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Di alcuni particolari aspetti del problema dell'origine dell'agricoltura (Parte II)

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Di alcuni particolari aspetti del problema

dell'origine dell'agricoltura

Il significato dei sacrifici umani nell'ambito delle primitive ci-viltà coltivatrici

Le considerazioni del Fornari, più che illustrarci i processi di genesi della domesticazione, dell'allevamento di animali e la coltivazione di piante, ci pongono in evidenza la diversità di atteggiamento psicologico che c o n t r a p p o n e il cacciatore e il rac-coglitore all'allevatore e al coltivatore.

Il complesso di colpa p r o p r i o del cacciatore n o n sfocia in un allevamento di tipo domesticante, m a può aver favorito, come si è visto, l'acquisizione di animali domestici dai coltiva-tori-allevatori. E ' solo p e r questo t r a m i t e che le popolazioni cacciatrici si trasformano in popoli pastori. Di solito, questi passaggi e scambi di elementi culturali di carattere tecnico-eco-nomico sono favoriti dall'esistenza, in ambienti marginali, di popolazioni seminomadi ad economia mista : coltivazione, alle-vamento, caccia. La coltivazione, p r i m a dell'introduzione dello aratro, viene infatti solitamente p r a t i c a t a dalle donne, gli uomini r i m a n g o n o così disponibili p e r l'allevamento e la caccia (61).

Si è poi d'accordo con Fornari, come si è t r a t t a t o in prece-denza in specifiche pubblicazioni (62), che, c o n t e m p o r a n e a m e n t e all'acquisizione del nuovo genere di vita : di coltivazione o pasto-rale, nasce u n a corrispondente concezione del mondo, religione, ideologia.

Prezioso è il c o n t r i b u t o del F o r n a r i p e r spiegare l'esistenza dei sacrifici u m a n i , della caccia alle teste e di altre pratiche cruente, presso diversi popoli coltivatori.

Infatti, anche se n o n accenna espressamente a questo pro-blema, q u a n d o precisa che tre sono « le necessità effettive di base della condizione u m a n a : la necessità di violenza, la

neces-sità di colpa e la necesneces-sità di a m o r e » (64) e che il s u p e r a m e n t o

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di queste t r e necessità antitetiche avviene nell'ambito della ne-cessità di amore-riparazione, egli ci fa c o m p r e n d e r e come, p r e s s o

taluni popoli coltivatori primitivi di per sé pacificamente orien-tati, in q u a n t o t r a essi n o n esistono miraggi di conquista né stratificazione sociale, né quindi lotta di classe, la necessità di violenza n o n sufficientemente s u p e r a t a si esplichi in manifesta-zioni cruente e crudeli, quali la caccia alla testa, i sacrifici u m a n i , il sacrificio di animali (in sostituzione di quelli u m a n i ) , lo stesso cannibalismo.

Come fanno n o t a r e gli etnologhi, si t r a t t a s e m p r e di pra-tiche rituali, istituzionalizzate (anche t r a queste popolazioni l'assassinio c o m u n e ovviamente n o n è ammesso), m a in esse il p u n t o più essenziale e culminante è sempre l'uccidere.

P u r e la t o r t u r a n o n s e m b r a essere accidentale in questi riti : t r a i Naga, cacciatori di teste dell'Assam, ad esempio, l'animale del sacrificio, dopo essere stato b a s t o n a t o a lungo, viene gettato a terra. I giovani danzano i m p i e t o s a m e n t e sul suo corpo, calpe-standolo sino a che r i m a n e t r a m o r t i t o . Solo il giorno successivo, dopo altre torture, viene colpito con u n a lancia, e spesso ancor vivo viene sventrato e svuotato crudelmente delle viscere (65). T r a t t a m e n t i analoghi sovente subiscono anche le vittime umane, come d o c u m e n t a a m p i a m e n t e l'opera II Cannibalismo di Volhard (66).

La messa a m o r t e è effettuata di solito da u n personaggio di grande influenza, di rango elevato. Tra i Marind Anim della Nuova Guinea è c h i a m a t o « il p a d r e che uccide » (67).

Tali p r a t i c h e cruente rituali sono specifiche di popolazioni coltivatrici primitive ubicate in India, Indonesia orientale, Nuova Guinea, Africa, America del N o r d e del Sud (68).

Il folklore europeo n o n m a n c a di riferimenti a sacrifici u m a n i , come d o c u m e n t a a m p i a m e n t e l'Eliade (69). Così, in certe regioni della Germania, il forestiero che si appressa al c a m p o al m o m e n t o della m i e t i t u r a viene minacciato di m o r t e : « Gli

uomini sono pronti, le falci sono curve... di uccidere il signore si tratta... ». Altrove si giunge a sfiorargli il collo con il falcetto.

Varie sono le spiegazioni : p e r lo più, li si i n t e r p r e t a n o come riti di fecondità (70). Jensen precisa che t u t t i questi popoli (o p r e s u m i b i l m e n t e i loro antenati, nel caso degli Europei) credono ad u n p a s s a t o p r i m o r d i a l e nel quale sulla Terra vivevano

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n o n gli uomini, m a divinità mitiche : i dema. E ' dalla m o r t e di questi particolari esseri che traggono origine le piante ali-mentari, e, più in generale, il nuovo ordine. Per cui l'uccisione rituale di u n uomo, di un animale, non è che la ripetizione (e quindi il consolidamento) dell'episodio s u p r e m o primordiale, su cui t u t t a la realtà p r e s e n t e è fondata e che così, con la ripe-tizione, viene consolidata e garantita. E' in questo m o d o che l'uomo o l'animale immolati r a p p r e s e n t a n o l'essere divino stesso, il dema che, come nell'atto primordiale viene ucciso. Ecco quindi che presso questi popoli tali immolazioni n o n si possono definire in senso p r o p r i o con il termine di « sacrificio ». La divi-nità n o n può essere offerta, sacrificata a se stessa.

A noi s e m b r a tuttavia che questi riti, la particolare religione nel cui a m b i t o rientrano, n o n costituiscono che il modo, l'occa-sione e insieme la giustificazione con cui questi popoli orientati verso u n a vita pacifica, di cooperazione con la N a t u r a vivente e spesso con gli altri popoli, liberano il loro bisogno profondo di aggressiva violenza.

Il sacrifìcio di animali presso i popoli pastori

E ' significativo che riti d'uccisione di esseri u m a n i e di animali, cannibalismo, caccia alle teste, siano m o l t o più ridotti presso civiltà la cui economia sia b a s a t a sulla violenza e aggres-sione ad animali o a uomini. Abbiamo sopra illustrato l'esempio dei popoli cacciatori ; possiamo ora aggiungere quello dei pa-stori. Innanzitutto, occorre precisare che, in genere, i popoli allevatori n o n utilizzano quasi m a i gli animali allevati come fonte di carne. Quasi sempre infatti muoiono di m o r t e naturale. Gli alimenti principali dei p a s t o r i sono infatti costituiti dal latte e derivati, nonché dal sangue e s t r a t t o con un salasso dal collo (nel caso, ad es., dei bovini) o dalla fronte ( a d es. nelle pecore). Ciò perché l'impostazione del genere di vita, l'orienta-m e n t o ideologico, sono volti in l'orienta-m o d o spiccato e totale alla prote-zione, allo sviluppo, alla riproduzione degli animali allevati.

