali problemi di ordine etico connessi alla PMA di tipo eterologo siano sostanzialmente riconducibili a specifiche aree critiche, con evidenti ripercussioni sull’unità del matrimonio e sulla famiglia, nonché sull’identità biologica, psicologica e giuridica del nascituro.

essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio», poiché provocano una dissociazione dei genitori per l’intervento di una persona estranea alla coppia, offrendo l’occasione «per il dominio sull’essere umano concepito …» (Catechismo della Chiesa cattolica, promulgato da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1992 con la Cost. Ap. Fidei Depositum, Roma, Città del Vaticano, 1992, n. 2376). Autorevoli esponenti della Chiesa cattolica hanno definito la procreazione assistita come una «tecnica veterinaria di ausilio all’adulterio» (così, nel corso dei lavori del Comitato Nazionale per la Bioetica si è espresso mons. Elio Sgreccia, all’epoca presidente della Pontificia Accademia per la Vita).

23 Tale giudizio viene, peraltro, ristretto da una tesi nettamente minoritaria alla

sola ipotesi di procreazione assistita omologa operata a favore di una coppia di coniugi; nel caso di soggetti non uniti da vincolo matrimoniale, infatti, si afferma che non possa nemmeno parlarsi teoricamente di fecondazione “omologa” in senso stretto e che comunque la stessa debba ritenersi illecita per contrarietà all’ordine pubblico o al buon costume (così, G. MILAN, Aspetti giuridici della procreazione assistita, Padova, 1997, 87 ss.).

24 Una panoramica delle stesse può essere fornita dalla lettura del Parere sulle

tecniche di procreazione assistita. Sintesi e conclusioni, 17 giugno 1994, formulato dal Comitato Nazionale per la Bioetica, all’interno del quale, essendo stato adottato il «metodo pluralista del rispetto reciproco di posizioni morali distinte», si è registrata una forte divergenza in materia di fecondazione eterologa e maternità surrogata.

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12

Nella PMA eterologa si opera, infatti, una indiscutibile scissione tra la figura del genitore e la figura del coniuge. A causa della presenza decisiva del donatore, vero genitore genetico del figlio, uno dei due coniugi è obiettivamente non padre o non madre di quel figlio. Questo “fenomeno” – si obietta – può avvenire e si verifica anche per altre circostanze, che escludono il ricorso alla procreazione assistita. È il caso, ad esempio, dell’adozione25. Ma è fin troppo agevole notare come, nel caso della PMA eterologa, tale scissione è pianificata e, ove resa lecita dalle leggi, approvata e sostenuta dallo Stato e dalle sue strutture sanitarie. Una simile scelta enfatizzerebbe ancor di più il processo di ridefinizione della famiglia, rappresentata dalla norma giuridica non più sulla base di dati fattuali naturali, come la ordinaria consanguineità tra i membri, bensì mediante il ricorso ad elementi meramente convenzionali e, in quanto tali, sostanzialmente arbitrari.

Si osserva, inoltre, come nella PMA eterologa il nascituro abbia un’identità genetica non coincidente con quella sociale. Uno dei due genitori è infatti putativo, mentre il genitore-donatore rimane sostanzialmente occultato dall’anonimato.

Negli ordinamenti favorevoli alla liceità della PMA eterologa, si segnala la presenza di norme che stabiliscono la tenuta di appositi registri dei donatori ed il diritto del figlio a conoscere l’identità del genitore genetico. Queste

25 Secondo A.BARBERA, La procreazione medicalmente assistita: profili costituzionali, in

AA. VV., Procreazione assistita: problemi e prospettive, Atti del Convegno di Studi tenutosi presso l’Accademia nazionale dei Lincei, Roma, 31 gennaio 2005, Fasano, 2005, 341 ss., «l’adozione rimedia un male, non lo crea; ha la funzione primaria di trovare i genitori per un minore, non un figlio per coppie desiderose di genitorialità. E del resto l’adozione e l’affidamento familiare, che sono istituti disciplinati nell’interesse preminente del minore, non possono essere considerati un’alternativa alla fecondazione medicalmente assistita, disciplinate, invece, nell’interesse della coppia».

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13

soluzioni non dissolvono, però, il grave problema della relazione giuridica, psicologica, affettiva e biologica tra il figlio ed il genitore-donatore.

Non mancano, infine, ripercussioni di carattere eugenetico26.

