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Le creature fantastiche nella documentazione egiziana predinastica e le influenze vicino-orientali

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ORIENTALISTICA:

EGITTO, VICINO E MEDIO ORIENTE

Tesi di laurea magistrale:

Le creature fantastiche nella documentazione

predinastica e le influenze vicino-orientali

Candidato: Relatore:

Giulia Pizzato Prof.ssa Marilina Betrò

Correlatore:

Prof. Anacleto D’Agostino

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio tutti i bibliotecari della Biblioteca di Antichistica dell’Università degli Studi di Pisa, in particolare Paolo Busoni e Chiara Garzetti per la pazienza e l’aiuto che mi hanno dato nella ricerca, spesso ardua, dei testi.

Un ringraziamento a tutti coloro che mi hanno aiutata durante il mio percorso universitario, soprattutto nel periodo di stesura della tesi.

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INDICE

1. Introduzione ... 1

2. L’Egitto predinastico e i rapporti con il Vicino Oriente antico .. 7

2.1. Vicino Oriente : Mesopotamia ... 18

Il Levante ... 21

2.2. Contatti tra Vicino Oriente e Egitto ... 23

3. Che cosa è un mostro? ... 33

4. Le creature fantastiche egiziane ... 46

5. I mostri in Mesopotamia ... 71

6. Conclusioni ... 83

7. Catalogo ... 90

8. Appendice ... 138

9. Bibliografia ... 140

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INTRODUZIONE

L’idea di questo lavoro nasce dalla mia passione per l’egittologia e le culture legate all’Egitto antico, studiate durante il percorso universitario. Comprendere quanto siano stati importanti i rapporti diplomatici e commerciali è alla base di questo elaborato, poiché la maggior parte delle volte portano con sé un qualche tipo d’influenza, che sia reciproca o meno. Ho deciso di analizzare il periodo predinastico egiziano (3900 - 2900 a. C.), un momento storico di cui ancora si conosce poco a causa dell’assenza di evidenze archeologiche diffuse. L’analisi si è rivolta ai suoi rapporti con il Vicino Oriente, concentrando lo studio sull’iconografia, in particolare sulle creature fantastiche. L’archeologia comparativa offre diversi spunti in quanto, per comprendere la natura delle relazioni tra due culture, siano esse vicine o lontane, devono essere esaminati tutti gli aspetti di una civiltà e i materiali da questa prodotta. La scelta è ricaduta sull’iconografia e in particolare sui “mostri” perché, essendo un prodotto della mente umana, credo sia importante comprenderne il significato, cosa gli antichi volessero comunicare attraverso di essi. Il momento della nascita di una civiltà, un periodo in cui ancora tutto doveva definirsi, appare focale per cercare di identificare il punto di partenza e cogliere i cambiamenti rispetto alla cultura faraonica formata. Inoltre credo sia fondamentale rendersi conto fino a che punto, attraverso il contatto commerciale, le influenze mesopotamiche siano penetrate nella cultura egiziana come e se queste siano state assorbite.

Dal punto di vista storico, il periodo prescelto sia in Egitto che nel Vicino Oriente, è un momento di formazione, la società sta diventando complessa e con essa anche il pensiero dell’uomo cambia e formula nuovi concetti. In Egitto il periodo predinastico inizia con una situazione di diversità e antagonismo di diversi centri principali, tra i quali prevarrà l’influenza della cultura Naqada che si espande dal sud del paese e termina con la nascita dello stato egiziano. Contemporaneamente la società si differenzia, inizia la disparità sociale ed economica: un gruppo di pochi privilegiati si occupa della gestione della comunità mentre la maggioranza provvede ai beni primari per la comunità stessa, fino al momento in cui il potere decisionale apparterrà

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solo al faraone e il popolo sarà diviso in classi sociali. La diseguaglianza si riflette anche in ambito funerario e nella cultura materiale, in quanto compaiono i beni di lusso, derivanti spesso dai primi commerci con le zone limitrofe e non solo. Un simile cambiamento culturale avviene anche in Mesopotamia dove prende il via la cosiddetta “rivoluzione urbana”, con la nascita delle prime città e la conseguente gerarchia di insediamenti: nelle prime l’élite governa e pochi si occupano dei lavori specializzati mentre nelle città più piccole e nei villaggi i molti si occupano dell’agricoltura e dell’allevamento per garantire il sostentamento anche dei gradi più alti della società. Si sviluppa un’amministrazione in scala: dal centro nevralgico che si situa nella Mesopotamia meridionale, la cultura Uruk prende piede e si diffonde fino alle coste del Mediterraneo, punto d’incontro con la cultura egiziana.

Prima di affrontare le creature fantastiche egiziane è inevitabile interrogarsi sul perché dell’esistenza dei mostri e sul come sono nati nella mente dell’uomo. I cosiddetti “mostri”, siano esseri innaturali o soprannaturali, sono diffusi nella cultura europea da sempre nei diversi ambiti scientifici e letterari, come simboli del caos, creature deformi rispetto alla normalità intesa, impossibili da includere in una tassonomia. Mentre nella nostra contemporaneità con la parola mostro intendiamo un’ unica categoria generica in contrasto con gli uomini, nell’antichità esistevano molteplici entità che si differenziavano per l’ordine a cui appartenevano (umano, animale, divino) a causa di un’ ibridazione o di una metamorfosi temporanea o definitiva.1 Ma il mostruoso si definisce in relazione alla comunità e al suo pensiero sulla base di ciò che è ritenuto accettabile, normale o naturale. Così in diversi tempi, culture e luoghi o da differenti punti di vista emergono diverse risposte.2

La concezione contemporanea di mostro è legata all’ evoluzione semantica del concetto romano di monstrum che comincia già con Plinio.3 Infatti nella Naturalis Historia l’autore si riferisce ad esseri ibridi con il termine monstri similia ovvero “simili a mostri”, parlando delle loro anomalie fisiche, che è la via mentale che segue

1

Crippa S., 2013, pag.33 2 Atherton C., 2002, pp. VIII-X 3

Lo scrittore latino nella sua opera Naturalis Historia (NH VIII 72) parla di alcune creature delle province romane: quelle che definisce anomalie in realtà corrispondo alla normalità delle regioni a cui si riferisce.

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il termine per giungere a quello che intendiamo noi.4

In tutte le società l’esistenza di entità considerate mostruose viene data per scontata,5

l’elemento in comune è l’alterità rispetto alla norma. Essendo però questa determinata dal sistema culturale di riferimento, la definizione e l’interpretazione del mostruoso si modificano a seconda del sistema considerato.6 Il mostro è tale se viola l’ordine cosmico e quindi va eliminato, ma lo è solo in quanto la comunità umana proietta su di esso la propria idea di deviazione rispetto alla consuetudine. Frutto di zoopoiesi sono quegli animali che si trovano ai confini, popolano terre ignote e pochi hanno visto ma la loro esistenza è accettata dalla cultura che li descrive: non sono mostri ma sono esseri rari e la loro descrizione deriva da un accumulo e rimescolamento di forme note. L’altrove non è solo spaziale ma è anche temporale, il passato è popolato da creature mitiche. Il mostro è un’aberrazione tassonomica che riunisce in sé caratteristiche morfologiche e comportamentali che dovrebbero restare separate, rappresenta l’irrompere del caos nell’universo umano. Rappresenta il male e spetta all’eroe eliminarlo: nella cultura greca Eracle è l’eroe per eccellenza, nel Medioevo lo saranno i cavalieri. Il mostro non è solo pericoloso ma a volte ha anche funzione apotropaica, allontana gli influssi maligni: viene rappresentato sugli scudi, sui sigilli,7 sulle pareti domestiche (gorgone greca) o sull’ ingresso della tomba per provocare terrore a vantaggio del defunto.8

L’antropologo Lévi-Strauss aveva osservato che l’ uomo crea i mostri con la fantasia attraverso l’espediente del “bricolage”, ovvero combinando scampoli di realtà e singoli elementi legati all’immaginario. Questo è un processo che si attribuisce alla creazione mitica in genere, e che conferisce alle creature mostruose quella che è stata definita come reshuffled familiarity, la «familiarità rimescolata» che è il segno distintivo della loro composizione.9 Quando, in una società data, una rappresentazione è simbolica, lo è perché non può essere interamente spiegata con i

4 Maiuri A., 2013, pp. 21-26 5 Canguilhem G., 1962, pp.29-31 6 Mancini L., 2007, pag.145 7

Per approfondire l’argomento dei sigilli si veda Vitellozi Paolo, 2013, La funzione dell’ibrido e del mostruoso nella glittica arcaica in Monstra. Costruzione e percezione delle Entità Ibride e Mostruose nel Mediterraneo Antico, Secondo volume, pp.97-117