I r a p p o r t i dell'uomo verso questi sono sempre basati sullo a m o r e e sul rispetto. Sono chiamati per nome, sono n u t r i t i con cura. Ecco quindi che l'uccisione degli animali è effettuata in genere solo p e r motivi rituali. Gli animali sacrificati vengono offerti (spesso come primizie) alle divinità (in genere l'Essere

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Supremo), anche se le carni vengono poi utilizzate come ali-mento, p e r sovvenire alla necessità di proteine della popolazione che h a effettuato il sacrificio. Questo si n o t a (72) t r a i popoli allevatori di renne dell'Asia e dell'Europa settentrionale, come i Samoiedi, i Koriaki, i Ciukci, i Lapponi, i Jakuti; gli

alleva-tori di cavalli, quali i Kirghisi, i Ceremissi, i Kazachi, i W o t j a k i , i Calmucchi; gli Araucani e gli Aymara allevatori di l a m a ed alpaca dell'America del S u d ; gli allevatori di bovini dell'Africa, come i Galla (Etiopia), gli Afar, i Saho (Somalia), i Fula ( S u d a n ) , i B a n t ù n o r d e sud orientali (quali i Banyoro, i Banyanko, i Bakitara), gli Herero, i Nilotici allevatori (quali i Nandi, gli Scilluk, gli Acioli, i Dinka, i Nuer e gli Armak), ed altri come gli Ottentotti, i T u r k a n a , i Masai ; gli allevatori africani di d r o m e d a r i , come i Tuareg ; quelli di cammelli del S u d a n cen-t r a l e ; gli allevacen-tori di maiali della Melanesia. Alcuni di quescen-ti popoli, come i T u r k a n a ed i Masai del Kenia, e gli Jie della Uganda, q u a n d o , p e r carestia, o c o m u n q u e p e r necessità, deb-bono uccidere degli animali, o li fanno uccidere da u o m i n i di altre tribù, o li s c a m b i a n o con animali di questi, in m o d o che l'allevatore n o n uccide m a i le p r o p r i e bestie (73). I Masai ed i Lapponi, inoltre, cercano di m a n g i a r e la carne di nascosto, come per significare che il p a s t o sacrilego n o n avviene.

E ' o p p o r t u n o aggiungere che, m e n t r e presso i popoli primi-tivi coltivatori s o p r a illustrati, l'uccisione rituale era effettuata in m o d o cruento con versamento di sangue e talora in forma crudele, sadica, t r a i p a s t o r i l'uccisione avviene con t u t t i gli accorgimenti che p e r m e t t o n o di evitare lo s p a r g i m e n t o

di sangue, come lo strangolamento, i n t e r p r e t a t o a p p u n t o dal Lanternari (75) come u n a tecnica p e r annullare l'uccisione me-desima. Infatti, in tal modo, l'animale n o n effonde sangue, n o n esala respiro. Conserva cioè tutti gli elementi vitali e quindi

a lui, secondo la m e n t a l i t à del primitivo, n o n viene tolta la vita. Il sacrificio p e r s t r a n g o l a m e n t o è diffuso nella più vasta e tipica regione p a s t o r a l e del m o n d o , quella dell'Asia centro-setten-trionale (76), ed è specifico anche dei popoli più specificamente pastori dell'Africa. H e r m a n n s (77) infatti illustra le tecniche di s t r a n g o l a m e n t o di Tibetani, Samoiedi, Ostjaki, Tungusi, antichi Magiari, e r i p o r t a documentazioni r i g u a r d a n t i l ' I n d i a ; p e r la Africa cita gli allevatori di bovini Masai e Nandi. E ' interessante

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n o t a r e che E r o d o t o (78) attribuisce analoghe tecniche di sacri-ficio agli Sciti. Esse, secondo H e r m a n n s (79) erano praticate anche dagli antichi Iranici.

Ma c e di più : presso i popoli pastori esiste, e s e m b r a più antica o forse, secondo J. Haeckel, a d d i r i t t u r a originaria, la

tec-nica di offrire all'Essere S u p r e m o animali vivi. Egli riferisce che i Samoiedi della Siberia, allevatori di renne, a b b a n d o n a n o nella steppa, in segno di offerta alla divinità, alcuni animali delle loro mandrie. In pari m o d o , presso le popolazioni dell'Asia Cen-trale allevatrici di cavalli, quali i Tungusi, i Jakuti, i Tatari, i Buriati, liberano nella steppa singoli animali ( t u t t e le cavalle bianche t r a i Tungusi) od anche u n ' i n t e r a m a n d r i a di cavalli con i loro puledri, come u s a v a n o in origine i J a k u t i (80).

Analogo fine (di offerta senza uccisione) è raggiunto da alcune popolazioni pastorali africane (81): gli Herero, allevatori di bovini dellAfrica sud-occidentale, consacrano agli antenati alcuni capi che c o n t i n u a n o ad allevare in loro onore e quindi non possono né uccidere né vendere. Questo costume si riscontra anche tra i Ciuana ( B a n t ù sud-orientali), i Kuvele, i Nyaneka, i Dimba, gli Ambo ( t u t t e t r i b ù di B a n t ù carnitizzati dell'Angola). In particolare tra i Nyaneka il re consacra u n bue agli antenati e questo ne diventa la personificazione, p e r cui riceve onori e venerazione da p a r t e di t u t t a la popolazione.

Comparazione sotto l'aspetto psicologico e genetico del sacri-ficio presso coltivatori e pastori

Giunti a questo p u n t o , p o s s i a m o effettuare un confronto tra le tecniche con cui realizzavano il sacrificio le primitive popo-lazioni cacciatrici, coltivatrici e pastorali, porle in relazione con il rispettivo genere di vita e a s t r a r n e così l'intimo significato psicologico.

Se le tre necessità affettive che, secondo Fornari (82), carat-terizzano la condizione u m a n a sono : il bisogno di violenza, quello di colpa e quello di amore, è chiaro che il comporta-m e n t o psicologico delle popolazioni il cui genere di vita è b a s a t o sull'aggressione e sulla violenza sarà caratterizzato da u n pro-fondo senso di colpa e da u n a l t r e t t a n t o forte bisogno di amore. Ecco quindi che, come a b b i a m o fatto n o t a r e in precedenza,. presso le tribù cacciatrici, la cui economia è c e n t r a t a essenzial-mente

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sull'uccisione della selvaggina, si sviluppano riti che espri-m o n o p r o f o n d a espri-m e n t e il senso di colpa di cui i c o espri-m p o n e n t i della t r i b ù si sentono invasi p e r l'animalicidio c o m p i u t o : il t r a t t a r e l'animale come se fosse vivo, per a n n u l l a r n e l'uccisione, il desi-derio di trasferire la colpa ad altre persone n o n a p p a r t e n e n t i alla tribù, la richiesta di p e r d o n o al Signore degli animali, la offerta delle ossa e di altre p a r t i dell'animale perché possa ri-nascere, ecc.

Considerazioni sul c o m p o r t a m e n t o degli animali in relazione a quello p r o p r i o dei cacciatori e l'ambientazione specifica di questi ci h a n n o d i m o s t r a t o che generalmente il cacciatore n o n diventa in via diretta u n allevatore con conseguenze domesticanti. Al g r u p p o delle culture caratterizzate da u n ' e c o n o m i a orien-t a orien-t a verso la violenza e l'aggressione sono da ascrivere anche le

popolazioni pastorali. Queste, infatti, t r a n n e il caso di quelle

marginali ancora semi-cacciatrici e c o m u n q u e lontane dai centri agricoli che possono offrire l ' o p p o r t u n i t à a frequenti scorrerie e rapine, a b b i n a n o solitamente all'allevamento del b e s t i a m e la aggressione p r e d a t o r i a . Questa, presso le popolazioni più specia-lizzate in tal senso, si trasforma in attività di conquista militare. Arii, E b r e i ( c o m e t r i b ù pastorali che c o n q u i s t a r o n o la t e r r a di Canaan), Sciti, Unni, Ungari, Bulgari, Mongoli, Arabi, i pastori camiti o camitizzati d'Africa, ecc. sono tutti e s e m p i protostorici e storici ben noti che si affiancano a quelli sopra illustrati delle tribù dei pastori-guerrieri dell'Europa preistorica e facenti parte della cultura Seine-Oise-Marne (Francia), delle culture del

mar-tello da combattimento ( E u r o p a centro settentrionale), delle

culture dei Globular Amphora Makers ( E u r o p a centro-orientale). Ecco quindi che queste popolazioni s u p e r a n o il loro complesso di colpa p e r le aggressioni e le rapine perpetrate, riversando t u t t o il loro a m o r e sulle greggi e sulle m a n d r i e di animali reli-giosamente allevati.

