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Nuraghe S. Antine di Torralba: materali fittili di età fenicio-punica

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Academic year: 2021

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Documento digitalizzato dallo Staff di UnissResearch

Madau, Marcello (1988) Nuraghe S. Antine di Torralba: materali fittili di età fenicio-punica. In: Moravetti, Alberto (a cura di). Il nuraghe S. Antine nel Logudoro-Meilogu, Sassari, Carlo Delfino editore. p. 243-271.

(2)

AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI TORRALBA

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA PER LE PROVINCE DI SASSARI E NUORO

Con il patrocinio di BANCO DI SARDEGNA

CREDITO INDUSTRIALE SARDO SARDALEASING

(3)

IL

s.

Nel Logudoro - Meilogu

A

cura

di

ALBERTO MORA VETTI

Susanna Bafico, Emilio Belli, Antonietta Boninu,

Roberto Caprara, Alba Foschi, Fulvia Lo Schiavo,

Marcello Madau, Giuseppina Manca di Mores,

Alberto Moravetti, Attilio Mastino, Guido Rossi

(4)

MATERIALI FITTILI DI ETA' FENICIO-PUNICA

Marcello Madau

Non c'è alcun dubbio che il lungo sviluppo della cultura nuragica sia stato uno dei momenti fondamentali per l'intera storia della Sardegna, e certo non se-condario nè avulso dalle più generali vicende della storia del Mediterraneo antico; tanto importante da suscitare ancora oggi una forte attrattiva, a volte esuberante e un po' esclusiva, non solo per la ricerca scientifica, ma anche nel campo, forse più intimo, del patrimonio di identità, e delle sue rappresentazioni ideali, dei po-poli della Sardegna. Il periodo nuragico può così assumere - ma fortunatamente non troppo di frequente - i caratteri miltoniani di una sorta di paradiso perduto: naturalmente anche il suo mondo conobbe sia paradisi che inferni, come tutte le formazioni sociali complesse, ad alto sviluppo delle forze produttive, che trovano e ricercano il confronto con formazioni sociali di tipo diverso.

I popoli nuragici, sicuramente dall'VIII secolo a.C. e)iniziarono a confron-tarsi nei loro territori con la progettualità e l'esperienza urbana dei popoli di origi-ne e cultura fenicia. È l'inizio dell'età fenicio-punica di Sardegna, che si chiuse formalmente nel 238 a.C., anno della conquista romana, ma che lasciò segni per-cepibili ben oltre questa fase. Questo l'arco storico esaminato nel presente contri-buto, attraverso l'analisi dei materiali ceramici provenienti dalle campagne di scavo svoltesi dal 1965 nel nuraghe Santu Antine di Torralba, in particolare nell'anno indicato: verrà illustrata, in proposito, una selezione delle forme ceramiche o co-munque dei materiali fittili ricollegabili a modelli esterni alla tradizionale produ-zione indigena di cultura nuragica. Ma prima di svolgere questo tipo di analisi, vediamo qualche cenno indicativo sulle ricerche e sui rinvenimenti che hanno pre-ceduto questa edizione, riguardanti sia il Santu Antine di Torralba che il territorio circostante.

Le notizie di materiali provenienti dal nuraghe e pertinenti all'età fenicio-punica erano finora, per la verità, assai scarse: si può ricordare una brocchetta presentata come punica dal Taramelli nell'edizione dei primi scavi f) (potrebbe trattarsi, fra l'altro, di una brocchetta romana) e, ultimamente, la segnalazione di classi cera-miche greco-orientali e corinzie d'imitazione

C).

Un discorso a parte merita, e lo

(5)

si farà nel corso dell'analisi dei materiali, il frammento dipinto presentato a suo tempo dal Contu

e)

'come protogeometrico dell'Italia meridionale' (1000-900/800 a.C.) oppure come Geometrico Orientalizzante Cipriota-Cipriota IV (750-700 a.C.), e recentemente discusso (anche in questo caso, però, fuggevolmente) dal Gras, che ha proposto paralleli con il decorativismo geometrico punico di Sicilia

C).

