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Aristotele - "Maestro di color che sanno", parte seconda: la fisica

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ARISTOTELE

“Maestro di color che sanno”

Parte seconda: la fisica

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Che cosa è la fisica

• La fisica per Aristotele è a scienza che studia la sostanza sensibile. Essa estende i suoi interessi, ovviamente, anche agli esseri viventi (comprende quella che oggi chiameremmo biologia), e lo fa in stretta connessione con la metafisica, la quale è pensata come scienza che studia il fondamento di tutti gli esseri (sensibili e sovrasensibili) e i cui risultati pertanto sono da ritenersi vincolanti anche per lo studio della realtà naturale. A differenza delle scienze moderne, la fisica aristotelica, utilizza un metodo osservativo e deduttivo ma non sperimentale, e non fondato sulla misurazione dei fenomeni secondo un’ottica matematica. Si tratta insomma di una scienza qualitativa e non quantitativa.

(3)

Prima caratteristica del mondo

fisico: il movimento

• Ciò che salta agli occhi dell’osservatore della realtà naturale, e che non era sfuggito né ai presocratici né a Paltone,è il fatto che tale sfera della realtà è caratterizzata dal divenire: la realtà naturale è una realtà in movimento. Aristotele specifica che cosa significhi da un punto di vista fisico “movimento”. Esso in generale si qualifica come il passaggio dalla potenza all’atto, ma a seconda delle diverse categorie di essere cui si applica prende diversi nomi:

• Secondo la sostanza il movimento è detto generazione e/o corruzione

• Secondo la qualità è detto alterazione

• Secondo la quantità, aumento o diminuzione

• Secondo il luogo, traslazione o movimento locale

• (il quando o tempo è già di per sé movimento, così come l’agire e il patire, mentre la relazione on ammette movimento).

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Il tempo

• Divenire e tempo sono, lo abbiamo già detto

strettamente legati. La definizione aristotelica del

tempo diverrà presto canonica: esso è la misura

del divenire secondo un prima e un poi.

• Essendo una misura, presuppone, da un lato gli

oggetti divenienti, dall’altro un’intelligenza

misuratrice, l’anima umana.

• Il tempo ha cioè un aspetto oggettivo (gli oggetti

che mutano) e soggettivo (il soggetto umano

intelligente che misura il divenire.

(5)

La causa del movimento

• Ogni movimento ha sempre una causa:

materia e forma sono le cause intrinseche

del divenire, perché la loro esistenza già di

per sé lo implica. Vi è, però, anche un sua

causa esterna già in atto (omne quo

movetur ab alio movetur, principio del

movimento locale), e uno scopo del

divenire che coprono lo spettro della

causa efficiente e finale.

(6)

Il movimento locale

• Nell’universo il movimento locale, che è quello la

cui percezione è più immediata e frequente, può

essere rettilineo – il movimento che caratterizza i

corpi nel mondo terrestre – o circolare – il

movimento dei corpi celesti.

• Il movimento rettilineo può essere dal centro del

mondo verso l’esterno, cioè verso l’alto; oppure

dall’esterno verso il centro del mondo, cioè

verso il basso. Vedremo poi come Aristotele

consideri questi luoghi – alto e basso – luoghi

assoluti.

(7)

Il luogo (spazio)

• Ma prima di vedere come i luoghi siano assoluti bisogna capire il senso del concetto di luogo. Per Aristotele il luogo è ciò che contiene un oggetto senza essere l’oggetto stesso, ed è immobile (in questo si distingue dal recipiente, che è un contenitore mobile). La definizione di luogo è la seguente:

• Primo limite immobile di ciò che è contenente.

• Data questa definizione non esiste il vuoto, perché sarebbe un luogo senza un oggetto, ma il luogo si definisce in base al fatto di contenere un oggetto. Quindi un luogo senza oggetto sarebbe di per sé una contraddizione.