Ecco che allora si spiega come in genere i p a s t o r i n o n ucci-dono, neanche p e r utilizzarli, gli animali allevati. Se è neces-sario utilizzarli p e r p r o c u r a r s i u n a s e p p u r m i n i m a dieta proteica carnea, l'uccisione viene ritualizzata in diversi modi, m a p e r lo più come offerta alla divinità.

Come fa n o t a r e il L a n t e r n a r i (83), la contrarietà ad uccidere animali, che nei cacciatori si rivela nelle varie preoccupazioni

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rituali post necem, presso gli allevatori si manifesta vivamente

in ipsa nece.

Diversa è la posizione dei coltivatori. Questi vivono in per-fetta cooperazione con il m o n d o vegetale (e animale, nel caso di economia mista b a s a t a sulla coltivazione e sull'allevamento). La strutturazione dei loro r a p p o r t i nei riguardi delle altre tribù è sovente del t u t t o pacifica. Ecco quindi che presso queste popo-lazioni coltivatrici il bisogno di violenza viene scaricato ritual-m e n t e sull'uoritual-mo. Sacrifici u ritual-m a n i , caccia alle teste, cannibalisritual-mo, riti crudeli d'iniziazione, r i a s s u m o n o t u t t a la tipologia di questo c o m p o r t a m e n t o . E ' chiaro che esso n o n è spiegato dalle necessità biologiche t r a n n e forse in p a r t e a riguardo del cannibalismo, e solo nei casi di popolazioni con u n a dieta proteica carnea m o l t o ridotta. Non vengono c o m u n q u e spiegate le manifestazioni di sadismo su uomini e animali proprie a queste popolazioni coltivatrici.

Ovviamente tali uccisioni, tali operazioni cruente vengono giustificate in q u a n t o riti di ripetizione dell'evento primordiale (la m o r t e della divinità d e m a ) che h a fondato il m o n d o e quindi come garanzia della realtà attuale. Questa istituziona-lizzazione p e r m e t t e loro di superare parzialmente anche il senso di colpa che loro ne deriva. Infatti anche l ' a m o r e verso le piante coltivate (84), la disposizione verso la cooperazione sociale (85), l'orientamento pacifista, concorrono nel permet-tere loro di bilanciare e s u p e r a r e nell'amore questo complesso di colpa. Il fatto che n o n t u t t e le popolazioni protocoltivatrici siano caratterizzate dalla fenomenologia cruenta sopra de-scritta ed anzi orientativamente solo u n a seppur grande mi-noranza di esse, d i m o s t r a che l'aggressività, il bisogno di vio-lenza, p u ò essere integralmente (o quasi integralmente) superato.

L'indagine sull'interazione t r a psicologia del profondo dei popoli e il loro genere di vita profana e religiosa, ci p e r m e t t o n o di approfondire la tipologia genetica del sacrificio.

Secondo Jensen, il sacrificio è sorto nelle civiltà protocolti-vatrici non con il significato di un'offerta, m a come si è visto, con quella di u n a ripetizione dell'episodio primordiale di fonda-zione della realtà e che consiste nell'uccisione della divinità d e m a (86).

Per Lanternari, invece, il sacrificio è sorto come rito di offerta dei p a s t o r i all'Essere S u p r e m o (87).

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A noi s e m b r a che :

— se, come e n t r a m b i gli Autori a m m e t t o n o , il sacrificio non si è generato nell'ambito dei cacciatori;

— se il genere di vita dei coltivatori si è generato p r i m a di quello degli allevatori;

— e se l'economia mista h a p u r e p r e c e d u t o l'allevamento pastorale, il sacrificio sia sorto nel senso indicato dallo Jensen, di ripetizione dell'episodio primordiale, nell'ambito dei proto-coltivatori e manifestandosi inizialmente s o p r a t t u t t o come sacri-ficio u m a n o . Con la domesticazione del maiale, del pollo, ecc., presso i coltivatori, al sacrificio u m a n o si venne ad accompa-gnare o sostituire il sacrificio animale, m a con il medesimo significato.

Con la genesi del genere di vita pastorale, grazie all'in-c o n t r o di all'in-culture all'in-caall'in-call'in-ciatriall'in-ci a p p o r t a n t i in qualall'in-che all'in-caso il proto-allevamento (semplice protezione delle m a n d r i e selvatiche) di animali (il caso, ad esempio, della renna), che così possono giun-gere a livello di un semidomesticazione, con correnti di coltiva-tori-allevatori, da cui le p r i m e acquisiscono animali p i e n a m e n t e domestici, o almeno le tecniche di u n allevamento p i e n a m e n t e domesticante, si origina il sacrificio animale con il significato

di offerta (di propiziazione, ringraziamento, ecc.) alla divinità.

Nelle civiltà superiori in genere composite (coltivatori a cui si sono sovrapposti come s t r a t o d o m i n a n t e i pastori-guer-rieri), si h a n n o sacrifici u m a n i e s o p r a t t u t t o animali, con il signi-ficato di offerta.

N a t u r a l m e n t e , anche questo schema va completato e spie-gato. Il concetto di offerta alla divinità n o n nasce tout-court nelle civiltà pastorali. Già esiste presso i cacciatori e raccogli-tori come offerta (di ringraziamento e propiziatrice) alla divi-nità di p a r t e (cuore, fegato, testa, ossa, ecc.) dell'animale ucciso d u r a n t e la caccia (88), o di u n a porzione dei p r o d o t t i vegetali raccolti. Ugualmente i coltivatori offrono ai Morti, alla Dea Terra, i p r o d o t t i della loro coltivazione (89). Ma è nell'ambito delle civiltà pastorali che, con il possesso di animali vivi, conver-gendo la necessità di culto con quella dell'alimentazione carnea, si genera il sacrificio c r u e n t o di offerta. Cioè, m e n t r e , presso i cacciatori, si offre alla divinità dopo aver ucciso, presso i pa-stori si uccide p e r offrire alla divinità.

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Presso i coltivatori, rifluendo poi dai pastori il concetto di sacrificio come uccisione e offerta, esso viene ad arricchirsi di vari nuovi aspetti, come quello della fecondazione del suolo me-diante aspersione rituale di questo con il sangue della vittima.

Gli aspetti predatorii della tecnica, dell'economia, della società moderna. Prospettive per un loro superamento nel segno di una agricoltura universale. Un parallelo tra rivoluzione neolitica e situazione contemporanea

Ci venga p e r m e s s o sviluppare, integrandola, la traccia offer-taci dal F o r n a r i (90) a proposito di u n confronto t r a la civiltà industriale m o d e r n a e le civiltà primitive che si sono analizzate lungo il n o s t r o scritto. Vediamo quindi di cogliere nella civiltà occidentale attuale gli aspetti che più interessano ai fini della presente ricerca : cercheremo cioè di p o r n e in evidenza a grandi linee p r i m a gli elementi p r e d a t o r i i ed aggressivi, quindi i movi-menti cooperativi nei riguardi della n a t u r a e della società, che il senso di colpa e il bisogno d ' a m o r e per reazione h a n n o susci-tato. Dopo aver individuato le intrinseche contraddizioni di tali movimenti, allargheremo la n o s t r a indagine, così da scoprire quei tratti, quelle caratteristiche nuove, quei bisogni profondi che veramente possono d i m o s t r a r e all'obiettivo osservatore, la necessaria emersione nella civiltà c o n t e m p o r a n e a di s t r u t t u r e e c o m p o r t a m e n t o cooperativi nel senso sopra indicato. Solo a questo punto, saremo in grado di effettuare u n significativo confronto t r a l'evoluzione della civiltà cui stiamo assistendo e la cosiddetta « rivoluzione neolitica » da cui è sorta l'agricoltura. Vedremo poi come il confronto ci aiuti ad i n t e r p r e t a r e meglio sia il presente sia il passato.