Il legislatore accondiscendente verso la PMA eterologa dovrà, infatti, affrontare e sciogliere il delicatissimo nodo della scelta del donatore da parte della coppia richiedente. Apparentemente, la questione sembrerebbe risolta dal criterio della totale casualità del donatore. Ma questa ipotetica soluzione si scontra con alcune esigenze espresse dalla coppia: ad esempio, la richiesta che i caratteri somatici ed il colore della pelle del donatore siano almeno coerenti con quelli della coppia stessa. Ovviamente, da questa “pretesa elementare”, il passo è breve verso altre, ben più sofisticate e complesse richieste dei “committenti” (si pensi, ad esempio, alla scelta di un donatore identificabile con determinati requisiti estetici che la coppia possa scegliere o dotato di un alto quoziente intellettivo, nella speranza che il livello di intelligenza dello stesso si “trasferisca”, almeno in parte, nel bagaglio di qualità del figlio desiderato)27.

26 Contraria alla fecondazione di tipo eterologo, anche se con limitate aperture a

carattere di eccezione ma strettamente condizionate dalla possibilità di conoscere la origine biologica generativa a tutela del procreato, è l’opinione di A.BARBERA, La procreazione medicalmente assistita: profili costituzionali, cit., 341 ss., il quale sviluppa ampie considerazioni sulle esigenze del figlio e sui rischi eugenici.

27 In tal senso, M.PALMARO, Fecondazione artificiale eterologa: le ragioni etico giuridiche

di un divieto, in F. Vari (a cura di), La fecondazione eterologa tra Costituzione italiana e Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Atti del seminario svoltosi a Roma il 2 aprile 2012, Torino, 2012, 127 ss.. Si veda anche A.M.GAMBINO, Divieto di fecondazione eterologa, espressione di civiltà giuridica, in F. Vari (a cura di), La fecondazione eterologa tra Costituzione italiana e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cit., 41 ss., secondo il quale «il divieto di fecondazione eterologa in Italia è norma di civiltà giuridica che merita di essere confermata. … L’art. 29 della nostra Costituzione, che indica quale famiglia di diritto quella “naturale”, cioè fondata su due sole figure genitoriali, e non tre, come accadrebbe ove si ammettesse un padre civile, coniugato con la gestante dell’ovulo fecondato con il seme del padre naturale - donatore. L’esclusiva competenza in materia di famiglia, come ricordato dalla Carta dei diritti

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Una simile concezione non può che condurre ad una legislazione in termini di divieto delle pratiche di fecondazione assistita; divieto che però confligge con la altrettanto diffusa concezione c.d. utilitaristica della vita umana, alla cui stregua, entro limiti da prefissarsi, gli interventi su di essa sono consentiti quando siano diretti al perseguimento del benessere della persona28.

L’orientamento più liberista, partendo dall’assunto dell’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo alla procreazione, costituzionalmente garantito, ex art. 2 Cost., quale diritto della personalità e dunque riconosciuto a chiunque, a prescindere, altresì, dagli strumenti utilizzati per la realizzazione stessa, non configura altri limiti all’applicabilità delle suddette tecniche se non quelli derivanti dall’esigenza di tutela del diritto alla salute della donna e del concepito29.

dell’Unione europea è lasciata alle “leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Si tratta dunque di prerogativa del Parlamento italiano che sul punto ha legiferato in chiara armonia con la propria Carta costituzionale, stabilendo il divieto di fecondazione eterologa. Sul piano delle ragioni costituzionali, il divieto si raccorda con tutele basilari, che discendono da principi di civiltà giuridico - costituzionale: la tutela del nascituro per lesione della sua integrità psico-fisica e la tutela di derive di carattere etico - sociale contrarie alla dignità umana. Sotto il primo aspetto ove, infatti, si consentisse la generazione di un figlio con un donatore estraneo alla coppia, nessuna legge potrebbe precludere al figlio, al pari di qualsiasi altra persona, di conoscere i dati sanitari, fisici ed anagrafici del padre naturale. Ma con il diritto inalienabile a conoscere le proprie origini, e quindi la paternità naturale, la conseguente rivelazione della doppia paternità si rivelerebbe devastante, in quanto gli equilibri affettivi vengono inesorabilmente minati all’interno della famiglia in cui il figlio cresce e nei confronti del padre naturale con il quale è sostanzialmente reciso ogni legame affettivo pur essendo egli in vita. … Sul piano etico - sociale, poi, l’ammissibilità della fecondazione eterologa comporterebbe il rischio di selezione eugenetica. …».

28 Si veda, in particolare, M.MORI, La fecondazione artificiale: una nuova forma di

riproduzione umana, Bari, 1995, 86 e 136; in termini generali, C. M. BIANCA, La famiglia. Le successioni, Diritto civile, II, 4a ed., Milano, 2005, 401 ss..

29 Si legge in G.FURGIUELE, La fecondazione artificiale, in Quadrimestre, 1989, 260,

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A ben vedere, lo stesso art. 2 Cost., nel riconoscere i diritti inviolabili della persona, non può non contemplare quello alla libertà di riprodursi, cioè di trasmettere la vita30.

