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Santa Maria delle Grazie a Porta Angelica

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Academic year: 2021

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NGELICA Rione Borgo

La chiesa di Santa Maria delle Grazie, demolita nel 1939, sorgeva in via di Porta Angelica, nel territorio della parrocchia di S. Maria in Traspontina. Dedicata in origine all’Ascensione di Nostro Signore, cambiò titolazione nel 1618, quando l’11 giugno, giorno in cui si celebrava la festa titolare del santuario, fu collocata al suo interno l’icona della Madonna delle Grazie.

Tra i ricordi di molti pellegrini che tra la fine del Cinquecento e i primi anni del secolo successivo visitarono la Basilica Vaticana certamente vi era quello di un pio eremita dal saio di lana bianca, di costituzione robusta e un viso tondo incorniciato da folti capelli e una lunga barba che si aggirava instancabile per la Città Leonina: lo si poteva incontrare su ponte S. Angelo intento a chiedere l’elemosina insieme ai suoi compagni o nella piazza antistante S. Pietro a ripetere in modo martellante la sentenza paolina «Fate il bene adesso che avete tempo» o infine insieme agli operai immerso nella costruzione di un ospizio adiacente la Porta Angelica. Il frate si chiamava Albenzio de’ Rossi ed era nato a Cetraro, presso Cosenza, nel 1544. Grazie al suo biografo Marcello Mansio possiamo seguire le tappe del suo lungo peregrinare che l’aveva condotto nei principali santuari della cristianità da Roma a Loreto, a Gerusalemme, a Santiago de Compostela prima di stabilirsi, nel marzo del 1587, definitivamente nell’Urbe dove diede vita al progetto di una casa di accoglienza per i pellegrini. Egli riuscì ben presto ad accattivarsi le simpatie di Sisto V che il 3 giugno 1587 con un breve diretto al Cardinale Vicario Girolamo Rusticucci ordinò che fosse individuato un sito per la costruzione del nuovo ospizio. Gli fu assegnato un prato presso Porta Angelica dove, con i primi due compagni, che costituirono il primo nucleo dei cosiddetti Eremitani di Porta Angelica, diede avvio alla nuova fabbrica che comprendeva oltre al dormitorio, le stanze degli eremiti e una piccola cappella, che in breve tempo, grazie all’afflusso delle elemosine, fu sostituita da una chiesa di piccole dimensioni a tre navate dedicata all’Ascensione di Nostro Signore. Un romeo d’eccezione, il vescovo di Verona Agostino Valier, nel suo trattato sul giubileo del 1600, annoverava ormai l’ospizio di fra’ Albenzio tra i più celebri e attivi della città; girava infatti voce che avesse accolto durante l’Anno Santo ben diecimila pellegrini. Camillo Fanucci nel suo trattato sulle opere pie di Roma del 1601 ci informa che lo «spedale» era stato costruito pezzo per pezzo «senza alcuna architettura» e che vi si celebrava con particolare solennità la festa dell’Ascensione con «bello apparato, con Vesperi, & Messe». Non vi era dunque ancora traccia di un culto mariano che si svilupperà solo dopo un periodo di crisi economica dovuto alla morte del fondatore avvenuta il 19 aprile 1606.

Nonostante la protezione del cardinale Marcello Lantes, infatti la congregazione si ritrovò indebitata con gli operai e impossibilitata a portare avanti la manutenzione ordinaria dell’ospizio. Nel 1618 il nuovo priore pensò di introdurre all’interno della chiesa un’immagine mariana, raffigurante la Vergine nell’atto di porgere il seno sinistro al Bambino, che aveva accompagnato fra’ Albenzio nei suoi pellegrinaggi dal giorno in cui a Gerusalemme gli fu donata da un devoto cristiano. Era una piccola icona di cm. 26x20, dipinta ad olio su legno di scuola bizantina fatta risalire comunemente all’XI-XII secolo. Il successo devozionale fu immediato e, con le numerose donazioni per grazia ricevuta, gli eremiti non solo poterono pagare i debiti, ma anche dare avvio ad una nuova e più capiente

