• Non ci sono risultati.

Evoluzione del commercio al dettaglio: focus sul marketing esperienziale nel punto vendita d'abbigliamento

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Evoluzione del commercio al dettaglio: focus sul marketing esperienziale nel punto vendita d'abbigliamento"

Copied!
132
0
0

Testo completo

(1)

1

Al professore di vita, al mio mentore, a colui che mi ha mi accompagnato fino qui… Prof. Roberto Sbrana

(2)

2

PREFAZIONE ... 3

RINGRAZIAMENTI ... 4

CAPITOLO 1- ... 6

L’EVOLUZIONE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO ... 6

I. -DALLE BOTTEGHE AI GRANDI MAGAZZINI ... 6

II. DAL SUPERMERCATO AI PARCHI A TEMA ... 10

III. LA POST-MODERNITA' E LE TECNICHE DI VENDITA. ... 17

IV. LE NUOVE MODALITA' DI DISTRIBUZIONE ... 20

CAPITOLO 2 – ... 25

FOCUS SUL PERIODO POSTMODERNO ... 25

I. -LA POSTMODERNITA' ... 25

II. L'INDIVIDUO ED IL CONSUMATORE POSTMODERNO ... 29

CAPITOLO 3- ... 33

L'ANALISI DI MARKETING ... 33

I. -IL MARKETING POSTMODERNO ... 33

II. IL MARKETING ESPERIENZIALE ... 35

III. IMPLICAZIONI MANAGERIALI ... 40

IV. L'ESPERIENZA OFFLINE E ONLINE ... 46

V. MISURARE L'ESPERIENZA ... 49

CAPITOLO 4- ... 52

FOCUS SULLA CATEGORIA MERCEOLOGICA ... 52

I. -IL SETTORE TESSILE-ABBIGLIAMENTO ... 52

II. LE 4 P DEL SETTORE ABBIGLIAMENTO-MODA ... 55

III. IL RETAIL-ABBIGLIAMENTO ... 58

IV. IL VISUAL MERCHANDISING ... 60

V. L'ABBIGLIAMENTO E L'ESPERIENZA... 65

VII. RETAIL TEMATICI ... 73

VI. LE 10 LEGGI PER UN RETAIL ECCELLENTE ... 78

CAPITOLO 5- ... 83

L’ INDAGINE DI MERCATO ... 83

I. -IL RETAIL ESPERIENZIALE ED IL RETAIL NON ESPERIENZIALE ... 83

III. I RETAIL A CONFRONTO ... 86

IV. GLI ASPETTI DA CONFRONTARE ... 88

V. DATA COLLECTION ... 90

a) Procedura ... 90

b) Misurazione ... 91

c) Campione ... 93

VI. LA PROCEDURA DI ANALISI ... 94

VII. I LIMITI DELL’INDAGINE ... 99

VIII. I RISULTATI ... 100

IX. LA FIDELIZZAZIONE ...110

X. CONCLUSIONI ...119

BIBLIOGRAFIA ... 122

(3)

3

PREFAZIONE

Questo lavoro è per me fonte di grande orgoglio, è la conclusione di un percorso di studio impegnativo ed allo stesso tempo affascinante.

Sono nata in una famiglia di commercianti e imprenditori, sono cresciuta in bottega ma avevo ambizioni da manager, perciò ho seguito il mio sogno.

Tutto ebbe inizio da piccola quando scoprì che i grandi marchi di abbigliamento per bambini disegnavano le collezioni dopo aver appostato alcuni osservatori nei parchi giochi, essi erano addetti ad analizzare i comportamenti dei ragazzi per capire al meglio le loro esigenze. Quell’immagine si è stampata in modo indelebile nella mia mente, da quel giorno ho capito cosa avrei voluto fare da grande.

Assetata di conoscenza, dopo il liceo ho intrapreso il cammino universitario per colmare quelle lacune economiche e gestionali che il mio background linguistico non conteneva. Sono rimasta affascinata da questo mondo e dalle sue mille sfaccettature.

Quel sogno d’infanzia fa parte del mio io più profondo, è insito nella mia continua voglia di conoscere e curiosare, per questo ho indirizzato il mio percorso universitario verso le ricerche di mercato.

Nella conclusione del percorso magistrale ho voluto dare voce agli argomenti che più sentivo vicini: l’evoluzione del commercio, il settore dell’abbigliamento e il marketing postmoderno. Queste parole chiave mi hanno permesso di strutturare una tesi capace di dare risalto ad un settore antico sviluppandolo in una chiave estremamente attuale, al fine di trasmettere ai lettori l’importanza del tessuto commerciale e della figura del negozio nell’era di internet.

Nell’elaborato prodotto si va a sviscerare il progresso del commercio: dalle botteghe medievali alle grandi cattedrali del consumo dell’era postmoderna.

Con l’evolversi della società si evolve anche il consumatore e le sue esigenze, portando l’economia a sviluppare un marketing non convenzionale. Non si vende solo prodotti ma si vende emozioni e attributi edonistici, da questo l’importanza dell’esperienza di shopping. Tutti i retailer competitivi hanno sviluppato negozi per far vivere esperienze uniche ai clienti, più di tutti coloro che hanno adottato un tema unico intorno al quale si sviluppa tutta la vendita.

(4)

4 Ma se i consumatori in genere preferiscono lo shopping coinvolgente e tematico, perché ci sono così pochi esempi a livello locale? Questa domanda mi ha insinuato la curiosità di capire gli atteggiamenti dei consumatori locali. Perciò ho voluto condurre una ricerca sulle opinioni dei residenti nella provincia di Pisa, per capire l’eventuale presenza o assenza di un mercato potenzialmente interessato a negozi d’abbigliamento esperienziali e tematici.

RINGRAZIAMENTI

Durante il percorso universitario ho incontrato molti ostacoli, li ho saputi affrontare e superare, sono riuscita grazie alla mia determinazione e alle persone che ho avuto a fianco, perciò devo ringraziarle tutte: la mia mamma che ha sofferto più di me la preparazione di ogni esame, il mio babbo che mi ha sempre sostenuto nonostante la convinzione che il lavoro sia più importante dello studio, le mie sorelle che avrebbero litigato con tutti i professori ad ogni ricevimento, il mio cognato che si è appassionato al marketing come me durante i miei studi, le mie nonne, il mio ragazzo che si è sorbito tutte le paranoie, le amiche d’infanzia con cui ho condiviso ogni sorriso e ogni lacrima, le amiche e gli amici conosciuti durante gli studi, le compagne di pallavolo, i

collaboratori del negozio che mi hanno visto crescere ed infine i tutti i professori incontrati lungo il percorso.

Un ringraziamento particolare va al professore che mi ha aiutato e permesso di

elaborare questa tesi: il Prof. Roberto Sbrana. A questo grande Professore va il mio più forte ringraziamento e il mio più sentito ricordo, poiché è stato il mio mentore nel percorso magistrale, mi ha voluto tra i suoi tesisti e mi ha seguito con quella grandezza d’animo che in poche altre persone d’eccellenza ho ritrovato. Lo ringrazio per aver creduto in me e per avermi trasmesso parte della sua conoscenza. Grazie Roberto.

(5)
(6)

6

CAPITOLO 1-

L’EVOLUZIONE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO

I.

DALLE BOTTEGHE AI GRANDI MAGAZZINI

La bottega è il prodromo del commercio al dettaglio perché è la prima forma di vendita organizzata in sede fissa tra persone fisiche. Non si parla più di mercato e di ambulanti o di commercio a lunghe distanze di grandi quantità di materie prime. Qui sono i comuni cittadini che prendono parte alla vita economica, che producono e vendono proprie opere come gli artisti o servizi come i barbieri, che distribuiscono all'utente finale beni come il sale oppure i tabacchi. Per molto tempo sono mutate ben poco, con lo spazio interno limitato, l'apertura verso la strada, il semplice arredo interno, il retrobottega dove si svolgeva spesso un'attività artigianale o comunque complementare alla vendita.

Lentamente dal Settecento, ma più compiutamente dall’ Ottocento, l'antica bottega diventò negozio, cioè il luogo del “non-ozio”, nel senso che intendiamo oggi: un ambiente più ampio e specializzato1. Vi era però una grande eterogeneità nell'aspetto di questi luoghi, spesso a metà tra punti vendita e produzione o depositi, che limitava molto la vendita di prodotti già pronti, che per tradizione venivano considerati di qualità inferiore ai prodotti creati manualmente dagli artigiani. I primi negozi erano luoghi poco curati, molto poveri dove lavorava il commerciante e spesso i componenti della sua famiglia.

Si nota che in questo periodo si svilupparono a poco a poco nei centri cittadini le rivendite di lusso (tessuti, abbigliamento, porcellane e ceramiche, gioielli, ecc.). Si

(7)

7 connotavano per un esterno sobrio, con l'insegna ben visibile ma poco appariscente. All'interno si trovavano ampi banconi che separavano lo spazio riservato ai venditori da quello riservato ai clienti, in un'atmosfera da salotto. L'elemento saliente era

rappresentato dal commesso, figura imprescindibile per il commercio dell'epoca, poiché la merce e i prezzi non erano esposti.

