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Studio di un sistema ibrido per propulsione di barche a vela da competizione

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Academic year: 2021

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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA'

DI BOLOGNA

SECONDA FACOLTA’ DI INGEGNERIA

CON SEDE A CESENA

CORSO DI LAUREA

IN INGEGNERIA MECCANICA

Sede di Forlì

ELABORATO FINALE DI LAUREA

Disegno Tecnico Industriale

STUDIO DI UN SISTEMA IBRIDO PER

PROPULSIONE DI BARCHE A VELA DA

COMPETIZIONE

CANDIDATO RELATORE

Jacopo Giandominici Luca Piancastelli

Anno Accademico: 2010/2011 Sessione: III

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INDICE

Ringraziamenti

1 INTRODUZIONE

1.1 Premessa

1.2 La rimotorizzazione in ambito marino 1.3 I vantaggi

1.4 Schemi tipici di trasmissioni per imbarcazioni a vela

1.5 Effetti sulla navigazione del sistema in linea d’asse e piede poppiero

1.6 Sistemi di ritenzione dell’acqua

2 RIMOTORIZZAZIONE DI UNA BARCA A VELA DA COMPETIZIONE

2.1 Gli obiettivi da perseguire

2.2 Principi fondamentali della navigazione a vela 2.3 Stabilità e distribuzione delle masse

2.4 Sviluppo delle vele e vele rigide

2.5 Schemi tipici di motori per propulsione e generazione di potenza elettrica

2.6 La soluzione elettrica

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3 Il CASO IN ESAME 3.1 La situazione attuale 3.2 Problematiche rilevate 3.3 Migliorie stimate 4 SOLUZIONE IPOTIZZATA 4.1 I motori “Smart” 4.2 Il sistema di raffreddamento

4.3 La generazione di potenza elettrica con APU, ausiliary power units

4.4 L’utilizzo della potenza elettrica per la locomozione: il motore elettrico da immersione

4.5 Diminuzione dei consumi in rapporto alla maggiore potenza disponibile

5 SCHEMI CONCETTUALI POSSIBILI E LORO STUDIO DI AFFIDABILITÀ

5.1 Affidabilità dei singoli componenti e dei sistemi 5.2 Schema con un solo raddrizzatore

5.3 Schema con due raddrizzatori

5.4 Schema con due sistemi indipendenti “ridondanti”

5.5 Tabella comparativa delle affidabilità percentuali su mille ore

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6 ANALISI DEI COSTI

7 CONCLUSIONI

Termini velici

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Ringraziamenti

Ringrazio prima di tutto i miei genitori Pierluigi e Marcella, due persone veramente speciali, modelli di vita e di integrità morale ineccepibili. Con il loro fondamentale sostegno ho potuto fare tanto e vivere tante esperienze importanti durante questi anni. Grazie anche a mio fratello Niccolò con cui ho sempre condiviso momenti felici e meno.

Un ringraziamento speciale va alla mia nonna Diana che oltre a tutto l’amore che mi ha sempre dato, mi ha anche dimostrato come sia possibile compiere imprese straordinarie utilizzando la forza di volontà e la determinazione.

Un pensiero affettuoso per i nonni che non ci sono più e dai

quali ho sempre ricevuto tantissimo.

Devo dire un enorme grazie anche alla mia fidanzata Tiziana, che col suo carattere e la sua intraprendenza ha saputo insegnarmi tanto, con lei ho anche la fortuna di condividere passioni e interessi.

Grazie di cuore anche a Loredana e Viscardo.

Ringrazio i miei zii materni e tutti i miei amici, compagni di tante avventure e dai quali spesso ho ricevuto importanti insegnamenti.

In fine un profondo grazie va al Mare che mi accompagna ormai da tanti anni e resta sempre imperturbabile qualunque cosa accada.

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1- INTRODUZIONE

1.1 Premessa

Trovare nuove soluzioni tecniche è uno dei principali obiettivi dell’ingegneria. Anche questo lavoro si prefigge il compito di trovare una alternativa ad un progetto già esistente, cercando ovviamente un miglioramento dello stesso e soprattutto una applicabilità molto più ampia che al solo caso preso in esame. Il lavoro illustrato fornirà ottimi spunti per l’applicazione di soluzioni quasi del tutto simili a casistiche piuttosto differenti, verrà infatti evidenziato come la soluzione tecnica individuata per soddisfare il caso specifico in esame è in realtà molto flessibile.

1.2 La rimotorizzazione in ambito marino

La rimotorizzazione di imbarcazioni è una pratica frequente in quanto a differenza che in campo automobilistico un imbarcazione anche se costruita venti anni fa può essere comunque attuale, funzionale, di valore ed esteticamente pregevole.

Vengono rimotorizzati sia vecchi gozzi e barche a vela sia imbarcazioni più recenti.

I motori diesel sono la normale opzione per questi tipi di barche. In genere se si sostituisce un vecchio motore benzina con un nuovo motore a ciclo diesel, si guadagna in caratteristiche di funzionamento ed in maggiore affidabilità e

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Inoltre scegliere la corretta potenza da installare è fondamentale. Il motore deve essere sufficientemente potente da garantire la velocità di crociera desiderata senza spingerlo a regimi vicini ai massimi raggiungibili. Ciò assicura una buona riserva di potenza, utile ad esempio per fronteggiare un forte vento di prua o condizioni meteo avverse in generale. Tuttavia, installare un motore troppo potente non assicura alcun vantaggio ulteriore, risulterebbe infatti inutilmente troppo pesante e consumerebbe più carburante senza garantire alcun miglioramento in termini di velocità maggiore, soprattutto nel caso di imbarcazioni a vela a carattere sportivo nelle quali il motore è utilizzato per le manovre in porto e come ausiliario (sicurezza).

Se viene scelto un motore più potente del precedente infatti, è necessario controllare il basamento di appoggio, l’invertitore, la linea d’asse o la trasmissione. Il motore inoltre deve naturalmente avere dimensioni adatte allo spazio disponibile. La scelta dell’elica giusta è prerequisito essenziale per il massimo sfruttamento possibile delle potenzialità del motore individuato.

Si devono inoltre considerare i vantaggi dati da una maggiore coppia disponibile anche a bassi regimi di funzionamento. Per le barche a vela che usano il motore soltanto saltuariamente, la capacità di carica è particolarmente importante. L’incremento di apparati elettronici ed altri equipaggiamenti elettrici avvenuto sempre più negli ultimi anni richiede alternatori potenti. Nella maggioranza dei casi, la potenza dell’alternatore deve essere di almeno 100A. Un adeguato regolatore di carica è altrettanto importante per l’efficienza della ricarica.

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1.3 I vantaggi

Il motore è ovviamente una parte importantissima della barca. Senza un propulsore affidabile, la sicurezza viene meno, indipendentemente dal fatto che si tratti di una barca a vela od a motore.

Data la rapidità degli sviluppi tecnologici, si possono ottenere notevoli miglioramenti con la sostituzione del motore, di una “vecchia” imbarcazione, in particolare:

- Maggiore sicurezza ed affidabilità - Diminuzione dei pesi

- Maggiore piacere di guida, diminuzione della rumorosità e più sicura manovrabilità

- Più elevate prestazioni in termini di coppia e potenza disponibili

- Forte riduzione dell’impatto ambientale - Maggiore economia di carburante - Aumento del valore della barca

1.4 Schemi tipici di trasmissione per imbarcazioni a vela

I motori a combustione interna hanno regimi di rotazione di molto superiori ai 1000 giri al minuto ed erogano la loro massima potenza a un regime molto elevato rispetto alle necessità della propulsione idrodinamica tramite l’elica. Risulta quindi necessario predisporre un meccanismo in grado di ridurre i giri del motore prima che siano trasmessi all’asse dell’elica: il riduttore.

