• Non ci sono risultati.

Note di diplomatica giudiziaria savonese

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Note di diplomatica giudiziaria savonese"

Copied!
33
0
0

Testo completo

(1)

DINO PUNCUH

N O T E DI D I P L O M A T I C A

G I U D I Z I A R I A SAVONESE

(2)
(3)

Le p rim e tracce di uffici comunali si hanno, in Liguria, solo a p a rtire dal secolo XII; Caffaro annota che nel 1122 fu ro n o n o m in a ti, per la prim a volta, clavarii scribanique, can­ cellarius, pro utilitate reipublice L’annotazione dell'annalista, c o n fo rta ta , alcu n i anni dopo, dal breve dei consoli del 1143 2, d im o stra che il com une genovese avvertiva, fin dalle origini, la n ecessità di dispo rre di una propria organizzazione politico­ a m m in istra tiv a . Q uasi negli stessi anni rogava Giovanni Scriba, nel q u ale il C hiaudano, sulla scorta di alcune conclusioni del T orelli, ric o n o b b e giustam ente uno scriba dei consoli3.

S ten tav a , tu ttavia, a farsi strada il concetto dell’esclusivo servizio p u b b lic o : il notaio com unale, o lo scriba, oltre a rico­ p rire un in carico pubblico, esercitava anche la professione a tito lo p riv a to ; annotava, quindi, nello stesso cartulario, indif­ feren tem en te m escolati, atti privati e pubblici4. Più che di un

1 Annali di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di L. T. Belgrado

e C . Im p e r ia l e d i Sa n t'Angelo, in Fonti per la storia d'Italia dell’istituto

storico italiano per il Medio Evo, Roma, 1890-1929, I, p. 18.

2 Codice diplomatico della Repubblica di Genova, a cura di C. Im­

p e r ia l e d i Sa n t’Angelo, FISI, Roma, 193642, I, p. 164.

3 M. Ch ia u d a n o, Il cartolare di Giovanni Scriba, in Documenti e

studi per la storia del Commercio e del Diritto Commerciale Italiano,

Torino, 1935, p. XXXIX.

4 Nei tempi della sua vita, il Comune era per il notaio un semplice cliente; i suoi atti perciò venivano conservati nei cartulari notarili: C. Ma n a r e s i, Gli a tti del comune di Milano fino all’anno MCCXVI, Mi­

lano, 1919, p. XCVIII. Si spiegherebbe così la necessità di tenere i « libri iurium » che diversi comuni fecero compilare per rintracciare e ricom­ porre in un tutto organico gli atti fondamentali della loro esistenza; non pochi statuti imponevano ai reggitori del comune di ricercare presso i notai quegli atti di prevalente interesse pubblico dispersi presso i diversi scribi che operavano nell’ambito comunale.

(4)

impiegato, egli sembra aver rivestito la figura di n o ta io di fidu­ cia del comune che appoggiava la validità dei suo i a tti a ll’au to ­ rità di chi era investito della publica fides. In ta l m od o, e fin qui concordiamo con la dottrina di autorevoli s tu d io s i5, il notaio entrava nella vita am m inistrativa del co m u n e, com e organo necessario ad attestare la verità in m o d o a u te n tico erga omnes. Solo molto tardi, secondo il T o relli, si sareb b e fatto strada il concetto del carattere di atto p u b b lic o del d ocu ­ mento comunale derivante dalla persona del su o a u to re 6; più presto di quanto non si sia creduto in p assato, — rite n ia m o noi, — per la Liguria.

E’ già stato osservato che la persona del n o ta io n o n era sufficiente a dare carattere pubblico al d o cu m en to genovese (almeno nel secolo XIII): la presenza di p a rtic o la ri segni di convalidazione osservati dal Costam agna 7 a tte n u e re b b e sensi­ bilmente le conclusioni del Torelli. M olti lodi co n so lari, infine, erano convalidati, già nel secolo XII, dai p u b b lici testim o n i (il cui elenco figura nei Libri iurium *), la cui in d icazio n e ap ­ pare sempre, — e non ci sem bra privo di significato, — d opo la sottoscrizione notarile. Se a questa con siderazione aggiun­

5 P. Torelli, Sludi e ricerche di diplomatica com unale, in A tti e

memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova, N.S., IV, parte I, p. 12; G. Cencetti. Il notaio medievale italiano, in A tti della Società

Ligure di Storia Patria. N.S., IV (LXXVIII), fase. I, p. XXI. 4 P. Torelli cit., p. 14, n. 2.

7 G. C o s t a m a g n a , La convalidazione delle convenzioni tra comuni a

Geno\a nel secolo XII, in Bullettino dell Archivio Paleografico Italiano,

N.S.. I, 1955, pp. 111-119; Idem, Note di diplomatica comunale. Il « Si­ gnum Comunis • e il « Signum Populi » a Genova nei secoli X II e XIII,

in Miscellanea di Storia Ligure in onore di Giorgio Falco, Milano, 1962,

p. 107.

1 Liber iurium Reipublicae Genuensis, in H.P.M . V ili, Torino, 1854, docc.: XCII. XCIV. CCXXXV, CCCXXVIII. CCCXLIII: cfr. anche G. Co­

s t a m a g n a, La scomparsa della tachigrafia notarile nell’av\'ento dell’im-

brexiatura, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, N.S., III (LXXV'II), p. 25, n. 41.

(5)

giam o la constatazione che già nel secolo XII esistevano a G enova i libri consulatus (configurabili come esemplari di acta, nel senso di scrittu re d ’ufficio)9, possiamo concludere che a G enova il p ro cesso evolutivo della cancelleria comunale fu sen z’a ltro p iù rapido che altrove e che, inevitabilmente, i si­ stem i genovesi dovettero inform are di sè anche la legislazione di a ltri co m u n i liguri, alm eno lungo la fascia costiera10. Il fa tto è s o p ra ttu tto evidente nella superstite documentazione relativ a a S avona, dove, dopo il notaio Arnaldo Cumano, le cui fun zion i pubbliche sono largam ente deducibili dagli atti del suo c a rtu la rio , il prim o scriba del comune savonese sicura­ m en te a c c e rta to è Giovanni di Donato, nel cui atto d’investi­ tu ra (1182), il più antico docum ento ligure del genere, sono

9 G . C o s ta m a g n a , Note di diplomatica cit., p. 113.

10 Cfr. Gli statu ti di Noli (a cura di C. Russo e L. Vivaldo, in Atti

della Società Savonese di Storia Patria, XXVII, 1949, p. 68) nei quali era prevista l'esistenza di uno scriba del comune; cfr. sullo stesso argo­

m ento Statu ti antichi di Albenga (1288-1350), a cura di P. Accame, Final-

borgo, 1901, pp. 258, 353; Statuti della colonia genovese di Pera, a cura

di V. Pr o m is in Miscellanea di Storia Italiana, XI, 1871, p. 628; F. Bruno,

Gli « Statuta antiquissima Saone », in Atti della Società Savonese di

Storia Patria, I, tom o I, Savona, 1918, p. 97. Va osservato inoltre che le città m arittim e presentano aspetti diversi rispetto alle altre città e,

soprattutto, un’evoluzione burocratica più rapida che non altrove. A Pisa,

per esem pio, nonostante l'affermazione contraria del D’Amia, compare assai presto un embrione di cancelleria: cfr. A. D’Amia, Studi sull’ordi­

namento giudiziario e sulla procedura delle curie pisane nel secolo XII,

in Archivio Storico Italiano, LXXVII, 1919, p. 121, n. 2; M. Luzzatto,

N ote di diplom atica comunale pisana per i secoli XII e XIII, in Bollet­

tino Storico Pisano, XXVIII-XXIX, 1959-60, pp. 39-62; O. Basti, Per la

storia della cancelleria del Comune di Pisa nei secoli XII e XIII, in

Bullettino dell'istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archilo Mu­ rat oriano, 73, 1961, pp. 141-163. Anche a Verona, verso la fine del secolo XII, si assiste aH’assunzione, da parte del comune, di notai impiegati

com e funzionari comunali: B. P \g n i\ , Note di diplomatica comunale

veronese, in M em orie della R. Accademia di Scienze, Lettere e Arti in

(6)

definite le sue funzioni cancelleresche con an n esse m an sion i archivistiche u.

Già il Bautier aveva avvertito che il reg istro del C um ano, il secondo per antichità dopo quello genovese d i G iovanni Scriba, non poteva, per la natura dei suoi a tti, essere conside­ rato alla stregua di altri cartulari del tem po, c o n ten en ti atti di natura esclusivamente privata; lo stesso stu d io so n o n aveva mancato di constatare che i cartulari di M artin o (1203-1206) e di Saono (1216-1217) contenevano esclusivam ente a tti giudi­ ziari Negli ultimi anni, rinnovatisi gli in teressi p e r i n o tai savonesi, appariva chiaro che il cartulario di M artin o doveva essere considerato il più antico registro di a tti g iu d iziari a t­

11 Cfr. Mostra storica del notariato medievale ligure, a c u r a di

G. Costamagna e D. Puncuh, Genova, 1964, pp. 82-83 (anche in A tti della

Società Ligure di Storia Patria, N.S., IV, (LXXVIII), 1964). Si veda, a

proposito delle mansioni archivistiche, un docum ento del 1204 (cfr.