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Mancini L., 2007, pp.1-22 9

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mezzi culturali disponibili. La loro collocazione nel reale va al di là della classificazione tassonomica degli animali comuni poiché spesso nella loro ibridazione congiungono tratti di specie distanti tra loro o possiedono caratteristiche che non appartengono alla propria specie (ad esempio l’immortalità della fenice). In virtù dell’ anomalia, nella quale risiede anche la loro insita pericolosità, i mostri del mito si prestano ad essere simbolici essendo estranei alle categorie normalmente accettate per le specie animali. Con grande efficacia essi riescono a rappresentare ciò che sta fuori e ai confini della cultura; sia nel mito che nel rituale.10

Tuttavia Marianna Ferrara11 afferma che limitandosi ad analizzare il modo in cui sono costruiti i mostri, si individuerebbe soltanto cosa costituisca l’ibrido o il mostruoso in un ambito culturale definito, non si farebbe una ricerca storica ma solo fenomenologica in quanto non è detto che una deformità fisica, in quel contesto culturale, sia legata alla negatività morale o etica (ad esempio nella mitologia indiana creature “mostruose” sono considerate benevole). Inoltre ogni studioso ha un proprio background, frutto della sua formazione, da cui parte e a cui farà sempre riferimento anche inconsapevolmente, mentre quello che sta studiando può partire da presupposti differenti o contrari.12 Ad esempio noi classificheremmo le sirene omeriche come mostri ma la sensibilità medievale era incline a non associarle alla mostruosità. La tassonomia, essendo una classificazione prodotta dall’uomo, è sempre in movimento, si rimodella e ridefinisce costantemente a seconda del contesto culturale generando definizioni conflittuali di mostruoso. Nell’antichità e nel Medioevo la tendenza era quella di vedere il mostruoso come un prodigio, segno della collera divina o annuncio dei colpi della sfortuna, considerazioni che mutano con l’emergere della scienza e della razionalità. Alla fine del XVIII secolo il mondo si disincanta, il mostruoso è strappato alla sfera del magico e annesso alle discipline mediche o alla storia naturale, il fascino del mostruoso diventa sempre di più segno di ignoranza e barbarie.13

Sono stati raccolti e studiati ventidue esempi di rappresentazioni mostruose del periodo predinastico. L’analisi è stata condotta sia in base al contesto in cui sono

10 Douglass P., 1966, pp.69‐105 11

Ferrara M., 2013, pp. 199-200 12

Baglioni I., 2013, pag.24 13

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stati trovati o in cui ancora si trovano, sia in relazione all’oggetto su cui sono rappresentati. Questo ha evidenziato come siano legati alla sfera religiosa o cultuale. Gli esseri ibridi dell’antico Egitto si dividono in due tipologie: quelli con le influenze mesopotamiche e le creazioni indigene. Oltre ad essere legati al culto, sono connessi alla classe dirigente della società egiziana, in quanto le raffigurazioni delle creature fantastiche si trovano su oggetti di lusso come tavolozze, teste di mazza, coltelli cerimoniali e amuleti. Considerando, come si è spiegato precedentemente, che gli ibridi sono rappresentazioni simboliche per la loro stessa natura e che in Egitto li troviamo legati alla religione e all’élite, dovevano essere sicuramente legati all’iconografia regale e divina. I mostri, rappresentati con gli altri animali, anch’ essi latori di significato (ad esempio il toro, il leone e il falco sono simboli regali, e lo saranno anche successivamente) popolano le scene come se fossero creature reali, il cui dominio è il deserto, terra di confine dell’Egitto ma anche frontiera del mondo ordinato.

Nella letteratura riguardante l’argomento esistono diverse ipotesi sul significato di animali quali il grifone, il serpopardo, l’animale di Seth e i vari ibridi a cui non si è dato un nome. Alcuni studiosi credono che si rappresenti lo scontro tra caos e ordine, uno dei concetti cardine della religione egiziana, altri ipotizzano che siano manifestazioni divine, rappresentazioni primitive degli dei. L’iconografia in generale si evolve durante il periodo predinastico e questo fenomeno è deducibile dagli oggetti considerati. Infatti sulla tavolozza di Narmer e sulla testa di mazza del “re Scorpione” possiamo riconoscere la tipica modalità di rappresentazione egiziana del periodo dinastico: le scene divise in registri e la figura umana di profilo con il torso rappresentato frontalmente. Entrambi i manufatti fanno parte della fine del periodo e si distinguono nettamente dai precedenti. Da questo si può assodare un’evoluzione dal punto di vista iconografico parallela a quella del modo di pensare dell’uomo egiziano, fattori subordinati all’emergere di uno stato vero e proprio.

Nell’ultima parte si sono presi in considerazione i mostri che avrebbero influenzato l’iconografia egiziana. Si trovano sulla glittica mesopotamica ed elamita del periodo Uruk (3500-3000 a.C.) e Jemdet Nasr (3100-2900 a.C.). Anche in questo caso esiste un legame con il culto e con le classi sociali più elevate poiché la maggior parte delle

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impronte di sigilli sono state trovate nei pressi di templi, ovvero luoghi di potere. Il processo di formazione è lo stesso: creature composte da parti specifiche di animali scelti appositamente per le loro caratteristiche “sovraumane”. Gli ibridi mesopotamici di questo periodo sembrano comporsi di parti diverse di tre animali principali: leone, aquila e serpente. Questi vengono ricomposti tra loro per formare il grifone, l’aquila leontocefala e il felino con il collo di serpente. Esiste un’ulteriore tipologia di mostri rappresentata da creature indefinite, antropomorfe o formate da diversi corpi di animali, con più protomi. Il significato degli ibridi mesopotamici di questa epoca è ignoto. Basandosi sulle fonti scritte successive, gli studiosi14 ipotizzano che siano manifestazioni zoomorfe delle divinità a cui saranno legati in un periodo successivo, o che abbiano funzione apotropaica.15

Sicuramente l’uomo mesopotamico credeva che fossero esseri a lui superiori, e di appartenere ad uno scalino più basso nel cosmo.

14 Wiggerman F 1994. e Winkelman S. 2008 15 Amiet P. 1956

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L’EGITTO PREDINASTICO E I RAPPORTI bbbbbbbbbbbbbbbbbbCON IL VICINO ORIENTE ANTICO

Il periodo predinastico è quel lasso di tempo compreso tra il 3900 e il 2900 a.C.16, che precede l'epoca faraonica. L' Egitto non era ancora unito ed erano presenti culture diverse: nell'Alto Egitto fa da sovrana la cultura Naqada mentre nel Basso Egitto le culture di Buto e Maadi.

La cultura naqadiana prende il nome dall'omonimo sito Naqada scavato da Williams Flinders Petrie nel 1894-9517; lo studioso fu il primo insieme a Jacques De Morgan a capire che erano esistite delle culture predinastiche. La cultura di Naqada è stata suddivisa cronologicamente in tre fasi: Naqada I (3900-3500 a.C.), Naqada II (3500-3300 a.C.) e Naqada III ((3500-3300-2900 a.C.).18

Flinders Petrie è stato anche il primo studioso a creare una cronologia relativa dell’Alto Egitto basandosi sulla ceramica trovata nelle tombe dei cimiteri di Naqada, Ballas, Hu e Abadiya, con il sistema da lui messo a punto di Sequence Dating (SD); quelle del periodo predinastico sono collocate tra SD 30 e SD 80. Dal suo studio Petrie individua quelle che secondo lui sono le culture principali: Amraziano, antico e tardo Gerzeano, Semaiano e infine la Dinastia 019. Egli distingue nove classi ceramiche: B (Blacktopped), P (Polished-Red), C (White-Crossed-Lined), D (Decorated), R (Rough), L (Late), F (Fancy), N (Nubian) e W (Wavy-Handle), ogni gruppo include diversi tipi.20

Lo studioso usa come tipologia chiave le giare ledge-handle, importate dalla

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Hendrickx S., 1999, pag.19 e 25; Midant-Reynes B. e Sabatier P., 1999 17

Petrie W. M. F., 1896, pag. 1; Petrie W. M. F., 1901, pp. 4-12 18 Hendrickx S., 1996

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Il termine “dinastia 0” è stato usato per la prima volta da Quibell (1900, pag.5), poi è stato riutilizzato da Kaiser in MDAIK 41, p.71. In seguito il suo uso si è diffuso tra gli studiosi.

