IL VALORE DELLE INFORMAZIONI QUALE ELEMENTO
ESSENZIALE DELLA RELAZIONE SULLA GESTIONE
EX ART. 2428 C.0
Oscar de Franciscis
Professore a contratto di Finanza Straordinaria Facoltà di Economia Università degli Studi di Salerno Dottore Commercialista in Salerno.
Abstract. Ongoing trends in Management Report development (in conformity with ex art. 2428 c.c.) have resulted in the attributing of more significance to this document in terms of out-reach communication. The purpose of the article is to suggest which relevant information needs to be communicated by the Administration/Management so as to provide a clear-cut, balanced and exhaustive picture of the Company's economic-financial-patrimonial situation. Efficacious communication tailored to suit economic/company directives ensures full confor-mity with prescribed legal requirements.
Keywords: Management report; legibility and transparency; indicators.
Il D.lgs 32 del 02 febbraio 2007 di recepimento della Direttiva
2003/51/Ce arricchisce il contenuto della relazione sulla gestione dal
bilancio relativo all'esercizio avente inizio dal 12 aprile 2007 (per
esem-pio, bilancio al 30 giugno 2008; bilancio al 31 ottobre 2008; bilancio al 31
dicembre 2008), richiedendo agli Amministratori di inserire una serie di
informazioni, espresse da opportuni indicatori, riferite alla situazione ed
ai risultati della società ed ai fattori che lo hanno determinato'.
La relazione sulla gestione (ex art. 2428 c.c.) è il documento redatto
dall'organo amministrativo in occasione della presentazione del bilancio
di esercizio, la cui funzione è quella di informare i soci, gli investitori
isti-tuzionali ed i creditori in genere, sull'attività di gestione posta in essere
dagli amministratori2.
Oggetto di esame del presente lavoro è quello di individuare le
infor-mazioni aggiuntive prescritte dal novellato art. 2428, ma anche e
soprat-tutto di individuare gli elementi ed i dati che in chiave
economico-azien-dale meglio possono rappresentare le notizie richieste. Appare utile a
que-sto punto ripercorrere in sintesi la genesi dell'art. 2428 c.c. a partire dalla
formulazione, che con effetto 10 gennaio 2004 ne aveva dato il D.lgs 17
gennaio 2003, n. 6 (riforma organica della disciplina delle società di
capi-tale e società cooperative)3.
Su tale formulazione originaria è intervenuta una prima modifica a
seguito dell'art. 3 D.lgs. 30 dicembre 2003, n. 394 (in vigore dal 10 gennaio
2005) che ha introdotto nel secondo comma dell'articolo in parola il
numero 6 bis; quindi, dalla relazione devono in ogni caso risultare "...
l'uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la
valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato
eco-nomico dell'esercizio:
a) Gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del
rischio finanziario, compresa la politica di copertura per ciascuna
principale categoria di operazioni previste;
b) l'esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al
rischio di liquidità ed al rischio di variazione dei flussi finanziari."
L'intervento legislativo segnalato tende a rendere obbligatoria una
puntuale informativa sull'utilizzo sempre più frequente da parte delle
società degli strumenti finanziari derivati attraverso i quali venivano
rea-lizzate operazioni fuori bilancio, spesso appena rilevate nei soli conti
d'ordine o nella nota integrativa.
L'art. 2427 bis (introdotto dal D.lgs 394/2003) prescrive che nella nota
integrativa siano indicati per ciascuna categoria di strumenti finanziari
derivati: a) il fair value, b) informazioni sulla loro entità e sulla loro natu-
ra.
4Non può non evidenziarsi al fine di una compiuta, se pur sintetica,
analisi della fattispecie oggetto di esame quanto previsto dagli articoli
2497 bis e 2497 ter del codice civile. Infatti tali articoli (in particolare il
2497 bis, V comma) dispone che gli amministratori di società soggette ad
attività di direzione e controllo da parte di altre imprese, devono indicare
nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi con chi esercita attività
di direzione e coordinamento e con altre società che vi sono soggette.
Tale informativa è finalizzata a focalizzare gli effetti che tali attività di
direzione e coordinamento generano sulla gestione e sui suoi risultati.5
La disposizione ex art. 2497 ter c.c. pone in capo agli amministratori
delle società soggette ad attività di direzione e di coordinamento,
l'obbli-go di riferire le motivazioni, le ragioni e gli interessi che hanno
comporta-to l'assunzione di decisioni indirizzate dalla controllante.6
La finalità delle informazioni da fornire nella relazione sulla gestione
è chiara: deve garantire trasparenza nei rapporti tra le società
apparte-nenti allo stesso gruppo.
E opportuno a questo punto evidenziare gli elementi introdotti dal
D.lgs. 32/2007 a modifica ed integrazione dell'art. 2428 c.c.. Nello specifico:
a) Nel primo comma le parole "sulla situazione della società e
sull'anda-mento della gestione" sono state sostituite dalla nuova locuzione:
"un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della
società e dell'andamento e del risultato della gestione".
b) Sempre nel primo comma, dopo le parole "e agli investimenti" sono
state aggiunte "nonché una descrizione dei principali rischi ed
incer-tezze cui la società è esposta".
c) Dopo il primo comma, è inserito: "l'analisi di cui al comma 1 è
coeren-te con l'entità e la complessità degli affari della società e contiene, nella
misura necessaria alla comprensione della situazione della società e
dell'andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di
risul-tato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all'attività
specifica della società, comprese le informazione attinenti all'ambiente
ed al personale. L'analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli
importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi".7
gano amministrativo fornisca una analisi dei principali rischi ed
incertez-ze che la società si trova ad affrontare, quale elemento che va a
completa-re la valutazione in ordine alla continuità aziendale (going concern)8 ed
alla prospettazione della prevedibile evoluzione della gestione aziendale.
In tale contesto generale vanno inserite le novità di cui al comma 1 bis del
art. 2428 c.c., e cioè la esplicita previsione dell'inserimento nella relazione
sulla gestione di:
a) Indicatori di risultato finanziari e non finanziari;
b) Informazioni relative al personale;
c) Informazioni relativi all'ambiente.
Per quanto attiene gli indicatori sub a) di tipo non finanziario (onde
comprenderne l'importanza) va precisato che la direttiva prevedeva che
gli stati membri potessero esonerare le società dall'obbligo di fornire
informazioni non di carattere finanziario.