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Il meccanismo, normalmente accoppiato con l’invertitore, svolge contemporaneamente le due funzioni (inversione della marcia e riduzione del numero di giri al minuto). I rapporti di riduzione nelle barche a vela sono dell’ordine di due a uno o uno e mezzo a uno. Rapporti più alti vengono utilizzati dalle barche da lavoro che hanno bisogno di maggiore potenza. I primi entrobordo su barche a vela hanno avuto la trasmissione del moto in linea d’asse, così come avveniva per le barche a motore. Tuttavia questa non è rimasta a lungo l’unica modalità possibile.

LINEA D’ASSE:

Nel caso della la linea d’asse, al motore segue l’invertitore-riduttore poi vi è un giunto cardanico o omocinetico per trasmettere il momento torcente all’asse in acciaio, il quale attraversa lo scafo grazie ad un astuccio metallico inserito nella vetroresina. A poppa del giunto è collocato un cuscinetto reggispinta che scarica su apposite strutture dello scafo la spinta assiale dell’elica e, prima dell’astuccio, è presente un sistema di ritenuta per l’acqua di mare. Se l’asse sporge troppo dallo scafo, sarà necessario un ulteriore braccio di supporto. In fine vi è l’elica.

PIEDE POPPIERO:

In questo tipo di soluzione la trasmissione del moto raggiunge l’elica grazie a un piede poppiero immerso che contiene due coppie di ingranaggi conici in un bagno d’olio. Il gruppo di trasmissione, che comprende l’invertitore-riduttore, risulta più raccolto e idrodinamico, e l’elica è in pratica sulla verticale della parte posteriore del motore, decisamente più lontana dal timone rispetto alla linea d’asse. La ritenuta rispetto all’acqua di mare, dove il piede poppiero attraversa lo scafo, è resa

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possibile da una membrana di gomma, mentre il suo ingresso nel piedino è impedito da una serie di paraoli.

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Confrontare i due sistemi e decretare quale sia il migliore non è semplice:

Il piede poppiero, se associato a eliche abbattibili, o orientabili, ha un’idrodinamicità superiore rispetto al sistema in linea d’asse. Non esistono praticamente più imbarcazioni sotto i 40 piedi, con marcata vocazione sportiva, che abbiano la trasmissione in linea d’asse.

Da un punto di vista costruttivo la realizzazione di una linea d’asse è più complessa e prevede grande precisione e attenzione nel montaggio e negli allineamenti, dove le

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tolleranze sono nell’ordine dei decimi di millimetro.

Sicuramente costa di più. Il motore a regime vibra fortemente sui silent blok, mentre l’asse è rigidamente contenuto dalle parti dello scafo preposte a tale compito.

Il giunto tra i due risolve parzialmente tali problematiche, un allineamento non eseguito a regola d’arte provocherà prima o poi delle pericolose fessurazioni e rotture nel punto in cui l’asse attraversa lo scafo.

Un altro punto critico nella linea d’asse è costituito dal cuscinetto reggispinta. L’elica spinge la barca in avanti (o indietro) esercitando sull’asse una pressione che è pari a una quindicina di chili per cavallo motore. Si tratta dunque di sollecitazioni superiori a cinquemila N, per barche di media lunghezza e motorizzazione. Il cuscinetto trasferisce alle strutture dello scafo questa spinta, lasciando ai silent blok il solo compito di assorbire il peso del motore e le sue vibrazioni. È chiaro come la qualità del cuscinetto reggispinta debba essere fuori discussione.

Come detto l’asse attraversa lo scafo e una ritenuta efficace rispetto all’acqua di mare è fondamentale per evitare l’allagamento dell’imbarcazione o comunque una sentina costantemente bagnata che comprometterebbe la durata degli impianti e la vivibilità dell’imbarcazione.

La realizzazione di una linea d’asse richiede generalmente spazi importanti, ma ha il vantaggio di una maggiore semplicità nell’individuazione di possibili problemi, proprio grazie alla chiara disposizione delle sue parti essenziali. Un altro elemento a suo favore è il rendimento, essendo questa una trasmissione diretta, la potenza resa sarà maggiore che nel piede in cui si hanno due coppie coniche.

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invertitore-piedino è concepito, e realizzato, interamente dalla stessa casa costruttrice, e l’installazione a bordo non presenta le stesse difficoltà della linea d’asse.

Anche questa trasmissione ha tuttavia i suoi punti critici. Il passaggio attraverso lo scafo è molto più grande del precedente e solo un’apposita membrana impedisce all’acqua di mare di irrompere all’interno. Il rendimento è minore per il doppio cambio di direzione che le due coppie coniche consentono nel trasmettere il moto all’elica, e l’usura di questi componenti va tenuta sotto controllo. Inoltre, questa trasmissione è più “rigida”, infatti, non avendo componenti in grado di assorbire le sollecitazioni nella direzione di rotazione, risulta più sensibile per esempio a una scelta sbagliata del passo dell’elica. Un passo troppo corto sollecita fortemente l’invertitore nell’atto di inserire la marcia. Si può avvertire un rumore sordo a ogni inserimento o cambio di direzione, e in questo caso si arriva facilmente a rotture. Di contro questa trasmissione ha margini di funzionamento impensabili per la linea d’asse. Quest’ultima non sopporta che tolleranze minime di allineamento, mentre un piede poppiero può anche funzionare con il motore letteralmente caduto dai silent blok da un lato. La membrana anche in una tale situazione estrema difficilmente cede e la barca naviga pur con il piedino inclinato di molti gradi rispetto all’asse della stessa, e in condizioni certamente non ottimali.

Differenze tra i due sistemi esistono anche riguardo la manutenzione. Più articolata quella di una linea d’asse proprio per il maggior numero di componenti da tenere sotto controllo. Più semplice quella del piede poppiero che si limita alla sostituzione a scadenze precise della membrana di ritenuta, dell’olio del piedino, e dei paraoli.

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1.5 Effetti sulla navigazione del sistema in linea d’asse e

piede poppiero

Introduciamo la differenza di comportamento che avrebbero in acqua due scafi identici ma dotati dei due diversi sistemi di trasmissione: Come detto, nei due casi, la distanza tra elica e centro di deriva è diversa. Il piede poppiero mette in movimento un’elica in posizione quasi centrale tra deriva e timone. Elica il cui asse è parallelo alla linea di galleggiamento, e più basso rispetto allo scafo di almeno trenta centimetri generalmente. La linea d’asse posiziona invece l’elica molto vicina al timone e, quasi sempre, con un’inclinazione rispetto alla linea di galleggiamento di 10/15 gradi. L’elica in questo caso spesso sfiora lo scafo. Considerando che la spinta esercitata sull’imbarcazione non è certo di lieve entità, per le differenti geometrie descritte, nel moto rettilineo e a regime, avremo comportamenti abbastanza diversi. La tendenza di un piede poppiero sarà quella di appoppare in modo più o meno evidente la barca, sollevandone un po’ la prua. Questo perché la spinta è applicata in un punto quasi centrale e molto immerso. Nel caso della linea d’asse inclinata si crea invece un momento opposto, e la barca tenderà ad appruarsi sollevando la poppa.

Più evidenti sono i diversi comportamenti rispetto all’effetto evolutivo (l'effetto evolutivo è sempre esercitato nella direzione di rotazione dell'elica e tale effetto è avvertibile e deleterio durante le manovre a bassa velocità e nelle retromarce), lo scafo con piede poppiero subisce il fenomeno in modo meno evidente, essendo, ancora una volta, il momento laterale direttamente proporzionale al braccio, cioè alla distanza tra la deriva (intorno alla quale tende a ruotare la

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barca) e l’elica (che spinge di lato). Nel caso di linea d’asse con un’elica molto distante dal centro di deriva, e magari di tipo tradizionale, perciò più efficiente, lo scafo scarterà lateralmente in modo più marcato.

Dando gas in retromarcia, dunque, l’imbarcazione con piede poppiero procederà abbastanza in linea retta,

mentre la seconda porterà decisamente la poppa, in un primo momento, dal lato imposto dalla tendenza evolutiva dell’elica. Possiamo anche considerare che la parte immersa (piedino) del piede poppiero è in lega leggera, alluminio di solito. Bisogna quindi fare molta attenzione alle correnti galvaniche in genere, e prestare molta attenzione al tipo di antivegetativa da usare. Alcune di queste vernici sono a base di metalli o di ossidi, e una scelta sbagliata provocherebbe fessurazioni tali da rendere necessaria la sostituzione del piede.

