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L'ipotesi di instabilità finanziaria di Hyman P. Minsky

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE

1 IL PENSIERO ECONOMICO DI MINSKY 2

1.1 Ispirazioni teoriche 4

1.2 Il paradigma Wall Street 7

2 REINTERPRETAZIONE DELLA TEORIA GENERALE IN SENSO FINANZIARIO 13

2.1 Teoria dell’Investimento, aspetti microeconomici: il modello dei due prezzi 14

2.2 Determinazione dei profitti: Equazioni di Kalecki 19

2.3 Profitti e andamento dell’Investimento 23

3 IPOTESI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA 26

3.1 Tassonomia dei flussi di cassa e classificazione delle attività 26

3.2 Tassonomia delle unità finanziarie 27

3.3 Ipotesi di instabilità finanziaria: assunzioni di base 30

3.4 Ipotesi di instabilità finanziaria come spiegazione del ciclo economico 31

3.5 Implicazioni di politica economica 37

4 LIMITI DELL’IPOTESI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA E SVILUPPI SUCCESSIVI 43

4.1 Limiti dell’ipotesi di instabilità finanziaria 43

4.2 Risistemazione dell’ipotesi di instabilità finanziaria: risposta alla critica di Lavoie e Seccareccia 45

4.3 Spiegazione della crisi subprime, secondo un adattamento dell’ipotesi di instabilità finanziaria al capitalismo moderno 47

CONCLUSIONI 58

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INTRODUZIONE

Il principale obiettivo della tesi è quello di esporre il contributo di Hyman Minsky al pensiero economico contemporaneo ed in particolare allo studio dell’instabilità finanziaria.

In questo lavoro, un particolare focus è dedicato alla visione dell’economia offerta da Minsky, alla reinterpretazione di Keynes in senso finanziario e alla conseguente elaborazione dell’ipotesi di instabilità finanziaria come chiave di interpretativa del ciclo economico.

In ultimo, mi sono soffermato sugli ultimi lavori di Minsky, riguardanti l’evoluzione del capitalismo, per poter spiegare l’adeguatezza dell’ipotesi di instabilità finanziaria nello spiegare l’economia capitalistica attuale.

Nonostante Minsky sia stato un economista molto attivo nella pubblicazione di scritti innovativi, non è stato quasi mai considerato e compreso a pieno dal mainstream della teoria economica.

Soltanto dopo la crescente turbolenza delle economie occidentali, culminata con lo scoppio della bolla dei mutui subprime, sfociata nella devastante crisi i cui effetti sono ancora oggi percepibili, la notorietà di Minsky è cresciuta moltissimo. Un numero sempre più alto di riviste e giornali specializzati hanno fatto riferimento ai suoi lavori per tentare di spiegare la crisi.

Oggi, è usuale leggere, o sentir parlare, di “Minsky Moment”, “Euforia”, “Boom speculativo”; il pensiero di Minsky, per la verità, è più profondo: non è limitato alla spiegazione delle crisi, si spinge oltre cercando di spiegare il perché l’economia capitalistica continuamente sperimenta depressioni, cadute del reddito e povertà. Nel primo capitolo, viene trattato il background teorico di Minsky, sottolineando quali sono stati i riferimenti che hanno condizionato il suo pensiero. Inoltre, viene esposta la sua visione dell’economia, soffermandosi soprattutto sul Paradigma Wall Street.

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Nel secondo capitolo, è collocata la reinterpretazione della Teoria Generale di Keynes in senso finanziario.

La Teoria Generale è importante per Minsky: è la base su cui edificare la sua teoria fondata sull’ipotesi di instabilità finanziaria. Minsky era affascinato dal tentativo di Keynes di rompere con teoria ricevuta dal passato, ma allo stesso tempo, era cosciente che non era mai avvenuta la “rivoluzione Keynesiana”.

Non si era mai davvero rotto con l’eredità classica. Minsky quindi reinterpreta Keynes, in particolare, fornendo una teoria dell’investimento, in cui si indaga la natura finanziaria dell’investimento, per poterne capire le dinamiche. A questo proposito viene proposto il Modello dei due prezzi. Il capitolo si conclude con un altro fattore cruciale per Minsky: i profitti. I profitti sono il termometro dell’economia capitalistica, interessante è la concezione dei profitti e l’utilizzo dell’equazione di Kalecki per la loro determinazione.

Nel terzo capitolo, viene illustrata l’ipotesi di instabilità: partendo dalla sottolineatura dell’evoluzione del comportamento delle unità finanziarie lungo il tempo, si arriva alla spiegazione del ciclo economico come risultato endogeno. Nella parte conclusiva del capitolo, è introdotto il “Minsky ottimista”: il comportamento delle autorità, Governo e Banca Centrale, può limitare la gravità degli effetti dell’instabilità del capitalismo.

Questi tre capitoli permettono di inquadrare l’ipotesi di instabilità finanziaria nella sua originaria formulazione, prendendo a riferimento i primi lavori di Minsky.

La domanda che è giusto porsi è se l’ipotesi di instabilità finanziaria rappresenti un riferimento teorico adeguato per comprendere il capitalismo attuale.

Nel quarto capitolo, si affrontano i limiti teorici ed empirici della teoria e si propongono i lavori di Passarella e Corbisiero, per il superamento dei limiti teorici, e si volge lo sguardo agli ultimi lavori di Minsky, per comprendere a pieno il contributo di Minsky e capire e magari adattare l’ipotesi di instabilità finanziaria per la comprensione le dinamiche del capitalismo moderno.

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1. IL PENSIERO ECONOMICO DI MINSKY

1.1. ISPIRAZIONI TEORICHE

Quando Minsky proponeva la sua visione del comportamento dell’economia capitalistica in cui viviamo, l’economia statunitense viveva il periodo più prospero della sua storia.

Le parole contenute nei suoi lavori suonavano alle orecchie degli economisti che portavano avanti la teoria dominante come note stonate e malauguranti.

Lo scopo di Minsky era quello di proporre una teoria basata sull’ipotesi di instabilità finanziaria, alternativa alla teoria dominante.

Il cuore del pensiero Minskyano è rappresentato dalla constatazione che l’economia capitalistica moderna è intrinsecamente instabile: le crisi finanziarie, e le

conseguenti depressioni, non sono delle anomalie che si presentano lungo il cammino della storia, bensì sono il risultato dell’agire delle forze che naturalmente operano nella nostra economia.

Minsky è stato un economista nel pieno senso del termine, abile conoscitore della teoria economica e competente osservatore del reale funzionamento dell’economia. Si è formato e ha insegnato in diversi atenei americani, ha avuto rapporti con le più brillanti menti del suo tempo, e da ogni esperienza ha tratto insegnamenti che hanno composto la sua visione eterodossa dell’economia.

La visione di Minsky è che l’economia capitalistica, con agenti orientati al profitto e innovazioni periodiche, è meglio descritta se immaginata come una rete di relazioni finanziarie con il sistema monetario al suo cuore.

Ad avere un ruolo centrale sono le opinioni, le credenze e le scelte di banchieri e imprenditori sul finanziamento a debito dell’investimenti, i cui ritorni sono incerti. L’interazione tra moneta produzione e investimento domina le dinamiche del ciclo economico, e il tutto può sfociare in depressioni e povertà di massa.

E’ comunque possibile vincolare l’evoluzione del capitalismo per mezzo degli interventi del governo e l’intervento della banca centrale.

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La politica economica deve incentivare istituzioni e interventi che riducano la pericolosità degli effetti dell’instabilità.

La dottrina di Minsky può essere sintetizzata in alcuni punti, come viene mostrata nella sua introduzione al “Biographical of Dissenting Economists” (Arestis and Sawyer, 1992):

 Analisi delle relazioni finanziarie, fondata sui flussi di contante. Una forte enfasi è posta sulla capacità degli individui di far fronte ai propri impegni finanziari, per mezzo dei flussi di contante in entrata.

 La considerazione delle banche e delle istituzioni finanziarie come soggetti che innovano per poter cogliere opportunità di profitto.