I rischi sono quelli tipici di mercato nonché quelli relativi alle
condi-zioni interne di gestione; le incertezze dovrebbero riguardare sia i valori
di bilancio, sia i valori prospettici ipotizzabili rispetto ai primi. Il
legisla-tore ha, quindi, richiesto l'esplicitazione sia dei rischi che possono gravare
sull'andamento della gestione, sia delle incertezze che riguardano le
valu-tazioni di determinate attività e passività, nonché (fatto fondamentale) i
rimedi posti in essere e/o in corso di studio e definizione per gestire tanto
i rischi quanto le incertezze. Essenziale, poi, ai fini della "efficacia"
del-l'informativa imposta dal legislatore, è che la stessa sia "coerente con
l'en-tità e la complessità degli affari della società" principio teso ad evitare che
l'eccesso di informativa o schemi preordinati della stessa e ridondanti
rispetto alle esigenze, finiscano per svuotare di significatività
l'informa-zione a darsi. Ciò vale soprattutto per le piccole e medie imprese, che
spesso vengono indirizzate a redigere i propri documenti secondo schemi
e principi elaborati ed applicati per aziende di maggiore dimensione. La
previsione della coerenza del quadro informativo della relazione sulla
gestione con la entità e la complessità degli affari della società è speculare
e simmetrica a quanto previsto nell'art. 2381 c.c., lì ove è statuito che gli
organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e
con-tabile sia adeguato alla natura e alla direzione dell'impresa e riferiscono al
Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale sul generale
anda-mento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle
ope-razioni di maggior rilievo, per dimensioni o caratteristiche, effettuate
dalla società e dalle sue controllate.
Quanto oggi richiesto dalla relazione sulla gestione è in sintonia con i
più attuali standards di comunicazione individuati in economia aziendale
dalla letteratura, dalle istituzioni, dalla prassi nazionale ed internazionale.
Infatti l'insieme dei dati da evidenziare è in linea con le Raccomandazioni
UE sulle informative ambientali; con le indicazioni sul libro verde e le
Direttive più recenti in tema di responsabilità sociali delle imprese; con i
principi contabili internazionali lì ove è richiesto che l'informativa
avven-ga per settori di attività, sui rischi, in modo da realizzare un management
report teso a comunicare il valore della azienda, non trascurando le
pro-spettive di sviluppo e le conseguenti aree di rischio.9
Appare evidente come le informazioni che sono elaborate dal sistema
di pianificazione e controllo di gestione della società siano quelle a cui
sono interessati gli interlocutori esterni sia che intervengano a titolo di
debito, che a titolo di capitale di rischio. Una relazione degli
amministra-tori che risponda alle esigenze appena indicate degli interlocuamministra-tori esterni
e che, quindi, risponda al dettato giuridico di "contenere un'analisi fedele,
equilibrata ed esauriente della situazione della società" è realizzabile solo
se l'azienda dispone di un efficace ed efficiente sistema di controllo di
gestione e di governo dei rischi'° in grado di fornire le notizie necessarie
al management per decidere ed al mercato per porsi in modo empatico
rispetto a quanto deciso. Ciò vale, secondo la natura e le dimensioni,
anche per le piccole e medie imprese, in particolare oggi in cui un
interlo-cutore principale per le stesse, quali le banche, ha processi di raccolta e
valutazione delle informazioni standardizzate. In seguito ormai alla
applicazione delle procedure previste da Basilea 2, la relazione sulla
gestione diventa un momento essenziale del rapporto tra banca ed
impre-sa, soprattutto in termini di strategie assunte, di piano di investimenti, di
prospettive del business. l'attenzione a comunicare informazioni
quanti-tative e qualiquanti-tative di elevata qualità tende a limitare il fenomeno della
asimmetria informativa tra management e mercato, conseguendo la
ridu-zione del costo delle risorse finanziarie che l'azienda deve acquisire per
poter perseguire lo sviluppo sostenibile. Il primo requisito affinché
l'azien-da possa sopravvivere e gral'azien-datamente crescere/consolil'azien-darsi/crescere è
quello di conservare la reputazione e la fiducia degli interlocutori, da
intendere come probabilità che i contratti con i clienti, con i fornitori, con
i dipendenti, con i finanziatori, tendano a susseguirsi in modo equilibrato
nel volgere dei tempi e dei modi. Oggi, come non mai, la reputazione è
determinata dal patrimonio degli intangibili in senso ampio, che non trova
spesso espressione in termini quantitativi nei dati di bilancio. E a tale
patrimonio che la relazione sulla gestione deve dare adeguata evidenza.
Il quadro equilibrato ed esauriente della situazione aziendale inteso
quale valutazione della gestione dell'impresa deve avere a riferimento
l'a-spetto finanziario, l'al'a-spetto patrimoniale, l'al'a-spetto economico, ponendo
attenzione a che il conseguimento dell'equilibrio degli aspetti citati si
manifesti ragionevolmente stabile nel medio/lungo termine, anche, se
non necessariamente costante nel breve. Una attenta e consapevole
espo-sizione e, quindi, lettura dei dati rilevanti riferiti agli aspetti sopra citati
consente di prevenire crisi aziendali e comunque di darne una corretta
lettura nella malaugurata ipotesi di ricorso ad una delle procedure
con-corsuali. "
In tal senso è bene porsi il problema di interpretare correttamente
cosa debba intendersi per "andamento" della situazione della società. La
soluzione migliore è quella di considerare i dati ritenuti espressivi della
situazione della società sia in termini prospettici che retrospettivi, facen-
do riferimento ad un arco temporale triennale sia in ottica di proiezione
futura che passata. Inoltre è opportuno realizzare una comparazione tra
le performances aziendali e quelle dei principali competitori operanti nel
medesimo settore e, possibilmente, strutturalmente omogenei in termini
di comparabilità con l'azienda oggetto di esame.
In merito al risultato della gestione, ovviamente, non è possibile
limi-tarsi alla semplice indicazione del risultato netto di esercizio, utile o
per-dita che sia, ma attraverso il conto economico riclassificato12 porre in
evi-denza come le diverse "aree" della gestione lo abbiano determinato.
Inoltre, per meglio evidenziare gli aspetti patrimoniali e finanziari, è bene
procedere alla riclassificazione della situazione patrimoniale sia secondo
la impostazione finanziaria, sia secondo l'impostazione funzionale.
Altro documento che va sicuramente considerato è il rendiconto
finanziario che permette di individuare dove e come l'azienda crea e
assorbe flussi di liquidità. Al momento il codice civile non ne fa obbligo
alle società (almeno per le non quotate), però lo spirito del novellato
arti-colo 2428 c.c. spinge a far ritenere a chi scrive che il rendiconto
finanzia-rio è ormai un documento indispensabile per comprendere le dinamiche
finanziarie della gestione e per dare quel quadro fedele, equilibrato ed
esauriente richiesto dalla norma. Infatti attraverso il rendiconto
finanzia-rio si dà atto di come i flussi finanziari siano stati assorbiti o impiegati,
nel processò dinamico delle operazioni aziendali, dalla gestione
redditua-le, dalla gestione del capitale di esercizio, dalla gestione degli investimenti
e disinvestimenti, dalla gestione finanziaria, dalla remunerazione dei
capitali.13
In sintesi si riporta uno schema di valutazione tendenziale in funzione
della prevalenza delle fonti o degli impieghi, rispetto alle situazioni
consi-derate:
SITUAZIONI GIUDIZIO IN RELAZIONE ALLA PREVALENZA FONTI
NEGATIVO INTERLOCUTORIO POSITIVO
Fonti interne X
Fonti esterne di terzi a m/1 X(2)
Fonti esterne di capitale
proprio X
Fonti esterne a breve X
Disinvestimento attività fisse
X(3) Riduzione capitale circolante
X(1)
(1) A
meno di riduzione del volume di affari.
debitoria a breve o per investimenti in immobilizzazioni (fatte salve le
valuta-zioni di economicità e flessibilità).