Come narra la Scarpellini nel suo saggio sull’evoluzione del commercio al minuto, di lì a poco, agli inizi del Novecento, lo scenario della distribuzione cittadina cambiò

radicalmente. Dal piccolo commercio familiare di vicinato si passò attraverso la

rivoluzione della distribuzione, gli spazi commerciali conobbero la loro trasformazione più profonda, si passò dalle botteghe alle cosiddette cattedrali del consumo.

Nacquero i grandi magazzini, i quali fecero la prima comparsa in Francia nel 1852 quando il magazzino di tessuti Bon Marchè cambiò completamente registro di vendita con l'imprenditore Aristide Baucicault. La nuova formula si basava su elevati volumi di vendita e una veloce rotazione del magazzino, sul prezzo fisso, sull'entrata libera senza obbligo d'acquisto e sulla pubblicità tramite volantinaggio. Oltreoceano dieci anni dopo aprì il primo magazzino “Macy's”, da alcuni studiosi viene considerato il vero

rivoluzionario per la più elevata ampiezza delle linee in assortimento. Anche in Inghilterra nasceva in questo periodo il grande magazzino “Harrod's”. L'Italia fece il grande passo avanti negli ultimi anni dell'Ottocento quando i fratelli Bocconi

inaugurarono il grande magazzino “Alle città d'Italia”, che oggi prende il nome di “La Rinascente”, accanto al Duomo di Milano. Negli stessi anni vennero inaugurati i nuovi Grandi Magazzini Mele, ubicati vicino al teatro San Carlo di Napoli.

Questa nuova formula distributiva segnò un grande cambiamento nella distribuzione, ma soprattutto nell'immaginario complessivo. Primo perché incarnava il mito del progresso e la passione per le novità, rappresentava la modernità urbana, si realizzava a

(8)

8 pieno il processo di spettacolarizzazione delle merci, il tutto affascinava il cliente che diventava allo stesso tempo compratore e spettatore. In secondo luogo venivano ridefiniti gli spazi urbani in funzione della valorizzazione degli spazi dedicati al consumo, i quali diventavano luoghi d'incontro e meta di turisti.

Nella realtà i grandi magazzini in Italia non conobbero una grande espansione, nel 1938 essi rappresentavano solo lo 0,8% delle vendite (un quinto rispetto alla Germania ed un settimo rispetto alla Gran Bretagna)2. La principale causa di questo risiedeva nel basso potere d'acquisto dei consumatori e nella politica di contenimento salariale attuata dal regime politico.

Inoltre il fascismo intraprese una politica di controllo sugli ambienti economici. Infatti nel 1926 venne imposta la necessità della licenza per aprire un negozio, licenza che veniva rilasciata dal comune in base ad una valutazione che considerava gli aspetti urbani e demografici, la presenza di altri negozi simili e di mercati rionali. Questa norma più che a razionalizzare la crescita, servì ai fini clientelari dei comuni e servì a legare politicamente i commercianti.

Si deve ricordare che all'interno di 1,220,000 esercizi attivi nel 1938 c'erano 220,000 ambulanti, i negozi contavano due terzi di attività in campo alimentare, mentre solo un terzo in ambito non alimentare, come la Scarpellini riporta nel suo libro riguardante il commercio tra le due guerre in Italia3. Quindi eravamo ancora di fronte ad una vasta rete di piccoli negozi, frammentati e poveri.

Il primo magazzino a prezzo unico fu inaugurato il 22 ottobre 1928 a Verona, ad insegna Upim acronimo di “Unico Prezzo Italiano Milano”. L'immagine si allontanava dallo sfarzo della Rinascente. Si riscontravano interni funzionali, articoli di ampio consumo e

2E.Scarpellini, L'italia dei consumi dalla belle èpoque al nuovo millennio, 2008, Milano, Gius. Laterza &

figli.

3 Tratto da V.Zamagni, La distribuzione commerciale in Italia fra le due guerre, 1981, Milano, Franco

(9)

9 si sviluppavano secondo una geografia meno elitaria e più popolare, puntando

all'ubicazione nei quartieri vitali delle grandi città. L'obiettivo era quello di offrire un paniere variegato, rispondente allo standard di vita occidentale, anche per quella popolazione colpita dalla crisi.

Il successo fu interessante, alla vigilia della guerra esistevano 5 filiali Rinascente contro 57 magazzini Upim. Successo che portò all'apertura di altre due importanti insegne nella storia italiana: la Standa e la Ptb (Per Tutte le Borse)4.

Queste vicende, unite alle pressioni dei commercianti ed al desiderio di imporre i disegni del fascismo, spinsero l'intervento del regime. Prima venne approvata una legge che estendeva anche ai magazzini la necessità della licenza nel 19385. Pochi anni dopo nel 1941, venne imposto dal legislatore un patto fra le imprese operanti sul mercato, questo stabiliva il numero massimo di magazzini a prezzo unico che potevano operare sul territorio nazionale. Precisamente prevedeva 177 filiali, divise tra Upim(76), Standa(44), Ptb(33). Norma che di fatto creò un vero e proprio oligopolio per le tre insegne6.

Tutto ciò rallentò la crescita di un format distributivo efficiente fino a quel momento e dette nuovo impulso ai piccoli operatori tradizionali. Questo comportò il

consolidamento di un tessuto distributivo inefficiente e ritardato rispetto agli altri Paesi europei.

4E.Scarpellini, L’Italia dei consumi dalla belle èpoque al nuovo millennio, 2008, Milano, Gius. Laterza &

figli, pg.126-127.

5 Giurisprudenza italiana e leggi riunite: R.D.L, 21 luglio 1938, n.1468: La disciplina dei magazzini di

vendita a prezzo unico. Vol.114.

6E.Scarpellini, L'Italia dei consumi dalla belle èpoque al nuovo millennio, 2008, Milano, Gius. Laterza &

(10)

10

II.

DAL SUPERMERCATO AI PARCHI A TEMA

La fine della Grande Guerra segnò una svolta importante nel settore commerciale. Infatti gli americani forti del loro predominio puntarono alla diffusione internazionale dell'American way of life. Uno stile di vita che vedeva il riflesso economico della democrazia raggiunta nella sovrabbondanza delle merci, cioè nella moltitudine di scelte disponibili per il consumatore, tutto al fine di garantire all'individuo la libertà di scelta raggiunta dall'Occidente democratico.

L'emblema del loro progetto economico risiedeva nel mito del Supermercato. Come racconta la Scarpellini il primo vero approccio dell’Italia al supermercato è avvenuto a Roma quando nel 1956 il Dipartimento dell'agricoltura Usa e la National

association of Food Chains allestirono all'Eur un intero supermercato di 1000mq. che

contò 450,000 visitatori in tredici giorni.

Gli elementi fondamentali del supermercato erano l'ambiente efficiente e razionale, le lunghe scaffalature regolari con pile di alimenti, gli arredi semplici e funzionali, i colori e le indicazioni che identificavano i reparti integrati nell'ambiente, prevalevano i colori chiari e metallici, i pavimenti lucidi, la pulizia e i neon che diffondevano luce bianca. Nell'assortimento apparivano per la prima volta i surgelati, tutti i prodotti confezionati e la marca commerciale. Le industrie del tempo infatti, non erano pronte a soddisfare le esigenze di qualità, di quantità e di controllo necessarie ai supermercati, quindi i distributori iniziarono a produrre direttamente beni come la pasta, il caffè, a confezionare salumi e formaggi, ecc. Tutto questo a prezzi molto concorrenziali. Un'indagine Ipsoa su 500 clienti spiegò le ragioni delle preferenze dei consumatori nei confronti dei Supermercati: 133 li preferivano per i prezzi bassi, 116 per

(11)

11 l'assortimento,69 per la rapidità del servizio, 62 per la libertà di scelta, 47 per la

qualità,34 per l'igiene, 8 per i prezzi fissi e 35 per ragioni varie7.

Il primo ad aprire in Italia fu la catena “Supermarkets italiani Spa” nel 1957 per mano del magnate americano Rockefeller insieme alla famiglia Caprotti, alla famiglia Crespi ed altri piccoli investitori. Un'apertura giunta dopo lunghe trafile burocratiche per l'ottenimento della licenza e le forti resistenze dei piccoli commercianti, che rappresentavano ancora il 93% del tessuto distributivo del Paese. Ricordiamo tra le prime insegne anche la “Romana supermarkets”, la “Pam”e la “Sma”.

Negli stessi anni si devono analizzare altre due importanti forme di commercio: il commercio associato attraverso i gruppi di acquisto collettivo tra dettaglianti ma soprattutto la ripresa delle cooperative (nel 1971 la Coop-Italia contava71 supermercati e 700 superette, nel 1962 venne fondata a Bologna la Conad)8.