 Una reinterpretazione di Keynes, per poter proporre una teoria del ciclo dell’investimento, che tenga conto degli elementi finanziari connessi all’investimento.

 Lo proposizione dell’ipotesi di instabilità finanziaria, secondo cui l’economia capitalistica naturalmente, partendo da una situazione di solidità e tranquillità, è tendente alla fragilità e all’instabilità.

 La necessità di avere una Big Bank e un Big Government.

Questa visione dell’economia è stata stimolata dal fatto che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non si sia sperimentata un’altra esperienza paragonabile alla Grande Depressione.

Con riferimento al background teorico di Minsky, una fonte di ispirazione principale è Keynes: esplicitamente, il Keynes della Teoria Generale, implicitamente, il Keynes del Trattato sulla Moneta.

E’ evidente che anche Fisher, con la sua teoria della deflazione da debiti, abbia rappresentato un riferimento per Minsky.

Inoltre, Minsky è stato particolarmente influenzato dai suoi professori di Chicago, Simons e Lange, e dal suo professore di Harvard, Hansen.

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Da Simons ha preso l’idea di base che le crisi del capitalismo derivano dalla sua natura finanziaria e che queste crisi sono necessarie per garantire il dinamismo dell’economia; inoltre, Simons è stato importante per la concezione non “ordinaria” di Minsky della moneta e per la comprensione dell’esigenza di porre un freno alle passività degli imprenditori e delle istituzioni finanziarie.

Lange è stato importante per comprendere le contraddizioni di un’economia decentralizzata e che una soluzione fosse rappresentata dalla socializzazione dell’investimento.

Grazie ad Hansen è potuto entrare in contatto con il pensiero di Keynes e in particolare con l’approccio istituzionalista e riformista.

Gli altri due giganti, sulle cui spalle Minsky si siede, sono Schumpeter e Marx.

La connessione con Schumpeter è chiara, infatti Minsky vede il capitalismo come un sistema in evoluzione, in cui l’innovazione riveste un ruolo cruciale, per considerare l’instabilità un risultato endogeno del capitalismo. L’enfasi posta sui profitti e l’utilizzo delle equazioni di Kalecki collegano Minsky a Marx.

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1.2. IL PARADIGMA WALL STREET

L’ipotesi di instabilità finanziaria ha aspetti sia empirici e sia teorici.

L’aspetto empirico è che, nel tempo, le economie capitalistiche mostrano un andamento ciclico con tendenze inflazionistiche e conseguenti deflazioni da debiti, che sono sempre più difficili da regolare.

Inoltre, si nota che le reazioni dei mercati alle turbolenze non sono stabilizzanti, anzi tendono ad alimentare i fenomeni squilibranti.

Questo ha confermato che la visione dell’economia proposta da Smith e da Walras non può funzionare nel capitalismo moderno.

Dal punto di vista teorico, l’ipotesi di instabilità finanziaria è un’interpretazione della Teoria Generale di Keynes.

La base del ragionamento teorico risiede nella caratterizzazione dell’economia come un’economia capitalistica con beni capitali costosi e durevoli e con un sistema di relazioni finanziarie complesso e sofisticato.

Il problema economico centrale è rappresentato dalla creazione e accumulazione del capitale nel tempo.

Il tempo assume un ruolo centrale: è il tempo di calendario, lungo il quale gli agenti economici prendono delle decisioni che genereranno conseguenze nel futuro; il mondo non nasce ogni volta da capo, il presente contiene l’andamento delle decisioni passate e le decisioni che oggi vengono prese in riferimento al futuro, e così via. La caratterizzazione in questi termini del tempo non è incolore.

Una decisione presa nel presente potrà rivelarsi corretta o non corretta soltanto una volta che la si valuta nel futuro: gli agenti economici non possono conoscere con certezza il futuro, l’incertezza entra di prepotenza nella costruzione teorica della nostra economia.

Il tempo e l’incertezza sono due aspetti cruciali per poter comprendere la tendenza naturale della nostra economia ad assumere un comportamento instabile.

Il capitalismo a cui fa riferimento Minsky è essenzialmente finanziario, dove la attività chiave è lo scambio di moneta presente contro moneta futura.

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La moneta presente (moneta – oggi) è ciò che viene utilizzato per finanziare le posizioni in beni capitali e l’investimento; la moneta futura (moneta – domani) sono i profitti che deriveranno, in futuro, dai beni capitali posseduti dall’impresa utilizzati nel processo produttivo.

Nella misura in cui l’attività produttiva è finanziata da una combinazione tra fonti di finanziamento interno e da debiti, il buon funzionamento dell’economia è garantito dalla capacità di onorare gli impegni di pagamento a scadenza.

Questo dipende dai profitti, attesi o realizzati.

Per poter comprendere il funzionamento di questo meccanismo, Minsky si discosta nettamente dall’impostazione della teoria dominante, andando a fondo nell’indagine sul significato di moneta.

Come già notato da Keynes (1972), la moneta, nel mondo in cui viviamo, non può essere intesa come un mezzo che favorisce lo scambio, in un mondo di baratto. La moneta deve essere interpretata come il prodotto delle relazioni finanziarie, tra chi presta e chi usa il prestato per finanziare la propria attività.

La moneta è il velo del finanziamento che camuffa la proprietà finale della ricchezza. In tale contesto, il ruolo delle banche è cruciale: i depositanti prestano moneta alle banche, le banche prestano alle imprese, le imprese restituiscono i debiti, le banche garantiscono la restituzione ai depositanti.

Il mondo è un monte di carta, di impegni di pagamento, in cui il flusso di moneta alle imprese è determinato dalle aspettative sui profitti futuri e il flusso di moneta dalle impresa ai creditori sono i profitti realizzati.

Lo scambio economico chiave è il risultato dei rapporti finanziari che vengono determinati dalle negoziazioni tra banche e imprenditori.

Il motore delle dinamiche economiche è rappresentato dalla speculazione che i soggetti mettono in atto in riferimento agli incerti esiti futuri delle decisioni prese nel presente.

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Il passato, il presente e il futuro sono legati dal contenuto dei rapporti finanziari: la creazione e la proprietà dei beni capitali è connessa alla struttura delle relazioni finanziarie e ai cambiamenti che avvengono in tale struttura.

La complessità del sistema è determinata dagli strati di intermediazione che ci sono tra i possessori finali della ricchezza e coloro che controllano e creano nuova ricchezza.

Più vi è stratificazione, più sono le concatenazioni tra i bilanci degli agenti economici, più il campo di stabilità del sistema finanziario si riduce.

Nel mondo reale, le relazioni finanziarie non sono soltanto quelle tra impresa e banche, bisogna considerare anche le famiglie, il Governo, le relazioni internazionali: viviamo in un mondo formato da una moltitudine di relazioni finanziarie concatenate tra di loro.

A prescindere dal grado di complessità, il buon funzionamento dell’economia è determinato dai profitti: determinano se gli impegni finanziari saranno onorati, più nel profondo, se le aspettative contenute nelle negoziazioni passate sono state soddisfatte.

L’ipotesi di instabilità finanziaria incorpora la visione dei profitti di Kalecki, per cui la struttura della domanda aggregata determina i profitti.

In un’economia semplice, con il solo settore privato, i profitti sono determinati dall’Investimento. Le aspettative di profitto dipendono dall’investimento futuro e i profitti realizzati dipendono dall’investimento.

L’investimento allo stesso tempo è determinato e determinante della Domanda Aggregata.

Un’economia che funziona è un’economia in cui ha luogo l’investimento.

L’investimento è legato a doppia mandata ai profitti, è determinato e determinante da essi e quindi garantisce la continua creazione e distruzione di moneta.

Nel capitalismo moderno, l’investimento ha luogo perché gli agenti economici speculano sul fatto che ci sarà l’investimento futuro.

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I banchieri, come gli imprenditori, mettono in pratica comportamenti finalizzati alla ricerca del profitto.

Commerciano debiti e innovano i loro comportamenti per realizzare profitti.