(3) Giudizio positivo per disinvestimenti per ristrutturazione e/o riconversione;
negativo in ipotesi di dismissione di strutture produttive.
SITUAZIONI GIUDIZIO IN RELAZIONE ALLA PREVALENZA FONTI
NEGATIVO INTERLOCUTORIO POSITIVO
Impieghi in capitale fisso X
Impieghi in capitale circolante X(1)
Rimborso fonti esterne a m/1 X(2)
Rimborso capitale proprio X
Rimborso fonti esterne a breve
X Pagamento dividendi
X(3)
(1) A condizione di una politica di espansione del volume di affari;
(2) Il giudizio è in genere negativo, se il rimborso non è integrato da mezzi
pro-pri (anche autofinanziamento);
(3) Il giudizio può essere positivo se la struttura finanziaria della azienda resta
quantomeno inalterata.
Una volta realizzato il consuntivo finanziario, sarebbe opportuno
procedere alla redazione del preventivo finanziario. In questo modo si
potrebbe porre sotto osservazione la prevedibile relazione tra le
disponi-bilità
monetario-finanziarie su cui l'impresa può fare affidamento e
quelle che saranno richieste dallo svolgimento della gestione nel periodo
futuro considerato. L'esame della situazione finanziaria prospettica
com-porta un giudizio critico sulle esistenti o istituibili relazioni tra
finanzia-menti ed impieghi di mezzi finanziari, esaltando l'esame dei vincoli
inte-ragenti tra liquidità ed economicità della gestione, favorendo ipotesi ed
obiettivi di crescita equilibrati ed adeguatamente dimostrati. Tutto ciò
troverà ulteriori elementi di valutazione che saranno rappresentati dagli
indici di equilibrio finanziario-patrimoniale, di equilibrio monetario, di
equilibrio economico, la cui elaborazione è resa possibile dalla
riclassifi-cazione del conto economico e della situazione patrimoniale.
I principali indicatori vengono riportati nella tabella di seguito
svi-luppata:
TIPOLOGIA DI
EQUILIBRIO INDICATORI
ELEMENTI CHE DETERMINANO L'INDICATORE Finanziario/ patrimoniale Monetario Margine di struttura Capitale Circolante Netto Margine di Tesoreria Indice di indebitamento Leverage ratio Indice di copertura globale Indice di ammortamento Indici composizione capitale Investito Current ratio
Quick ratio (acid test)
Durata media dei crediti (in giorni)
Durata media dei debiti (in giorni)
Giorni medi di magazzino
Differenza tra Capitale Netto e Immobilizzi netti
Differenza tra Attività Correnti (liquidità immediate, differite, disponibilità) e Passività Correnti
Differenza tra (liquidità immediate + liquidità differite) e Passività Correnti
Capitale di terzi Attivo totale netto
Capitale investito Capitale proprio Capitale netto+debiti consolidati
Imm.ni tecniche nette
Fondi ammortamento Immobilizzi tecnici lordi
Al numeratore: una delle entità del Capitale Investito (imm.ni nette; liquidità; disponibilità)
Al denominatore: Il Capitale Investito Attivo corrente
Passivo corrente Liquidità immediate + differite
Passivo Corrente Cred. v/c1. + circ.cambiar. — anticipi da cl.
- x 360 Ricavi di vendita
Effetti e debiti a br. v/fornitori — anticipi a for. x360 Acquisti di beni e servizi
(esistenze iniziali + rimanenze finali)/2 x360 esistenze iniziali+acquisti-rimanenze finali
Economico ROE ROA ROI ROS Tasso Incidenza gestione Extracaratteristica Reddito Netto Capitale Reddito Operativo Attivo Totale Netto
Reddito Operativo Capitale Investito Reddito Operativo Ricavi netti di vendita
Reddito Netto Reddito Operativo
Altri possibili indici con finalità diverse da quelle in precedenza
indi-cate, possono essere quelli riportati nella tabella di seguito sviluppata:
TIPOLOGIA DI
EQUILIBRIO INDICATORI
ELEMENTI CHE DETERMINANO L'INDICATORE Rischio/ redditività del risparmiatore- investitore redditività del risparmiatore- investitore
Pay out ratio
Tasso di autofinanziamento
Dividendi Reddito Netto
1- Pay out ratio
Rischio/
Tassi di rendimento globale
Reddito per azione
Dividendo per azione
Price earnings ratio
PIE ratio
t—
vi-1 i-Di
(i)
V
Reddito netto n. Totale azioni Dividendo n. Totale azioni Ouotazione Margine lordo industrialePrezzo azione Utile
Produttività
Vendite per dipendente
Valore aggiunto per dipendente
Valore aggiunto per unita monetaria di fatturato Produzione per dipendente Indice produttività aziendale Produttività Capitale Investito Produttività Immobilizzi tecnici Ricavi di vendita n. dipendenti Valore aggiunto n. dipendenti Valore aggiunto Fatturato Produzione realizzata n. dipendenti
Valore della produzione Capitale Investito Valore aggiunto Capitale Investito Valore produzione Immobilizzi tecnici Rotazione Rotazione Capitale Investito Intensità Capitale impresa Rotazione immobilizzi tecnici netti Rotazione Attività Correnti Tasso rotazione magazzino Ricavi di vendita Capitale Investito Capitale Investito Ricavi di vendita Ricavi di vendita Imm.zi tecnici netti
Ricavi di vendita
Attivo Corrente
Ricavi di vendita Rimanenze magazzino
(1) V = Valore dell'azione al tempo i;
- i =
Valore dell'azione all'inizio del periodo;
Di = Dividendi percepiti al tempo i.
Tutti gli indici realizzati possono poi essere utilizzati per conseguire
il cosiddetto sistema piramidale di coordinamento degli indici di
Bilancio che partendo dal ROE, consente di individuare, attraverso i
col-legamenti logico/matematici esistenti tra i vari ratios, i sintomi e gli
indi-zi su potenindi-ziali aree critiche delle varie tipologie di equilibrio aindi-ziendale.