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Palestina21 e adottate in Egitto22 a metà del periodo Naqada II23 che successivamente evolvono da una forma globulare (SD 40) ad una più cilindrica, dove progressivamente le anse perdono sempre più la loro utilità (SD 80).

Nel 1957 Werner Kaiser modifica la cronologia di Petrie considerando la distribuzione orizzontale delle tombe. Lo studioso svolge le sue ricerche sul cimitero di Armant, dove distingue tre gruppi ceramici ognuno dei quali dominava un’area del cimitero e ad ognuno dei quali corrispondeva una fase culturale, etichettate da Kaiser come Naqada I, II e III, che vanno a sostituire la nomenclatura di Petrie. Questo sistema, che risulta più accurato in quanto considera la distribuzione geografica delle tombe, fu applicato ad altri cimiteri dell’Alto Egitto e della Nubia ma non è mai stato pubblicato per intero.

Kemp e Wilkinson cercano, invece, di creare una periodizzazione informatica basandosi solo sulla ceramica. Analizzano cinque cimiteri predinastici e due protodinastici: la periodizzazione risultante sembra confermare largamente quella di Kaiser. Anche Stan Hendrickx negli anni ’90 si occupa della cronologia del periodo predinastico e tramite i suoi studi ridefinisce i periodi di Naqada IId2, Naqada IIIa1 e Naqada IIIa2.24

L’insediamento di Naqada resta vitale per tutto il IV millennio e la sua cultura, mentre in un primo periodo si sviluppa nell’Alto Egitto, successivamente si espande fino al Delta; i centri più esemplificativi sono Naqada, Abido e Hierakonpolis.25 La cultura naqadiana ha inglobato la precedente cultura preistorica badariana, che prende il nome dal sito di Badari. La continuità tra le due si nota nelle tombe che in entrambi i casi sono costituite da fosse circolari o rettangolari dove il defunto era posto in posizione contratta sul fianco sinistro con la testa verso sud e il volto rivolto verso ovest, ricoperti da una pelle di animale, vestito con un perizoma in tessuto o in pelle decorato in tessuto; è presente un corredo funerario che durante Naqada I è composto di ceramica e utensili. Le sepolture singole sono le più frequenti ma si trovano ancora quelle multiple in tutti i cimiteri. Rispetto al periodo precedente si hanno maggiori attestazioni di insediamenti abitativi, sono state trovate alcune

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Mariusz A. J., 2008; Amiran R., 1970, pp.35-40 22 Needler W., 1984, pag.212

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Hendrickx S., 1996, pag.62, tab.7 24

Watrin L.,2007, pp. 3-6 25

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strutture circolari in fango e legno, di diametro tra uno e due metri infossate di cinquanta centimetri che secondo la studiosa Midant-Reynes26 potrebbero essere abitazioni, ma è più probabile che fossero usate come magazzini o come ripari per gli animali;27 in alcuni casi si notano buchi di palo e recinzioni di picche in legno che dimostrano l'esistenza di costruzioni più elaborate. Per quanto riguarda le strutture di immagazzinamento ci sono stati dei cambiamenti: si è passati dai silos a costruzioni più grandi che indicano una maggiore dipendenza dalle coltivazioni. Infatti i resti vegetali sono abbondanti così come quelli di animali domestici, più numerosi rispetto al periodo precedente.28 L'economia era basata sulla coltivazione del grano e dell'orzo, sull'allevamento di bovini, caprovini e maiali e sulla pesca; la caccia,

invece, non risulta essere un'attività praticata frequentemente.29 Anche nella ceramica si nota una certa continuità: la ceramica rossa a bordo nero del

periodo badariano si ritrova anche in quello naqadiano, le forme sono ancora aperte ma perdono l'effetto ondulatorio che le caratterizzava. La ceramica rossa ingobbiata viene decorata, in certi casi, con disegni bianchi, motivi geometrici o animali nilotici. Si sviluppa in modo straordinario l'industria della pietra con pezzi che troviamo nelle sepolture come vasi, teste di mazza, lance; questo tipo di oggetti non si trovano in tutte le tombe, ma in quelle a forma rettangolare di Hierakonpolis di cui osservando il corredo si è giunti a comprendere che appartenevano ad una parte della popolazione privilegiata, specchio dell'ineguaglianza sociale che già ora comincia ad avvertirsi.

A nord dell' Egitto dall' inizio del IV millennio fino al 3400 a.C. si sviluppa la cultura Buto-Maadi che si estende dal Delta fino alla ragione del Fayyum. La cultura Maadi comprende diversi centri abitati e il sito eponimo, che attualmente si trova nelle vicinanze del Cairo, è costituito dall'abitato e due cimiteri. In questa zona gli uomini vivevano grazie alla coltivazione dei cereali e l'allevamento di bovini, pecore, capre e maiali, si praticava la pesca e la caccia era marginale. È testimoniato l'uso, forse il più antico, di asino domestico. Al contrario di Naqada, le necropoli sono in secondo piano rispetto alle strutture abitative che si caratterizzano per la forma rettangolare

26 Midant-Reynes B., 2003, pp.95-96 27

Holmes D. L. e Friedman R. F., 1994, pp. 123-124; Caton-Tompson G.,1928, pp. 82-83 28

Midant-Reynes B., 2003, pp. 96-97 29

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con buchi di pali, focolari circondati da pietre e pozzetti per l'immagazzinamento. All'interno dell'insediamento sono state trovate alcune tombe di bambini e neonati mentre fuori dall'abitato sono state individuate due necropoli, una a Maadi e la seconda presso lo Wadi Digla con 14 tombe, anche di animali. Le sepolture sono semplici, senza corredo e la posizione del corpo è casuale, solo più tardi, in un periodo contemporaneo a Naqada IIb-c, si nota il processo di stratificazione sociale: conseguentemente la posizione del defunto con la testa sud e il volto rivolto verso ovest diviene sistematica così come la presenza di un corredo.

Le tipologie ceramiche più diffuse sono olle globulari e ciotole con superfici levigate o lucide rosso scuro o nere, le decorazioni sono rare e quando sono presenti, consistono in decori incisi o impressi e vanno a formare punti o linee; qualche pittura, scura su fondo chiaro, rappresenta vegetali. Sono, inoltre, documentati anche contenitori per il vino e l'olio, prodotti inizialmente nel Levante di cui la produzione ceramica e l'industria litica risentono dell'influenza. É stato inoltre ipotizzato che genti levantine vivessero nel sito di Maadi perché è stato trovato un raggruppamento di case con infrastrutture sotterranee che sono comuni nella zona di Beer Sheva in Palestina. Inizialmente gli studiosi30 si sono domandati se, appunto, potesse costituire un "quartiere di stranieri" che qui avrebbero avuto il ruolo di vettori della cultura levantina e che avrebbero quindi trasmesso agli egiziani i propri modelli ceramici e le tecniche di produzione. Successivamente, invece, queste strutture sono state identificate come magazzini, infatti al loro interno sono state trovate giare e ceramica. Inoltre con lo scavo del DAI eseguito tra il 1999 e il 2002 da Badawi, sono state individuate altre strutture sotterranee a cui si accedeva tramite scale ed erano coperte da tetti di materiale deperibile. Nonostante lo stretto rapporto con la Palestina meridionale questo non va enfatizzato.31 Per quanto riguarda l'industria litica, che utilizzava sia pietra locale che levantina, si concentra essenzialmente sulle lame, in particolare sulla lama torta. Nel sito di Maadi veniva inoltre lavorato il rame, proveniente dalle miniere dello Wadi Arabah, usato in particolare per la produzione di strumenti di lavoro.

Buto è situato nel Delta a 90 km ad est di Alessandria, la città era la sede del culto

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Midant-Reynes, 2003, pag.107; Watrin L.,2007, pag.11; Ward W.,1991, pag.17 31

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della dea Uadjet, controparte settentrionale della dea Nekhbet a Hierakonpolis, città santa dell’Alto Egitto.

