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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA, IV SEZIONE, 27 MARZO 2014, CAUSA C-565/12 (PRE- SIDENTE DI SEZIONE L. BAY LARSEN; GIUDICI M. SAFJAN; J. MALENOVSKÝ, A. PRECHAL, RELATO- RE K. JÜRIMÄE - LCL LE CRÉDIT LYONNAIS SA - AVV. C. VEXLIARD) - FESIH KALHAN.

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CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA, IV SEZIONE, 27 MARZO 2014, CAUSA C-565/12 (PRE-SIDENTE DI SEZIONE L.BAY LARSEN;GIUDICI M. SAFJAN; J.MALENOVSKÝ, A.PRECHAL, RELATO-RE K. JÜRIMÄE - LCL LE CRÉDIT LYONNAIS SA -

AVV. C. VEXLIARD) - FESIH KALHAN.

«L’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consu-matori e che abroga la precedente direttiva 87/102/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di un regime nazionale di sanzioni in forza del quale, in caso di violazione, da parte del credito-re, del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, il cre-ditore decada dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma benefici di pieno diritto degli interessi al tasso legale, esigibili a decorrere dalla pronuncia di una decisione giudi-ziaria che condanna tale debitore al versamento delle somme ancora dovute, i quali sono inoltre maggiorati di cinque punti se, alla scadenza di un termine di due mesi successivi a tale pronuncia, quest’ultimo non ha saldato il suo debito, qualora il giudice del rinvio accerti che, in un caso come quello del procedimento principale, che implica l’esigibilità immediata del capitale del prestito ancora do-vuto a causa dell’inadempimento del debitore, gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della sanzione della decadenza da-gli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui

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avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo ob-bligo di verifica della solvibilità del debitore».

SOMMARIO: 1. La fattispecie in esame e la normativa

di riferimento. - 2. La decisione della Corte di Giustizia. - 3. Uno sguardo all’ordinamento ita-liano. - 4. Conclusioni.

1. La fattispecie in esame e la normativa di riferimento. La sentenza in commento muove dalla do-manda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal d’instance di Orléans (con decisione del 30 novembre 2012) avanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In particolare, nel procedi-mento in esame, l’istituto di credito LCL Le Cré-dit Lyonnais SA citava il sig. Fesih Kalhan, fa-cendo valere l’inadempimento di un contratto di prestito personale stipulato in data 4 maggio 2011 dall’intermediario finanziario a favore del privato, ad un tasso debitorio annuo fisso del 5,60% (e con tasso annuo effettivo globale del 5,918%). La

banca, infatti, sul presupposto

dell’inadempimento della controparte (dal 12 gennaio 2012 il prestito in questione non veniva più rimborsato), agiva in giudizio per ottenere la condanna al pagamento della relativa somma e la capitalizzazione annuale degli interessi.

Con riguardo alla normativa di riferimento, è doveroso evidenziare che, anche in Francia, la di-sciplina relativa al diritto dei consumatori è stata

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riformata – a seguito al recepimento della diretti-va 2008/48/CE – con la legge n. 2010-737 del 1° luglio 2010, modificativa della materia del credito al consumo contenuta nel codice civile francese.

Il Tribunale, infatti, rilevava d’ufficio l’applicazione della disposizione di cui all’art. L 311-48 comma 2 del codice del consumo francese (il quale importa la sanzione «della decadenza dal diritto agli interessi, totalmente o nella propor-zione determinata dal giudice», per l’ipotesi in cui il creditore venga meno all’obbligo di verifica del merito creditizio) nei confronti del creditore che non aveva consultato il registro nazionale – se-condo quanto previsto dall’art. L 333-4 del mesimo codice – con riguardo alla solvibilità del de-bitore, così incorrendo in responsabilità precon-trattuale per la mancata valutazione del c.d. meri-to creditizio1.

La Corte, dopo aver superato le questioni sol-levate dalla Commissione europea sulla ricevibili-tà della domanda di pronuncia pregiudiziale2,

af-frontava la questione pregiudiziale medesima che verte sull’interpretazione degli artt. 8 e 23 della direttiva 2008/48/CE.

1 Così come emerge dalla lettura della sentenza, infatti,

l’istituto di credito LCL ha riconosciuto che non era in grado di dimostrare di aver proceduto ad una siffatta con-sultazione prima della conclusione del contratto di presti-to.