Per quanto riguarda il territorio limitrofo, invece, si hanno notizie di ritrova-menti monetali a Cheremule, Thiesi, Bonnanaro, Mores, con una cronologia di fine IV-III secolo a.C., come pure a Giave (6). Presso Cheremule il Pais segnalò, dalla domus de janas di Moseddu, un orecchino d'argento definito di tipo punico

C).

Infine, alle ceramiche 'di età punica' ricordate dal Contu dal nuraghe a cor-ridoio Front'e Mola presso Thiesi (8), vanno aggiunte, sempre per la zona vicino a Torralba, le indicazioni emerse dal territorio di Ittireddu grazie al censimento condotto da Francesca Galli (~: si tratta di frammenti di forme puniche dipinte a fasce, confrontate con tipi databili fra la seconda metà del VII e la metà del VI secolo a.C., di un frammento di bruciaprofumi o forse piattello 'a bugia' e~, di due anfore commerciali da trasporto etrusche, tipo Py 1 e Py 4, databili la prima tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. e la seconda nel V secolo a.C. (11), di una coppa di possibile produzione o tipo greco-orientale

e

2

) ed infine di un fondo di lekythos attica a figure nere, databile tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. (13).

A sua volta, il limite del territorio strettamente circostante a Torralba potrebbe rappresentare un limite metodologico: nell'inquadramento dei ritrovamenti del Santu Antine andrebbero tenute presenti - oltre, naturalmente, alla situazione generale del-l'isola -le evidenze archeologiche della Sardegna nord- occidentale di epoca fenicio-punica, coniugate con le diverse fasi storiche all'interno di questa epoca

e

4

).

Intanto, i dati finora acquisiti (pur non potendo raggiungere apprezzabilità statistica), sono di una certa consistenza, anche se di molti materiali è disponibile solo la segnalazione mentre è assente l'edizione scientifica.

Al periodo delle frequentazioni fenicie 'precoloniali' sono tradizionalmente riferite l'epigrafe frammentaria, ora smarrita, di Bosa (IS), i bronzetti di tipo orientale del nuraghe Flumenelongu di Alghero e del tempio a pozzo nuragico del camposanto di Olmedo (16). A conferma dell'importanza della zona e degli appro-di algheresi sta ora il gruppo appro-di materiali ceramici greci e fenici, accompagnati si-gnificativamente da ceramiche nuragiche al tornio

C)

provenienti dallo scavo del nuraghe S.Imbenia, sulla costa di Porto Conte Alghero, con una datazione tra gli ultimi decenni dell'VIII e i primi del VII secolo a.C .. Per l'età arcaica, in tempi che precedono la conquista cartaginese della Sardegna, sono da segnalare i ritro-vamenti di Perfugas, Uri e Ittireddu (I~.

Dopo la conquista cartaginese, appare una notevole diffusione dei materiali: si può in questa sede segnalare anche una certa presenza della ceramica attica a vernice nera (finora assente al Santu Antine), che peraltro, almeno allo stato at-tuale della documentazione, sembra godere di una diffusione minore che nel sud dell'isola C~, mentre si tralascia in questa sede la segnalazione dei materiali pu-nici nella Sardegna nord-occidentale fra il V ed il III secolo a.C. f~.

(6)

2

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4

DO

8

(7)

Come si è detto all'inizio, questo contributo si propone di illustrare una serie di frammenti significativi, rimandando ad un secondo momento l'edizione siste-matica di tutti i reperti.

La distribuzione dei materiali, analizzando nel complesso i settori di prove-nienza, interessa una vasta area del complesso nuragico, ma la frammentarietà e l'assenza di contesti stratigrafici non rendono consigliabili generalizzazioni stati-stiche. Ovviamente ciò non può spingere a strette precisazioni cronologiche per alcune classi di lunga persistenza.