Nella nostra economia, l’offerta di moneta non può essere considerata fissata una volta per tutte dalla Banca Centrale, perché il comportamento degli agenti economici può portare a quelle innovazioni finanziarie che vano ad impattare sulla quantità di finanziamento disponibile, con ovvie ripercussioni su investimento, profitti e indebitamento.

E’ questo un aspetto cruciale del capitalismo: la tendenza dei banchieri ad innovarsi, finalizzata alla ricerca del profitto, comporta che vi sia un costante smarcarsi dalle maglie della regolamentazione e che gran parte dell’offerta di moneta sia creata all’interno del sistema, indipendentemente dalla quantità di moneta immessa dalle Autorità centrali.

La moneta appare nel sistema man mano che ha luogo l’investimento, quindi il processo che porta alla creazione della moneta all’interno del sistema finanziario non può non essere considerato endogeno.

L’economia secondo l’ottica dell’ipotesi di instabilità finanziaria è un sistema dinamico, in continua evoluzione, in un contesto di ineliminabile incertezza nei confronti del futuro.

Il concetto di evoluzione del sistema economico è cruciale per comprendere a pieno la visione di Minsky.

Man mano che avviene l’investimento, viene sostenuta la domanda di moneta, la quale diventa sempre meno elastica. Man mano che la domanda di moneta preme sull’offerta di moneta, aumenta la pressione verso l’alto sui tassi di interesse.

Nel momento in cui i tassi di interesse crescono, o per effetto della politica monetaria o per effetto della pressione della domanda sull’offerta di moneta, entra in gioco l’innovazione finanziaria.

Gli intermediari finanziari creano nuovi strumenti di finanziamento o propongono nuovi utilizzi per vecchi strumenti, con l’obiettivo di ricercare profitti.

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L’innovazione finanziaria contribuisce all’aumento della stratificazione finanziaria, in altre parole contribuisce alla fragilità del sistema.

L’ipotesi di instabilità finanziaria ci dice che lungo il suo percorso di vita, l’economia naturalmente va dalla stabilità all’instabilità: un’economia fondata sull’investimento, intrapreso principalmente per mezzo di finanziamento esterno, dipendente dalla capacità dei debitori di onorare gli impegni finanziari alle scadenze, è naturalmente tendente ad un eccessivo indebitamento e ad essere soggetto a boom speculativi, che conducono al crollo.

Se l’analisi del pensiero di Minsky si fermasse qui, verrebbe fuori un’immagine estremamente pessimista. Minsky, invero, è ottimista: non rifiuta il carattere speculativo del capitalismo, anzi crede che sia un elemento fondamentale per l’economia, perché è il sale dell’attività imprenditoriale; inoltre, è convinto che gli effetti dell’instabilità possano essere governati dalle decisioni di politica economica. Da qui i concetti di Big Government e Big Bank. Secondo Minsky, i compiti delle autorità pubbliche non devono essere orientati alla gestione del ciclo economico, bensì alla creazione di un assetto istituzionale che possa mettere un limite inferiore e un limite superiore alla speculazione.

Minsky crede che una Banca Centrale calibrata alla perfetta regolazione dell’economia sia controproducente e anzi non fa altro che rendere il sistema più vulnerabile all’instabilità. Il compito della Banca Centrale deve essere orientato principalmente all’immissione di moneta ad alto potenziale, quando il sistema ne ha bisogno. La Banca Centrale deve essere “grande” e agire da prestatore di ultima istanza. Deve, cioè, salvaguardare la rete di interrelazioni finanziarie, che vengono a crearsi nel sistema economico.

Dall’altro lato, il Governo, per mezzo del suo disavanzo, deve permanentemente agire per garantire la stabilità, e non agire in situazioni particolari e con eccessiva discrezionalità.

Il sistema economico è in continua evoluzione, è un sistema in cui l’innovazione porterà sempre nuovi problemi da fronteggiare.

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Non esiste una ricetta che vada bene per ogni situazione, c’è bisogno di autorità che costantemente siano al passo dell’innovazione, in modo da garantire che l’instabilità non abbia effetti devastanti sulla vita degli individui.

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2. REINTERPRETAZIONE DELLA TEORIA GENERALE DI

KEYNES IN SENSO FINANZIARIO

La Teoria Generale ha rappresentato per Minsky il terreno su cui edificare la sua teoria del comportamento del capitalismo moderno.

Minsky non si ferma ad interpretare il pensiero di Keynes, va oltre, evidenziandone i limiti, integrando il suo pensiero prettamente finanziario.

La potenziale incoerenza espressa dalle dinamiche capitalistiche è costruita su una prospettiva finanziaria, dove ci si sofferma sulla creazione delle risorse, piuttosto che sull’allocazione.

La moneta entra nello schema sin da subito, non come mezzo di scambio o riserva di liquidità, ma come attività finanziaria di base. Per questo l’analisi economica si sposta dall’analisi dei prezzi relativi tra consumatori e venditori, all’analisi dei flussi di contanti tra prestatori di fondi e utilizzatori di fondi.

L’evoluzione delle attività viene spiegata soffermandosi sull’evoluzione delle passività.

L’investimento assume un ruolo centrale per la spiegazione delle fluttuazioni cicliche dell’occupazione e dell’economia in generale.

Secondo Minsky, è proprio nella spiegazione di come si formi l’investimento che la Teoria Generale è carente.

Prendendo la risposta di Keynes a Vilner, si intuisce che, date certe aspettative sul futuro, le imprese determinano il prezzo dei beni capitali e conseguentemente il livello dell’investimento.

Però, dopo aver analizzato il legame tra il prezzo dei beni capitali (Pk) e

l’investimento relativamente al tasso di interesse, Keynes giunse alla conclusione che ci fosse un’equivalenza tra il concetto per cui è il prezzo dei beni capitali a determinare l’investimento e il concetto per cui è il tasso di interesse che determina l’investimento. Quindi, l’analisi si spostò sul legame tra tasso di interesse e investimento.

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Secondo Minsky, quindi, occorreva una reinterpretazione della Teoria Generale, che valorizzasse tutti quegli aspetti rivoluzionari che ne erano contenuti e che erano stati tralasciati dalla teoria economica dominante.

2.1. TEORIA DELL’INVESTIMENTO, ASPETTI MICROECONOMICI:

IL MODELLO DEI DUE PREZZI

L’investimento gioca un ruolo cruciale, sia come determinante della domanda aggregata e sia come determinante dei profitti, da cui deriva la capacità delle unità di far fronte ai propri impegni finanziari.

Minsky elabora una teoria dell’investimento, integrando le intuizioni contenute nella Teoria Generale con la visione finanziaria del capitalismo.

Nella determinazione della domanda di investimento vengono fatte interagire argomentazioni “produttive” con argomentazioni che coinvolgono le decisioni finanziarie sia delle unità investitrici sia delle unità prestatrici dei finanziamenti necessari per il finanziamento dell’investimento e per l’assunzione di posizioni in beni capitali.

Da un punto di vista microeconomico, l’intuizione di Minsky è che ci sono due serie di prezzi: i prezzi della produzione corrente e i prezzi dei beni capitali.

La domanda della produzione corrente, in una economia chiusa e con settore pubblico trascurabile, è costituita dalla domanda di beni di consumo e dalla domanda di beni di investimento.

La domanda di beni di consumo è determinata essenzialmente dal reddito da lavoro dei lavoratori, mentre le determinanti della domanda di beni di investimento sono:

 il prezzo dei beni capitali

 il prezzo di offerta dei beni di investimento  le condizioni di finanziamento

 la disponibilità di risorse interne per la produzione di beni di investimento

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Nella figura di seguito, vengono illustrate le relazioni di investimento e finanziamento di un’impresa tipica.