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La prima disposizione è relativa all’obbligo di verifica precontrattuale, da parte del creditore, della solvibilità del debitore attraverso la ricerca di informazioni adeguate e la consultazione di banche dati pertinenti3; la seconda, invece – come

si è già detto – è relativa al regime delle sanzioni la cui definizione rientra nell’ambito della discre-zionalità degli Stati membri: si prevede, infatti, che gli Stati debbano stabilire sanzioni «efficaci, proporzionate e dissuasive» al fine di una piena armonizzazione del mercato, in modo che sia ga-rantito a tutti i consumatori un livello elevato ed equivalente di tutela.

Il tema della correttezza del recepimento del

diritto dell’Unione Europea da parte

dell’ordinamento francese è da scrutinarsi alla lu-ce dell’interpretazione offerta dalla Corte di Cas-sazione francese in ordine al contenuto delle di-sposizioni del codice del consumo e del codice monetario e finanziario cui si è fatto riferimento4.

In effetti, proprio nella lettura giurisprudenziale delle disposizioni si ravvisa la distorsione del si-stema: per consolidato orientamento della giuri-sprudenza, infatti, la sanzione della decadenza è

3 Nella prima proposta di direttiva del Parlamento europeo

e del Consiglio del 12 settembre 2002, l’articolo di riferi-mento (il n. 9) era rubricato efficacemente «prestito re-sponsabile».

4 In questo senso si veda T. DALLA MASSARA, Obbligo del creditore di valutare la solvibilità del debitore: la Corte di Giustizia sulla sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali prevista nell’ordinamento francese, in Dir. civ. cont., III, 2014.

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limitata ai soli interessi convenzionali (e non lega-li)5.

La Corte europea, interrogandosi sul carattere realmente dissuasivo della sanzione, precisa che il creditore decaduto dal diritto al conseguimento del tasso pattuito in sede di conclusione del con-tratto potrebbe in ogni caso giovarsi di un tasso di interesse legale maggiorato di cinque punti, os-sia un tasso economicamente più favorevole6.

Con riguardo al punto 45 della decisione in esame, la Corte ribadisce che le violazioni del di-ritto dell’Unione Europea debbano essere san-zionate da parte degli Stati membri. Quest’ultimi, infatti, sulla base del principio della leale collabo-razione – al fine di produrre un effetto realmente dissuasivo – sono chiamati a predisporre sanzioni adeguate alla gravità delle violazioni, ferma

5 In relazione al profilo dell’inadempimento si può, tuttavia

– e ciò è sottolineato dalla stessa Corte – arrivare a soste-nere che l’inadempimento del creditore del proprio obbli-go di verifica della solvibilità del consumatore potrebbe aver contribuito all’eccessivo indebitamento di quest’ultimo.

6 La Corte precisa che la sanzione non può essere

conside-rata realmente dissuasiva se gli importi che possono essere riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della san-zione non sono notevolmente inferiori a quelli di cui po-trebbe beneficiare in caso di osservanza del suo obbligo. Qualora la sanzione della decadenza dagli interessi fosse mitigata ovvero puramente e semplicemente azzerata, la sanzione non presenterebbe un carattere realmente dissua-sivo, in violazione delle disposizioni della direttiva 2008/48.

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stando l’osservanza del principio generale di pro-porzionalità. Spetterà poi al giudice del rinvio l’applicazione del diritto nazionale: e ciò deve ne-cessariamente tradursi, sulla base delle circostanze del caso di specie, nella verifica del rispetto dell’interesse prevalente7. Con specifica

attenzio-ne alla decadenza in esame, la Corte precisa che sicuramente non sarà così se il giudice chiamato a pronunciarsi dovesse accertare che gli importi che possono essere riscossi dal creditore in seguito all’applicazione di tale sanzione non sono note-volmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare lo stesso creditore se avesse ottempe-rato a un siffatto obbligo.

2. La decisione della Corte di Giustizia.

Con la decisione in commento – che ha già suscitato l’attenzione della dottrina8 – la Quarta

Sezione della Corte di Giustizia stabilisce che la

7 Cfr. punto 50 della sentenza, secondo cui spetta al

giudi-ce del rinvio raffrontare – nelle circostanze della causa di cui è investito – gli importi che il creditore avrebbe riscos-so come remunerazione del prestito qualora avesse rispet-tato il suo obbligo con quelli che egli percepirebbe in ap-plicazione della sanzione per violazione di questo stesso obbligo precontrattuale.