Iniziamo con un frammento collegabile a forme arcaiche databili fra il VII e la prima metà del VI secolo a.C. (Fig. 1,1), che può essere pertinente sia ad una coppa a profilo continuo che ad un tipo carenato. In Sardegna è attestata a Monte Sirai e Bithia (21) con varianti più attardate, mentre per il nostro pezzo può esse-re proponibile una datazione al VII secolo a.C., pesse-referibilmente nella prima metà.

Di un simile ambito cronologico potrebbe godere un'ansa 'a doppio cannello' (Fig. 1, n. 2): presente in diverse forme del repertorio ceramico fenicio e punico, generalmente in tempi arcaici, potrebbe appartenere, nel nostro caso, ad un' oino-choe ad orlo bilobato o trilobato ~).

Alcuni frammenti (Fig. 1, nn.6-7-8) rimandano a vasi carenati di buone di-mensioni (attorno a cm. 30 di diametro). Riconducibili alla forma del 'cuenco', trovano confronti stringenti con tipi indigeni della penisola iberica (in particolare nell' hinterland del basso Guadalquivir, a contatto con i bacini minerari) che

imi-tano la tecnica ceramica fenicia ~). C'è infine da osservare che l'argilla ed il ti-po di cottura dei nostri frammenti, databili tra la fine dell'VIII e la metà del VII secolo a.C., paiono avvicinarsi a quelli di brocche askoidi di tipo nuragico del Santu Antine.

Tre frammenti di parete, decorati a fasce e a linee cromatiche, sono attribui-bili a forme ceramiche chiuse (Fig. 1, 3-4-5): sintassi decorativa, argilla e confron-ti disponibili conducono genericamente ad una cronologia fra il VII ed i primi decenni del VI secolo

a.C.e

4

), con forse maggiore antichità per i nn.3 e 4; altri

due frammenti (Fig. 4, 4-5) sembrano ugualmente piuttosto arcaici (si tenga co-munque presente, ovviamente, la relativa precisabilità cronologica per piccoli fram-menti fuori contesto nell'ambito di stilemi decorativi di lunga persistenza).

Se si è potuta adombrare un'eventuale fattura locale per i vasi carenati prima discussi, il problema della koinè culturale che attraversa il mondo nuragico dell"'eta delle aristocrazie" (25) è chiaramente avvertibile nell'esemplare ansa di sicura per-tinenza ad una brocca askoide (Fig. 2, 3), forma tra le più note e celebrate della ceramica nuragica

f6).

Diversi sono gli aspetti salienti: la decorazione dipinta di ti-po tardo- subgeometrico; la fattura al tornio della brocca, ben visibile nella parte di parete che residua all'imposta dell'ansa, e, infine, l'impasto rosa e ricco di de-grassante (che sembra denunciare una produzione esterna a Torralba), avvicinabile

ai requisiti finora precisati per alcune ceramiche fenicio-puniche di Sardegna

e).

Per quel che concerne il tipo di decorazione, essa risente dell'influenza del patrimonio tardo-geometrico

es> ,

mediato presumibilmente dai fenici di Sardegna. Si tenga

(8)

in-fine presente la ceramica di tradizione nuragica prodotta al tornio e dipinta pre-sente in contesti tardo-geometrici ed orientalizzanti a Sulci e S.Imbenia-Alghero

r~. Per questi motivi formali, decorativi e storici credo sia ipotizzabile una

da-tazione fra l'ultimo venticinquennio dell'VIII secolo a.C. e i primi decenni del

se-colo successivo e~.

Sulla scia del discorso avviato, passiamo ad una delle ceramiche più note e

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Fig. 2 Torralba, nuraghe S. Antine. Ceramica nuragica (1.3); ceramica "greco-orientale" (4-5); ceramica altica (6); ceramica etrusco-corinzia (7).