Mostra storica cit., pp. 84-85), dal quale risulta evidente il passaggio di

mano in mano, fino al notaio Martino, del m ateriale pubblico (collette,

estimi, testimonianze); posto che almeno due dei notai cui il docum ento fa riferimento, Manfredo e Arnaldo, erano stati o erano scribi del Co­ mune, sembra evidente, a prescindere dalla testim onianza dell’inve­ stitura di Giovanni di Donato, l'interesse generale p er la conservazione

dei documenti pubblici. Il ritrovare questi documenti negli archivi pub­ blici dimostra implicitamente il loro carattere, im plica sem pre l’inte­ resse di qualcuno alla loro conservazione, nella fattispecie quello del comune; cfr. a questo proposito, anche se le conclusioni si riferiscono a documenti di altro genere, G. C en cetti, La « rogatio » nelle carte

bolognesi, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le

Provincie di Romagna, N.S., VII, 1960, p. 51; R.H. B a u tie r , Leçon d ’ou­

verture du cours de diplomatique à l’Ecole des chartes, in Bibliothè­ que de l'école des chartes, CXIX, 1961, pp. 208-209. Cfr. anche le dispo­

sizioni nizzarde che imponevano la consegna all'archivio com unale

dei «testes, positiones, confessiones, terminos, sen ten tias» ; S ta tuta et

privilegia civitatis Niciae, in H.P.M., Leges Municipales, I, Torino, 1838,

p. 75; ad Albenga i documenti pubblici dovevano essere depositati

in canzelaria: Statuti cit., p. 313.

12 R.H. Bautier, Notes sur les sources de l’histoire économ ique

médiévale dans les archives italiennes, in Mélanges d'archeologie et d’histoire, LX, 1948, p. 203.

(7)

tu a lm e n te conosciuto; che gli atti attribuiti a Saono erano in re a ltà d o v u ti a ben quattro m ani diverse; e che, infine, i car­ tu la ri sav on esi dei secc. XII-XIII andavano avvicinati più ai reg istri co m u n ali che non ai protocolli notarili tradizionali13

N u m ero se sono le prove del loro carattere pubblico: 1) com e ta li essi erano già considerati nei primi anni del secolo X III 14;

2) su u n o di essi (Saono) rogarono notai diversi, quasi risp e tta sse ro tu rn i di servizio in curia 15;

13 D. P u n c u h , Il cartulario del notaio Martino, tesi di laurea presso

l’U niversità di Genova, anno accademico 1954-55; Idem, La vita savo­

nese agli inizi del Duecento, in Miscellanea di storia ligure in onore di

Giorgio Falco, M ilano, 1962, p. 130, nn. 6, 7, 8; B.M. Agnoli, Il cartulario

di Arnaldo C um ano e Giovanni di Donato, tesi di laurea presso l’Uni-

versità di Genova, anno accademico 1962-63; P. Toniolo, Il cartulario

di Saono (Savona, 1216-17), ibidem, anno accademico 1962-63; F. Cosso, Il cartulario di Uberto, ibidem, anno accademico 1962-63. Citeremo col

solo nom e del notaio.

14 Cfr. il doc. 854 (c. 175 b) del cartulario di Martino ove si parla di un notaio G uido che era stato « scriba communis Saone publicus toto tem pore vite sue »; egli rogava nell’ultimo decennio del secolo XII ed il suo cartulario era considerato registro comunale: F. Nobera-

sco, Le pergam ene dell'archivio comunale di Savona, in Atti della So­

cietà Savo7iese di Storia Patria, I, tomo II, 1919, docc. XXVII, XXIX,

LXXXI; negli stessi documenti si menzionano come registri comunali anche gli a tti di Arnaldo Cumano e Giacomo di Candiria. Cfr. anche i docc. 372 (c. 41 b), 388 (c. 50 b), 474 (c. 92 b), 508 (c. 97 b), di Martino che provano inequivocabilm ente il carattere pubblico del cartulario; ana­ loghe osservazioni si possono fare attraverso i doc. 61 (c. 6b), 331 (c. 43 b), 555 (c. 135 a) del cartulario di Saono. La stessa legislazione com unale ligure imponeva che tutti gli atti della curia, ivi compresi quelli giudiziari, fossero redatti nei cartulari comunali: Statuti di Pera cit., p. 635; Gli statu ti di Noli cit., p. 68; Statuti antichi di Albenga cit., pp. 258, 353.

15 L avorando sulla vita savonese nel Duecento, avevamo identifi­ cato due diverse mani, corrispondenti a quelle dei notai Filippo di S carm undia e U berto di Mercato: D. Puncuh, La vita savonese cit., p.

130, n. 8. La Toniolo, nel prepararne l’edizione, rintracciava altre due m ani non identificate. Se avevano dei turni di servizio in curia i con­ soli, non si vede perchè non potessero averli anche gli scribi: cfr.

Saono, docc. 176 (c. 25 b), 200 (c. 27 a).

(8)

3) esisteva in duana l’archivio com unale n el q u ale eran o conservati gli atti pubblici, ivi com presi i n o s tri c a rtu la ri o altri affiniI6;

4) due di essi, come abbiam o visto, co n ten g o n o esclusi­ vamente atti giudiziari, pur rogando i loro re d a tto ri an ch e atti privati che non ci sono p erven uti17.

E' su questi ultimi che si è incentrato il n o s tro in teresse, perchè essi sono la testim onianza che, an co r p rim a del IV Concilio lateranense, al quale la dottrina g iu rid ic a h a fatto risalire l'origine della procedura s c ritta 18, e ra già m an ifesto 1 interesse pubblico alla redazione ed alla co n serv azio n e dei documenti giudiziari. S’intende che le conclusioni del n o stro lavoro, circoscritto al primo ventennio del secolo X III e con­ dotto anche sulla scorta della posteriore d o ttrin a m ed iev ale e della legislazione statutaria ligure, con riferim en ti a n o rm e di altre città dell'Italia settentrionale, hanno v alo re esclusiva- mente per Savona e, in genere, per la Liguria: è p o ssib ile, tu t­ tavia, e ci auguriamo che il tem a possa essere rip re so in m a­ niera più ampia, che esse possano essere estese ad a ltre città.

16 Cfr. n. 11.

17 Filippo rogava un atto il 2 giugno 1216: Saono, doc. 95 (c. 18 b);

Martino era il redattore di un altro atto privato del 15 marzo 1203:

Saono, doc. 73 (c. 14 b); nessuno di questi documenti citati ci è perve­

nuto. Va notato, per la miglior comprensione di quanto verremo espo­

nendo, che questi cartulari sono il risultato della legatura assieme di

diversi registri, corrispondenti alle successive fasi nelle quali si arti­

colava un processo: cartulario di denunce, deposizioni delle parti,

deposizioni dei testimoni, termini di comparizione, sentenze. L'ordine

cronologico, più o meno rispettato, vale solo entro le diverse parti dei

due registri.

18 C.J. H efele-H . Leclerq, Histoire des Conciles, P a r ig i, 1907-21,

V, p. 1363; A. P eru le, Storia del diritto italiano, ed . P. D e l G iu d ic e , T o ­ rino, 1892-1905, VI, parte II, p. 86; P. T o r e lli, Studi e ricerche c it., p a r te

II, in Pubblicazioni della R. Accademia Virgiliana di Mantova, I, 1915, p. 113 (il Torelli, com unque, a m m ettev a ch e il c o n c ilio , p iù c h e in n o ­ vare, avesse sancito un principio ch e doveva e s s e r e g ià la r g a m e n te diffuso).

(9)

1. - S econ do la procedura del tempo I9, la causa si apriva, su q u erela di p arte , col libello, la lamentatio o, più generica­ m en te, con la peticio 20; l’attore consegnava al giudice, in taluni casi, forse, d irettam en te al notaio del comune, la querela scritta che veniva re g istra ta nell'apposito cartulario delle denunce21; p o tev a an ch e facere lamentationem o ante presentiam viccarii conqueri de . . . o, com unque, presentare la sua petizione22. In

19 P er quanto si riferisce strettam ente alla procedura giudiziaria si vedano, oltre al P e r u le , le opere di A. Bethm ann-H ollweg, Der civil

prozess des gem eìnen Rechts in geschichlicher Entwicklung, Bonn, 1864

74; J.A. S t in t z in g , Geschichte der populàren lìteratur des romisch-ka-

nonischen R echts in Deutschland, Lipsia, 1867; J. Ficker, Forschungen

zur R eichts und Rechtsgeschichte Italiens, Innsbruck, 1868-74.