8 Cfr. T. DALLA MASSARA, Obbligo, cit., nonché T. RUMI, Verifica del merito creditizio ed efficacia dei rimedi a tutela del con-sumatore, nota a CGUE, Sez. IV, 27 marzo 2014, causa C-565/12, in I contratti, 2014, 873 ss.

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sanzione della decadenza dal diritto agli interessi convenzionali, di cui ai commi 2 e 3 dell’art. L. 311-48 del codice del consumo francese, non possa tradursi nell’ingiustificato beneficio che al creditore deriverebbe dall’applicazione dell’art. L. 313-3 del codice monetario e finanziario francese, il quale prevede che, in ipotesi di violazione del dovere precontrattuale posto in capo al creditore di verifica della solvibilità del debitore-consumatore – dovere stabilito nell’art. L. 311-9 del codice del consumo francese –, per le somme ancora dovute, come risultanti da una sentenza di condanna, il tasso di interesse legale sia maggiora-to di cinque punti; più precisamente, il citamaggiora-to art. L. 313-3 del codice monetario stabilisce che l’obbligo di corresponsione degli interessi mag-giorati decorra alla scadenza del termine di due mesi successivi alla sentenza di condanna a carico del debitore che non abbia adempiuto la presta-zione.

In questa direzione, dunque, la Corte decide di prendere una posizione ‘intermedia’ – confor-me alla sua funzione ex art. 267 TFUE – rispetto a quella del giudice del rinvio e della Commissio-ne che risultano, invece, antitetiche. Il Tribunale, infatti, ritiene inadeguata la sanzione della deca-denza prevista dalla normativa nazionale, in quan-to non produce un effetquan-to deterrente sui compor-tamenti di creditori ‘irresponsabili’. La Commis-sione, invece, «sostiene che, in casi come quello ricorrente nel procedimento principale, in cui il

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creditore esige il rimborso immediato del prestito in seguito al mancato pagamento al debitore, il carattere effettivo e dissuasivo della sanzione sembra garantito. Infatti, i costi legati alla consul-tazione, nell’ambito della verifica della solvibilità del debitore, delle banche dati previste a tal fine, sarebbero relativamente limitati, mentre la san-zione della decadenza dagli interessi convenzio-nali comporterebbe un rischio con un costo eco-nomico potenzialmente elevato».

La Corte, infatti, ritiene, in relazione al para-metro di cui all’art. 23 della Direttiva 2008/48/Ce relativa ai contratti di crediti con i consumatori, contrastante con il diritto dell’Unione europea l’applicazione del diritto agli interessi legali di cui all’art. L. 313-3.

Ciascun Stato membro, infatti, nell’ambito della discrezionalità di cui gode nel predisporre una sanzione «efficace, proporzionata e dissuasi-va» – così come disposto dall’art. 23 nell’ipotesi di violazione delle disposizioni nazionali attuative della suddetta Direttiva – non può far discendere, in capo al soggetto creditore che abbia mancato di ottemperare al suo obbligo di verifica della sol-vibilità del debitore, un ingiustificato trattamento economico di favore.

Nello specifico, la Corte evidenzia la necessità di comprendere la portata di tale sanzione e, in particolare, se il suo grado di severità – che si esplica nella decadenza dal diritto agli interessi – sia, non solo, adeguato alla gravità delle violazioni

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che mira a reprimere, ma sia anche responsabile di un vero e proprio effetto dissuasivo.

Puntualizzare il contenuto precettivo dell’art. 23 significa vincolare il legislatore nazionale alla previsione di un sistema di tutele che non possa prescindere da una valutazione di opportunità.

Con riguardo al caso di specie, infatti, se l’applicazione della sanzione nazionale della de-cadenza dagli interessi convenzionali conferisce al creditore inadempiente un beneficio – giacché l’interesse legale resta salvo9 – ne consegue che il

regime di sanzioni così come predisposto nell’ordinamento francese, risulti di fatto incapace di garantire un effetto dissuasivo.