L' origine predinastica del sito è stata scoperta nel 1980 dall' Istituto Archeologico Germanico; corrispondente all'attuale città di Tell el-Fara'in, posizionata vicino al mare e al fiume, si trova su un terreno umido e paludoso, ricoperto per secoli da sedimenti fluviali sui quali l'uomo nel tempo aveva edificato. L' insediamento è stato individuato a diversi metri di profondità e per questo fu necessario l'uso di un sistema di pompaggio per rendere possibile lo scavo archeologico. Proprio a causa dell' ambiente paludoso dei primi strati non si hanno che alcune fosse. Gli abitanti della zona vivevano principalmente di pesca e sono attestati sia l'allevamento, in particolare del maiale, sia l'agricoltura con la semina di orzo e grano. La ceramica caratteristica è simile a quella di Maadi, diffusa in tutto il Basso Egitto, quindi con forme aperte, grossolanamente ingobbiate, con macchie brune, rosse o grigie, anche se si trovano ceramiche dipinte con fasce bianche o con spirali. Alcune volte i bordi presentano dentellatura o delle ondulazioni in rilievo, questo tipo viene chiamato "pie-crust-rim" ma sparisce progressivamente alla fine del livello II, dove invece appaiono e aumentano le ceramiche decorate con motivi a zigzag paralleli sulle spalle o sul bordo. Le prime influenze dell'Alto Egitto appaiono alla fine di Naqada II- inizio di Naqada III. L' industria litica dei primi livelli è quella che troviamo anche a Maadi con le influenze levantine, caratterizzata dalla produzione di lame e lame torte; a partire dal terzo livello si nota l'influenza del sud con materiale caratteristico di Naqada III. Il cambiamento è radicale, con la sparizione delle lame torte appartenenti alla tradizione locale sostituite da un tipo attestato nel Levante a partire dal Neolitico.32

Il Basso Egitto nella prima metà del IV millennio a.C. non fu interessato dal processo di complessità e gerarchizzazione che caratterizzò lo sviluppo sociale della zona naqadiana, anche se non si può parlare di una società egalitaria: come ho detto precedentemente, le sepolture evidenziamo una certa disparità. La società maadiana, fondata su un'economia agro-pastorale, probabilmente era costituita di unità familiari che collaboravano tra di loro creando dei legami di dipendenza; esisteva un circuito fornitori-redistributori controllato dagli anziani della comunità. Viceversa nell' Alto

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Egitto l'economia di produzione si instaura in una società di cacciatori/pescatori/raccoglitori dove l'ineguaglianza doveva già esistere e conseguentemente si amplifica. Durante il periodo Naqada IIc si assiste alla nascita di un'aristocrazia dove i ruoli "favoriti" diventano ereditari. A partire da questo periodo inizia l'espansione della cultura di Naqada in tutta la valle del Nilo, dal Delta alla prima cataratta, complici una serie di cambiamenti significativi che comprendono lo spostamento degli abitanti verso la piana alluvionale, l'accentuazione generale del fenomeno di gerarchizzazione, accompagnato dalla tendenza all'accumulo e all'ostentazione.

In particolare nei cimiteri di Abido e Hierakonpolis, centri di potere della cultura naqadiana, sono state trovate alcune tombe marcatamente appartenenti a esponenti di un' élite: la forma diventa definitivamente rettangolare con muri in mattoni crudi, i corpi si trovano dentro a una cassa di legno o di terra cruda. Inoltre il corredo si distingue per la qualità e il numero di oggetti presenti, come ad esempio quelli in lapislazzuli, pietra proveniente dall' Afghanistan, o in ossidiana, importata dall’Etiopia. Ad appannaggio dello strato più ricco della popolazione erano anche i grandi coltelli detti "rippled-flaked" realizzati da artigiani di alto livello, e le tavolozze a forma di animali, in particolare a forma di pesce.

Recenti scavi hanno evidenziato come nel cimitero delle élite di Hierakonpolis (HK6) le tombe dei defunti appartenenti alla classe più elevata si caratterizzino per una sovrastruttura architettonicamente più elaborata, ad esempio la tomba 16, e siano circondate da tombe satellite umane e/o animali. Inoltre la struttura con pilastri al centro del cimitero prova l’esistenza, fin da quest’ epoca, di templi mortuari.33 L'altro centro fondamentale era Abido, attivo dalla prima epoca di Naqada, presenta le vestigia di alcuni villaggi e cimiteri. Qui il sito di Umm el-Qa’ab, scoperto da E. Amélineau alla fine del 180034, indagato poi da Petrie35 e nell'ultimo trentennio del 1900 dall' Istituto Archeologico Germanico36, fu luogo sacro ad Osiride e sede delle prime necropoli regali durante l'Antico Regno. Sono state scavate tombe la cui datazione copre il IV millennio e già a partire da Naqada I la necropoli sembra essere

33 Friedman R., 2011, pp. 38-40; Friedman R., Van Neer e Linseele V.,2011; Friedman 2012, pp. 85-89 34

Amélineau E., 1898 35

Petrie F., 1898, pp. 6-10 36

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un luogo destinato alla sepoltura di persone privilegiate. In particolare a partire dal periodo successivo le tombe sono grandi, costruite in mattoni crudi, con una struttura interna elaborata in diverse stanze contenenti corredi degni di nota con pezzi particolari, rari e preziosi, spesso importati, con numerose offerte. I cimiteri datati al periodo predinastico sono il cimitero U e il cimitero B. Nel primo sono state scoperte tombe appartenenti ad individui di alto status sociale che nel periodo Naqada II presentano camere singole, in alcune sono stati trovati semplici sarcofagi in legno, nel periodo Naqada IIIa le tombe invece diventano più elaborate, con camere multiple sotterranee e mura di mattoni crudi. Il cimitero B, invece, appartiene ai sovrani della così detta dinastia 0, predecessori di Aha: sono tombe più complesse con minino due camere, solo in alcune sono state trovate elementi che permettessero di legarle al proprietario, ancora oggi vi sono molti problemi aperti per la loro interpretazione.37

Durante Naqada II gli uomini ormai vivono di agricoltura e pastorizia, la carne la ricavano dagli animali domestici mentre la caccia è diventata espressione da parte delle élite di forza, coraggio e potere.

In questo periodo, mentre la ceramica a bordo nero (black-top) diminuisce, la ceramica rossa con decorazione bianca scompare definitivamente, fa la sua apparizione una ceramica in calcare, il tipo così detto tardivo della cronologia di Petrie decorated wavy-handled con raffigurazione in pittura scura di navi, alberi, animali del deserto e uomini. La ceramica rossa ingobbiata viene prodotta sempre in minor numero a favore di una ceramica più grossolana, risultato della prima produzione di massa.

Ma è a partire dal 3300 a.C. che si ha il reale cambiamento, con la fase Naqada III. I centri focali della cultura naqadiana sono Abido, Hierakonpolis e Naqada. Quest'ultima ha fatto la sua fortuna tramite la posizione geografica, sulla riva ovest del Nilo, vicino alle miniere di rame e d'oro del deserto orientale; infatti il suo nome antico è Nubt "quella dell'oro". Anche Hierakonpolis è collegata alle ricchezze minerarie ad oriente ma a sud raggiungeva anche la Nubia; dal commercio con il così detto “Gruppo A” ricavava oro, avorio e pelli animali.

Hierakonpolis era un centro religioso importante: i resti dell'insediamento presentano

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case rettangolari semi-interrate e, in alcuni casi, muri perimetrali di mattoni crudi; sono state individuate delle aree specializzate destinate alla produzione della birra, del pane, ceramica e monili. L' attività cerimoniale è testimoniata a partire da Naqada II con la costruzione di cappelle per il culto e si focalizza nella zona vicino al fiume dove è stato trovato un cortile ovale delimitato da pietre, che probabilmente era un'area usata dalle élite a scopo cultuale o cerimoniale.38 Da qui proviene la più antica documentazione riguardante i primi re, Narmer e il re Scorpione, che avrebbero pregato le loro divinità tutelari, Seth di Naqada e Horo di Nekhen, testimoniando l' emergere di una regalità a carattere divino. A Hierakonpolis ha sede il grande deposito in cui sono stati rinvenuti diversi oggetti tra cui diverse teste di mazza, la tavolozza del museo del Cairo e molti altri che sono l'espressione di un'iconografia regale destinata a celebrare la gloria del monarca. Nello Wadi Abu el-Suffian, è stata portata alla luce una necropoli datata a Naqada Ic-IIa, che vede presenti anche sepolture animali. Qui tre tombe si distinguono dalle altre perché presentano delle strutture inusuali per il periodo come un letto in legno con gambe a forma di zampe taurine, uno circondato da canne e un corredo molto ricco; in alcune tombe si è cercato di preservare il corpo del defunto con bendaggi e corteccia d'albero, una sorta di primo tentativo di mummificazione.

