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Luciano di Samosata e la critica omerica

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN FILOLOGIA E STORIA DELL’ANTICHITÀ

TESI DI LAUREA

Luciano di Samosata e la critica omerica

CANDIDATO

RELATRICI

Martina Astrid Rodda

Chiar.ma Prof.ssa

Maria Serena Mirto

Chiar.ma Prof.ssa

Barbara Graziosi

CONTRORELATRICE

Chiar.ma Prof.ssa

Maria Isabella Bertagna

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(3)

Ad Alberto

A Eleonora e Camilla

ālik maḫri tappâ ušezzeb ša ṭūdu īdû ibiršu liṣṣur

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Indice

Acknowledgments ... 5

I. Introduzione: gli studi su Luciano e le premesse di questo lavoro ... 7

I.1. Luciano e i modelli letterari: opinioni in contrasto ... 8

I.1.1. “Homerus ubique”: le fonti omeriche di Luciano ... 8

I.1.2. “Making a little paideia go a long way”: Luciano e l’educazione retorica ... 10

I.1.3. Studi sulla parodia ... 12

I.1.4. Gli studi più recenti: Luciano ‘postmoderno’ ... 13

I.2. Perché questo lavoro ... 14

II. Luciano in dialogo con Omero nella Storia Vera ... 17

II.1. La Storia Vera, ovvero come leggere la letteratura ... 18

II.1.1. Vero, falso, e paradossale ... 18

II.1.2. Problemi di teoria: Luciano e la Poetica aristotelica ... 21

II.1.3. Prime questioni omeriche (e non solo) ... 23

II.2. L’Isola dei Beati: l’autore e i suoi personaggi ... 27

II.2.1. L’Odisseo di Omero: autori e personaggi nel prologo di VH ... 27

II.2.2. L’Omero di Odisseo: approdo sull’Isola dei Beati ... 30

II.3. Le quattro domande di Luciano ... 33

II.3.1. Omero parla di sé ... 35

II.3.2. Fiumi babilonesi e cammelli battriani ... 39

II.3.3. Le atetesi degli alessandrini ... 42

II.3.4. Grammatici e critici ... 45

II.3.5. L’inizio dell’Iliade (e la fine dell’ermeneutica) ... 47

II.3.6. Ordine di composizione ... 49

II.3.7. Una domanda mancata ... 51

II.4. Implicazioni: l’autorità della critica ... 53

II.4.1. Fonti autorevoli e questioni di autenticità ... 53

II.4.2. Domande e risposte: prime prospettive di scuola ... 55

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4

III. Gli dèi filologi nei Dialoghi degli Dèi ... 59

III.1. I Dialoghi e i loro modelli letterari: questioni di posizione ... 60

III.1.1. Vicinanza al testo nei Dialoghi degli Dèi ... 60

III.1.2. Prospettive esterne e accesso diretto... 65

III.2. Un assaggio di αὐτοψία: DDeor. 1 ... 67

III.2.1. Un riferimento problematico ... 68

III.2.2. L’αὐτοψία e le sue complicazioni ... 72

III.2.3. Un eroe improbabile – ... 74

III.2.4. – ma un critico modello ... 77

III.3. La filologia in azione: DDeor. 17 (e 21) ... 78

III.3.1. Pettegolezzo olimpico o discussione erudita? (DDeor. 17) ... 80

III.3.2. Ermes sbaglia e Apollo non sa nulla ... 83

III.3.3. Where in the world is Hephaestus’ workshop? ... 87

III.3.4. Gli dèi e i filologi di fronte ad Afrodite (DDeor. 21) ... 89

III.4. Conclusioni: dèi, critici, lettori ... 94

III.4.1. La messa in scena della critica ... 94

III.4.2. Omaggi a Omero ... 95

IV. Conclusioni: la parodia lucianea e i suoi destinatari ... 97

IV.1. Luciano e la critica omerica: uno sguardo d’insieme ... 98

IV.1.1. Dentro il testo, fuori dal testo: DDeor. e VH a confronto ... 98

IV.1.2. Ciclopi(,) filologi e altri precedenti ellenistici ... 101

IV.2. La comunità dei lettori: Luciano e l’educazione antica ... 105

IV.2.1. Un pubblico di ‘lettori educati’ ... 105

IV.2.2. Insegnamento scolastico e discussioni erudite... 110

IV.2.3. Una guida per il lettore ... 115

IV.3. Finale ... 117

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Acknowledgments

A note on the language of this section: it seemed appropriate to use the one most widely shared among the people being thanked; hence the choice of English over Italian, as opposed to the rest of this work. I hope my (primarily) Italian-speaking friends will bear with me.