3. Uno sguardo all’ordinamento italiano.

Il d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, per un verso, ha dato attuazione alla direttiva 2008/48/CE10 e,

per altro verso, ha modificato il d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (c.d. T.U.B), in particolare per quan-to concerne il Capo II, Tiquan-tolo VI, artt. 121 ss., in

9 Cfr. art. 1153, comma 1, code civil, in forza del quale

«Dans les obligations qui se bornent au paiement d'une certaine

somme, les dommages-intérêts résultant du retard dans l'exécution ne consistent jamais que dans la condamnation aux intérêts au taux légal, sauf les règles particulières au commerce et au cautionnement». 10 Per quanto concerne il recepimento della direttiva

nell’ordinamento italiano, si veda A. URBANI, La vigilanza

sui soggetti esercenti il credito ai consumatori, in Banca borsa tit. cred., 2012, 442 ss., in specie nt. 1.

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merito alla disciplina dei soggetti operanti nel set-tore finanziario.

Le disposizioni che potrebbero ritenersi astrattamente coinvolte nella questione qui in esame sono quella di cui all’art. 124 bis11, nonché

11 E. PELLECCHIA, Composizione delle crisi da sovraindebitamen-to: il ‘piano del consumatore al vaglio della giurisprudenza’, in Di-ritto civ. cont., 2014, ha evidenziato che «una debole traccia

dell’approccio “responsible lending” si può però rinvenire nell’art. 124 bis del Testo Unico in materia bancaria e fi-nanziaria, che dispone che “prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito crediti-zio del consumatore sulla base di informacrediti-zioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessa-rio, ottenute consultando una banca dati pertinente”. Nulla viene specificato circa i riflessi della valutazione negativa, soprattutto se ad essa faccia seguito comunque l’erogazione del credito. L’art. 124 bis riferisce infatti espli-citamente la doverosità al compimento di un’attività – la valutazione – tacendo sul rapporto tra questa e le successi-ve determinazioni: questione non astratta, giacché essa si riflette sulla enucleazione delle condotte che è possibile esigere dal finanziatore e sulla individuazione dei rimedi adeguati alla loro violazione». Così come si ricava dal teno-re letterale della disposizione che disciplina il medesimo obbligo in Francia (vedi supra § 1), anche il legislatore ita-liano ha adottato una prospettiva di carattere soggettivo. In particolare, M. GORGONI, voce Contratti di credito con i

consumatori, in Dig. disc. priv. – Sez. comm., in www.plurisonline.it, ritiene che l’ordinamento italiano «ha

ereditato le lacune emerse in sede comunitaria e ha, infatti, taciuto in ordine ai criteri atti a identificare il consumatore immeritevole: criteri che – va da sé – non possono essere mutuati da quelli elaborati per giudicare la meritevolezza dell'imprenditore. Questi ultimi si basano sulla valutazione

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quella di cui all’articolo 125, comma 5 (per quan-to concerne le informazioni contenute nelle ban-che dati pertinenti), del T.U.B..

Il finanziatore non soltanto ha l’obbligo di fornire al consumatore chiarimenti adeguati, in modo che questi possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria12, ma anche deve

del merito delle scelte di impiego della somma ottenuta in finanziamento. Per contro, valutare il merito creditizio del consumatore significa effettuare indagini sulla sua capacità di restituire il capitale che gli è stato anticipato alla scaden-za prevista, cioè sondare la sua solvibilità». In senso con-trario – facendo rilevare, ai fini della richiesta del credito, la «meritevolezza dell’utilità che tende a soddisfare» – si veda, invece, E. CATERINI, Controllo del credito, tutela del

ri-sparmio e adeguatezza nel finanziamento finalizzato, in La tutela del consumatore nelle posizioni di debito e credito, a cura di V.

Rizzo, E. Caterini, L. Di Nella, L. Mezzasoma, Napoli, 2010, 37 ss.

