Empirismo e razionalismo
Le due grandi correnti del
Razionalismo
La riflessione filosofica moderna è caratterizzata da un’insistenza sul problema GNOSEOLOGICO.
Cartesio ha inaugurato tale filone di ricerca offrendo una soluzione razionalistica, poi confermata e approfondita da Spinoza: si tratta di individuare il criterio della verità delle nostre affermazioni sul mondo nell’evidenza razionale delle
nostre idee e nella correttezza deduttiva dei nostri discorsi.
Tanto più le idee sono evidenti – cioè chiare e distinte – tanto più sono vere; tanto più i ragionamenti sono deduttivamente rigorosi e corretti, tanto più sono veri.
Empirismo
L’empirismo dà una risposta diversa al problema delle
garanzie della verità delle nostre conoscenze. Per gli
empiristi è dall’esperienza che sorge la nostra
conoscenza. Le nostre idee derivano da una certa
esperienza del mondo. Fare esperienza per un uomo
significa che
•
1) gli organi di senso reagiscono a qualcosa
•
2) la mente rappresenta, registra e conferma i dati
Gli oggetti d’esperienza
•
Oggetto d’esperienza è una cosa corporea
esterna all’uomo, oppure anche un suo stato
interiore, percepito con un senso interno, per
esempio: i nostri stati psichici, la nostra volontà,
ma anche gli stati relativi ai nostri organi interni.
•
Da qui provengono tipi diversi di idee: idee di
sensazione riguardanti l’esperienza esterna, idee
di riflessione riguardanti l’esperienza interna.
Le idee provenienti dall’esperienza
sono tutto il contenuto della nostra mente
Le idee di sensazione (per es. un certo colore, una certa forma di un oggetto) e di riflessione (per es. un certò stato d’animo, come il desiderio di un oggetto) si possono combinare assieme formando le idee di tutti gli oggetti complessi che esistono (le sostanze, per es. gli uomini, i fiori), di tutte le loro caratteristiche (i modi in cui tali sostanze ci si presentano) e di tutte le relazioni che tra essi possono essere istituite (causa-effetto, identità-diversità etc)…quindi tutto ciò che è contenuto della nostra mente proviene dalle idee che vengono a loro volta dall’esperienza (John Locke)
A priori, a posteriori
Se dunque per gli empiristi la conoscenza avviene a
posteriori, cioè dopo l’esperienza, dopo il contatto
con il mondo.
AL CONTRARIO
Per i razionalisti la conoscenza avviene a priori, cioè
prima del nostro contatto con il mondo. Prima di
esso un corretto ragionamento può discriminare ciò
che nell’esperienza sarà vero o falso.
Tabula rasa e idee innate: un
confronto
Utile per capire le divergenze tra i due filoni di pensiero è un confronto tra l’empirista John Locke (1632-1704) e il razionalista Gottfried
Wilhelm Leibniz (1646-1716), l’uno rappresentate dell’empirismo
inglese, l’altro della corrente razionalista. Il primo sostiene che la mente umana sia un foglio bianco, una tavoletta di cera rasata, in cui l’esperienza scrive tutte le nozioni che essa va a possedere. Quindi le idee si formano induttivamente, cioè sono rielaborazioni che generalizzano i dati particolari ricevuti attraverso l’esperienza.
Il secondo ritiene che la mente sia già fornita, sin dall’inizio, di alcune idee fondamentali che, opportunamente sviluppate grazie ad un rigoroso ragionamento deduttivo, ci offrono la conoscenza esatta e necessaria della realtà.
John Locke (Saggio sull’intelletto
umano)
«Supponiamo che la mente sia quel che si chiama un
foglio bianco, privo di ogni carattere, senza alcuna idea.
In che modo giungerà essa a ricevere delle idee? Da
dove e come ne acquista quella quantità prodigiosa che
l’immaginazione dell’uomo, sempre all’opera e senza
limiti, le offre con una varietà quasi infinita? Da dove ha
tratto tutti questi materiali della ragione e della
conoscenza?
Rispondo
con
una
sola
parola:
dall’esperienza. È questo il fondamento di tutte le
John Locke (continua)
«…Da qui esse traggono la loro prima origine. Le
osservazioni che facciamo sia intorno agli
oggetti esteriori e sensibili, sia intorno alle
operazioni della nostra mente, che percepiamo
e sulle quali noi stessi riflettiamo, forniscono il
nostro intelletto di tutti i materiali del pensiero».
Gottfried Wilhelm Leibniz (Nuovi saggi sull’intelletto
umano, Proemio)
«Le verità necessarie , che si trovano nelle matematiche pure, e particolarmente nell’aritmetica e nella geometria, devono avere principi la cui prova non dipende affatto dagli esempi né, per conseguenza, dalla testimonianza dei sensi, benché senza i sensi non saremmo mai stati indotti a pensarvi […]. La logica e, con questa, la metafisica e la morale, delle quali la prima fonda la teologia e la seconda la giurisprudenza […] sono piene di tali verità e di conseguenza la lor prova non può derivare che da quei principi interni che si dicono innati».