The main body of this thesis was written in the Bill Bryson library at the University of Durham, where I have been spending the last year of my MA studies, thanks to an Erasmus+ partnership between the Scuola Normale Superiore and Durham’s Department of Classics and Ancient History. This exchange has proven invaluable in the new insights it has brought me and the possibilities it has opened; my thanks are due, first and foremost, to the people who made it possible, especially the administrative staff and Erasmus+ coordinators in Pisa and in Durham. Many people have made me feel welcome in Durham. My gratitude is due to everyone in the Greek text seminar, the Homeric reading group (especially Gillian and Eliza), and our Akkadian class, for many valuable discussions; to the organisers of the jWiP seminar, for inviting me to present part of this thesis; and to Salomé, Pier and Lily, Elena and Maddalena, Arianna and Maria, for making me feel at home, each in their own way. Special thanks go to Pete, who introduced me to new ways to read texts (many of which I never wish to apply), and whose contribution to this work goes beyond the opening quotations to chapters II and IV; and to Sophie, who made sure I was making the most of my English experience by introducing me to buttercream icing, not to mention aggressively correcting my pronunciation.

Both in Pisa and during the past year, I have been lucky enough to meet many amazing teachers. Their names will not fit in such a limited space, but special thanks go to Alessandro Lenci in Pisa, George Gazis and Johannes Haubold in Durham. Barbara Graziosi and M. Serena Mirto have been the best thesis advisers I could wish for; this work has improved immensely through their comments, and I am forever grateful for their support. During his four years as my supervisor, Luigi Battezzato has taught me much more than I can hope to account for here. I cannot thank all the people who contributed to my experience in Pisa by name, but I wish to at least mention everyone who shared the pleasures (and sometimes pains) of the Lingua Greca course with me; and Leon, Silvia, Marco Signori and Marco Senaldi, who shared other things. For two years, I have had the privilege to enjoy breakfast every morning with three brilliant members of my college family: thank you, Michele, Francesca and Camilla (not to forget Laura). All that is left are the people without whom this thesis would not exist. Camilla (again) and Eleonora dealt with all the bureaucracy (and a lot of late-night photocopying) on my behalf. Thank you, for this and so much more. Thanks to Fabio and Davide, who have been there for me for a long time; and to Pierangelo Agazzi, without whom I would not be doing any of this. As to my family, I simply do not have enough words to thank you.

My thanks to Matteo could easily fill up another two pages; I am sure he will appreciate me leaving them out.

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I. Introduzione: gli studi su Luciano e le premesse di questo lavoro

This meaning (in the unfinalized context) cannot be peaceful and cozy (one cannot curl up comfortably and die within it).

M. Bakhtin, Toward a methodology for the

human sciences1

Luciano di Samosata (125 ca. – post 180 d.C.) è tra quegli autori appartenenti alla cosiddetta ‘Seconda sofistica’ greca2

che almeno dall’inizio di questo millennio sono stati oggetto di un rinnovato interesse di studio. Gli approcci a questi autori tendono a concentrarsi da un lato sulle connessioni tra la prosa di età imperiale e la società contemporanea, dall’altro sulla riflessione condotta nelle loro opere sul passato letterario greco e sul modo di fare letteratura in un’epoca caratterizzata da un forte senso di posteriorità rispetto ai ‘grandi classici’3

. Il lavoro qui presentato si colloca pienamente all’interno di questa linea di ricerca: il suo obiettivo è analizzare il modo in cui Luciano rielabora, in forma parodica, la critica letteraria dei secoli precedenti, e in particolare il lavoro filologico ed esegetico sui testi omerici, tracce del quale sono giunte fino a noi soprattutto attraverso la tradizione degli scolî, delle Vite di Omero e dell’interpretazione allegorica e filosofica.

La nostra discussione si concentrerà su due testi, la Storia Vera e i Dialoghi degli Dèi, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo di questo lavoro; riferimenti ad altre opere di Luciano saranno frequentemente presenti ogniqualvolta siano utili alla nostra comprensione del testo principale4

. Nelle due opere qui analizzate, Luciano sviluppa, con strumenti e meccanismi

1 Traduzione inglese in Bakhtin 1986.

2 La definizione tradizionale (coniata da Filostrato, VS 481) per un gruppo di autori di prosa di età

imperiale, tra primo e terzo secolo d.C., particolarmente attivi in campo retorico e dell’educazione retorica. Sulla definizione di Seconda sofistica e i suoi problemi, cf. Goldhill 2001, pp. 14-15; Goldhill 2009, pp. 228-9; Whitmarsh 2001, pp. 42-5 (con ulteriori riferimenti). Come Goldhill e Whitmarsh, userò questo termine in senso generico per via della sua riconoscibilità, per designare un certo periodo e un certo movimento culturale, i cui termini dovranno comunque essere definiti caso per caso (in altre parole, ‘Seconda sofistica’ non sarà usato come concetto limitativo né, tanto meno, esplicativo in questo lavoro).