A) Atteggiamento aggressivo e predatorio. Nella società c o n t e m p o r a n e a l'aspetto p r e d a t o r i o e aggressivo è prevalente : sfruttamento intensivo delle risorse minerarie mondiali,

agricol-tura di rapina, che m i r a al profitto immediato e quindi in cui sono p r e m i n e n t i quegli interventi che, come la concimazione e il diserbo chimici, i t r a t t a m e n t i antiparassitari, r o m p o n o , se effettuati in dosi massive, l'equilibrio biologico p r o p r i o di ogni ambiente, m e n t r e vengono t r a s c u r a t e le pratiche (come la letama-zione), miglioratrici del suolo anche a scadenza prolungata. La stessa industrializzazione su scala mondiale, con la conseguente

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saturazione progressiva di t u t t a la biosfera (suolo, m a r e , atmosfe-r a ) di sostanze inquinanti, costituisce in definitiva u n patmosfe-rocesso di c o n s u m o dell'ambiente e quindi p r e d a t o r i o . Si aggiunga che, se anche, come vedremo, in fase di progressiva riduzione,

l'indivi-dualismo a t u t t i i livelli, da quello più basso dei piccoli commer-cianti, delle singole famiglie, degli stessi operai nell'ambito di u n a m e d e s i m a officina, a quello dei colossali trusts o

conglo-merates industriali in lizza t r a loro e con le amministrazioni

statali come g r u p p i di pressione, a quello dell'imperialismo dei g r a n d i Stati, n o n è alla fine che u n ' i m p o n e n t e e generalizzata espressione di questo spirito aggressivo e p r e d a t o r i o .

L'ambiente nel suo complesso, in p r i m o luogo, e poi le nazioni del cosiddetto Terzo Mondo, costituiscono l'oggetto principale di questa attività predatoria. Ma con l ' o r i e n t a m e n t o individualistico, ognuno, ogni gruppo, è soggetto e oggetto di aggressione.

B) Senso di colpa e movimenti di cooperazione con la

natura e con gli uomini. Come reazione ed a s u p e r a m e n t o di

questa situazione, si n o t a da u n lato u n profondo senso di colpa nei riguardi dell'ambiente, della così c h i a m a t a « N a t u r a » e dei cosiddetti « popoli sottosviluppati » ; dall'altro nascono e si sviluppano i m o v i m e n t i di « protezione della N a t u r a » e di aiuto al « Terzo Mondo ». Ma il senso di colpa più grave ed immediato, così che i tentativi p e r u n suo s u p e r a m e n t o si sono verificati già dal secolo scorso, si è manifestato nei riguardi del cosiddetto proletariato. Ecco quindi che r a p p r e s e n t a n t i di quelle che sono c h i a m a t e le classi detentrici del potere, (o di quelle ad esse s t r e t t a m e n t e collegate) : quelle borghesi (o piccolo borghesi o dei contadini benestanti, o degli intellettuali), a cominciare da Marx sino a Lenin, a Togliatti, a Castro, allo stesso Mao, h a n n o ideato e organizzato i m o v i m e n t i m i r a n t i all'elevazione del prole-tariato, alla c o n q u i s t a da p a r t e sua del potere, alla costituzione di s t r u t t u r e sociali antiindividualistiche, cioè solidaristiche, co-munistiche, internazionalistiche. Queste correnti di pensiero e di azione volte a s u p e r a r e le tendenze p r e d a t o r i e ed il conse-guente complesso di colpa, o p e r a n o in definitiva nel senso di u n a cooperazione universale dell'uomo con l'ambiente fisico, biologico, sociologico-umano, e quindi nel senso di ciò che nel neolitico costituì l'agricoltura.

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C) Aspetti contraddittorii. Certamente, in questi movimenti n o n m a n c a n o gli aspetti più paradossali e anche drammatici. In quelli di protezione della N a t u r a si viene a concepire infan-tilisticamente che l'uomo è c o n t r a p p o s t o alla N a t u r a (91), m e n t r e è ovvio che n e fa parte, anche se è a l t r e t t a n t o ovvio che si distingue dagli altri c o m p o n e n t i (che p u r e si distinguono t r a loro) di essa. Parimenti a s s u r d a e antistorica è la pretesa della generalità di questi m o v i m e n t i di conservare i cosiddetti ambienti naturali tali e quali. Non ci si accorge che anche il

conservare, il proteggere, equivale a trasformare, e infatti la coltivazione è nata come protezione delle piante spontanee utili.

T u t t o nella N a t u r a si evolve e se nella biosfera al presente l'uomo è la specie ecologicamente dominante, è chiaro che è l'uomo che svolge u n a funzione propulsiva in questa trasformazione. Certa-m e n t e sarà necessario conservare, con u n a sorta di processo di fossilizzazione, degli ambienti n a t u r a l i tradizionali, con t u t t e le loro varie specie e sottospecie di piante e animali, come in u n grandioso museo all'aperto. Ciò t r a l'altro presenta vantaggi n o n solo estetici e scientifici, m a anche tecnici, in q u a n t o ogni specie vivente r a p p r e s e n t a u n bene incommensurabile, con aspetti

di inesauribile fecondità p e r l'uomo, anche se allo stato attuali forse ignoti (92). Da u n ' e r b a infestante del frumento n o n è forse derivato u n cereale coltivato, la segale? (93). E da animali parassiti degli a c c a m p a m e n t i , (come p o t r e b b e essere oggi il topo

delle abitazioni), n o n è derivato poi il cane (94)?

Uguali contraddizioni le possiamo riscontrare nell'ideale pa-cifista ed egualitario, collettivista libertario, che serpeggia nella società c o n t e m p o r a n e a . E ciò sia a livello teorico che nei tenta-tivi di realizzarlo praticamente. Infatti, occorre n o t a r e che la m a t r i c e culturale del socialismo e del comunismo fu il positi-vismo ottocentesco, profondamente radicato in u n a concezione individualistica e antagonistica (l'« homo homini lupus » dello Hobbes, ribadita poi dal concetto di selezione n a t u r a l e di Darwin) della realtà sociale. L'idea di lotta di classe è infatti una ovvia trasposizione dell'homo homini lupus, nell'ambito dei r a p p o r t i t r a le classi, così come del resto lo sono quelle di nazio-nalismo e di razzismo, che lo trasferiscono nell'ambito delle relazioni t r a nazioni e razze. Ora è chiara la contraddizione tra il concetto di lotta di classe e l'ideale comunitario, anche se il secondo è concepito come s u p e r a m e n t o del primo. Infatti, se le

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tendenze sociali implicite in ogni g r u p p o sociale, come vuole la concezione dell' h o m o homini lupus, sono quelle della sopraf-fazione reciproca, sarebbe inevitabile che, giunta al potere questa classe, la differenziazione sociale riverrebbe a costituirsi nello a m b i t o di essa, e di conseguenza anche la lotta di classe.

Tale contraddizione teorica non h a m a n c a t o poi di verifi-carsi p u n t u a l m e n t e sul piano effettivo. La cosiddetta dittatura del p r o l e t a r i a t o si è rivelata, nei Paesi in cui è stata a t t u a t a , il predominio di u n a fazione sull'altra e spesso anche la dittatura della burocrazia sulla r i m a n e n t e p a r t e della popolazione. E ' ciò che è s t a t o denunziato a p e r t a m e n t e dal Gilas nel suo saggio

« La nuova classe » (95).

E ' interessante n o t a r e che t u t t o ciò fu a c u t a m e n t e preannun-ziato da u n o dei nostri più grandi sociologhi del secolo scorso, G. Mosca (96) : « Tragico destino quello degli uomini, i quali, p u r a s p i r a n d o s e m p r e a conseguire e ad a t t u a r e il bene, trovano nello stesso t e m p o il m o d o di slanciarsi a perseguitarsi a vicenda, fino a ieri, p e r l'interpretazione di u n dogma o di un passo della B i b b i a ; h a n n o continuato a scannarsi ed a perse-guitarsi, oggi, p e r i n a u g u r a r e il regno della libertà, dell'egua-glianza, della fratellanza — il Mosca scriveva nel 1896, in tempi in cui l'ideologia p r e d o m i n a n t e era quella liberale — e forse si scanneranno, si perseguiteranno, si martirizzeranno a t r o c e m e n t e domani, q u a n d o , in n o m e della democrazia sociale — cioè il c o m u n i s m o — si v o r r à far sparire dal m o n d o ogni traccia di violenza e d'ingiustizia ».