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chiesa. Racconta il Mansio: «A’ 11 di giugno 1618 [il priore] la prese, e collocolla in Chiesa, & ivi il medemo giorno cominciò à far miracoli, e la sera il priore trovò, che vi erano stati dati sei scudi per limosina; che per apunto all’hora di quel denaro haveva di bisogno da poter pagare un mattonato fatto fare nella stanza, nella quale dovevano dormire gli Eremiti forastieri [...] Ivi appresso si diede principio ad edificare da’ fondamenti una nuova, e bella Chiesa da collocarvi la detta Imagine» (Mansio, pp. 67-68). Fu in questi anni che si iniziò a chiamare la chiesa dell’Ascensione con il nuovo titolo di Santa Maria delle Grazie: come un tempio dedicato alla Vergine lo segnala ad esempio Dirk van Ameyden nel suo De pietate romana stampato nel 1625. Alla tradizionale festa dell’Ascensione si affiancò la festa dell’11 giugno in ricordo della traslazione e del primo miracolo della Madonna delle Grazie (Piazza, p. 38).

La costruzione del nuovo santuario mariano era probabilmente terminata quando il 9 giugno 1644 il Capitolo Vaticano, su interessamento del cardinale Lante, dopo il canonico processo sull’autenticità dei miracoli, acconsentì che la Vergine e il Bambino fossero dotati di due corone d’oro. Era una chiesa a tre navate, sul cui altare maggiore campeggiava la Madonna delle Grazie contornata da tavole votive, mentre nella cappella di sinistra fu collocato il sepolcro di fra’ Albenzio con la lapide funeraria ora conservata nella zona antistante la sacrestia della chiesa di S. Maria delle Grazie al Trionfale. Sulla facciata, sormontata dai due piani del convento, si leggeva la scritta in volgare: «Questa B. Vergine Maria delle Gratie fu portata da Gerusalem da F. Albentio de Rossi eremita l’an. MDLXXXVII». Il gesuita Concezio Carocci nella sua guida per i pellegrini stampata nel 1729 dedica un intero «Ragionamento» alla chiesa presso Porta Angelica all’interno della quale si trovavano a suo dire 1450 ex-voto senza contare «i consumati dal tempo, e senza gli altri d’argento, fonduti, o stesi in dieci Candelieri, in cinque Lampane, e un’Ostensorio». Nelle tavole erano rappresentati miracoli di ogni genere: «morbi risanati di cancrene, stillettate, archibusate, morsi, e calpestamenti di cavalli, morsi di cani arrabbiati, pestilenze, spasimi, illuminazioni di occhi, e di cuori». Il Carocci segnala anche l’esistenza presso il convento degli eremiti di un libro dei miracoli. Tra i tanti sceglie di raccontare un miracolo punitivo incorso a tre profanatori di tombe - «que’ Miseri, che vivono a spese di que’ che muojono» - che nel 1697 volevano impossessarsi degli oggetti conservati insieme alla salma dell’eremita Domenico appena sepolta nell’adiacente cimitero. I primi due calatisi sotto la lapide sepolcrale, morirono subito uccisi da un alito pestilenziale; solo il terzo si salvò per aver invocato in extremis la Madonna delle Grazie (Carocci, pp. 95-98).