(9)

discusse del Santu Antine, un frammento di parete dipinta con motivi a reticolo e triangoli sovrapposti, con due bande sottostanti (Fig. 5); la forma è quella di un' oinochoe a corpo lenticolare più o meno schiacciato, o squat biconical form jug, sviluppo o variante di una forma globulare, ben attestata nelle isole della

Gre-cia, come è possibile vedere in esemplari da Cos

e

l

), Samo

C

2), Camiro

C

3), in età

tardo-geometrica, fra la seconda metà dell'VIII ed i primi decenni del VII secolo a.C. Il tipo di decorazione metopale a cui si può ricondurre il nostro frammento ha antecedenti formali in Attica, nel Tardo Geometrico Ib, fra il 750 ed il 735 a.C., ispirando successivamente, da questa regione, i tipi dell'Eubea, delle Cicladi, della Beozia, della Tessaglia e di Samo (34). La sintassi decorativa metopale impostata sulla spalla, con triangoli e reticolato dipinti, è poi ben conosciuta nella ceramica Citalo-geometrica' (vedi in particolare i tipi della Metopengattung), sviluppatasi dal-l' VIII fino alla metà del VII secolo a.C. neldal-l'Etruria meridionale, per influssi e presenze greco-orientali (l'); la sintassi decorativa del nostro frammento non è perfettamente sovrapponibile a quella degli esemplari finora rammentati, sia in am-bito greco che italo- geometrico, anche se il sistema appare fondamentalmente si-mile, come pure la forma nelle attestazioni indicate. Il modulo decorativo impostato sulla spalla, che può salire sino al collo del vaso e scendere fino alla massima espan-sione, porta a ritenere che, nella sua prima edizione, il frammento sia stato pub-blicato capovolto

C

6

). In ogni caso, che la forma possa essere quella già indicata

può essere confermato dal ritrovamento, durante la ricognizione dei materiali, di alcuni frammenti ricomponibili in un fondo piatto con parte di parete, sulla quale sono dipinte due bande orizzontali. Alle medesime caratteristiche di argilla e pit-tura, alla forma congrua al tipo invocato sia in ambito greco che italo-geometrico, si aggiunga la provenienza dei frammenti del fondo in questione, identica per set-tore e quota (BC, -2,45) a quella del frammento già conosciuto.

Appropriate analisi dell'argilla potranno stabilire, mediante confronti misu-rabili, la provenienza dell' oinochoe; per il momento si può ipotizzare un'imita-zione 'fenicia' di modelli greci tra il tardo-geometrico e l'orientalizzante medio, con una cronologia che va dall'ultimo venticinquennio dell'VIII secolo a.C. ai pri-mi decenni del secolo successivo (7

).

Ad una fase diversa, fra l'ultimo ventennio del VII ed i primi decenni del VI secolo a.C., vanno riferite due coppe ioniche, la prima del tipo A-2 (Fig. 2, n.4), e la seconda del tipo B-1 (Fig. 2, n.5). La coppa A-2 eS) è assai poco attestata in Sardegna e~, mentre gode di un'ottima diffusione in Etruria, dove pare connet-tersi preferibilmente ai circuiti commerciali controllati da Vulci (~. La coppa B-1, del tipo a pareti sottili, ben s'inquadra nella variante 'Greco-orientale e cicladica', gruppo I, legata alla V serie rodia el).

Rispetto al tipo A-2, le coppe B-1 hanno in Etruria minore diffusione (2 );

in Sardegna è attestata con alcuni esemplari in siti punici o comunque in contesti dove i materiali punici sono presenti

e

3

).

La produzione ceramica etrusca è rappresentata al Santu Antine da un piatto "con presine laterali" a decorazione lineare (Fig. 2, n.7), che rientra in una classe etrusco-corinzia che si affianca a quella, più conosciuta, a decorazione figurata.

(10)

Il piatto può datarsi fra gli ultimi decenni del VII secolo a.C. e i primi decenni del VI, e potrebbe attribuirsi a fabbrica vulcente; piatti a decorazione lineare simi-le sono stati rinvenuti anche a Tarquinia ed in altri siti etruschi. Un esemplare dal relitto di Cap d'Antibes mostra la persistenza della forma fino al terzo venticin-quennio del VI secolo a.C.(44). In Sardegna il tipo, generalmente figurato, è atte-stato sia al sud che al nord dell'isola eS).