20 II giudice agiva super reclamationem dell’attore, dal quale esi­ geva il nom e del convenuto, l'oggetto della lite, l’entità e lo scopo di essa (causa p eten d i) e il diritto su cui si basava: A. D Amia cit., p. 37, A. P e r t ile cit., p. 93; all’attore non era necessario specificare il nome

tecnico dell’azione: cfr., per Bologna, A. Palm ieri, La diplomatica giu­

diziaria bolognese nel secolo X III, parte II, in Atti e memorie della R. D eputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna, XVIII,

p. 155.

21 L'obbligo di scrivere la denuncia nell’apposito cartulario, disci­ plinato da diversi statuti dell’Italia settentrionale (cfr. P. Torelli cit.,

p arte II, pp. 120-121), si ricava, per Savona, da un atto del 1216: una denuncia era sta ta scritta erroneam ente in titulo terminorum (nel car­ tulario dei term ini), ma il notaio ristabilì l’ordine facendone apposito cenno in quello delle denunce: Saono, doc. 11 (c. 2 a), doc. 139 (c. 23 b); cfr. anche M artino, doc. 388 (c. 50 b); Statuti di Noli cit., p. 74; Sta­

tu ti... di Pera cit., p. 583; S ta tu ta ... Niciae cit., col. 50; Statuta civi­ tatis Eporediae, in H.P.M., Leges municipales, I, Torino, 1838, col.

1170; S ta tu ta et privilegia civitatis Taurinensis, ibidem, coli. 604, 735;

S ta tu ti bresciani del secolo X III, ibidem, II, Torino, 1876, col. 1584.

143; S ta tu ta com m unitatis Novariae, a cura di A. Ceruti, Novara, 1879,

p. 46.

22 Cfr. M artino, docc. 388 (c. 50 b), 446 (c. 85 a), 513 (c. 98 b), 763 (c. 123 a), 765 (c. 123 a), 813 (c. 153 b), in particolare il doc. 388 ove si dice « coram potestate dedit libellum qui scriptus est in cartulario com m unis Saone et term inus habuit placitandi ». Per la lamentacio cfr.

M artino, docc. 475 (c. 92 b), 479 (c. 93 b), 515 (c. 98 b), 518 (c. 99 a),

521 (c. 99 b), 563 (c. 108 a), 690 (c. 118 a), 709 (c. 119 b), 896 (c. 190 b), — 13 —

(10)

tutti questi casi la funzione del notaio com unale e ra lim itata alla verbalizzazione della denuncia negli atti d ella cu ria. N ella maggior parte dei casi l’autorità preposta a lla giustizia, nel nostro caso il vicario del podestà o dei consoli, e ra p resen te al momento in cui si apriva ufficialm ente il p ro cesso 23.

La formula più comunemente usata era la seguente:

A. agit contra B. et petit ab e o ... Hoc ideo quia (segue il m otivo

dell’azione) ,.. Ideo (o quare) agit ut supra et ponit in libris. ... omni

iure quo uti potest, salvo plure 24.

I nostri documenti non chiariscono in m a n ie ra sufficiente la differenza tra il libello e la lamentario; già in p assato , anche per 1 incertezza di numerosi sta tu ti25, i due te rm in i sono stati identificati26. I cartulari savonesi, invece, in d u rre b b e ro a cre­ dere che esistesse una differenza tra i due te rm in i e che essa fosse ben chiara nella mente dei notai del tem p o . Si p arla sempre di facere lamentationem o di dare libellum , senza m ai confusione di verbi: saremmo indotti ad a ttrib u ire alla lam en­ tatio il valore di esposizione orale, fatta d av an ti al giudice e verbalizzata a cura del notaio della curia, n on im p o rta , p e r il momento, se direttamente sul cartulario o su m an u ali o fogli sparsi; al libello, più raro certam ente, — an ch e p erch è p re ­

898 (c. 191 a), 899 (c. 191 a), 950 (c. 198 a); cfr. anche il Breve dei consoli

del 1143 (citato alla nota 2) e P. Torelli cit., parte II, p. 121. Per le for­

mule generiche di denuncia cfr. Martino, doc. 487 (c. 94 b) e Saono,

doc. 14 (c. 2b).

23 Cfr., oltre ai documenti già citati alla nota precedente, M artino, docc. 43, 44 (c. 5 b), 133 (c. 17 a) e gli Statuti di N oli cit., pp. 74, 78.

24 Questo formulario è tratto da Martino; nel cartu lario di Saono esso si presenta più vario; lo stesso tipo si ritrova ad Albenga (cfr. H.P.M., Chartarum, II, Torino, 1853, col. 1757); più raro è il tipo gene­ rico (coram vobis... conqueror) illustrato dalla d o ttrin a m edievale:

Ranieri da Perugia, Ars notaria, in Bibliotheca iuridica M edii Aevi, II,

Bologna, 1892, p. 45.

25 Cfr. Statuti antichi di Albenga cit., p. 350; si p arla di libellus

seu lamentacio.

(11)

scritto d alla d o ttrin a e dalla legislazione del tempo per le cause di rilev an te interesse economico 27, — quello di denun­ cia sc ritta , reg istrata, com unque, negli stessi atti della curia. Q uesto non esclude, tuttavia, che le ragioni del libello possano essere ric erc ate anche nella possibilità che avevano alcune classi agiate, di servirsi di un notaio di fiducia, buon conosci­ to re della legge e in grado, quindi, forse meglio del notaio d ella cu ria, di redigere un esposto circostanziato, nutrito di d o ttrin a , p iù a d a tto in definitiva a sostenere le ragioni della p arte.

R estan o a noi i dubbi di natura prevalentemente diplo- m atistica: il n o taio della curia verbalizzava direttamente sul cartu lario , o, com e il suo collega privato, ricorreva di prefe­ ren za a b rev i appunti da com pletare, in un successivo mo­ m en to, a ll'a tto cioè della redazione nel registro?

La lim itatezza del m ateriale a nostra disposizione non ci con sen te di d are una risposta decisa; entrambi i sistemi appa­ iono la rg a m e n te seguiti. I num erosi documenti in cui le cor­ rezioni sono sostanziali più che formali e gli errori non giusti­ ficabili solo attrav erso l'uso delle copie, rivelano una stesura unica, ste n ta ta e laboriosa, da cui traspare lo sforzo dello scri­ vente p e r rid u rre in form ule giuridiche ciò che, non senza fatica, gli veniva esponendo, in un linguaggio più o meno ap­ p ro ssim ato , l’a tto re della c au sa 28. Si veda, a titolo di esempio, un d o cu m en to del 1204 29, dal quale è possibile, sotto le

depen-27 Cfr. A. P e r t ile cit., pp. 86-87; si vedano anche le norme dello

statu to di Nizza (col. 50) per le quali il libello era necessario nelle cause il cui valore eccedesse i 100 soldi, mentre per le cause inferiori bastava la petizione nel cartulario; la stessa norma valeva per Albenga (Statuti cit., p. 350). E ’ possibile che a Savona, come a Bologna (A. Palmieri

cit., p. 156), nel procedim ento civile prevalesse la denunzia orale. 28 A B ologna esisteva addirittura il notarius cedularum che tradu­ ceva le denunce dal volgare e le riduceva in forma giuridica: H. Kan- to r o w ic z , A lbertus Gandinus und das Strafrecht der Scolastik, Berlino,

1907, p. 125; P. T o r e lli cit., parte II, p. 118. Nei nostri documenti com­

paiono spesso form e dialettali liguri. 29 M artino, doc. 33 (c. 4 a).

(12)

nature e attraverso le aggiunte in sopralinea, ric o stru ire la redazione della denuncia:

Maior agit contra Benencasam et Saonam et R om anam ... et petit ab eis libras .xl. ianuinorum ...

A questa prima formulazione seguì un rip e n sa m e n to im ­ mediato (come rivela l'im m utato colore d eH 'inchio stro) e u n a nuova redazione:

Maior agit contra Benencasam et Saonam et R om anam ... et petit a domina Benencasa libras .xx....

Se qualche dubbio può rim anere, esso rig u a rd a p iù che altro le formule giuridiche che, però, in questa p rim a fase p o te­ vano anche mancare, lasciando l'attore la p iù a m p ia faco ltà al notaio di aggiungere le form ule di rito 30.