FIGURA 1: . La determinazione del livello (reale) dell’investimento in presenza di rischi

Fonte: Passarella M. (2010), “Hyman P. Minsky e l’ipotesi di instabilità finanziaria”

Pk è il prezzo in moneta dei beni capitali, è il prezzo di domanda della produzione di

beni di investimento. PK dipende da:

 lo stato delle aspettative di lungo periodo: le opinione presenti sui profitti futuri;

 dalle condizioni di finanziamento disponibili per il finanziamento delle posizioni in beni capitali;

 dall’offerta di moneta, intesa come moneta ad alto potenziale. PI è la funzione di offerta dell’investimento lordo, la cui posizione dipende dalle

aspettative di profitto di breve periodo dei produttori di beni di investimento. La curva di offerta dei beni di investimento indica il prezzo minimo a cui potrebbero essere prodotti i beni di investimento dati i salari correnti, i costi di mantenimento dei beni di investimento e il costo dei beni e servizi produttivi acquistati.

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Aindica la disponibilità di finanziamento interno per la produzione di beni di

investimento. A non è altro che quello che rimane dei profitti lordi dopo le imposte, una volta che si sono pagati i debiti e i dividendi.

L’intersezione tra i fondi interni e il prezzo di offerta dei beni di investimento ci fornisce l’ammontare di investimento, I0, che ci si aspetta possa essere finanziato

con fondi interni.

Se PK > PI , come nella figura, l’impresa ha convenienza ad espandere la capacità

produttiva oltre quanto permesso dai fondi interni. In altre parole: ha convenienza ad espandere la produzione, ricorrendo al debito.

Questo perché Pk può essere interpretato come il valore attuale dei profitti futuri

attesi dal capitale, dunque se PK > PI ci si attende di realizzare, nel tempo, un

ammontare di profitti tale da giustificare un aumento della capacità produttiva. Una volta che si ricorra al finanziamento esterno, per la determinazione

dell’investimento, bisogna tenere conto dei rapporti finanziari che intercorrono tra prestatore e prenditore di fondi.

Quindi bisogna considerare nella determinazione di PK il rischio del debitore e in PI il

rischio del creditore.

Il rischio del debitore è di natura soggettiva e deriva dal fatto che, oltre un certo valore, l’aumento dell’investimento corrisponde a una riduzione dei margini di sicurezza e a una riduzione dell’investimento, e questo altera (aumenta) la

percezione del rischio da parte dell’imprenditore. Quindi per effetto del rischio del debitore, il valore di PK diminuisce, come viene mostrato dalla figura.

Il rischio del creditore, invece, è di natura oggettiva, nel senso che viene mostrato all’interno delle condizioni che regolano il rapporto finanziario tra i soggetti.

Il rischio del creditore deriva dal comportamento massimizzante del prestatore che, in un ambiente di incertezza, risponde all’incremento del rischio chiedendo un maggiore premio.

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L’investimento verrà portato fino al punto in cui il prezzo del capitale, influenzato dal rischio del debitore, è uguale al prezzo di offerta della produzione di beni di investimento, aumentato per considerare il rischio del creditore. Quindi fino a I1,

per cui I1> I0 .

In conseguenza di un investimento lordo pari a I1 , l’ammontare PI(I1 – I0)

rappresenta il debito che entra a far parte della struttura delle passività dell’impresa.

Il rapporto di indebitamento verrà misurato dal rapporto tra I1 e I0 , e dipende dai

contratti di finanziamento disponibili e dall’atteggiamento verso il rischio di debitori e creditori.

Il livello prescelto dell’investimento dipenderà dunque da:

 Le aspettative di profitto dell’investitore, cioè dalle quasi rendite, che influenzano la posizione della curva di domanda dei beni capitali;  I costi di produzione e il mark up del produttore, che agiscono sulla

posizione della curva di offerta del capitale;

 I rischi del debitore e del creditore, che agiscono sulla curva di domanda e di offerta dei beni capitali. Più sono elevati e minore sarà

l’investimento;

Il leverage ereditato nel tempo, che influisce sull’autofinanziamento disponibile per nuovi investimenti.

E’ interessante considerare cosa accade alle determinanti dell’investimento sia nella fase di crescita e sia nella fase di declino.

Utilizzando il modello dei due prezzi, si può analizzare l’andamento del ciclo da una prospettiva microeconomica. Partendo da una situazione di tranquillità, i comportamenti degli attori economici si evolvono al punto da trasformare la solidità in fragilità.

Nella fase di crescita, l’evoluzione delle istituzioni e delle consuetudini finanziarie tenderà a far aumentare il rapporto di indebitamento praticabile; il successo delle imprese nel soddisfare gli impegni di pagamento del finanziamento passato

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aumenterà il finanziamento esterno soggettivamente accettabile. Questo comporta un boom dell’investimento.

FIGURA 2: Gli investimenti e il ciclo: la fase di crescita

Fonte: Passarella M. (2010), “Hyman P. Minsky e l’ipotesi di instabilità finanziaria”

Come si nota dalla figura, nella fase di crescita il comportamento delle determinanti del prezzo di domanda e di offerta dei beni capitali portano un aumento dell’indebitamento e dell’investimento fino a I’1.

Con un aumento del rapporto tra l’indebitamento e i profitti lordi, i margini di sicurezza dei flussi contante vengono erosi e questo comporta che la situazione delle unità diventa fragile. In aggregato, questo può tradursi in un aumento della fragilità della struttura del sistema finanziario.

Nella fase di declino, le aspettative di profitto diventano più pessimistiche, aumenta il rischio percepito. Questo comporta una riduzione dei finanziamenti, e possibilmente un aumento dei tassi di interesse. Tutte queste condizioni comportano una riduzione dell’investimento.

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FIGURA 3: Gli investimenti e il ciclo: la fase di recessione

Fonte: Passarella M. (2010), “Hyman P. Minsky e l’ipotesi di instabilità finanziaria”.

Una volta che Minsky integra le considerazioni finanziarie con le decisioni di investimento, diventa chiaro che il sistema capitalistico è endogenamente instabile.

2.2. DETERMINAZIONE DEI PROFITTI : EQUAZIONE DEL

PROFITTO DI KALECKI

Nello schema di analisi di Minsky, la relazione chiave del capitalismo è quella tra i profitti lordi da capitale e gli impegni di pagare contante a fronte dei debiti.

Per produrre e acquistare beni capitali, i profitti attesi devono essere ampi almeno quanto gli impegni di pagamento futuri; quindi, due serie di valore devono essere considerate: le entrate attese future, che devono essere realizzate, e gli impegni di pagamento previsti, che sono espressi nella struttura delle passività scelta nel passato.

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I profitti realizzati sono per le imprese la fonte di entrata necessaria per saldare gli impegni di pagamento in scadenza; mentre, i profitti attesi, che sono positivamente correlati con i profitti realizzati, sono l’incentivo ad investire.

Un livello adeguato sia dei profitti realizzati e sia dei profitti attesi è necessario per permettere alle imprese di rifinanziare i debiti e per contrarre nuovi debiti. Quindi, si può dire che: i profitti attesi guidano le decisioni di finanziamento e l’entità dell’investimento, i profitti realizzati permettono di convalidare le decisioni finanziarie prese in passato.

In un’economia capitalistica come la nostra, i profitti giocano un ruolo chiave per il buon funzionamento del sistema, in quanto permettono la convalida delle strutture delle passività ereditate dal passato e, allo stesso tempo, permettono di continuare a reperire risorse finanziarie per investire e prendere posizioni in beni capitali.

Per la determinazione dei profitti, Minsky utilizza la teoria dei prezzi e della distribuzione di Kalecki, per cui, nel caso semplice di un’economia chiusa e con settore pubblico in pareggio di bilancio:

C=WCNC + WINI;

πc= PCQC – WCNC = WINI;

πI= PIQI – WINI;

π= πc + πI= I

Nel caso semplici gli agenti economici sono rappresentati dai macro gruppi di banche, imprese e lavoratori; la produzione corrente consiste nella produzione di beni di investimento e nella produzione di beni di consumo; i lavoratori consumano tutto il salario e i capitalisti non consumano.

Secondo questa impostazione, i profitti della produzione di beni di consumo sono rappresentati dai salari degli occupati nella produzione di beni di investimento. Questo equivale a dire che gli occupati nella produzione dei beni di consumo non possono consumare tutto il prodotto, quindi, fissando i prezzi ad un livello tale da

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realizzare un mark up sui costi del lavoro,si permette l’allocazione della produzione di beni di consumo tra tutti i lavoratori.