1.6 Sistemi di ritenzione dell’acqua

“L’astuccio dell’elica” è l’elemento che svolge la delicata funzione di garantire la tenuta all’ingresso dell’acqua. Le caratteristiche fondamentali che distinguono un buon astuccio sono: la bassa abrasione sull’asse (il consumo dell’asse durante la sua rotazione deve essere il più possibile vicino allo zero), l’elevata resistenza all’usura e la manutenzione ridotta.

Sono stati studiati vari accorgimenti per contrastare l’ingresso dell’acqua verso l’interno della barca. Per molto tempo (circa fino agli anni ’80) si è ricorsi a una speciale guarnizione formata da un grosso filo (la baderna) avvolto a spirale sull’asse e posto internamente a una scatola cilindrica coassiale la quale, per il tramite di opportune viti, è possibile serrare sull’asse stesso. Il meccanismo garantisce la tenuta, ma ha l’inconveniente che

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per essere raffreddato deve permettere all’acqua marina di trafilare verso l’interno. La quantità è modesta (una, due gocce al minuto), ma sufficiente a imporci il successivo svuotamento delle sentine. La baderna ha inoltre bisogno di essere ingrassata di tanto in tanto e sostituita periodicamente.

Ormai, da molti anni, sono stati messi a punto sistemi di tenuta all’acqua perfettamente stagni e,di lunghissima durata. I nuovi sistemi di tenuta, che hanno ormai quasi completamente soppiantato il sistema della baderna e del premitreccia, garantiscono una perfetta tenuta all’acqua, garantendo così sentine perfettamente asciutte con un miglioramento della pulizia e dell’igiene a bordo, inimmaginabile venti/ trent’anni fa. Uno dei sistemi più semplici è costituito da un manicotto in gomma montato sull’asse. La parte interna del manicotto è munita di due bordi circolari tenuti a contatto dell’asse dalla pressione dell’acqua. La lubrificazione è garantita da grasso rinnovato ogni uno/due anni. Il raffreddamento del manicotto è affidato all’acqua di mare e se l’asse è di buona qualità, ovvero, perfettamente liscio, la durata del manicotto è, praticamente, illimitata. Si deve soltanto avere l’accortezza, immediatamente dopo il varo, di spurgare dell’aria presente nella parte interna del manicotto. La procedura è semplice e consiste nel deformare delicatamente tra due dita il corpo del manicotto: i bordi non aderiscono più all’asse e l’aria, spinta dalla pressione dell’acqua, fuoriesce. A questo punto tutto il volume interno del manicotto è occupato da acqua.

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2 - RIMOTORIZZAZIONE DI UNA BARCA A VELA DA COMPETIZIONE

2.1 Gli obiettivi da perseguire

Entrando nel caso specifico inerente la rimotorizzazione di una barca a vela da competizione pur restando inalterati molti dei principi che guidano la rimotorizzazione delle imbarcazioni in generale, sono stati privilegiati aspetti che migliorano la navigazione sportiva dell’imbarcazione stessa. Quali riduzione del peso e redistribuzione dello stesso.

La soluzione individuata inoltre consente un installazione molto flessibile riguardo al posizionamento delle masse (quindi dei motori a scoppio ed elettrico) e questo è uno dei principali aspetti su cui si basa questo lavoro.

Gli obiettivi individuati sono essenzialmente due: la riduzione delle masse (minor peso dei motori utilizzati minor consumo degli stessi e conseguente minore quantità di carburante stoccato) e la flessibilità di posizionamento delle stesse.

Inoltre come in molte applicazioni navali l’affidabilità degli impianti è stata tenuta in forte considerazione e vedremo nel seguito uno studio di affidabilità fra i tre principali schemi impiantistici individuati.

Agli obiettivi essenziali illustrati sopra si aggiungono diversi altri aspetti secondari ma ugualmente importanti come il possibile aumento di affidabilità dato dalla ambivalenza di compiti espletabili dai motori scelti, che come illustrato in seguito possono sia generare potenza elettrica (quindi anche produzione di acqua dolce e alimentazione delle pompe di sentina) sia muovere l’imbarcazione.

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2.2 Principi fondamentali della navigazione a vela

La barca a vela è un mezzo estremamente complesso che si muove grazie all'interazione tra due fluidi di densità diverse: l'aria e l'acqua, che scorrono con velocità diverse rispetto alla barca. Spinta solamente dalla forza del vento è in grado di risalirlo e, in certi casi, di andare più veloce di esso, grazie all’effetto Venturi.

Grazie alle superfici aerodinamiche, cioè le vele, una barca recupera energia dall'aria trasformandola in movimento e per mezzo delle superfici immerse, cioè la carena e le appendici, si mantiene su una rotta rettilinea.

La barca, per muoversi, sfrutta sostanzialmente gli stessi principi base che consentono agli aerei di mantenersi in volo: l'utilizzo di superfici portanti. Dai principi esposti derivano le affinità tra l'ambiente aeronautico e il mondo della vela e la

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possibilità di utilizzare gli stessi strumenti di calcolo per caratterizzarne il comportamento.

Il movimento della barca nell'acqua genera sulle vele, oltre al vento reale, anche una componente di vento opposta alla direzione di moto, detto vento di velocità. La risultante vettoriale tra vento reale e vento di velocità genera il cosiddetto vento apparente, che nelle andature di bolina può avere intensità anche doppia di quella del vento reale.

L'azione del vento apparente su tutta la parte emersa della barca (scafo, attrezzatura e vele) provoca una forza aerodinamica distribuita, la cui risultante viene applicata in un punto della vela detto centro velico. Questa forza può essere scomposta in una componente di resistenza avente la stessa direzione del flusso apparente e in una di portanza avente direzione perpendicolare ad esso. Tuttavia tipicamente si preferisce utilizzare una diversa scomposizione che consiste nel considerare una componente di forza propulsiva, parallela alla direzione di avanzamento della barca e una componente di forza laterale, perpendicolare a questo asse.

La forma appiattita delle vele fa si che queste si comportino come un profilo alare molto sottile. Si viene quindi a creare una notevole componente di portanza aerodinamica e solo una piccola componente di resistenza, che si traduce in un'elevata efficienza aerodinamica. La composizione di queste due forze genera la spinta necessaria che permette all'imbarcazione di avanzare.

Andando ad analizzare la situazione sotto la linea di galleggiamento si scopre che anche le appendici svolgono un ruolo analogo a quello delle vele. Infatti la pinna di deriva, il timone e l'opera viva si trovano investite da un flusso di acqua posto in moto relativo rispetto ad essi. Il risultato di tale

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interazione è la produzione di una forza idrodinamica applicata in un punto della chiglia chiamato centro di deriva. Sia le vele che le appendici sono soggette ad una forza

laterale che provoca un momento ribaltante sulla barca, il quale deve essere equilibrato dal momento raddrizzante generato dalla forza peso dello scafo e dell'equipaggio affinché la barca si mantenga stabile in navigazione. A causa della spinta laterale esercitata dalle vele, la rotta percorsa dallo scafo risulta deviata sottovento di un piccolo angolo, detto angolo di scarroccio, che rappresenta l'incidenza con cui il flusso d'acqua lambisce la parte immersa dello scafo. Maggiore è la velocità della barca, minore sarà l'angolo di scarroccio che serve a generare le forze sulle appendici. Anche in questo caso la forza idrodinamica può essere scomposta in due componenti, una resistenza idrodinamica diretta come la velocità relativa ed una portanza idrodinamica diretta perpendicolarmente alla velocità relativa.

Nel momento in cui l'imbarcazione è in navigazione le forze aerodinamiche e quelle idrodinamiche devono trovarsi in equilibrio per mantenere una condizione di navigazione statica. Altrimenti si instaura un equilibrio dinamico tra tutte le forze agenti che provoca delle accelerazioni, le quali determinano le manovre che la barca è in grado di compiere.