3 Semplificando, si può dire che questi due approcci sono incarnati dai libri di Swain 1996 e Whitmarsh

2001. Di fatto, naturalmente, è impossibile tenere separate queste due linee di ricerca, come alcuni degli studi che discuteremo in questa sezione (e questo lavoro stesso, soprattutto nella sua sezione conclusiva) dimostrano.

4 Testo, numerazione e divisione in paragrafi delle opere di Luciano seguono sempre Macleod 1972–1987;

per l’Iliade uso l’edizione di West 1998–2000, per l’Odissea van Thiel 1991. Gli scolî sono citati nelle edizioni di Erbse 1969–1977 (scolî A e bT) e van Thiel 2014 (scolî D) per l’Iliade, Dindorf 1855 per l’Odissea. Per Eraclito, Allegoriae vel Quaestiones Homericae, faccio riferimento al testo di Buffière 1962, mentre le citazioni del commento all’Iliade di Eustazio di Tessalonica seguono van der Valk 1971–1987; le Vite di

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8

diversi in ciascun caso, un discorso parodico che ha come riferimento principale proprio la critica antica sui testi omerici. La sezione finale di questa tesi sarà dedicata ad approfondire il rapporto tra il modo in cui Luciano rielabora questa tradizione di studio e il ruolo di quest’ultima nella società e, in particolare, nell’educazione di età imperiale.

Il contributo più importante di questo lavoro riguarda la posizione di Luciano all’interno della storia della ricezione del testo omerico. Se, come vedremo in questa sezione introduttiva, la rielaborazione dei poemi omerici da parte di Luciano è un campo già in buona parte esplorato, nessuno studio si è invece mai rivolto alla relazione tra Luciano e la ricezione omerica del suo tempo. Approfondendo questo aspetto avremo occasione di comprendere meglio il modo in cui la riflessione lucianea sui propri modelli letterari si inserisce all’interno di una tradizione di studi che era iniziata almeno con i filologi alessandrini, e della quale anche la rielaborazione letteraria e parodica dei testi fa indubbiamente parte.

I.1. Luciano e i modelli letterari: opinioni in contrasto

I.1.1. “Homerus ubique”: le fonti omeriche di Luciano

L’importanza dei riferimenti ai poemi omerici nell’opera lucianea è stata riconosciuta innanzitutto dagli studi che hanno preso come obiettivo individuare i modelli letterari di Luciano. Il più semplice e, allo stesso tempo, il più esaustivo di questi è lo studio di Householder sulle citazioni e le riprese letterarie in Luciano, il cui obiettivo dichiarato è quello di fornire “a convenient index of passages in which Lucian quotes from, alludes to, or borrows expressions

and thoughts from Greek literature”5

, distinguendo tra citazione diretta e quelle che l’autore definisce ‘allusioni’, ovvero i riferimenti riconoscibili ma non letterali (più una terza categoria, più generica, di ‘reminiscenze’). Per la sua stessa natura, l’indice di Householder non discute il rapporto tra il testo di Luciano e il modello che esso, di volta in volta, riprende; il suo scopo principale è invece quello di ricostruire un quadro completo delle letture lucianee, che è poi

messo in relazione con quanto possiamo ricostruire dell’educazione scolastica di età imperiale6

.

Omero sono citate nell’edizione e nella numerazione di West 2003, salvo dove diversamente indicato. L’edizione di riferimento per gli altri autori citati sarà riportata caso per caso. Tutte le traduzioni italiane sono mie. Le abbreviazioni per autori e opere sono quelle del TLG/LSJ

(http://stephanus.tlg.uci.edu/lsj/01-authors_and_works.html).

5 Householder 1941, p. xi.

(11)

9 Da questo tipo di studio emerge, in particolare, la preminenza delle citazioni omeriche in Luciano, anche rispetto ad altri autori della Seconda sofistica7

.