La crescita in Italia del Supermercato fu il risultato di fattori economici e sociali, ma soprattutto politici che videro protagonisti le associazioni sindacali di categoria

(Confcommercio), numerosi organi pubblici ( camere di commercio, prefetture, regioni e comuni), partiti politici di governo e opposizione. Il commercio diventò terreno di scontro in chiave politico-corporativa.

La forte pressione politica spinse il legislatore a raggruppare tutti i testi normativi in vigore, per redigere un corpo unico ed aggiornato. Infatti nel 1971 venne emanata la legge 4269 o legge quadro del settore, la quale fu fortemente sostenuta dalla

Confcommercio e votata da tutti i partiti. Una legge che assegnava un particolare ruolo di pianificazione agli enti locali e poneva di fatto un freno allo sviluppo della grande distribuzione. La stessa puntava ad aumentare il livello di qualificazione professionale

7 M.Lorusso, L’identità del prodotto alimentare: i luoghi dell’esibizione, della narrazione e del

consumo,2010, pg.58.

8 V. Zamagni L’impresa cooperativa italiana: dalla marginalità alla fioritura,2005, Università di Bologna. 9 Portale Normattiva, Legge 11 giugno 1971, n.426: La disciplina del commercio

(12)

12 degli operatori commerciali con l'obbligo dell'iscrizione al REC (registro degli esercenti di commercio); neutralizzare l'eccessiva discrezionalità dei Comuni con l'emanazione di direttive statali per la redazione dei “Piani di Sviluppo e adeguamento alla rete di vendita”; aumentare le dimensioni medie dei punti vendita al dettaglio in sede fissa; assicurare lo sviluppo all'interno del sistema distributivo con format alternativi10. Tale legge non ottenne i risultati sperati, si parlò di fallimento della l.426/1971, perché i piani non furono predisposti, si concessero troppe deroghe ai Comuni e poche licenze ai format davvero innovativi. In conclusione si tentò di tutelare il tessuto esistente con una blindatura dello status quo11.

Mentre l'Italia si paralizzava per un sistema legislativo inefficace, il settore distributivo d'oltre oceano si avvicinava sempre più ad una nuova dimensione. La dimensione del commercio-divertimento e del commercio-spettacolo. Secondo Ritzer, era l'unica soluzione per “re-incantare” un consumatore ormai assuefatto ad un consumo troppo razionalizzato ed impersonale12.

Il primo ed il più grande centro commerciale fu costruito nel 1956 nella periferia di Minneapolis e prese il nome di “Mall of America”. Mentre in Francia arrivarono nel 1963 con Carrefour e Auchan, invece in Italia solo negli anni Settanta con Pratilia, oggi conosciuto con il nome di “I Gigli”, ubicato vicino a Prato.

Questi centri si caratterizzavano in primis per il richiamo alla natura: si utilizzavano fiori e piante anche di grandi dimensioni, fontane e laghetti, luce naturale che filtrava dalle ricoperture trasparenti, l'uso di elementi naturali come il legno o, se si trattava di strutture all'aperto, rimandi a stili e materiali locali; tutto ciò insieme ad una particolare

10G.Gandolfo, R.Sbrana, Contemporary retailing, 2007, G.Giappichelli editore, Torino, pg.257. 11G.Gandolfo…, Contemporary…, G.Giappichelli editore, 2007, Torino, pg.263, op.cit.

12G.Ritzer, La religione dei consumi: cattedrali, pellegrinaggi e riti dell'iperconsumismo,2000, Bologna, il

(13)

13 attenzione all'impatto ambientale, ad esempio il Mall of America fu edificato per

l'autosufficienza energetica, era capace di produrre l’energia di cui aveva bisogno. Dunque i centri commerciali godevano di un'architettura eco-orientata che intendeva distanziarsi dalla fabbrica tutta cemento e artificialità dell'Ottocento.

Il secondo elemento caratteristico di questi luoghi è l'esasperazione del momento spettacolare e ludico connesso in modo strutturale allo shopping. Le pietre miliari di questa visione commerciale, oltre al già menzionato Mall, furono “l'Universal

Citywalk”, un corridoio pieno di attrazioni e negozi che collegava gli studios di los

Angeles; il casinò “Bellagio” a Las Vegas; il “Canal City Hakata”, uno spettacolare centro commerciale centrato sul tema dell'acqua a Fukoka in Giappone13.

A volte i centri commerciali sorgevano intorno ad un'altra nuova formula nata in quegli anni, l'ipermercato, ossia una megastruttura periferica (da 2.500 a 10.000mq) che offriva insieme sia beni alimentari che non alimentari di basso prezzo unitario con ampio ricorso alla vendita self-service.

In Italia la grande distribuzione organizzata assunse dimensioni di rilievo solo a partire dagli anni Ottanta, in coincidenza con la ripresa dei consumi e la diffusione degli stessi tra tutte le classi sociali. A livello normativo, si applicarono nel corso degli anni Ottanta una serie di modifiche alle legge n.426/1971.

Prima fu la “Legge Marcora” nel 198214, obbligava i comuni con più di 5000 abitanti a dotarsi del Piano regolatore per rilasciare le licenze ai nuovi esercizi al dettaglio di largo consumo, inoltre obbligava le amministrazioni a concedere le autorizzazioni per

l'ampliamento fino a 200mq delle superfici di vendita ed aprire superfici superiori a 400mq con una o due autorizzazioni merceologiche. Successivamente nel marzo del

13 E.Scarpellini, L'italia…, 2008, Milano, Gius. Laterza & figli, pg.283.

(14)

14 1987 fu emanata la legge n.12115, tramite la quale si concedeva autorizzazione

all'apertura di superfici fino a 600mq, purché l'apertura venisse effettuata in modo congiunto da due esercizi già operanti nel territorio da almeno 3 anni.

Tutte queste norme in vigore vennero raccolte nel decreto Ravaglia del 198816, in modo da sistematizzare il corpo legislativo esistente ed introdurre alcune novità. Anzitutto l'eliminazione dei limiti massimi di superficie per i negozi non alimentari ed alcune categorie di quelli alimentari; introduceva il format del minimercato (superette), cioè superfici da 200 a 400mq che potevano vendere qualsiasi tipo di categoria merceologica utilizzando il self-service e impiegando anche personale extra-familiare, quindi nacque una nuova struttura come espansione del negozio tradizionale; infine si permise

l'ampliamento senza vincoli agli esercenti già attivi sul territorio, così venne dato l'impulso alla grande distribuzione17.

Tali critiche a questo sistema non mancarono, L'AGCM nella relazione del 1993 evidenziò molte lacune nei testi emanati, soprattutto per le forti barriere verso i potenziali nuovi entranti nel mercato e l'inadeguatezza ed obsolescenza dei piani commerciali. Critiche che aprirono la strada al “Decreto Bersani” del 199818, il decreto della liberalizzazione del settore del commercio al dettaglio che con l’apertura alla GD ha influito pesantemente sulle capacità di permanenza nel mercato degli operatori tradizionali.

Dalla letteratura si possono evincere gli obiettivi della riforma: la libertà d'impresa e la trasparenza del mercato, la tutela del consumatore, la modernizzazione della rete

distributiva, l'evoluzione tecnologica dell'offerta anche per il contenimento dei prezzi, il

15Portale Normattiva : L.n.121 del 27 marzo 1987, art.8 comma 2.

16Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana: D.M. n.375 del 4 agosto 1988, Norme di esecuzione della

legge 11 giugno 1971, n. 426, sulla disciplina del commercio.

17 G.Gandolfo…, Contemporary…, G.Giappichelli editore, 2007, Torino, op.cit.

18Portale Normattiva: D.lgs n.114 del 31 marzo 1998, riforma della disciplina relativa al settore del

(15)

15 pluralismo delle diverse forme distributive e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane e insulari19. Questo decreto segnò una svolta epocale tra i pregi e i difetti nell'effettiva applicazione sul campo. Sicuramente portò una liberalizzazione verso le grandi superfici di vendita e la nascita nel Bel Paese di nuove strutture commerciali ossia i factory outlet e le grandi superfici specializzate (GSS)20. L'outlet è una formula di derivazione statunitense che prevede la presenza nel tessuto distributivo di negozi controllati direttamente o indirettamente dai produttori che offrono al pubblico le rimanenze di merci di marca. Per rispondere al desiderio dei consumatori di acquistare merce firmata d'occasione e alla volontà delle imprese di salvaguardare l'immagine e le quote di mercato. Inizialmente erano gruppi di negozi dallo stile semplice, ma con l'affermarsi del valore sociale delle marche gli outlet hanno assunto molte caratteristiche tipiche dei centri commerciali. Il primo in Italia aprì nel 2000 a Serravalle Scrivia ed era il più grande d'Europa. L'elemento innovativo era l'ambientazione, si voleva ricostruire un centro storico dove inserire i negozi, i bar ed i ristoranti. L'obiettivo era la messa in scena: si poteva comprare un capo firmato

d'occasione in un negozio che sembrava uguale all'originario, in uno spazio urbano che sembrava uguale a quello delle città. In Italia fu la società McArtthurGlen che per prima costruì i factory outlet centre (FOC), oggi il gruppo conta 4 grandi superfici nel nostro Paese (Barberino, Castel Romano, Noventa di Piave e La Reggia) ed altre 17 nel' area europea21.