Un altro aspetto molto importante da considerare è che i due contributi aerodinamico ed idrodinamico non possono sussistere singolarmente, ma devono coesistere producendo entrambi un effetto positivo per il movimento (la forza motrice aerodinamica e la portanza idrodinamica) ed uno nocivo (la resistenza idrodinamica e la forza sbandante aerodinamica).

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Trovandosi libera di muoversi all'interno di due fluidi, nel calcolo della stabilità bisogna prendere in considerazione l'equilibrio attorno a tutti i sei gradi di libertà della barca. Infatti l'equilibrio laterale delle forze consente alla barca di andare dritta, l'equilibrio longitudinale la fa avanzare, quello verticale la sostiene sulla superficie dell'acqua. Allo stesso modo i tre momenti principali devono dare risultante nulla. In questo senso i catamarani risultano avvantaggiati rispetto alle imbarcazioni con un solo scafo perche la larghezza maggiore consente di posizionare i pesi più distanti dall'asse di rotazione longitudinale e sviluppare un maggior momento raddrizzante, che si traduce in una maggiore spinta avanzante.

2.3 Stabilità e distribuzione delle masse

La stabilita di un’imbarcazione è un elemento importante di sicurezza, poiché essa altro non e che la capacita di opporsi al capovolgimento. In altre parole, la stabilita e l’attitudine di uno scafo a riprendere il suo assetto di equilibrio dopo le oscillazioni (rollio e beccheggio) , provocate dal vento e dal moto ondoso.

Si ha stabilita di forma (scafi con forme piene, arrotondate) e stabilita di peso, come quella ottenuta sulle imbarcazioni a vela medio-grandi mediante appropriati pesi (bulbi) collocati in chiglia per bilanciare gli sbandamenti e rendere lo scafo irrovesciabile. In ambo i casi la stabilita dipende dalla posizione di due punti particolari e caratteristici dell’imbarcazione, che sono:

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– Il Centro di Gravita (o baricentro) G, punto di applicazione della risultante costituita dai vari pesi che compongono la nave e il carico;

– Il Centro di Spinta (o di Carena) C, punto d’applicazione della risultante di tutte le forze che la spinta dell’acqua esercita sullo scafo. (Spinta di Archimede) Un’imbarcazione quando galleggia in acque calme assume un assetto di equilibrio dovuto a due forze uguali e contrarie giacenti sulla stessa verticale: il peso P della barca e la spinta S che la tiene a galla (fig.1).

Il peso agisce sempre sul Centro di gravita G, mentre la spinta passa sempre per il Centro di Carena C.

Fig.1 Stabilità di forma: G si trova al di sopra di C

Fig.2 Stabilità di peso,G si trova al di sotto di C, per il peso della chiglia zavorrata

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Spinta di Archimede: Un corpo immerso in un liquido riceve dal basso in alto una spinta applicata al Centro di carena C pari al Peso P (applicato al Centro di gravita G) del volume d’acqua spostato.

La posizione di C varia in relazione allo sbandamento della nave (perché cambia la forma della parte immersa dello scafo) mentre G rimane sempre sullo stesso punto, anche a nave sbandata (solo se aggiungiamo oppure spostiamo un peso dall’alto in basso, il G si abbasserà).

Coppia raddrizzante: sbandando il natante, e variando cosi la forma della parte di scafo immersa, il Centro di Carena C si sposterà in C’ dando origine ad una nuova spinta verticale S innalzata da C’.

Dall’azione della forza di peso P (sempre rivolta verso il basso) e di quella di spinta S (sempre rivolta verso l’alto) nasce la coppia di forze con braccio X, coppia di stabilità trasversale che tende a raddrizzare lo scafo, agendo fino a quando G e C non verranno a riposizionarsi sulla stessa retta verticale.

Metacentro (M): E' il punto d’intersezione della spinta verticale S, innalzata da C’, con il piano longitudinale di simmetria. M rappresenta il limite di stabilità della nave ed esso dovrà sempre sovrastare G per non invertire la tendenza della coppia di forze, ciò che comporterebbe un giramento in senso opposto, ossia una tendenza al rovesciamento dello scafo:

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- Se le due forze P ed S uguali e contrarie, sono parallele: momento raddrizzante (o momento di stabilità) che tende a far ruotare lo scafo e a riportarlo nella sua posizione dritta iniziale -Se la tendenza della coppia di forze si inverte, M cade sotto G, lo scafo inizia a capovolgersi

Altezza metacentrica: è la distanza di M da G, più grande e l’altezza metacentrica più grande e la coppia raddrizzante con braccio X e tanto più stabile è l’imbarcazione.

Stabilita di peso: quando uno scafo zavorrato in chiglia tende a sbandare, C si sposta di poco, G si abbassa notevolmente e aumenta la distanza X tra le due verticali G e C; si ha così forte incremento del momento raddrizzante e grande stabilita. Stabilita di forma. Per contro, in uno scafo a sezione larga, piccoli sbandamenti causeranno grandi Spostamenti di C e si

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avranno anche qui forti incrementi al momento raddrizzante dovuti all’aumento di X.

-Peso P in coperta: G sarà alto, stabilità di peso

- Peso P in chiglia : G si abbassa notevolmente, aumenta la distanza X e quindi il momento raddrizzante

Fattori che influenzano la stabilità: affinché il baricentro e le caratteristiche originali di stabilita rimangano inalterati è necessario che: nell’imbarcare i pesi notevoli vengano disposti simmetricamente rispetto agli assi longitudinali e trasversali dello scafo, sistemati sottocoperta più in basso possibile, in sentina non ristagni acqua, la quale, se in quantità, nei movimenti dello scafo si muove impazzita provocando anomali e pericolosi sbandamenti.

La distribuzione dei pesi a bordo è uno degli elementi a cui in fase di progettazione si presta la massima attenzione.

Su piccole barche a vela sotto i 7-8 metri o su imbarcazioni prettamente sportive il fattore distribuzione delle masse diventa fondamentale, poiché esso influenza direttamente l’assetto della barca stessa. Trovare il giusto equilibrio a bordo

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equivale a garantire le migliori prestazioni di navigazione e la massima sicurezza.

Sicuramente per quanto possibile è sempre meglio posizionare

eventuali masse lungo l’asse centrale longitudinale

dell’imbarcazione e il più in basso possibile al fine di alterare il meno possibile l’auto raddrizzamento dello scafo e quindi la posizione del suo baricentro.

L’equipaggio costituisce sicuramente un peso significativo a bordo di una barca a vela e riveste un ruolo determinante perché si può facilmente spostare e collocare ad esempio in posizioni tali da contrastare lo sbandamento causato dalla forza del vento sulla vela. Tecnicamente definito “zavorra viva”, il peso dell’equipaggio è importante anche come momento raddrizzante su barche da regata di grandi dimensioni.

Affinché la barca eviti addirittura di scuffiare, occorre trovare la migliore disposizione dei pesi sia sull’asse longitudinale sia su quello trasversale. Concentrare il peso al centro appare sicuramente la decisione più oculata, anche se occorre fare attenzione in quanto tale manovra non è una regola valida per tutte le andature. Infatti, se accentrare il peso sia rispetto all’ asse longitudinale che trasversale è corretto per le andature portanti (cioè con imbarcazione non sbandata), è errato per quelle di bolina, dove l’equipaggio

rappresenta l’unica controforza allo sbandamento; in questo caso è bene posizionarsi il più possibile all’esterno, sul lato opposto allo sbandamento.

La disposizione ottimale e l’importanza della zavorra viva è visibile in maniera chiara su alcune classi di derive e catamarani dove piano velico e scafo sono così portati all’estremo delle

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prestazioni che l’equipaggio,nelle andature di bolina, naviga a “trapezio”, cioè completamente fuori dalla barca.

La possibilità di redistribuzione delle masse è uno degli aspetti che ampliano molto il campo di applicabilità delle linee di principio di questo lavoro, su molte tipologie di imbarcazioni anche commerciali è di forte interesse poter cambiare posizione alle masse in gioco e al motore a scoppio in particolare, ad esempio al fine di posizionarlo (spazio permettendo) dove crea il minor disturbo acustico possibile. Si definiscono andature i diversi modi di avanzare che un'imbarcazione a vela assume rispetto alla direzione del vento.