La pervasività dei riferimenti omerici osservata da Householder, insieme con il modello dell’Homère de Platon di Labarbe (uno studio dedicato alla ricostruzione del testo di Omero cui Platone aveva accesso attraverso l’analisi delle citazioni poetiche nei suoi dialoghi), offre il fondamento per lo studio di Bouquiaux-Simon sulle letture omeriche di Luciano. Come per Labarbe, l’obiettivo è stabilire in che modalità Luciano citi il testo omerico, e a quale versione di esso abbia accesso. Secondo l’autrice, possiamo essere ragionevolmente certi che egli avesse letto integralmente l’Iliade, mentre per l’Odissea non è da escludere l’uso di un’antologia; in ogni caso, Luciano sembrerebbe spesso citare a memoria (il che, evidentemente, complica di molto le valutazioni sul suo testo di partenza)8

. L’interesse dello studio di Bouquiaux-Simon nell’ottica del lavoro qui presentato, in ogni caso, sta nel fatto che esso affronta, per quanto tangenzialmente e sul piano puramente testuale, il rapporto tra il testo di Omero che Luciano cita e gli interventi testuali degli alessandrini: il testo di Luciano appare regolarmente più vicino

alla vulgata omerica che alle edizioni di Zenodoto e Aristarco9

.

Se tanto Householder quanto Bouquiaux-Simon hanno come obiettivo innanzitutto stabilire

che cosa Luciano leggesse (a livello di scelta degli autori o, per Iliade e Odissea, della situazione

testuale), la dissertazione dottorale di Nicholas Wilshere, molto più recente, analizza il modo in cui Luciano rielabora i propri riferimenti omerici, in particolare in senso parodico10

. L’analisi di Wilshere, che non ambisce ad essere comprensiva, si concentra sulla rielaborazione lucianea di alcuni temi: i personaggi omerici (in particolare Achille e Odisseo), la figura del poeta stesso, e le questioni sollevate dall’opera omerica relativamente alla definizione dell’identità etnica (la differenza tra Greci e barbari) e al problema dell’enigmaticità del testo stesso, discusso attraverso le figure delle Sirene e dei sogni. L’analisi conclusiva discute un dialogo lucianeo in particolare, il Caronte ovvero Gli osservatori, con i suoi riferimenti omerici. La sovrapposizione tra i testi considerati da Wilshere e quelli discussi in questa tesi è relativamente limitata (Wilshere discute abbastanza in breve solo VH 2.20), e l’interesse principale è diverso (la

7 Householder 1941, p. 64.

8 Bouquiaux-Simon 1968, pp. 369-72.

9 Bouquiaux-Simon 1968, pp. 365-8. La posizione lucianea rispetto agli interventi testuali dei due grandi

filologi alessandrini emergerà diverse volte in questo lavoro: cf. §II.3.3–II.3.4, III.2.1, III.3.4.

10 Wilshere 2015. Il titolo della dissertazione è la stessa citazione dell’edizione OCT di Macleod che fa da

titolo anche a questa sezione: nell’indice dei nomi di Macleod, la voce “Homerus” inizia con l’indicazione che i riferimenti a questo autore si trovano, semplicemente, “ovunque” (Macleod 1972–1987, vol. IV, p. 494).

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10

ricezione omerica nel caso di Wilshere, la ricezione della ricezione omerica antica nel mio), ma gli spunti di discussione offerti sono comunque interessanti, soprattutto per i temi del §II. In particolare, l’analisi condotta in questa tesi condivide con l’approccio di Wilshere, rispetto a quelli di Householder e Bouquiaux-Simon, l’interesse per il modo in cui Luciano rielabora i propri riferimenti letterari piuttosto che per la semplice individuazione delle fonti di questi riferimenti (che comunque rimane un passaggio implicito e necessario). Nel caso dei riferimenti alla critica omerica, tuttavia, il problema del modo in cui Luciano (e, se è per questo, i suoi lettori) potesse avere accesso a questo tipo di materiale rimane importante, e sarà discusso nella sezione conclusiva (§IV.2 in particolare).

I.1.2. “Making a little paideia go a long way”: Luciano e l’educazione retorica

Al progetto di ricostruire una lista delle letture di Luciano attraverso l’analisi delle citazioni contenute nelle sue opere si contrappone una linea di ricerca che mira a ridimensionare la nostra immagine dell’erudizione lucianea, in particolare mettendo in evidenza le connessioni tra questa e l’educazione o la pratica retorica. La tesi di questi studi è che Luciano sfrutti fonti secondarie e riferimenti di scuola come materiale per le proprie parodie molto più di quanto faccia riferimento alle fonti primarie individuate negli studi precedenti. Così, Graham Anderson dedica un articolo a riesaminare le citazioni e i riferimenti raccolti da Householder, osservando come una parte consistente di essi sia ripresa da luoghi facilmente accessibili (e memorizzabili) come le parti iniziali e finali di un’opera, e soprattutto come i riferimenti ad autori minori provengano spesso da citazioni in fonti più famose o, probabilmente, da qualche raccolta di massime11