E' interessante notare che questi centri rappresentavano una forte innovazione per l'Italia, furono i soggetti di una forte negoziazione tra i municipi e le comunità locali, a causa del loro forte impatto sull'economia del territorio. Le cittadine in prossimità

19 G.Gandolfo,… Contemporary…, G.Giappichelli editore, 2007, Torino,pg.264.op.cit. 20 E.Scarpellini, L'italia…, 2008, Milano, Gius. Laterza & figli, op.cit.

(16)

16 dell’area commerciale ottennero aiuti dagli investitori per risanare i centri storici vicini, ottenero finanziamenti per attività culturali, molti posti di lavoro e incrementi di attività dei servizi limitrofi. Purtroppo portarono anche un forte aumento del traffico, una scarsa integrazione con il territorio circostante ed uno svuotamento di risorse e persone nelle aree più distanti22.

L'altra grande innovazione venuta alla luce con la liberalizzazione Bersani, furono le grandi superfici specializzate (GSS). Durante le prime fasi della rivoluzione

commerciale le maggior parte delle imprese si diresse verso le despecializzazione. Sono despecializzati i supermercati, i grandi magazzini, gli ipermercati ed i centri

commerciali al dettaglio. Mentre nella fase centrale del cambiamento commerciale degli anni Novanta, alcune imprese della GD cominciarono a percorrere la strada della

specializzazione su grandi superfici di vendita. Nacquero le GSS che si caratterizzavano per le grandi dimensioni (oltre 2800mq), per la profondità degli assortimenti e per la convenienza dei prezzi. I maggiori punti vendita trattano mobili e arredamento, poi l'abbigliamento ed al terzo posto l'elettronica e l'informatica.

Superato l'avvento dei FOC e delle GSS, il nuovo millennio porta con se la nascita del consumatore postmoderno. Un cliente che ricerca un nuovo modo di vendere, ricerca la differenziazione e ricerca le esperienze. Da questi cambiamenti sociali il marketing ha sviluppato nuovi format di vendita e nuove tecniche di vendita coadiuvate della rivoluzione online.

(17)

17

III.

LA POST-MODERNITA' E LE TECNICHE DI VENDITA.

Nella post-modernità i luoghi della distribuzione si espandono senza confini divenendo il nuovo terreno di scontro tra imprese della produzione e quelle della distribuzione, inoltre diviene cruciale il consumatore ed i suoi comportamenti d'acquisto e di consumo. Queste osservazioni permettono di rivolgere uno sguardo più interessato al commercio, il quale assume un ruolo di maggior rilievo rispetto al passato. Esso diventa depositario di un'enorme quantità di informazioni tramite i sistemi di fidelity card e di screening dei dati ottenuti tramite questi sistemi.

Il commercio è più vicino emozionalmente al cliente e i punti di vendita divengono luoghi magnetici e di socialità, essi sono luoghi nei quali le merci possono dialogare con il consumatore rivolgendosi a tutti i suoi sensi. In letteratura si riporta che che nell'epoca postmoderna avviene la transizione del consumo: da semplice valore d'uso a mezzo di comunicazione23.

Le imprese commerciali sono accomunate dalla funzione del trasferimento dei prodotti sul mercato, ma sono talmente diverse le une dalle altre, che risulta difficile ricondurle ad un'unica categoria concettuale.

Le classificazioni esistenti hanno come elementi di differenziazione i seguenti parametri:24

 Collocazione all'interno del canale distributivo; come grossista o dettagliante.

 Tipologia di prodotti trattati; beni banali o beni problematici

 Grado di specializzazione dell'assortimento; assortimento specializzato o despecializzato.

 Tecnica di vendita utilizzata; che sia tradizionale o innovativa.

23G. Fabris, Il nuovo consumatore verso il postmoderno,2003, Milano Franco Angeli, cap.8: i luoghi della

distribuzione e del consumo.

(18)

18

 Dimensione dei punti di vendita.

 Grado di autonomia gestionale; in forma indipendente, associata o cooperativa.

 Tipo di localizzazione; urbana, sub-urbana o sparsa in piccoli centri.

Questa analisi si focalizzerà sulla divisione dei format di vendita secondo le tecniche di vendita utilizzate, con particolare attenzione alle tecniche innovative nate durante l'epoca postmoderna.

Le tecniche di vendita assumono rilievo perché influenzano il comportamento dei venditori e dei compratori, con importanti conseguenze sulla qualità e sulla quantità di beni acquistati. Più in particolare l'avvento delle nuove tecniche da un lato cambia gli strumenti a disposizione del venditore per orientare il cliente, dall'altro si rinnovano i fattori che guidano il cliente nelle sue scelte.

In ambito tradizionale troviamo la vendita tramite personale di contatto, la vendita a libero servizio, la vendita per corrispondenza, la vendita tramite distributori automatici, la vendita a domicilio e la vendita ambulante. Mentre le tecniche innovative includono le vendite televisive, quelle telefoniche ed infine quelle telematiche.

Tra le tecniche di tipo tradizionale la più importante è quella di tipo personale, questa si esegue tramite la figura del venditore che fa da intermediario tra i bisogni dei

consumatori e i requisiti dell'offerta disponibile sul punto di vendita. E' una tecnica più adatta alla vendita di beni problematici, tecnicamente complessi e di alto valore ma meno necessaria per i prodotti banali, grocery di tipo alimentare dove l'acquisto è frequente e di routine. Inoltre l'utilizzo del personale di contatto rafforza le relazioni umane, creando rapporti di fiducia che contribuiscono ad una store loyalty più elevata. Invece il libero servizio si è sviluppato rapidamente nell'ambito del commercio al dettaglio dei beni di largo consumo, risulta peculiare per l'assenza dei venditori, per la libertà del cliente nel circolare all'interno del negozio prelevando direttamente i prodotti

(19)

19 dagli scaffali, per l'importanza dell'aspetto visivo e il pagamento finale alle casse.

L'introduzione del self service ha modificato in maniera epocale la gestione

dell'assortimento e dello spazio, ha dato vita a funzioni nuove, quali la preparazione della merce in magazzino per la successiva collocazione negli scaffali, il

confezionamento e la prezzatura, il merchandising ed infine la contabilizzazione degli oggetti acquistati alla cassa finale.

Un' ulteriore tipologia di vendita impersonale di ultima generazione è quella effettuata tramite i distributori automatici. Oltre alla presenza di vending machine nei luoghi di lavoro o in luoghi pubblici, è da alcuni anni che si vedono spazi commerciali privati adibiti a negozi self service aperti 24H. L'istallazione di macchine automatiche per la somministrazione di cibo, bevande, medicinali, sevizi di lavanderia ha permesso di aprire veri e propri punti vendita a servizio zero, una caratteristica che permette l'apertura notturna senza costi aggiuntivi, dando al cliente un servizio veloce e continuativo.

La tecnica più antica è la vendita ambulante che presenta molte similitudini con la vendita tradizionale di tipo personale, con la differenza che in questo caso non esiste un negozio nel quale il consumatore si reca per acquistare, ma la vendita viene effettuata sul suolo pubblico, con strutture mobili dove l'offerta va a caccia della domanda. Questo è un modo per aggregare più bacini d'utenza attraverso una sola struttura di vendita che si sposta sul territorio. E' importante sottolineare che questa tipologia si è rivalutata con la crisi attuale, l'osservatorio Confesercenti ha registrato per l'anno 2013 un saldo positivo per il commercio ambulante nei luoghi pubblici con 3,334 unità in più rispetto all'inizio dell'anno25.

(20)

20 Nello stesso osservatorio si riscontra una notevole crescita delle aziende operanti in e-commerce (+530 unità) per un giro di affari totale di 11,6 miliardi nel 201326. Questa tecnica di vendita è la più efficiente tra le tipologie di commercio innovativo ed è quella che in termini di ordinativi sta crescendo a ritmi esponenziali. Il consumatore può utilizzare un qualsiasi terminale dotato di connessione Internet per collegarsi ed accedere ai cataloghi elettronici di articoli che possono essere direttamente ordinati online. I punti di forza della vendita online sono il risparmio di tempo e denaro per la ricerca di un prodotto, la maggior reperibilità dei prodotti, la possibilità di ottenere un'informazione esaustiva nel momento stesso del bisogno e la possibilità di personalizzare il rapporto con il produttore. Anche per l'industria le potenzialità risultano elevate, è una nuova frontiera ancora poco esplorata con ampi margini di crescita, presenta una straordinaria possibilità di dialogo con il cliente nella prospettiva di una mass customization, inoltre è una possibilità per riequilibrare i rapporti con la distribuzione27.

IV.

LE NUOVE MODALITA' DI DISTRIBUZIONE

Le tecniche innovative di commercio hanno permesso di sviluppare nuove forme di punti vendita sia fisici che virtuali. Si è creata una dimensione commerciale più vicina alle esigenze del consumatore postmoderno, il quale si trova alla ricerca di

un'esperienza unica e di forme di aggregazione comunitarie.