Per ovviare all'emersione di una nuova classe assolutistica dall'ambito della classe proletaria al potere, Mao-Tse-Tung ha p r o c l a m a t o la « Rivoluzione p e r m a n e n t e ». Il popolo deve man-tenersi c o n t i n u a t i v a m e n t e in lotta contro le élites che continua-tivamente vanno emergendo. Certamente questa concezione teo-r i c a m e n t e è coeteo-rente, m a n o n si deve dimenticateo-re che la cosid-detta rivoluzione culturale che, nell'intenzione di Mao-Tse-Tung avrebbe dovuto dare u n significato concreto alla sua predetta teoria, di fatto è s t a t a scatenata dall'alto da u n a fazione nei riguardi di u n ' a l t r a : quella che Mao definisce come apparte-nente al cosiddetto Kruscev cinese (97).

D) Condizioni obiettive che comportano l'emersione di

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di i n s t a u r a r e u n a cooperazione universale sul piano sociale? Innanzitutto, bisogna tener presente che il bisogno d ' a m o r e ed il senso di colpa come reazione alle s t r u t t u r e individualistiche, concorrenziali, aggressive ereditate dal passato e quindi come moventi psicologici profondi ed irresistibili — che orientano le aspirazioni ed i c o m p o r t a m e n t i della società contemporanea, specialmente nei suoi c o m p o n e n t i più sensibili, i giovani, per-m a n g o n o ed anzi vanno via via accentuandosi. Di conseguenza, stiamo assistendo e inevitabilmente (a m e n o di u n conflitto nu-cleare che venga a distruggere t u t t a la Terra) assisteremo ad una successione di tentativi più o m e n o coronati da successo, m a s e m p r e più sperimentati, volti ad i n s t a u r a r e s t r u t t u r e

coope-rative, nell'ambito dei r a p p o r t i u m a n i e dei r a p p o r t i con l'am-biente (cioè la Natura).

Una chiara espressione di questi moventi psicologici pro-fondi ci è offerta n o n solo dalle tendenze comunitario-assem-bleari e quindi a n t i a u t o r i t a r i e dei giovani, m a altresì da certi

mutamenti del costume, che stiamo constatando.

Il n o t o sociologo a m e r i c a n o Vance Packard, in u n suo recen-tissimo saggio (98) p o n e in evidenza, citando l'antropologo G. Gorer (99), che « i capelli lunghi, il dinamismo, l'aspetto così graziosamente da ermafrodito, t u t t e le cose i n s o m m a che fanno uscire dai gangheri i grandi, sarebbero la manifestazione visibile del rifiuto di u n a concezione aggressiva della virilità, che era tradizionale nelle generazioni precedenti ». E più avanti, citando lo storico Ch. W. Ferguson (100): « p r a t i c a m e n t e n o n esiste più nessuna delle condizioni che p r o d u s s e r o e rafforzarono la men-talità maschile. Quanto a esistenza quotidiana, gli u o m i n i sono passati da u n m o n d o materiale e violento a un m o n d o sensibile e delicato. L'energia è stata trasferita dai muscoli alle molecole » E poi ancora (101): « Se (il giovane) m a r c e r à verso la vetta di u n a azienda i m p o r t a n t e , n o n n e ricaverà m o l t a gloria, perché i dirigenti delle grandi società sono a d d e s t r a t i sempre più a com-p o r t a r s i come m e m b r i di u n a s q u a d r a , semianonimi, miti, gen-tili, preoccupati di n o n distruggersi. Oppure, se avrà successo in u n lavoro che richiede abilità tecnica, verrà a trovarsi di fronte allo spiacevole fatto che, con la rapidità accecante del progresso tecnico, la sua specializzazione s a r à p r o b a b i l m e n t e destinata a decadere e n t r o u n a decina d'anni, p e r cui dovrà i m p a r a r n e una

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nuova. L'immagine che il giovane h a di sé come futuro leader della c o m u n i t à difficilmente avrà salde basi. Se è u n tipo rifles-sivo, il giovane p u ò anche rendersi conto che m o l t e caratteri-stiche oggi p a r t i c o l a r m e n t e necessarie p e r u n sano funziona-m e n t o della n o s t r a società sono quelle considerate da u n pezzo più femminili che maschili. Margaret Mead cita queste t r e virtù da t e m p o r i t e n u t e p a r t i c o l a r m e n t e a d a t t e alle donne, come virtù indispensabili oggi : pazienza, tolleranza, perseveranza.

...Nelle famiglie dei « colletti bianchi » che lavorano p e r una azienda, che li sposta e li irreggimenta a piacimento, i ragazzi e le ragazze sono affidati s o p r a t t u t t o alla m a d r e . Il castigo viene inflitto più spesso dalla m a d r e che dal padre, p e r cui è più pro-babile che a s s u m a la forma di u n rifiuto di affetto anziché di u n a sculacciata. Nei p r i m i a n n i di scuola il giovane maschio vive a n c o r a in u n a m b i e n t e in cui la d o n n a p r e d o m i n a e negli istituti misti si trova a competere con coetanee che sono m a t u r a t e più r a p i d a m e n t e di lui.

E ) II condizionamento dovuto ai mezzi di comunicazione

generalizzata ed istantanea. Secondo il sociologo McLuhan,

que-sta modifica di modelli di vita e di c o m p o r t a m e n t o è dovuta anche all'esplosione dei mezzi di comunicazione audiovisiva pra-ticamente i s t a n t a n e a (radio, televisione, insegne luminose e recla-mistiche in genere, ecc.) avvenuta in questi ultimi decenni. Tale fenomeno infatti h a provocato l'instaurarsi di relazioni imme-diate, spontanee e di u n a concezione globale della realtà. Ecco quindi che le s t r u t t u r e sociali di tipo gerarchico, stratificato; l'impostazione analitica, specialistica e settoriale del sapere, risultano essere oggi del t u t t o inadatte, insoddisfacenti.

Ecco quindi che le manifestazioni di tipo assembleare, le contestazioni giovanili e a n t i a u t o r i t a r i e in genere, vengono a caratterizzare profondamente il n o s t r o tempo.

Ecco quindi che riemergono alcuni aspetti delle cosiddette civiltà tribali. Non si t r a t t a di u n r i t o r n o al passato, m a di un ripresentarsi di condizioni e c o m p o r t a m e n t i che vengono così a costituire in m o d o d e t e r m i n a n t e la civiltà c o n t e m p o r a n e a , come p a r t e c i p a r o n o nel costituire quella delle popolazioni pri-mitive. Infatti in e n t r a m b e il m o d o di c o m u n i c a r e è immediato, ed avviene p e r immagini e parole. Nella civiltà primitiva, è l'immagine diretta della realtà : l'interlocutore, le sue espressioni

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mimiche e parlate, in quella contemporanea è l'immagine e la p a r o l a trasmesse dalla televisione, dal cinema, dalla radio, dalla pubblicità, ecc.

F) Il significato dell'erotismo contemporaneo. Di conse-guenza nell'ambito della civiltà c o n t e m p o r a n e a come in quello delle civiltà primitive, (in particolare quelle protoagricole che, grazie alla vita di tipo sedentario erano caratterizzate da gruppi u m a n i , i villaggi, più n u m e r o s i e da intense e frequenti relazioni sociali all'interno di essa) la libertà sessuale intesa come pri-m a t o della spontaneità, della copri-municazione diretta, epri-mozionale, svolge u n ruolo eminente.