Se si riconosce all’uomo il diritto di realizzare la propria personalità , non può non ammettersi che il diritto di attuare la genitorialità costituisce parte integrante di esso e non si può non attribuire a tale istanza un rilievo di primo piano, che le consente di «competere» con altri valori primari31.

La nostra Costituzione riconosce i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2), nonché l’esigenza di pieno sviluppo della persona umana (art. 3), dà assoluto rilievo al rapporto di filiazione (artt. 30 e 31) ed alla tutela della salute (art.

sarà difficile non coniugare come suo diritto inviolabile o personalissimo o della personalità, sia la procreazione – in sé considerata e non come conseguenza del riconoscimento dei diritti della famiglia – sia la fecondazione artificiale, siccome in codesta ottica riducibile a niente altro che a sua mera diversificata tecnica di attuazione». È opinione anche di S.RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., 157, che, una volta riconosciuto il diritto fondamentale alla procreazione, non si possano operare diversificazioni a seconda che essa si realizzi naturalmente o artificialmente. Si vedano anche M. MORI, La fecondazione artificiale: una nuova forma di riproduzione umana, cit., 136 e A.GORASSINI, voce Procreazione (diritto civile), in Enc. dir., XXVI, Milano, 1987, 944 ss..

30 Deduce il diritto fondamentale alla procreazione, oltre che dalle Carte

sovranazionali, dagli artt. 2, 29, 30, 31 Cost. e dall’art. 1 della L. n. 194/1978 sull’interruzione della gravidanza, I. CORTI, La procreazione assistita, in Trattato di diritto di famiglia (diretto da G. Ferrando), vol. III, Bologna, 2007, 494 ss..

31 In tal senso, B. DE FILIPPIS, Il diritto di famiglia. Leggi, prassi e giurisprudenza,

Padova, 2011, 1114 ss.. Secondo l’Autore «la competizione deve avvenire tra valori e diritti dei diversi soggetti interessati e non tra aspiranti genitori ed un qualche ordine naturale, ritenuto giusto ed inviolabile. Se i limiti naturali fossero stati considerati insuperabili, nessun progresso sarebbe mai stato realizzato. Ogni conquista della scienza, ad esempio in campo medico o negli ambiti che consentono all’essere umano di nutrirsi adeguatamente, allungare la propria vita, recarsi nello spazio o negli abissi marini, forza infatti un limite precedentemente esistente. La dinamica dell’evoluzione è interamente basata sul superamento dei limiti che la natura passivamente pone, consentendo all’uomo di raggiungere un maggiore livello di potere e benessere».

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32), che definisce fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività32.

Sulla base di tali elementi, ritenendo che le difficoltà di procreazione rappresentino un problema riguardante la salute dell’individuo e che le tecniche di fecondazione assistita siano una forma di terapia, si può affermare che l’esigenza di realizzare la propria personalità attraverso la filiazione è un valore ampiamente riconosciuto e protetto sul piano costituzionale.

Ciò posto, il diritto di procreare “artificialmente” non presenterebbe alcuna differenza di contenuto e di limiti rispetto al diritto di generare con mezzi naturali. In entrambi i casi, lo Stato avrebbe il dovere da un lato di rispettare le decisioni del singolo, dall’altro di mettere a disposizione gli strumenti necessari per la loro attuazione.

La distinzione tra fecondazione assistita e procreazione naturale consiste in un fatto di carattere tecnico. Non si tratta di entità sostanzialmente diverse, poiché esse rappresentano l’identica realtà della filiazione, a cui alcuni sono in grado di accedere autonomamente ed altri soltanto con un aiuto fornito dalla medicina.

Non è, dunque, possibile creare discriminazioni tra le due categorie, attribuendo ad esse diversi diritti e doveri.

La libertà individuale di scelta in merito ad una vicenda di natura personalissima non potrebbe, infatti, essere sostituita da una valutazione statuale, a cui spetterebbe soltanto la previsione delle procedure più idonee

32 A. GORASSINI, voce Procreazione (diritto civile), in Enc. dir., XXVI, cit., 960,

afferma che il ricorso alle tecniche di procreazione assistita si pone sullo stesso piano delle tante terapie idonee a combattere l’infertilità umana, quali, ad esempio, le cure ormonali.

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a garantire la consapevolezza della scelta medesima e la conseguente assunzione di responsabilità nei confronti del nascituro33.

Non viene ritenuto di ostacolo alla parificazione del diritto alla procreazione artificiale eterologa con quello alla procreazione naturale la circostanza che nel primo caso non esiste un rapporto di derivazione biologica tra il nato ed i soggetti che lo hanno voluto. Dall’analisi dei «valori correnti» nella nostra società risulterebbe, infatti, la preminente importanza del fattore della responsabilità al fine dell’imputazione del rapporto genitoriale, onde la mera volontà dei richiedenti di assumersi la paternità o maternità del nascituro sarebbe sufficiente a creare il vincolo filiazione, pur in assenza di dati biologici34.