(8)

Gli elementi del mondo e il loro

luogo naturale

• Tutti i corpi materiali sono costituiti da quattro elementi originari – quelli propri della fisica empedoclea e pre-socratica – acqua, aria, terra, e fuoco. In base alla loro composizione prevalente i corpi hanno una collocazione naturale nello spazio. La terra è l’elemento più pesante e sta in basso, l’acqua lo è un po’ meno e si colloca sopra la terra, l’aria è leggera e sta sopra all’acqua, il fuoco è l’elemento più leggero e si colloca verso l’esterno o l’alto. Tutti i corpi cosi formati hanno quindi un movimento naturale verso il loro luogo naturale, raggiunto il quale essi staranno in quiete.

I quattro elementi sono caratterizzati da alcune qualità primarie: • Terra – secco e freddo

• Acqua – umido e freddo • Aria – umido e caldo • Fuoco –secco e caldo

(9)

L’etere o quint’essenza

• Questa composizione riguarda il mondo fisico

che Aristotele chiama sub-lunare perché situato

al di sotto della sfera della Luna, il primo pianeta

del mondo celeste.

• Il mondo celeste è caratterizzato da una diversa

composizione materiale. Non è costituito dai

quattro elementi, ma da una materia speciale,

denominata etere o quint’essenza, incorruttibile

e più perfetta di quella del mondo sublunare, e

suscettibile solo di movimento locale, circolare.

(10)

La struttura dell’universo

• L’universo è composto da sfere cristalline concentriche, in cui sono incastonati i pianeti e le stelle (in questo ordine dall’interno all’esterno). Per spiegare il movimento dei pianeti, che allo sguardo che noi diamo sulla volta celeste non è mai perfettamente regolare, Aristotele ha ipotizzato che ogni pianeta sia mosso da più sfere. Ogni sfera è governata da un’intelligenza (55 in tutto) e il movimento complessivo è governato dal motore immobile.

• Le terra è situata la centro dell’universo, sotto la prima sfera della luna, con i suoi quattro elementi digradanti verso il centro.

• L’universo nel suo complesso è eterno, unico , finito e perfetto.

(11)

La matematica

• Il ruolo della matematica è quello di

misurare i corpi fisici, che posseggono

superfici e volumi. Su questi elementi

indaga la matematica e la geometria. I loro

oggetti di studio (linee, punti, volumi

,numeri) sono ASTRATTI dagli oggetti

naturali, per opera della mente umana. I

numeri infatti sono in potenza nelle cose, e

in atto nella nostra mente.

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L’infinito

• Ciò che è infinito è qualcosa di non

definito, di aperto, e dunque sempre in

potenza. L’atto è la realizzazione completa

e chiusa delle potenzialità, e quindi

de-finisce sempre qualcosa. E’ stabile e

chiuso, l’infinito non può quindi mai essere

in atto.

(13)

LA PSICOLOGIA

• La fisica tratta anche degli esseri viventi.

Gli esseri viventi, tutti, sono tali perché

posseggono un’anima. L’anima è ciò che

rende un ente inerte qualcosa di vivente e

di appunto “animato”. Infatti nel De anima

la definizione del principio “animatore”

della materia così suona: “atto primo di un

corpo che ha vita in potenza”.

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L’anima: atto primo di corpo che

ha vita in potenza

• “Atto primo” significa la prima attualità, cioè il livello iniziale di realizzazione di alcune capacità che sono contenute nella materia, la più basilare delle quali è appunto il vivere. Poi su tale base interverranno altre perfezioni, altre caratteristiche (ogni vita realizza infatti qualche propria specifica qualità), che andranno a costituire l’identità di quella vita.

• “Il corpo” è la materia, il sostrato sul quale si innesta la vita

• “Che ha vita in potenza” significa che quella materia su cui si innesta la vita è disponibile sin dall’inizio a ricevere la vita.

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Le funzioni dell’anima

• Le attività dell’anima si espletano a vari livelli:

• Il primo è quello vegetativo (anima vegetativa) e implica le funzioni della nutrizione e della riproduzione. E’ questo il piano più basso ed elementare della vita, corrispondente a quello delle piante.