A questi atti se ne contrappongono a ltri, in cui le linee addossate della scrittura starebbero ad indicare u n a red azio ne nel cartulario posteriore alla denuncia; a ltri in se riti fuori posto31, con sconvolgimento dell'ordine cronologico; a ltri an ­ cora la cui datazione, posteriore all’inizio d ella cau sa, induce alla cautela e al sospetto. In tu tti questi casi il p en siero co rre ai foglietti sparsi, — già accertati nel docum ento p riv a to 32, — che facilmente potevano confondersi e p ro v o care il d iso rd in e accertato. Che dire poi di alcune denunce re d a tte in giorni festivi33 o, addirittura, nel giorno dell’E pifania 34, q u an d o , a te­ nere in considerazione i giorni feriati, la cu ria co m u n ale dove­

30 Tipica la formula « omni iure quo uti p o test usque in fine cause»: Martino, doc. 69 (c. 9b); cfr. anche nota 20.

31 Martino, docc. 98 (c. 13 a), 106 (c. 13 b) (nel qual caso il notaio ha seguito il criterio del raggruppamento, riferendosi il doc. 106 al 105); cfr. anche Saono, docc. 33 (c. 4 a), 70 (c. 13 a).

32 G. F alco-G. Pistarino, Il cartulario di G iovanni di Giona di

Portovenere (sec. XIII), in Biblioteca della D eputazione Subalpina di Storia Patria, CLXXVII, Torino, 1953, pp. XXXIV-XXXV.

33 Saono, doc. 20 (c. 3 a). 34 Martino, doc. 13 (c. 2 a).

(13)

va essere ch iu sa? Il sospetto aum enta quando si constata che su sedici cau se prese in esam e, ben tredici denunce riferiscono la stessa d atazio n e delle successive positiones-, e fin qui po­ tre m m o essere n e ll’ordine, se le parti fossero state contempo­ ran e am en te p re sen ti in giudizio fin dall’inizio, sì da consentire l'a p e rtu ra im m ed iata del dibattim ento. Ma che dire quando si rilev a che in b en dieci casi su sedici, altri documenti della stessa cau sa attestan o la precedenza della denuncia rispetto a ll’in terv en to delle parti e, quindi, la probabile falsità della d atazio n e rife rita dal cartulario 35?

In tu tti q u esti casi, la presenza del foglietto usato dal n o taio in g u isa d ’appunto appare fortemente probabile. La d en u n cia s c ritta era presentata priva della datazione, che ve­ niva ag g iu n ta al m om ento della sua presentazione in giudizio e della reg istrazio n e negli atti pubblici36. Talvolta, tuttavia, la p ra ssi p o tev a d isco starsi dalla legislazione, per cui poteva acca­ d ere che u n a denuncia, sia orale, magari annotata frettolosa­ m en te su u n b rev e appunto, sia scritta, rimanesse sul tavolo del n o taio q u alch e giorno prim a di essere formalmente inserita nel c a rtu la rio 37. Il ritrovam ento di qualche foglietto sparso,

35 Saono, docc. 3 (c. 1 a), 326 (c. 42 a), 329 (c. 42 b); 4 (c. 1 b), 327 (c. 42 a); 5 (c. 1 b), 336 (c. 45 a), 109-110 (c. 22 a); 12 (c. 2 a), 352 (c. 52 a), 120 (c. 22 b); 17 (c. 2 b), 354 (c. 52 b); 29 (c. 4 a), 192 (c. 26 b); 30 (c. 4 a), 162 (c. 25 b), 380-381 (c. 62 a, b); 36 (c. 4b), 394 (c. 67 b); 31 (c. 4 a), 388 (c. 65 a); 38 (c. 4 b ), 411-412 (c. 71 b); 39 (c. 4b), 417 (c. 73 b); 41 (c. 5 a), 420 (c. 5 a), 418 (c. 74 a), 223 (c. 28 a); 44 (c. 5 b), 434 (c. 78 a), 433 (c. 78 a); 50 (c. 5 b), 288 (c. 33 b); 60 (c. 6b) con contestazione sotto lo stesso atto.

36 A B ologna il notaio della curia apponeva sulla denuncia la data della presentazione: H. Kantorowicz cit., pp. 89-91; a Milano «dies por-

recti libelli in se ritu r in libello »: Liber consuetudinum Mediolani, in H.P.M., Leges M unicipales, II, Torino, 1876, col. 867.

37 La legislazione genovese imponeva l’immediata redazione della denuncia nel cartu lario: cfr. S ta tu ti... di Pera cit., p. 583; per Noli

(S ta tu ti cit., p. 74) « teneatur m agistratus Nauli, deposita requisitione

seu petitione coram eo, in scriptis dare ». La legislazione savonese del 1347 stabiliva che il notaio dovesse mettere per iscritto la denun­ cia entro la g io rn ata e notificarla al podestà o al giudice: F. Bruno

(14)

allegato al cartulario del presunto Saono, co n se n te di p ro sp et­ tare, sia pur cautamente, u n ’ipotesi sulle an o m alie risc o n trate . Si tratta di una denuncia, raccolta su u n foglio dal n o taio Filippo di Scarmundia, senza datazione, tra s c ritta n el c artu la ­ rio delle denunce da Uberto di M ercato so tto la d a ta d e ll'll ottobre 12163S; la causa, però, era già in iziata d a qualche giorno39. E ’ possibile che, quando non si p ro ced ev a alla red a­ zione immediata nel cartulario, la data potesse essere d im enti­ cata e si ricorresse, soprattutto quando, com e n el n o stro caso, si trattava di notai diversi (entram bi co m u n q u e al servizio della curia), a una data più o m eno fittizia o, p referib ilm en te, a quella in cui avveniva la contestazione d ella lite o a quella delle positiones? Noi riteniam o di sì, anche se si p o tre b b ero prospettare altre ipotesi40.

Depositata e registrata negli atti d ’ufficio l'accu sa, essa doveva essere notificata all’accusato; se in m o lti com un i del­ l’Italia settentrionale era in vigore la co n su etu d in e p e r cui spettava all’accusatore di tradu rre il reo in giudizio, o, co m u n ­ que, fare la citazione direttam ente all’avversario 41, a S avona era compito dell’autorità com unale convocare l’in tere ssato p e r­

cit., p. 100; tale norma si riferiva specificamente ai notai ad maleficia, ai quali numerosi statuti attribuivano anche un p otere inquisitorio: cfr. P. T orelli cit., parte II, pp. 116-117.

38 Saono, doc. 648 (inserto tra c. 33 b e c. 34 a) e doc. 50 (c. 5b). 39 Saono, doc. 288 (c. 33 b).

40 E’ possibile che in qualche caso il convenuto fosse presente al momento della denuncia per ricevere dall’attore il libello: cfr. P il li o ,

Libellus de preparatoriis litium et earum pream bulis, in Bibliotheca

iuridica Medii Aevi, III, Bologna, 1901, p. 37; R o g erio , S um m a codicis,

ibidem, I, Bologna, 1912, p. 83. Casi analoghi si rilevano in M artino,

doc. 148 (c. 18 a).

41 II giudice «recipit (il libello) et eum offert reo » : R o la n d in o ,

Summa totius artis notariae, Venezia, 1583, parte III, c. 44 a; cfr. anche Martino, doc. 699 (c. 118 b). Per la citazione diretta da p arte dell’atto re

cfr. H. von V o ltelin i, Die Sudtiroler notariats. Im breviaturen des

Dreizehnten Jahrhunderts, in Acta Tirolensia, II, 1899, p. CXLI e P.

(15)

chè tra sfo rm asse, contestando le affermazioni dell’accusatore, in lite quella che fino a quel m om ento conservava il carattere di petizione 42. S enza contestazione (esclusi, naturalmente, i casi di co n tu m acia 43, m ancava il dibattim ento. Ignoriamo se a Sa­ vona si rilasciasse, come altrove 44, copia della denuncia al pre­ su n to reo; la citazione veniva fatta d’ufficio, d’ordine del ma­ g istrato , p e r m ezzo del cintraco del comune, sia in forma orale, sia p er m ezzo di lettera ufficiale m unita del sigillo comunale45. I m an d ati di com parizione e i relativi termini di presentazione eran o a n n o ta ti negli speciali cartulari. Se estendessimo a Sa­ v on a (e la sc a rsità di contestazioni esplicite lo confermerebbe) la p ro ce d u ra genovese per cui alla contestazione era sufficiente l ’inizio delle positiones 46, dovrem m o di necessità pensare a uno spazio di tem p o, sia pur breve, necessario al convenuto per p re p a ra re , p re sa visione del tenore dell’accusa, magari di con­ c erto con u n legale, la sua linea difensiva entro il termine fissato.

