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E' solo una questione di colore?

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Academic year: 2021

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Ma è solo una questione di colore?

C’è chi pensa ancora che per essere veramente moderni ci voglia per forza il bianco (e si rimane abbagliati da edifici, sorti anche di recente, nei posti più impensati) e chi crede che solo il colore dissonante denoti la contemporaneità (ed a volte una sfumatura o un accento cromatico generano sconcerti e battaglie di quartiere), quando l’architettura contemporanea è invece da tempo alla ricerca della smaterializzazione, cercando di passare dalla matericità alla concettualità del fare. Che l’architettura abbia difficoltà di cittadinanza a Bologna forse ne è prova che per ben due volte la Facoltà di Architettura non sia riuscita ad accasarvi ed è un’assenza che si fa notare, è rumorosa quanto afona.

Così l’architettura di qualità, quella altisonante che si fa ammirare e ricordare, è portata in città spesso dagli eventi fieristici del SAIE, sorvolandola come un’astronave, ma si rischia anche di perdere i pezzi di questa navicella se migra altrove, attratta da altri interessi più lungimiranti dei nostri.

Se la qualità architettonica della città è quella del suo fare costruttivo, SAIE docet, allora per Bologna il problema non sussiste (perché di fatto qui si sa costruire bene da sempre), o forse no, se si pensa che anche le modalità costruttive si evolvono assieme ai linguaggi ed ai tempi cui

appartengono. Pertanto, anche la ricerca tecnologica sembra solo transitare per la città, e sempre dalle parti della Fiera, li dentro le vetrine, non fuori, anzi, l’immediato intorno sembra non accorgersene proprio.

Se la qualità urbana è la sua continuità di aderenza con la tradizione dei luoghi, allora la città eccelle in conservatorismo ed ha perfino fatto scuola in questo: ma un conto è salvaguardare il patrimonio, tanto o poco che sia, che autenticamente il passato ci ha trasmesso, ed un conto è travisare l’attualità con la sua riproposizione storicista, non si fa così un buon servizio a nessuno dei due.

Se c’è qualità in città allora forse manca un po’ di diversità, che come la natura insegna, è una ricchezza pure da salvaguardare, non solo come curiosità ma come fondamentale occasione di crescita e di prosperità.

Se in città circolano alcune idee di qualità non è detto che queste debbano essere sempre ed

ugualmente valide: “squadra che vince non si tocca”, ma tutto invecchia e se si rincorrono traguardi più alti, “qualche innesto bisognerà pur farlo” ed avere ambizioni è per lo meno legittimo, se non già doveroso.

Negli interventi costruttivi abbonda la referenzialità: non ci vuole molto per distinguere un intervento dell’ACER da quello di una cooperativa abitativa più tosto che di un’impresa privata o una costruzione pubblica, e questo perché poco si alternano i progettisti o cambiano i loro punti di vista, non ci sono proprio gli stimoli.

Ci sono poche idee in circolazione per cercare di migliorare perché si sfugge al confronto aperto e così non si alimenta neppure il sospetto che ne possano esistere altre e di migliori.

Bologna è una città importante in Italia, ma al pari di molte altre, più o meno grandi, non ha conosciuto di recente e diffusamente l’apporto innovativo di progettazioni alternative, coraggiose, come spesso escono solo dai concorsi di architettura di idee e questi sono stati pochi, praticamente assenti, un’infinitesima parte di quanto costruito in altro modo.

Non c’è l’abitudine ad operare le scelte “alte” della sua trasformazione attraverso il confronto e la competizione, ma invece il capoluogo si è ricavato uno spazio del tutto inedito con l’attivazione del consulto referendario sulle proposte d’avversare, tanto per non smentirsi.

Per un motivo o per l’altro, la qualità in città deriva da una rigida autarchia che sta mostrando tutti i suoi limiti e correndo pure il rischio di diventare “ereditaria”, dal momento che la professione si sta tramutando in un’attività da tramandare più che appassionare.

Mettendo da parte lo “star system” o le “starlette” locali, è assai difficile vedere riconosciuta ed apprezzata la produzione architettonica bolognese nelle sedi accademiche, nei concorsi nazionali, nei premi e nelle pubblicazioni che alimentano il dibattito disciplinare: in sostanza, la “scuola bolognese” non fa testo, è ai margini del dibattito, è passiva osservatrice.

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La qualità, qualunque essa sia, è sempre nel cambiamento, e Bologna tende ad essere troppo uguale a se stessa, perfino nei colori!

Claudio Zanirato, architetto, componente della Commissione per la Qualità Architettonica e del Paesaggio del Comune di Bologna, coordinatore del Convegno e della Mostra “Concorsi. La qualità architettonica dall’immaginazione alla realtà”

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