I profitti aggregati essendo uguali alla somma dei profitti del settore della produzione del consumo e i profitti del settore della produzione dei beni di investimento, si ottiene che i profitti aggregati sono uguali all’investimento aggregato.

Da questo derivano delle riflessioni sulla gerarchia sociale tra le classi sociali e tra spesa autonoma e spesa indotta, che derivano dalle differenze di accesso ai finanziamenti: mentre la domanda di investimento è finanziata dalle banche, la domanda di consumo è finanziata dai salari dei lavoratori. Pertanto la distribuzione del reddito (reddito che deriva di fatto dai profitti), dipende dalla consistenza e dalla composizione della domanda aggregata.

L’investimento essendo funzione del prezzo dei beni capitali, del prezzo di offerta dei beni di investimento, delle aspettative sui profitti futuri e delle condizioni del finanziamento esterno, la logica è quella per cui è l’investimento a determinare i profitti e la finanza influenza l’investimento.

Lo schema di base di Kalecki può essere tenendo conto delle altre determinanti della domanda aggregata.

Se si considera un’economia con un settore pubblico in disavanzo:

π= I + (G – T);

In questo caso, il livello dei profitti è determinato anche dall’entità del disavanzo del Governo.

Questo, nell’analisi di Minsky è di cruciale importanza: una politica fiscale espansionistica è stabilizzante, nel senso che il flusso dei profitti, che le imprese possono utilizzare per far fronte agli impegni di pagamento, viene sostenuto quando l’investimento subisce delle contrazioni.

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Un deficit del Governo non si traduce soltanto in un aumento della domanda aggregata, ma anche in un sostegno al flusso dei profitti.

In un’economia aperta, i profitti vengono determinati aggiungendo il saldo della bilancia commerciale, per cui:

π= I + (G – T) + BPS;

In generale, considerando anche i risparmi dei lavoratori e i consumi effettuati dai capitalisti, si ottiene che i profitti totali sono determinati da:

π= I + (G – T) + BPS – sW + c π

I profitti, quindi, sono determinati dall’effettivo funzionamento dell’economia capitalistica.

Questo porta a considerare i profitti come un flusso di contante che:  Convalida o non convalida i prezzi pagati per i beni capitali;

 Garantisce la maggiorazione sui costi del lavoro, che garantisce la ripartizione del prodotto tra tutti i lavoratori;

 Indica se l’accumulazione può continuare o meno.

I profitti, inoltre, rappresentano la carota e il bastone del capitalismo: i profitti attesi, in eccesso rispetto agli impegni di pagamento previsti in futuro, permettono di avviare l’investimento nel presente; mentre, i profitti realizzati effettivamente convalidano (o non convalidano) le scelte adottate in passato.

Sono l’anello di congiunzione tra il presente, il passato e il futuro di un’economia capitalistica e permettono di cogliere la dinamicità del sistema capitalistico.

Un’economia che funziona è un’economia che investe, perché l’investimento genera i profitti; i profitti attesi permettono il finanziamento a debito e aiutano a determinare la domanda di beni di investimento.

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Se l’investimento assume livelli bassi, di conseguenza anche il reddito, l’occupazione e quindi i profitti cadranno. Questo comporterà la difficoltà delle imprese di far fronte ai propri impegni finanziari utilizzando fonti normali, costringendole a vendere attività. In altri termini, una caduta dell’investimento, e dei profitti, getta le basi per una crisi finanziaria.

2.3. PROFITTI E ANDAMENTO DELL’INVESTIMENTO

L’enfasi, che Minsky pone sui profitti, lo caratterizza in un modo differente rispetto a Keynes e lo avvicina a Kalecki.

Grazie all’utilizzo delle equazioni di Kalecki, Minsky riesce ad estendere il piano di analisi da una dimensione micro ad una dimensione macro, proponendo un modello statico per spiegare come una situazione di tranquillità si trasformi naturalmente in una situazione di boom inflazionistico.

Il livello dell’investimento è condizionato dall’entità del finanziamento esterno, che a sua volta dipende dal rischio del creditore e dal rischio del debitore.

Durante un’epoca tranquilla, vi è un aumento delle possibilità di finanziamento e quindi del rapporto di indebitamento.

Man mano che il livello di investimento desiderato si sposta verso destra di I1 , come

mostrato nella figura X, rispetto a I0 atteso, il maggiore investimento raggiunto I’1

porterà a profitti realizzati maggiori di quelli attesi.

Questo comporta che il finanziamento interno sarà maggiore del previsto e il finanziamento esterno minore del previsto: aumenta la capacità di indebitamento inutilizzata dei proprietari della ricchezza e delle imprese.

Il miglioramento delle condizioni di finanziamento, comporta una crescita dell’Investimento, che si traduce in un aumento dei profitti.

Siccome i profitti entrano nella determinazione dei prezzi dei beni capitali, vi sarà una doppia spinta verso l’alto nei confronti del prezzo dei beni capitali: aumentano

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sia le quasi rendite e sia il prezzo pagato sul mercato per date serie di quasi rendite attese.

La nostra economia si sviluppa nel tempo storico e le sue sorti dipendono dalle transazioni tra uomini d’affari e banchieri per il finanziamento della proprietà dei beni capitali e dell’investimento.

Durante i periodi favorevoli, i soggetti economici sottostimano i rischi legati all’indebitamento: l’economia capitalistica è instabile verso l’alto.

L’instabilità fondamentale trasforma naturalmente un periodo tranquillo in un boom inflazionistico.

Man mano che per il nuovo investimento il livello di indebitamento aumenta, le posizioni di beni capitali ereditate dal passato e sotto indebitate vengono rifinanziate.

Questo rifinanziamento, comporta una crescita dell’indebitamento più rapido della crescita sia dello stock di capitale e sia della crescita dei profitti.

Anche se i tassi di interesse non aumentano, il rapporto tra impegni di pagamento e profitti aumenta.

La crescita dell’investimento comporterà un aumento dei tassi di interesse, o per effetto delle decisioni delle autorità monetarie o perché il ritmo della domanda di finanziamento supera la disponibilità di finanziamento.

La domanda di finanziamento, nel tempo, comporta un irrigidimento della domanda di finanziamento, quindi, ogni inelasticità dell’offerta di finanziamento comporta una salita brusca dei tassi di interesse.

L’aumento, brusco, dei tassi di interesse abbassa il prezzo dei beni capitali e innalza il prezzo di offerta dei beni di investimento.

Questo rappresenta il limite superiore alla crescita dell’investimento, che, però, implica l’emersione di situazioni finanziarie fragili.

La diminuzione dell’investimento si traduce in una riduzione dei profitti e in difficoltà delle unità debitrici di onorare i propri impegni di pagamento ereditati dal passato.

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Come mostrato dall’equazione di Kalecki, gli effetti dell’instabilità possono essere neutralizzati dal deficit del governo, che può stabilizzare i profitti nel momento in cui l’investimento naturalmente cade.

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3. IPOTESI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA

L’ipotesi di instabilità finanziaria opera una descrizione dinamica del sistema economico, come si è visto, si fonda sul legame tra l’incertezza e l’attività economica.

Per poter utilizzare le intuizioni di Minsky come guida per comprendere l’evoluzione dei comportamenti dei soggetti nel tempo, occorre considerare la classificazione offerta dall’economista dei flussi di cassa, delle attività e delle posizioni finanziarie.

3.1. TASSONOMIA DEI FLUSSI DI CASSA E CLASSIFICAZIONE

DELLE ATTIVITA’

Le singole unità acquisiscono attività reali e finanziari ricorrendo ad una combinazione tra capitale proprio e debiti a breve e a medio lungo termine.

I debiti implicano l’impegno a sostenere pagamenti a determinate scadenze, generando periodici flussi di cassa in uscita. Dall’altro lato, le attività generano dei flussi di cassa in entrata.

Si possono distinguere tre tipi di flussi di cassa:

 Di reddito, che derivano dall’attività produttiva, principalmente salari e profitti;

 Di bilancio, che sono la quota capitale e interessi dovuta ai prestatori di fondi;

 Di portafoglio, che vengono generati dalle transazioni aventi ad oggetto attività reali e finanziarie.