Particolarmente delicato è, poi, il problema di individuare indicatori
non finanziari, i quali devono essere pertinenti all'attività specifica
dell'a-zienda. Infatti gli amministratori di ciascuna impresa, valutandone la
significatività ed anche la complementarità rispetto agli indicatori già
considerati, dovranno scegliere, tra i tanti disponibili, quelli che meglio
concorrono a dare un contributo informativo, coerente alle
caratteristi-che specificaratteristi-che dell'impresa, del settore in cui opera, e caratteristi-che meglio
possa-no esprimere il vantaggio competitivo detenuto dall'azienda. Gli
indica-tori non finanziari possono essere suddivisi nelle seguenti categorie14:
a) indicatori di sviluppo del fatturato;
b) indicatori basati sull'efficienza (o produttività) di specifici fattori
pro-duttivi;
c) indicatori di posizionamento competitivo;
d) indicatori basati sulla customer satisfaction (qualità, servizio offerto e
immagine);
e) indicatori basati sull'efficienza delle operation (tempo e produttività);
f) indicatori basati sulla relazione con i clienti;
g) indicatori di gestione della innovazione.
Gli indicatori di sviluppo del fatturato esprimono la capacità
del-l'impresa ad accrescere il fatturato in un dato arco temporale. Esempi ne
possono essere:
- quantità vendute per marchio, per area, per linea di prodotto, per
tipologia di prodotto, per famiglia di prodotto, per segmento di
clien-tela, etc;
- il numero dei punti vendita divisi per tipologia;
- il numero di visitatori o di utilizzatori del servizio;
- il tasso di occupazione delle camere (o altro) nelle attività recettive;
- il numero di coperti o di pasti (attività di ristorazione);
Gli indicatori basati sulla efficienza di specifici fattori produttivi
(diversi dagli indici di produttività già indicati), consentono, a parità di
altre circostanze, di esprimere valutazioni sulla modalità di utilizzo dei
fattori della produzione. Esempio ne sono i rapporti dell'output
sull'in-put o su un fattore di insull'in-put. Indicano in generale la capacità dell'impresa
di realizzare un dato livello di output con una minore quantità di risorse
e vengono calcolati come rapporto tra l'output e la quantità di uno o più
fattori di input.
Gli indicatori di posizionamento competitivo indicano dove si
col-loca l'impresa nei confronti dei propri competitori. l'indicatore
principa-le è rappresentato dalla quota di mercato espressa dai volumi della
atti-vità propria sulla dimensione del mercato e, quindi, è pari al rapporto tra
fatturato e dimensione del mercato specifico.
Gli indicatori basati sulla customer satisfaction tendono a
misu-rare la soddisfazione dell'utente/cliente a seguito dell'utilizzo di un bene
o di una prestazione. Esempi di indicatori sono quelli di seguito riporti:
INDICATORI SIGNIFICATO MODALITÀ DI CALCOLO
Tempo medio di consegna o di evasione dell'ordine
Si applica soprattutto nelle consegne di prodotti "a catalogo". E orientato a valutare la competitività del sistema logistico.
Somma dei tempi di consegna n. consegne
Puntualità nelle consegne
Si applica soprattutto nelle consegne di prodotti "a catalogo". È orientato a valutare la competitività del sistema logistico.
Percentuale ordini evasi nei tempi
Numero di reclami
È un indice di qualità esterno e misura la qualità del prodotto rispetto alle esigenze dei clienti.
n. reclami nel periodo Tasso difettosità
prodotti (in percentuale sulle vendite)
E un indice di qualità esterno e misura la qualità del prodotto rispetto alle esigenze dei clienti.
n. prodotti difettosi n. totale prodotti venduti Numero di interventi
di riparazione in (garanzia)
È un indicatore della qualità ed indica gli interventi necessari per mantenere la qualità del proprio prodotto.
n. di interventi di riparazione in un certo periodo n. clienti fedeli sul
totale
Indica il grado di fidelizzazione della clientela
Fatturato a clienti esistenti Fatturato Spese di marketing
sul fatturato
E un indicatore di immagine: indica la spesa relativa in marketing rapportando le spese di marketing al volume di attività.
Spese di marketing Fatturato
Spese pubblicitarie sul fatturato
E un indicatore di immagine: indica le spese di pubblicità al volume di attività.
Spese pubblicitarie Fatturato Spese per l'assistenza
alla clientela
Indica l'attenzione al servizio post- vendita,
Spese di un periodo dedicate all'assistenza della clientela Amministrazione e Finanza n. 4/2008 p. 36
Nella tavola sopra riportata trovano spazio anche gli indicatori
basati sulle relazioni con i clienti che tendono a misurare il grado di
fidelizzazione della clientela e anche la indipendenza dell'impresa da
forze di vendita esterne (fatturato da canali diretti su fatturato totale).
Gli indicatori basati sulla efficienza delle operation (tempo e
pro-duttività) misurati quale capacità dell'impresa di produrre in modo
effi-cace ed efficiente i prodotti /servizi da collocare sul mercato. Esempi di
indicatori sono quelli di seguito riportati:
INDICATORI SIGNIFICATO MODALITÀ DI CALCOLO Misura dell'output
( I ) Vedi nota Vedi nota
Tempo medio di ciclo o di attraversamento (throghout-time o manufacturing lead time)
Esprime la velocità delle attività operative interne, misurando il periodo che intercorre tra l'ordine di acquisto dei fattori (o la ricezione dei fattori) e la realizzazione del prodotto finito. Tale indice segnala l'esistenza di vantaggi (o svantaggi) legati alla gestione più efficiente di tutti i processi interni.
Somma dei tempi di
lavorazione, di ispezione, di movimentazione, di attesa e di immagazzinamento Tempo medio di lavorazione (Processing-time)
Misura la velocità delle attività operative interne limitatamente ai processi di produzione in senso stretto.
Somma dei tempi di
lavorazione interna MCE — Manufacturing cycle effectiveness (o efficienza del tempo ciclo)
Esprime il grado di efficienza dei processi interni non strettamente produttivi; tale indice tende a I al crescere dell'efficienza e si fonda sul presupposto che il tempo non impiegato per la lavorazione produca costi senza determinare alcun incremento di valore per il cliente. Costituisce una misura delle possibili inefficienze indotte dalla permanenza dei prodotti all'interno dell'impresa.
Tempo medio di lavorazione tempo medio
di ciclo o di attraversamento o tempo attività a valore aggiunto
Tempo medio di set-up (attrezzaggio)
E un indicatore del vantaggio competitivo da differenziare. Misura le attività a non valore aggiunto.
Somma dei tempi di attrezzag. Somma dei tempi di
lavorazi. Percentuale di
scarti/rilavorazione
E un indicatore degli sprechi necessari per
mantenere la qualità. n.tot. pezzi prodotti nel
n.pezzi scarto/rilavorati periodo Numero spedizioni
per ora
In un'azienda di servizi, di logistica o in un'azienda di distribuzione indica le performances di evasione degli ordini.
Ad es. n. colli spediti Ore di lavoro Capacità produttiva
disponibile
Indica la capacità produttiva disponibile per , i
i ncremento della produzione, espresso in unità, ad esempio ore o numero prodotti.