Nell'ambito della ceramica d'importazione di età arcaica, si distingue un fram-mento di lidded lekanis attica a vernice nera, con decorazione a linee rosse (added

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(11)

reti) quasi scomparsa (Fig. 2, n.6). La lekanis attica di tipo arcaico, con la quale

il nostro frammento si confronta, è databile all' Agora di Atene nella prima metà del VI secolo a.C., e fra il secondo ed il terzo venticinquennio a Tocra (46). Poco diffusa, almeno a mia conoscenza, nel Mediterraneo occidentale, è in ogni caso

un unicum per la Sardegna, rappresentando inoltre il ritrovamento più arcaico di

ceramica attica a vernice nera, e uno dei più arcaici in assoluto fra le importazioni attiche attestate finora nell'isola

e

7

). Come cronologia, se si considera che le

le-kanai con added red dell' Agora paiono scomparire attorno alla metà del VI secolo

I

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Fig. 4 Torralba, nuraghe S. Antine. Thymiaterion punico (1); lucerne (2-3); ceramica punica (4-6),' unguentario

(12)

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Fig. 5 Torra/ba, nuraghe S. Antine. Oinochoe dipinta di tradizione geometrica.

:

a.C., e si pensa al calo delle importazioni nell'isola (48) durante gli eventi politici della spedizione di Malco e della battaglia del mare Sardo (eventi che caratterizza-no il terzo venticinquennio del VI secolo a.C.), si può ipotizzare una datazione tra il 575 ed il 545 a.C.

Due orli frammentari, il primo con sicurezza trilobato (Fig. 2, nn.1-2), posso-no riproporre il problema delle 'influenze'esterne - in questo caso meno vistose ma, come vedremo, presenti - sulla produzione nuragica. Almeno il primo orlo è attribuibile ad un' oinochoe, o schnabe/kanne, ad orlo trilobato. L'argilla e l'in-gubbiatura (vedi catalogo) possono avvicinarsi al tipo ceramico B individuato da Lilliu a Barumini e~, presente in contesti del nuragico I Superiore ma soprattut-to in quelli del nuragico II, successivo al 650 circa a.C. (~, come pure con tipi segnalati nel I strato del nuraghe Antigori (Sarroch-CA)

e

l

), databile al VII

se-colo a.C .. La decorazione può anche ricordare quella ottenuta 'per immersione', frequente nella ceramica punica arcaica

r

2

); ma soprattutto si può ipotizzare, per

questi tipi ceramici (brocche nuragiche ad orlo trilobato e ingubbiatura rossa), l'in-fluenza dei modelli fenici in red slip (con un processo 'imitativo' attestato anche,

secondo alcuni studiosi, nelle ceramiche etrusche in red-ware

e

1) ).

Il profilo della bocca assai rastremato verso l'alto, presente in questi tipi nu-ragici, può richiamare attestazioni fenicie e puniche (S4), come pure tipi etruschi comparati con forme corinzie eS). In definitiva, si può proporre per questi fram-menti una datazione al VII secolo a.C., con preferenza nella seconda metà, fra l'orientalizzante tardo ed i primi decenni dell'arcaismo. Vediamo ora un frammento

(13)

che trova nell'isola precisi confronti con esemplari provenienti da Monte Olladiri-CA recentemente editi

e

6

): il richiamo è a tipi attestati fra la costa catalana e la

Francia sud-occidentale. Oltre al generico influsso di prototipi greco-orientali pre-senti ad Ampurias

e'),

(dove sono state rinvenute forme simili datate nella secon-da metà del VI secolo a.C. (58) ), il frammento del Santu Antine è confrontabile con esemplari della forma l, gruppo I, stabilita dal Solier per le ceramiche di stile "ibero-punico" della Linguadoca e~. Esse si datano a Pech Maho fra la secon-da metà del VI secolo a.C. e gli inizi del V. Può essere interessante notare che tipi dello stesso ambiente culturale sono presenti a Tharros con numerose varianti: an-che due di queste, pubblicate recentemente, si confrontano con esemplari della forma

I Solier (~ (Fig. 3,1).