Proprio negli anni in cui il Carocci accostava il piccolo tempio di S. Maria delle Grazie ai grandi santuari romani ponendolo tra le mete privilegiate dai pellegrini, riprendevano i lavori della fabbrica con l’elegante inferriata esterna, costruita grazie alla donazione del devoto Pietro Ghiringhelli volta «a rimuovere ogni profanazione ed irriverenza, che poteva risultare alla Chiesa dall’attigua pubblica strada» (Diotallevi, p. 58), e soprattutto la costruzione delle cappelle a sinistra e a destra dell’altare maggiore dedicate rispettivamente a s. Francesco d’Assisi e all’Ascensione e s. Francesco di Paola («Diario Ordinario», 1729). Tre anni dopo, il 29 settembre del 1732, si celebrava la consacrazione solenne della chiesa ad opera del cardinal vicario Giannantonio Guadagni («Diario ordinario», 1732). Il 10 maggio del 1776 Pio VI concedeva all'altare della Madonna privilegi e indulgenza plenaria applicabili anche alle anime del purgatorio.

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Il furto da parte delle truppe napoleoniche delle due corone che ornavano l’icona taumaturgica, segnò una cesura forte nella storia cultuale del santuario. Gli Eremiti di Porta Angelica agli inizi del XIX secolo erano ormai ridotti a due soli frati e Pio VII, col breve Pastoralis nostra sollicitudo del 13 settembre 1806, decretò su suggerimento del cardinale protettore Innico Diego Caracciolo, che la cura del santuario dovesse essere affidata all’ordine spagnolo dei Penitenti di Gesù Nazareno, detti anche gli “Scalzetti”, con il compito di preservare la devozione mariana. Essi diedero un nuovo impulso sia all’ospizio, che nel 1824 fu dotato di una infermeria, sia al santuario che durante la loro gestione fu completamente restaurato. I lavori iniziarono con la nuova dedicazione dell’altare di destra a Gesù Nazareno, devozione caratteristica dell’Ordine che la festeggiava il 23 ottobre con indulgenza plenaria, e continuarono, nel 1854, con la costruzione di una nuova cappella dedicata al Volto Santo di Gesù. Ma fu soprattutto fondamentale l’aiuto economico di due coniugi abbienti, Silvestro Lais e Maria Luisa Radice (i cui corpi troveranno sepoltura all’interno della chiesa), i quali finanziarono la nuova Via Crucis e nel 1858 fecero rifare in marmo il logoro pavimento di mattoni (Diotallevi, pp. 58-60). I religiosi dal canto loro provvidero, tra l’altro, a dotare la chiesa di teche per custodire i numerosi ex.voto sparsi disordinatamente sulle pareti, e le disposero intorno all’icona (Diotallevi, p. 73).

La devozione per la Madonna delle Grazie era in piena ripresa, raggiungendo negli anni Venti del XX secolo il suo periodo di maggior splendore: la guerra aveva impedito i festeggiamenti per il terzo centenario dell’esposizione dell’icona che furono celebrati cinque anni dopo nel 1923. Il successo della manifestazione incoraggiò i Padri della Penitenza e il comitato organizzatore a richiedere una seconda incoronazione che rimediasse al furto sacrilego. Il parere positivo del Capitolo Vaticano, ufficializzato il 2 febbraio dell’anno successivo, diede avvio a un’attività febbrile di propaganda, con la distribuzione di un opuscolo, dell’agostiniano Agostino Ruelli, sulla storia del santuario, e l’affissione di un manifesto a tutti i «Cattolici!» per annunciare l’incoronazione il 15 giugno del 1924. Il comitato per i festeggiamenti lavorò febbrilmente raccogliendo il denaro delle offerte; contemporaneamente fu istituita la «Pia Unione di Maria SS.ma delle Grazie» che in poco tempo raggiunse centinaia di iscritti. Per ospitare l’icona mariana durante la processione fu realizzato un “tronetto” con lo stemma di Pio XI, opera di Leopoldo Celani. La cerimonia si celebrò il 22 giugno 1924 – una settimana dopo rispetto alla data prefissata – in una piazza S. Pietro gremita di fedeli e fu ufficiata dal cardinale Raffaele Merry del Val.