In linea di principo l’accusato avrebbe dovuto presentarsi in giudizio, rilasciare la sua dichiarazione, annotata dal no­ taio , spesso senza data, in calce alla denuncia (e qualche diffe­ ren za d ’in ch io stro o le linee addossate della scrittura o alcuni segni di rich iam o provano la redazione posteriore47, e, nel caso

42 M artino, docc. 342, 343 (c. 34 b); P. T orelli cit., parte II, p. 130.

43 M artino, doc. 709 (c. 119 b).

44 S ta tu ti bresciani cit., col. 1584.143.

45 M artino, docc. 487 (c. 94 b) ove si parla di denuncia scritta e orale), 709 (c. 119 b), 728 (c. 120 b), 749 (c. 122 a); Saono, docc. 33 (c. 4 a), 304 (c. 34 b), 323 (c. 35 b). Per la citazione d’ufficio cfr. A. Pertile cit.,

pp. 32-33; A. P a lm ie r i, La diplomatica cit., parte I, in Atti e Memorie

della R. D eputazione di Storia Patria per le provinole di Romagna,

XVII, p. 241. S ull’im portanza del sigillo per lo studio della cancelleria, cfr., oltre ai lavori del Costamagna ripetutamente citati, anche M. Luz-

z a t t o cit., p. 53; O. B a n ti cit., p. 150.

46 « quam contestationem intelligam esse factam, facta una posi­ tione vel p lu rib u s» : S ta tu ti... di Pera cit., p. 577.

47 M artino, docc. 244 (c. 27 a), 293 (c. 31 a), 305 (c. 31 b), 321 (c. 33 a), 333 (c. 34 a).

(16)

di contestazione, ricevere il term ine per una su c ce ssiv a p resen ­ tazione. In realtà, più spesso, egli riceveva d a l cin tra co la n o ti­ zia, o la copia, della denuncia e il termine, g en era lm en te di o tto giorni, per presentarsi al dibattim ento nel q u ale, anche senza contestazione esplicita, le due parti iniziavano le p o sitio n e s,

dando inizio, così, alla causa vera e propria.

2. - Contestata la lite e com piute le fo rm a lità (n o n sem p re necessarie) del giuramento di calunnia, — d ich iarazion e d elle parti di procedere nella convinzione della b u o n a fed e, — e d el

pignus banni 43, — impegno a condurre la ca u sa fino al ter­ mine, — « fiunt probationes in lite que e tia m d icu n tu r p o si­ tiones, ad probandum id de quo principaliter q u a e r itu r 49 »; esse, fatte alla presenza del giudice erano c o stitu ite da u n a serie di proposizioni affermative, prima d e ll’a tto re, p oi del c o n ­ venuto51, tendenti a sgombrare il campo d alle q u estio n i su cu i esisteva identità di vedute tra le parti e ad in d ivid u are, p erciò , i reali termini della questione, su cui sareb bero in terven u ti i testimoni a. La risposta dell’avversario d oveva essere afferm a­ tiva (credit) o negativa (non credit), pur e sse n d o co n cesso u n limitato diritto di replica53. La m ancanza di r isp o sta ad u n a deposizione faceva presumere vera quest’u ltim a 54. Il giu d ice, tuttavia, o la controparte, potevano eccepire la n on p ertin en za di quelle deposizioni che, in contrasto co n la d ottrin a d el

« A. Pertile cit., p. 76.

« Ro l a n d i n o cit., parte III, c. 67 b.

» Statuti... di Pera cit., p. 576; la presenza del giudice è docu­ mentata a Savona in Martino, doc. 405 (c. 59 a).

51 A. Pertile cit., p. 169; lo stesso ordine valeva per i testimoni.

n A. Pertile cit., p. 101.

» A. Pertile cit., p. 105; Rolandino (c. 67 b) non sembra concordare.

M Statuti di Noli cit., p. 75; in genere si avevano tre richieste di risposta prima di accogliere per buona la dichiarazione priva di repli­ ca: Statuti... di Pera cit., p. 576.

(17)

tem p o, co n ten ev an o più affermazioni o erano implicite55; si ten d ev a così ad evitare la confusione dell'avversario di fronte a d eposizioni capziose, com plicate o plurime.

Fin q ui la procedura savonese concorda con la dottrina g iu rid ica del tem p o ; si tra tta di cogliere ora, ed è quanto inte­ ressa il d ip lo m atista, il m om ento della redazione dei relativi a tti, il m od o e la procedura osservati per la verbalizzazione delle afferm azion i delle parti.

R edazione im m ediata nell’apposito cartulario comunale o tra scriz io n e da verbali scritti da notai di parte 56? La dottrina del tem p o, cui vanno aggiunte le non sempre chiare norme sta­ tu ta rie , non consente di fugare i dubbi che le note tesi del K an to ro w icz p e r Bologna, o le più esplicite affermazioni del T orelli, su sc ita n o in noi. I docum enti giudiziari sono atti pub­ blici solo p erch è trascritti negli atti processuali, o in forza d e ll’a u to rità che li ha em anati o ha presieduto alla loro re­ dazione? Si è d e tto che non sem pre le ipotesi del Torelli «se non in teg rate d a un opportuno e continuo riferimento ai docu­ m en ti » 57 son o in grado di dissipare le nostre esitazioni, anche p erch è le fo n ti, talvolta anche quelle largamente conosciute in p assato , p o sso n o suggerire ipotesi diverse da quelle affac­ ciate. Senza p reten d ere di esam inare il problema nella sua in teg rità , e senza escludere che in qualche caso le parti presen­ tassero le loro posizioni per iscritto al giudice, perchè le rife­ risse alla co n tro p arte , riteniam o che nella maggior parte dei casi p resi in esam e, le nostre fonti denuncino una redazione im m ed iata, so tto d ettatura, delle deposizioni.

O sserviam o la scrittura: p u r intensamente corsiveggiante, com e in g en ere le scritture notarili, essa presenta, nella ste­ su ra di tali a tti, m aggiore fretta, scarsissimo senso della mi­ su ra, m an can za quasi assoluta di spazi marginali (ben più ri­

55 S ta tu ti... di Pera cit., p. 576.

56 Cfr. Ro l a n d in o cit., parte III, c. 116a; A. Palm ieri cit., parte II,

p. 159; A. Pe r t il e cit., pp. 103-104; H . Kantorowicz cit., p. 66; P. Torelli

cit., parte II, p. 114 e sgg.

57 G. Co s t a m a g n a, Note di diplomatica cit., p. 107.

(18)

spettati in altri documenti come, ad esem pio, le sentenze 58), abbondanza di abbreviature personali (an ch e d i n o m i p ro p ri) di non facile scioglimento, errori grossolani, rip etiz io n i. M olte deposizioni appenna accennate (Item .. . Ite m p o n it) e n o n completate rivelano la fretta dello scrivente ch e a n tic ip a q u a si il discorso della parte; m olte risultano in te rro tte n el co rso stesso del discorso, depennate e ripetute, c o n m od ifiche di so ­ stanza, denunciando, oltreché la difficoltà d e lla red azio n e (n o n trascurabile se il notaio, com e crediam o, d o v ev a tra d u rre in discorso indiretto quanto i presenti v en iv an o afferm an d o ), anche la difficoltà degli stessi attori per e sp rim e re u n co n cetto , l'estrema laboriosità del pensiero di chi d ov ev a e sp o rre le p ro ­ prie ragioni senza lasciar aU 'aw ersario ap p ig li d i so rta . In o l­ tre, la maggioranza delle correzioni non è a g g iu n ta n e ll'in te r­ linea, come avverrebbe per docum enti già re d a tti e c o rre tti in sede di udienza pubblica o per una n o rm ale rev isio n e 59. L e difficoltà dello scrivente appaiono anche d a ll'a lte rn a rs i d e l discorso diretto con l’indiretto, generalm ente p re v a le n te 60.

Abbiamo poi altri casi in cui a due d ep o sizio n i (co n ris p o ­ sta) segue una deposizione depennata e p riv a d i re p lic a 61, fo rs e

58 Cfr. soprattutto il cartulario di Martino.

59 Martino, docc. 367 (c. 39 a), 371 (c. 41 a), 372 (c. 41 b), 816 (c. 156 a), 827 (c. 163 a), 830 (c. 164 b), 837 (c. 167 a).

