• Non ci sono risultati.

Analisi micromeccaniche delle fasi di processo per stampa 3D con tecnologia Binder Jetting

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Analisi micromeccaniche delle fasi di processo per stampa 3D con tecnologia Binder Jetting"

Copied!
223
0
0

Testo completo

(1)

Scuola di Ingegneria Civile, Ambientale e Territoriale

ANALISI MICROMECCANICHE DELLE

FASI DI PROCESSO PER STAMPA 3D CON

TECNOLOGIA BINDER JETTING

Relatore: Prof. Raffaele Ardito

Correlatore: Prof. Nora Lecis

Tesi di laurea magistrale di:

Paolo Brusa Matr. 875744

(2)
(3)

Ringraziamenti

Colgo innanzitutto l’occasione per manifestare la mia più sentita riconoscenza al Prof. Raffaele Ardito, relatore del presente elaborato, per la disponibilità e la fiducia costantemente dimostrate e per avermi dato la possibilità di coltivare l’interesse per argomenti innovativi e coinvolgenti.

Rivolgo inoltre un cordiale ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito a fornire diretto supporto e a dispensare preziosi consigli che hanno permesso la realizzazione del lavoro: a tal proposito, mi preme citare la Prof.ssa Lecis ed i colleghi del dipartimento di Ingegneria Meccanica, il Prof. Mariani, i collaboratori del Laboratorio FUNTASMA, il Prof. Claudio Di Prisco, la Dott.ssa Redaelli ed il Prof. Baranau. La maggior esperienza formativa personale è stata quella di partecipare attivamente allo sviluppo di un progetto interdisciplinare ed interdipartimentale, in completa sinergia con svariate realtà accademiche.

Profonda gratitudine va alla mia famiglia, senza il cui supporto morale ed economico non sarebbe stato possibile portare a compimento questo lungo percorso universitario, ricco di sforzi e sacrifici che hanno reso le soddisfazioni ancor più intense.

Desidero infine ricordare con affetto i miei amici, i miei compagni di corso, l’aula studio ASVP ed Aurora. Questo traguardo è anche vostro.

“E quando desideri qualcosa, tutto l'Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”

(4)
(5)

Indice dei contenuti

INDICE DEI CONTENUTI... I INDICE DELLE FIGURE ... IV INDICE DELLE TABELLE ... IX SINTESI ... XI ABSTRACT ... XIII CAPITOLO 1 INTRODUZIONE ... 1 1.1PRODUZIONE ADDITIVA ... 1 1.2TIPOLOGIE DI STAMPA 3D ... 4 1.2.1 Binder Jetting ... 4

1.2.2 Directed Energy Deposition ... 5

1.2.3 Material Extrusion ... 5

1.2.4 Material Jetting ... 5

1.2.5 Powder Bed Fusion ... 6

1.2.6 Sheet Lamination ... 6

1.2.7 Vat Photopolymerization ... 6

1.3TECNOLOGIA BINDER JETTING ... 7

(6)

CAPITOLO 2 BINDER JETTING ... 11

2.1PROCESSO DI STAMPA ... 12

2.2OPERAZIONE POST-PRINTING ... 14

2.2.1 Curing ... 14 2.2.2 De-powdering ... 15 2.2.3 Debinding ... 15 2.2.4 Sinterizzazione ... 17 2.3STAMPANTE INNOVENT+EXONE ... 19 2.4PARAMETRI DI PROCESSO ... 24

2.4.1 Fattori legati alla polvere ... 27

2.4.1.1 Spessore dei layer ... 29

2.4.1.2 Fluidità della polvere... 31

2.4.1.3 Distribuzione granulometrica ... 33

2.4.1.4 Tasso di saturazione del legante ... 36

2.4.1.5 Diffusione del legante... 37

CAPITOLO 3 TEORIE E MODELLAZIONI DI PACKING ... 39

3.1RANDOM CLOSE PACKING... 39

3.2DENSITÀ DI IMPACCHETTAMENTO... 43

3.2.1 Distribuzioni granulometriche unimodali ... 44

3.2.2 Distribuzioni granulometriche bimodali... 49

3.2.3 Distribuzioni trimodali, quadrimodali e multimodali ... 58

3.3ALGORITMI NUMERICI DI SIMULAZIONE ... 62

CAPITOLO 4 MATERIALI E POLVERI... 67

4.1CARATTERIZZAZIONE EMPIRICA DELLE POLVERI ... 67

4.1.1 Acciaio Inossidabile AISI-316L ... 69

4.1.2 Allumina DAW-10 ... 73

4.1.3 Confronto tra le polveri ... 77

4.2MISURA DELLA DENSITÀ RELATIVA ... 78

4.2.1 Densità di packing delle miscele... 79

(7)

CAPITOLO 5 ALGORITMO LUBACHEVSKY-STILLINGER ... 87

5.1INTRODUZIONE AL MODELLO L-S ... 87

5.2OBIETTIVO DELLA SIMULAZIONE L-S ... 89

5.3DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO L-S ... 91

5.4IMPLEMENTAZIONE DELL’ALGORITMO L-S ... 98

5.4.1 Input della simulazione L-S ... 99

5.4.2 Output della simulazione L-S... 101

5.4.3 Simulazione di packing monodispersi ... 104

5.4.4 Simulazioni di packing bimodali ... 111

5.4.5 Simulazione di polveri reali ... 121

CAPITOLO 6 METODO DEGLI ELEMENTI DISCRETI ... 131

6.1APPROCCI MODELLATIVI DEI SISTEMI DISCONTINUI ... 131

6.2MODELLAZIONE AD ELEMENTI DISCRETI ... 133

6.2.1 Contatto tra le particelle ... 134

6.2.2 Variabili cinematiche ... 136

6.2.3 Modello costitutivo del contatto ... 139

6.2.4 Definizione delle forze ... 141

6.2.5 Integrazione delle equazioni del moto ... 143

6.2.6 Smorzamento numerico ... 145

6.2.7 Stabilità della soluzione ... 147

6.3IMPLEMENTAZIONE DEL METODO AD ELEMENTI DISCRETI ... 151

6.3.1 Calibrazione del modello ... 154

6.3.2 Modellazione del packing delle polveri ... 161

6.3.3 Modellazione della stesura del letto di polvere... 167

CAPITOLO 7 CONCLUSIONI ... 181

7.1CONCLUSIONI GENERALI RIASSUNTIVE ... 181

7.2SUGGERIMENTI PER LAVORI FUTURI ... 186

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 189

APPENDICE A CODICE LUBACHEVSKY - STILLINGER ... 197

A.1STRUTTURA DEI DATI ... 197

(8)

Indice delle figure

Figura 1.1: Confronto tra produzione sottrattiva e produzione additiva ... 2

Figura 2.1: Processo di realizzazione di parti con tecnologia Binder Jetting ... 11

Figura 2.2: Componenti di una stampante Binder Jetting ... 12

Figura 2.3: Job-box satura di polvere a fine processo di stampa ... 13

Figura 2.4: Campioncini di green in acciaio 316L ... 15

Figura 2.5: Processo di espulsione del binder dal green ... 16

Figura 2.6: Fasi principali del processo di sinterizzazione... 17

Figura 2.7: Confronto dimensionale tra brown e parte finale sinterizzata ... 18

Figura 2.8: Stampante 3D Innovent+ di ExOne ... 20

Figura 2.9: Sistema di stampa interno alla macchina Innovent+ ... 20

Figura 2.10: Processo di stampa della macchina Innovent+ ... 21

Figura 2.11: Ugelli della testina di stampa del binder polimerico ... 22

Figura 2.12: Job-box della stampante Innovent+ ... 22

Figura 2.13: Parametri di processo Binder Jetting ... 25

Figura 2.14: Effetto “a gradino” legato allo spessore di layer ... 30

Figura 2.15: Influenza della morfologia delle particelle sull’addensamento di una polvere ... 32

Figura 2.16: Esempi di distribuzioni granulometriche ... 35

Figura 2.17: Conseguenze di un non corretto tasso di saturazione del binder ... 37

Figura 2.18: Effetti della porosità della polvere sulla permeazione del legante ... 38

(9)

Figura 3.1: Configurazione “ad alveare” di un sistema bidimensionale

di dischi ... 41

Figura 3.2: Configurazioni HCP e FCC di un sistema tridimensionali di sfere ... 41

Figura 3.3: Densità relativa vs. deviazione standard adimensionale per sistemi monodispersi Gaussiani ... 45

Figura 3.4: Principali reticoli cristallini ortorombici ... 48

Figura 3.5: Configurazioni di possibile impacchettamento di sistemi monodispersi ... 49