In tutta l'area dell'Alto Egitto la ceramica black-top scompare mentre la wavy-handled raggiunge la sua ultima evoluzione con la forma cilindrica e le anse ondulate che ormai non hanno che una funzione decorativa. Le tavolozze teriomorfe scompaiono e vengono rimpiazzate da quelle con una semplice forma rettangolare o scutiforme con un'iconografia in rilievo, mentre le teste di mazza discoidali diventano piriformi. Si realizzano oggetti in faiance e in rame mentre la glittica è influenzata dal mondo orientale sia nei motivi sia nelle forme: si passa dal sigillo a stampo al sigillo cilindrico.

È in questo contesto che si intensifica, appunto, il fenomeno di gerarchizzazione e la tendenza all'accumulo e all'ostentazione. La scomparsa della ceramica dipinta sostituita da quella più grossolana non è indice di una perdita del senso estetico ma più semplicemente di un cambiamento di necessità: con l’aumento della domanda conseguentemente la produzione diviene più massiccia perdendo nella qualità. Allo

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stesso tempo comincia l’immagazzinamento in relazione all'accumulo di un surplus; quindi poche persone possedevano qualcosa in più rispetto ad una maggioranza che invece aveva il compito di riempire i loro silos. Si ha perciò un passaggio di forma di potere, nasce un' élite più potente che sceglie altre modalità per esprimere il proprio prestigio: questo si deduce non solo in base al cambiamento della ceramica ma anche a quello dei coltelli, delle tavolozze e delle teste di mazza.

Dall'altra parte il fenomeno dell’ostentazione si traduce nell'uso e nel possesso di oggetti che pochi potevano ottenere, ovvero materiali e artefatti che giungevano in Egitto tramite il commercio a lunga distanza. Ad esempio i lapislazzuli, originari dall'Afghanistan, da Naqada IIc si trovano solo sotto forma di semplici perle ma successivamente appaiono nelle tombe sotto forma di amuleti o altre forme elaborate. Appare per la prima volta anche la scrittura nel 3300 a.C. nella tomba U-j di Abido, inizialmente legata alla funzione regale per fissare graficamente il nome del sovrano.39

Nel periodo predinastico la Nubia, a sud dell'Alto Egitto, ancora non faceva parte del paese come lo sarà nelle epoche successive ma è già legata all’Egitto. Durante il periodo predinastico era abitata da quello che è stato denominato Gruppo A della Nubia dal suo scopritore, G. A. Reisner: sviluppatosi a partire dal 3700 a.C., scomparve verso il 2900 a.C.. Questa cultura attraversa tre tappe espandendosi a nord tra Koubanieh e Dakka-Sayala e poi estendendosi anche verso sud fino a Batn el-Hagar, per poi estinguersi brutalmente durante la prima dinastia. La sua economia si basa principalmente sui prodotti del fiume anche se esistevano animali domestici di cui sono attestate delle sepolture, mentre l'agricoltura si sviluppa solo nella fase finale dell'esistenza del Gruppo A. I rapporti con l'Egitto sono sempre stati attivi per motivi commerciali perché oro e avorio venivano importati da qui; si riconosce in Egitto un apporto nubiano a partire da Nagada IIa, segno della diffusione di entrambe culture.

I centri di Naqada, Abido e Hierakonpolis avevano la stessa cultura e ne furono centri propulsori tanto da unificare culturalmente l'intero Egitto.

Il conflitto tra questi tre insediamenti principali è stato interpretato come una guerra che portò alla fondazione dello stato da parte di Meni, il primo faraone, identificato

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da alcuni con Aha. In realtà con Naqada III continua la progressiva unificazione culturale e la nascita delle élite che saranno le creatrici di questi modelli culturali e iconografici. Doveva esistere un capo della comunità con tratti sacri, precursore dei futuri faraoni e che utilizzava il serekh, simbolo e incarnazione del sovrano regnante, che dà al re una connotazione divina.

Si è sempre pensato alla conquista violenta del nord Egitto da parte della cultura naqadiana a causa delle prime testimonianze iconografiche datate tra Naqada II e Naqada III: le tavolozze e le teste di mazza. In questi artefatti gli animali sono simboli che rappresentano il sovrano, solo alla fine di Naqada III si ha il passaggio all' antropomorfismo, tappa fondamentale nella formazione della regalità.

Esempi di scene che hanno indotto a credere che l’espansione di Naqada sia stata violenta li troviamo sulla tavolozza detta degli avvoltoi40 dove nella parte anteriore è rappresentata una scena in cui un leone divora un nemico a terra, circondato da altri nemici morti che vengono assaltati dagli avvoltoi o nella tavolozza di Narmer, il cui tema è chiaramente quello dell’unione delle due terre. Sul recto41

è rappresentato il faraone con la corona rossa che con un corteo si dirige verso i corpi decapitati dei nemici, la cui testa è posta tra le gambe; nel registro inferiore un toro, versione animale del faraone, calpesta un nemico. Sul verso, invece, il faraone ha la corona bianca e brandisce una mazza che sta per calare sul nemico in ginocchio, sormontato dal simbolo di una palude con una testa di un nemico tenuta dal falco. Nella parte inferiore due nemici con i corpi disarticolati simboleggiano la vittoria completa. Il re, che si pone come unico interlocutore con gli dei e tramite con gli uomini, è al centro del processo di redistribuzione, processo fondante della società egiziana, centrale in una società agricola che man mano deve gestire un territorio sempre più ampio fino a estendersi dal Mediterraneo alla prima cataratta del Nilo. Il sovrano è figlio del dio e lui stesso è padre degli uomini. Il faraone è stato investito dagli dei del compito di far prosperare la Maat, quest' idea di ordine cosmico e sociale, annientando il caos.

La nascita dello stato quindi è il risultato di un lungo processo che comincia con un'iniziale disuguaglianza sociale, che cresce sempre di più attraverso il possesso e la

40

Asselberghs H., 1961, pl.90, fig.157,158 e pp. 334-335 41

In questa tesi si userà il termine recto per indicare la parte frontale della tavolozza e verso per indicare quella posteriore.

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fruizione di beni di prestigio e di riserve accumulate e controllate da parte di un gruppo ristretto della comunità a loro beneficio, unito alla nascita di un'ideologia e un'iconografia specifica legata al potere, seguita poi, appunto, dall'apparizione di un capo legato indissolubilmente alla sfera religiosa.

Alla fine del periodo predinastico lungo la valle del Nilo si hanno diversi centri urbani più sviluppati di altri, sede delle élite e di un potere proto-reale, dotati di un sistema amministrativo e centri religiosi.

L'espansione territoriale si inscrive nel processo naturale dell'evoluzione che precede la nascita di tutti gli stati arcaici: l'esigenza di dominazione. Le tavolozze indicano una certa violenza che dobbiamo considerare plausibile durante un'espansione, considerando un'inevitabile rivalità tra i primi centri di potere, dei conflitti di aggiustamento, di assimilazione e integrazione. Infatti sono state trovate prove fisiche-antropologiche di questa violenza legate sia al conflitto tra i tre centri principali dell'Alto Egitto sia alla sua penetrazione verso nord.42 Dal punto di vista antropologico-culturale sembra ci sia stato un momento di opposizione della cultura del nord che ha portato al conflitto, seguito poi dalla selezione e dall’accettazione dei tratti della cultura dominante del Alto Egitto.43 Non si può pensare, però, ad una vera e propria guerra di conquista ma più a un fenomeno di acculturazione da parte del sud verso il nord, un trasferimento accettato dalle popolazioni locali che erano in contatto tra loro già da molto tempo. Lo stato e la regalità non sono nati contro il volere della società ma anzi per un suo consenso involontario per ottenere un equilibrio come soluzione alle turbolenze della fine del periodo naqadiano; non possiamo sapere molto di più per la mancanza di altra documentazione.44

42 Castillos J.J., 2010, pag.6 43 Buchez N., Midant-Reynes B., 2007, pp. 65-66 44 Midant-Reynes B., 2003, pp. 347-374

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2.1 VICINO ORIENTE

Mesopotamia

Il IV millennio anche nel Vicino Oriente è un'epoca di grandi cambiamenti: nasce la città vera e propria e il concetto di stato. Il processo di urbanizzazione si realizza in Mesopotamia nella prima metà del millennio con lo sviluppo della cultura Uruk. Il sito omonimo si trova nel sud della Mesopotamia, odierna Warka in Iraq e la cultura viene divisa in tre fasi: antico (4000-3800 a.C.), medio (3800-3350 a.C.) e tardo Uruk (3350-3000 a.C.).45

Avviene in questo periodo la così detta "rivoluzione urbana" dovuta ad un insieme di fattori che, interagendo tra loro, hanno permesso una continua evoluzione della società. La crescita demografica è stata un elemento costante a cui si è unito l'aumento della produzione agricola, permesso dall'innovazione dell'aratro a trazione e da una sapiente canalizzazione: ne sono risultate delle eccedenze alimentari con le quali si mantenevano i lavoratori specializzati che non producevano cibo. In teoria questo dovrebbe essere un rapporto equo, in quanto i produttori di cibo ricevono in cambio prodotti e servizi dagli specialisti ma in realtà sono questi ultimi a trarne vantaggio in quanto sono un gruppo minore, possessore di capacità “rare” e con un alto prestigio sociale. Nel frattempo, dato l'aumento demografico, il villaggio diventa un insediamento proto urbano dove si concentrano gli specialisti mentre i coltivatori rimangono nei villaggi. In questo modo i primi hanno più potere decisionale e sono coloro che svolgono i compiti amministrativi trattenendo per se stessi una percentuale maggiore di eccedenze. La differenza reale tra un villaggio e una città è la presenza del palazzo, residenza del capo, e del tempio, centro religioso, entrambi legati all'attività amministrativa e decisionale e sedi di attività lavorative.