• Il secondo è quello sensitivo (anima sensitiva) ed è caratterizzato dalle funzioni della sensazione dell’appetizione e del movimento. Sono questi gli elementi che caratterizzano la vita animali, di quegli esseri cioè che oltre a vivere, percepiscono la realtà esterna attraverso i sensi, provano desiderio e posseggono una certa volontà e infine si muovono verso l’oggetto desiderato.

• Il terzo è il livello più alto, posseduto dall’uomo, che si contraddistingue per l’esercizio della razionalità (anima intellettiva), che rende in grado i soggetti di conoscere e di deliberare (cioè di prendere decisioni razionali).

(16)

Le funzioni inferiori e superiori

• Le funzioni inferiori possono essere

presenti senza le superiori come nelle

piante (cui manca l’anima sensitiva e

intellettiva) o negli animali (cui manca

l’anima intellettiva), ma laddove vi siano le

superiori, vi sono necessariamente anche

le inferiori: chi possiede l’anima sensitiva,

possiede anche la vegetativa, chi ha

l’anima l’intellettiva, ha pure quella

vegetativa e sensitiva.

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La sensazione

• Aristotele, dopo aver affrontato in modo generale l’argomento anima, procede a caratterizzare le funzioni che risultano più importanti per definire i tratti dell’essere umano (che è come lo scopo cui tende la natura, essendo l’ente dotato di ragione e quindi, situato al vertice del nostro mondo terrestre).

• La sensazione è quella funzione ancora animale, che però risulta importantissima per definire il primo livello della nostra conoscenza del mondo. Essa avviene grazie ai nostri sensi (vista, udito, tatto, olfatto, gusto). I nostri sensi sono POTENZA di ricevere sensazioni, che passa all’atto nel momento in cui si presenta l’oggetto. I sensi però non ricevono l’oggetto nella sua materialità, ma solo nella sua forma. Degli oggetti che conosco i miei sensi non assimilano il loro essere materiale, ma solo le caratteristiche formali (per esempio quando sento la superficie di un tavolo, passandovi la mano, il mio tatto non assimila il legno di cui è fatto il tavolo, ma solo la sua forma, cioè una o più sue qualità attuali – la liscezza,il suo calore etc.).

(18)

Forma e materia della sensazione

I nostri organi sensoriali sono fatti in modo da potersi rendere uguali agli oggetti percepiti, ma non all’oggetto intero, bensì alla sua forma. Sono come delle guaine, dei calchi che in potenza possono prendere qualsiasi forma, e di volta in volta prendono la forma dell’oggetto che viene in contatto con loro. E’ come se un qualche oggetto, un anello con uno stemma per esempio, imprimesse la sua forma nella cera o (diremmo oggi) nel pongo. La cera e il pongo sono i nostri sensi. L’oggetto, l’anello nel nostro esempio, trasferisce la forma dello stemma alla cera, ma la cera non riceve tutto l’oggetto, non assimila l’anello in tutta la sua materia (per esempio l’oro di cui è fatto), bensì appunto solo nella sua forma esterna che rimane “stampata” nella cera.

(19)

Sensibili propri e comuni

• Ogni senso ha degli oggetti specifici che egli

percepisce in modo esclusivo: il colore, ad

esempio, per la vista, la durezza o il calore per il

tatto, la dolcezza per il gusto etc.. Queste

caratteristiche sono dette “sensibili propri”.

• Vi sono poi dei caratteri degli oggetti che non

sono percepiti da un solo senso, ma con il

concorso di diversi sensi. Tra questi caratteri vi

sono il moto, la quiete, la figura e la grandezza,

che sono detti “sensibili comuni”.

(20)

Sensazioni fantasia e memoria

• Di un oggetto, la cui forma noi abbiamo conosciuto attraverso i sensi, noi ci possiamo costruire un’immagine attraverso la FANTASIA – la facoltà di evocare immagini - cosa che ci serve per rappresentarci l’oggetto che abbiamo conosciuto quando non l’abbiamo sotto mano e per riconoscerlo quando ci si ripresenta.