I centri commerciali trovano la massima espansione nel nostro Paese negli anni ottanta e all'inizio degli anni novanta28. Dato fondamentale per il successo della formula è stata

26Risorsa elettronica: Rapporto Coop, Distribuzione e consumi,2014. 27 R.Sbrana,… Contemporary…, 2007, Torino, Giappichelli editore, op.cit.

28 F.Celaschi, E.Formia, Progettare la casa del consumo: dall’avvento della grande distribuzione al nuovo

(21)

21 l'aggiunta della componente ludica e di piacere che si affiancava alla più canonica funzione del commercio. Diventarono le icone della spersonalizzazione dell'uomo e della spettacolarizzazione della società; come sostenne Michel Crosbie nella rivista Progressive Architecture, descrivendo così il più grande retail and entertainment

complex americano: “Oggi si va al Mall of America29 con la stessa religiosa devozione con cui i cattolici vanno al Vaticano, i mussulmani alla Mecca, i giocatori d'azzardo a Las Vegas, i bambini a Disneyland30”.

Si deve costatare che nell'epoca contemporanea questo modello sembra perdere quote di mercato importanti, sono cambiate le ragioni di compravendita delle merci, cambia il valore d'uso dei prodotti, cambiano le tecnologie e i canali di scambio, le esigenze logistiche, la messa in scena delle merci, cambiano i format di presidio e di assistenza alla vendita ed infine cambiano le merci.

Alla luce di tali osservazioni si possono segnalare alcune sintetiche direttrici d'innovazione nel settore del retail. Infatti così come si evolve la società e gli atteggiamenti dei consumatori così si evolvono e cambiano aspetto i punti vendita. Anzitutto la multimedialità gioca un ruolo preponderante, si cerca di creare ambienti interattivi capaci di colloquiare con l'utente (Apple store a Manatthan31). Inoltre diventa importante la presenza di una componente più umana legata alla percezione emozionale, sensoriale ed esperienziale del consumatore all'interno dello spazio di vendita, discorso che prende ad emblema la brand experience o la store experience, che si pone come

29Una megalopoli dello shopping, ubicata in una zona geografica poco abitata e con condizioni climatiche

molto rigide. Un mondo auto-riferito e chiuso su se stesso, pietra miliare del shop-entertainment. Diventò il più grande shopping mall d'America, 40 milioni annui di visitatori. Più di 520 tra ristoranti, negozi su 4 anelli lunghi 1km l'uno, 400 eventi l'anno. E' presente anche una cappella per i matrimoni, nel 1992 ne ha ospitati 5mila. Al centro un parco giochi un rollercoaster, un ripsaw,un Legoland, un acquario, un cinema, un' area per castelli d ghiaccio. Tratto da D.Tirelli, Retail experience.

30 F.Celaschi, …, Progettare la casa del consumo …, Risorsa elettronica Master Impresa MDI

Bocconi,2009, pg.85, op.cit.

(22)

22 obiettivo la trasformazione di un prodotto o di un luogo in un'esperienza (Abercrombie & fitch, Hollister store32).

La riappropriazione della dimensione urbana, con la creazione dei cosiddetti “centri commerciali naturali” sulla scorta del modello britannico, ovvero progetti di

valorizzazione commerciale, attraverso azioni temporanee o permanenti nei centri cittadini o nei quartieri storici (Mantova con il progetto “commercio e città della cultura”33).

Molta attenzione al tema della sostenibilità, esemplare è l'apertura, nel dicembre 2008 a Brescia, del supermercato ecologicamente corretto a insegna Simply Sma, in cui si fa ricorso a forme di energia rinnovabile e al riciclo di materiali e di rifiuti in cui vige un rispetto elevato dell'ambiente.

La rivalutazione dell'usato, perché a causa dei ritmi lenti di sostituzione i distributori e gli stessi consumatori si sono presi carico della creazione di canali che consentono di disfarsi, a condizioni non svantaggiose, dei beni ancora utilizzabili al fine di agevolarne la sostituzione (Portobello, mercatini dell'usato, Mercatopoli, ecc).

Queste linee di evoluzione distributiva, rappresentano l'emblema della volontà della società di un ritorno al passato, un passo indietro che l'uomo vuole percorrere tramite l'utilizzo della tecnologia intelligente. Ci troviamo di fronte ad un ossimoro che ben rappresenta il periodo storico-economico attuale.

Una ricerca della società Cean spa34 nel 2008, in collaborazione con il politecnico di Torino ha individuato le linee guida per la progettazione di un negozio del futuro. Il

32D.Tirelli, Retail…, 2013, Milano, Franco Angeli, op.cit.

33 F.Celaschi, …, Progettare la casa del consumo…, Risorsa elettronica Master Impresa MDI

Bocconi,2009, pg86, Milano, op.cit.

34Cean spa è una società che crea Pdv, in trent'anni ha ideato 10.000 Pdv. Tra i maggiori clienti conta

(23)

23 possibile cambiamento si direziona verso il tempo, lo spazio, la materializzazione del servizio, l'esperienza in store e l'ottimizzazione dello sfruttamento energetico.

Le direttrici evidenziate dalla ricerca aprono lo scenario ad innovativi format di vendita: Il fast store, il temporary market, lo wiki market, il travel market, l' over market, l'

efficient store, l'eco-store, l' automatic store 35.

Il primo è orientato all'idea che la cosa che più ha valore è il tempo, sia del lavoratore sia del consumatore, quindi il layout ed il servizio interno devono essere più funzionali ed efficienti possibile. Il temporary market è un luogo di distribuzione che cambia durante il giorno, durante la settimana o la stagione per adeguarsi ai bisogni dei

consumatori, oppure è fatto per durare un preciso intervallo di tempo. Lo wiki market è il luogo in cui è il consumatore, o anche “consum-autore”, a produrre argomenti di scambio e valore per sé e per gli altri clienti, ossia una piattaforma di condivisione di merci e servizi. Con il travel market si vuole offrire un'esperienza di viaggio e di formazione esperienziale del consumatore. L'over market è la modalità tramite la quale si vuole portare la distribuzione dove non c'è, oltre le mura del Pdv tradizionalmente preposto allo scambio delle merci. L'efficient store ha l'obiettivo di minimizzare gli sprechi e massimizzare lo sfruttamento delle risorse. Inoltre l'eco store è il luogo dove la sostenibilità ambientale è il perno del sistema di distribuzione. Infine l'automatic store è considerato lo spazio-macchina, che scambia merce con il minor ricorso al lavoro dell'uomo.

Ma i consumatori cosa ne pensano? Per i consumatori qual è il futuro del commercio al dettaglio nell'era di internet? Questa è la domanda di partenza sulla quale si basa

35F.Celaschi, …, Progettare la casa del consumo…, Risorsa elettronica Master Impresa MDI

(24)

24 l'indagine Confcommercio-format per la collana “le Bussole” a titolo “Il negozio

nell'era di internet”36.

Secondo le statistiche la maggioranza dei consumatori (76%) e di imprenditori (66%) ritiene che i negozi tradizionali tra dieci anni avranno ancora un ruolo importante, ma solo se capaci di coinvolgere ed emozionare il cliente. Secondo il 10% dei consumatori e il 7% degli imprenditori i negozi rimarranno, ma ricopriranno soltanto un ruolo di consulenza ed assistenza sui prodotti. Per la restante parte della popolazione i negozi tradizionali spariranno e il mercato sarà esclusivamente on-line37.

Riguardo al mix di strategie di vendita su internet e nel negozio fisico, la ricerca evidenzia e conferma due trend molto importanti, tra le abitudini di ricerca e acquisto dei consumatori. Si parla del fenomeno del ROPO (search online, purchase offline) e del fenomeno TOPO (try offline, purchase online). Il primo riguarda quelle situazioni in cui i soggetti cercano la soluzione più adatta alle loro esigenze su internet,

successivamente si recano in negozio di persona per effettuare l'acquisto. Invece il secondo tipo, prima si reca in negozio per provare fisicamente i prodotti, poi finalizza l'acquisto su internet.

Secondo gli autori del saggio “Il negozio nell’era di Internet” questi comportamenti constatano che il mondo fisico e quello virtuale non sono più separati, le strategie commerciali delle aziende devono incorporare entrambe le dimensioni.

In conclusione le imprese commerciali che hanno visto lo splendore nell'Ottocento, sono passate per le epoche buie della guerra, fino alla spettacolarizzazione e

spersonalizzazione degli anni Novanta. Oggi il consumatore postmoderno e post-crisi chiede a queste aziende di rinnovarsi, di essere più efficienti e dinamiche per

sopravvivere nell'era di internet.

36F.Fulvio,A.Granelli, R.Pone, G.Catalano, Il negozio nell'era di Internet,2014, Roma, Le Bussole. 37F.Fulvio,…, Il negozio…,2014, Roma, Le Bussole, op.cit.

(25)

25

CAPITOLO 2 –

FOCUS SUL PERIODO POSTMODERNO

I.