Figura 3.6: Frazioni grossolana e fine di packing bimodali ... 50

Figura 3.7: Densità relativa sperimentale di packing binari ... 51

Figura 3.8: Massimi valori di densità relativa di packing bimodali ... 53

Figura 3.9: Forma dei pori intergranulari per reticoli ortorombici ... 53

Figura 3.10: Variazione della densità relativa per packing bimodali ideali ... 55

Figura 3.11: Effetto di allontanamento (Wedging Effect) ... 57

Figura 3.12: Schematizzazione di una miscela trimodale ... 59

Figura 3.13: Effetto del rapporto tra le dimensioni massime e minime dei grani sulla densità di packing di una miscela... 61

Figura 4.1: Scansione SEM della polvere di acciaio AISI 316L ... 70

Figura 4.2: Rapporto di aspetto della polvere di acciaio AISI 316L ... 71

Figura 4.3: Circolarità della polvere di acciaio AISI 316L... 71

Figura 4.4: PSD di numero e volume delle particelle di acciaio AISI 316L ... 72

Figura 4.5: Cumulate delle distribuzioni di numero e volume dei grani di acciaio AISI 316L ... 72

Figura 4.6: Scansione SEM della polvere di allumina Al2O3 ... 74

Figura 4.7: Rapporto di aspetto della polvere di allumina Al2O3 ... 75

Figura 4.8: Circolarità della polvere di allumina Al2O3 ... 75

(10)

Figura 4.10: Cumulate delle distribuzioni di numero e volume dei

grani di allumina Al2O3 ...76

Figura 4.11: Misurazione empirica della densità di packing ... 81

Figura 4.12: Misura della densità relativa del letto di polvere ... 84

Figura 5.1: Schematizzazione di un REV periodico bidimensionale ... 91

Figura 5.2: Schematizzazione del contatto tra due sfere ... 94

Figura 5.3: Schematizzazione di condizioni al contorno periodiche ... 96

Figura 5.4: Schematizzazione del Metodo delle Celle ...97

Figura 5.5: Interfaccia del file generation.conf ... 99

Figura 5.6: Riscontro grafico della periodicità dell’impacchettamento ... 105

Figura 5.7: Densità relativa vs. numero di sfere costituenti un sistema monodisperso ...106

Figura 5.8: Densità relativa vs. dimensioni delle sfere costituenti un sistema monodisperso ... 107

Figura 5.9: REV di un sistema monodisperso composto da 1⸱000 sfere di diametro 10 ... 108

Figura 5.10: File riassuntivo delle proprietà geometriche di un packing monodisperso ...109

Figura 5.11: Confronto tra distribuzioni dei numeri di coordinazione di packing monodispersi ... 110

Figura 5.12: Confronto tra i risultati di McGeary e quelli stimati con l’algoritmo L-S ... 112

Figura 5.13: Confronto tra impacchettamenti bimodali con dL/dS=2 e NL/NS variabile ... 115

Figura 5.14: Confronto tra impacchettamenti bimodali con NL/NS=2:8 e dL/dS variabile ... 118

Figura 5.15: Confronto tra distribuzioni dei numeri di coordinazione di packing bimodali ... 119

Figura 5.16: Confronto tra densità di packing per miscele binarie ... 122

(11)

Figura 5.18: Istogramma di distribuzione del numero di particelle per

diametro ... 125

Figura 5.19: Acciaio AISI 316L - Confronto tra miscela reale e simulata ... 129

Figura 5.20: Allumina Al2O3 - Confronto tra miscela reale e simulata ... 129

Figura 5.21: Distribuzione dei contatti intergranulari delle polveri AISI 316L e Al2O3 (L-S) ... 130

Figura 6.1: Flowchart di un algoritmo DEM ... 133

Figura 6.2: Sovrapposizione di sfere deformabili secondo l’approccio DEM ... 134

Figura 6.3: Definizione delle celle attive ... 135

Figura 6.4: Gradi di libertà associati al contatto tra due sfere ... 136

Figura 6.5: Schema di contatto tra due sfere deformabili ... 137

Figura 6.6: Spostamento relativo a taglio tra due sfere ... 138

Figura 6.7: Rigidezza normale equivalente di un sistema di molle in serie ... 139

Figura 6.8: Azioni di contatto tra sfere deformabili ... 143

Figura 6.9: Eccessiva sovrapposizione e disturbo di Rayleigh dovuti a Δ𝑡 grande ... 147

Figura 6.10: Struttura generale di una modellazione YADE ... 152

Figura 6.11: Granulometrie delle polveri Type 1 e Type 2 ... 154

Figura 6.12: Sequenza della simulazione di packing delle polveri ... 155

Figura 6.13: Porosità e densità di packing vs. tempo virtuale per le miscele Type 1 e Type 2 ... 158

Figura 6.14: Configurazione finale degli impacchettamenti di polvere Type1 e Type 2 ... 159

Figura 6.15: Porosità e densità di packing vs. tempo virtuale per le miscele AISI 316L e Al2O3 ... 164

Figura 6.16: Distribuzione dei contatti intergranulari delle polveri AISI 316L e Al2O3 (YADE) ... 165

Figura 6.17: Configurazione finale degli impacchettamenti di polvere AISI 316L e Al2O3 ... 166

(12)

Figura 6.18: Schema di simulazione della stesura di un letto di polvere ... 167

Figura 6.19: Fasi di simulazione della stesura di un letto di polvere ... 168

Figura 6.20: Fasi di simulazione della stesura di un letto di polvere ... 169

Figura 6.21: Appianamento di un layer e rimozione della polvere in eccesso ... 170

Figura 6.22: Letto di polvere ultimato riprodotto con YADE ... 172

Figura 6.23: Evoluzione di porosità e densità dei letti di AISI 316L e Al2O3 (Δ = 50 μm) ... 174

Figura 6.24: Evoluzione di porosità e densità dei letti di AISI 316L e Al2O3 (Δ = 100 μm) ... 176

Figura 6.25: Schema di stampa 3D a polvere trascinata ... 177

Figura 6.26: Modello di stampa 3D a polvere trascinata ... 178

Figura 6.27: Separazione tra frazioni grossolane e frazioni fini ... 179

Figura 6.28: Letto di polvere non omogeneo ... 179

(13)

Indice delle tabelle

Tabella 2.1: Parametri di stampa Binder Jetting ... 23

Tabella 3.1: Densità e porosità relative di diversi impacchettamenti di sfere uguali ... 42

Tabella 3.2: Densità di packing per distribuzioni monodisperse ... 47

Tabella 3.3: Densità relative massime per miscele trimodali ... 60

Tabella 4.1: Proprietà fisiche dell’acciaio AISI 316L ... 69

Tabella 4.2: Composizione chimica dell’acciaio AISI 316L ... 70

Tabella 4.3: Proprietà fisiche dell’allumina Al2O3 ... 73

Tabella 4.4: Diametri notevoli della polvere di acciaio AISI 316L ... 77

Tabella 4.5: Diametri notevoli della polvere di allumina Al2O3 ... 77

Tabella 4.6: Proprietà del packing della polvere di acciaio AISI 316L ... 80

Tabella 4.7: Dimensioni dei provini cavi stampati ... 84

Tabella 4.8: Densità relative caratteristiche delle polveri in esame ... 85

Tabella 5.1: Confronto tra densità relative di packing bimodali con dL/dS=2 ... 114

Tabella 5.2: Confronto tra numeri di coordinazione medi di packing bimodali con dL/dS=2 ... 114

Tabella 5.3: Confronto tra densità relative di packing bimodali dL/dS=3 ... 117

Tabella 5.4: Confronto tra numeri di coordinazione medi di packing bimodali dL/dS=3 ... 117

Tabella 5.5: Elenco di polveri di acciaio AISI 316L ... 121

Tabella 5.6: Polvere di AISI 316L - Densità relativa e numero di coordinazione medio ... 126

(14)

Tabella 5.7: Polvere di Al2O3 - Densità relativa e numero di

coordinazione medio ... 127

Tabella 5.8: Confronto tra densità di packing sperimentali e simulate ... 127

Tabella 6.1: Parametri di input per una polvere di acciaio AISI 316L... 157

Tabella 6.2: Confronto tra le densità di packing ... 159

Tabella 6.3: Parametri di input per le polveri di acciaio AISI 316L e allumina in esame ... 161

Tabella 6.4: Output di simulazione YADE - packing AISI 316L ... 163

Tabella 6.5: Output di simulazione YADE - packing Allumina ... 163

Tabella 6.6: Densità relative dei letti di polvere simulati con YADE ... 173

Tabella 6.7: Confronto tra le densità relative reali e simulate dei letti di polvere ... 175

(15)

Il Binder Jetting è un modalità di stampa 3D efficiente e rapida per la produzione digitale additiva. Tale tecnologia appartiene ai metodi di fabbricazione a letto di polvere ed è in grado di realizzare delle componenti tridimensionali attraverso la selettiva deposizione di un legante polimerico liquido su dei layer granulari. Le parti stampate prendono il nome di green, sono contraddistinte da una microstruttura porosa e non presentano caratteristiche meccaniche di rilievo: per tali ragioni, esse vengono sottoposte a dei trattamenti termici tali da conferire loro le proprietà finali desiderate.