12 Con riguardo al concetto di sovraindebitamento si veda

da ultimo T. RUMI, Verifica, cit., 880 ss., in specie nt. 2. Si

veda anche O. CONDINO, Il sovraindebitamento del

consumato-re, in @Il diritto degli affari, 2013. L’autoconsumato-re, infatti,

nell’approfondire la tematica in oggetto sottolinea la diffi-coltà di rinvenire una definizione univoca e comune a tutti i Paesi europei. Con riguardo all’ordinamento italiano – «che si distingue per aver introdotto solo recentissimamen-te una normativa volta alla composizione della crisi da so-vraindebitamento» – si specifica che «ha offerto per la prima volta una definizione con l’introduzione della trava-gliata Legge 27 gennaio 2012, n. 3. L’articolo 6, comma 2, così come riformulato a seguito del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla l. 17 dicembre 2012, n.

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temperare ad un ulteriore obbligo di natura pre-contrattuale relativo alla solvibilità del debitore-consumatore: in particolare, si tratta di una verifi-ca relativa al merito creditizio che deve essere compiuta sulla base di informazioni adeguate, fornite dal consumatore stesso oppure consul-tando una banca dati pertinente13.

221, ne prevede la nozione quale “situazione di perdurante

squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficolta' di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacita' di adempierle regolarmente.” Si tratta di definizioni che, per lo

più, prendono come punto di riferimento la famiglia, tanto nella sua dimensione collettiva, quanto individuale e valu-tano una situazione a lungo termine ovvero danno rilievo a problemi strutturali della crisi del debitore. Si richiede, cioè, che il debitore non sia in grado di adempiere alle ob-bligazioni contratte senza ridurre i costi della vita al di sot-to del suo standard minimo e che debba trovarsi in una si-tuazione di illiquidità. Con tale termine si intende che il debitore non è in grado di porre rimedio alla propria con-dizione «without recourse to further debt or other financial source».

13 La stessa impostazione adottata nel T.U.B. emerge

an-che sulla base dell’art. 6 del d.m. n. 117, del 3 febbraio 2011 secondo cui «al fine di evitare comportamenti non prudenti ed assicurare pratiche responsabili nella conces-sione del credito, i finanziatori assolvono all’obbligo di ve-rificare il merito creditizio del consumatore, previsto dall’art. 124 bis T.U.B., applicando le procedure, le meto-dologie e le tecniche relative alla valutazione e al monito-raggio del merito creditizio dei clienti previste ai fini della sana e prudente gestione dei soggetti vigilati […]». Ulterio-re conferma di ciò si ricava dalle Istruzioni di vigilanza la Banca d’Italia del 9 febbraio 2011 sulla Trasparenza

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del-Nonostante la previsione di puntuali disposi-zioni che si uniformano al contenuto della diret-tiva reladiret-tiva ai contratti di credito ai consumatori – in particolare con riguardo all’art. 8 –, nell’ordinamento italiano non è prevista una

san-zione paragonabile a quella prevista

dall’ordinamento francese per il caso in cui il cre-ditore – intermediario finanziario – venga meno al dovere di verifica precontrattuale. Infatti, l’art. 124 bis non è richiamato tra le disposizioni la cui inosservanza possa condurre all’applicazione di una sanzione pecuniaria.

4. Conclusioni.

Fermo restando che la decisione della Corte di Giustizia esplica una diretta efficacia solo nell’ordinamento francese – spetterà al giudice nazionale risolvere la causa principale in confor-mità a tale decisione –, non si può negare che una statuizione di tal genere produca un impatto, al-meno in linea di tendenza interpretativa, sul più ampio terreno del diritto privato europeo. Il tes-suto giuridico in cui opera il giurista europeo re-cepirà la decisione della Corte di Giustizia indi-rizzando teleologicamente anche l’interprete na-zionale verso una sempre più attenta tutela degli

le operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti.

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interessi del debitore-consumatore . Infatti, «le decisioni della Corte di giustizia relative all’effettività dei rimedi si legano più strettamente al (più generale) principio della c.d. interpretazio-ne conforme o more comunitario, la quale, essendo funzionale a garantire un’effettiva tutela dei con-sumatori, consente al giudice del rinvio di mettere fuori gioco la norma nazionale che impedisca la realizzazione della direttiva, di volta in volta, ap-plicabile»15.