Questa classificazione aiuta a comprendere il modo in cui le unità finanziano l’investimento e la convalida dei propri impegni finanziari.

Da un lato, si coglie che, il fabbisogno finanziario può essere raccolto per mezzo di trasformazioni di portafoglio; quindi, i soggetti possono creare moneta indipendentemente dalle decisioni delle autorità monetarie sull’offerta di moneta. Dall’altro lato, si sottolinea che, in presenza di attività con scadenze di lungo termine, ci sono sostanzialmente due modi per fronteggiare gli impegni finanziari:

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 Ricorrendo a fonti normali di contante: i flussi di contante che derivano dall’attività economica dell’unità. I salari e gli stipendi per i consumatori, i profitti per le imprese, i flussi derivanti dalle attività finanziarie per gli intermediari finanziari;

 Ricorrendo a fonti straordinarie di contante: il rifinanziamento del debito o la vendita forzata di componenti dell’attivo.

L’intuizione di fondo è che la fragilità di un’ unità può essere compresa guardando a come finanzia i propri impegni finanziari: il bisogno di ricorrere a fonti straordinarie di contante palesa uno stato di fragilità.

In aggregato, l’instabilità finanziaria si manifesta ogni volta che un grande numero di unità ricorre a fonti straordinarie di contante. Un ricorso sempre più massiccio a fonti straordinarie mostra un aumento delle probabilità dell’instabilità finanziaria. La fragilità può essere misurata non solo soffermandosi su come viene generata la liquidità, ma anche tenendo conto del grado di liquidità delle attività che compongono l’attivo.

La classificazione individua:

 Attività sicure, come oro e titoli di Stato;

 Attività garantite: tutte quelle attività la cui liquidità è garantita dalle autorità pubbliche;

 Attività rischiose: beni capitali, azioni, prestiti privati.

A seconda della composizione dell’attivo si può capire l’atteggiamento nei confronti dell’incertezza da parte delle unità. Un atteggiamento ottimista porta ad un maggiore gradimento nei confronti di attività rischiose; questo ha ripercussioni non solo sulla rischiosità assunta dall’unità, ma anche sul prezzo di mercato di tali attività.

3.2. TASSONOMIA DELLE UNITA’ FINANZIARIE

Il rapporto tra gli impegni di pagamento e i flussi primari di contante, ci fornisce la fotografia della situazione finanziaria di un’unità.

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Un’unità può essere definita a seconda della situazione finanziaria in cui si trova in:  Unità coperta: se ad una certa data i profitti eccedono di un certo

margine gli impegni di pagamento ad ogni relativa scadenza. In ogni momento, gli impegni di pagamento sono solo quelli relativi al passato. Il valore atteso dei profitti è maggiore del valore degli impegni di pagamento, per ogni scadenza prevista. Questo vuol dire che il valore attuale dei profitti futuri è maggiore del valore attuale degli impegni di pagamento, per qualsiasi tasso di interesse applicato.

In pratica, la situazione di un’unità coperta può essere descritta come un eccesso di entrate di contante rispetto agli impegni di pagamento di ciascun periodo, un eccesso del valore dei beni capitali rispetto al debito e una detenzione di contante e attività liquide.

 Unità speculativa: un’unità assume un comportamento speculativo quando a certe scadenze gli impegni di pagamento di contante eccedono i profitti attesi. La speculazione sta nel fatto che, quando è necessario, sarà possibile ottenere il rifinanziamento. La somma dei pagamenti previsti nel tempo, contenuti nei contratti finanziari stipulati, è minore dei profitti attesi, però a certe scadenze questo non è vero.

Solitamente, questi disavanzi sono vicini all’ “oggi” in cui viene redatto il bilancio; questo vuol dire che l’unità è esposta a impegni di pagamento a breve periodo in misura maggiore di quanto si prevede di recuperare dall’impiego del capitale. Un’unità speculativa, quindi, ha un disavanzo nel breve termine e un avanzo nei periodi successivi: finanzia l’attività di lungo periodo con passività a breve periodo.

Il valore attuale di queste unità è positivo se i tassi di interesse non superano un certo livello.

A differenza delle unità coperte, un aumento dei tassi di interessi, oltre un certo livello, può portare ad un’inversione del valore attuale;

 Unità ultra speculative o Ponzi: le unità ultra speculative sono in posizione speculativa con la caratteristica che per certi periodi a breve

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scadenza gli impegni di pagamento di contante dell’interesse non sono coperti dalle entrate di contante previsto. Queste unità devono prendere in prestito per poter pagare l’interesse sul debito in essere: il loro debito cresce anche se non vengono acquisite nuove attività.

Il valore attuale globale della posizione deve essere positivo: quindi si presuppone che il valore attuale futuro sarà maggiore del valore attuale negativo dei periodi iniziali.

Il valore attuale di un’unità in posizione ultra speculativa dipende dai tassi di interesse e dalle aspettative sui flussi futuri.

Considerando che, il rischio economico è legato alla possibilità che le aspettative di profitto delle unità vengano disattese a causa di un mutamento imprevisto delle condizioni di mercato dei beni, e che il rischio finanziario è legato alla possibilità di un peggioramento imprevisto delle condizioni del mercato finanziario: le unità coperte sono esposte soltanto al rischio economico, mentre le unità speculative e ultra speculative sono esposte sia al rischio economico e sia al rischio finanziario. La stabilità dell’economia dipende dalla combinazione di posizioni finanziarie coperte, speculative e ultra speculative. In un periodo favorevole, in cui la struttura dei tassi, generalmente, prevede tassi più bassi per i periodi brevi, le imprese tenderanno a finanziare attività di lungo periodo con passività di breve periodo; questo comporta un cambiamento nella composizione della struttura dell’economia e il peso delle unità speculative ed ultra speculative aumenta.

Una diminuzione dei profitti o un aumento dei margini si sicurezza richiesti ad un’unità coperta, possono trasformarla in un’unità in posizione finanziaria speculativa; una diminuzione dei profitti, un aumento dei margini di sicurezza richiesti o un aumento del costo del finanziamento possono trasformare un’unità in posizione finanziaria speculativa in un’unità in posizione ultra speculativa.

Questi mutamenti possono portare ad un’inversione dei valori attuali.

L’instabilità finanziaria ha due facce: da un lato, il costo del debito e l’esigenza di rinnovare strutture del debito sempre maggiori conducono a un crollo dei valori

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delle attività man mano che le unità cercano di ridurre la dipendenza dal debito; dall’altro lato, i profitti cadono perché sono venute meno le condizioni che li determinano.

Quindi, per valutare la solidità e la fragilità di un sistema economico, bisogna valutare la situazione in un dato momento, ma anche come questa potrebbe evolversi nel tempo.

3.3. IPOTESI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA: ASSUNZIONI DI

BASE

Per poter descrivere le dinamiche che hanno luogo del sistema, Minsky applica all’ambiente delle unità coperte, speculative e ultra speculative, alcune assunzioni dal contenuto strutturale e comportamentale.

 L’attività di investimento, e più in generale i comportamenti individuali hanno luogo in una situazione di fondamentale incertezza;

 Gli agenti economici condividono lo stesso stato di aspettative: il pessimismo e l’ottimismo si diffondono rapidamente tra gli agenti, soprattutto per mezzo dell’operare dei mercati finanziari;

 Gli individui hanno come obiettivo la massimizzazione dei profitti;

 Gli individui utilizzano la leva finanziaria in due forme: per finanziare le posizioni in beni capitali e gli investimenti utilizzano debiti al posto di capitale proprio; per finanziare attività di lungo periodo, utilizzano passività di breve periodo, quando la struttura dei tassi d’interesse è tale per cui i tassi a breve termine sono più bassi dei tassi a lungo termine;  Le banche hanno l’obiettivo della massimizzazione dei profitti come ogni

altro soggetto. Pertanto, sono soggette al rischio di liquidità che può assumere due forme, principalmente: mancata restituzione dei fondi presi in prestito, da parte dei debitori; inconsistenza delle riserve per far fronte alle richieste dei depositanti;

 La stabilità è destabilizzante: la stabilità produce ottimismo. Quindi, un periodo prolungato di stabilità altera la percezione del rischio da parte

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dei creditori e dei debitori e questo comporta l’erosione dei margini di sicurezza che regolano i rapporti finanziari.