Il Binder Jetting si dimostra particolarmente versatile in quanto consente di processare indistintamente materiali di natura differente (metalli, ceramici, polimeri, …) e di generare manufatti con geometrie complesse; nonostante ciò, la scarsa comprensione dell’effettiva influenza esercitata dai singoli fattori di stampa sulla qualità delle parti ostacola ad oggi l’introduzione di tale tecnica nella produzione su larga scala. Le caratteristiche morfologiche delle polveri lavorate rappresentano verosimilmente il fattore più cruciale dei metodi additivi a letto: da esse dipendono infatti la densità relativa, le proprietà meccaniche e l’accuratezza dimensionale dei pezzi fabbricati. L’utilizzo di miscele contraddistinte da opportune distribuzioni granulometriche potrebbe incrementare la qualità di questi ultimi a prescindere da quale sia il rispettivo materiale costituente. Ad oggi la ricerca in materia viene perlopiù effettuata attraverso analisi sperimentali mirate a stimare la correlazione empirica che sussiste tra i parametri di processo e gli output di stampa. Nel presente elaborato vengono invece proposti dei tentativi di modellazione del

(16)

comportamento delle miscele granulari impiegate nel Binder Jetting con lo scopo di fornire un supporto utile per simulazione della microstruttura dei letti e la predizione della rispettiva frazione volumetrica occupata.

La riproduzione numerica degli impacchettamenti delle polveri è stata realizzata in prima battuta per mezzo dell’algoritmo Lubachevsky-Stillinger, un metodo in grado di ricreare agglomerati di elementi sferici a partire dalla generazione pseudo-casuale di nuvole di punti che crescono di dimensione all’interno di un dominio periodico. Nonostante i riscontri soddisfacenti, tale modello manifesta una connotazione puramente geometrica e non è stato in grado di cogliere a pieno la fisica alla base del reale problema di packing.

Al fine di sviluppare delle analisi più accurate, l’evoluzione dinamica dei sistemi granulari è stata ulteriormente simulata ricorrendo ad un approccio ad elementi discreti (DEM) in grado di calcolare le forze ed i momenti di contatto tra le particelle grazie alla risoluzione di un algoritmo esplicito di integrazione nel tempo. L’implementazione del codice è stata effettuata in un sistema operativo Linux attraverso il software open source YADE basato sui linguaggi c++ e Python. La modellazione ha permesso di riprodurre inoltre il processo di deposizione dei layer di polvere operato dalle stampanti a Binder Jetting.

Tutti i risultati numerici sono stati confrontati con quelli ottenuti sperimentalmente attraverso le analisi granulometriche e reologiche di due polveri adibite alla fabbricazione additiva direttamente a disposizione in questa sede e composte nello specifico in acciaio AISI 316L ed allumina. Per entrambe le miscele sono state ricavare le caratteristiche geometriche delle particelle, le densità relative apparenti e tappate e la frazione piena dei letti.

Il lavoro discusso nel presente elaborato rientra all’interno del progetto di ricerca del laboratorio interdisciplinare FUNTASMA (FUNcTionAl Sintered MAterials) del Politecnico di Milano, il quale ospita la prima macchina in Italia per la stampa 3D con tecnologia Binder Jetting a letto di polvere per materiali metallici e ceramici.

Parole Chiave: Manifattura Additiva, Binder Jetting, Densità di Impacchettamento, Algoritmo Lubachevsky-Stillinger, Metodo degli Elementi Discreti.

(17)

Abstract

Binder Jetting is an efficient and rapid three-dimensional printing method for digital additive manufacturing. This kind of technique belongs to the so-called “powder bed-based methods” and can form parts by selectively gluing a powder with a polymeric liquid binder. The printing process begins with the deposition of a thin micrometric layer of powder leveled by a counterclockwise rotating roller inside a job-box. A movable print-head then selectively pours small droplets of the binding agent over the layer in a fashion that follows the geometry of the final part cross-section, which is given in input by a CAD model. The job-box is finally lowered by a distance equal to the desired layer thickness. The previous operations are repeated for several bidimensional layers which are cyclically stacked together to achieve the three-dimensionality of the part, named green. The green has no remarkable mechanical properties and is characterized by a porous microstructure: this is why it must be subjected to many thermal post-printing processes, like curing, debinding, and sintering, to achieve its definitive features.

Thanks to the fact that it deals with single layers, Binder Jetting allows the fabrication of objects with complex geometries often unobtainable by traditional manufacturing operations (i.e., it can create holed parts). Differently from other additive manufacturing techniques, it can also handle a broad range of powder materials, including polymers, metals, and ceramics. Even though Binder Jetting seems to be a very versatile type of fabrication, the identification of the conditions capable of maximizing the final part performances is still an open issue: the influence of the several input and printing parameters on the quality of the produced objects is not comprehensively understood so far, and more research is needed.

(18)

Powder characteristics are probably the most crucial factor of powder bed-based additive manufacturing because they directly determine the density and the void fraction of the final components, their surface finish, and their mechanical properties; moreover, they govern the permeation mechanisms of the liquid binder into the bed and affects the sinterability. It is generally possible to increase the green density of a printed part by choosing a correct particle size distribution of the constituent powder: this will generally result in the improving of the fully post-processed components properties and of the related dimensional accuracy. In fact, the amount of sintering required to the strengthening directly depends on the green density: more compact parts require less sintering and hence they undergo less shrinkage and distortion during the heat treatment. It follows that a better understanding of the packing behavior of a powder is highly suggested for powder-based manufacturing because it can provide a guideline aimed at the fabrication of better parts, regardless of which machine is used or which kind of material is processed.

The characterization of the binder jetted powder bed is usually carried out experimentally with a trial and error approach: the printing parameters and the powder features are varied to determine their best combination which optimize the overall quality of the printed objects. On the contrary, in the this paper is presented an attempt of numerical modeling of the powder packing dynamics that could provide useful support to the prediction of the bed morphology and density. In the first part of the work, a comprehensive description of the state-of-the-art is presented regarding the Binder Jetting technology, listing the critical developments and foundings made until now.

The analysis is then moved to the main packing theories reported in the scientific literature: the concept of the Random Close Packing is described and the influence of the dimensions of the powder pseudo-spherical grains on the properties of the discrete systems they form is explained, with particular attention to the particle size ratio parameter: high values of the packing density (>80%) can be ideally reached by using bimodal systems obtained by the addition of a 30% in volume of a fine fraction to a coarse powder.

(19)

The information found in the literature helped to interpret the data collected regarding two different available mixtures for Binder Jetting consisting of a gas-atomized AISI 316L steel powder and a ceramic powder. Granulometric and rheological analyses were conducted on the mixtures to evaluate the geometric characterization of their grains, their particle size distribution, and their bulk properties such as the apparent and tapped density and the Hausner Ratio related to their flowability. In the paper it is also described the technique adopted to measure the powder bed density of the stack of layers of the two mixtures deposed by a Binder Jetting 3D machine during the printing process.

The numerical simulation of the packing behavior of the powders was first developed through the so-called Lubachevsky-Stillinger Algorithm, a model that creates jammed configurations of rigid spherical particles starting from a random generation of points that grow in size inside a periodic box. It was also written a MATLAB code that allowed to evaluate the packing density of the cluster and its average coordination number, defined as the ratio between the total number of interparticle contacts and the total number of the spheres in the packing. The results were in good agreement concerning the experimental ones, but not very precise because the model was purely geometrical and was not able to take into account the physics involved in the real packing problem. In order to reproduce more accurate analysis, powder packing dynamics were simulated using a Discrete Element Method (DEM) model able to solve the contact forces and moments between single particles thanks to an explicit time integration algorithm. The implementation of the code was done with the open source Linux software YADE based on the c++ and Python languages. In the paper are described the Mass Scaling operations that were adopted to reduce the overall computational simulation time. The real mechanical and geometrical characteristics of the two available powders were considered to recreate the relative packing behavior. Very good results were found in terms of packing density, even neglecting Van Der Waals interparticle forces since the smallest powder grains were sufficiently large (5-10 μm).

(20)

Finally, the DEM analysis was adapted to reproduce the practical process of the layer deposition made a Binder Jetting printer. In the paper are described in detail the computational steps that simulate the creation of a multilayer particle bed leveled by a cylindrical roller. The influence of the layer thickness against the bed void fraction is also shown. The outputs of the model are again validated with respect to the experimental ones.