Nel nostro ordinamento, le conseguenze giu-ridiche derivanti dall’eventualità che un soggetto finanziatore non abbia adempiuto il proprio ob-bligo informativo relativo al merito creditizio re-stano a oggi ancorate all’obbligo risarcitorio per il danno sofferto16. Sebbene vi siano diverse

14 Il problema della tutela del consumatore, in relazione al

profilo delle informazioni di cui deve poter disporre nella conclusione di un contratto, in particolare un contratto di investimento finanziario, deve confrontarsi oggi anche con il sistema di obblighi e tutele imposto dal diritto contrat-tuale europeo. Si fa riferimento, in particolare, all’acquis comunitario al Draft Common Frame of Reference. Si veda R. ALESSI, Gli obblighi di informazione tra regole di protezione del

consumatore e diritto contrattuale europeo uniforme e opzionale, in Europa e dir. priv., 2013, 311 ss.

15 In questo senso si veda T.RUMI, Verifica, cit., 887.

16 Dal dovere di ‘messa in guardia’ da parte del finanziatore

si può far derivare, in caso di una sua violazione, l’obbligo di risarcimento del danno arrecato la cui determinazione andrà quindi a calibrarsi sulla base delle conseguenze pre-giudizievoli indotte sul patrimonio del debitore del prestito irresponsabile. Cfr. R.NATOLI, sub art. 124 bis, Commentario

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sizioni che apprestano particolare attenzione al profilo della correttezza nella fase che precede la conclusione di un contratto – nella prospettiva di un’effettiva valutazione delle conseguenze pre-giudizievoli sul patrimonio del debitore –, non ri-sulta dunque possibile affermare l’esistenza di una sanzione specifica paragonabile a quella prevista nell’ordinamento francese.

Infatti, né sulla base del principio di buona fede dichiarato all’interno del campo della culpa in

contrahendo (artt. 1337 - 1338 c.c.), né in forza delle

disposizioni relative agli interessi nascenti da ob-bligazioni pecuniarie17, né, infine, sulla base delle

disposizioni previste a tutela dei consumatori, re-lative alla disciplina del credito al consumo, è possibile ricavare una differente indicazione18.

breve al diritto dei consumatori, a cura di G. De Cristofaro, A.

Zaccaria, Padova, 2013, 1716.

17 Per un approfondimento sul tema si veda da ultimo T.

DALLA MASSARA, Obbligazioni pecuniarie: struttura e disciplina

dei debiti di valuta, Padova, 2012, 319 ss.

18 È bene chiarire che quanto affermato risulta essere

con-forme all’interpretazione prevalente in dottrina e giuri-sprudenza con riguardo al concorso tra regole di validità e regole di correttezza. «Nella distinzione tra regole di con-dotta e regole di validità si deve individuare una nuova ca-tegoria, vale a dire, le regole informative, quali espressione della professionalità e della correttezza dell’operatore pro-fessionale. La tendenza evolutiva è quella di inquadrare ta-le categoria in un fenomeno di trascinamento del principio di buona fede sul terreno del giudizio di validità dell’atto. […] Atteso il principio in base al quale l’obbligo del risar-cimento deve adeguarsi al danno effettivamente subito dal

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Ciò nonostante, la ratio che importa una parti-colare attenzione per il profilo della tutela del consumatore con riguardo alle informazioni che quest’ultimo deve ricevere prima della conclusio-ne del contratto «non va ravvisata soltanto

creditore […] ne risulta che l’adeguatezza del rimedio vada individuata in quello risarcitorio a seguito di un giudizio di responsabilità contrattuale» così: D. SCARPA, La

responsabi-lità dell’intermediario finanziario tra regole di condotta e regole di validità, in La resp. civ., 2010, 5 ss. Il problema circa il

con-corso tra regole di validità e regole di correttezza si pone anche all’interno dell’ordinamento francese: G. ALPA, Gli

obblighi informativi precontrattuali nei contratti di investimento fi-nanziario. Per l’armonizzazione dei modelli regolatori e per l’uniformazione delle regole di diritto comune, in Contratto e impr.,

2008, 889 ss., sottolinea, con riferimento alla Direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, come «i commentatori, nell’esaminare le numerose disposizioni contenute in leggi speciali, che fanno carico al professionista di determinati obblighi, si interrogano se, qualificati questi obblighi come espressione dell’ordine pubblico, la loro violazione implichi automati-camente la nullità del contratto anche se questa sanzione non prevista espressamente. Regole di comportamento (previste dalla legge o previste semplicemente dalla regola generale del progetto di modificazione del codice napo-leonico) e regole di validità sono quindi commiste, salve le particolari disposizioni delle leggi speciali. In materia di servizi finanziari la giurisprudenza della Cour de Cassation ha elaborato il principio in base al quale l’intermediario ha un dovere di mise en garde dell’acquirente in ordine ai rischi dell’operazione […]. Il problema allora si traduce nella configurazione dei rimedi (di diritto comune) concernenti la violazione degli obblighi di informazione che la direttiva impone all’intermediario finanziario».