. La conclusione fondamentale dell’articolo di Anderson torna in uno studio in volume pubblicato nello stesso anno e dedicato ai temi ricorrenti nell’invenzione letteraria lucianea: per quanto Luciano appaia un autore brillante nella scelta delle sue fonti e dei suoi temi, secondo Anderson “it soon becomes clear that his wide range is deceptive: whatever the subject

and whatever the genre, we are dealing with ingenious variations on a handful of themes”12

. Se i caveat di Anderson sono utili a prevenire il rischio di sovrastimare l’erudizione di Luciano, il suo approccio, come quello di Householder, risente però del fatto di avere come proposito ultimo quello di definire un’immagine dell’autore (in questo caso, delle sue letture) attraverso i

11 Anderson 1976b, da cui è tratta anche la citazione nel titolo di questa sezione. Anderson 1978 discute la

distribuzione delle citazioni erudite all’interno delle singole opere di Luciano, concludendo (con un risultato non troppo sorprendente) che queste si concentrano all’inizio e alla fine.

12 Anderson 1976a, p. 1. Anderson 1976c, pubblicato nello stesso anno, analizza i rapporti tra alcune opere

lucianee e la tradizione del romanzo greco, un tema che tornerà al centro dell’interesse in studi più recenti (cf. §I.1.4).

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11 suoi testi. Questo proposito non è solo problematico in sé (non abbiamo modo di sapere quanto la distribuzione delle citazioni usate da Luciano nei suoi testi rifletta la distribuzione effettiva delle sue letture), ma porta anche a risultati di interesse minore rispetto a quelli che si possono ottenere analizzando il modo in cui Luciano rielabora le proprie fonti. Bisogna ammettere, comunque, che le osservazioni di Anderson relative all’uso dei modelli letterari richiamano l’attenzione su un dato di grande importanza, ovvero il fatto che, nel momento in cui un riferimento è inserito nel testo di Luciano, è necessario che anche i lettori abbiano la possibilità di riconoscerlo. Questa è una priorità fondamentale per il successo comunicativo del testo stesso. Così, ad esempio, discutendo del fatto che Luciano tende a privilegiare citazioni prese dall’inizio dei suoi modelli, Anderson sottolinea: “an entertainer scores no points by quoting what his audience is not going to recognise: even when speaking to an educated audience in the Second Century A.D. a sophist does well to remember ‘what every schoolboy knows’ – or at least

what every adult must remember of his school reading: the first page”13

.

Per concludere questa rassegna degli studi che si concentrano sull’influenza della formazione retorica, è imprescindibile un riferimento a quello che è probabilmente lo studio maggiore su Luciano del secolo scorso, ovvero il libro di Bompaire sul ruolo dell’imitazione letteraria e dell’educazione scolastica nella creazione lucianea. Bompaire sviluppa il proprio studio a partire dall’osservazione che l’originalità nella creazione letteraria non è un valore che si applica automaticamente a un autore di età imperiale fortemente influenzato dalla formazione retorica, nella quale l’imitazione dei modelli (μίμησις, in un senso ristretto del termine) svolge un ruolo centrale14

. Data questa premessa, egli procede individuando le tracce di generi, temi e forme tipici dell’educazione retorica all’interno dell’opera lucianea, per concludere analizzando quelli tra i generi letterari prediletti da Luciano che sembrano invece allontanarsene, o per lo meno richiedere una rielaborazione maggiore dei modelli: dialogo, parodia e creazione comica in generale, narrazione fantastica del tipo della Storia Vera e non solo, ecfrasi. Se questo tipo di approccio ha il pregio fondamentale di mettere in rilievo quanto l’attività lucianea risenta della formazione retorica (un’idea che ricorrerà più volte anche in questo lavoro), esso tende però a ridurre l’importanza del contatto diretto di Luciano con le sue fonti, soprattutto per le opere di argomento mitico, il cui contenuto è visto da Bompaire come la rielaborazione di un generico patrimonio comune di storie, non di specifici modelli letterari.