The studies carried out within this document are part of the research project conducted within the FUNTASMA (FUNcTionAl Sintered MAterials) interdepartmental laboratory of the Politecnico di Milano University. The laboratory hosts the first Binder Jetting machine in Italy for the 3D printing of metallic and ceramic powders, which is specifically the Innovent+ model produced by ExOne company. The Innovent+ printer is a multi-purpose additive platform suited to support training and testing or printing methods on a smaller scale.

Keywords: Additive Manufacturing, Binder Jetting, Packing Density, Lubachevsky-Stillinger Algorithm, Discrete Element Method.

(21)

INTRODUZIONE

1.1 Produzione Additiva

Negli ultimi decenni del secolo scorso iniziò a svilupparsi il concetto di produzione additiva (Additive Manufacturing, AM) intesa come l’insieme delle operazioni atte alla realizzazione di oggetti tridimensionali per mezzo di una graduale unione fisica e/o chimica dei relativi elementi costituenti. L’evoluzione di tale modalità di lavorazione è principalmente legata al desiderio di utilizzare il solo quantitativo di materiale strettamente necessario per l’ottenimento di un manufatto, in modo tale da evitarne lo spreco e da ridurne i costi legati al reperimento ed al trasporto [1]. Per tali ragioni, la produzione additiva è stata nel tempo sempre più preferita alle tecniche tradizionali di fabbricazione sottrattiva (Subtractive Manufacturing, SM) quali sono ad esempio tornitura, foratura e fresatura, che invece consentono la generazione di una parte attraverso la progressiva asportazione di materiale da un blocco grezzo iniziale (Figura 1.1).

Un’ulteriore innovazione apportata dai processi AM rispetto a lavorazioni convenzionali quali forgiatura o fusione è stata quella di garantire la creazione di componenti già contraddistinte dalle geometrie e dalle forme desiderate senza l’ausilio di supporti addizionali o calchi per la colata.

(22)

Le tecniche di produzione AM, anche denominate comunemente stampa tridimensionale (3D-Printing, 3DP), vennero impiegate fino agli anni ’90 per la sola prototipazione rapida, al fine di realizzare dei campioni aventi funzionalità esclusivamente estetica. Grazie al progresso tecnologico, alla maggior disponibilità dei materiali ed al perfezionamento dei macchinari di stampa, i processi 3D iniziarono a diffondersi su larga scala in ambito industriale per la fabbricazione di precisione di oggetti aventi forme sempre più complesse. Le moderne tecniche prevedono che i manufatti vengano generati per sovrapposizione di strati bidimensionali (layer) opportunamente legati tra loro: a livello operativo, ciò permette di ottenere pezzi contraddistinti da geometrie irregolari o cave difficilmente riproducibili attraverso l’impiego dei metodi convenzionali di manifattura.

Figura 1.1: Confronto tra produzione sottrattiva e produzione additiva 1

Sebbene i primi macchinari 3D fossero in grado di stampare unicamente oggetti costituiti da materiali polimerici termoplastici, ad oggi i metodi additivi hanno dimostrato un’ottima versatilità anche per la creazione di parti metalliche, ceramiche, composite e biochimiche, il che ne ha promosso l’impiego in un’estesa varietà di campi che spaziano dalla fabbricazione di componenti meccaniche [2] alla realizzazione di prodotti commestibili [3]. A questo proposito, infatti, la ricerca relativa all’utilizzo di tali tecniche è in crescente sviluppo in molti settori tra cui principalmente il biomedico [4], l’aerospaziale [5] ed quello automobilistico [6].

(23)

La realizzazione di un oggetto con le procedure AM è di norma eseguita sulla base di geometrie tridimensionali preliminarmente generate attraverso software CAD (Computer-Aided Design) o ricavate tramite scanner 3D, fotocamere digitali o con l’ausilio di tecniche di fotogrammetria. Tali modelli vengono successivamente convertiti nei formati STL (Stereolithography File Format) o in alternativa AMF (Additive Manufacturing File Format) così da divenire l’effettivo input richiesto dalle stampanti [7]. Il supporto digitale non solo agevola la progettazione delle parti, ma ne garantisce anche un maggiore controllo dimensionale, permettendo la riduzione degli errori geometrici, dei difetti e delle distorsioni che inevitabilmente insorgono a seguito delle relative lavorazioni. Per queste ragioni, è buona norma avvalersi di metodi di precompensazione atti a modificare la geometria nominale del modello in previsione delle future deformazioni di natura chimica, meccanica e termica che determinano l’alterazione del manufatto [8], [9].

I macchinari a produzione additiva sono attualmente in grado di stampare oggetti ad alta precisione grazie al fatto che le dimensioni dei rispettivi layer costituenti possono anche raggiungere spessori micrometrici; da ciò, tuttavia, consegue che i tempi di fabbricazione possano in taluni casi dimostrarsi eccessivamente prolungati, rendendo le tecniche sottrattive ancora maggiormente competitive ed appetibili qualora si desiderasse realizzare lotti numerosi contraddistinti da geometrie semplici. Va inoltre specificato che la struttura stratificata tipica degli oggetti generati per mezzo delle tecnologie 3D possa favorire l’insorgenza di autotensioni che rischiano di alterarne le proprietà meccaniche e la qualità superficiale [10]: non di rado, dunque, allo scopo di produrre dei pezzi caratterizzati da un’elevata accuratezza dimensionale, è opportuna, se non necessaria, l’attuazione di operazioni di finitura, di norma effettuate manualmente o meccanicamente con l’ausilio dei processi convenzionali di asportazione e levigazione del materiale [11]. Appare quindi evidente che in generale la combinazione delle tecniche additive e sottrattive non solo sia possibile, bensì anche raccomandabile come garanzia di qualità del prodotto.

(24)

1.2 Tipologie di stampa 3D

Nel tempo sono state sviluppate svariate modalità di realizzazione delle parti attraverso processi additivi. Secondo la classificazione ASTM Standard F2792 [12], tali tecnologie di produzione possono essere catalogate in sette gruppi che includono Binder Jetting (BJ), Directed Energy Deposition (DED), Material Extrusion (ME), Material Jetting (MJ), Powder Bed Fusion (PBF), Sheet Lamination (SL) e Vat Photopolymerization (VP). Sebbene le relative modalità di produzione siano diverse, non sussistono discussioni secondo le quali una tipologia di stampa 3D sia migliore rispetto ad un’altra in quanto ognuna di esse è finalizzata ad applicazioni ben definite [13], [14]. Risulta altresì vero che tali procedure possano dimostrarsi più o meno mature in riferimento alle finalità per le quali sono state concepite. Lo stato del progresso tecnologico è infatti in continua evoluzione e viene in genere quantificato per mezzo dell’indice TRL (Technology Readiness Level) il cui valore spazia da un minimo di 1 (progettazione o al più invenzione del macchinario di stampa) ad un massimo di 9 (completo sviluppo ed inserimento competitivo della tecnica AM all’interno del mercato) [15].

1.2.1 Binder Jetting

Il Binder Jetting (BJ) è un processo di stampa 3D e di prototipazione rapida che consiste nella selettiva deposizione di un agente legante liquido (binder) su di un letto di polvere allo scopo di incollarne le particelle e realizzare la parte finale [16]. La tridimensionalità di quest’ultima viene ottenuta attraverso la successiva sovrapposizione di layer di polvere micrometrici, di volta involta investiti dal getto di legante. La tecnologia BJ è in grado di produrre oggetti costituiti da una vasta gamma di materiali tra cui metalli, sabbie, polimeri e ceramiche. La sua semplicità ed il contenuto costo di produzione rende questa tipologia di stampa tra le più versatili.

(25)

1.2.2 Directed Energy Deposition

Il Directed Energy Deposition (DED) è una modalità di stampa impiegata per riparare parti già fabbricate o per aggiungere nuovo materiale ad esse. Similmente a quanto avviene per l’estrusione, tale tecnologia consiste nell’apporto selettivo di materiale incandescente ricavato dalla fusione di una polvere iniettata nel raggio concentrato di un laser ad elevata potenza libero di muoversi lungo direzioni multiple [17]. Sebbene il DED sia in grado di processare anche materiali ceramici e polimerici, il suo impiego è ad oggi prevalentemente circoscritto alla lavorazione dei metalli, il che rende tale tecnica particolarmente versatile nel campo aerospaziale, nel settore delle autovetture ed in quello dell’industria petrolifera e del gas.

1.2.3 Material Extrusion

Il Material Extrusion (ME) è una tecnologia di stampa 3D che consiste nella realizzazione di oggetti attraverso l’estrusione di filamenti termoplastici. La sua principale applicazione prevede l’impiego di materiali polimerici e prende il nome di Fused Deposition Modelling (FDM) [18]. Le parti vengono ricavate per mezzo della sovrapposizione di layer riscaldati e depositati da un ugello libero di muoversi nello spazio seguendo un percorso legato alla geometria desiderata. Data la semplicità del processo, i processi ME sono tra gli esempi più economici di produzione additiva.