60 Martino, docc. 374 (c. 43 a), 387 (c. bO a), 406 (c. 60 b), 422 (c. 69 a), 428 (c. 73 b); Saono, doc. 399 (c. 68 a).

61 Martino, doc. 390 (c. 51 b): «E t ponit G isulfus quod p redictu s dominus Rufinus pronuntiavit super causam p red ictam eo tem po re quando ipse Gisulfus erat in viagio Varani. R espondet B aldus R ubeus : non credit. Item ponit quod ipse Gisulfus erat in V arano per to tu m Septembrem nuper preteritum. Respondet Baldus R ubeus: non credit ». Segue depennato: « Item ponit quod predictus R ufinus p ro n u n tiav it super causam predictam in mense septem bre. . . ». E videntem ente que- st’ultima deposizione era stata giudicata superflua. In u n altro caso (Martino, doc. 423, c. 69 b) si potrebbe pensare che le deposizioni fo s­ sero state registrate tutte prim a della risposta, perchè una deposi­ zione, resa superflua dalle risposte date a quelle precedenti, venne depennata: « Item ponunt quod predictus G andulfus et eius filius Bo- nusiohannes habuerunt pro dotibus Maioris predicte lib ras .lv . tantum

(19)

-p erch è rite n u ta su-perflua in quanto già com-presa nelle due p reced en ti: p erch è riferirla nel cartulario se essa perdeva va­ lo re e n o n doveva figurare a verbale? Perchè ancora riferire u n non credit depennato e corretto in credit, sia pure con alcu ne lim itazio n i 62, o trascrivere una deposizione depennata, fo rse p erch è p iù pertinente ad altra causa iscritta a ruolo tra le stesse p a r t i 63 ? T utti questi elem enti ci inducono a pensare ad u n a red azio n e im m ediata, fatta dal notaio d’ufficio, in sede d'u dienza. Se in fatti, sulle orm e del Torelli, accettassimo l'ipo­ tesi delle positiones redatte dal notaio di parte, presentate al giudice e d a q u esti lette alle parti, non avremmo ancora un d o cu m en to ufficiale, perchè m ancherebbero le risposte, pre­ sen ta te solo in udienza, dove la stessa deposizione poteva essere m u ta ta , e dove il notaio, com e abbiam o visto, registrava fedel­ m en te tu tto n el verbale d'ufficio, non diversamente, ci sembra, d al m o d ern o cancelliere M.

E ' p u r vero che esistono deposizioni prive di risposta65, com e se fo ssero state scritte prim a dell’udienza, magari sulla b ase di a p p u n ti red atti da notai di parte: a parte il fatto che

m odo. R espondet M aior: credit quod bene habuit vir ipsius Maioris de suis dotibus libras .LV. et predictus Gandulfus Rubeus libras .XL. rece­ p it pro ipsis dotibus ipsius Maioris solummodo ». Segue depennato: « Item ponit quod Gandulfus Rubeus recepit pro dotibus nurus sue Ma­ ioris libras .xl. sine plure solummodo ». E' possibile, tuttavia, che la

p arte avesse già preparato le sue deposizioni e le recitasse, spesso senza tenere conto delle risposte; in questo caso sarebbe intervenuto il giudice a fa r depennare quelle superflue. Non sarebbe necessario quindi rite­ nere che tu tte le deposizioni fossero registrate prima delle risposte.

62 M artino, doc. 390 (c. 51 b): «Respondet Baldus: bene audivit dicere quod d icebatur domino Rufino quod expectaretur procuratorem ipsius Gisulfi ». Depennato: «Respondet Baldus: non credit».

63 M artino, doc. 424 (c. 72 a): la deposizione depennata figura a verbale al doc. 428 (c. 73 b) a proposito di un altro argomento di discussione tra le due parti.

64 Cfr. S ta tu ti antichi di Albenga cit., p. 357; Statuti bresciani cit., ool. 1584.251; S ta tu ta communis Vercellarum, in H.P.M., Leges Munici­

pales, II, Torino, 1876, col. 1206.

65 M artino, doc. 871 (c. 183 a). — 23 —

(20)

tali prove sarebbero sempre troppo scarse p e r a v v alo rare u na simile ipotesi, resta sempre la possibilità d e ll’assen za della controparte (che talvolta interveniva in un seco n d o m om en­ to “), della contum acia67 o della rem issione d i q u e re la p er ef­ fetto di accordo tra le p a rti68. Nè sem bra d a esclu d ere che qualche deposizione plurima, con repliche a g g iu n te nell'inter- linea, abbia ottenuto risposta solo alla fine o, e in q u esto caso si rafforzerebbe l’ipotesi della redazione im m ed iata, nel corso stesso del discorso in guisa di interruzione, a n n o ta ta , in fatti, dal verbalista in forma di discorso diretto 69. D ’a ltra p arte, le deposizioni, così come appaiono redatte nel c a rtu la rio , non se­ guono sempre l’ordine cronologico: era più co m o d o p e r il no­ taio raggruppare insieme gli atti dei due a tto ri d ella causa, per facilitarne la consultazione, trascurando spesso l'o rd in e della datazione. Frequentemente, allora, il discorso, in iziato in una carta, doveva essere ripreso altrove (anche in u n a c a rta prece­ dente) per mancanza di spazio, il che non sare b b e accad u to se lo scrivente, lavorando su copie, avesse p o tu to calco larlo più o meno esattam ente70.

Le deposizioni, dopo la loro verbalizzazione, venivano si­ curamente rilette alle parti per eventuali ag g iu n te o ritocchi (nell’interlinea) o per spostare l’ordine delle ste sse 71.

66 Le deposizioni potevano continuare in giorni diversi: Saono, docc. 338-339 (c. 46 a, b).

67 In un caso, infatti, mancano le risposte di u n a p arte (l’attore), per cui la sentenza gli è sfavorevole: Saono, docc. 342 (c. 47 b), 549 (c. 133 b).

68 Diverse deposizioni terminano con la frase : « R enunciatum est positionibus ab utraque parte ».

69 Martino, doc. 446 (c. 85 a); Saono, docc. 338 (c. 46 a); 439 (c.

80 b); tale è il caso di Martino, doc. 406 (c. 60 b), anche se la risposta è resa in forma indiretta.

70 Circa il raggruppamento cfr. P. T oniolo cit., p. XL; cfr. anche

Martino, doc. 856 (c. 176 a) che termina a c. 175 b; doc. 413 (c. 65 b) che

termina dopo il doc. 414; doc. 435 (c. 77 a) che term ina tra il doc. 434 e il 435, come si ricava dall’ordine delle deposizioni.

71 Cfr. Martino, doc. 372 (c. 41 b), dove una deposizione reca un segno di richiamo che la sposta nell’ordine.

(21)

3. - E sa u rita questa prim a parte del processo, messi a fuoco i p u n ti di disaccordo, gli interessati presentavano per isc ritto i n om i dei testim oni e i punti (tituli) sui quali essi dove­ vano essere a sc o lta ti72. Il problem a riguarda ancora una volta la receptura et exemplatura dei testimoni: il fatto che Rolan­ dino afferm i l’obbligo di far redigere le testimonianze al notaio del giudice, non esclude la possibilità, accettata del resto, sia p u r con qualche lim itazione, dallo stesso maestro della dot­ trin a n o ta rile m edievale, che questi verbali potessero essere re d a tti da n o ta i di parte 73. I due sistemi finivano così per con­ vivere nello stesso tem po, m agari nella stessa città: ci sembra azzard ato p erò afferm are che solo in età più tarda della nostra si sia g iu n ti al principio che fa del verbale di deposizioni testi­ m oniali u n vero atto di ufficio 74. Non si tratta, a nostro avviso, di te rm in i cronologici, bensì geografici; più che studiare i tempi sareb b e necessario indagare sulle condizioni che hanno deter­ m in ato il sorgere dei sistem i in questa o quella città. In ogni caso, com unque, secondo la dottrina del tempo, le deposizioni eran o sc ritte o trascritte negli appositi libri testium, dopo la le ttu ra in g iu d izio 75. I testim oni, dopo aver giurato di dire la v erità e di « testim onium tenere secretum donec fuerit publica­ tu m . . . de iudicis m andato vel de partium voluntate »76,

espo-72 A Savona si chiamavano tituli; per altri termini cfr. A. Pertile

cit., pp. 186-187; A. P a lm ieri cit., parte II, p. 160.

73 R o la n d in o cit., parte III, c. 76 a; Giovanni da Viterbo, Liber de

regim ine civitatum , in Bibliotheca iuridica Medii Aevi, III, Bologna,

1901, p. 259. La limitazione di Rolandino si riferisce alla mancanza di uno scriba com unale; il caso è ripreso dagli statuti mantovani (P. To­ r e l l i cit., p arte I, p. 20); cfr. anche Statuti di Noli cit., p. 81, Statuta

com m unis Vercellarum cit., col. llój; Statuta communitatis Novariae

cit., p. 14. Gli statuti più espliciti in materia sono quelli bresciani (Sta­

tuti bresciani cit., col. 1794) ove si prescrive che « dieta omnium testium

red ucantu r in scriptis super libris propriis offìtialium ita quod de eis quandocum que plena possit haberi copia».

74 P. T o r e lli cit., parte II, p. 139.

75 p. T o r e lli cit., parte II, pp. 142-143; cfr. anche Statuti antichi

di Albenga cit., p. 359.