La propulsione nelle barche a vela è prodotta, in modo analogo alla portanza di un'ala, dalla differenza di pressione generata dal vento sulle due "facce" della vela. La diversa direzione del vento rispetto all'asse longitudinale dell'imbarcazione costringe i conduttori della barca a modificare la regolazione delle vele per meglio sfruttare la spinta del vento sulle vele. Per indicare la direzione del vento rispetto all'asse longitudinale della barca si è sviluppato un sistema convenzionale che divide l'angolo tra prua e poppa dell'imbarcazione (corrispondente a 180°) in 16 quarte ciascuna corrispondente quindi a 11° 15'. La direzione del vento viene indicata convenzionalmente in quarte, che forniscono un'indicazione immediatamente comprensibile al conduttore della barca e ai marinai delle regolazioni da effettuare sulle vele.

Andature contro il vento: bolina, per vento che proviene tra le sei e le quattro quarte da prua. Si può inoltre distinguere tra:

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 bolina larga (45 - 55 gradi al vento reale )

I limiti dell'andatura di bolina sono dipendenti dal tipo di imbarcazione. Le imbarcazioni a vele quadre, meno adatte a risalire il vento si trovano in andatura di bolina con vento a sei quarte da prua, mentre le imbarcazioni a vele auriche o a vele Marconi si trovano in andatura di bolina con vento a quattro quarte da prua.

Andatura al traverso: al traverso, detto anche a mezza nave

per il vento perpendicolare all'asse longitudinale

dell'imbarcazione. (90 gradi al vento reale).

Andature portanti: lasco, (o di vento largo) quando il vento soffia di lato all'imbarcazione, con un angolo rispetto ad essa che può variare dal gran largo, quattro quarte da poppa, al largo, sei quarte da poppa,(100 - 130 gradi al vento reale) fino al vento a mezza nave o traverso allorché il vento spira perpendicolarmente all'asse longitudinale dell'imbarcazione. Gran lasco : o al giardinetto' per il vento che proviene una quarta fino a due quarte a dalla poppa (140 - 170 gradi al vento reale).

In poppa: detto anche in fil di ruota, per il vento parallelo al piano longitudinale dell'imbarcazione, proveniente cioè dai quadranti poppieri. In questa andatura l'imbarcazione procede nella stessa direzione del vento (o quasi). Quest'andatura è estremamente pericolosa in quanto un rapido cambio della direzione del vento può far strambare senza preavviso.

Generiche: le andature sono anche sommariamente divise in:

 Andature strette o bordeggio o andature ardenti, le

andature di bolina in cui l'imbarcazione risale il vento.

 Andature portanti, le andature di poppa e lasco in cui

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Questa classificazione è di norma utilizzata dal momento che le condizioni di navigazione, il tipo di vele e il comportamento dell'imbarcazione rispetto al vento e al moto ondoso variano in maniera determinante nelle due condizioni.

Eccezioni: prua al vento, in questo caso la barca non governa o governa male con l'abbrivio che va via via esaurendo, le vele non prendono vento e la barca non procede in avanti. Non è un'andatura, ma una tecnica che si usa spesso in regata per prendere gli "stop al vento" o per guadagnare tempo nel caso in cui si sia in anticipo sulla linea di partenza.

2.4 Sviluppo delle vele e vele rigide

Seppur con diverse forme e dimensioni, per migliaia di anni sono state utilizzate su tutti i tipi di imbarcazioni vele costituite da un materiale flessibile montato su un supporto rigido. Fino a quando lo studio dei profili alari utilizzati per le ali degli aerei ha portato a sviluppare in analogia delle vele costituite da un profilo rigido.

Negli anni 80 vennero condotti numerosi studi per sviluppare le vele rigide in ambito commerciale, tuttavia questi studi erano finalizzati alla movimentazione di grandi imbarcazioni da trasporto con l'energia del vento, piuttosto che alla ricerca di elevate prestazioni.

Il maggiore sviluppo si ebbe invece nella ricerca dei record di velocità a vela e su imbarcazioni da regata altamente competitive.

Negli ultimi anni imbarcazioni come Sailrocket o Wotrocket, progettate con l'unico scopo di battere il record di velocità sono state equipaggiate con un'unica vela rigida. Soltanto di recente le vele rigide hanno fatto la loro comparsa in regate ad

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alto livello, in particolare su imbarcazioni partecipanti alla Coppa America.

Sulle imbarcazioni da turismo invece le vele rigide non hanno sinora riscosso grande successo per due principali motivi: non possono essere ridotte facilmente in caso di vento forte e risultano notevolmente più fragili e costose rispetto ad una vela tradizionale.

Lo sviluppo della vela rigida come la conosciamo oggi nel mondo della vela ad alte prestazioni iniziò con la definizione di nuove classi di catamarani nei primi anni 60. Quattro classi principali vennero definite: Classe A, B, C e D, in ognuna delle quali erano vincolate solamente la lunghezza e la larghezza massime degli scafi e la massima superficie velica, lasciando notevole libertà allo sviluppo. Di queste la Classe-C è quella che ha avuto le maggiori innovazioni portando tutte le imbarcazioni ad adottare una soluzione a vela rigida.

2.5 Schemi tipici di motori per propulsione e generazione di potenza elettrica

Il motore di una barca a vela è, nella stragrande maggioranza dei casi, un entrobordo a ciclo Diesel.

L’uso pressoché generalizzato di motori a ciclo diesel si spiega per i livelli di economicità, maggiore coppia rispetto al benzina, regolarità di funzionamento, affidabilità, sicurezza e longevità, che questo tipo di propulsore è in grado di raggiungere.

Un altro importante fattore che ha favorito l’affermarsi dei motori a ciclo Diesel in ambito navale è la maggiore coppia rispetto ad una pari cilindrata benzina, soprattutto a velocità ridotte. Un motore con coppia elevata a bassa velocità assicura

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potenza per le manovre ed ha anche sufficiente riserva per caricare le batterie, al minimo.

Va inoltre considerato che il miglior numero di giri per la velocità di crociera è il più basso possibile. Un motore progettato per funzionare a 2500–3000 giri/min, come il Diesel in genere. assicura un senso di comfort a bordo decisamente superiore, con ridotti livelli di rumorosità e vibrazioni, rispetto ad un motore ad elevato numero di giri. Un motore con più cilindri è anche generalmente più silenzioso nel

funzionamento e produce meno vibrazioni.

Il gasolio inoltre risulta molto meno infiammabile della benzina, dunque installando un motore a ciclo Diesel aumenta anche la sicurezza a bordo.

Spesso su imbarcazioni a vela di una certa grandezza vi sono installati due motori a ciclo diesel che possono essere deputati sia alla propulsione sia alla generazione di corrente elettrica tramite un alternatore, oppure uno impiegato per la sola funzione di locomozione e l’ altro per la sola generazione elettrica. La barca sulla quale è stato basato questo studio ad esempio è dotata di due entrobordo diesel uno di cilindrata e potenza maggiore, deputato alla sola funzione di locomozione (con sistema Sail Drive di seguito illustrato), mentre l’altro di cilindrata più ridotta deputato alla sola generazione di potenza elettrica tramite un generatore che alimenta sia un addolcitore che le pompe di sentina sia gli strumenti elettronici che le luci di via.

Come illustrato nel primo capitolo esistono due principali tipi di trasmissione meccanica della potenza all’elica e cioè la soluzione in linea d’asse oppure quella con piede poppiero, riferendoci ad un importante brevetto Volvo Penta quest’ultima tipologia è detta Sail Drive e incorpora il

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riduttore-invertitore, l’albero di trasmissione, l’elica e la presa d’acqua per il raffreddamento del motore; esistono dei Sail Drive che incorporano anche il condotto che convoglia sott’acqua i gas di scarico del motore.