1.2.4 Material Jetting

La tecnica del Material Jetting (MJ) è un processo additivo che prevede la realizzazione delle parti per mezzo della deposizione selettiva di un materiale fotosensibile sotto forma di gocce espulse da una testina di stampa. Una volta rilasciate, tali gocce solidificano dal momento che vengono investite da una luce ultravioletta (UV) [19]. Gli oggetti prodotti attraverso le modalità di MJ sono caratterizzati da un’elevata accuratezza dimensionale e possono essere costituiti da materiali polimerici, ceramici, compositi e biologici.

(26)

1.2.5 Powder Bed Fusion

I processi di stampa Powder Bed Fusion (PBF) includono tecnologie quali Electron Beam Melting (EBM), Selective Laser Sintering (SLS) e Selective Heat Sintering (SHS). Tali operazioni additive impiegano un raggio di elettroni o un laser per fondere selettivamente insieme, o in alternativa sinterizzare, delle particelle costituenti un letto di polvere creato dalla sovrapposizione di più layer [20]. Tecniche di questo tipo, oltre che essere particolarmente costose a causa dell’elevato impiego di energia richiesta, possono realizzare parti costituite da materiali metallici, ceramici, polimerici e compositi che in genere non richiedono ulteriori trattamenti di finitura poiché caratterizzate da un’elevata accuratezza dimensionale.

1.2.6 Sheet Lamination

Le tecniche di stampa Sheet Lamination (SL) sono in grado di generare componenti tridimensionali attraverso l’unione di fogli sottili di materiale legati tra loro strato su strato. Tale adesione viene solitamente ottenuta per mezzo di ultrasuoni, laser o potenti fonti di calore [21]. Gli oggetti stampati con l’approccio SL sono comunemente metallici; i costi di produzione e i tempi di stampa sono inoltre contenuti.

1.2.7 Vat Photopolymerization

Le stampanti a Vat Photopolymerization (VP) permettono di ottenere delle parti solide indurite attraverso il curing di resine polimeriche fotoreattive inizialmente liquide che vengono investite da raggi laser, ultravioletti o luminosi [22]. Tra le più comuni tecniche di produzione di questo tipo, vi è sicuramente la stereolitografia di materiali plastici (SLA). I manufatti finali sono contraddistinti in genere da un’elevata accuratezza geometrica e da superfici esterne levigate.

(27)

1.3 Tecnologia Binder Jetting

Le tecnologie di manifattura additiva precedentemente introdotte possono essere ulteriormente raggruppate in tre principali categorie: sistemi a letto di polvere, sistemi alimentati a polvere e sistemi alimentati a filo [12].

Tra le diverse modalità di lavorazione appartenenti al primo gruppo, quella a Binder Jetting (BJ 3DP) sta riscuotendo sempre maggiore interesse in campo industriale. Come verrà meglio delineato all’interno del Capitolo 2, a differenza delle altre tecniche a letto di polvere che necessitano dell’impiego di raggi laser o di elettroni per effettuare la diretta sinterizzazione delle particelle, le sole operazioni di stampa a Binder Jetting sono portate a termine senza che vengano utilizzate fonti di calore o che sia indotta la fusione del materiale [23]: i trattamenti che conferiscono le effettive proprietà meccaniche finali alle parti sono infatti realizzati in un secondo momento all’interno di fornaci e per mezzo di opportuni cicli termici. Sebbene quindi le parti prodotte da una lavorazione a Binder Jetting non possano considerarsi di fatto ultimate, la suddivisione del relativo processo di fabbricazione permette a questa tecnologia additiva di risultare particolarmente versatile nella gestione di svariati materiali a pressione atmosferica ed a temperatura ambiente senza che siano richiesti notevoli consumi energetici [24]. Non subendo inoltre alcun effetto termico significativo, gli oggetti stampati, comunemente denominati green, non sono contraddistinti da deformazioni, distorsioni né autotensioni residue.

La mancanza di una fusione locale dei grani di polvere aumenta tuttavia la possibilità che il green si dimostri caratterizzato da un’eccessiva percentuale di porosità relativa, la quale tende ad ostacolare l’ottenimento di componenti ultime dense. A tal proposito, si tenga ad esempio in considerazione del fatto che la densità relativa dei pezzi metallici realizzati tramite stampa BJ e non ancora sottoposti ai trattamenti di post-printing e di sinterizzazione si aggiri perlopiù attorno al 40%-60% della densità teorica del materiale costituente, valore di molto inferiore rispetto a quelli tipici dei green generati per mezzo delle tecniche convenzionali di lavorazione delle polveri, i quali raggiungono potenzialmente dei tassi di compattazione superiori al 70% [25].

(28)

Da un punto di vista fisico, i pori di una parte possono costituire delle zone di concentrazione tensionale che rischiano di promuovere la formazione e la propagazione di cricche al suo interno qualora essa fosse sottoposta a processi termici e meccanici: risulta quindi opportuno che l’intero processo di stampa venga portato a compimento adottando degli accorgimenti atti a minimizzare la presenza di difetti che comprometterebbero la funzionalità del manufatto.

In letteratura sono presenti svariate testimonianze volte all’individuazione delle corrette correlazioni empiriche che legano le proprietà geometriche e meccaniche del manufatto finale agli innumerevoli parametri di stampa e di processo legati alla tecnologia BJ; i risultati, tuttavia, appaiono spesso contradditori, evidenziando che sia ancora necessario uno studio più approfondito del problema. Ad oggi, infatti, non è stata ancora formalizzata una vera e propria modellazione predittiva che permetta di selezionare a priori gli input ottimali tali da garantire la qualità del prodotto, complice anche il fatto che tale tecnologia di stampa sia relativamente recente rispetto a tipologie differenti di lavorazione additiva: basti pensare che l’indice TRL associato al Binder Jetting sia contenuto nel range 1-2, mentre invece la maturità di altre manifatture, quali ad esempio il Material Extrusion o il Powder Bed Fusion, sia maggiore e quantificata nello specifico da dei valori di TRL pari a 6-7 [15]. L’investimento nello studio del Binder Jetting è ad ogni modo supportato dalle evidenze sperimentali sinora ottenute che, insieme con l’ottima versatilità delle stampanti, fanno presagire che nel prossimo futuro tale modalità di fabbricazione possa potenzialmente divenire pienamente competitiva con le tecniche ordinarie di manifattura, sia grazie ai costi di produzione contenuti che in merito alla possibilità di realizzare pezzi contraddistinti da geometrie particolarmente complesse e da densità finali prossime al 100% [26], [27].

Le lavorazioni a Binder Jetting, inoltre, si prestano particolarmente bene alla ricerca: se da una parte, infatti, le operazioni di post-printing delle parti durino svariate ore, il solo processo di stampa avviene in tempi relativamente ridotti rispetto ad altre tecnologie AM. L’analisi del green permette dunque di comprendere in anticipo se i parametri ed i materiali scelti siano adeguati per la realizzazione del prodotto finale e rappresenta la base per una modellazione del problema nella sua interezza e complessità.

(29)

1.4 Obiettivi e descrizione del lavoro

Le motivazioni per le quali risulta attualmente precluso l’impiego del Binder Jetting nella produzione in serie su larga scala sono perlopiù da ricondurre al fatto che non sia ancora stato definito un modello di regolamentazione in grado di indicare con precisione quali siano le caratteristiche che devono possedere i materiali lavorati per garantire degli output di stampa di qualità. Nonostante la potenziale efficienza, tale tecnologia si dimostra infatti particolarmente complessa, inglobando al proprio interno diverse nozioni fisiche e chimiche di varia natura che non sempre agevolano la scelta ottimale degli innumerevoli parametri di processo coinvolti. Tra di questi, la microstruttura e la densità relativa delle polveri rivestono certamente un ruolo di cruciale importanza, condizionando direttamente le proprietà meccaniche e le caratteristiche geometriche dei manufatti finali.

Ad oggi, la maggior parte della bibliografia presente in letteratura approccia il problema da un punto di vista sperimentale “trial and error”, limitandosi a descrivere quali siano le condizioni di stampa migliori tra una rosa di possibilità analizzate. A tal proposito, questo lavoro si prefigge invece lo scopo di sviluppare un metodo predittivo che sia in grado di stimare a priori l’impatto che la distribuzione granulometrica di una certa polvere ha sulle caratteristiche della parte formata e sulle dinamiche che ne regolano la stampa. La tesi è comprensiva di un resoconto iniziale in cui sono delineate le principali nozioni in materia, di una sezione centrale dedicata alle miscele granulari a diretta disposizione per lo studio e di una terza parte finalizzata alla descrizione approfondita dei metodi di modellazione sviluppati. L’elaborato è stato organizzato attraverso la suddivisione in capitoli di seguito profilata.