Senza dubbio, l'esplosione erotica attuale è provocata anche da altre concause, quali in p r i m o luogo la psicosi consumistica derivata a sua volta da u n a s t r u t t u r a economica che trova nel c o n s u m o il p r o p r i o organo p r o p u l s o r e (e in cui le manifesta-zioni erotiche costituiscono u n o degli oggetti più tipici di questo consumismo), m a è evidente il parallelo che possiamo riscon-t r a r e riscon-t r a l'eroriscon-tismo specifico della n o s riscon-t r a civilriscon-tà occidenriscon-tale nelle sue manifestazioni più attuali e quello delle culture protoagricole matriarcali (102). In e n t r a m b i i casi infatti il sesso è concepito come u n valore supremo. L'ideologia sessuale dei B a n t ù a ma-t r i a r c a ma-t o ad esempio p r e s e n ma-t a molma-ti parallelismi con quella dei profeti della m o d e r n a libertà sessuale: Freud, (in alcuni suoi aspetti posti in evidenza da Perlini) (103), Reich (104), Mar-cuse (105) e i loro discepoli e apostoli sparsi nei vari movimenti hippy, provo, ecc.

L'erotismo n o n è cioè tollerato a guisa di un male, even-t u a l m e n even-t e consideraeven-to necessario, come avveniva soseven-tanzialmeneven-te anche nei m o m e n t i più libertini delle civiltà patriarcali strati-ficate : in quelle classiche, come nel Rinascimento, nella recente era cosiddetta borghese. Questo c a m b i a m e n t o di prospettiva b a s t a per permetterci di distinguere l'erotismo c o n t e m p o r a n e o dall'erotismo decadente delle epoche libertine. E' la mancanza di questa distinzione che vizia le ricerche citate da V. Packard (106) ed in particolare quelle di J.D. Unwin. Questo Autore nota u n a correlazione t r a il rigorismo sessuale delle fasi di formazione delle grandi società civili della storia, da quella dei Babilonesi, degli Ateniesi, dei Romani, sino a quella degli Inglesi, ed il las-sismo delle fasi di decadenza.

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Bisogna poi aggiungere che le risultanze di queste ricerche s a r e b b e r o state diverse se, nel periodo di formazione di dette civiltà, Unwin avesse distinto quello di genesi da quello di orga-nizzazione e di ascesa. Così, nella storia di Roma, il significato

di molti miti delle origini, quali quello del « r a t t o delle Sa-bine » (107), ci indica u n a situazione di caos sessuale. E ' invece poi nel periodo di r a p i d a stratificazione sociale, d'inquadra-m e n t o gerarchico, che la d'inquadra-m o r a l e sessuale si fa rigorista.

S e m b r e r e b b e r o più significative e completanti la n o s t r a pre-cedente osservazione le ricerche dell'antropologo Murdock (108),

dalle quali risulta che la più p a r t e delle popolazioni caratteriz-zate da u n livello primitivo di civiltà godono di u n a notevole libertà sessuale. Ciò p e r P a c k a r d (109) significherebbe che sa-r e b b e necessasa-ria la compsa-ressione dei consumi e, in cosa-rsa-relazione, della sensualità e quindi del sesso, p e r il costituirsi di organismi sociali rigidamente volti alla realizzazione di determinati obiet-tivi, generalmente di conquista, m a anche di altro genere, come l'industrializzazione, la ricerca scientifica, ecc. E d infatti lo svi-luppo iniziale del capitalismo, dell'industrializzazione, si svolse in E u r o p a occidentale e in USA sotto l'egida del p u r i t a n e s i m o p r o t e s t a n t e p r i m a , di quello più generico vittoriano, poi. Nella URSS il processo d'industrializzazione si svolge sotto l'egida del rigorismo staliniano. Tutti questi fatti costituirebbero, sotto il profilo psicologico, la sostanza di quel processo di sublima-zione psichica illustrato da Freud.

Ma anche questa ipotesi n o n spiega come le popolazioni protocacciatrici come b e n h a n n o illustrato S c h m i d t e Kop-pers (110), p u r osservando u n a m o r a l e sessuale p i u t t o s t o rigo-rosa, siano r i m a s t e ai p r i m i stadi della civiltà della caccia, ad un livello di civiltà a d d i r i t t u r a preagricolo.

Ecco quindi che i c o s t u m i sessuali s e m b r a n o , e n t r o certi limiti, più legati al genere di vita, al tipo di civiltà, alla conce-zione del m o n d o , che ad un'etica assoluta. E ' p i u t t o s t o il variare del c o m p o r t a m e n t o in relazione al modello etico p r o p r i o di u n a d a t a civiltà che p u ò significare che questa è in crisi.

Tale constatazione n o n ci vieta tuttavia di confermare che nelle fasi di s t r u t t u r a z i o n e e gerarchizzazione sociale la m o r a l e sessuofobica sia usuale. Qui occorre precisare che il passaggio dalla raccolta alla coltivazione, che p u r e r a p p r e s e n t a un'evoluzione

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nelle tecniche produttive, n o n fu accompagnata da u n irri-gidirsi dei costumi sessuali, m a semmai da u n processo inverso. Ciò si spiega in q u a n t o tale evoluzione n o n r a p p r e s e n t ò u n o svi-luppo in senso gerarchico delle s t r u t t u r e sociali.

Tutte queste osservazioni ci p e r m e t t o n o di p r e s u m e r e che, a p a r t e certe deformazioni patologiche derivate dalla psicosi consumistica sopra illustrata, l'attuale processo di riconosci-m e n t o ed anzi di esaltazione dei valori sessuali r a p p r e s e n t i la necessaria conseguenza di u n a concezione del m o n d o egualitaria, orientata verso la cooperazione universale, del rilassarsi e del dilatarsi in senso orizzontale delle s t r u t t u r e sociali, piuttosto che un processo di decadenza morale.

Il diffondersi t r a i giovani di ideali pacifisti, l'avversione a professioni di carattere tecnologico ed a posizioni elevate nella gerarchia sociale, il p r o p a g a r s i di u n a sorta di misticismo sociale, n o n m a n c h e r a n n o di ripercuotersi sullo sviluppo pro-duttivo provocando u n a stasi, forse, sotto tale aspetto, u n a sorta di Medioevo. Ciò, d'altra parte, n o n m a n c h e r à di provocare degli effetti equilibranti nella società u m a n a , minacciata da u n o sviluppo tecnologico e da u n a strutturazione sociale in senso gerarchico t r o p p o specialisti, rapidi e, in definitiva, alienanti.

* * *

Giunti a questo p u n t o , possiamo effettuare u n confronto t r a la situazione attuale dei r a p p o r t i u o m o e ambiente (nei suoi aspetti ecologico-naturalistici, sociali, psicologici) e quella degli stessi r a p p o r t i all'epoca della cosiddetta rivoluzione neolitica.

Psicologicamente, come si è visto, la genesi dell'agricoltura, cioè della coltivazione e dell'allevamento, r a p p r e s e n t a il supera-m e n t o del c o supera-m p o r t a supera-m e n t o aggressivo e del conseguente senso di colpa p e r l'attività p r e d a t o r i a p r o p r i a delle culture cacciatrici e (in m i n o r m i s u r a ) raccoglitrici. Sotto l'aspetto biologico-natu-ralistico ed economico, r a p p r e s e n t a l'inizio di u n a effettiva cooperazione t r a l'uomo e l'ambiente.

Abbiamo posto in evidenza in diversi saggi (111), oltre che in questo, i vari aspetti religiosi, sociali, ecc., relativi alla genesi delle civiltà protocoltivatrici.

Riprendiamo in sintesi da u n precedente scritto (112), ai fini di questo confronto, i caratteri sociali ed etici di u n a cultura

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tipicamente coltivatrice, quale quella dei B a n t ù a m a t r i a r c a t o dell'Africa centro-meridionale.

Innanzitutto, sotto l'aspetto sociale, n o n vi si riscontra alcuna tendenza alla stratificazione sociale. Le forme di reggi-m e n t o politico sono « e s t r e reggi-m a reggi-m e n t e dereggi-mocratiche » e duttili, afferma B a u m a n n (113), di tipo assembleare. La concezione del m o n d o è i m p e r n i a t a sulla fecondità dell'universo. L'agricoltura è vista nel suo significato profondo di cooperazione con l'am-biente, con l'universo, n o n come sfruttamento di esso. La sessua-lità e, di riflesso, la donna, sono concepite come il simbolo, il p u n t o pregnante, il cardine, il valore s u p r e m o , di questa conce-zione. Di conseguenza, n o n di r a d o le funzioni direttive sono svolte dalle donne e gli artigiani-artisti locali r a p p r e s e n t a n o simboli sessuali anche sugli oggetti di u s o più comune. L'educa-zione dei giovani è o r i e n t a t a in questo senso.