-LA POSTMODERNITA'

Fino ad ora si è parlato di post-modernità e di epoca postmoderna, ma di cosa si tratta? Cos'è il marketing postmoderno?

“La globalizzazione, ossia l'attuale fase storica del capitalismo non è altro che la post-modernità” così come afferma Jameson38. “Si tratta di due nomi diversi per descrivere esattamente lo stesso fenomeno storico e lo stesso periodo economico: uno sottolinea la sua espansione economica, l'approssimarsi a un mercato mondiale definitivo, l'altro mette a fuoco le strutture e le forme culturali nelle quali è giunta ad esprimersi questa mutazione”. Secondo Rabissi per Jameson l’analisi parte da questa constatazione: “c’è stata una frattura a tutti i livelli nell’Occidente che coincide con la fine del movimento moderno e che risale agli anni cinquanta”39. Espressionismo astratto in pittura,

esistenzialismo in filosofia, il film d’autore, la scuola poetica modernista, sono le ultime manifestazioni tardo moderniste, dopodiché si apre lo spazio per un caotico ed

eterogeneo moltiplicarsi di manifestazioni: Andy Warhol e la pop art, l’iperrealismo, John Cage, il punk, la new wave con la punta avanzata dei Rolling Stones e dei Beatles, Godard, il video e il cinema sperimentali, il nouveau roman francese,ecc. Per pagine e pagine Jameson accompagna i lettori col suo catalogo dentro praticamente tutto quello che si è visto, sentito e patito dagli anni 50 in poi.

38P Rabissi, Tardo Capitalismo e globalizzazione. Frederic Jameson e il postmodernirmo, 2010, risorsa

elettronica: Overleft.

(26)

26

E’ una sorta di promemoria sul passaggio ad un’età nella quale domina l’indifferenziato e tutto sembra contemporaneamente alla fine e paradossalmente all’inizio di qualcosa. Caratteristica fondamentale di tutti questi fenomeni postmoderni è la cancellazione del confine (propria del modernismo avanzato) tra la cultura alta e la cosiddetta cultura di massa. Ancora secondo l’interpretazione di Rabissi sul postmodernismo teorizzato da Jeameson, il presente si presta ad una proliferazione di definizioni ora come società dei consumi, ora come società dei media, ora come società dell’informazione, società elettronica, ecc.

Dato questo quadro non ci resta che portare alla luce la definizione etimologica di postmoderno e definire gli elementi che caratterizzano le società odierne.

La voce linguistica “postmoderno” viene definita dal Garzanti come caratteristica di tendenze, atteggiamenti culturali che considerano superate le certezze filosofiche, ideali, scientifiche proprie della modernità. In architettura, si dice di tendenza che mira a superare i principi di razionalità e funzionalità propri dell'era moderna in nome di un'eclettica libertà di soluzioni stilistiche. In ambito letterario e artistico, si dice di tendenze che, in polemica con l'ideologia del progresso, proseguono la commistione di modi e forme del passato con elementi e spunti innovativi40

Gaetano Chiurazzi nella sua opera “Il postmoderno” riesce ad evidenziare

analiticamente gli elementi che caratterizzano tutte le società post-moderne, questo ci permette di approfondire gli effetti che la globalizzazione e il passaggio dal moderno al postmoderno hanno innescato nella società41.

I tre elementi fondamentali, che si riscontrano in ogni società postmoderna sono: l'ecologismo, il principio di differenza e la tolleranza. In primo luogo l'ecologismo è un

40Etimologia: comp. di post- e moderno; corrisponde all’ingl. post-modern e al fr. Post-moderne. Garzanti

linguistica, risorsa elettronica.

41 G.Chiurazzi, Il postmoderno: il pensiero nella società della comunicazione,2002, Bruno Mondadori,

(27)

27

movimento tipico perché si pone in contrasto con le generazioni distruttive del dominio tecnologico sulla natura. Però si presenta come ambivalente, o rimane confinato alla semplice protesta contro tali degenerazioni e quindi proclama una società postmoderna di “ritorno alla natura”; oppure, senza limitarsi a queste pessimistiche denunce, si fa movimento propositivo attento al nuovo carattere sistematico del mondo

contemporaneo, nell'intento di riqualificare il vivere quotidiano che porta ad un nuovo modo di intendere e fare politica. In secondo luogo la differenza è una delle parole d'ordine della cultura postmoderna. Se gli esiti del mondo moderno sono la

globalizzazione dell'esperienza, la compressione unitaria della realtà in base ad un unico principio fondativo, il postmoderno insiste invece sulla diversificazione, sulla

molteplicità, facendone i baluardi contro i rischi dell'omologazione sociale. Come detto da Gianni Vattimo “il massimo dell'uguaglianza è la possibilità di essere diversi”42.

Entra in crisi anche il concetto di identificazione nazionale e della conseguente definizione territoriale dello Stato, dovuta al carattere multinazionale dell'economia e delle comunicazioni, della globalizzazione dei mercati, ma anche da un'esperienza di vita in cui le frontiere vengono attraversate sempre con maggiore facilità.

Infine parliamo della tolleranza, la società postmoderna è modello fondato sulla differenza e il pluralismo in cui vige il principio morale della tolleranza in un contesto multiculturale e pluralizzante, con l'obiettivo di portare alla luce emarginazioni, subordinazioni ed esclusioni nella prospettiva di arrivare ad un mondo in equilibrio43.

Anche G.Padroni conferma che gli elementi tendenzialmente unificanti del postmodernismo, concetto difficile da definire e non riconducibile ad una teoria

42G.Vattimo, La tolerancia, principio fundamental de la sociedad postmoderna,intervista a “El Diario

Vasco”,22 gennaio 1989, pg.83.

43L.Giobbi, Per una sociologia delle mobilità. Le nuove trame della società postmoderna,2010,Milano,

(28)

28

coerente ed univoca, sono rappresentati dalla negazione degli standard e delle verità universali44.

In ambito scientifico e tecnologico, si pone come periodo storico che segue o nega il moderno, il quale era caratterizzato dalla fede nel progresso illimitato, la possibilità dell'uomo di controllare la natura attraverso gli strumenti della scienza e della tecnica, il razionalismo, il prevalere di dimensioni oggettivanti la realtà, una condizione universale d'ottimismo, gerarchia e centralizzazione, sintesi e visione totalizzante. Infatti

nell'organizzazione postmoderna del lavoro aziendale sono presenti elementi caratterizzanti da diversità, team di lavoro, piattaforme, condizioni di delega, partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori, autocontrollo, decentramento, ecc. Cadono i precetti del taylorimo sulla “teoria della tecnica scientifica della direzione”, cade il criterio deterministico newtoniano il quale lascia poco spazio alle scelte personali.

Sommariamente la postmodernità mette particolare enfasi sul cambiamento delle tecnologie chiave e dei parametri conoscitivi, si collega ai sistemi complessi, celebra le diversità e gli approcci di situazione anche nel rifiuto di pseudo valori assoluti e pseudo certezze e la necessità di approcci intersistemici. Più sistemi che lavorano insieme, per ottenere più efficienza ed efficacia, dunque la rete diventa l'elemento fondamentale, un anello che lega le parti, perché l'insieme risulta essere maggiore della somma dei singoli45.

44F.Iacono, i problemi della globalizzazione da un punto di vista cosmopolitico, 2007, risorsa elettronica:

Università di Napoli,.

(29)

29

II.

L'INDIVIDUO ED IL CONSUMATORE POSTMODERNO

L'analisi fin qui esposta della società, dell'economia e della tecnologia postmoderna ci ha mostrato il quadro complessivo in cui l'individuo si è calato negli ultimi sviluppi storici, però questo individuo deve essere esaminato in quanto singolo componente della rete.

Il cittadino come afferma Bauman46 vive nella solitudine del conformismo, la quale

sfocia in un sentimento generalizzato di disagio esistenziale che può essere sintetizzato con il termine tedesco Unsicherheit, traducibile in inglese in una vasta gamma di significati da uncertainy, insecurity e unsafety. “L'insicurezza odierna assomiglia alla sensazione che potrebbero provare i passeggeri di un aereo nello scoprire che la cabina di pilotaggio è vuota”47. Dalle recensioni ai lavori di Bauman si può renedere

l’immagine della società odierna. La situazione che si avverte nel mondo del lavoro, in cui dominano la flessibilità, i contratti a tempo determinato, in cui le aziende chiudono o convertono la produzione ed è impossibile per l'individuo spendere le proprie

competenze in un mercato in continua evoluzione e specializzazione.

Il lavoro contemporaneo flessibile ed oscillante è collegato ad una retribuzione variabile e incerta. Questo presuppone che l'individuo sviluppi le capacità di flessibilità e

adattamento, le quali sono difficili da reperire e da addestrare.