L'anfora frammentaria, decorata a fasce cromatiche, che ora discuteremo (Fig. 3, n.4), appartiene ad un tipo a collo cilindrico ed orlo piano o aggettante, con anse impostate tra spalla e metà superiore del collo, che ebbe una diffusione note-vole (61) nella Sardegna punica, in particolare con la variante 'a pancia schiaccia-ta': è ben attestata nella necropoli di Nora (62), a Bithia (63) , e, con un discreto numero di esemplari, a Monte Sirai (64). I suoi antecedenti tipologici sono rico-noscibili nelle anfore greche, soprattutto ioniche, attestate ad esempio in area pon-tica, a Rodi e Oélos (6S). La nostra anforetta, per le caratteristiche morfologiche e per il tipo di decorazione, potrebbe datarsi tra la fine del VI ed il V secolo a.C .. Oltre ad alcuni frammenti che si situano tra la fine del V ed il IV secolo a.C. (Fig. 3, nn.2-3-5), un'altra anfora frammentaria si apparenta al tipo già visto: essa mostra segni di arcaicità (Fig. 3, 7) riconducibili forse a persistenze nel profilo, richiamandosi ad esemplari punici più antichi (66), e nella decorazione a cerchielli impressi che sovrasta, come un cordoncino saliente (6~, il punto d'unione tra spal-la e collo; spal-la fattura complessiva sembra però suggerire un certo attardamento. La notevole diffusione di questa classe ceramica trova interessanti attestazioni an-che in ambienti punicizzati della Sardegna romana, con persistenze sino all'età im-periale inoltrata: si vedano le sepolture di Cossoine, Florinas e Monte Rizzu di Ottava (68). A Florinas ritroviamo, significativamente, anche il tipo a labbro convesso, pure proveniente da ormai lontani archetipi greci (~.

Un frammento di anfora dipinta (Fig. 3,6) mostra una sintassi decorativa ed un profilo che possono confrontarsi, per quanto genericamente, con esemplari ibi-cenchi databili fra il VI ed il V secolo a.C .. La decorazione dipinta su labbro e, mediante due fascette orizzontali, sul collo, parrebbe addensarsi generalmente at-torno al VI secolo a.C., con antecedenti nel VII (0). I confronti istituiti (come già accennato in nota, ampiamente orientativi e provvisori; vedi catalogo), potrebbe-ro rendere plausibile una datazione tra la fine del VI e il V secolo a.C.

Due frammenti di urne con breve labbro, dipinte (Fig. 3, 8-9), conducono ad una classe ben attestata a Tharros; simili, nel profilo del labbro e della spalla, alle anfore commerciali della serie Maiià B, le urne di questo tipo sono state ritenute di produzione tharrense e si possono datare tra la seconda metà del IV ed il III secolo a.C. CI).

(14)

dell'o-ristanese, appare il thymiaterion figurato (Fig. 4, 1) rinvenuto nella capanna l, che manifesta una certa 'stanchezza' della matrice e può essere datato al III-II se-colo a.C. (2

).

Per quanto riguarda le lucerne, i due frammenti che si presentano (Fig. 4, nn.2-3) ripropongono tipologie di cultura materiale che permangono, come peral-tro i thymiateria figurati, nella prima età romana di Sardegna (3

); esemplare, a

questo proposito, la situazione del nuraghe Lugherras di Paulilatino, con la sua lunga serie di thymiateria e lucerne ('4). Il tipo di lucerna a tazzina, di forma aper-ta, deriva da ben noti esemplari greci eS). Lo studio di Paolo Bernardini permet-te di collegare i nostri frammenti al suo tipo A (varianpermet-te AI1). Ben atpermet-testapermet-te nel mondo punico di cultura ed età ellenistica (6), si possono genericamente datare fra la fine del IV ed il II secolo a.C ..