Secondo un diverso orientamento, invece, il divieto di cui all’art. 4, comma 3, L. n. 40/2004, nel confermare il principio della garanzia della “identità biologica” del nascituro, si inserisce nel quadro più ampio di una ratio legis che individua nelle tecniche di procreazione assistita semplicemente

33 Così G. BISCONTINI, Considerazioni brevi sull’inseminazione artificiale, in G.

Biscontini - R. Favale - L. Ruggeri, Interruzione volontaria della gravidanza e procreazione assistita, Camerino, 2001, 127 ss.. Sostiene decisamente l’ammissibilità della fecondazione eterologa sulla base della considerazione che «il principio di laicità del diritto dovrebbe costituire una bussola indispensabile per il conditor iuris, quando entrano in gioco valori che interessano le persone in una società democratica e pluralistica, segnando il confine oltre il quale l’intervento normativo dello Stato avrebbe il significato di un’autoritaria intrusione, dagli odiosi risvolti moraleggianti, nella vita e nelle scelte individuali dei privati», G. CIANI, Fecondazione eterologa e consenso del marito: l’inammissibilità del divieto di disconoscimento di paternità nella sentenza n. 2315 della S. C., in Dir. fam. e pers., 1999, 1113. Sostiene che «l’intervento del legislatore dovrebbe essere di tipo leggero nel porre regole sull’accesso alla procreazione assistita … . Anche per non alimentare un turismo procreativo verso paesi più tolleranti, gli unici limiti al principio di libertà di scelta sono dati dalla necessità di coniugarlo con altri due principi fondamentali: il principio di responsabilità per le scelte compiute e quello della consapevolezza delle proprie scelte», G.FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., 338 ss..

34 È l’opinione di E.RUSSO, Il problema della filiazione, in Dir. fam. e pers., 2001, 5

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un metodo “terapeutico” per coadiuvare il naturale processo riproduttivo, ovviando ad una situazione patologica di sterilità o infertilità, e permettere così ad una coppia di superare gli ostacoli al concepimento di un figlio.

Non è consentito, dunque, il ricorso da parte di una coppia alle capacità generative altrui, che non si limitano a “coadiuvare” la riproduzione ma piuttosto sostituiscono l’apporto di uno o entrambi i soggetti.

Ne consegue che, in quest’ottica, è la stessa configurabilità di un “diritto soggettivo” alla procreazione a dover essere messa in dubbio. Si ritiene, infatti, più corretto fare riferimento ad un “interesse esistenziale” che in tanto è meritevole di tutela in quanto non si ponga in contrasto con altri interessi e valori da ritenersi preminenti alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, primo tra tutti quello della dignità della persona umana35.

Garantire la libertà di scelta del singolo di fronte ad opzioni di natura eminentemente personale quali quelle in questione non significa, dunque, riconoscere all’autonomia privata il potere di disporre delle relative situazioni senza alcun limite36. Gli interessi personalissimi dei soggetti che

35 Sull’inesistenza di un diritto soggettivo alla procreazione, si veda G.

SCIANCALEPORE e P.STANZIONE, Filiazione e procreazione assistita, Milano, 2001, 13 e 36, ove si nota che la contraria opinione finisce per ritenere meritevoli di tutela ex se tutte le soluzioni mediche volte alla realizzazione del diritto in discorso e che, inoltre, teorizzare la titolarità di una pretesa erga omnes alla generazione creerebbe gravi difficoltà applicative in merito, ad esempio, al problema della lesione di un siffatto diritto. Nega recisamente la configurabilità di una c.d. procreative liberty anche F.D.BUSNELLI, Quali regole per la procreazione assistita, in Riv. dir. civ., 1996, I, 583.

36 Secondo L.PALAZZANI, La legge italiana sulla procreazione assistita: aspetti filosofico -

giuridici, in Dir. fam. e pers., 1999, 746 ss., «posto che il senso ed il fine del diritto in bioetica è la regolamentazione dei comportamenti sociali secondo giustizia, per garantire la coesistenza (c.d. etica minima del diritto), laddove il bio-diritto si ponesse esclusivamente nell’ottica di tutela della libertà individuale o della convenienza sociale, rischierebbe di predisporre «norme anticoesistenziali». In una società pluralistica, infatti, sebbene il diritto non possa scegliere un’etica e farla propria, può, anzi deve, «trarre l’etica dal senso della propria funzione strutturale».

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intendono ricorrere alle tecniche di procreazione assistita devono, infatti, pur sempre essere giudicati meritevoli di tutela alla luce dei principi fondamentali che reggono il sistema giuridico, in particolare nella materia familiare.