Varie sono le modalità di calcolo, ad esempio n. ore disponibili — n.ore prodotte Grado di utilizzo
della capaciti produttiva
Indica la capacità produttiva disponibile per l'incremento della produzione, espresso in percentuale
Varie sono le modalità di calcolo, ad esempio n. ore prodotte/n. ore disponibili
(I) La misura dell'output in termini fisici è semplice nel caso si faccia riferimento ad un'impresa "monoprodotto"; in questo caso, infatti la misura può essere espressa in termini di quantità prodotte. Così, ad esempio, una società che imbottiglia acqua minerale può misurare il nr. di bottiglie vendute in un periodo o la quantità di acqua imbottigliata. Nel caso, molto più frequente, di impresa multiprodotto, occorre esprimere l'output come media pesata della produzione dei diversi codici. Due soluzioni sono possibili:
- i pesi "fisici": ad esempio, nel settore tessile si può fare riferimento ai metri di tessuto, nel cartario alle tonnellate di carta, nei semiconduttori ai centimetri quadrati prodotti;
- i pesi "monetari", moltiplicando la quantità prodotta per il prezzo di ciascun codice, considerato rappresentativo dell'impegno di risorse per esso necessario. In questo modo, l'output viene espresso in termini di fatturato, utilizzando non dei prezzi effettivi ma dei prezzi standard, al fine di evitare effetti distorti dovuti a fluttuazioni di mercato.
Amministrazione e Finanza n. 4/2008 p. 37
Gli indicatori di gestione della innovazione misurano la capacità
della azienda a introdurre nuovi prodotti o prodotti "avanzati" sul
mer-cato.
Esempi di tali indicatori sono riportati di seguito:
INDICATORI SIGNIFICATO MODALITÀ DI
CALCOLO Tempo di
introduzione di un nuovo prodotto (time to market)
Indica la capacità innovativa dell'azienda, Misura il tempo necessario per la sviluppo di nuovi prodotti orientato, quindi, a valutare la competitività del processo di sviluppo del prodotto
tempo compreso tra il momento in cui viene
concepito un nuovo
prodotto e la sua
immissione sul mercato. Tasso di novità di
clienti e mercati
Si propone di esprimere i risultati innovativi dell'azienda.
Fatturato a nuovi clienti (o mercati)
fatturato Tasso di incidenza
dei nuovi prodotti
Si propone di esprimere i risultati innovativi dell'azienda.
Fatturato dei prodotti entrati negli ultimi 2
anni fatturato Numero di brevetti Si propone di esprimere i ',Adii innovativi i
dell'azienda.
N. di nuovi prodotti per periodo investimenti in
ricerca e sviluppo Tasso di incidenza
di prodotti di proprietà riservata
Si propone di esprimere i risultati innovativi dell'azienda.
Percentuale di fatturato dovuta a prodotti protetti
da brevetti Numero dei
componenti presenti nel prodotto finale
Esprime l'efficienza strutturale sul presupposto che sia lo sviluppo tecnologico sia
l'ingegnerizzazione di prodotti e processi si traducano nella riduzione dei componenti (per la loro integrazione di componenti più evoluti), con conseguente contenimento dei tempi e dei costi dei processi produttivi
Amministrazione e Finanza n. 4/2008 p. 38
Altro aspetto su cui la relazione sulla gestione deve dare indicazioni
è quello ambientale e del personale. Negli ultimi anni, con il crescente
interesse verso le tematiche sociali ed ambientali,15 molte imprese
hanno sentito l'esigenza di manifestare in modo sistematico all'esterno il
loro impegno verso tali problematiche, redigendo un apposito
documen-to detdocumen-to comunemente "Bilancio sociale",16 che tende sotdocumen-to il profilo
quantitativo ad indirizzare i dati contabili del bilancio civilistico verso
un accreditamento per ciò che l'azienda ha apportato, in termini di
benefici sociali, al luogo ed alla comunità in cui l'attività viene svolta. Al
momento, però tale documento non è da ritenersi obbligatorio per
legge." Quindi, in una ottica minimale del rispetto del dato normativo,
da ritenere che le informazioni riguardanti gli aspetti ambientali
dovreb-bero permettere almeno di rilevare i miglioramenti e/o i peggioramenti
sotto il profilo dell'impatto ambientale delle condizioni in cui la società
realizza la produzione (per esempio: consumo di risorse naturali
rinno-vabili e non; entità delle emissioni e dei rifiuti prodotti).
Le informazioni riguardanti il personale dovrebbero illustrare
alme-no le modalità con cui si esplica il rapporto tra la società e le persone
che vi lavorano o collaborano (per esempio: grado di turnover del
perso-nale; età media; livello di istruzione e ore di formazione del personale).
Si vanno a proporre una serie di indicatori che dovrebbero consentire
la valutazione della sostenibilità sociale dell'azienda, ovviamente in
ter-mini ter-minimali:
Schema tabella principali indicatori sociali
INDICATORI Unità di misura Anni Totale dipendenti -uomini -donne Numero % % Tasso di malattia (l)
Indice frequenza infortuni (2) Indice gravità degli infortuni (3)
Posto lavoro cerati Numero
Percentuali di fatturato di fornitori sul territorio %
Liberalità/utile %
(1) Ore di malattia/totale ore lavorabili;
(2) Numero infortuni x 1000/totale ore lavorate;
(3) Giorni di assenza (n ore)/totale ore lavorate.
Schema tabella principali indicatori ambientali
INDICATORI Unità di misura Anni Materiali utilizzati
-
_
_
quantità
Materiali da riciclo_
-
quantità
Rifiuti - Assimilabile urbano - Rifiuti pericolosi-
Rifiuti speciali - Altriquantità
Consumo metano m3Consumo energia elettrica Kwh
Emissione Co2 t Spese correnti Ambientali/fatturato E Investimenti Ambientali/fatturato E 1
Anche in assenza di uno specifico obbligo normativo, soprattutto le
PMI, devono prendere coscienza che la comunicazione istituzionale18 di
impresa intesa quale attenzione alle relazioni tra azienda e società civile,
assume un rilievo sempre maggiore, anche perché la corporate
accoun-tability è ormai strumento di governo per la gestione quantomeno della
immagine aziendale ed in particolare del sistema di relazioni sociali.
L'ultimo aspetto da considerare, in ordine di trattazione, ma di certo
non per importanza, è la descrizione dei principali rischi ed incertezze
cui l'impresa è esposta.19
Gli amministratori in sede di redazione della relazione sulla gestione
focalizzeranno la propria attenzione su quegli eventi potenziali che
potrebbero intaccare lo stato attuale della società o peggio,
compromet-tere la capacità della impresa a continuare l'attività in un arco di tempo
futuro prevedibile (nel rispetto fondamentale del principio di continuità
aziendale o going concern).