Gli anni Trenta videro in un breve lasso di tempo la soppressione dell’Ordine dei Penitenti, nel 1935, e l’inizio dei lavori di ampliamento di via di Porta Angelica che iniziarono nel 1936 e si conclusero nel 1939 con la demolizione della chiesa. L’ultima celebrazione del 1938, quando già il destino della chiesa era stato definito dai piani urbanistici del regime, viene annunciata da un laconico messaggio dell’«Osservatore romano»: «Domenica 12 giugno, festa titolare: [...] ore 19.15 solenne processione con il seguente itinerario: piazza del Risorgimento, via Crescenzio, via Sforza Pallavicini, borgo Pio, via Porta Angelica. La sacra reliquia sarà portata da un Ecc.mo Vescovo. Nei giorni 11, 12 e 13 la facciata della chiesa sarà illuminata e la via di Porta Angelica addobbata». Il santuario fu soppresso senza polemiche – e del resto l’intero progetto era stato sottoposto e approvato dalle autorità Vaticane – e il ricordo dei suoi fasti fu affidato dal quotidiano vaticano alla penna di Luigi Huetter che nel 1939 pubblicò un articolo storico descrittivo omettendo di parlare della recente demolizione.

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L’icona, con altri cimeli, dopo una sosta nei magazzini vaticani, fu portata nella nuova parrocchia santuario al Trionfale perdendo molto del suo prestigio. Nel maggio del 1942 sul luogo dove sorgeva la chiesa, fu posta una edicola, copia della Madonna delle Grazie, eseguita dall'Istituto del Mosaico Vaticano.

Fonti: ASV, Visitatio Ecclesiae Ascensionis ad Portam Angelicam, Armadio VII, vol. 112, ff. 54r-55v.

Bibliografia:

A. Valier, De sacro anno Iubilei millesimo sexcentesimo sedem Petri tenente Clemente VIII commentarius, Veronae 1601, p. 34;Fanucci 1601, p. 71-72;D. van Ameyden, De pietate romana, Romae 1625, pp. 46 e 63; M. Mansio, Vita di F.

Albentio De’ Rossi dal Cetraro, Fondatore de gli Eremiti di Porta Angelica di Roma. Brevemente descritti, In Roma 1641; O. Ricci, De’ giubilei universali celebrati negli anni santi incominciando da Bonifazio VIII fino al presente, Roma 1675, p. 136;C.B. Piazza, Opere pie di Roma, Roma 1679, pp. 35-38;F. Posterla, Roma sacra, e moderna abbellita di nuove figure di rame, e di nuovo ampliata, Roma 1707, pp. 70-71; Carocci 1729, II, pp. 81-99; «Diario ordinario», n. 1798, 12 febbraio 1729, p. 2; «Diario ordinario», n. 2368, 4 ottobre 1732, p. 2; Bombelli 1792, II, pp. 117-122; Moroni 22, pp. 33-34 e 52, pp. 56-57; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri [...], VIII, Roma 1876, pp. 455-468; D. Diotallevi, Notizie storiche della prodigiosa

immagine di Maria Santissima delle Grazie a Porta Angelica in Roma [...] Nella fausta ricorrenza del Terzo Centenario della Traslazione di detta Sacra Immagine da Gerusalemme a Roma [...], Roma 1887; Relazione della solenne incoronazione di Maria Santissima delle Grazie in Via di Porta Angelica avvenuta in Piazza S. Pietro il 22 giugno 1924, a cura dell’Ordine della Penitenza e del Comitato per i

festeggiamenti, Città del Vaticano 1924; L. Huetter, La Madonna delle Grazie a

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Armellini - Cecchelli 1942, pp. 975-976; M. Bosi, «Facemo bene adesso che

havemo tempo», in «Strenna dei romanisti» XX (1959), pp. 258-263; F. Ferrero, Los Eremitas de Porta Angelica, in «Spicilegium historicum Congregationis SSmi

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L’antico ed il nuovo santuario della Madonna delle Grazie, in «Alma Roma», 19,

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