Non m a n c a n o elementi degenerativi, quali l'abitudine da p a r t e degli u o m i n i di a d o r n a r s i di a t t r i b u t i femminili. Così, ad esempio, nelle cerimonie indossano b u s t i con seni artificiali m o l t o p r o m i n e n t i . Ciò indica evidentemente c h e il complesso di inferiorità, d'invidia della d o n n a p e r l'uomo, e quindi della tendenza ad imitarlo, che F r e u d (114), alla fine del secolo scorso, aveva r i s c o n t r a t o nella n o s t r a civiltà, allora tipicamente patriar-cale, nei B a n t ù a m a t r i a r c a t o viene capovolto e acquisito in senso o p p o s t o dall'uomo nei riguardi della donna.

Se o r a r i p r e n d i a m o il n o s t r o raffronto con la situazione a t t u a l e della n o s t r a società occidentale, p o s s i a m o notare, come risulta dalle indagini s o p r a effettuate, che esiste u n a forte tensione di o r i e n t a m e n t o verso questo modello, anche se ovvia-m e n t e a d a t t a t o al n o s t r o genere di vita industriale. La storia infatti n o n si ripete. Riemergono soltanto, come già a b b i a m o fatto n o t a r e , degli elementi, degli orientamenti, a n c h e del più lontano passato, in seguito al verificarsi di condizioni analoghe. E l e m e n t i che si r i p l a s m a n o nella civiltà in via di formazione. In conclusione, quindi, la n o s t r a situazione è parallela n o n certo a quella di u n a civiltà protocoltivatrice, m a p i u t t o s t o alla fase ad essa p r e p a r a t o r i a , a quella che il Childe (115) chiamava, p e r la complessità dei c a m b i a m e n t i (psicologici, sociali, religiosi, economici, tecnici, ecc.) che implicava : rivoluzione neolitica. Infatti, c o m e allora, vi è u n a tensione alla vita comunitaria,

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democratica, pacifica, alla cooperazione con la n a t u r a , u n a ten-denza a far riemergere i valori sessuali, all'acquisizione di pre-stigio da p a r t e della donna. Tensioni e tendenze che come allora, nascono da u n bisogno di superare nell'amore il complesso di colpa p e r l'attività p r e d a t o r i a esplicata, e che m i r a n o ad affer-m a r s i in u n nuovo affer-modello di civiltà. Un interessante paralle-lismo in c a m p o ecologico. Come la coltivazione delle piante e quindi la p r i m a civiltà dei coltivatori h a avuto quale fase pro-pedeutica quella della protezione delle piante (116), così nella emergente civiltà di cooperazione con la N a t u r a , la nuova agri-coltura sta esordendo come protezione della N a t u r a . Nella pri-m a civiltà coltivatrice si proteggevano solo alcune piante, quelle allora riscontrate utili. Ora si protegge la N a t u r a nel suo com-plesso, perché t u t t e le piante, t u t t i gli animali, si r i s c o n t r a n o utili (117).

Conclusioni: La ricerca storica come perenne confronto tra pre-sente e passato. Il ruolo dell'etologia, della psicologia, della psicanalisi come scienze ausiliarie

A prescindere da ogni altro interesse contingente, sono utili per la scienza storica questi raffronti? O si t r a t t a solo di un gioco in b u o n a p a r t e fantastico e paradossale?

Se si considera che l'essenza della ricerca storica, e special-m e n t e di quella storico-culturale, consiste nell'effettuare u n pe-r e n n e confpe-ronto t pe-r a elementi e situazioni cultupe-rali sconosciute, nel n o s t r o caso quelle della lontanissima preistoria, con elementi e situazioni culturali a noi n o t e in q u a n t o a p p a r t e n e n t i a popola-zioni primitive a noi contemporanee; se si considera che anche questi elementi e situazioni culturali primitive c o n t e m p o r a n e e sono a loro volta i n t e r p r e t a t e sia sperimentandole direttamente, sia confrontandole con gli elementi e la situazione culturale p r o p r i a dello storico che compie la ricerca, si giunge innanzi-t u innanzi-t innanzi-t o alla conclusione che il lavoro dello sinnanzi-torico consisinnanzi-te in u n a interpretazione del p a s s a t o b a s a t a sul confronto t r a la situa-zione presente e quella p r o p r i a degli elementi del p a s s a t o forniti dai documenti reperiti. Tale confronto gli p e r m e t t e di p o r r e in evidenza analogie (occasionali o b a s a t e su ciò che di sostan-zialmente identico p r e s e n t a n o gli u o m i n i di ogni t e m p o ) e diffe-renze. Nel n o s t r o caso, il confronto è effettuato fra le situazioni (o gruppi di situazioni). Due sono situazioni gravide di u n a

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civiltà «in statu nascenti»; le ultime fasi delle civiltà precol-tivatrici di cui si conosce lo sbocco (la civiltà dei coltivatori) e la situazione attuale, u n a fase di t r a p a s s o di cui n o n si conosce la conclusione. Le civiltà coltivatrici che costitui-scono lo sbocco del t r a p a s s o dalle civiltà precoltivatrici sono il terzo g r u p p o di situazioni impiegato per il confronto. Si t r a t t a quindi di u n a interpretazione incrociata che p e r m e t t e u n reciproco arricchimento. La situazione di t r a p a s s o precoltiva-trice è infatti c e r t a m e n t e meglio i n t e r p r e t a t a m e d i a n t e il con-fronto con u n a situazione di t r a p a s s o vissuta, quale l'attuale. L'interpretazione del significato di questa è a sua volta arricchita in quanto, conoscendo lo sviluppo di elementi e condizioni pre-senti nella situazione di t r a p a s s o passata, il significato di quella presente p u ò meglio esser compreso.

N a t u r a l m e n t e occorrono particolari doti in chi si accinge a tale genere di ricerca. Ne ricorderemo solo due principali: u n a g r a n d i s s i m a p r u d e n z a e cautela nell'accostamento di dati e situa-zioni così lontane, anche se unificate, come si è detto, dalla sostanzione identità tra gli uomini di ogni tempo. In secondo luogo, è necessaria la piena coscienza del significato, del va-lore e quindi dei limiti, dei risultati ottenuti e delle considera-zioni effettuate.

Il concetto di ricerca storica come interpretazione del pas-sato t r a m i t e il confronto con il presente, ci p e r m e t t e di chiarire u l t e r i o r m e n t e il ruolo delle scienze ausiliarie ed in particolare di quelle che h a n n o costituito la b a s e della presente ricerca: l'etologia (o scienza del c o m p o r t a m e n t o ) , la psicologia (o scienza della psiche), la psicanalisi ( a r t e e tecnica più che scienza della analisi della psiche). T u t t e queste scienze e tecniche p e r m e t t o n o , come è chiaro, u n a più profonda e sicura conoscenza dell'uomo d'oggi e, di conseguenza, dell'uomo di t u t t i i tempi. Ecco quindi che, nell'ambito delle n o s t r e ricerche l'interpretazione dei docu-m e n t i del p a s s a t o t r a docu-m i t e il confronto con il presente, nel suo duplice a s p e t t o di presente p r o p r i o alla n o s t r a cultura e di p r e s e n t e p r o p r i o ad altre culture a t t u a l i dette primitive, n o n p u ò verificarsi che con l'ausilio di queste scienze che p e r m e t t o n o di spiegare il c o m p o r t a m e n t o dell'uomo e di individuare i moventi profondi del suo agire nelle diverse situazioni.