A ben vedere, la questione “etica” del ricorso alle tecniche di PMA, come per qualunque legislazione che incida in modo significativo sul sociale, consiste – ad avviso di chi scrive – nel trovare forme e misure adeguate per rispettare tutti gli interessi ed i valori in gioco (o almeno quelli che vengono considerati tali in un determinato momento storico e con la sensibilità culturale che ivi prevale).

Ove limiti di legge debbano essere posti, possono derivare soltanto dal patrimonio di valori condivisi, in quel momento storico, dalla collettività.

Ciò che non può essere condiviso è la pretesa di porre, attraverso la prospettazione “etica” della questione, limiti e divieti, non in nome di diritti e valori condivisi, ma di pregiudiziali ideologiche sottratte alla possibilità di discussione37.

Il pericolo, infatti, è che dalle limitazioni poste a coloro i quali devono essere supportati (attraverso il ricorso a tecniche di fecondazione assistita), si passi poi a limitazioni generalizzate e lo Stato o la collettività pretendano

Per l’Autrice, risponde al senso relazionale del diritto il riconoscimento della finalità terapeutica della fecondazione assistita, quale strumento di superamento di un’oggettiva condizione di sterilità o infertilità in uno o entrambi i membri della coppia, e dunque la configurazione di un «diritto riproduttivo» in capo a questi. Tuttavia, tale «diritto riproduttivo» non è un diritto di libertà assoluta, che consenta di scegliere arbitrariamente qualsiasi tecnica venga messa a disposizione dalla scienza. In particolare, in esso non rientra la facoltà di ricorso alla procreazione assistita eterologa, la quale si pone in contrasto con la difesa della famiglia quale «istituzione coessenziale originaria, che consente all’individuo di identificarsi», frantumando l’unità familiare tramite la scissione tra genitorialità genetica e genitorialità sociale.

37 In tal senso, B. DE FILIPPIS, Il diritto di famiglia. Leggi, prassi e giurisprudenza, cit.,

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di decidere chi può avere figli e chi no, in base a criteri che, ad essi, appaiono giusti ed indiscutibili.

Allo stato attuale, la genitorialità non è proibita a chi non sia “giovanile, efficiente e pieno di energie” oppure sia portatore di handicap o sia di razza, religione o nazionalità non gradita. È auspicabile che simili limitazioni non trovino ingresso nel capitolo giuridico della filiazione nel momento in cui essa, per le evoluzioni della scienza, diviene possibile anche attraverso tecniche di procreazione assistita38.

3. Le fonti di diritto internazionale e le normative vigenti in

Europa in materia di procreazione medicalmente assistita eterologa.

Le posizioni consolidate, pur in una varietà di interpretazioni, nelle diverse legislazioni europee in materia di PMA, trovano la loro fonte in documenti sovranazionali oltreché in risoluzioni e raccomandazioni approvate dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Tra i primi si annoverano la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 200039, recante disposizioni in tema di consenso libero ed informato, di divieto di pratiche eugenetiche e di clonazione riproduttiva degli esseri umani; la Convenzione di Oviedo del 4

38 F.D.BUSNELLI, Quali regole per la procreazione assistita, in Riv. dir. civ., cit., 581,

osserva che, nel diritto e nella cultura nordamericani, il diritto alla privacy è il diritto di essere liberi da ogni ingiustificata intrusione governativa in materie così fondamentali come la decisione di avere o non avere un bambino.

39 Tale documento ha acquisito efficacia vincolante a seguito dell’entrata in

vigore del Trattato di riforma del Trattato U.E. e del Trattato C.E. firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, C306, 17 dicembre 2007, C306/1-C306/271.

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aprile 199740 ed il relativo Protocollo addizionale di Parigi del 12 gennaio 1998, in tema di divieto di clonazione di esseri umani, entrambi resi esecutivi con la L. 28 marzo 2001, n. 145; la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano in ordine alle applicazioni della biologia e della medicina, firmata a Strasburgo il 19 novembre 199641. Dalle summenzionate disposizioni si evince la centrale rilevanza che assume la dignità della persona e del concepito – intesa sia come dignità individuale sia come dignità umana collettiva (cioè dell’essere umano in quanto appartenente alla specie umana) – alla quale deve necessariamente ispirarsi anche la disciplina nazionale della PMA.

Accanto a siffatte disposizioni rilevano quelle che sanciscono il rispetto della vita umana, privata e familiare, quali gli artt. 3 e 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 novembre 1948; gli artt. 6 e 17 del Patto sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1996, nonché gli artt. 2 ed 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, con gli emendamenti di cui al Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994 ed entrato in vigore nel 1998.

Non meno avvertita è, infine, l’esigenza di valutare la liceità delle moderne tecniche riproduttive alla luce del valore fondamentale rappresentato dall’interesse del minore, proclamato, tra gli altri, dall’art. 3.1.