Per i rischi, in astratto, si può fare riferimento, ad esempio, a quel-
ii20:
- di mercato (variazione dei prezzi; della domanda; della concorrenza;
dei tassi di cambio; dei tassi di interesse; dell'offerta; nuovi
competi-tori; aggregazioni, modifiche politiche di gruppo; prodotti succedanei
o sostitutivi; etc.);
- di efficacia ed efficienza dei processi aziendali;
- di inadeguatezza delle risorse umane a disposizione;
- di passaggio generazionale;
- di situazione di dipendenza dei clienti e/o fornitori;
- di modifiche normative (interessanti il processo e/o i prodotti)
nazio-nali e/o internazionazio-nali;
- di instabilità del 'contesto politico e sociale;
- di possibili eventi catastrofici.
Con riferimento alle incertezze, sempre in astratto, possiamo far
riferimento, ad esempio a:
- valutazioni di poste particolarmente sensibili e critiche sia dell'attivo
che del passivo patrimoniale, ovviamente poste che non trovano del
tutto copertura nei criteri dettati dall'art. 2426 c.c. in situazioni di
particolare volatilità e/o volubilità (determinazione del presumibile
valore di realizzo del magazzino, dei crediti, di attività finanziarie
non immobilizzate, etc.);
- valutazioni di situazioni, condizioni, fattispecie, esistenti alla data di
chiusura del bilancio, le quali non hanno originato appositi
stanzia-menti (fondi per rischi) e, al verificarsi di uno o più eventi futuri,
potranno determinare una perdita di una certa rilevanza (una causa
passiva dall'incerto risultato; la presenza di clausole contrattuali
san-zionatorie di incerta interpretazione; sanzioni pecuniarie riferite a
una normativa incerta; rischi non assicurati; possibilità di
esproprio).21
Proprio per le PMI (ed in particolare per le piccole e piccole/medie)
che difficilmente definiscono obiettivi e strategie e che gestiscono i rischi
secondo piani e processi solitamente informali, la relazione sulla
gestio-ne può essere l'occasiogestio-ne per formalizzare almeno i risultati e le
prospet-tive che possono scaturire da una lettura critica e sistematica di tutta
l'at-tività di tipo "informale" che la società comunque svolge e che spesso,
facendo riferimento ad indicatori chiave, risulta utile per definire
l'effica-cia della gestione e per intraprendere azioni adeguate. Anche il controllo
interno (quale corollario della valutazione e gestione dei rischi) è un
altro aspetto delicato nelle PMI, in quanto le ridotte dimensioni, spesso,
non permettono di rispettare le regole che ne fanno riconoscere la
vali-dità. Gli amministratori, attraverso la relazione sulla gestione, possono
informare e trasmettere ai terzi il loro operare a che l'amministrazione
sia corretta e rispettosa delle norme e regole che presiedono una
pruden-te gestione, fatta di scelpruden-te ragionevoli in pruden-termini economico/aziendali.
L'attenzione degli amministratori su indicatori (di non difficile
realizza-zione) quali il grado di leva operativa, il grado di leva finanziaria, il
grado di leva combinato,22 nonché l'indice di rischi globale23, sarà di
certo una occasione di riflessione per loro stessi e di accreditamento di
quella fiducia da parte dei terzi, indispensabile oggi (come forse già ieri)
per proiettare l'azienda verso mete di lungo periodo. In tal senso appare
utile (e la norma lo richiede) cha la valutazione dell'andamento della
gestione vada effettuato non solo a livello complessivo, ma anche con
riferimento ai vari settori in cui opera, anche attraverso imprese
control-late.24
Il termine "settore" non trova una indicazione positiva nella norma; è
opportuno, allora, far riferimento agli IAS/IFRS (in particolare allo LAS
14 - Informativa di settore) che definisce "settore" quella parte della
impresa per la quale è possibile identificare distintamente rischi e
profit-ti, correlati ai prodotti o servizi realizzaprofit-ti, enucleabili da quelli di altre
"parti" della impresa.25
In conclusione, ragionando in termini di "apertura informativa"
(disclosure), appaiono evidenti alcuni caratteri generali di sostanza e di
forma che devono essere alla base della relazione sulla gestione.
Sotto il profilo della sostanza il documento deve proporre
informa-zioni quantitative opportunamente integrate da informainforma-zioni qualitative.
Le misure di sintesi, siano esse economico-finanziarie che operative,
devono tendere a dare un quadro completo dell'azienda e del modo di
porsi nell'ambiente competitivo, dando la giusta rappresentazione dei
processi interni aziendali.
I dati consuntivi vanno integrati con le possibili determinazioni
pre-ventive, in modo da attenuare la forzatura del frazionamento temporale
della gestione conseguente alla periodicità imposta dal bilancio di
eserci-zio. E evidente, quindi, che la complessità della realtà non possa essere
espressa solo con dati e determinazioni quantitative, qualsiasi sia il loro
grado di accuratezza. È indispensabile fornire quella serie di informazio-
ni che constestualizzano i dati quantitativi, in modo che il sistema della
singola azienda possa essere compreso dai propri stakeholders, anche
sotto il profilo delle interrelazioni spaziali e temporali che l'azienda ha
rispetto al sistema ambiente in cui agisce.
Sotto il profilo formale una schematizzazione delle forme e dei modi
con cui l'informativa viene prodotta26, di certo facilita i terzi nella lettura
e comprensione dei fenomeni esposti.
I requisiti della chiarezza, verità e correttezza del bilancio a cui si
allineano quelli dell'analisi fedele, equilibrata ed esauriente richiesta
nella relazione sulla gestione, devono tendere sempre più ad essere
ricompresi nel concetto più generale della intelligibilità che è l'obiettivo
ultimo della redazione del bilancio e, quindi, della relazione sulla
gestione.
NOTE
I L'intervento legislativo riguarda anche la relazione del collegio sindacale, la relazione di revisione, alcune norme del TUF (art. 156), nonché il bilancio consolidato.
2 Lo stesso Decreto Legislativo interviene sull'art. 40 del D.Igs 9 aprile 1991, n. 127 per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio consolidato; sull'art. 3 del D.Igs 27 gennaio 1992, n. 87 per quanto riguarda le banche e gli istituti finanziari; sugli art. 94 e 100 del D.Igs 209/2005 per le società di assicurazione. Il Decreto di recepimento della Direttiva 51/2003 basa in gran parte i contenuti sul documento realizzato dall'Organismo Italiano di Contabilità (OIC) nel dicembre 2006. Probabili ed ulteriori modifiche si renderanno neces-sarie con il recepimento delle Direttive Ue 2001/65 e 2003/51.
3 II testo all'epoca della norma era il seguente: "art. 2428 c.c: Il bilancio deve essere cor-redato da una relazione degli amministratori sulla situazione della società e sull'andamen-to della gestione, nel suo complesso e nei vari setsull'andamen-tori in cui essa ha operasull'andamen-to, anche attraver-so imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare: 1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della corrisponden-te parcorrisponden-te di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio; 6) l'evoluzione prevedibile della gestione.
Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell'esercizio gli amministratori delle società con azioni quotate in borsa devono trasmettere al collegio sindacale una relazione sull'andamento della gestione, redatta secondo i criteri stabiliti della Commissione nazio-nale per le società e la borsa con regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. La relazione deve essere pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla Commissione stessa con il regolamento anzidetto.
Dalla relazione deve inoltre risultare l'elenco delle sedi secondarie della società.
4 Per ulteriori approfondimenti si rinvia: al documento redatto dalla Commissione per
i principi contabili nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri dal titolo "Le infor-mazioni sul fair value degli strumenti finanziari e sulla gestione dei rischi finanziari"; al
documento n. 3 dell'OIC intitolato "Le informazioni sugli strumenti finanziari da includere nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione" (ai-lt. 2427 bis e 2428, comm. II, n. 6 bis c.c.). Di tale ultimo documento appare significativo segnalare il principio che "... nella individuazione delle informazioni da riportare nella nota integrativa, gli amministratori dovranno effettuare un prudente apprezzamento, immedesimandosi nelle aspettative degli investitori utilizzatori del bilancio stesso, per stabilire, di volta in volta e nelle singole con-crete fattispecie, quando l'operatività in strumenti finanziari sia rilevante, sia sotto il profi-lo quantitativo e sia sotto il profiprofi-lo qualitativo".
5 E stato evidenziato (Cfr. Leonardo Benevento, Le relazioni di revisione e la relazione di gestione in attuazione della normativa UE, in Corriere Tributario, n. 18/2007, pag. 1455) che: "... la rete di relazioni che si sviluppa all'interno dei gruppi è tale che una indicazione analitica dei rapporti intercorsi nel gruppo potrebbe determinare un notevole appesanti-mento del contenuto informativo della relazione. Ciò induce a ritenere che l'informazione sui rapporti intercorsi debba essere una informazione di carattere sintetico volta a dare la dimensione del peso sull'attività dell'impresa dell'operatività infragruppo". Altro autore (Cfr A. Muratore, Il Nuovo Diritto Societario, AA.VV., volume 3, Bologna 2004, pag. 2202) pone l'accento sul fatto che la disposizione normativa (art. 2497 bis) ha la funzione di garantire che i soci di minoranza, i creditori ed i terzi, abbiano l'immediata percezione del fenomeno del gruppo, della sua dimensione e dei risultati essenziali della sua attività.
6 Si ritiene (Cfr Renato Rordorf, I gruppi nella recente riforma del diritto societario, in Le Società, n. 5/2004, pag. 547) che l'informativa ai sensi dell'art. 2497 ter sarebbe necessa-ria nelle sole ipotesi in cui quanto deciso è stato assunto avendo a riferimento più l'interes-se del gruppo che quello "ovvio e naturale" della società. Ciò per evitare che l'eccesso di informativa determini il disorientamento dei destinatari della medesima.
7 La nuova formulazione dei primi due commi dell'art. 2428 c.c. risulta essere la
seguente (in corsivo sono evidenziate le modifiche apportate con il D.lgs. 32 del 2 febbraio 207): "Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori contenete un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell'andamento e del
risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche
attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimen-ti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta.
L'analisi di cui al primo comma è coerente con l'entità e la complessità degli affari della società e contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell'andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all'attività comprese le informazioni attinenti all'ambien-te e al personale. L'analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilan- cio e chiarimenti aggiuntivi su di essi " (Le Società n. 6/2007 pag. 658).
8 Per approfondimenti si rivia al documento n. 570 Continuità aziendale approvato alla
unanimità dai componenti della Commissione per la statuizione dei Principi di Revisione e ratificato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri rispettivamente il 24 ottobre e il 17 ottobre 2007. Il detto documento è stato adottato dalla Consob con delibera n. 16231 del 21 novembre 2007. Si veda anche: Riccardo Bauer, L'analisi di bilancio per la valutazione della continuità aziendale: un caso applicativo, in Il controllo nelle società e negli enti, anno X - fascicolo IV -V - luglio/otto-bre 2006.
9 Nel documento sul "Management Commentary" (MC) pubblicato dallo Iasb nel 2005 viene evidenziata come la relazione degli amministratori debba fornire ai lettori, intesi quali interlocutori dell'azienda, notizie utili sulla natura del business; gli obiettivi e le stra-tegie; le risorse critiche, i rischi e la rete di relazioni; i risultati e le prospettive; le misure di performance conseguite e conseguibili in funzione della strategia perseguita e da persegui-re. Il documento dello Iasb prevede che il MC debba fornire una chiara descrizione della natura del business, soffermandosi sugli effetti sull'ambiente di riferimento, fornendo noti-zie sulle aree di attività, sui prodotti e servizi, sul modello di business, sui canali distributi-vi, sulla struttura aziendale. Dovrebbe, quindi, essere resa chiara la posizione competitiva dell'azienda nel mercato ed illustrare le normative sociali e ambientali che interessano la organizzazione.
I° Nell'ultimo decennio in particolare il sistema di controllo interno è stato ritenuto non più una tecnica amministrativa specialistica, ma un sistema di governo aziendale, inteso quale insieme di processi diretti a monitorare l'efficienza delle operazioni aziendali, la affidabilità dell'informazione finanziaria, il rispetto di leggi e regolamenti, la salvaguar-dia dei beni aziendali. Deve essere anche in grado di assicurare il perseguimento degli obiettivi di efficacia strategica, contribuendo alla protezione delle condizioni favorevoli alla generazione del valore, aiutando nella gestione consapevole dei rischi. Per approfondi-menti si veda: Fortunato, Livatino, Mantovano, Pecchiari (a cura di) L'enterprise risk management - Dal governo dei controlli alla sostenibilità dei rischi, rivista dei Dottori Commercialisti, Supplemento al n. 3/2006; S. Beretta, S. Bozzolan, N. Pecchiari, La valutazione del sistema di controllo interno nella relazione sulla corporate governance, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 5/2006; Cristina Bettinelli, Il Sistema di controllo interno nel processo di gestione del rischio, in Amministrazione e Finanza, n. 22/2007; Angelo Maglietta e Mario Anaclerio, Internal auditing e modelli di controllo per il "Buon Governo" dell'impresa, in Amministrazione e Finanza, n. 5/2007.
I I Un quadro fedele, equilibrato ed esauriente della situazione aziendale sarà sicura-mente elemento di positiva valutazione da parte del curatore nella relazione ex art. 33 della novellata disciplina fallimentare, nonché base di riferimento qualora si volesse intrapren-dere l'istituto del concordato preventivo, in considerazione della modificata normativa di cui all'art. 161 L.F.