L’imbarcazione presa in esame presenta appunto un S-Drive per la connessione motore elica.

Vediamo di seguito uno spaccato del sistema Sail-Drive o “piede poppiero” che evidenzia le due coppie coniche, la possibilità di una riduzione e l’orizzontalità dell’asse dell’elica rispetto al sistema in linea d’asse:

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Riguardo il sistema di generazione elettrica essa avviene tramite un alternatore accoppiato al motore a ciclo diesel. L’uscita di tale alternatore può essere molto variabile tuttavia mediamente abbiamo 100A e 12-14 V.

L'alternatore è una macchina elettrica rotante basata sul fenomeno dell'induzione elettromagnetica, che trasforma energia meccanica in energia elettrica sotto forma di corrente alternata assumendo la funzione di trasduttore.

La macchina è costituita da una parte cava fissa, chiamata statore, al cui interno ruota una parte cilindrica calettata sull'albero di rotazione, detta rotore. Sullo statore sono presenti gli avvolgimenti elettrici su cui vengono indotte le forze elettromotrici che sosterranno la corrente elettrica prodotta.

Il rotore genera il campo magnetico rotante per mezzo di elettromagneti, che sono in numero pari al numero delle fasi moltiplicato per il numero di coppie polari: in caso di alternatore trifase a due poli (una coppia polare) si hanno tre elettromagneti, in caso di alternatore trifase a quattro poli (due coppie polari) si hanno sei elettromagneti, i quali sono a loro volta opportunamente alimentati, in alternativa vengono utilizzati dei magneti permanenti i quali non necessitano di alimentazione e in quest'ultimo caso si ha solo una coppia polare (Nord e Sud) per ogni coppia di poli statorici. Unica eccezione si ha negli alternatori trifase o bifase motociclistici, dove gli alternatori non sono dei veri alternatori trifase o bifase, ma sono tre o due alternatori monofase disposti equidistanti e soggetti a tre o due coppie polari per rotazione, quindi si hanno tre o due onde sinusali non sfasate, inoltre,

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soprattutto in caso essi siano monofase, questi possono avere un numero di coppie polari superiore (multipli di due, tre, ecc...) rispetto al numero delle fasi.

La tipologia costruttiva varia notevolmente a seconda del tipo di macchina a cui sono accoppiati. In caso di alternatori siti in centrali idroelettriche dove la turbina idraulica ruota a frequenze di centinaia di giri al minuto l'avvolgimento rotorico sporge rispetto all'albero (si parla di macchina ad N "poli salienti"). La velocità dipende dalle caratteristiche della turbina idraulica ed è inversamente proporzionale al numero dei poli. Alternatori accoppiati a turbomacchine (turbine a gas o a vapore) hanno anche l'avvolgimento rotorico alloggiato in cave, ruotano a frequenze maggiori, comparabili con la frequenza di rete, e si distinguono ulteriormente per tipologia di raffreddamento, ad aria, acqua e ad idrogeno.

Il rendimento di questi alternatori è molto alto, intorno al 0,97 (97%) con minimi intorno allo 0,85 (85%).

2.6 La soluzione elettrica

Come raggiungere gli obiettivi prefissati? Come poter rendere flessibile la disposizione delle masse senza dover ricorrere a complicate trasmissioni meccaniche?

Per rispondere a questi e ad altri quesiti si è arrivati ad una importante soluzione che è anche uno dei punti fondamentali di questo lavoro e cioè l’ utilizzo di un motore elettrico deputato alla propulsione! Con questa soluzione infatti ci si svincola dalla necessità di avere il motore a scoppio vicino all’elica e la trasmissione di potenza avviene tramite semplici cavi elettrici.

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I vantaggi rappresentati da un tale sistema sono innumerevoli infatti si ha la possibilità di posizionare il motore a scoppio nel punto ottimale dell’imbarcazione che garantisce la migliore navigabilità della stessa grazie alla redistribuzione dei pesi (se gli spazzi sono sufficienti all’ installazione), inoltre la manutenzione è più ridotta e semplificata, gli organi meccanici soggetti ad usura diminuiscono.

Su imbarcazioni in cui il comfort sia al centro dell’interesse progettuale, questa soluzione permette anche di ottenere un gran miglioramento acustico nella zona poppiera (che è generalmente quella più frequentata dai passeggeri) proprio grazie al fatto che è ad esempio possibile posizionare il motore a scoppio a prua, allontanando dunque la principale fonte di rumore, e il motore elettrico (molto mono rumoroso) a poppa. Nel caso specifico sono stati individuati tre principali schemi elettrici possibili, la cui affidabilità è crescente. Tali soluzioni prevedono anche possibili adattamenti in caso di emergenza, cioè l’ alimentazione al motore elettrico può essere garantita anche da una singola APU (blocco motore a scoppio alternatore) rinunciando ovviamente alla potenza elettrica necessaria ad altre funzioni che normalmente sono svolte in contemporanea in assenza di guasti, oppure si può disporre di una quota di energia da investire nella propulsione anche grazie ad efficienti pacchi batterie che grazie ad un inverter possono fornire energia al motore elettrico.

Tale sistema garantisce anche la possibilità che con una sola APU funzionante si possa alimentare la ricarica batterie e dalle batterie il motore elettrico, così da rendere possibile un temporaneo scollegamento tra APU e pacco batterie, senza rinunciare alla propulsione, e utilizzare l’energia per alimentare

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pompe di sentina, dissalatore e idroguida o eventuali sistemi pneumatici di regolazione.

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3 IL CASO IN ESAME

3.1 La situazione attuale

L’imbarcazione presa in esame è una barca a vela da competizione e monta due motori entrobordo a ciclo diesel, uno della cilindrata di 1130 cm^3 che a secco pesa 157 kg è deputato alla sola generazione elettrica, mentre l’altro della cilindrata di 2200 cm^3 che pesa a secco 264 kg è deputato alla funzione di locomozione e integrazione di energia elettrica. Quindi un solo motore ha funzione propulsiva mentre l’altro serve a generare la potenza elettrica necessaria alle esigenze di bordo, all’alimentazione delle pompe di sentina e alla produzione di acqua dolce.

Il sistema di trasmissione della potenza all’elica è del tipo S-Drive (piede poppiero) illustrato nell’ introduzione.

L’accumulo di carica elettrica avviene tramite batterie ad alta capacità del tipo stagne, senza manutenzione.

Va precisato che l’intera architettura dell’impianto motore-generazione elettrica è recente e utilizza motori e componenti attuali per nulla obsoleti, tuttavia vedremo nel seguito le migliorie individuate e apportate.

Per quanto riguarda i consumi il motore addetto alla locomozione a regime consuma circa 18 l/h di gasolio mentre il motore più piccolo a regime consuma circa 6.8 l/h dello stesso carburante.

I due motori, di una nota casa costruttrice, sono dei classici entrobordo diesel progettare per operare a regimi di rotazione che vanno dai 2500 Rpm ai 3000 Rpm e sono ancorati alla carena tramite dei supporti detti “silent blok”. Questi motori sono piuttosto “massicci” e puntano su una grande affidabilità,

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infatti il rapporto potenza-cilindrata non è particolarmente elevato come potremo notare anche dai grafici successivi, tali caratteristiche rendono questi propulsori progettati per sostenere migliaia e migliaia di ore di navigazione e lunghi rimessaggi. Sulla barca a vela in esame però queste caratteristiche sono messe in secondo piano, per così dire, rispetto a quelle prestazionali, dunque è assolutamente plausibile l’utilizzo di motori molto più leggeri e performanti (non per questo meno affidabili!) che sarà la soluzione tecnica adottata.