40 Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere

umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina.

41 Ivi, nei primi due articoli si legge: «1. - (Finalità e obiettivo) - Le parti aderenti alla

presente Convenzione tuteleranno la dignità e l’identità di tutti gli esseri umani e garantiranno a ciascuno, senza discriminazioni, il rispetto per la loro integrità e per gli altri diritti e libertà fondamentali con riferimento agli interventi di biologia e di medicina. 2. - (Primato dell’essere umano) - L’interesse ed il benessere dell’essere umano prevarranno rispetto al semplice interesse della società e della scienza».

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della Convenzione sui diritti del fanciullo del 198942, e di altri diritti basilari, quali il diritto della donna alla salute (art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed art. 12 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, 1966), ivi compresa quella riproduttiva (artt. 12 e 16 della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma discriminazione nei confronti delle donne, 1979) e quindi il suo diritto a beneficiare dei servizi per il trattamento della sterilità43. Quest’ultimo diritto potrebbe essere «potenziato» da un altro diritto internazionalmente protetto, quello di beneficiare del progresso scientifico e tecnologico (art. 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed art. 15 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali)44.

Il riferimento forse più pertinente pare, però, essere quello al diritto di fondare una famiglia (art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; art. 23 del Patto sui diritti civili e politici; art. 10 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali; art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo). L’aspirazione di una donna e di un uomo ad avere una discendenza rappresenta una necessità, una caratteristica essenziale della condizione umana, sicché sussisterebbe un naturale e fondamentale diritto a procreare che come tale dovrebbe godere di protezione da parte dello Stato. Quest’ultimo avrebbe l’obbligo non solo di non ostacolare ma di facilitare la procreazione, abrogando quelle norme che impediscono all’individuo di

42 Si tratta peraltro di una prospettiva utile a ben vedere solo ex post, ossia ai fini

di disciplinare gli effetti derivanti dal concepimento assistito e dalla nascita del bambino, e non già ai fini di garantire agli aspiranti genitori l’accesso alle tecnologie riproduttive: salvo il caso di individui portatori di gravi patologie.

43 Su tali aspetti, si veda diffusamente C.CAMPIGLIO, Procreazione assistita e famiglia

nel diritto internazionale, Padova, 2003.

44 In tali termini, si esprime C.CAMPIGLIO, La procreazione medicalmente assistita nel

quadro internazionale e transnazionale, in Trattato di Biodiritto (diretto da S. Rodotà e P. Zatti), II, Milano, 2011, 1498 ss..

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beneficiare dei trattamenti atti a superare la propria incapacità riproduttiva: l’obbligo, dunque, di assicurare a tutti il diritto alla capacità di fondare una famiglia, ossia di procreare.

Con riferimento, poi, alle posizioni in materia di PMA che trovano spesso la loro fonte in risoluzioni e raccomandazioni approvate dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, si segnalano – in particolare – la raccomandazione n. 1100/1989, che invita i Governi a favorire la ricerca volta all’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita, purchè nell’ambito delle fattispecie autorizzate, e la risoluzione del 16 marzo 198945. Quest’ultima, ribadisce la libertà della scienza e della ricerca e considera come limite ad essa la dignità dell’individuo e della collettività. Essa individua quale criterio primario per disciplinare la materia «il diritto di autodeterminazione della madre ed il rispetto dei diritti e degli interessi del figlio, riassumibili nel diritto alla vita ed all’integrità fisica, psicologica ed esistenziale, nel diritto alla famiglia, nel diritto alla cura dei genitori e a crescere in un ambiente familiare idoneo e nel diritto alla propria identità genetica».

La medesima risoluzione afferma, altresì, che la fecondazione eterologa, in vivo o in vitro, non deve ritenersi auspicabile e che, ove ammessa, deve contemplare il divieto di disconoscimento di paternità ed il divieto di chiedere alimenti al donatore. Essa respinge, infine, ogni forma di maternità su commissione.

La disamina – in via preliminare – delle fonti di diritto internazionale in materia di PMA offre l’occasione per analizzare le specifiche normative vigenti in alcuni paesi europei46, consentendo, non solo, di inquadrare le

45 Risoluzione sulla fecondazione artificiale in vivo ed in vitro, in Pol. dir., 1989, 455. 46 Per una compiuta analisi delle normative vigenti nei quindici Paesi del gruppo

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analogie e le divergenze con la legge italiana (che sarà oggetto di approfondita indagine nel capitolo seguente della presente tesi), ma anche, più in generale, di valutare l’opportunità di pervenire alla formulazione di una legislazione comune tra i vari Stati membri dell’Unione europea.