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nell’esigenza di tutelare oggettivamente il mercato del credito, evitando che il denaro ottenuto dalle banche mediante la raccolta del risparmio sia vin-colato in impieghi troppo rischiosi e che il man-cato rimborso da parte dei soggetti beneficiati possa (non solo compromettere la sana e pruden-te gestione del finanziatore spruden-tesso, ma anche, e anzi soprattutto) aggravare irragionevolmente il rischio assunto da terzi, segnatamente quando abbiano prestato una garanzia personale ovvero abbiano acquistato uno strumento derivato dalla cartolarizzazione dei crediti bancari. […] L’obbligo che incombe sulla banca di valutare il merito creditizio del consumatore deve essere pertanto riguardato in un’ottica non soltanto prudenziale, ma anche di tutela di colui che ha formulato la richiesta di finanziamento. Nella

realtà attuale dell’ordinamento giuridico

l’informazione del cliente nella fase delle trattati-ve che precedono la stipulazione di un contratto di finanziamento non può conseguentemente es-sere più considerata come una sorta di consiglio amichevole, ma costituisce ormai la prestazione di un vero e proprio servizio di consulenza pro-fessionale, e in ogni caso l’adempimento di uno specifico dovere di protezione nei confronti dell’altra parte contraente. Non vi è quindi dub-bio che la violazione di tale obbligo determini il

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diritto del cliente di essere risarcito del danno ca-gionatogli»19.

In questa direzione emerge l’importanza dell’istituto in questione – Arbitrato Bancario fi-nanziario (ABF) istituito nel 2009 in attuazione dell’articolo 128 bis del Testo Unico Bancario (T.U.B.) – nel sistema di risoluzione delle contro-versie che possono sorgere tra i clienti, le banche ed altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari – finanziari20. Con riguardo al caso

19 A tal proposito si veda la decisione ABF, Collegio di

Roma, n. 4440 del 20 agosto 2013, in

www.arbitrobancariofinanziario.it.

20 L’Arbitrato Bancario Finanziario, infatti, ne rappresenta

il fulcro stragiudiziale. Si tratta di un sistema di risoluzione alternativo delle controversie, più semplice e rapido attua-to da un organismo indipendente ed imparziale, sia nei suoi specifici compiti che nell’adozione delle decisioni. In particolare, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) – che opera presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze – con Delibera del 29 luglio 2008 ha stabilito i criteri per lo svolgimento delle procedu-re di risoluzione delle controversie e ha affidato alla Banca d’Italia il compito di curarne l’organizzazione ed il funzio-namento. La disciplina di dettaglio sul funzionamento del sistema ABF e sulla procedura di ricorso è contenuta nelle disposizione della Banca d’Italia del 18 giugno 2009. In estrema sintesi si può rilevare che, il cliente può ricorrere all’ABF solo dopo aver cercato di risolvere la controversia inviando un reclamo scritto all’intermediario. Se la deci-sione dell’ABF (di natura non vincolante rispetto a quella del giudice) è ritenuta non soddisfacente, il cliente, l’intermediario o entrambi possono quindi rivolgersi al giudice.

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di specie, in particolare, la posizione adottata dall’ABF può ritenersi in linea con l’evoluzione della normativa in materia; il fine, infatti, non è oggi più soltanto quello di salvaguardare il corret-to funzionamencorret-to del mercacorret-to ma l’esigenza di tutela di spinge sino a ricomprendere la posizione del soggetto che si rivolge al mercato – come soggetto attivo di esso – a partire dal momento di contatto con esso o, per meglio dire, dal mo-mento in cui emergono i presupposti che daran-no vita alla relazione tra i soggetti interlocutori del mercato finanziario.

MARTA BEGHINI Dottoranda di Ricerca Università di Verona

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