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Academic year: 2021

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Le “pagelle” OCSE: risultati in chiaroscuro

L’Ocse ha recentemente pubblicato i risultati delle indagini PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) e PISA (Programm for International Student Assessment).

La prima è stata realizzata in 24 nazioni su un campione di 157.000 persone di età compresa tra i 16 e i 65 anni, con l’obiettivo di misurare i livelli di competenze funzionali a un proficuo rapporto con il mondo del lavoro, in un contesto che vede macroscopiche trasformazioni pro-vocate dalla rivoluzione tecnologica.

In questo caso la “pagella” del nostro Paese è allarmante, soprattutto per quanto riguarda le competenze linguistiche e matematiche: all’in-terno di una scala 0-500, il nostro punteggio medio è pari a 250 per le competenze alfabetiche e a 247 per quelle matematiche, mentre la me-dia Ocse è rispettivamente di 273 e 269.

Come sempre, un nostro punto debole è la capacità di lettura (241, contro i 273 Ocse): una conferma di quanto sostiene Tullio De Mauro, per il quale un quarto degli italiani sono “analfabeti funzionali”, inca-paci di “leggere” e di interpretare adeguatamente un articolo di giornale o la pagina di un libro.

Notizie più incoraggianti ci arrivano invece dall’indagine PISA, rea-lizzata in 65 Paesi, che ha esaminato le competenze in matematica, scienze e lettura di oltre mezzo milione di studenti quindicenni (oltre 38.000 in Italia). È vero che ci collochiamo ancora al di sotto della me-dia Ocse (tra la 30esima e la 35esima posizione in matematica, tra la 26esima e la 34esima in lettura, tra la 28esima e la 35esima in scienze), tuttavia rispetto alle rilevazioni del 2003 risultano piccoli passi in avanti nella comprensione di un testo scritto e netti miglioramenti in scienze (18 punti in più) e in matematica (20 punti). Proprio in matematica l’Italia registra i progressi più rapidi rispetto ai Paesi partecipanti, avvi-cinandosi notevolmente alla media Ocse.

Non vanno trascurate le varie disparità “di genere” (i maschi superano

© Pensa Multimedia Editore srl ISSN 1722-8395 (print) / ISSN 2035-844X (on line) Studium Educationis • anno XV - n. 1 - febbraio 2014

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le femmine di 18 punti in matematica, un gap che rimane stabile dal 2003 e che risulta assai più ampio rispetto a quello della media Ocse) e “di luogo” (forti differenze nel nostro paese tra Nord e Sud), che evi-denziano la necessità di specifiche iniziative per superare tali anomalie.

Ai dati delle suddette indagini potremmo aggiungere quelli della ricerca Ocse “Education at a glance” sugli abbandoni scolastici dei 15-19enni, che da noi si attestano intorno al 18%. In quest’ambito, una specifica emergenza è quella rappresentata dai giovani NEET (Not in

Education, Employement or Training: 16-29enni che non lavorano, non

studiano, non affrontano nessun tipo di formazione professionale), le cui competenze globali risultano ancora più basse di quelle dei loro coetanei impegnati a scuola o nel lavoro.

È chiaro, di fronte alla problematica complessiva che stiamo consi-derando non sono ammessi atteggiamenti consolatori, giustificati dalla costatazione che in alcuni ambiti appaiono miglioramenti che fanno ben sperare.

Bisogna invece rimboccarci le maniche, sapendo che le risorse eco-nomiche per la scuola e la cultura, leggermente accresciute in quest’ul-timo periodo, sono certamente utili ma non sufficienti.

Sicuramente va posto l’accento su una formazione-insegnanti che riguardi la competenza nella didattica delle discipline ma, ancor prima e soprattutto, le competenze relazionali, interpersonali e sociali. Sono queste, infatti, che creano negli studenti la motivazione, la spinta a im-parare e a impegnarsi. Sono queste che sollecitano gli insegnanti stessi a collaborare insieme, a mettere in atto una didattica interdisciplinare e cooperativa, a superare la frequente dicotomia scuola-vita (che gli studenti soffrono), a promuovere il senso dell’impegno e della respon-sabilità, valori che non si insegnano a parole ma con la testimonianza viva e con l’evidente intenzionalità a migliorare, a partire proprio da se stessi. Serve poi un recupero di protagonismo creativo, da parte delle varie istituzioni ma anche dei singoli cittadini, in un contesto culturale troppo spesso anestetizzato dall’onnipotenza dei modelli esteriore-ma-terialistico e tecnologico-massmediale, che in molti casi inibiscono il mondo “interiore”, placano la curiosità e innalzano anche a scuola il tasso di noia, di depressione, di fallimento.

Un’ultima considerazione o, meglio, un dubbio: queste indagini stu-diano, in particolare, le competenze “essenziali per una piena partecipa-zione alla società moderna” e “funzionali” al mondo del lavoro. Viene da chiedersi: non si corre il rischio di trascurare – o di non dare la dovuta importanza – a certe dimensioni, forse meno “funzionali”, che riguar-dano il mondo dei valori, dei sentimenti, dell’arte? Sono aspetti difficil-mente “misurabili”, che sfuggono facildifficil-mente alla possibilità di essere oggetto di ricerca e valutazione secondo i parametri prevalenti. Anche questi, tuttavia, costituiscono la base culturale di una nazione.

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