• Quest’ultimo fenomeno è reso possibile dal fatto che le immagini della fantasia vengono trattenute nella memoria. La fantasia contiene quindi le forme degli oggetti che abbiamo conosciuto attraverso i sensi e permette la loro archiviazione nella memoria. Dal fatto che conosciamo degli oggetti, noi poi possiamo capirne l’utilità, desiderarli (appetito) e muoverci in loro direzione per appropriarcene (movimento). Tutto ciò è tipico della vita degli animali e della parte animale della vita umana.

(21)

Dalla sensazione alla fantasia: le prime

tappe del processo conoscitivo

• Fin qui abbiamo visto le prime tappe del

processo attraverso cui l’anima – in questo caso

animale o umane – entra in un rapporto

conoscitivo con la realtà: conosce oggetti che

servono al mantenimento in vita del corpo di cui

l’anima è la vita.

• Infatti conoscendo, gli animali (e anche gli

uomini), possono sapere ciò che è necessario

per procurarsi cibo, bevande, copertura dalle

intemperie etc.

(22)

La vita umana

• Ma questo livello di funzioni sensitive

nell’uomo rappresenta solo una prima

tappa, del processo con cui egli entra in

relazione con la realtà. Infatti l’uomo

possiede una facoltà superiore, quella

intellettiva, che gli consente di raggiungere

un livello più elevato di conoscenza e di

aspirare ad una vita emancipata e liberata

dalle funzioni puramente animali. L’uomo

compie tutto ciò grazie all’anima razionale.

(23)

Conoscenza sensibile e intellettiva

L’anima RAZIONALE presiede ai processi della CONOSCENZA INTELLETTIVA.

Come la conoscenza sensibile riguardava l’assimilazione delle forme degli oggetti dei sensi o forme sensibili,

la conoscenza intellettiva riguarda l’assimilazione delle forme intellegibili ossia dei concetti universali.

Se, per esempio, per quel concerne l’oggetto UOMO, la forma sensibile mi restituisce le sue caratteristiche fisiche percepibili con i sensi: altezza, magrezza, colore degli occhi, movimento etc.; la forma intellegibile mi dà il suo concetto, la sua essenza, cioè l’essere egli un “animale razionale”.

(24)

La forma intellegibile

• Ma come arrivo a questa forma intellegibile?

• 1) Il primo passo è compiuto dalla SENSAZIONE. Dalla sensazione ricevo le forme sensibili dell’oggetto che voglio conoscere.

• 2) Il secondo passo è opera della FANTASIA. Attraverso le forme sensibili la fantasia raccoglie delle immagini dell’oggetto.

• 3) Il terzo passo si deve all’INTELLETTO. Nelle immagini della fantasia sono contenute IN POTENZA le forme intellegibili, cioè sono latenti i concetti degli oggetti in questione, cioè la loro essenza, che va concepita come ciò che descrive nella maniera migliore e più universale quell’oggetto medesimo e che non è percepito direttamente dai sensi, ma attraverso una riflessione. Avere un rapporto concreto e sensibile con molti uomini mi permette di farmi un’idea generale e universale di che cosa sia l’uomo, cioè di portare all’ATTO le forme intellegibili, i concetti che sono contenute in potenza nella fantasia che ha raccolto le forme sensibili.

(25)

Intelletto agente e possibile

• In quest’ultima operazione vi sono all’opera due tipi di facoltà intellettuali

• L’intelletto agente è ciò che contiene in atto tutti i concetti e le forme intellegibili, e che potremmo identificare come il luogo del sapere perfetto, pienamente realizzato. Questo intelletto agente, applicandosi sulla fantasia, porta all’atto, estrae, le forme intellegibili latenti nella fantasia stessa. Cioè: l’intelletto agente, riflettendo sulle forme sensibili, conia i concetti, produce le idee generali e universali che definiscono l’essenza ultima delle cose.