3.4. IPOTESI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA COME SPIEGAZIONE

DEL CICLO ECONOMICO

Minsky, seguendo Keynes, mette al centro della determinazione del reddito e dell’occupazione l’investimento in beni capitali.

L’acquisizione di beni capitali ha radici finanziarie ed è soggetta a onde speculative. L’ipotesi di instabilità finanziaria spiega il motivo per cui la stabilità è destabilizzante e perché un contesto di crescita tranquilla si trasforma endogenamente in boom speculativo.

L’analisi di Minsky parte dall’immagine di un’economia che vive un periodo di espansione tranquilla con un sistema finanziario robusto.

Il periodo tranquillo viene dopo una crisi o una pesante deflazione da debiti, quindi la memoria del passato comporta che nel sistema vi siano esclusivamente unità in posizione coperta: le banche, le imprese e le famiglie assumono atteggiamenti di avversione al rischio.

L’avversione al rischio è ravvisabile nei bilanci delle unità, tanto nel lato delle passività quanto nel lato delle attività.

I tassi di interesse del mercato monetario sono bassi (probabilmente per l’azione delle autorità monetarie di porre un limite inferiore alla precedente crisi), l’offerta di moneta è considerabile senza limiti.

I debitori finanziano principalmente la propria attività con fondi interni e sono in grado di restituire sia la quota interessi e sia la quota capitali ricorrendo alle fonti primarie di flussi di contante, senza problemi.

Nel presente, i profitti sono di entità congrua per convalidare le decisioni di finanziamento contratte in passato.

Il rapporto tra flussi di contante incerti, potenzialmente in entrata in futuro, e flussi di contante certi, in uscita contenuti nei contratti finanziari, è ad un livello ideale.

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In questa situazione, il sistema finanziario è esposto soltanto al rischio economico e il valore attuale delle unità è positivo per ogni livello dei tassi di interesse.

La presenza di opportunità di profitto, spinge le unità a intraprendere nuove attività, stimolando la crescita economica.

Siccome gli affari vanno bene e i profitti realizzati dalle imprese eccedono i profitti attesi, le banche e i finanziatori diventano meno avversi al rischio e diventano più propensi a concedere finanziamenti.

Una era espansionistica di questo tipo è destabilizzanti in tre sensi:  Il valore del capitale esistente si innalza bruscamente;

 Aumenta la predisposizione a finanziare l’acquisizione di capitale reale emettendo passività che prima sarebbero state considerate poco desiderabili. Si altera la percezione del rischio da parte dei debitori;  Aumenta la tendenza ad accettare quelle attività che prima sarebbero

state ritenute troppo rischiose. Si altera la percezione del rischio da parte dei creditori.

Questo si riflette in un aumento del valore attuale delle imprese.

Il valore attuale di un’impresa può essere interpretato come il valore attuale dei beni capitali che la compongono, quindi come il valore presente dei profitti attesi in futuro: ( ) ( ) ( )

Dove Q1 sono i profitti lordi nello scenario della prosperità, Q2 sono i profitti lordi

nello scenario della recessione e Q3 i profitti lordi nello scenario di ripresa

economica.

Pertanto, .

Con la nuova era espansionistica, l’incertezza nei confronti del futuro diminuisce e i profitti dello scenario di recessione e ripresa vengono sostituiti da profitti più ottimistici. Quindi ( ) ( ).

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Questo aumento del valore attuale dei beni capitali riuniti nelle imprese contribuisce all’aumento della disponibilità a pagare per nuovi beni capitali.

L’euforia comporta che le imprese, ritenendo improbabile il verificarsi della recessione, riducano i margini di sicurezza e strutture delle passività più rischiose vengono accettate.

Le istituzioni finanziarie, condividendo lo stesso stato delle aspettative delle imprese, accettano le strutture delle passività che in un clima di aspettative più misurato avrebbero rifiutato.

Con il declino dello sconto dell’incertezza sulle attività i cui rendimenti dipendono dai risultati dell’economia, la moneta e i buoni del Tesoro diventano attività non desiderabili da detenere.

Lo spostamento verso l’euforia aumenta la predisposizione delle istituzioni finanziarie a acquisire attività intraprendendo trasformazioni del portafoglio.

Questo processo non può essere “rallentato” da una possibile riluttanza della Banca Centrale di fornire moneta: il naturale comportamento delle istituzioni si evolve e si innova e apparirebbero nuovi strumenti finanziari o nuovi utilizzi per strumenti finanziari già in circolazione.

Pertanto, i tassi di interesse rimangono invariati, mentre l’indebitamento delle unità aumenta.

In questo contesto, vi è un aumento delle unità in posizione speculativa. Questo si traduce in un aumento della fragilità del sistema finanziario.

Man mano che nella struttura finanziaria dell’economia cresce la proporzione delle unità finanziarie in posizione speculativa ed ultra speculativa, l’economia diviene sempre più sensibile alle variazioni dei tassi di interesse.

A tassi di interesse sufficientemente alti, le posizioni speculative si evolvono in posizioni ultra speculative; le posizioni ultra speculative in partenza, con le variazioni dei tassi di interesse, vedono la trasformazione dei disavanzi iniziali in disavanzi permanenti.

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I tassi di interesse non sono soltanto collegati al costo del finanziamento, ma anche al calcolo dei valori attuali dei profitti.

Tassi di interesse crescenti abbassano il valore attuale dei profitti attesi.

Una domanda di investimento crescente porta ad un aumento dell’investimento in corso. Cresce quindi la componente inelastica della domanda di finanziamento. Man mano che il maggiore investimento produce maggiori profitti, i prezzi dei beni capitali, a tassi costanti, aumentano.

Questo comporta una rincorsa verso l’alto dei prezzi e dei profitti.

La situazione di non variazione dei tassi di interesse dura per poco: l’offerta di moneta diventa meno che infinitamente elastica, o per l’azione della Banca Centrale o per i meccanismi interni al mercato bancario.

Una domanda di finanziamento inelastica, combinata con un’offerta di finanziamento inelastica, si traduce in bruschi rialzi dei tassi di interesse a breve termine.

Il rialzo dei tassi a breve termine conduce ad un innalzamento dei prezzi dei beni di investimento e portano ad una crescita dei tassi di interesse a lungo termine, che si traduce in una riduzione del valore attuale dei profitti attesi.

Tassi di interesse crescenti portano ad un rialzo della curva di offerta dell’investimento e contemporaneamente ad un abbassamento della curva di domanda: il tutto si traduce in una riduzione della domanda di investimento.

La riduzione dei profitti comporta che le imprese faranno fronte a maggiori difficoltà per reperire flussi di contante per pagare i debiti contratti in passato.

La caduta dei profitti comporta la trasformazione delle unità coperte in unità in posizione speculativa e le unità speculative diventano unità in posizione ultra speculativa.

Nel contesto di tassi di interesse crescenti, sia a breve e sia a lungo termine, diminuisce il valore attuale della “bonanza” su cui si regge la vita delle posizioni ultra speculative, che, quindi, diventano costrette a liquidare le proprie attività per far fronte agli impegni di pagamento.

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Una volta che le liquidazioni di attività diventano il metodo prevalente per reperire liquidità, il prezzo delle attività crolla vertiginosamente, al di sotto del loro stesso costo di produzione.

Questa è la strada verso una crisi finanziaria, che può trasformarsi oppure no in una depressione profonda a seconda del comportamento delle autorità monetarie e fiscali.

Anche se non si verifica una depressione completa, le aspettative di lungo periodo dei banchieri, delle imprese e dei detentori finali di attività finanziarie, saranno influenzati da questi sviluppi.