Quindi la società era divisa in due: i contadini che lavoravano nei villaggi per il proprio sostentamento, ma pagavano un tributo all'autorità centrale, e i lavoratori della città, mantenuti dall'autorità, che aveva il compito di provvedere alla realizzazione del sistema di canalizzazione dei campi, dato che solo lei ne aveva i

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mezzi.46 È in questo modo che si giunge ad una società gerarchizzata in cui la diseguaglianza sociale, nata dalla diversa distribuzione della ricchezza, porta alcuni gruppi ad emergere e ad assumere il ruolo di gestione del lavoro e poi delle istituzioni politiche-religiose.

Il culmine del processo si raggiunge nella fase del Tardo Uruk quando alla nascita dei grandi centri urbani si associa il fenomeno che vede il territorio suddividersi in un sistema di insediamenti i cui rapporti sono gerarchici ma interdipendenti. Esiste una città principale, sede del potere politico e religioso circondata da città più piccole a loro volta circondate da villaggi. Questo è potuto accadere anche grazie al rapporto di scontro ma allo stesso tempo di necessità tra sedentari e nomadi o semi-nomadi che hanno sempre fatto parte della società Uruk. L'allevamento è stato fondamentale per l'economia Uruk ed era in mano a quest'ultima parte di popolazione ma nel Tardo Uruk probabilmente anche parte della popolazione abitante dei centri urbani lo praticava. L'allevamento, insieme all'agricoltura e all'artigianato era controllato dalle élite, le quali si appropriavano delle risorse economiche, gestivano le varie attività e ordinavano la costruzione di edifici monumentali. Per riassumere, la maggior parte della popolazione produceva beni destinati a pochi che però avevano acquisito il potere politico e offrivano loro in cambio protezione e sostentamento. Nel tardo Uruk la società ormai era gestita da una complessa burocrazia.

A partire dalla seconda metà del IV millennio, grazie anche i commerci a lunga distanza con tutto il Vicino Oriente, la cultura Uruk si diffonde attraverso a veri e propri spostamenti di popolazioni che fondano dei centri coloniali.

Il commercio nasce per la necessità di reperire materie prime “esterne” come i metalli e le pietre dure che vengono scambiate con stoffe e prodotti lavorati. Una volta l'anno i mercanti si recano nei paesi, produttori di materie prime per lo scambio, questi paesi a loro volta, con l'aumento della richiesta accrescono la produzione e procedono a forme di semi-lavorazione. Si può individuare il centro della cultura Uruk nella bassa Mesopotamia ma essa si espande nel medio e alto Eufrate dove nascono quelle che vengono interpretate come "colonie", ovvero insediamenti come Habuba Kabira, Gebel 'Aruda, che sono siti ex novo divenuti subito dei centri urbani importanti, o in altri siti già esistenti come Susa, dove, lo

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scavo ha evidenziato che la sequenza tardo Uruk interrompe quella locale. Al contrario a Tell Brak come a Malatya, nonostante la forte influenza Uruk, si nota una componente locale, probabilmente l'appropriazione di usi e costumi sud-mesopotamici era un mezzo per affermare il proprio potere sulla scena politica del tempo. Arslantepe invece è un caso diverso: sito amministrativo principale dell'alto Eufrate, funge da cerniera tra il sud e l'Anatolia; per questo l'influenza mesopotamica giunge mediata dai siti del medio Eufrate. Gli edifici sono un chiaro esempio di questo fenomeno essendo ispirati alla tradizione mesopotamica, ma mantenendo nel contempo caratteristiche locali, oppure con alcuni elementi rielaborati.47 Insediamenti che si trovano in Siria, Anatolia sud-orientale e Iran sud-occidentale non diventano colonie ma subiscono l'influenza della cultura Uruk; siti come Godin Tepe e Hassek Hüyuk sono diventati avamposti commerciali di Uruk, fatto testimoniato dalla presenza delle ciotole bevelled-rim, o dalle impronte di sigilli tipici del periodo.48 Questo sistema, così come è nato, in modo abbastanza improvviso è crollato: si ipotizza perciò che l’insediamento di genti provenienti dal sud in questi luoghi fosse stata una strategia politica decisa dal governo centrale. Nella parte finale del IV millennio scompaiono gli avamposti commerciali della cultura Uruk e, mentre in alta Mesopotamia e Assiria si diffonde la ceramica detta "Ninive 5" , a sud, a cavallo tra i due millenni, si ha prima una fase detta Jemdet Nasr con centro guida Uruk e poi una detta Protodinastico I.

47

Milano L., 2012, pp. 68-72 48

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21 Il Levante

Per quanto riguarda il Levante dobbiamo basarci su un'altra cronologia che vede il periodo finale del Calcolitico dal 4000 al 3500 a.C. e poi l'inizio della prima Età del Bronzo che si suddivide in Antico Bronzo I 3500-3000 a.C., Antico Bronzo II 3000-2600 a.C. e Antico Bronzo III 3000-2600-2300 a.C..49 L'urbanizzazione nel Levante ha caratteri diversi, il processo di sedentarizzazione fu interrotto nel VII millennio perché presero il sopravvento modi di vita nomadi o semi nomadi, in particolare nelle zone meridionali e orientali, mentre sulla costa degli attuali Libano e Palestina le comunità avevano un' economia mista agricola e pastorale stanziale. Queste due diverse comunità hanno convissuto e hanno avuto rapporti commerciali costanti. L’avvenimento più importante del Calcolitico è l’adozione della metallurgia che per gli storici rappresenta un punto di svolta rispetto al Neolitico. Cominciano a comparire i primi insediamenti fortificati legati all’inizio dell’urbanesimo nel Levante. L’organizzazione sociale più diffusa è quella del “chiefdom” in tutte le regioni, la società era di base agropastorale e si divideva in nomade e sedentaria. Per quanto riguarda i contatti esterni già nel Calcolitico esistevano rapporti commerciali con l’Anatolia per importare l’ossidiana e con l’Egitto per le conchiglie, anche se si trattava di contatti indiretti e limitati.50

Nel tardo Calcolitico nella zona di Canaan emerge un sistema di tribù che vive di pastorizia e artigianato, lavora i metalli e intrattiene una serie di scambi interregionali con Transgiordania e Negev. Nel nord del Sinai si attesta la prima ondata di insediamenti stagionali, per la maggior parte localizzati tra el-Arish e Gaza dove sono stati trovati resti ceramici tipici della contemporanea Canaan, alcuni oggetti in rame e alcune ceramiche datate Naqada I. Quindi si presume che questi insediamenti fossero abitati da pastori, agenti del primo contatto con l'Egitto.51

La zona del Negev settentrionale, del Mar Morto, la bassa valle del Giordano e la fascia costiera tra Tel Aviv e Gaza hanno ognuna delle caratteristiche culturali proprie ma allo stesso tempo tutte possono essere inserite nel Ghassuliano dal sito

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Steiner M.L. e Killevrew A. E., 2014, pag.62 50

De Miroschedji P., 2002, pag.40 51

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Tulaylat al-Ghassul, sul Giordano. Sono comunità transumanti indipendenti, unite da forti legami che permettono una certa unità culturale.