• L’intelletto possibile riceve queste forme intellegibili come un’altra tavoletta di cera in cui si imprimono. L’intelletto possibile è la nostra capacità di conoscere, rappresenta tutte le nostre potenzialità intellettuali, che senza un sapere preciso rimarrebbero allo stato di pura potenzialità (come quando si dice che uno studente “ha le capacità ma non si applica”). Il sapere giunge all’intelletto possibile che si sta sforzando di capire, dall’intelletto agente che contiene il sapere delle “cose come stanno veramente”.

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L’intelletto agente illumina l’inteletto

possibile

• Proprio nel momento in cui l’intelletto agente ILLUMINA (Aristotele dice che l’intelletto agente è proprio come la luce che rende visibili i colori, prima confusi in un grigio indeterminato) l’intelletto possibile, avviene ciò che accade quando noi ci accorgiamo di capire un concetto. E’ questa la fase in cui noi CAPIAMO qualcosa, cioè ci appropriamo di un concetto, ce lo chiarifichiamo nella testa, ci si accende la famosa lampadina dei fumetti e possiamo dire “eureka”!!! (gli psicologi moderni lo chiamano insight e indicano con questa parola il momento in cui noi passiamo dalla confusione alla chiarezza, dalle nebbie al cielo azzurro e luminoso). Così l’intelletto possibile, illuminato dal sapere dell’intelletto agente, perviene anch’egli al medesimo sapere e da intelletto possibile passa a sua volta all’atto.

(27)

Che cosa avviene quando ci

appropriamo di un sapere

• Dunque, per riassumere, l’intelletto agente è

quella facoltà che conia un concetto chiaro,

preciso, netto e lo imprime nella nostra capacità

di sapere ossia nell’intelletto possibili, il quale è

come una tavoletta liscia, un quaderno bianco

dove si può scrivere ogni cosa. In tal modo ciò

che possiamo (POTENZA, intelletto possibile)

sapere diventa nostro, diventa sapere vero e

proprio ed effettivo (ATTO, intelletto agente),

quindi un nostro definitivo possesso.

(28)

L’intelletto agente e le sue

peculiarità

• Per Aristotele l’intelletto agente è SEPARATO, cioè rappresenta una parte dell’anima separata da tutto il resto, la parte migliore, eterna, incorruttibile e immortale che è responsabile della nostra sapienza e di tutto ciò che in noi è acquisizione stabile, non soggetta a dubbio o a confutazione. In quanto si tratta della parte migliore dell’anima, l’intelletto agente ha precedenza su tutto il resto di ciò che costituisce la nostra umanità. Come l’atto viene prima ed è superiore alla potenza, così l’intelletto agente viene prima ed è superiore all’intelletto possibile, anche se da punto di vista di quello che accade in noi quando cerchiamo di capire qualcosa, vengono temporalmente prima lo sforzo e la capacità, e dopo il successo e la realizzazione di ciò che si era capaci di fare e sapere.

(29)

Antropologia aristotelica

• La vita umana ha quindi una sua irriducibile specificità. Essa, attraverso l’intelletto agente, che rappresenta il vertice delle facoltà umane, ha in sé un nucleo di eternità e di immortalità che fa dell’uomo un ente del tutto particolare. Se Platone aveva parlato apertamente di una immortalità dell’anima, Aristotele, rielaborando Platone con una sua innegabile originalità, parla dell’eternità dell’intelletto agente. Il problema è tutto nella sua separazione. Se cioè l’intelletto agente, pur separato dalle altre facoltà umane, è un possesso individuale (come voleva Tommaso d’Aquino), l’uomo in quanto individuo possiede un’anima immortale; se la sua separazione è più netta, e individuale è solo l’intelletto possibile (come volevano Alessandro di Afrodisia e, in particolar modo Averroè, un autorevole interpreti arabo di Aristotele) l’immortalità è solo, diremmo dell’umanità, e il singolo individuo sarebbe solo destinato a scomparire come tale e ad annegare nel mare

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