Il processo può continuare fino all’inversione del valore attuale: la curva di offerta dei beni di investimento passa al di sopra della curva di domanda dei beni capitali; i profitti crollano inesorabilmente, al punto da rendere difficile anche la convalida degli impegni di pagamento frutto di finanza coperta.

figura 4: Domanda e offerta dei beni capitali e determinazione dell’Investimento

Fonte: Minsky, “Potrebbe Ripetersi, Instabilità finanziaria dopo la crisi del '29”, Einaudi Paperbacks 156

Questa situazione è di depressione profonda e il suo verificarsi e, eventualmente, la sua durata dipende dall’intervento dello Stato come stabilizzatore dell’economia. L’ipotesi di instabilità finanziaria ci dice che le cause delle turbolenze finanziarie siano da ricercare nel naturale funzionamento di un’economia capitalistica.

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L’economia non è sempre sull’orlo del disastro. Vi sono situazioni in cui il finanziamento mediante debito a breve termine delle imprese e famiglie è limitato; ciò porta ad una situazione finanziaria solida.

Il normale funzionamento dell’economia comporta che una situazione di iniziale tranquillità e solidità non duri per sempre: la tranquillità presto si trasforma in boom speculativo.

Il boom speculativo, alimentato da atteggiamenti euforici nei confronti del futuro, comporta una trasformazione di una struttura finanziaria inizialmente solida in una struttura finanziaria debole.

In un’economia trainata dall’euforia, le decisioni di portafoglio e le condizioni dei mercati finanziari portano ad una riduzione delle attività che fungono da assicurazione contro l’incertezza.

Questo comporta un crescente bisogno di liquidità per convalidare gli impegni di pagamento, che man mano si accumulano.

Il tutto si traduce in un aumento dei tassi di interesse che, in un contesto di struttura finanziaria globale indebolita, portano ad un abbassamento del valore delle attività. Il boom euforico è di durata limitata: il crollo del prezzo delle attività, in particolar modo delle azioni, farà riconsiderare le condizioni che hanno portato a questo punto, dando il via alla ricopertura dei portafogli.

In questa riconsiderazione dei rischi e della composizione dei portafogli, l’investimento, ritenuto attività rischiosa, sarà meno desiderato.

L’instabilità è un attributo dell’economia capitalistica. Ciò non vuol dire che il capitalismo debba essere rifiutato.

Sicuramente è necessaria l’azione delle autorità pubbliche per contenere l’instabilità, la quale non può essere considerata un’anomalia lungo il cammino verso la stabilità. Al contrario, il cammino che l’economia segue è dalla stabilità al disastro.

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3.5. RIFLESSIONI DI POLITICA ECONOMICA

Una volta che si accetti l’ipotesi di instabilità finanziaria è lampante che il capitalismo è un sistema naturalmente instabile.

Ammettere che il capitalismo è instabile non vuol dire rifiutarlo.

Esistono diversi tipi di capitalismo, bisogna fare in modo di creare un sistema che sia il meno possibile vulnerabile agli effetti dell’instabilità.

Innanzitutto, un’economia, in cui tutta l’attività è lasciata in mano al settore privato, è meno desiderabile di un’economia in cui il settore pubblico gioca un ruolo stabilizzante.

L’economia capitalistica è una sequenza di impegni di pagamento, che devono essere convalidati dai profitti. I profitti giocano un ruolo chiave per il corretto funzionamento della vita economica.

Un’economia in cui l’intera formazione dei profitti è lasciata al settore privato è molto instabile, come mostrato dall’equazione di Kalecki. E’ più desiderabile la presenza di uno Stato che interviene nella stabilizzazione dei profitti aggregati con il suo disavanzo.

Nel corso della storia, questo è ravvisabile: dividendo la storia economica americana dal 1900 al 1946, dal 1946 al 1966, dal 1966 in poi, si nota come il peso del disavanzo pubblico sia stato determinante per l’attenuazione degli effetti dell’instabilità sulla vita di tutti i giorni.

Uno stato che agisce per mezzo del disavanzo ha tre effetti stabilizzanti:  Non permette il collasso dei prezzi delle attività;

 Fornisce liquidità ad alto potenziale;

 Agisce sui profitti e quindi sulla capacità di ripagare gli impegni di pagamento contratti in passati e sul sostegno dei profitti futuri (in parte determinati dai profitti attuali);

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L’effetto dell’azione dello stato, quindi, non è solo in termini di sostegno della domanda aggregata, per mezzo del moltiplicatore, ma è anche e soprattutto volto alla salvaguardia della fitta rete di rapporti finanziari che compone il sistema finanziario.

In ogni caso, esistono diversi tipi di capitalismo con big government.

Minsky punta il dito contro la politica economica adottata dal 1966 in poi, in risposta alla crescente turbolenza economica.

Secondo Minsky, una politica economica dettata dalla teoria neoclassica, per cui le forze economiche sono naturalmente stabilizzanti, non può né comprendere l’instabilità finanziaria e né agire per rendere il campo di stabilità dell’economia più ampio.

Si nota come il disavanzo pubblico, nel corso del tempo, seppur consistente, sia cambiato nella composizione: si è passati da un disavanzo orientato al consumo e all’investimento da parte del governo, verso un disavanzo orientato alla spesa per trasferimenti e volto allo stimolo dell’attività del settore privato.

Questo secondo Minsky ha contribuito a rendere il sistema più instabile e meno resistente agli effetti dell’instabilità, essendo inflazionistico e votato all’investimento privato.

Dal 1946 al 1965, l’economia americana aveva vissuto il periodo più florido della sua storia: le risposte alla crisi del ’29 e la seconda guerra mondiale avevano lasciato in eredità un assetto istituzionale che aveva garantito le condizioni per una crescita continua, stabile, con bassa inflazione, basso livello di povertà e standard di vita accettabili.

In questi anni, dal punto di vista della teoria economica e della politica economica, si è sviluppata la presunzione di esser riusciti nell’impresa di eliminare l’instabilità finanziaria e che un’altra Grande Depressione sarebbe stata impossibile.

Il risultato, dal punto di vista dell’andamento economico, è stato quello di una crescente ciclicità caratterizzata da alti tassi di inflazione, di disoccupazione e una graduale, ma costante, perdita nella qualità della vita.

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Le ragioni della stessa stagflazione, secondo Minsky, non vanno ricercati in ragionamenti che puntano il dito contro l’interventismo dello Stato nell’economia, bensì nel naturale agire delle forze destabilizzanti del capitalismo in un contesto istituzionale creato dalle ricette neoclassiche.

Seppur gli effetti della stagflazione siano maggiormente preferibili agli effetti di una catastrofe finanziaria, di sicuro non è una situazione ideale.

Minsky propone alcune misure volte alla creazione di un big government che punti alla stabilizzazione dell’economia.

Innanzitutto, l’intervento dello stato non deve essere limitato nel tempo o ad hoc, anzi, deve essere permanente e discrezionale il giusto.

Le forze destabilizzanti del capitalismo sono continuamente all’opera e ogni volta prendono sembianze diverse, quindi l’azione delle autorità deve essere costante e svincolato da fini politici.

Il settore pubblico deve essere un complemento naturale del settore privato.

Secondo Minsky, data la naturale incoerenza delle forze di mercato, lo stato dovrebbe occuparsi direttamente di alcuni aspetti dell’economia.

Fatte queste premesse, e fermo restando che non esiste una politica economica valida per ogni periodo storico e ogni luogo, Minsky elargisce una serie di proposte per creare un Big Government, che sia realmente un player importante per condurre l’economia verso una piena occupazione che sia stabile e duratura e non passeggera e destabilizzante.

Le proposte di Minsky sono:

1. Incentivare la produzione di beni di consumo, le quali richiedono l’utilizzo di tecniche a minore intensità di capitale: tra le componenti della produzione corrente, da cui deriva la domanda di occupazione, la domanda di beni di investimento è la più instabile, in quanto finanziata essenzialmente a debito e naturalmente tendente al boom euforico. Una produzione che privilegi i beni di consumo è più stabile, in quanto sostenendo i salari e il numero di occupati nel settore della produzione di

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