In realtà come verrà evidenziato nel seguito, l’affidabilità del sistema di propulsione e generazione elettrica aumenterà notevolmente, in ragione sia dei componenti utilizzati sia soprattutto degli schemi impiantistici scelti che consentiranno, in caso di gusto, una ambivalenza dei compiti svolti da parte dei due blocchi motore a scoppio-alternatore definibili APU. Vediamo di seguito le curve di coppia e potenza dei due motori e le relative immagini:

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MOTORE CON FUNZIONE ESCLUSIVA DI GENERAZIONE ELETTRICA

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MOTORE CON FUNZIONE ESCLUSIVA DI GENERAZIONE ELETTRICA

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3.2 Problematiche rilevate

Il peso complessivo dei due motori in ordine di marcia completi di alternatori è apparso fin da subito notevole pur trattandosi in realtà di motori a ciclo diesel common rail assolutamente attuali, ci troviamo di fronte ad un imbarcazione a cui vengono richieste prestazioni sportive estreme, dunque una riduzione di peso è fortemente auspicabile, inoltre il fatto che un solo motore sia destinato alla funzione di propulsione non da garanzie di sicurezza particolarmente elevate, anche questo aspetto verrà risolto almeno parzialmente facendo in modo che i due motori a scoppio di derivazione automobilistica che verranno installati potranno entrambi fornire l’ energia elettrica necessaria ad alimentare il motore che muove l’elica. Inoltre la posizione attuale dei due motori a scoppio risulta piuttosto vicina alla poppa dell’ imbarcazione, pur non essendo questa una posizione particolarmente sconveniente tuttavia con dei motori più compatti e leggeri (come quelli che verranno utilizzati) sarà possibile far scendere leggermente il baricentro dell’imbarcazione e avanzarlo qualche decina di centimetri favorendo il momento raddrizzante e migliorando ulteriormente la navigabilità soprattutto con andature di tipo “portante” cioè ad imbarcazione non sbandata.

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3.3 Migliorie stimate

In fase di approntamento del progetto si è stimata una possibile riduzione di massa pari a circa 200 kg senza contare una riduzione nella massa delle trasmissioni che per quanto riguarda la trasmissione di potenza saranno dei semplici cavi elettrici anzi che di tipo meccanico.

L’affidabilità nel complesso aumenta perché ciascuno dei due motori a scoppio sarà in grado di generare l’energia elettrica sufficiente a muovere il motore elettrico quindi l’imbarcazione. Inoltre i motori che saranno installati avranno un rendimento superiore ai precedenti, consumi più ridotti e minori emissioni inquinanti, contribuendo anche ad una riduzione del combustibile che sarà necessario stoccare e dunque contribuendo ad una ulteriore riduzione di peso.

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4 SOLUZIONE IPOTIZZATA

4.1 I motori “Smart”

Dopo varie opzioni vagliate i due motori a scoppio scelti per rimotorizzare l’imbarcazione in esame sono stati due motori di derivazione automobilistica turbodiesel, i più piccoli, compatti, potenti e affidabili turbodiesel “commerciali” disponibili sul mercato, cioè quelli che montano le note autovetture Smart costruiti da Mercedes-Benz. Codice motore: D003MAS F

Sono dei turbodiesel molto prestanti ed evoluti di cilindrata 799 cm^3 e potenza variabile,(a seconda della sovrapressione) comunque non inferiore agli 80 Hp.

Va puntualizzato che la scelta di questi propulsori è stata effettuata proprio perché ci troviamo di fronte ad una imbarcazione sportiva piuttosto estremizzata il cui utilizzo è di carattere competitivo, quindi una “raffinatezza” più elevata ed una relativa manutenzione più costante dei propulsori non pregiudicano affatto l’installazione degli stessi, dunque non si deve pensare ad un riadattamento forzato, sarà essenzialmente sufficiente infatti mettere in marcia periodicamente i due motori a scoppio evitando lunghi rimessaggi (come avviene per le barche destinate alla nautica da diporto) al fine di mantenerli efficienti.

L’affidabilità di questi propulsori è assolutamente di primo ordine, esiste una applicazione addirittura in campo aereonautico in cui uno di questi piccoli e leggeri turbodiesel è stato montato su un ultraleggero dopo averlo opportunamente preparato per poter raggiungere addirittura la potenza di 100 Hp a 4400 Rpm ottenendo ottimi risultati. Nell’imbarcazione in esame questi motori a scoppio verranno installati sotto forma di

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Ausiliary Power Units, cioè già accoppiati con un alternatore e una sistema di regolazione.

CARATTERISTICHE MOTORE:

L’architettura di questo motore è del tipo tre cilindri in linea, il monoblocco e la testata sono in lega di alluminio.

Alesaggio 65.5 mm, corsa 79 mm.

Dimensioni: lunghezza totale 380 mm larghezza totale 450 mm altezza totale 450 mm.

Massa: 75 kg in ordine di marcia e con alternatore (di tipo automobilistico non quello che verrà utilizzato).

Testata: due valvole per cilindro.

Iniezione: completamente elettronica, un iniettore common rail per cilindro.

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4.2 Il sistema di raffreddamento

Nei motori marini generalmente si utilizzano due tipi di sistemi di raffreddamento, a circolazione diretta di acqua marina oppure a circolazione indiretta:

Circolazione DIRETTA:

Oggi quasi esclusivamente utilizzato nei fuoribordo od in vecchi motori entrobordo, questo sistema prevede un circuito di raffreddamento del motore a scoppio nel quale circola direttamente l’acqua di mare senza subire trattamenti particolari se non una filtrazione di tipo meccanico (passaggio attraverso membrane filtranti), tale sistema è efficace e soprattutto compatto e leggero dato che non c’è uno scambiatore, tuttavia ha il grande inconveniente di fare venire a contatto l’intero circuito interno al motore con l’acqua di mare, notoriamente molto corrosiva e favorevole all’instaurarsi di fenomeni galvanici. Non solo, in caso di danneggiamento della guarnizione della testata del motore l’ acqua di mare potrebbe trafilare addirittura all’interno dello stesso provocando seri danni.

Circolazione INDIRETTA:

Il funzionamento è simile a quello del radiatore delle autovetture, l’acqua di mare serve solo per raffreddare il liquido (miscela di acqua distillata e glicole) che circola nella testa motore grazie ad uno scambiatore.

Questo sistema, ormai viene installato su quasi tutte le barche con motori entrobordo, l’installazione prevede due circuiti : il

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primo aspira acqua di mare che non viene a contatto con il motore, mentre il secondo, con il liquido di raffreddamento, è a sua volta raffreddato dall’acqua di mare.

L’acqua di mare, tramite un passa scafo e la relativa valvola, viene prelevata dalla pompa di aspirazione per poi passare attraverso una serie di filtri, filtro principale e secondario ed essere inviata allo scambiatore di calore (che ha funzione simile al radiatore automobilistico) nel quale circola, il liquido di raffreddamento proveniente dal motore, che viene così

raffreddato ed inviato al serbatoio di accumulo.

Successivamente l’acqua di mare, utilizzata per il

raffreddamento principale, viene gettata fuori bordo.

Il grande vantaggio della circolazione indiretta è quello di evitare di far passare acqua di mare dentro il motore, aggirando così gli inevitabili depositi di sale e le relative forti capacità corrosive.

Inoltre nei motori con circuito di raffreddamento a circolazione diretta l’ acqua viene aspirata tramite una girante in gomma che preleva il moto direttamente dall’albero motore, tale elemento è suscettibile di usura piuttosto veloce e va sostituito ogni trecento ore di navigazione circa, mentre nei motori con circolazione indiretta le due pompe di alimentazione dei circuiti acqua marina e liquido di raffreddamento sono meno soggette a fenomeni di usura.

Il sistema di raffreddamento adottato è quindi del tipo a circolazione indiretta ed è costituito da due leggeri e compatti scambiatori liquido-liquido (uno per ciascuno dei due motoria scoppio), il pescaggio dell’acqua di mare viene ottenuto praticando delle piccole aperture sullo scafo, la temperatura

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elettronicamente da una sonda con termocoppia al fine di scongiurare gravi problemi di surriscaldamento derivanti da eventuali ostruzioni delle prese a mare ad opera di elementi che possono otturarle.

Le pompe di sentina per la loro funzione devono essere molto potenti cosi da svuotare, in poco tempo, l’acqua che dovesse entrare a bordo a causa di una falla o per colpa di grosse ondate che potrebbero penetrare.