12 Le metodologie di riclassificazione del conto economico sono: a) quello del costo del venduto, che evidenzia quale valore intermedio prima del reddito operativo il risultato lordo industriale; b) quella del margine di contribuzione, che evidenzia quale valore inter-medio prima del reddito operativo il margine di contribuzione; c) quella del valore della produzione e valore aggiunto che evidenzia quale valore intermedio prima del reddito ope-rativo, il valore della produzione ed il valore aggiunto. Interessante è l'esame che il Ianniello ha realizzato sulla grandezza "Valore Aggiunto" nell'ambito delle determinazioni quantitative d'azienda. Cfr. Giuseppe Ianniello, il "Valore Aggiunto" nei bilanci delle società quotate italiane, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. I del 2006.
La scelta ed i motivi di applicazione di un metodo rispetto ad un altro vanno motivati nella relazione sulla gestione.
13 La gestione reddituale comprende quelle operazioni, tipiche e/o atipiche, che concor-rono alla generazione del reddito di esercizio; la gestione del capitale di esercizio è l'area che attiene agli elementi del capitale circolante netto; la gestione degli investimenti e disin-vestimenti fa riferimento agli acquisti e alla alienazione dei beni strumentali, partecipazio-ni, etc.; la gestione finanziaria è quella area che analizza le operazioni di reperimento e di rimborso di fonti e finanziamento a m/1 termine e di capitale proprio a qualsiasi titolo effettuate; la gestione della remunerazione dei capitali intesa quale pagamento degli oneri finanziari e la distribuzione dei dividendi. Cfr. Gerardino Metallo, Finanza Sistemica per l'impresa, Giappichelli, Torino, 2007.
14 Per approfondimenti si consiglia di consultare il documento della Commissione per i
Principi Contabili del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed esperti contabili dal titolo "Relazione sulla gestione delle imprese mercantili, industriali e di servizi".
15 Particolarmente vivace è il dibattito sugli obiettivi delle imprese e su quelli degli azionisti nel moderno capitalismo. In tale dibattito è possibile comprendere i principi del Global Compact sull'investimento responsabile (www.unglobalcompact.org). In ambito internazionale appare importane il ruolo dell'International Corporate Governance Network (ICGN) che il 6 luglio 2007 ha approvato lo Statement of Principles on Institutional Shareholder responsabilities.
16 La scelta di una organizzazione di presentare un report di sostenibilità si verifica quando la stessa ha realizzato, con un processo che dall'occasionale diventa strutturato, un livello soddisfacente di "compliance" a quelli che sono i diritti delle diverse classi di stakeholders. Fornire le informazioni previste dal GRI/G3 è possibile solo se il manage-ment ritiene che le tematiche sociali sono parte della strategia aziendale.
17 Uno schema cha va secondo la logica del bilancio sociale è quello previsto dal rendi-conto obbligatorio introdotto dall'art. 8 D.Igs 460/1997 per gli enti non commerciali che
effettuano raccolte pubbliche di fondi. Per approfondimenti sul tema si rinvia: Filippo Vitolla, Le linee guida della global reporting iniziative per la redazione dei report di soste-nibilità, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 4/2007; Roberta Provasi, La nuova fron-tiera dell'informativa societaria: dalla social accountability alla sustinability accountability, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 3/2005; Luca Cordosta, Iter di redazione del bilan-cio sociale, la mappatura completa, in Amministrazione e Finanza, n. 6/2008; Luca Cordosta, Dal bilancio di esercizio al bilancio sociale o di sostenibilità, in Amministrazione e Finanza, n. 4/2008.
18 Più in generale sulle tematiche evidenziate si veda Alfonso Siano,Competenze e
comunicazione del sistema impresa, Giuffrè, Milano, 2001.
19 Con riferimento alle procedure per la valutazione del rischio, di errori significativi in
bilancio, della raccolta di informazioni, del sistema di controllo interno e del sistema infor-mativo, si rinvia al principio di revisione n. 315 intitolato "La comprensione dell'impresa e del suo contesto e la valutazione dei rischi di errori significativi"; l'Internai Auditing and Assurance Standards Board ha approvato una versione rivista del documento n. 315 che va applicato ai bilanci chiusi dopo il 15/12/2008.
20 Di grande interesse ed attualità è la dettagliata analisi, fatta dal prof. Petix, dei rischi
finanziari nella prospettiva dei mercati globali. Solo una trasparente e completa informa-zione di bilancio può aiutare ad interpretarli e fronteggiarli. Cfr. Leonardo Petix, Gestione di impresa e tipici contesti di riferimento, Cedam, Padova, 1998, p. 149 e segg.
21 Uno degli argomenti più delicati nella redazione del bilancio è quello della corretta
valutazione dei fatti verificatisi successivamente alla chiusura del bilancio. Per approfondi-menti vedi Franco Artini, Rilevazioni in Bilancio dei fatti successivi alla data di chiusura del bilancio, in Amministrazione e Finanza, n. 22/2007.
22 Cfr. Pasquale De Luca, Il rischio di azienda al variare dei gradi di leva, in
Amministrazione e Finanza, n. 18/2007.
23Cfr. Pietro Bottani, Indice di rischio globale, in Amministrazione e Finanza, n.
1/2008.
24 Tale informazione assume maggiore rilevanza nelle imprese a forte diversificazione
e/o multinazionali. A seconda dell'aspetto dell'impresa l'informazione settoriale assume minore o maggiore rilevanza:
ASPETTO DELL'IMPRESA INFORMATIVA
- Società unica monosettoriale Andamento della gestione a livello
complessivo - Società unica plurisettoriale
- Gruppo plurisettoriale, con ogni settore guidata da una controllata
Andamento della gestione al livello complessivo e di singolo settore
- Gruppo plurisettoriale, in cui uno o più ogni settori sono governati da più controllate
Andamento della gestione al livello complessivo, di singolo settore, di singola controllata per settore
25 I criteri di identificazione per settore sono quelli per "area di attività" o per "ambito
geografico". Il primo tende a valorizzare la correlabilità dei prodotti in funzione della natu-ra, della caratteristica dei processi produttivi, della tipologia della clientela servita, della modalità di distribuzione dei prodotti. Il secondo basa la scelta o sulla collocazione delle attività (origine delle vendite) o sulla ubicazione geografica dei mercati di sbocco (destina-zione delle vendite). Una volta che l'azienda avrà operato, in fun(destina-zione dei criteri indicati, la scelta dei settori, per ciascuno dovrà indicare almeno i costi ed i ricavi di natura operativa e gli investimenti direttamente attribuibili a ciascun settore. Per approfondimenti si veda:
Gianluca Lombardi Stecchetti, la costruzione del segment reporting secondo gli IAS: Implicazioni sul sistema amministrativo, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 5/2007.
26 Importante appare l'uso dei grafici con finalità di sintesi in occasione della redazione
del bilancio e della relazione sulla gestione. In merito al loro uso e ad eventuali effetti distorsivi. Cfr. Giuseppe Ianniello, i Grafici nel linguaggio contabile: funzione informativa ed effetti distorsivi, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 6/2007.