Un frammento decorato a vernice bruna diluita (Fig. 4, n.6) manifesta identi-tà di argilla, superficie e pittura con un'anfora proveniente dalla necropoli di Pre-dio Ibba a Cagliari ('7) e con esemplari analoghi (esposti nella vetrina n.38 del Museo A.Sanna di Sassari). Il nostro frammento permette forse di risalire alla spalla di un recipiente siffatto. La pertinenza dell'urna, qua invocata a confronto, ad una sepoltura ad incinerazione del Predio Ibba, può far proporre per il nostro fram-mento una datazione al III secolo a.C ..

Manufatto tipico dell'ellenismo, con ambientazione cronologica simile a quella delle lucernette e del thymiaterion, è un unguentario, del quale resta un piccolo frammento decorato (Fig. 4, n.7): alle giustificate riserve espresse sull'efficacia dei tradizionali inquadramenti tipologici (8

), si aggiunga l'esiguità del frammento,

che comunque si può inquadrare nei tipi Forti 1 e 2, e Cuadrado A-IV. L'illustrazione dei materiali punici del nuraghe S.Antine termina con un fram-mento di anfora commerciale da trasporto (Fig. 4, 8) del tipo Mafià B-3 (19), mol-to diffusa in Sardegna e in tutmol-to il Mediterraneo; la forma e la particolare imboccatura 'senza collo' la rendevano funzionale al trasporto di derrate alimen-tari solide; veniva inoltre usata per sepoltura. É databile fra il IV ed il II secolo a.C.

CO>.

Conclusioni.

Pur nella prudenza determinata dall'oscillazione cronologica di diversi mate-riali, dalla mancanza di dati strati grafici e dalla limitatezza quantitativa di quanto presentato, si possono ricavare fin d'ora alcune significative articolazioni.

Una prima fase, databile fra gli ultimi decenni-fine VIII e la prima metà del VII secolo a.C., è indicata dalla presenza di ceramiche di ambiente fenicio-punico, con alcuni significativi riscontri nella penisola iberica, da tipi greci presumibilmente prodotti sempre in ambiente fenicio e da ceramica di tradizione nuragica dipinta e al tornio. Questi materiali si inseriscono nel periodo che vede il primo sviluppo dell'urbanizzazione fenicia in Sardegna e il manifestarsi, all'interno di questa espe-rienza, di componenti culturali greche-euboiche e nuragiche, come attestato chia-ramente a Sulci CI). Nel sito di Cuccuru Nuraxi (Settimo S.Pietro-CA)

C

2

(15)

'scalo' nuragico di S. Imbenia-Alghero ~3) sono ugualmente attestate le stesse componenti culturali.

Più in generale questa fase, che corrisponde al periodo di fioritura tardo-subgeometrica ed orientalizzante del mondo di cultura nuragica, le cui 'aristocra-zie' paiono confrontarsi, anche con esiti di integrazione (84), col mondo urbano di tradizione fenicia, vede la civiltà nuragica avviata verso una crisi definitiva . I dati provenienti dal S.Antine, uniti alle nuove acquisizioni settentrionali, mo-strano che le 'aristocrazie' indigene del nord, lungi dal mantenere - separate in questo dal mondo indigeno del meridione dell'isola (8S) - rapporti solo 'conservativi' col mondo di tradizione villanoviana (che registra peraltro, nello stesso periodo, pre-senze sia sarde settentrionali che 'fenicie' nei bacini minerari

e

6

) ), non ignorano

certo il mondo fenicio-punico, che a sua volta è ben presente in centri nuragici che possiedono importanti risorse primarie e naturali, sia all'interno che lungo le rotte del mediterraneo occidentale. Si potrebbe anche osservare che questa presen-za semitica nei bacini nuragici della Sardegna settentrionale appare estremamente significativa proprio per i noti rapporti di quest'area con il mondo villa-noviano (87).