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« naturalistiche » e quindi sperimentali, dell'uomo, quali la so-ciologia, t a n t o disprezzata dagli storici di formazione crociana, vengono, sotto questo profilo, ricuperate. Ciò perché, se è vero p e r Croce che ogni fatto storico è presente in q u a n t o presente allo spirito di chi se ne occupa, q u a n t o più questi, grazie alla etologia ed alla psicologia, diventa consapevole del comporta-m e n t o u comporta-m a n o nelle varie situazioni e dei comporta-movicomporta-menti psichici che lo determinano, t a n t o più riuscirà a p e n e t r a r e nel vero significato

di tale fatto ed a riviverlo.

Gaetano Forni

N O T E

(61) Documentazione a livello etnologico ad es. in FORNI G.: Origine dell'agri-coltura africana e sua evoluzione sino alla colonizzazione europea, in

Rivista di Storia dell'Agricoltura, n. 4 1969, pag. 56.

(62) Per la genesi della religione dei pastori si ofr. FORNI G., Domestikation, Tierzucht und Religion, cap. I: Religióse und profane Ursprunge der Domestikation, in Ztschr. f. Tierzuchtung u. Ziichtungsbiologie, 7 6, 1, Hamburg -1961. Per quella dei coltivatori, si veda FORNI G., Scoperta detla tecnica idi coltivazione e religione dei coltivatori, in Riv. Storia Agric. n. 1, 1962.

(63) o.c. in nota 22), pag. 121.

( 6 4 ) JENSEN A . E . , o . c . i n n o t a 28), p a g . 1 8 3 4 8 4 ; SCHEBESTA P . , V o c e : Culti di vege-tazione, pag. 1009, in KONIG F., O.C. in nota 51); ELIADE M., Traité d'histoire des religions, Paris 1959, pag. 293 e segg.

( 6 5 ) JENSEN A . E . , o . c . i n n o t a 2 8 ) , p a g . 213, o v e c i t a MILLS J. P . , The Ao Nagas,

Londra 1926.

(66) VOLHARD E., Il cannibalismo, Tr. Ital., Torino 1949.

( 6 7 ) JENSEN A. E . , o . c . i n n o t a 28), p a g . 200.

(68) JENSEN A. E., o.c. in nota 28), pag. 188. Ulteriore e ampia

documenta-z i o n e i n VOLHARD E . , o . c . i n n o t a 66); FORNI G., O.C. i n n o t a 5); JENSEN A. E . , Come una cultura primitiva ha concepito il mondo, Tr. It., Torino 1952, pagg. 69 e segg.

(69) o.c. in nota 64, pag. 293-294.

( 7 0 ) A d e s . ELIADE M . e SCHEBESTA P., n e l l e o o . c c . i n n o t a 64.

( 7 1 ) o . c . i n n o t a 2 8 ) , p a g . 189-190. C f r . a n c h e u l t e r i o r i a p p r o f o n d i m e n t i d i q u e s t a

concezione in FORNI G., O.C. in nota 5).

(72) Documentazione in LANTERNARI V., o.c. in nota 29), pag. 355 e sgg.. (73) Documentazione in LANTERNARI V., o.c. in nota 29), pag. 364. (74) Documentazione in LANTERNARI V., o.c. in nota 29), pag. 358. (75) o.c. in nota 29), pag. 375.

( 7 6 ) HAECKEL J., V o c e Sacrificio, i n KONIG F . , O.C. i n n o t a 51), p a g . 835.

(77) HERMANNS M., Die Nomaden von Tibet, Vienna 1949, pag. 206-208. (78) IV, 60.

(79) o.c. in nota 77, pag. 206.

( 8 0 ) HAECKEL J . , v . n o t a 76). Cfr. a l t r a d o c u m e n t a z i o n e i n LANTERNARI V . , o . c . i n n o t a 29, p a g . 369-370.

(22)

(81) D o c u m e n t a z i o n e i n LANTERNARI V., o.c. in n o t a 29, pag. 367-368.

(82) o.c. in nota 22), pag. 121. (83) o.c. in nota 29), pag. 358.

(84) Documentati in FORNI G., O.C. in nota 5), pag. 54.

(85) Si veda ad es., per l'Africa; FORNI G., O.C. in nota 61), pag. 36 e segg.; pag. 51 e segg.

( 8 6 ) JENSEN A. J „ o . c . i n n o t a 28) p a g . 1 8 8 4 9 0 . ( 8 7 ) LANTERNARI V . , o . c . i n n o t a 29, p a g . 376-380.

(88) HAECKEL J., v. nota 76). Documentazione in LANTERNARI V., o.c. in nota 29), pag. 291 e segg.

(89) HAECKEL J., V. nota 76). LANTERNARI V., o.c. in nota 29, pag. 308 e segg. (90) FORNARI F., Dissacrazione della guerra, Milano 1969.

(91) E' la posizione infantile e estremistica della più parte dei divulgatori delle idee di protezione della Natura. Per una posizione equilibrata si cfr. HAUSSMANN G., La Terra e l'Uomo, Boringhieri Torino 1964. Si cfr. anche THOMAS W., Introduzione a « Man's role in changing the face of the earth », Chicago 1956, in particolare pag. XXXVII; cfr. anche ODUM E., Ecologia,

B o l o g n a :1966, p a g . 147.

(92) ODUM E., Ecologia, Bologna 1966, pag. 53.

(93) VAVILOV N. I., The origin variation, immunity and breeding of cultivated plants, New York 1951, pag. 46.

(94) ZEUNER F., A history of domesticated animals, Londra 1963, pag. 81. (95) GILAS M., La nuova classe, Bologna 1957.

(96) MOSCA G., Elementi di scienza politica, 1896, pag. 202.

(97) Cfr. vari articoli in « Quaderni » (Edizioni Oriente, Milano) stesi nel pe-riodo della rivoluzione culturale, 1967-68.

(98) Il sesso selvaggio, Torino 1970, pag. 75.

(99) GORER G., Man has no killer instinct, The New York Times Magazine, 27 nov. 1966.

(100) FERGUSON Ch. W., The male attitude, Boston 1966, pag. 14, 15 citato in

PACKARD V., o.c. i n n o t a 98); pag. 104. ( 1 0 1 ) PACKARD V . , o . c . i n n o t a 9 8 ) , p a g . 107-108.

(102) Si veda, ad es., per l'Africa, FORNI G., o.c. in nota 61), pag. 53 e segg. (103) Marcuse, Roma 1968. Il Perlini, in questo volume pone in evidenza quei particolari aspetti delle teorie freudiane da cui è derivato il pensiero di Marcuse.

(.104) La rivoluzione sessuale, Milano 1963. (105) Eros e civiltà, Torino 1964.

(106) o.c. in nota 98), pag. 378 e segg. L'opera di Unwin citata è: Sex and Culture, London 1934, pag. 374 e 411-412.

(107) Per questi problemi, v. BRELICH A., Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma 1950.

(108) MURDOCK P., Social structure, New York 1949, pag. 265.

(109) o.c. in nota 98, dove cita l'opera di STEPHENS W., The family in cross cultural perspective, New York 1963, pag. 256 e 338-339.

(110) Volker und Kulturen, Regensburg 1924.

(111) FORNI G., Scoperta della tecnica di coltivazione e religione dei coltivatori, o.c. in nota 62); Due forme primordiali di coltivazione, in Riv. di Storia dell'Agricoltura, n. 1, 1961; La pianta domestica: elemento ecologico, fatto culturale e documento storico, o.c. in nota 5).

(112) FORNI G., Origini dell'agricoltura africana... o.c. in nota 61), pag. 53 e segg. (113) BAUMANN H. e WESTERMANN D., Les peuples et civilisations de l'Afrique,

trad. frane., 1957, pag. 154.

(114) cfr. FODOR N., GAYNOR F., Dizionario di psicanalisi tratto dalle opere di Freud S., Milano 1967, pag. 120, voce Invidia del pene.

(115) CHILDE G., Preistoria della società europea, o.c. in nota 47), pag. 43. (116) FORNI G., Due forme primordiali di coltivazione, in Rivista di Storia della

Agricoltura, n. 1, 1961.

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