13 Anderson 1976b, p. 60. 14 Bompaire 1958, pp. 6-7.

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12

I.1.3. Studi sulla parodia

Il modo in cui Luciano rielabora le proprie fonti letterarie è invece al centro degli studi che si concentrano sulle forme della parodia lucianea. R. Bracht Branham imposta il proprio saggio proprio a partire dall’idea che “what has made Lucian of interest to such varied audiences over the centuries is not his sources or contexts, whether ‘traditional’ or ‘topical,’ but his modes of

transforming them”15

. La parodia lucianea offre una prospettiva sul modo in cui i parlanti greco in età imperiale si relazionavano con il proprio passato culturale, rappresentato attraverso le immagini e i personaggi della tradizione letteraria e filosofica. Centrale nell’analisi di Branham è il valore dell’umorismo lucianeo come modalità di approccio a questo passato: è proprio l’atteggiamento umoristico che permette a Luciano di trasferire le divinità del mito e i filosofi della grande tradizione classica ed ellenistica (da Socrate e Platone a Epicuro e i Cinici) in nuovi (parodici) contesti, facendo in questo modo passare la propria valutazione della società del suo tempo attraverso il ‘terreno comune’ della tradizione greca, sul quale si fonda la sua comunicazione con i suoi lettori16

. Lo strumento chiave di questa operazione parodica è la trasposizione di figure tradizionali in nuovi generi e situazioni, provocando quegli “shift along the axis of style, voice, and scale – in other words, in generic orientation”17

che sono per Branham all’origine dell’effetto umoristico, ma allo stesso tempo spingono il lettore a rivalutare la propria visione dell’ipotesto delle parodie di Luciano.

Temi simili sono al centro anche dello studio di Alberto Camerotto sulla parodia lucianea, il cui impianto teorico, come quello di Branham, adotta una prospettiva prevalentemente bakhtiniana. Anche in questo caso, è riconosciuta la necessità della presenza di un ipotesto riconoscibile perché di parodia in senso proprio si possa parlare; la discussione dei procedimenti parodici lucianei da parte di Camerotto, però, si struttura a partire dalle indicazioni ricavabili dai testi di Luciano stesso, con un’attenzione alla riflessione metaletteraria da parte dell’autore che anticipa gli studi più recenti. Così, ad esempio, il capitolo sulla mixis, ovvero la fusione di generi e di forme che è tipica della parodia, si incentra sull’immagine, ricorrente in Luciano, della creatura ibrida e ambigua come metafora per l’opera letteraria, e sulle dichiarazioni esplicite relative all’uso di procedimenti di commistione di generi diversi18

. Quella di Camerotto è, ad oggi, la discussione più completa dei bersagli e dei meccanismi della parodia lucianea; la sezione conclusiva, sulla ricezione del testo parodico e il rapporto con il pubblico19

, riprende il tema dell’accesso agli ipotesti di questa parodia da parte

15 Branham 1989, pp. 1-2.

16 Per questo concetto, cf. il §IV.2.1. 17 Branham 1989, p. 149.

18 Camerotto 1998, pp. 75-140. 19 Camerotto 1998, pp. 261-302.

(15)

13 non solo dell’autore, ma dei suoi destinatari – un argomento che sarà discusso anche nelle conclusioni di questo lavoro (§IV.2).

I.1.4. Gli studi più recenti: Luciano ‘postmoderno’

Mentre i lavori citati finora discutono il rapporto tra Luciano e i suoi modelli letterari attraverso le forme e gli effetti della parodia nelle sue opere, la più recente linea di studi lucianei mostra uno spostamento dell’interesse nella direzione dei contenuti metaletterari dell’opera di Luciano stesso. La formulazione più convinta ed esplicita di questo approccio è offerta da Karen ní Mheallaigh, secondo cui “Lucian, more than any other author of the imperial period, speaks to

us boldly about the modernity and fictionality of his own work”20

. Il libro di ní Mheallaigh è dedicato proprio alla riflessione condotta da Luciano all’interno delle proprie opere sul tema della finzione letteraria: partendo dalla (indubbiamente provocatoria, ma ben supportata) definizione di Luciano come autore ‘postmoderno’, che per l’autrice può essere valida soltanto in relazione al più ampio contesto culturale di riferimento, ovvero alla società e alla letteratura di età imperiale21

, ní Mheallaigh analizza gli elementi metaletterari in alcuni dei dialoghi minori di Luciano, nei quali emergono come prevalenti gli interessi per la finzione letteraria, il piacere della letteratura, e le strutture del nascente romanzo greco. Lo studio passa poi a discutere la

Storia Vera, definita come “the iconic work of its age, a work of striking postmodernity which

encapsulates in its two short books the entire world of Greek literary culture in the imperial era

– as well as, in many ways, our world of post-modernist literature and thought, too”22