All’interno del Capitolo 2 si espone il funzionamento della tecnologia Binder Jetting, distinguendo tra le fasi di effettiva stampa dei manufatti e quelle legate ai successivi processi termici di post-printing. La discussione è focalizzata sulla descrizione delle modalità operative specifiche della macchina 3D Innovent+ ExOne a disposizione. Viene riportata inoltre un’esaustiva revisione bibliografica atta a circoscrivere i principali parametri che governano la fabbricazione additiva dei pezzi, ponendo particolare attenzione circa la dipendenza della qualità delle componenti stampate dalla scelta delle polveri.

(30)

Le maggiori teorie di riferimento relative allo studio delle caratteristiche di packing di sistemi granulari sono annotate nel Capitolo 3. La trattazione ha lo scopo di individuare il tipo di legame che intercorre tra il grado di addensamento di un mezzo discreto, le caratteristiche geometriche dei grani costituenti e le rispettive modalità di impacchettamento. Viene inoltre offerta una panoramica sulle più comuni metodologie di modellazione numerica di tali problemi, introducendo quelle di fatto implementate per il presente lavoro. Nel Capitolo 4 si riporta una dettagliata descrizione delle polveri di acciaio AISI 316L e di allumina utilizzate in questa sede per la stampa a Binder Jetting. Vengono elencate le operazioni che hanno reso possibile la caratterizzazione sperimentale di entrambe le miscele, comprensive di analisi granulometriche e reologiche. Sono inoltre annotati i valori misurati in riferimento alle densità relative dei packing e dei letti di polvere depositati dalla macchina 3D sotto forma di sovrapposizione iterativa di layer aventi spessore micrometrico.

In corrispondenza del Capitolo 5 viene proposta una prima modellazione esclusivamente geometrica del problema di impacchettamento delle polveri, realizzata attraverso il cosiddetto algoritmo di Lubachevsky-Stillinger. A seguito di un’iniziale formulazione teorica del metodo, ulteriormente approfondita nell’Appendice A in coda all’elaborato, sono delineati e commentati diversi esempi applicativi, generati sia allo scopo di calibrare le simulazioni ricreate, sia per riprodurre problemi reali di ordine pratico, tra cui quelli inerenti alle due miscele granulari in esame.

All’interno del Capitolo 6 è infine descritta la logica che governa la modellazione dinamica dei sistemi discreti di particelle. A questo proposito, si anticipa che si sia ricorso all’utilizzo del software YADE al fine di simulare il comportamento fisico delle miscele granulari e di stimarne le principali caratteristiche. Vengono inoltre discusse le operazioni che hanno permesso la simulazione del processo di deposizione dei layer di polvere effettuato dalle macchine a Binder Jetting durante la fase di stampa dei letti.

Si precisa che le modellazioni numeriche siano state svolte con l’ausilio di un calcolatore equipaggiato con un processore esa-core Intel® Core™ i7-8750

e 16 GB di RAM. Le simulazioni computazionalmente più onerose hanno richiesto fino a circa otto ore per giungere a compimento.

(31)

BINDER JETTING

La tecnologia di manifattura additiva con metodo Binder Jetting (getto di legante) venne inizialmente sviluppata al termine degli anni ’80 dal MIT [28]. La stampa delle parti è realizzata per mezzo della deposizione selettiva di un liquido polimerico (binder) su di un letto di polvere, il quale agisce come agente legante allo scopo di unire, layer dopo layer, le particelle del materiale processato. La parte stampata non presenta alcuna proprietà meccanica rilevante e necessita di ulteriori lavorazioni di post-printing al fine di divenire il manufatto finale desiderato [29]. Tali operazioni, in genere, sono in ordine curing, de-powdering, debinding, sinterizzazione e finitura [30] (Figura 2.1).

(32)

2.1 Processo di stampa

La produzione di una parte viene inizializzata dalla macchina in funzione della geometria di un modello tridimensionale importato in formato .STL, tipicamente realizzato con software CAD. Un algoritmo interno alla stampante suddivide il contenuto del file 3D in una successione di layer bidimensionali di spessore prefissato che vengono successivamente convertiti negli effettivi input di stampa [28]. Come schematicamente mostrato in Figura 2.2, il processo Binder Jetting ha quindi inizio con la deposizione di un primo strato sottile di polvere riversato da una tramoggia su di una piattaforma di lavoro e successivamente livellato dal passaggio di un rullo in rotazione retrograda. La quota della piattaforma è fissata in modo tale che lo spessore del layer a passaggio del rullo ultimato sia pari a quello desiderato (in genere 50-100 μm). A questo punto, delle testine di stampa sono libere di muoversi lungo il piano X-Y e depositare in modo selettivo, attraverso degli appositi ugelli, il legante unicamente in corrispondenza delle zone designate dalle informazioni fornite in input dal file 2D. A stampa avvenuta, la piattaforma viene ribassata lungo la direzione verticale Z di una lunghezza pari a quella che contraddistingue lo spessore del layer successivo, la cui modalità di realizzazione è analoga a quanto finora descritto per il primo strato. Il processo di stampa è dunque ripetuto fino a quando la parte non risulta essere tridimensionalmente completata come sovrapposizione di layer bidimensionali [31].

(33)

Da quanto è possibile intuire osservando la Figura 2.3, la parte stampata, contenuta in quella che viene definita job-box, è costantemente circondata dalla polvere non legata, cioè quella non investita dal getto di legante. Tale effetto di confinamento ha un duplice risvolto positivo: innanzitutto non sono necessari supporti esterni che garantiscano la stabilità del manufatto prima dell’effettiva acquisizione delle corrispondenti proprietà meccaniche ed in secondo luogo vengono complessivamente prevenuti deformazioni e possibili danneggiamenti di un prodotto che per il momento risulta essere una semplice miscela di polvere e colla [16]. Grazie alla produzione per layer, la polvere non legata è in grado di riempire anche eventuali cavità che possono caratterizzare la geometria del manufatto, fornendo supporto strutturale dall’interno [9].

Figura 2.3: Job-box satura di polvere a fine processo di stampa

Non essendo soggetta ad alcun tipo di trattamento chimico o termico rilevante, la polvere non legata, successivamente asportata dalla parte durante il processo di de-powdering, può essere completamente riutilizzata per la realizzazione di una nuova stampa, minimizzando di conseguenza gli sprechi ed i costi associati al reperimento di nuovo materiale.

(34)

2.2 Operazione post-printing

Le operazioni di post-processing relative alla tecnologia di manifattura Binder Jetting sono comprensive di una serie di trattamenti fisici, chimici e termici che modificano la microstruttura della parte stampata, la quale è di fatto semplicemente costituita da un insieme di particelle di polvere reciprocamente incollate, trasformandola in un prodotto finito dotato delle proprietà geometriche e meccaniche desiderate. Tali lavorazioni sono potenzialmente in grado di ovviare ad eventuali difetti di stampa dovuti ad esempio alla stesura non uniforme del letto di polvere da parte del rullo piuttosto che alla deposizione non omogenea del legante a causa dell’occlusione di uno o più ugelli delle testine stampanti. Risulta altresì vero che queste procedure siano estremamente delicate in quanto, qualora non eseguite correttamente, rischierebbero di alterare, danneggiare o addirittura rompere la parte fabbricata, rendendola inutilizzabile.

Per tali ragioni è dunque necessario comprendere in modo approfondito le dinamiche che si sviluppano durante le stampe BJ nonché l’influenza che i vari parametri di processo esercitano sulle proprietà del manufatto finale così da garantire la produzione di parti di alta qualità.

Si sintetizzano di seguito le principali operazioni di post-printing.

2.2.1 Curing

A stampa conclusa, la parte prodotta si trova immersa nella polvere non legata all’interno della job-box. Quest’ultima viene rimossa manualmente dal macchinario e posizionata all’interno di una fornace al fine di sottoporre il pezzo ad un’operazione di curing. Tale processo termico dura dalle 2 alle 6 ore e viene eseguito ad una temperatura compresa tra 180°C e 195°C. Durante il trattamento, il costituente maggiormente volatile del legante evapora: sperimentalmente si è osservato che in corrispondenza del curing viene espulso oltre il 70% in massa del legante. La rimanente parte ha la funzione di sostenere la struttura ancora fragile della componente stampata e viene eliminata per mezzo dei successivi trattamenti di debinding e sinterizzazione.