Già da oltre dieci anni, nel lontano 1999, è stato predisposto un registro europeo delle tecniche di riproduzione assistita da parte della ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embriology), a cui tuttora affluiscono i dati dei registri di almeno trenta paesi europei, tra cui l’Italia. Ciò dimostra che l’esigenza di un coordinamento sovranazionale si è recepita già da alcuni anni e probabilmente, a parte la raccolta statistica dei dati provenienti dai singoli centri europei di PMA, sarà ineludibile pervenire ad una sempre maggiore uniformità continentale anche a livello legislativo. Purtroppo, in assenza di un punto di riferimento sovranazionale, la rigidità normativa delle leggi di alcuni paesi – è il caso della legge italiana, che contempla il divieto assoluto del ricorso alle tecniche di PMA di tipo eterologo – induce molte coppie a recarsi all’estero, presso paesi europei (e non) i cui ordinamenti prevedono meno limitazioni in materia.

Probabilmente, il raggiungimento di una comune normativa europea ridurrebbe sensibilmente la necessità del c.d. “turismo procreativo”, fenomeno – purtroppo – in rapida e crescente ascesa.

In ambito europeo si rileva, infatti, una evidente difformità di vedute sui temi della procreazione assistita, essendo presenti normative liberali e permissive e normative rigide, con forte accentuazione degli aspetti proibitivi.

Altre differenze riguardano il modo di concepire la legislazione in tema di PMA. In alcuni paesi la normativa è estremamente analitica, in altri

La procreazione medicalmente assistita nell’Europa dei quindici. Uno studio comparatistico, Milano, 2005.

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25 altrettanto estremamente sintetica.

La difficoltà di orientarsi in questa materia emerge anche dall’indicazione dei divieti che alcune legislazioni si sforzano di prevedere in tutte le possibili varianti del caso concreto, mentre altre preferiscono porre limiti più a monte, con divieti di ordine generale.

Alcuni ordinamenti pretendono di prevedere in via astratta ciò che è lecito e ciò che non lo è, mentre altri rimettono tale valutazione ad organi di carattere amministrativo, strettamente legati, per ragioni di nomina, a chi sia al governo in quel determinato momento. Altri, infine, affidano compiti di tal tipo agli operatori, a loro volta sottoposti a diversi sistemi di controllo e di sanzione.

La differenza tra il consentito ed il proibito è comunque oggetto di diverse interpretazioni in ciascuno Stato, così ulteriormente dimostrando l’opinabilità della materia.

In Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l’embriologia, approvata nel 199047, si rivela fortemente permissiva. Senza porre divieti generali ed astratti, infatti, è stata prevista l’istituzione di un sistema di licenze e direttive a cura della Human Fetilisation and Embriology Authority, che è l’organo incaricato di controllare il rispetto della normativa e preposto al rilascio delle autorizzazioni per i trattamenti terapeutici.

La legislazione britannica propone un sistema autorizzatorio che, più che basarsi su criteri precostituiti, è molto attento alla dinamica ed alle

47 Human Fertilisation and Embriology Act del 30 ottobre 1990, con cui è stata anche

costituita la HFEA (Human Fertilisation and Embriology Authority). La legge è stata in parte modificata nel 1992 e, di nuovo, nel 2003. Per un approfondimento dell’aspetto relativo all’operatività giurisprudenziale del principio del bilanciamento degli interessi di madre e concepito si rinvia a E. PALMERINI, Autonomia v. responsabilità nella procreazione: a proposito di cesarian sections e giudici inglesi, in Riv. dir. civ., 2000, 581 ss..

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condizioni del caso concreto. Un principio di carattere generale è comunque stabilito e consiste nella necessità di tener conto del benessere del bambino che può nascere in conseguenza del trattamento e di ogni altro bambino che può subire gli effetti di tale nascita48.

Non sono previste specifiche condizioni di accesso alle tecniche di PMA, delle quali possono avvalersi coppie coniugate o conviventi, nonchè donne single (art. 27, comma 3, Human Fertilisation and Embriology Act) e non esiste una età - limite per richiedere l’accesso, benché un gran numero di centri non conceda il trattamento a donne di età superiore ai quarantacinque anni.

Sono consentite tutte le tecniche di PMA omologa senza particolari limitazioni; infatti non esiste limite al numero di ovociti fecondabili, sono possibili la crioconservazione degli embrioni e la ricerca scientifica sugli embrioni soprannumerari, è concessa la diagnosi genetica preimpianto.

È altresì ammesso il ricorso alla PMA di tipo eterologo; in tal caso, la legge identifica come madre del nato la donna la cui gravidanza è stata determinata con le tecniche di fecondazione artificiale e come padre colui che ha prestato il proprio consenso per lo svolgimento della procedura.