. Fedele a questo proposito, ní Mheallaigh mette costantemente in relazione l’opera lucianea non solo con la prosa di età imperiale (tra i romanzi greci, soprattutto l’opera perduta di Antonio Diogene), ma soprattutto con la teoria letteraria del ventesimo secolo, dagli studi di Genette sulla funzione del peritesto alle riflessioni di Eco sul postmoderno e il problema dell’autenticità e della copia. Qualche anno prima di ní Mheallaigh, Lawrence Kim aveva pubblicato uno studio dedicato al rapporto tra problemi omerici e riflessione storiografica nella prosa di età imperiale, da Strabone all’Eroico di Filostrato, passando per Dione Crisostomo e, per l’appunto, Luciano. Ciascuno di questi autori, mostra Kim, elabora in modo diverso il problema dello status dei poemi omerici come fonte storica, e dei limiti entro i quali il racconto dell’Iliade e dell’Odissea possa essere considerato come vero e/o attendibile in senso storiografico. Il capitolo su Luciano si concentra soprattutto sulla sezione della Storia Vera ambientata sull’Isola dei Beati e sulla

20 Ní Mheallaigh 2014, p. 1.

21 Ní Mheallaigh 2014, pp. 23-7. La visione del contesto culturale di età imperiale come caratterizzato da

una ‘crisi di posteriorità’ rispetto all’età classica deriva da Whitmarsh 2001.

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14

conversazione con Omero in essa contenuta23

; la tesi di Kim è che la preoccupazione principale in questo testo, così come nella Storia Vera in generale, sia la dimostrazione del modo corretto in cui un’opera di finzione letteraria dev’essere letta, ovvero senza confonderla con o tentare di farla passare per verità storica24

. La posizione di Luciano all’interno del percorso di ricezione omerica secondo interessi storiografici delineato da Kim è dunque particolare, e sembra riflettere sugli atteggiamenti stessi dei propri predecessori (a partire da Strabone).

I.2. Perché questo lavoro

Lo studio qui presentato si muove sulla linea dei contributi di ní Mheallaigh e Kim, in quanto riconosce l’importanza all’interno dell’opera di Luciano di temi quali lo status della finzione letteraria e i diversi modi in cui un’opera di letteratura può essere letta. Tra questi modi, però, né ní Mheallaigh né Kim trattano, se non tangenzialmente, proprio quello che è caratteristico dello studio erudito e della critica letteraria antica. Eppure questo approccio al testo, soprattutto per quanto riguarda i poemi omerici, era ben più diffuso nella società contemporanea a Luciano (e non solo: si pensi alla sua importanza per i poeti alessandrini) di quanto lo fossero, ad esempio, le discussioni di interesse storiografico25

. Per analizzare il modo in cui Luciano rielabora in senso parodico le discussioni della critica omerica del suo tempo, questo studio esaminerà due tra le opere in cui la presenza di questioni omeriche è, su un livello esplicito o implicito, più importante: la Storia Vera (cui abbiamo già fatto più volte riferimento), e in particolare la conversazione con Omero in VH 2.20 (§II), e i Dialoghi degli Dèi, in particolare quelli di modello omerico (§III). Pur non trattandosi di un campione neanche lontanamente completo dei testi lucianei che contengono riferimenti alla critica omerica antica, questa selezione ci permetterà di leggere e confrontare due opere formalmente molto diverse (un romanzo e una raccolta di dialoghi di prosa, un testo in cui le questioni omeriche sono esplicitamente menzionate, con tanto di riferimenti agli autori, e uno in cui il gioco di rielaborazione della critica omerica è interamente implicito, etc.26

) e, di conseguenza, di arrivare a un’immagine sintetica e complessa del rapporto tra Luciano e questo tipo di ricezione omerica.

23 Kim 2010, pp. 140-74; il testo lucianeo è al centro del §II di questo lavoro.

24 Si noti che Kim fa riferimento più volte alla tesi dottorale di ní Mheallaigh (ní Mheallaigh 2005), che è

in parte alla base del libro del 2014.

25 Tutti questi temi (diffusione della critica omerica e suo ruolo nell’educazione di età imperiale, rapporto

con la poesia ellenistica) saranno discussi nel §IV.