In quanto ai giovani, il titolo di studio non è più una garanzia, per molti di essi la condizione di disoccupato o inoccupato è un vero e proprio status. Ricorrono a lavori precari in attesa di un'occupazione stabile, dando così luogo ad inevitabili rinunce di vita. La costruzione di una famiglia diventa una chimera per quei giovani che non

46Recensione D. Floriduz su La solitudine del cittadino globale di Z.Bauman, 2000, Milano,

www.recensioni filosofiche.it

(30)

30

avendo un reddito certo, sono costretti a ritardare la propria autonomia e rinviare la creazione di una famiglia propria.

Anche la famiglia non è più un'istituzione durevole, si sgretola con facilità e ormai è emancipata anche dalla sua funzione riproduttiva, non è più uno strumento per costruire la comunità.

A livello ideologico e valoriale l'individuo postmoderno ha perso i punti di riferimento, è stato reso libero da dogmi ultraterreni e quindi libero di agire, ma allo stesso tempo questo lo ha privato dei riferimenti immateriali che lo aiutano a dare senso agli avvenimenti esterni e alle sensazioni di sofferenza e infelicità. La guerra che vive l'essere umano emancipato non è più fisica, bensì è esistenziale. Dunque l'individuo perde la bussola, in seguito al frantumarsi di valori e gerarchie universali, si crea una realtà relativizzata e frammentata.

Si deve tenere in considerazione che il soggetto all’interno della società è anche colui che alimenta il consumo, parliamo dell'essere in quanto consumatore, in quanto partenza e arrivo di ogni analisi di marketing. Chi è questo soggetto? Come ha modificato i suoi comportamenti nel tempo? Quali sono le conseguenze che la globalizzazione e la post-modernità hanno apportato alle sue abitudini di acquisto e consumo?

Queste e molte altre domande sono i drive di evoluzione del mercato, ciò che ha portato il cambiamento delle strategie di marketing.

L'essere umano ritorna al centro del discorso economico. Come afferma Maffesoli ad un immaginario moderno fatto di sradicamento dell'individuo, i consumatori oppongono un immaginario postmoderno atto al ri-radicamento48. L'individuo è in tensione tra progresso e regresso. Il progresso dato dalla tecnologia e il regresso indicato dal ritorno alle forme di organizzazione sociale arcaica, alle comunità e alle tribù. Il consumo si

(31)

31

definisce re-incantato. “Il termine re-incantato indica il ritorno al fattore magico nelle società occidentali, in contrapposizione al moderno disincanto che ha razionalizzato le nostre esistenze e indotto a misurare ogni cosa secondo il principio dell'utilitarismo”49.

Il risultato è che il nuovo consumatore non si basa più solo sulle caratteristiche funzionali e sul rapporto qualità/prezzo del prodotto, ma decide sospinto da

caratteristiche sempre meno concrete e sempre più ultra-razionali, in base a: sentimenti, stimoli sensoriali, emozioni ed esperienze. Le aziende tentano perciò di suscitare nel cliente emozioni così forti che lo portino ad attuare scelte d'impulso, che lo portino a raggiungere uno stato d'oblio, per il quale tutto sembra favoloso e spettacolare. Questo stato confusionale porta a scelte d'acquisto che appaiono spesso incompatibili o incoerenti tra loro, ma invece ben rappresentano la contraddittorietà dell'individuo postmoderno.

Fabris definisce questo consumatore un “cherry-picker”50, ovvero un individuo che

cerca di prendere il meglio da tutto ciò che gli viene proposto. Egli è un soggetto che modifica la sua identità a seconda della realtà in cui si trova, si perde la coerenza che ha contraddistinto gli ultimi due secoli. Ogni persona aveva un'identità chiara e distinta, definita e stabile spesso dettata dalla professione che svolgeva. Mentre nell'epoca postmoderna “la sperimentazione e l'immagazzinamento di una gamma estesa di sé possibili costituisce una risorsa decisiva per il successo sociale e per l'autostima personale”51. Questa moltiplicazione delle identità è una manifestazione in costante

divenire, che l'individuo postmoderno costruisce in maniera attiva prendendo spunto da ciò che lo circonda: le mode, le istituzioni, gli eventi straordinari. E' il sé dei consumi “una continua auto-etero rappresentazione della conoscenza di sé”52.

49M.Palazzo, Il marketing…, 2013, Mediapolicies’s group, op.cit. 50G.Fabris, Il nuovo consumatore…, 2003, Milano, Franco Angeli, op.cit. 51L.Brotto, Il consumatore postmoderno, 2009, www.psicolab.it

(32)

32

Questo consumatore multicentrico, è evoluto rispetto al passato, è diventato53:

1. Autonomo: rivendica maggiore discrezionalità di scelta. Chiede a chi produce un

dialogo non un monologo.

2. Competente: ha acquisito molte più informazioni sulle scelte di consumo. Sa

valutare grazie ad una serie di conoscenze e sensibilità merceologiche sulla

composizione dei prodotti, provenienza delle materie prime e rapporto qualità/prezzo.

3. Esigente: richiede sempre di più da chi produce e vende, non tanto in termini di

quantità, ma piuttosto di qualità, prestazioni, strategia di attenzione alle sue esigenze.

4. Selettivo: si muove con disinvoltura all'interno dell'offerta. La fedeltà aprioristica

alla marca è in crisi.

5. Orientato in senso olistico: ai fini della scelta coinvolge elementi tangibili

(strutturali, valori d'uso) e intangibili (valori simbolici, significati sociali), perché il consumo esprime la sua identità.

6. Disincantato: manifesta un certo distacco nei confronti del mercato.

Purtroppo questo individuo così evoluto si è scontrato con una congiuntura economica molto sfavorevole alla crescita dell’economia.

53 Il consumatore postmoderno –Approfondimenti Corso di marketing progredito a.a. 2013-14

(33)

33

CAPITOLO 3-

L'ANALISI DI MARKETING

I.

-IL MARKETING POSTMODERNO

L' individuo-consumatore fin qui descritto ha un nuovo approccio all'acquisto ed al consumo, per questo le imprese ed i ricercatori di mercato hanno dovuto, negli ultimi dieci anni, rimodulare le strategie di contatto con il soggetto e le strategie di persuasione all'acquisto.

La storia parte da un marketing orientato alla produzione nel periodo 1920-30, alla fase dell'orientamento alle vendite dagli anni trenta agli anni cinquanta, passando per la fase di analisi della frammentazione del mercato negli anni cinquanta, fino all'analisi

dell'ambiente che comprende l'indagine di tutti gli attori del mercato che influenzano le decisioni d'acquisto del cliente54.

Ma la post-modernità, come abbiamo detto sopra, si incentra sulla creazione della rete, in particolare con il web 2.0 si dà la possibilità agli utenti e ai navigatori di poter interagire nel mercato. Dunque con la rivoluzione telematica il consumatore diventa parte integrante del processo di marketing e si riscontra dalla letteratura che nei primi anni del ventunesimo secolo, si è affacciato un nuovo approccio al mercato: il

Marketing non convenzionale.

Quest'ultimo si articola in diverse sottospecie: il marketing virale, il marketing tribale, il marketing esperienziale ed infine il guerrilla marketing55.

Il primo ha come obiettivo la diffusione del messaggio, di un brand, un prodotto o un servizio, tra le persone come fosse un virus; il secondo mira alla creazione di comunità

54M. Palazzo, Il marketing…, 2013, Mediapolicies’s group, op.cit. 55M. Palazzo, Il marketing…, 2013, Mediapolicies’s group, op.cit.

(34)

34

collegate al prodotto che si vuole promuovere; il terzo vuole inserire il consumatore in un acquisto che diventa un'esperienza sensoriale; infine il guerrilla marketing vuole sorprendere utilizzando tattiche dal forte impatto creativo che stupiscono il potenziale consumatore.

Alcuni studiosi specialisti del settore, Bernard Cova, Mirko Pallera e Alex Giordano, hanno definito i 10 elementi comuni a tutte le forme di marketing postmoderno, essi sono frutto delle osservazioni e delle ricerche effettuate dal lab. Ninjamarketing56.

I principi sono i seguenti:

1. Dal brand DNA al Viral DNA: anzitutto progettare la natura virale del brand.

2. Dai target alle persone: non target da colpire ma persone con cui risuonare. 3. Dagli stili di vita ai momenti di vita: esci dall'ufficio e entri nella tribù.

4. Dall' Advertising all' Advertisement: non persuadere ma divertire e stimolare. 5. Dal brand Awareness al brand Affinity: non piacere a tutti, alimentare le affinità. 6. Dal brand Image alla brand Reputation: non un'immagine ma una reputazione. 7. Dal Media Planning al Media Hunting: un cacciatore di mode57 per comunicare. 8. Dal Broadcasting al Narrowcasting: non solo mass media per comunicare. 9. Dal Market Position al Sense Providing: cerca il tuo senso nella società. 10. Dal fare comunicazione all'essere comunicazione: aspirare alla coerenza58.

Questi dieci principi sono le basi dalle quali progettare un piano di marketing

innovativo ed efficace capace di rispondere alle esigenze del consumatore postmoderno.

56Fondato nel 2004 da A.Giordano e M.Pallera, capostipite dei blog italiani di marketing non

convenzionale.