76 R o la n d in o cit., parte III, cc. 78 b, 116 a; A. Pertile cit., p. 184.

(22)

nevano i fatti; le loro dichiarazioni venivano ra c c o lte d a un notaio, privato o comunale77. Due erano q u in d i i m o m en ti: istruttoria segreta e udienza pubblica. A quale d ei d u e rife rire gli atti savonesi che si basavano sulla stessa p ro c e d u ra ? D alla risposta a questo interrogativo dipendono le co n clu sio n i del nostro lavoro: se si tratta di istruttoria, risu lta av v alo rato il carattere pubblico di tali atti e ulteriorm ente d o c u m e n ta to l’in­ teresse del comune alla loro redazione da p arte d el n o ta io d 'u f­ ficio; se, invece, si tratta delludienza pubblica, e q u in d i di p ro ­ babili copie, cadono, almeno per questo p unto, le conclusioni che siamo venuti traendo fin qui.

La pratica savonese non sem bra discostarsi d a lla d o ttrin a giuridica78 del tempo. Il form ulario per l'escussio ne dei testi­ moni era il seguente:

L. (leguntur?) testes Iohannis contra Am brosium . Ex eo quod

(segue il titolo o tesi sui quali si invoca la testim onianza). Q uindi si

davano i nomi dei testimoni ed, eventualmente, altri titoli.

Il giuramento avveniva alla presenza delle p a rti 79: il teste veniva quindi interrogato sul fatto che aveva d a to o rig in e alla causa, sul luogo e sulle circostanze dello stesso, su l g iorn o, sul tempo e sui presenti aU'avvenimento; nè m an cava l'in te rro g a ­ zione finale se il teste era « locatus vel rogatus, vel am icu s sive inimicus alicuius partium », per ricercare le ev e n tu ali collu­ sioni tra teste e parti o l’interesse che il p rim o p o te v a avere nel rendere testimonianza80.

Il giudice era presente: il fatto stesso che il n o ta io M ar­ tino riferisca espressamente che una causa si svolge so tto un

77 Statuti di Noli cit., p. 80; Statuti antichi di A lbenga cit., p. 357;

Statuta communitatis Novariae cit., p. 4; negli statuti di V ercelli (Statuta

communitatis Vercellarum cit., col. 1164) si prescrive « quod consules

non teneantur interesse ad recipiendos testes, sed unus n o tariu s consu­ lum eos recipiat ».

78 Ranieri da Perugia, cit., p. 47.

79 Martino, doc. 772 (c. 125 b).

(23)

giudice diverso da quello indicato all’inizio del registro delle testim o n ian ze 81, conferm a implicitamente che tutte le altre cause eran o presiedute dal giudice ordinario, dal vicario del p o d està o dei consoli82. Altrove lo stesso notaio annota l’or­ dine esp licito del giudice di non procedere oltre nelle testi­ m onianze.

P er q u an to riguarda la redazione manuale nel cartulario, osserviam o, in via prelim inare, che valgono per questo genere di a tti tu tte le osservazioni che abbiamo fatto a proposito della redazione delle deposizioni delle parti (spontaneità, parole tro n ch e a m età, correzioni, ripetizioni, discorso diretto e indi­ re tto etc.) 83. Anche qui esistono alcuni atti particolarmente illu­ m in an ti: u n a deposizione depennata, probabilmente per suc­ cessivo ripensam ento del teste, viene ripresa ex novo dopo q uella di u n altro 84. Si avverte l’esitazione e la reticenza del testim o n e nel riferire cose che possono nuocere, la difficoltà di ric o rd are fatti o sentim enti sepolti nel tempo. Tutto questo non può essere frutto di copie, tratte in un secondo momento dagli ap p u n ti dell’istruttoria; altrimenti i verbali si presente­ reb b ero p iù curati nella form a esteriore, meno prolissi, privi so p ra ttu tto delle parti depennate. Ancora una volta siamo con­ v inti di tro v arci di fronte ad un verbale curato nel corso stesso d ell’is tru tto ria dal notaio d ’ufficio; va da sè che questo non esclude che lo stesso registro sia stato utilizzato, in un secondo tem po, anche nell’udienza pubblica e che la formula leguntur (se in terp retiam o correttam ente l’abbreviatura) vada ricolle­ g ata al secondo tem po, a m eno che non si voglia attribuire al verbo il significato meno letterale di « ascoltare » che confer­ m erebbe ancora una volta la nostra opinione circa la redazio­ ne in sede d ’istruttoria. Va aggiunto ancora che le numerose

81 M artino, doc. 794 (c. 143 b). 82 M artino, doc. 785 (c. 135 b).

83 M artino, docc. 776 (c. 128 a), 781 (c. 133 a), 783 (c. 134 b), 786 (c. 136 b), 791 (c. 140 b).

84 M artino, doc. 784 (c. 135 a). — 27 —

(24)

correzioni, se fossero state aggiunte in udienza p u b b lic a , figu­ rerebbero nell’interlinea, non di seguito al d isc o rso .

Riferiamo ancora un docum ento del 1204 85 ch e ci sem b ra assai significativo per quanto siano venuti esp o n en d o . Si tra tta di una causa relativa ad una rissa avvenuta a S av o n a, n ei p ressi del porto. Le testimonianze, riferite dal notaio M a rtin o , avreb­ bero dovuto articolarsi in quattro titoli di p ro v a, co m e risu lta chiaramente dagli spazi bianchi sui quali il n o ta io si riserv av a di completare il tutto (cfr. la tavola allegata); su lla b ase dei quattro titoli iniziarono le testim onianze. Lo sc riv e n te si preoc­ cupava di annotare subito quanto gli veniva d e tta to a voce, lasciando gli spazi bianchi per quegli appunti (tito li e n o m i dei testimoni) che gli erano stati presentati per is c ritto 86. D u ran te l’udienza, per motivi che ci sfuggono, i q u a ttro tito li p revisti all'origine furono conglobati in uno solo:

Testes Bonusiohannes (sic) Vitio circa communi Saone; ex eo quod Bonusiohannes Vitius ferivit cum cultello Ansaldum Lombardum se defendendo in ripa Saone, subter Sanctum Petrum, quando Nadalen- ses fecerunt asaltum super Vitios prò cambio quod Vicii facere vole­ bant super homines de Gaitta; et illa feruta facta fuit in sturmo. No­ mina testium...

I testimoni, che avevano già deposto sui q u a ttro tito li p re­ cedenti, dovettero ripetere la loro deposizione su lla b ase del

85 Martino, docc. 799 (c. 146 b), 800 (c. 147 b); cfr. anche Mostra storica del notariato cit., pp. 124-125.

86 Le deposizioni dei testimoni dovevano essere fatte conoscere alla parte avversa, come si ricava dal titolo di una deposizione, ricalcato pienamente sull’affermazione di un testimone avverso: cfr. Martino,

docc. 774 775 (c. 127 a, b). Restano da citare due casi che escono dal quadro delineato: il primo atto reca l’annotazione « Testes adverse partis recepit magister Arnaldus » (Martino, doc. 783, c. 134 b); il secon­ do, barrato, riferisce che l’atto « fuit receptum in cartulario magistri Mainfredi » (Martino, doc. 798, c. 146 a). Dato che sicuramente entrambi i notai menzionati facevano parte della curia, i due casi potrebbero spiegarsi con l’esistenza di turni di servizio di cui abbiamo parlato alla n. 15. Il primo caso sarebbe dovuto all’assenza di Martino dalla udienza, il secondo dal desiderio di raggruppare in uno stesso cartu­ lario gli atti della stessa sentenza.

(25)

•7 'T t^r is j-tr~ ' I

/

/ x

/

/

7

/

7

Ucu* n ,-tr. _ ^ _ ~i~S- ^"aVa -•,. -\'^r't w •£*'•«'0• -- aVv u ~*#v- >|U 4v*rn ^^iitr-- \X \V W a U - V K% ir / 4i

1^"*T ~lvt~ ,ÿ > "'Nj-xcix ^ *t" ^ij«*»\<m •—o j«w •*-*v' ç-x irta ^ lir ^ '" 1'' Ip

. ’ "CV^rk' <t "> '« * r .-n Ç . - v « - V-^-AV^\v f»-w £r^'t^r W \w u > t). A vl\ > v 4 A i Njftv0

W < :.M . "■ £.*> . ..:& . . . . . • * » . . ‘ - --- . . . M . - •* V >1« \ * * *

v * / t *VV: -*V> fi>^

'2 " * •* » * . » \ ^w-»t i 'y » v * "' « y ^ a * * '' » » U & * c . ^ » ~ ^ A v r V - ^ ' S i « • - \ C < - ^ 4*' \ i {

(26)
(27)

nuovo tito lo ; il notaio provvide quindi ad annullare con tratti di p en n a le deposizioni precedenti che non avrebbe certamente rip o rta to nel cartulario se avesse lavorato su copie.