È consentita la donazione di seme e di ovociti a titolo gratuito; tuttavia dal 2005 è stato abolito l’anonimato per donatori e donatrici, garantendo per legge al nascituro il diritto di conoscere l’identità del genitore biologico al compimento del diciottesimo anno. Ciò ha fatto ridurre drasticamente il numero delle donazioni, anche se le liste di attesa per la fecondazione eterologa rimangono talmente lunghe da indurre anche le coppie inglesi a rivolgersi all’estero.

48 F.D.BUSNELLI, Quali regole per la procreazione assistita, in Riv. dir. civ., cit., 579,

osserva che il sistema inglese risponde all’opzione di un approccio realistico che, di fronte alla forte conflittualità di ideologie, rinunci a prese di posizione precostituite e sappia affrontare i problemi concreti alla luce di semplici direttive, che consentano di raggiungere caso per caso la soluzione più equa.

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Si segnala, infine, che attualmente è in corso di discussione al Parlamento un disegno di legge (Human Fertilisation and Embriology Bill) che, pur mantenendo inalterato l’impianto fondamentale del 1990, si propone di adeguare la normativa agli sviluppi scientifici e ai mutamenti sociali ad oggi intervenuti. Tra le novità fondamentali, sono degne di nota: la previsione del divieto per legge di selezione del sesso dei nascituri per motivi non strettamente medici (al momento presente soltanto nelle linee guida emanate dall’HFEA) ed il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso come “genitori legali” rispetto ai figli concepiti mediante donazione di spermatozoi, ovociti o embrioni (attualmente limitato ai genitori biologici)49. In Spagna la procreazione assistita è stata regolamentata ancor prima che in Gran Bretagna, con la L. 22 novembre 1988, n. 35 50, poi modificata dalla L. 21 novembre 2003, n. 4551.

Da qualche anno è in vigore la nuova L. 26 maggio 2006, n. 14, che ha sostituito le leggi precedenti52.

Ai sensi della Ley n. 14/2006, è consentito l’accesso alle tecniche di PMA sia per ovviare alla sterilità sia per evitare il trasferimento al nascituro di gravi patologie di origine genetica o ereditaria.

La legittimazione alla richiesta di intervento compete a tutte le donne maggiorenni, senza limite di età, dotate di piena capacità di agire, con

49 Per un recente contributo relativo alla comparazione tra la situazione italiana e

quella inglese, si veda B.MOLASCHI, La procreazione medicalmente assistita: uno sguardo comparativo tra Italia e Inghilterra, in Fam., pers. e succ., 2010, 524 ss..

50 «Legge sulle tecniche di riproduzione assistita», in Boletin Oficial del Estado, 24

novembre 1988, n. 282. Per ampi cenni su questa legge, si veda H. CORRAL, La nuova legislazione spagnola sulle tecniche di riproduzione artificiale e sui procedimenti affini, in Riv. dir. civ., 1990, I, 79 ss..

51 «Legge sulla donazione ed utilizzazione di embrioni e feti umani, o delle loro

cellule, tessuti o organi», in Boletin Oficial del Estado, 22 novembre 2003, n. 280.

52 «Legge sulle tecniche di riproduzione umana assistita» (Ley sobre Técnicas de

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l’esplicito riferimento alla «indipendenza dal loro stato civile ed orientamento sessuale»; l’accesso è, dunque, consentito a coppie sposate e di fatto, oltre che alla donna single.

Se la donna è coniugata, è necessario il consenso (irrevocabile) del marito (art. 6, comma 3), tranne che in caso di separazione legale o divorzio, ma pure di separazione di fatto per mutuo accordo, che consti in maniera facente fede.

L’accesso alle tecniche è subordinato ad un’adeguata informazione e ad un consenso informato, libero, cosciente ed espresso, manifestato per iscritto (art. 6, comma 1°).

Così come in Gran Bretagna, è consentita la fecondazione eterologa, che può avvenire con donazione sia di gameti (spermatozoi od ovociti) sia di embrioni, in forma gratuita ed anonima53.

Circa la gratuità della donazione, ai donatori e alle donatrici è concesso soltanto un compenso economico a risarcimento dell’impegno fisico e di tempo; i centri di PMA, inoltre, possono svolgere attività di pubblicità e promozione delle donazioni, ma senza incentivarle offrendo compensi o benefici economici.

I donatori hanno diritto di conservare l’anonimato ed i nati possono ottenere informazioni generali su di essi, ma non conoscerne l’identità. A questa regola fanno eccezione circostanze molto particolari e specifiche, come nel caso in cui ricorra un sicuro pericolo sanitario o di vita per il bambino. È, inoltre, compito del centro di PMA assicurare la massima somiglianza fenotipica ed immunologica possibile tra donatore e ricevente.

53 La donazione gratuita e anonima avviene sotto forma di un “contrato gratuito,

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