Nel Levante molti insediamenti furono abbandonati nel tardo Calcolitico e nuovi furono creati nel periodo successivo, cosa che implica, come già detto, un processo di sedentarizzazione e un aumento della popolazione. All’ inizio dell’ Antico Bronzo le aree collinari e gli altopiani centrali, precedentemente vuoti, sono occupati da piccoli insediamenti; alcuni di questi diverranno città importanti nel Medio Bronzo e nell’Età del Ferro, e insediamenti abitati da pastori transumanti appaiono al confine meridionale del Negev. Il cambiamento è provocato da una sorta di crisi nel sistema precedente ma non si conosce in cosa consista effettivamente questa crisi. All’inizio del periodo gli insediamenti sono in alcune zone molto vicini e in altre distanti, sempre tendenti alla mobilità. Poi i villaggi tendono a diventare più grandi e la popolazione più sedentaria. Nella seconda metà del IV millennio inizia il periodo Proto urbano durante il Bronzo Antico I, dove compaiono i primi insediamenti fortificati, la zona interna della Palestina viene popolata e vengono introdotti la vite e l'ulivo. A partire da questo momento le genti cominciarono a riunirsi in villaggi permanenti, alcuni dei quali raggiunsero grandi dimensioni diventando centri regionali; appaiono i grandi cimiteri caratterizzati da tombe multiple.52 Già a partire dal tardo Calcolitico ma soprattutto nel Bronzo Antico la Palestina era influenzata sia dai contatti con l’Egitto che con la Siria: ceramica, sigilli, oggetti, architettura religiosa e alcune tradizioni ad essa legata dimostrano come quest’area subisse l’influenza siro-mesopotamica.53

Lo dimostra l’apparizione del sigillo a cilindro, invenzione mesopotamica del IV millennio, che appare quasi contemporaneamente in tutto il Vicino Oriente, distinguendo i sigilli importanti da quelli prodotti localmente divisibili in imitazioni mesopotamiche e quelli privi di influenze. In Palestina sono assenti i sigilli importati dalla Mesopotamia per tutto il III millennio mentre nella vicina Siria sono presenti tutti i tipi, perciò l’influenza mesopotamica avviene mediata dalla Siria.54

52

Esisteva una sorta di interrelazione verticale tra gli insediamenti (grandi, medi, piccoli) Joffe 1985; i centri principali erano Megiddo, Tell el Farah North, Ai, Tell Gath, Jerico, Beth-yerah, Dothan, Tell Aphek e Beth-shean. Richard S., 1987, pp. 25-26

53

Amiran R., 1970, pp. 85-89 54

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Gli insediamenti nella parte ovest della Siria mostrano l’influenza della cultura Uruk, (uno degli oggetti rivelatori sono le bevel-rimmed bowls) ma la cultura locale è ben sviluppata. Inoltre è probabile che questi siti avessero un contatto marittimo con gli insediamenti più a sud nel Levante perché vi sono stati trovati resti ceramici ricollegabili alle influenze di Uruk, mentre i contatti con l’Egitto erano intensi e costanti.55

2.2 CONTATTI TRA VICINO ORIENTE E EGITTO

Gli scavi archeologici hanno fornito la testimonianza che già le culture predinastiche avevano contatti esterni con culture più o meno lontane.

A nord-est l'Egitto confina con il Sinai che è la via più breve per raggiungere il Vicino Oriente, mentre a sud confina con la Nubia. Il Sinai è sempre stato importante per le risorse minerarie, vi si trovavano le miniere di rame e turchese mentre dalla Nubia venivano importati principalmente oro e avorio.

Frédéric Guyot56 si occupa dei contatti tra Levante e Egitto in questo periodo e li divide in tre fasi. Alla base dei primi contatti nel tardo Calcolitico tra Canaan e l'Egitto all'inizio del Predinastico ci sono delle innovazioni: l'uso diffuso dell'asino come mezzo di trasporto per le merci per le lunghe distanze, lo sviluppo della coltivazione dell' ulivo e della vigna che erano fortemente richiesti in Egitto, così come la lavorazione del rame legato all'espansione dell'attività mineraria e un generale contatto con tutte le zone confinanti.57

In una prima fase nei siti di Buto e Maadi è stata trovata ceramica prodotta localmente, tipicamente egiziana e un altro gruppo con caratteristiche sud-levantine per forma, decorazione e tecnica di realizzazione. A Maadi sono state portate alla luce anche ceramiche importate e oggetti realizzati con rame di origine levantina. Al

55

Steiner M.L., Killebrew A. E., 2014, pag.271,308,209 56

Guyot F., 2008 57

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contrario le esportazioni dall'Egitto in questa prima fase sono rare e si concentrato nella regione di Beer Sheva, a nord del Negev e sono testimoniati da pochi resti ceramici, lische di pesce e conchiglie tipiche del Nilo.

I rapporti iniziali tra le due regioni non sono molto chiari anche a causa della mancanza di ritrovamenti che illuminino questo periodo: non possiamo escludere che oggetto di scambio fossero beni deperibili di cui non potremo avere traccia. Esiste poi una disuguaglianza tra gli oggetti sud-levantini trovati in Egitto e quelli egiziani trovati nel Levante; si deve considerare che la società Buto-Maadi fosse una società principalmente egalitaria: non sono stati individuati edifici con funzione di sede del potere (solo una stanza molto probabilmente sarebbe stata usata come sede di riunioni per prendere decisioni comuni), la ceramica era prodotta in casa e i luoghi di immagazzinaggio erano condivisi da un ristretto numero di persone. Perciò non esisteva un potere centrale che guidava la società e l'unità base era quella familiare. Nel Levante l'organizzazione sociale, invece, era più sviluppata ed esisteva una divisione e una specializzazione dei compiti. Questo tipo di organizzazione non va a ricercare contatti esterni e a lunga distanza e dovrebbe bastare a se stessa; il contatto, probabilmente, è avvenuto da parte di quelle popolazioni sud-levantine che giungevano in Egitto attraverso gli insediamenti stagionali lungo la costa del Sinai. Allo stesso tempo i siti del sud Egitto ottenevano gli stessi materiali attraverso il contatto con il Basso Egitto.

La seconda fase vede l'espansione della cultura Buto-Maadi e il contatto diretto tra il sud Levante e l'Alto Egitto. Le culture del Basso Egitto mantengono la loro organizzazione sociale e la cultura materiale, l'aumento di oggetti in ceramica e rame testimoniano la continuità degli scambi con il Levante negli insediamenti del Delta, eccetto per quanto riguarda Buto; questo può indicare una completa integrazione del gruppo levantino nella comunità egiziana o il suo abbandono dell'insediamento a causa di un cambiamento nella rete di scambio. Tuttavia questo non sembra plausibile poiché non è stato registrato nessun cambiamento nell'organizzazione sociale e perciò nemmeno nello scambio. Nella cultura di Naqada emergono le prime élite, a partire da Naqada II: questo cambiamento è riscontrabile nella diversità dei corredi nelle necropoli e nell'emergere di un sistema redistributivo. Quindi il Basso Egitto non è più necessario come tramite per il commercio con il Levante; la nuova

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domanda di beni esterni porta anche all’avvio del commercio con la Nubia, con quello definito Gruppo A.

L'ultima fase, che è datata Naqada IIc-d e Buto III, ovvero a metà di Antico Bronzo I, si caratterizza per la specializzazione della produzione e la definitiva affermazione del sistema di redistribuzione. Aumentano le differenze sociali, la domanda di beni esogeni nonché l'intensificazione di contatti interregionali.

In Basso Egitto nascono nuovi insediamenti nel Delta, la cultura naqadiana è ormai diffusa, ed è registrata la produzione locale di ceramica tipica di Naqada in diversi siti e con essa anche il concetto di standardizzazione. Proprio da questo contatto viene stimolata l'evoluzione della cultura del Basso Egitto.

Ne sud di Canaan la presenza egiziana è indicata dalle ceramiche egiziane importate o quelle realizzate in loco. Dei piccoli gruppi di egiziani si sono stabiliti in questi luoghi per avere contatti diretti con le comunità locali incentivandoli nella produzione per assicurarsi l’importazione di prodotti come olio, rame e vino in Egitto.58 A nord del Sinai sono stati individuati circa 250 siti datati a questo periodo, sono piccoli insediamenti per la maggior parte a carattere stagionale; è stata individuata ceramica cananea e egiziana, suggerendo che le carovane egiziane si fermassero regolarmente presso questi siti lungo il viaggio verso Canaan. Qui i siti in cui è stata rinvenuta ceramica egiziana si estendono da En Besor al fiume Yarkon lungo la costa e all'interno e comprende sia vasi per uso domestico che per l'immagazzinamento importati e anche realizzati localmente, il che rende palese il fatto che degli egiziani risiedessero in questi luoghi e avessero preservato le proprie tradizioni.59 Inoltre sono state trovate delle ossidiane provenienti dall'Anatolia e delle conchiglie egiziane presso il Monte Carmelo in Galilea, potrebbero essere una testimonianza del commercio marittimo con la costa levantina. La fine del tardo Bronzo corrisponde alla così detta Dinastia 0 e l'inizio della Prima Dinastia quando l'Egitto è unito, periodo in cui gli insediamenti in Canaan dipendono dall'amministrazione egiziana.