(35)

2.2.2 De-powdering

A seguito del raffreddamento della job-box precedentemente sottoposta a curing, è possibile eseguire l’operazione di de-powdering. Essa consiste nella rimozione della polvere non legata per mezzo di opportuni aspiratori e pennelli. La polvere asportata viene successivamente setacciata e reimmessa all’interno della tramoggia della stampante al fine di poter essere utilizzata nuovamente. La parte legata dal binder prende invece il nome di green. Le sue proprietà meccaniche risultano essere ancora particolarmente scadenti e la sua geometria nominale è in linea con quella di progetto. In Figura 2.4 si riportano rispettivamente tre campioni di green realizzati in acciaio AISI 316L ed una scansione SEM che ne mostra la microstruttura [32]: risulta evidente come le singole particelle della polvere siano ancora ben distinguibili e semplicemente incollate le une alle altre per mezzo del legante non evaporato.

Figura 2.4: Campioncini di green in acciaio 316L [32]

2.2.3 Debinding

L’operazione successiva del processo di post-printing prevede che venga rimossa dal green la rimanente parte del legante polimerico organico, in analogia a quanto avviene per le tecniche convenzionali di lavorazione delle polveri quali ad esempio quelle di Metal/Ceramic Injection Molding [33].

Eventuali residui di binder all’interno della parte potrebbero infatti compromettere le caratteristiche del materiale. Il composto organico racchiuso

(36)

nei pori dell’oggetto stampato, infatti, oltre a falsarne la valutazione della densità finale, rischierebbe di inficiarne le proprietà meccaniche e di promuovere la formazione di difetti. Un elevato quantitativo del contenuto di carbonio causerebbe inoltre l’abbattimento della resistenza a corrosione e della duttilità delle parti costituite da polveri di acciaio inossidabile favorendo la precipitazione di carburi [34].

Il debinding consiste in un trattamento termico mirato alla degradazione del legante polimerico per mezzo dei meccanismi di pirolisi ed ossidazione. A causa dei fenomeni di trasporto e diffusione (flusso capillare, permeazione), i prodotti della decomposizione termochimica sono espulsi sotto forma di fase gassosa dal green attraverso i suoi pori, come mostrato in Figura 2.5 [35].

I tempi dell’operazione e le temperature del ciclo termico devono essere definiti in modo tale da garantire la massima espulsione di legante ed evitare eventuali danneggiamenti della parte nonché la formazione di bolle al suo interno che potrebbero generarsi qualora la pressione del vapore prodotto dalla degradazione del polimero sia superiore a quella della fornace esterna. Le operazioni di debinding durano dalle 2 alle 6 ore e sono svolte a temperature di 300°C-600°C in atmosfera controllata [27], [36]. La scelta dei parametri di processo dipende strettamente dai materiali costituenti polveri e leganti.

Al termine del debinding si ottiene una parte porosa ed estremamente fragile denominata brown costituita fondamentalmente dalla sola polvere priva di legante disposta secondo la geometria desiderata. La densità relativa associata è simile a quella del green e solitamente compresa nel range 50-70%.

(37)

2.2.4 Sinterizzazione

La sinterizzazione è un processo termochimico, cinetico e diffusivo che consente attraverso il movimento di atomi allo stato solido di legare irreversibilmente le particelle costituenti il brown così da compattarlo, riducendone il quantitativo dei vuoti interni ed aumentandone la densità. I parametri di processo, quali temperatura, pressione, tempo e atmosfera di sinterizzazione, vengono calibrati in modo tale che la parte finale sia contraddistinta da una microstruttura il più possibile omogenea e continua e da proprietà meccaniche comparabili con quelle dei prodotti ottenuti dalla fusione. Come schematicamente illustrato in Figura 2.6, l’operazione di sinterizzazione, realizzata in opportune camere ad ambiente controllato a temperature generalmente dell’ordine di 0.8 volte quella di fusione del materiale processato, può essere suddivisa in tre fasi: una iniziale, una seconda intermedia ed una conclusiva [37].

Da un punto di vista microscopico, durante la prima fase si assiste alla formazione di giunzioni tra due o più particelle in corrispondenza del loro punto di contatto. Tali collegamenti si accrescono nel tempo a seguito di diversi meccanismi di trasporto che causano la migrazione di materia dalle particelle verso di essi, divenendo quelli che sono in gergo definiti colli [28]. La fase iniziale è contraddistinta da un tasso di densificazione ridotto del 2-3% e da pori angolosi che iniziano a restringersi [32].

Durante la fase intermedia, la microstruttura della parte è ancora caratterizzata da piccole cavità interne, tuttavia i colli risultano sufficientemente larghi da sovrapporsi reciprocamente. La densità relativa raggiunta dal manufatto è solitamente superiore al 90%;

(38)

In corrispondenza della fase finale, i pori che la sinterizzazione non è riuscita a chiudere completamente presentano una geometria pseudo-sferica e possono trovarsi sia in corrispondenza di una giunzione tra grani espansi che all’interno dei grani stessi. La densità del pezzo finale è particolarmente elevata e tipicamente superiore al 96% per le parti metalliche ottenute da polvere di acciaio [38]; sotto opportune condizioni, la densità può raggiungere picchi del 98.7% [36]. Al crescere della densificazione, aumenta parallelamente la deformazione della parte: qualora questa sia contraddistinta da una geometria simmetrica, il suo ritiro risulterebbe lineare (Figura 2.7) con entità solitamente circoscritte nel range 10-20%, mentre invece per i manufatti con forme complesse possono insorgere tensioni interne e distorsioni [39].

Figura 2.7: Confronto dimensionale tra brown e parte finale sinterizzata [32]

La scelta dell’atmosfera di sinterizzazione ricopre un ruolo di cruciale importanza per l’ottenimento di parti di qualità, soprattutto qualora vengano processate polveri metalliche: una densificazione in aria, infatti, potrebbe generare ossidazioni interne al manufatto che ne ridurrebbero le prestazioni: per tali ragioni, la fabbricazione di parti in acciaio viene in genere eseguita in idrogeno, vuoto o gas inerte (Argon, Elio), in modo tale da controllare il processo stesso di sinterizzazione ed i relativi meccanismi di trasporto.

Svariate evidenze sperimentali, dimostrano che l’impiego di additivi bassofondenti, tra cui principalmente il Boro [40], garantisce l’ottenimento di densità maggiori della parte finale. Operazioni addizionali di post-processing, come ad esempio quelle di infiltrazione con Bronzo, possono inoltre conferire alla parte migliori prestazioni meccaniche durante la sinterizzazione [41].

(39)

2.3 Stampante Innovent+ ExOne

La lavorazione delle parti è stata effettuata in questa sede tramite l’ausilio della stampante Innovent+™ di ExOne 3, azienda leader mondiale per quanto

concerne la manifattura additiva. Il macchinario, primo in Italia per la produzione 3D di materiali metallici e ceramici con tecnologia Binder Jetting a letto di polvere, è attualmente ospitato presso il Campus di Bovisa del Politecnico di Milano all’interno del Laboratorio Interdipartimentale FUNTASMA 4 (FUNcTionAl Sintered MAterials), il quale è stato costituito

nell’anno 2⸱017 grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Meccanica

(MECC), il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica (CMIC), il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (DABC), ed il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICA). La presenza delle due fasi distinte di stampa e consolidamento tramite sinterizzazione nel processo realizzativo ha reso infatti necessario un approccio multidisciplinare che fosse in grado di unire l’aspetto modellistico multiscala a quello sperimentale allo scopo di ottenere componenti funzionali e tecnologicamente avanzate.

Innovent+ (Figura 2.8) è un dispositivo di stampa tridimensionale di ingombro ridotto (1.203×1.016×1.434m3), ideale per supportare la formazione

e la sperimentazione nel campo della produzione additiva in ambito accademico, nei laboratori ed in altri settori di ricerca e sviluppo. In linea con le altre tecnologie Binder Jetting, la stampante è in grado di processare un’ampia varietà di materiali, tra cui metalli, sabbie e ceramici, molti dei quali necessitano di operazioni di post-printing addizionali atte a conferire alle parti realizzate le proprietà meccaniche desiderate. A tal proposito, i colleghi Azzollini e Meneghetti hanno utilizzato la stampante in questione per produrre delle componenti in acciaio AISI 316L successivamente sottoposte a curing (forno Yamato DX-412C), debinding (forno ad aria Carbolite GPC 12/36-3216) e sinterizzazione (forno in vuoto HT-S1 LPC) [32].

(40)

Figura 2.8: Stampante 3D Innovent+ di ExOne 5

Come osservabile in Figura 2.8, la stampante è comprensiva di un display esterno Full HD multi-touch che permette di revisionare le geometrie dei modelli CAD in input, agevolando all’utente la gestione dei parametri di stampa di seguito riportati.

La sezione inferiore del macchinario contiene un vano all’interno del quale sono alloggiate le taniche di rifornimento dei sistemi deposizione del legante polimerico e di pulizia dell’impianto idraulico. La parte superiore è costituita da una teca all’interno della quale sono contenuti i meccanismi che realizzano il processo di stampa vero e proprio, mostrati in Figura 2.9.