(17)

15 Uno studio sulla ricezione della critica omerica in Luciano offre opportunità interessanti sia per lo studio dell’autore in sé, sia per quello della ricezione omerica in generale27

. Innanzitutto, si tratta di comprendere meglio un ulteriore aspetto del rapporto tra Luciano e la cultura del suo tempo, e in particolare con una sua componente portatrice di un fondamentale valore sociale ed educativo28

. Bisogna notare, come caveat da applicare all’intero svolgimento di questo lavoro, che le nostre vie di accesso alla critica omerica antica (attraverso testimonianze tarde e, soprattutto, la tradizione degli scolî29

) sono molto diverse da quelle dei lettori dell’epoca di Luciano, anche a livello formale (lo studioso moderno è di fatto costretto a ragionare su testi frammentari, e di rado ha la possibilità di ricostruire in modo soddisfacente un’argomentazione

completa, o anche solo, spesso, il motivo di un intervento testuale30

). Questo rende, tra le altre cose, la discussione dei rapporti tra Luciano e la critica omerica fondamentalmente diversa da quella dei rapporti con altri modelli letterari: se, da un lato, è importante non lasciarsi condizionare dalla difficoltà di accesso da parte nostra ai contributi dei filologi antichi, proiettandola erroneamente sull’epoca di Luciano, d’altro canto bisogna riconoscere che l’uso del termine ‘parodia’ in un lavoro come questo presuppone la presenza di un ipotesto che non è più accessibile allo studioso moderno, il che può limitare le possibilità di analisi.

Per quel che riguarda gli studi sulla ricezione omerica31

, l’interesse di questo lavoro sta invece principalmente nel fatto che esso si concentra su un aspetto di questo percorso che ha ricevuto scarsa considerazione fino ad oggi, ovvero il modo in cui un autore di età imperiale come Luciano rielabora non Omero stesso, ma gli studi omerici che fanno parte della sua educazione e di quella dei suoi lettori. La prospettiva di Luciano sulla critica omerica antica è particolarmente affascinante non solo perché è quella di un autore molto attento alle questioni legate alla letterarietà dei testi32

, ma anche perché è sviluppata non attraverso una discussione teorica, bensì all’interno di opere, a loro volta, letterarie33

. Nello svolgimento di questa tesi, avremo a che fare con opere che, in modo diverso, mettono in scena i meccanismi della

27 Per un’introduzione generale alla ricezione omerica antica, le sue fonti e i suoi argomenti, cf. e.g.

Graziosi 2011.

28 Cf. sempre le conclusioni, §IV.2.

29 La migliore introduzione alle caratteristiche di questa tradizione per lo studente rimane Dickey 2006;

i saggi in Montanari, Matthaios e Rengakos 2014 offrono una panoramica più dettagliata, che può essere usata come guida nella ricerca di ulteriori riferimenti.

30 Alcuni esempi di questa difficoltà si troveranno in particolare nel §III.

31 Non è questa la sede per una discussione teorica sugli approcci ai reception studies in generale; utili

riferimenti si possono trovare in Martindale 1993, pp. 1-34, e soprattutto Leonard 2006 e 2009.

32 Oltre ai riferimenti appena forniti nel §I.1.4, si veda il §II.1.2 per il modo in cui il materiale aristotelico

sulla finzione letteraria è rielaborato nel prologo e nella struttura generale di VH.

33 Il carattere letterario di VH e DDeor. è un altro motivo che ha portato alla loro scelta rispetto a testi più

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ricezione omerica contemporanea a Luciano, e che spesso sollevano questioni che sono ancora rilevanti, mutatis mutandis, per la discussione moderna sull’Iliade e l’Odissea34

.

La parodia lucianea non offre, in generale, risposte a queste questioni, né a quelle dei lettori antichi, ma piuttosto problematizza continuamente la relazione di questi lettori con il testo di Omero. È attraverso questa relazione con i poemi, questo atteggiamento di lettura che ci porta a porci domande su di esso, che il nostro dialogo con il testo lucianeo diventa possibile. D’altra parte, questo atteggiamento di lettura di per sé non esisterebbe senza la tradizione di ricezione antica di cui Luciano fa parte: proprio per questo motivo, lo studio presentato in questa tesi intende, tra gli altri obiettivi, dare una parziale risposta alla sfida formulata in un contributo di Miriam Leonard, che esorta gli studiosi di reception a tentare “the Jaussian move of arguing that […] insights from later periods fundamentally change our understanding of Homer or classical Athens per se”35

. Nel caso di Luciano e i suoi contemporanei, da questa tesi emergerà, tra le altre cose, come il modo in cui questi leggevano Omero si rifletta imprescindibilmente sulla nostra stessa lettura dell’Iliade e dell’Odissea.

34 Per un esempio particolarmente affascinante, cf. il §III.3.4 su DDeor. 21 e gli amori di Ares e Afrodite. 35 Leonard 2009, p. 839.

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