57 Traduzione in italiano del termine “cool hunter”, colui che va alla ricerca delle mode, Treccani italiano. 58B.Cova, A.Giordano e M.Pallera, Marketing non convenzionale,2007, Torino, Il Sole 24ore.

(35)

35

II.

IL MARKETING ESPERIENZIALE

Passando dal generale al particolare, in questo elaborato l’analisi si incentrerà

sull'approfondimento del marketing cosiddetto delle esperienze, gli albori e la nascita, la teoria e la pratica di management, fino alla sua applicazione al design e al visual

merchandising per la creazione di una retail experience unica.

La definizione di esperienza in italiano si muove in due diverse direzioni, una sulla percezione e i sentimenti e l'altra sulla conoscenza accumulata nel tempo, derivante da eventi vissuti. Il primo filone si riferisce ai cosiddetti experiential goods e il secondo al

experiential curve59. Infatti in inglese e nelle lingue romaniche questa parola ha doppio

significato, mentre per gli altri idiomi esistono elementi lessicali separati, come in tedesco con Erfahrung e Erlebnis oppure Keiken e Taiken60 in giapponese.

E' interessante conoscere che significato assume questa parola in altri settori e in campo scientifico. Nella scienza è strettamente associata all'esperimento, il quale è basato su fatti oggettivi e dati che possono essere generalizzati. In psicologia, al contrario, l'esperienza è soggettiva, per Kierkegaard la subjectivity è l'unica relazione che l'individuo ha con l'esterno, è un sapere singolo e non una conoscenza universale. In antropologia l'esperienza è correlata alla tradizione ed ai rituali, i ricercatori devono interpretare le esperienze ancorando queste alle informazioni del contesto culturale. Il termine esperienziale in marketing riceve attenzione nei primi anni 80 da Hirschman e Holbrook61, i quali iniziano a parlare di esperienza di consumo, mettendo in discussione

la concezione del consumatore come soggetto razionale. Prodotto e consumo si relazionano con il vissuto soggettivo, gli stati interiori, le emozioni, ecc.

59Schmitt, B. H. e Zarantonello, L. (2013). Consumer experience and experiential marketing: A critical

review. Review of Marketing Research. Review of Marketing Research, 10, pg.25-61.

60 R.Resciniti, Convegno le tendenze del marketing,2005, Parigi, pg.6.. 61R.Resciniti, Convegno…, 2005, Parigi, op.cit.

(36)

36

Essi nei loro studi hanno sviluppato due modelli per lo studio delle esperienze: CEV e TEAV62. Il primo elaborato da Holbrook nel 1986, risulta essere l'acronimo di:

Consciousness, Emotion and Values(CEV); la traduzione di Consciousness vuole

stressare il concetto degli stati mentali (conscio, inconscio e subconscio), ossia pensieri sui prodotti ma anche fantasie e sogni ad occhi aperti,le Emotions sono il sistema caratterizzato dalle risposte fisiologiche e comportamentali agli stimoli esterni, infine i

Values sono i valori che il consumatore trae dalle sue esperienze che sono definiti in

termini relativistici in quanto contingenti e soggettivi. Mentre il modello TEAV (tought, emotion, activity and value) teorizzato da Hirschman e Holbrook enfatizza le

dimensioni comportamentali. Si aggiunge l'Activity agli elementi già presenti nel CEV, con il significato di azioni e reazioni messe in atto dall'individuo durante l'esposizione al consumo, un'azione più razionale ed una reazione che ha una componente affettiva più marcata. Successivamente altri autori63 dimostrano sul piano teorico e su quello empirico la natura composita dei processi di consumo, evidenziando come la

componente razionale/funzionale e quella emozionale/edonistica spesso coesistono nelle scelte del consumatore.

La prospettiva esperienziale riceve ulteriore impulso in virtù dell'affermarsi del processo post-moderno, che pone definitivamente in crisi gli assunti di razionalità funzionale del consumatore, rimarcando la soggettività dei processi di consumo, la nozione di

esperienza di consumo diviene l'essenza stessa del rapporto domanda offerta e dell'interazione del consumatore con il contesto esterno.

Dalla letteratura esperienziale si evidenzia l’importante contributo di Arnould64, il quale

ha identificato tutte le possibili fasi di interazione con gli oggetti di marketing che

62 R.Resciniti, Convegno…, 2005, Parigi, op.cit

63 A.M.Fiore, J.Kim, An integrative framework capturing experiential and utilitarian shopping experience,

Vol.35 No.6 2007, International journal of retail and distribution management, pg.421-442.

(37)

37

possono risultare in esperienza, i cosiddetti consumption interactions sono stati etichettati e categorizzati in quattro step65:

1. Anticipated consumption, che include cercare, pianificare per acquisti futuri,

fantasticare,immaginare, budgettizzare.

2. Purchase experience, si riferisce a scegliere, pagare, collegare prodotti, il

servizio e l'atmosfera.

3. Consumption experience, che riguarda i sensi e la soddisfazione del consumo. 4. Remembered consumption, collegata al passato vissuto, raccontando storie,

paragonando il vecchio al nuovo, giocando al “What if...?”.

Questi sono i fondamentali della disciplina che devono essere accuratamente studiati dal manager, ossia si deve gestire ogni forma di contatto con il potenziale consumatore per modificare il suo processo decisionale.

Come ha insegnato la teoria moderna ben sappiamo il funzionamento del modello di scelta funzionale: ragionevole, passo dopo passo, diretto all’obiettivo, basato sulla ragione66. Come funziona il processo esperienziale? Come crea valore per gli attributi

funzionali?

Alcuni autori hanno esaminato come funziona il processo dei consumatori relativamente agli attributi esperienziali, attraverso alcuni esperimenti67

Usando i computer diskettes, hanno mostrato quattro possibili scelte ai rispondenti: 1-una condizione controllata dove la scelta era tra due dischi funzionali;2- dove la decisione includeva un disk puramente funzionale con superiori qualità e un disk funzionalmente inferiore ma che aveva un attributo sensoriale (una traslucenza verde invece del solito nero);3- dove la decisione includeva un disk con funzioni superiori e

65 B.Schmitt,… Consumer…, 2013, vol.2, pg.34, op.cit.

66 “deliberatly, step by step, goal-directed, reason-based, and then consumers engage in trade-offs amonf

these attributes” cit. B.Schmitt…, Consumer…, 2013, vol.2, pg.35, op.cit.

(38)

38

uno inferiori ma con uno smiley;4- una situazione in cui i dischetti sono funzionalmente identici uno con colore verde e l'altro con lo smiley.

Come atteso, nella prima condizione analitica e comparativa viene preferito sempre il migliore funzionalmente. Invece nella altre condizioni, alcune volte viene scelto il funzionale ma altri eludono il processo di comparazione rispondendo subito allo stimolo sensoriale.

Gli autori proposero che per gli attributi esperienziali i consumatori finivano in un “Fluent Processing”, processo più veloce e automatico di quello funzionale. Per confermare l'ipotesi, gli stessi autori68 condussero un esperimento nel 2013 dove presentavano stimoli funzionali ed esperienziali con diverse tempistiche. I risultati dimostrarono che la durata dell'esposizione non influenza le situazioni dove sono presenti attributi esperienziali, bensì cambiano le risposte per quelli funzionali. Si può affermare a seguito di queste evidenze che a livello di mining process ci sono due fattori che determinano le modalità di processo per gli attributi sensoriali: in primis il set di alternative (specificatamente la natura degli attributi funzionali che sono parte della descrizione del prodotto) e in secondo luogo l'ambiente in cui viene presa la decisione, cioè gli spunti contestuali che possono imprimere gli attributi esperienziali nella mente del consumatore.

La forte influenza del contesto d'offerta sul processo decisionale dell'individuo, porta gli studiosi alla necessità di identificare i requisiti fondamentali del sistema d'offerta

esperienziale. Il sistema esperienziale d'offerta può essere definito come “l'insieme di prodotti, servizi ed altri elementi del contesto, atto ad interessare più dimensioni della personalità umana attraverso benefici funzionali e simbolici che il consumatore può scegliere in modo da realizzare la propria configurazione di valore dell'offerta”69. Vi

68 B.Schmitt,… Consumer…, 2013, vol.2, pg.25-61, op.cit.

Riferimenti

Documenti correlati

 Le «esperienze» possono essere “incorporate” in beni e servizi per aumentare il valore differenziale dei “sistemi di prodotto” offerti. (« marketing

Il sottoscritto è consapevole che le dichiarazioni mendaci, la falsità negli atti e l’uso di atti falsi comportano l’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art...

4.1 |__| essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel

complessiva della distribuzione delle concentrazioni del farmaco nell'organismo e quindi delle. concentrazioni efficaci nei

Amo molto quella cultura, ma in questa vita sono nata in Occidente, così credo e sperimento la potenza di Madre Terra, del Sole, della Luna e integro quelle conoscenze antiche

b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a

Blocco Paravertebrale prossimale / distale FOSSA PARALOMBARE.. L1 T13

Dettaglio Lotti in vendita..