Ci sono stati dei ritrovamenti nei siti del Levante che hanno indicato con più sicurezza il contatto con l’Egitto, ritrovamenti che comprendono diverse classi di

58

Guyot F., 2008, pp. 709-719 59

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oggetti: elementi architettonici, ceramica60, vasi di alabastro, tavolette, strumenti e armi in pietra e rame, sigilli e impressioni di sigilli, amuleti, gioielli e figurine, resti di fauna nilotica come lische di pesce e conchiglie. Molti di questi oggetti sono associati alle tombe ma la maggior parte provengono dal contesto urbano come le giare per il vino o le lentoid-shape bottle, ad esempio a Tel Erani, En Besor e Amaziya.61

Tell es-Sakan è un sito molto importante per la testimonianza della presenza egiziana nel Levante; qui sono stati ritrovati oggetti egiziani o egittizzanti predominanti nei primi quattro strati. La sua posizione era strategica data la prossimità alla costa e la vicinanza al confine con il Sinai ed era un punto di passaggio della via commerciale chiamata via di Horus.62 Le dimensioni del sito e la presenza di fortificazioni lo rendono il sito cardine dell’attività egiziana nel Levante.63

Per quanto riguarda l’Egitto invece Watrin studia il sito di Maadi e crea una cronologia relativa basandosi sui materiali importati in primo luogo dalla Palestina e in secondo luogo in relazione ai materiali degli altri siti del Delta. Il passo successivo è quello di collegarla con quella dell’Alto Egitto; i risultati confermano il problema di transizione tra Naqada II e Naqada III. Le analisi petrografiche sulla maggior parte degli oggetti palestinesi trovati a Buto, in realtà, hanno rivelato che sono indigeni e non importati perché realizzati con l’argilla del Nilo. Lo studioso pensa che questa sia la dimostrazione della presenza di produttori di ceramica provenienti dalla Palestina a Buto tra il 3900-3800 a.C. ma si potrebbe pensare anche ad un’imitazione di forme da parte degli egiziani. La seconda fase del contatto tra Egitto e Vicino Oriente avviene a sempre Maadi, dove sono state trovate ceramiche importate dalla Palestina e ricollegabili alla cultura di Lachish datate al Bronzo Antico I, inoltre si ha anche la testimonianza dell’uso di tecniche vicino orientali nell’industria litica e questo potrebbe indicare, secondo Watrin, come a Buto la presenza di persone esterne. Le analisi hanno poi dimostrato che il rame usato nel sito proviene da Wadi-Feinan, in Giordania, scambio forse confermato da un vaso in basalto trovato in un sito di quella regione. Il contatto del Vicino Oriente con Maadi è attestato anche dalle

60

Nonostante l’esistenza di ceramica ibrida, risultato di esperimenti da parte degli egiziani, in realtà la produzione ceramica egiziana è separata da quella levantina. (Dessel J. P., 2009, pag.126)

61

Wengrow D., 2006, pag.191 62

Braun E., 2014, pag.41 63

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giare ledge-handled contenenti olio di oliva, dal cedro del Libano. Il sito, grazie alla sua posizione controlla il commercio con il Delta e con la Palestina durante il periodo di Naqada Ia – IIa. Nel Levante viene prodotta la ceramica Black-topped, molto ricercata nel Basso Egitto e imitata a Maadi dove sono stati trovati frammenti di questa tipologia sia di ceramica importata sia di copie locali; un’altra tipologia che influenza la produzione del sito è quella White Cross-Lined. Al tempo stesso anche Naqada importa beni dal Delta come i vasi di basalto di cui imita poi le forme con la stessa pietra importata da un sito prossimo alla città; questi vasi sono stati trovati anche nei cimiteri dei siti principali dell’Alto Egitto. Con il collasso avvenuto intorno al 3600 a.C. di Maadi, che mediava i contatti tra Alto e Basso Egitto, comincia l’espansione della cultura Naqada verso il Delta, ma a Buto già nella fase di transizione è evidente l’influenza naqadiana.

Ad Haregh, un piccolo sito del Fayum sono stati trovati dei sigilli a stampo in pietra legati ad Uruk e a Susa; in particolare al periodo del Medio Uruk che corrisponde a quello Naqada IIb-IIc. La stessa datazione del sigillo trovato nella tomba 7501 di Naga ed-Dêr e del vaso D-ware, imitazione vicino-orientale portato alla luce sempre a Haregh, testimonia quindi il primo contatto indiretto con la Mesopotamia. A Gerezh e a Badari sono stati scoperti dei vasi tipici del Medio Uruk, il tipo four-lugged jars e spouted-jars. D’altra parte questo sito insieme a Gerzeh aveva la funzione di intermediari, erano luoghi di passaggio delle vie commerciali che dal Delta e dal Vicino Oriente portavano all’ Alto Egitto. Durante Naqada IIb-IIc questi prodotti provenienti dal Levante si fermano al Medio Egitto, non ci sono tracce di materiali provenienti dalla Mesopotamia nell’Alto Egitto fino a Naqada IId.64

A fianco al commercio via terra è logico pensare esistesse anche quello via mare che collegasse l’Egitto alla costa levantina e fenicia. Questa tesi è supportata da alcuni ritrovamenti come il coltello egiziano trovato sul fondo del mare poco distante da Palmachim-Giv’ dove è stato anche trovato un serekh con rappresentato il doppio falco; questo era un porto, così come Haifa, nella cui baia è stata ritrovata una giara

del tipo ibrido realizzata in Egitto e contenente 18 conchiglie nilotiche.65 Non si tratta solo di scambi commerciali di materiali e prodotti, ma attraverso questi

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Watrin L., 2007, pp. 1-28 65

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anche di idee e innovazioni adottate a seconda dei bisogni. I vasi ledge-handle studiati da Petrie furono importati dalla Mesopotamia a Canaan e poi in Egitto trasformati in wavy-handled.

Frederic Guyot pensa che l’influenza mesopotamica si possa dividere in due tipi66

: uno che comporta un contatto indiretto attraverso la ceramica e le materie prime provenienti da lontano e un altro che comporta il contatto diretto su iconografia ed elementi amministrativi, perché secondo lui ne sottintende una comprensione e assimilazione. Ci sono due tipologie ceramiche che vengono considerate come orientali e importate in Egitto: il tipo Reserved Slip Decoration e un tipo con quattro tenoni triangolari sulle spalle. Quest’ ultimo tipo è tipico della fase medio-tarda della cultura Uruk e si trova nella piana alluvionale e in Siria del nord, diffondendosi poi anche nel sud-est anatolico e in Siria fino a el-Kown: ne sono stati trovati modelli simili in Egitto a partire da Naqada II, quindi è possibile considerarla come una forma di copia di un modello importato. Sebbene i tenoni triangoli appaiono in seno alla produzione dei vasi D-Ware egiziani mostrando l’adozione da parte egiziana delle caratteristiche uruk, la loro produzione è stata temporanea e scompare insieme alla D-Ware alla fine del periodo Naqada IId. Il tipo Reserved Slip Decoration è diffuso nel periodo Tardo Uruk in Siria del nord nella piana di Amuq ed è stato trovato nello strato IIIa di Buto, indice di una connessione egiziana con la Siria del nord almeno indiretta; il periodo corrisponde a Naqada II e alla presenza in Egitto di materie prime provenienti dal Vicino Oriente conferma questa teoria. I lapislazzuli giungono, infatti, dall’Afghanistan ed essendo presenti nelle tombe predinastiche è sottointeso un contatto con la Mesopotamia o il Khuzistan, mediatori necessari per ottenere questa pietra. Nella fase di Naqada II abbiamo lapislazzuli in perline mentre da Naqada IId e Naqada III la pietra è stata trovata solo in tombe appartenenti alle élite con forme anche più elaborate. Diventa, in quanto materiale esotico, indicatore di potere appannaggio di un gruppo di persone all’interno della società. L’ossidiana si usava per la fabbricazione di utensili e lame ed è ritrovata sia in contesti funerari elevati sia in contesti abitativi; la maggior parte di questi utilizza una pietra proveniente dallo Yemen e dal Sud Arabia, in particolare nell’area di influenza naqadiana, mentre quelli trovati nel Delta sono realizzati in ossidiana proveniente

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