(41)

Le operazioni svolte da una macchina ExOne Innovent+ si susseguono in modo simile a quanto avviene per le altre stampanti Binder Jetting, ma con qualche differenza tecnologica volta all’ottimizzazione del processo di realizzazione del green in uno spazio di lavoro relativamente contenuto.

Nello specifico, una tramoggia mobile si colloca sopra la job-box all’interno della quale sarà ultimata la parte e vi scarica per vibrazione un sufficiente quantitativo di polvere (Figura 2.10-a). Le particelle depositate vengono livellate sotto forma di layer da un rullo in rotazione retrograda durante il ritorno alla posizione iniziale della tramoggia cui è agganciato (Figura 2.10-b). Una testina stampante mobile, di cui viene riportato il dettaglio in Figura 2.11, rilascia selettivamente delle goccioline di legante attraverso i suoi 256 ugelli in corrispondenza delle designate zone del letto (Figura 2.10-c). In seguito, la base della job-box viene abbassata per mezzo di un pistoncino a cui è collegata in modo tale da consentire la stesura di un nuovo strato di polvere durante il successivo ciclo (Figura 2.10-d). La stampa del layer termina con il passaggio di una lampada riscaldante, agganciata alla tramoggia sul lato opposto rispetto al rullo, il cui scopo è quello di irradiare il letto di polvere così da eseguire una sorta di pre-curing del binder (Figura 2.10-e).

(42)

Figura 2.11: Ugelli della testina di stampa del binder polimerico 6

La job-box metallica dentro cui prende forma il manufatto stampato ha dimensioni ridotte e pari a 160 × 65 × 65 mm3 (Figura 2.12-a); come anticipato,

il suo basamento è libero di traslare verticalmente in modo tale da poter gradualmente scendere di step pari allo spessore di layer desiderato e permettere così la stesura dei vari strati di polvere da parte del rullo.

A stampa conclusa, la componente realizzata è interamente immersa nella polvere non legata che compone il letto. Allo scopo di agevolare il processo di de-powdering, la base della job-box viene sollevata così da far emergere la parte in superficie: in tal modo, la polvere non legata che tracima viene convogliata in un contenitore circostante, all’interno del quale è presente anche la polvere in eccesso precedentemente riversata dal rullo durante i relativi passaggi di appianamento dei layer (Figura 2.12-b). Tutta la polvere sfusa di recupero può essere a rigore reinserita all’interno della tramoggia per essere impiegata nella realizzazione di nuove stampe.

Figura 2.12: Job-box della stampante Innovent+ 7

6 https://www.exone.com/en-US/case-studies/what-is-binder-jetting 7 http://erictridas.weebly.com/binder-jet-printing.html

(43)

La macchina Innovent+ si dimostra particolarmente versatile anche per quanto riguarda le modalità di inizializzazione degli input di stampa poiché è provvista di un software che permette di definire manualmente ed in modo particolarmente semplice svariati input di processo, tra cui principalmente:

Input di Stampa BJ Descrizione

Layer Thickness [μm] Distanza di graduale abbassamento del basamento della job-box Recoat Speed [mm/s] Velocità della tramoggia durante la deposizione della polvere

Oscillator Speed [%] Tasso di vibrazione della tramoggia durante la deposizione della polvere Roller Speed [mm/s] Velocità traslazionale del rullo durante l’appiattimento dei layer Roller Rotational Speed [rpm] Velocità rotazionale del rullo durante l’appiattimento dei layer

Drying Time [sec] Durata di esposizione del letto di polvere alla lampada riscaldante Drying Power [%] Intesità dell’irraggiamento generato dalla lampada riscaldante Saturation Level [%] Rapporto tra volume occupato dal legante e volume dei vuoti nella polvere

Tabella 2.1: Parametri di stampa Binder Jetting

I parametri di stampa riportati in Tabella 2.1 governano le modalità di realizzazione delle componenti e, per tale ragione, la loro scelta deve essere effettuata in maniera particolarmente oculata. Se da una parte risulti infatti vero che la macchina sia in grado di processare polveri composte da materiali differenti e contraddistinte da grani di dimensioni potenzialmente variabili nel range 2-100 μm (D50), non è necessariamente garantito che le parti finali risultino di qualità. Tali input, insieme con le caratteristiche fisiche e geometriche delle polveri, le proprietà dei materiali costituenti ed i parametri di processo associati alle operazioni di post-printing, concorrono nella definizione delle prestazioni meccaniche e dell’accuratezza geometrica del manufatto finale secondo modalità ad oggi non ancora studiate in modo esaustivo nella letteratura scientifica.

Si precisa inoltre che, non essendo la stampante Innovent+ ottimizzata per la produzione industriale in serie, la durata di realizzazione può rivelarsi in taluni casi particolarmente prolungata (la capacità massima di stampa è di circa 166 cc/ora). A questo proposito, ad esempio, risulta ovvio che la scelta di uno spessore di layer pari a 200 μm (il massimo impostabile) permetta di concludere la produzione in tempi di gran lunga più contenuti rispetto a quelli associati alla stesura di strati spessi 30 μm (il minimo impostabile), tuttavia la definizione di tale parametro, oltre che essere strettamente legata alla granulometria della polvere, influenza drasticamente la porosità del letto.

(44)

2.4 Parametri di Processo

Come anticipato al Paragrafo 1.3, la stampa tridimensionale Binder Jetting è ancora una tra le modalità di manifattura additiva meno mature: nelle prime fasi del relativo sviluppo tecnologico appare dunque naturale che l’obiettivo primario sia quello di comprenderne a pieno le capacità ed i limiti applicativi. A questo scopo, gli ambiti accademici e di ricerca ben si prestano allo studio delle dinamiche che governano le singole operazioni di fabbricazione delle componenti, perseguendo il continuo miglioramento delle proprietà finali dei pezzi lavorati e ponendo delle solide basi per far sì che tale processo produttivo possa essere trasposto dalla semplice prototipazione all’impiego sul larga scala nel contesto industriale [16].

In letteratura è ad oggi presente un quantitativo ridotto di articoli inerenti alla tecnologia BJ, la maggior parte dei quali si limita a descrivere le modalità sperimentali con cui vengono realizzati provini dalle geometrie semplici. Nella maggior parte dei casi, i risultati ottenuti dipendono fortemente dalle specifiche operazioni svolte e non sono di conseguenza generalizzabili per altri materiali e sistemi di stampa a causa dell’attualmente esigua conoscenza della fisica del problema: non è ancora infatti prevedibile l’effettiva incidenza sulla produzione apportata dalla variazione dei macchinari, delle polveri, del legante e delle altre variabili di processo ed ulteriori analisi di approfondimento si dimostrano necessarie. Un sostanziale contributo al perfezionamento del processo Binder Jetting può essere fornito dallo sviluppo di modelli predittivi avanzati. Questi ultimi, tuttavia, per risultare sufficientemente consistenti, devono essere calibrati in funzione di un elevato numero di evidenze empiriche, al momento non disponibili.

I riscontri sinora ottenuti hanno evidenziato che una moltitudine di parametri contribuisce alla definizione delle caratteristiche finali delle componenti fabbricate: questi includono, ad esempio, la granulometria delle particelle della polvere, la scelta dello spessore dei layer depositati, la temperatura di sinterizzazione, il tempo totale di debinding, la composizione del legante polimerico e svariati altri [43].

Riferimenti

Documenti correlati

L’innovazione digitale è entrata nella vita dei pazienti ed è destinata a rimanervi, cambiando radicalmente la gestione della malattia e il rapporto..

ColdPeak è un innovativo sistema di stoccaggio di energia frigorifera basato su materiali a cambio di fase (PCM – Phase Change Materials) e accoppiato ai dispositivi tradizionali

8.  Produzione a processo continuo unita alla preparazione dei prodotti per la vendita tramite metodi di produzione a grandi lotti o di massa 9.  Produzione a processo continuo

Per questo motivo è coadiuvato da un attuatore ottico, sostanzialmente uno specchio basculante, che permette di orientare l’immagine prodotta dai microspecchi traslandola

In relazione all’ oggetto, si invita codesta Società a partecipare alla presente procedura per la fornitura di stampante 3D a polveri polimeriche con servizio di

2) Nei casi i quali le righe sono troppo profonde sarà necessario ripetere il lavoro applicando anche un primer riempitivo, carteggiare opportunamente preparando la

La cultura della materia prima e il correlato investimento nella ricerca derivano sia dalla formazione della designer, a lungo impegnata in questo settore, sia dalla convinzione che

poi vi sono sempre degli strumenti; mentre gli unici strumenti dell’uomo pre- tecnologico sono gli occhi per osservare e le mani per realizzare,