Concludendo possiamo considerare che più la portata della pompa di sentina è alta più essa sarà utile in caso di emergenza. Tuttavia non sempre le pompe di sentina sono perfettamente efficienti.

Per questo motivo è utile poter adoperare un’altra pompa presente a bordo: quella di raffreddamento del motore. In caso di emergenza anche il circuito di raffreddamento del motore dell’APU può trasformarsi in una pompa di sentina in grado di coadiuvare a sgottare l’acqua eventualmente imbarcata.

Protezione dalle correnti galvaniche:

Il fenomeno della corrosione galvanica si verifica quando due diversi metalli vengono a contatto in presenza di un elettrolita (ad esempio acqua salata) con la conseguente creazione di una cella galvanica naturale che provoca nei metalli coinvolti la reazione chimica di corrosione. In questo caso il catodo e l'anodo sono rappresentati da zone circoscritte dei metalli coinvolti, dette "micro catodo" e "micro anodo".

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Dunque è estremamente importante prevedere un sistema di protezione da tali fenomeni in tutte quelle parti in cui si ha l’immersione parziale di componenti metallici, oppure dove si ha circolazione di acqua salata, in ambito nautico tale protezione si realizza generalmente con degli “anodi sacrificali”, realizzati con un metallo ancora più "attivo" di quello da proteggere, come lo zinco, il magnesio o l'alluminio.

Si tratta di un bullone che termina con un cilindretto, ad esempio di Zinco, che viene posizionato nel flusso di acqua di mare allo scopo di eliminare gli ioni ( particele cariche di elettricità) che causano la corrosione. Lo Zinco, ha un indice di elettronegatività molto basso e per questo motivo in caso di corrente galvanica sarà questo l’elettrodo che perderà elettroni e quindi si corroderà, salvando in questo modo le altre parti vulnerabili in metallo della barca, infatti esso"cattura" gli ioni meglio dei materiali ferrosi quindi prima che vengano catturati dalla struttura metallica dello scambiatore o del piede poppiero corrodendoli. Il consumo dello Zinco e' abbastanza rapido, quindi conviene sostituirlo spesso, l'operazione e' immediata, si tratta solo di svitare il vecchio e di avvitare il nuovo “anodo sacrificale”.

4.3 La generazione di potenza elettrica con APU, Ausiliary Power Units

La generazione di potenza elettrica (corrente alternata) viene ottenuta tramite efficienti alternatori tipo brushless accoppiati ai motori a scoppio di cui sopra, tale sistema nel suo complesso costituisce una Ausiliary Power Units dotata di sistema di

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regolazione già messa a punto e realizzata grazie ad un accurato studio condotto nella nostra università.

I generatori a corrente alternata, chiamati alternatori, sono usati come fonte principale di energia elettrica. Il sistema a corrente alternata fornisce l’energia elettrica richiesta. Quando è necessaria la corrente, continua, ad esempio nella ricarica delle batterie, si utilizzano dei raddrizzatori.

I sistemi elettrici a corrente alternata hanno potenza specifica più elevata, cioè producono più potenza a parità di peso dell’apparecchiatura rispetto ai sistemi a corrente continua. Comunque, tutti i generatori a corrente alternata richiedono un azionamento a velocità costante per mantenere una frequenza costante direttamente ai morsetti di uscita senza utilizzo

di convertitori. Un azionamento a velocità costante (CSD, Constant Speed Driver)è un tipo di trasmissione automatica che mantiene velocità di uscita costante con una velocità di ingresso variabile. Poiché l’applicazione in esame richiede una grande quantità di energia elettrica, l’uso di un azionamento a velocità costante ed un generatore a corrente alternata risulta il sistema ottimale se non l’unico possibile al fine di raggiungere le caratteristiche desiderate.

Viene definita Ausiliary Power Units un'unità di potenza ausiliaria generalmente installata a bordo di un veicolo per la produzione di energia non direttamente utilizzata a scopo propulsivo. In genere essa è presente su aeromobili da trasporto, ma anche su alcuni veicoli terrestri ibridi o di grandi dimensioni. Una Ausiliary Power Units impiegata in campo aeronautico ad esempio è costituita da una turbina a gas di dimensioni contenute, che, collegata all'impianto elettrico e pneumatico del velivolo, consente di fornire energia agli impianti di bordo quando: i motori sono spenti, in caso di avaria

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dei sistemi principali e per l’ avviamento delle turbine a gas per la propulsione.

4.4 L’utilizzo della potenza elettrica per la locomozione: il motore elettrico da immersione

Una delle idee fondamentali alla base di questo lavoro è quella di utilizzare potenza elettrica anche per la locomozione dell’imbarcazione. Tale accorgimento è fondamentalmente quello che rende versatile e applicabile ad una grande vastità di situazioni questo studio perché proprio dall’idea di utilizzare un motore elettrico per muovere l’elica derivano i vantaggi dati dal completo abbandono di complesse trasmissioni meccaniche e dalla possibilità di posizionare i compatti motori a scoppio utilizzati molto distanti dalla poppa e con qualsiasi angolazione sia conveniente alla loro installazione, unico vincolo lo spazio a disposizione (compreso quello necessario all’ installazione del piccolo scambiatore per il raffreddamento).La trasmissione di potenza avverrà infatti esclusivamente tramite cavi elettrici. Il motore elettrico scelto viene prodotto da una nota ditta specializzata proprio nell’ambito della progettazione e realizzazione di motori elettrici da immersione, la gamma di potenze disponibili è veramente ampia vengono prodotti propulsori atti a muovere anche veicoli subacquei del peso di decine di tonnellate, il vantaggio di tali motori è il fatto di essere MODULARI cioè per variare all’interno di un certo range di potenze è sufficiente “togliere o aggiungere” elementi, il disegno seguente:

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Le batterie consigliate per un impiego ottimale del sistema di propulsione ibrido sono le batterie,speciali al piombo, per “scarica profonda”, a tenuta stagna senza manutenzione. Tali batterie ammettono la ricarica rapida (ricarica alla corrente nominale).

4.5 Riduzione dei consumi in rapporto alla maggiore potenza disponibile

La scelta impiantistica effettuata garantisce una riduzione dei consumi di carburante e delle emissioni inquinanti. Dai dati a disposizione è stato possibile rilevare il consumo dei due motori installati inizialmente e confrontarlo con quello delle due APU,

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facendo un confronto a pari potenza erogata, risulta un notevole risparmio di carburante è stato necessario convertire in unità di misura compatibili i dati forniti e si è effettuato il confronto per una potenza del motore a scoppio di ciascuna delle due APU pari a 90 Hp:

CONSUMO TOTALE DEI DUE MOTORI PRECEDENTI (alla potenza massima erogabile dai due motori pari a 100.4 Hp) : 24.8 l/h

CONSUMO DI UNA APU (alla potenza massima di 90Hp): 16.6 l/h

Risulta dunque un forte decremento dei consumi in relazione alla potenza disponibile. Quantificabile in una differenza di 6.28 l/h di carburante in meno per erogare la stessa potenza di 100.4 Hp (risultano ancora disponibili circa 79.6 Hp).

POTENZA TOTALE INSTALLATA INIZIALMENTE: 100.4 Hp

POTENZA TOTALE IMPIANTO IBRIDO: 180 HP

CONSUMO ORARIO INIZIALE RIFERITO ALLA POTENZA MASSIMA DI 100.4 Hp: 24.8 l/h

CONSUMO ORARIO ATTUALE CON SISTEMA IBRIDO ALLA STESSA POTENZA DI 100.4 Hp: 18.518 l/h

CONSUMO IMPIANTO IBRIDO ALLA MASSIMA POTENZA: 33.2 l/h

Si deve sottolineare che la massima potenza installata con impianto ibrido non viene mai raggiunta (e quindi nemmeno il

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massimo consumo correlato) in quanto la gestione dei sistemi elettrici di bordo non richiede tali picchi di potenza, tuttavia in virtù di una riserva di potenza disponibile si potrebbe pensare all’installazione di ulteriori pompe di sentina da attivare in caso di emergenza.

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