M ancano nei nostri cartulari le allegationes che gli inte­ ressati, o i loro avvocati, facevano o presentavano al giudice p rim a della sentenza per riepilogare, a loro giudizio, gli atti della causa; si trattava di vere e proprie arringhe di parte che n on figuravano quindi a verbale, mancando 1 interesse del co­ m une alla lo ro conservazione 87.

4. - A nche per la redazione della sentenza i cartulari nota­ rili savonesi conservano la loro importanza, rivelandoci com­ p letam en te la procedura osservata dalla curia comunale per l’em anazione della stessa e le funzioni di cui era rivestito il notaio-cancelliere.

G ià p reparan d o l’edizione del cartulario di Martino, ave­ vam o so sp ettato la presenza di una minuta: le sentenze stese con m o lta cura, gli atti regolarm ente intestati, ma privi di d ispositivo con spazi b ian ch i88, il rispetto dei margini laterali ci riconducevano all’esistenza di una prima redazione, ante­ rio re alla n ostra; si accertavano in questo genere di atti tutte le co n su etu d in i notarili già esaminate nei notai genovesi89. Il c artu lario di Saono, nel quale è inserto un manuale di sen­ tenze, docum entando in m aniera definitiva la duplice (triplice nel caso di rilascio delloriginale in pergamena) redazione della sentenza, era la conferm a delle nostre ipotesi.

T erm in ato il dibattim ento, il notaio presentava gli atti d ella cau sa al giudice, il quale, segretamente, — in camera di

87 C fr. A. Perule cit., pp. 107, 184; G. Biscaro, L’« allegatio iuris » presentata ai consoli di giustizia di Milano in una causa civile verso il

1180, in Archivio Storico Lombardo, XXXIV, 1907, p. 193; Idem, Note e

docum enti santambrosiani, Ibidem, XXXI, 1904, pp. 346-359.

88 M artino, docc. 536 (c. 101 a), 538 (c. 101 a).

89 Cfr. G. Costam agna, La Triplice redazione dell'« instrumentum »

(28)

consiglio diremmo noi, — preparava la sentenza, d i cu i Io scri­

vente annotava gli estremi sul manuale in q u esta form a:

a) causa di A. contro B. (talvolta veniva aggiunta anche la data

d'inizio del procedimento);

b) dispositivo della sentenza.

Mancavano, invece, in questa prim a redazione, le publica­ tiones, riservate, evidentemente, al m om ento d ell'em an azio n e pubblica della sentenza, alla presenza dei te stim o n i e delle parti in causa. La sentenza veniva quindi letta d ag li ap p u n ti del manuale, forse direttam ente dal notaio che vi aggiungeva la data cronica e i nomi dei testim oni, riservandosi di sten d ere con comodo, in un secondo m om ento, l’atto nel c a rtu la rio delle sentenze90. Ne consegue, però, che, nel m om ento in cui l’atto del manuale veniva corredato delle prescritte fo rm u le, p er­ deva l’originario carattere di m inuta, per d iv en tare istru m en- to esso stesso, dal quale potevano essere tra tte le c a rte in pu­ blicam formam 91. In tale procedura va forse ric e rc a ta la ra­ gione della conservazione nell’archivio dello ste sso m anuale. Ne risultano quindi meglio chiarite alcune n orm e s ta tu ta rie o dottrinarie che vincolavano il giudice a tenere se g re to il teno­ re della sentenza fino all’avvenuta pubblicazione 92; la

necessa-90 Saono, doc. 474 (c. 117 a); i docc. 489 (c. 120 a), 498 (cc. 121 b, 122 a), 499 (c. 122 a), 502 (c. 122 b), 503 (c. 122 b), 504 (c. 122 b), 526 (c. 125 b), 535 (c. 127 a) sono di mano del notaio Filippo di Scarm undia; le publicationes sono invece dovute al notaio Uberto di M ercato che trascrive nel cartulario i docc. 498, 499, 504 (cfr. docc. 587, 588, c. 141 a; 567, c. 138 a); gli altri documenti non sono trascritti. I docc. 519 (c. 125 a), 520 (c. 125 a) sono di mano di Uberto, mentre le publicationes sono opera di Filippo che li trascrive nel cartulario (docc. 578, 577, c. 139 b).

91 G. Costamagna, La triplice redazione cit., pp. 52-54. Gli statu ti di

Albenga (Statuti antichi di Albenga cit., p. 263) consentivano il m anuale. Per l’estrazione della charta dal manuale cfr. Saono, doc. 517 (c. 124 b).

92 « habeatur de cetero liber unus qui registrum d icitu r in quo possint et debeant registrari et scribi per scribas, qui p rò tem pore fuerint, omnes condemnationes » (Statuti antichi di Albenga cit., p. 312); « et sententias quas daturus ero vel potestas vel alii officiales com m u­ nis privatas tenebo et nulli manifestabo ante sentencias ap ertas nisi

(29)

ria eccezione per il notaio rogante avvicina quest’ultimo alla figura dell'im piegato pubblico, tenuto all’osservanza del segre­ to d ’ufficio. L ’esam e delle numerose correzioni del manuale e le differenze tra le due redazioni, dovute, in genere, all’acqui­ sizione di nuovi elem enti di giudizio, confermano pienamente tale p ro ced u ra.

N u m ero se sentenze del manuale presentano, infatti, un c a ra tte re di provvisorietà, condizionate come sono dal giura­ m en to di u n a parte in causa: tale formalità veniva compiuta solo in un secondo m om ento, in sede di udienza pubblica (come è d im o stra to dal m utare dell’inchiostro e, sovente, delle forme grafiche) e annotato, insiem e all’indicazione dei testimoni e della d ata, nel m anuale 93. Se casi del genere sono frequentis­ sim i, diverso appare il m odo di operare dei notai addetti alla curia; in genere il form ulario era il seguente: Inret A. di avere ragione e sa rà assolto; in caso contrario condannato; in qual­ che caso si ricorreva al giuram ento dell’avversario. Normal­

consciliariis cause vel scriptori » (Statuti bresciani cit., coll. 1584.124, 1647). Le sentenze dovevano essere scritte prima della loro pubblica­ zione (ibidem , coll. 1584.201, 1611); « omnis sententia feratur in scriptis »

(ibidem , col. 1584.250); «debeat iudex sententiam diffinitivam prius

form atam in scriptis inserere et sic publice, officio presente, per se ipsum ex scripto recitare » (R ogerio cit., p. 189). Il notaio doveva anno­

tare om nes condemnationes e notificarle al clavigero per l’esecuzione

(S ta tu ti di Noli, pp. 116-117). Pressapoco le stesse disposizioni stabili­

scono gli statu ti di Vercelli, (Statuta communitatis Vercellarum cit., col. 1150) di Portovenere (E. Pandiani, Gli statuti di Portovenere,

Genova, 1901, p. Ili) e di Como (Liber statutorum consulum Cumano­

rum iusticie et negotiatorum, in H.P.M., Leges Municipales, II, Torino,

1876, col. 36). S ull’argomento cfr. anche A. P ertile cit., p. 236; A. D’Amia

cit., pp. 118-119.

93 Saono, doc. 495 (c. 121 b), doc. 501 (c. 122 a), in cui la parte dispo­

sitiva è di Filippo, l’annotazione del giuramento di Uberto; cfr. anche il doc. 515 (c. 124 a) dove è stato depennato ciò che si sarebbe verificato se la p arte non avesse giurato. I docc. 516 (c. 124 b), 532 (c. 126 b), 536 (c. 127 a), 538 (c. 127 a), 540 (c. 127 b), 543 (c. 127 b) recano, in sottoli­ nea, a proposito dell’avvenuto giuramento: et ab eo prestito.

Riferimenti

Documenti correlati

tiones, riservate, evidentemente, al m om ento d ell'em an azio n e pubblica della sentenza, alla presenza dei te stim o n i e delle parti in causa. La sentenza

In het jaar 1993 wordt hij uitgedaagd door de opmerking van een student, die zei dat enkele intellectuelen klaagden over CL, omdat CL “vóór 1976 veel beter was [...], toen het zich

Gli interventi qui presentati combinano l’analisi del testo letterario, e delle sue inter- sezioni con l’ecologia, il non-umano, i disastri naturali, la violenza ecologica

diendo sive contraiaciendo in predictis condempnetur et condempnari possit per rectores dicte artis in solidos decem janue pro quolibet contrafaciente et qualibet

ART. La presente integrazione al Regolamento di Istituto e al patto di corresponsabilità educativa si rende necessaria al fine di individuare le misure da attuare

[r]

(file system).. ')ls -l [&lt;nomedir&gt;]mostra tutte le informazioni per i file (tipo del fil e ,permessi, numero link, proprietario...)ls -la [&lt;nomedir&gt;]è l’unione

le acque di prima pioggia sono riconducibili alle acque reflue industriali, devono essere stoccate in un bacino a tenuta e, prima dello scarico, opportunamente trattate,