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L’insonnia della fretta digitale e la saggezza dell’uomo dormiente: è tempo di riflettere

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Academic year: 2021

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RTH – Rubrica Feedbacks

D. Olivieri  

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L’insonnia della fretta digitale e la saggezza dell’uomo dormiente:

è tempo di riflettere

Diana Olivieri

Non più di un mese fa sono rimasta colpita dalla notizia che per accaparrarsi una delle 1000 T-shirt commemorative dell’apertura del primo Apple Store della regione Veneto presso un centro commerciale, migliaia di ragazzi si sono appostati fin dalla notte precedente alle porte dei cancelli.

Se solo tanta tenacia fosse applicata ad altri settori dell’esistenza…

Oggi i prodotti tecnologici rinnovandosi rapidamente, ci costringono ad affrettarci per rimanere aggiornati all’uso di nuove micro-meraviglie, sistemi pseudo-socializzanti come Facebook, Twitter e Wazzup, che se rifiutati rischiano di isolarci dal mondo, gettandoci in un solipsismo kafkiano.

Lamberto Maffei coglie tutta l’attualità del disordine consumistico della società odierna nel delizioso volume Elogio della lentezza (Ed. Il Mulino, Bologna, 2014) dove si interroga sul futuro stesso del nostro cervello, inadatto all’eccessiva rapidità per sua stessa costituzione.

Se infatti la tecnologia ha trasformato la comunicazione umana in cinguettii istantanei, quella tra neuroni è invece rimasta immutata.

La fretta disorienta i centri mnemonici, mentre la lentezza agevola il pensiero razionale. Anche la più fulminea delle intuizioni richiede tempi lunghi di sedimentazione, in termini di lavoro associativo tra aree cerebrali.

E che dire della mente, che non possiede nemmeno una definizione univoca di tempo.

Col passare degli anni il nostro cervello, bombardato dalla frettolosità del quotidiano, tende ad abbandonare le sue onde più “benefiche” – quelle Alfa proprie degli stati creativi, della meditazione e del dormiveglia – a favore delle onde Beta, quelle della veglia, dello stress e dell’ansia quotidiana.

Nello stato Alfa il pensiero si fa più lento e la mente più nitida. La comunicazione tra i due emisferi si fa coordinata e sincronizzata e il maggiore rilascio di serotonina predispone alla calma emotiva: la condizione mentale ottimale per pensare in modo razionale ed equilibrato.

Non è un caso che la società multitasking di oggi esalti l’agire d’istinto, rapido e istantaneo come se si trattasse della migliore delle scelte possibili. Intanto la società del consumo sfrutta abilmente la proprietà plastica del nostro cervello e rendendo automatici determinati circuiti cerebrali, fa sì che l’impulso all’acquisto e la spinta al consumo diventino irreversibili.

Il cervello umano, inventando lo strumento digitale, ha incredibilmente modificato se stesso. Ciò è evidente nei ragazzi, nei quali si avverte come sia in atto una ristrutturazione del linguaggio fonetico e della scrittura, a favore della sintesi estrema.

È possibile allora che la globalizzazione, invece di produrre civiltà, possa generare un mostro: l’involuzione cerebrale collettiva?

Tra le righe, Maffei contesta con forza i modelli socioculturali dominanti, che rischiano di trovare nell’ambito educativo un terreno fertile su cui attecchire, data la vulnerabilità dei giovani, il cui potenziale di plasticità cerebrale è massimo.

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Il principale strumento di cui disponiamo per contrastare tali effetti negativi è proprio l’educazione e dunque la scuola, che “allertando la critica individuale, può interrompere il riflesso condizionato e complesso del consumismo” (p. 108).

Gli antichi Greci concepivano come Kronos il tempo che scorre inesorabile, e come Kairos il tempo del momento opportuno.

L’impresa educativa, in quanto processo organico, trae la sua massima ispirazione dal dio Kairos, poiché l’apprendimento significativo si ottiene solo attraverso la comprensione.

Elogiare la lentezza, come Maffei ci invita a fare, può dunque contribuire a motivare educatori, insegnanti e genitori a riconsiderare la lentezza come elemento chiave per educare con successo, poiché si confà allo stile apprenditivo del nostro cervello.

Non tenerne conto significherebbe perdere di vista l’integrale antropologico.

La scuola lenta, contrariamente a quella veloce che concepisce l’educazione come training, pone la comprensione davanti alla copertura del programma: ci vuole tempo per instaurare un rapporto di paideia, per impegnarsi nel dialogo socratico.

Per nostra fortuna, il sistema lento influisce su quello rapido, modulandone la velocità e valutando la salienza dell’informazione, tramite eccitazione o inibizione dell’attività delle aree corticali sensoriali.

Leggendo la cronaca del Veneto, scopro qualcosa di divertente: se il desiderio dell’acquisto del nuovo è generato dal pensiero rapido della moda, il pensiero lento della riflessione, per quanto utilitaristica, ha portato molti di quei ragazzi che con sacrificio si erano assicurati la maglietta dell’Apple Store, a rivenderla quasi immediatamente su eBay alla esorbitante cifra di 200 euro.

Come dire, liberarsi del bene ancora desiderabile per qualcun altro, prima che sopraggiunga lo spettro dell’obsolescenza che lo renderà un inutile ingombro sul fondo di un cassetto.

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