Una fase successiva (che si inquadra in un contesto storico del mondo indige-no che registra l'esaurirsi della capacità di organizzare le forze produttive per l'e-sportazione (88) ) è indicata, tra gli ultimi decenni del VII secolo a.C. e la prima metà del VI, dall'acquisizione di materiali punici, greco- orientali, etruschi e atti-ci. Questi materiali si legano alla sfera conviviale (coppe per bevande - i tipi greco-orientali A-2 e B-1 -, piatti -l'esemplare etrusco-corinzio 'a presine laterali'- e ce-ramiche da portata come la lekanis attica a vernice nera (~ ). La ragione di scam-bio nuragica con l'Etruria e le città puniche della costa in termini di produzioni di prestigio e suntuarie, è sparita: essa è ora presumibilmente da identificare nella produzione primaria - scambiata fondamentalmente con il mondo punico e le sue accresciute esigenze nell'isola -, mentre si registra nei centri indigeni la presenza dell'ideologia simposiaca con l'acquisizione di forme ceramiche relative ad essa.

È possibile la contemporaneità dei pezzi indicati con alcuni dei materiali pu-nici presenti, che però non sono in grado di definire meglio in termini di cronolo-gia a causa della loro atipicità e dell'assenza di contesti. Essi, comunque, appaiono generalmente inquadrabili nella cosiddetta situazione di monopolio sull'isola del circuito tra mondo etrusco (in particolare Vulci) e mondo punico di Sardegna, nel-l'ambito di una domanda indigena qualificata. Manca per ora, infine, una quanti-tà sufficiente di materiale che indichi un vero e proprio flusso commerciale e non, piuttosto, una sfera di scambio-dono-presenza.

Naturalmente non va escluso un flusso greco-orientale non necessariamente mediato da componenti etrusche, ma pur sempre inserito nel sostanziale predomi-nio punico in Sardegna, ed eventualmente nell'ambito dei rapporti tra questi due mondi

ro>.

Come è noto, le associazioni di materiali greco-orientali ed etrusche si presentano generalmente, nell'isola, in ambiente punico o con la contempora-nea presenza di materiali punici. Anche nel nord-Sardegna, per quanto in meno

(16)

affidabili rinvenimenti di superficie, ceramiche greco-orientali ed etrusche vengo-no rinvenute assieme a ceramiche puniche databili più o mevengo-no nello stesso pe-riodo Cl).

Dal V secolo a.C., successivamente alla conquista cartaginese della Sardegna, è attestata nel nuraghe una certa continuità di materiali.

I secoli della dominazione cartaginese si manifestano abbastanza diffusamen-te anche nel nord-Sardegna. È recente il rinvenimento di un grosso centro rurale di cultura punica lungo il corso del fiume Temo (Sa Tanca 'e sa Mura, presso Mon-teleone Roccadoria), che viene a situarsi lungo una delle grandi vie di penetrazione verso l'interno dell'isola: quella che da Bosa conduce fino a Padria (dove sono segnalate una favissa e fortificazioni) e può arrivare sino a Torralba.

Naturalmente è difficile, coi dati a disposizione attualmente, dare una rispo-sta su come potesse inserirsi il centro indigeno del Santu Antine all'interno del do-minio territoriale di Cartagine e della sua politica di sviluppo agricolo basata, come traspare dalle fonti, su una rigida organizzazione dello sfruttamento di risorse e potenzialità agricole sarde (risorse che, giova sottolineare, non erano certo carenti nel territorio, a sua volta inserito tra le zone agricole di Bonorva, del Meilogu e della piana di Chilivani).

Tra i materiali presentati, appare interessante l'attestazione di ceramiche si-mili, per argilla, patrimonio formale e decorativo, ad analoghe tharrensi. Assenti invece le ceramiche a vernice nera di produzione attica o 'atticizzante' t ben diffuse

in altre zone della Sardegna punica, se si escludono i due frammenti 'precampani' segnalati in questo stesso volume nel contributo di Giuseppina Manca di Mores. Sempre nello stesso contributo, (interessanti, anche se in minima quantità, per la loro presenza in un contesto del genere), alcuni materiali a vernice nera potrebbe-ro attribuirsi ai rapporti fra mondo punico e mondo potrebbe-romano prima delle guerre puniche

C

2

).

In conclusione, l'analisi mostra una presenza articolata di materiali punici e di altra importazione durante cinque secoli di vicende storiche che hanno segnato, in maniera fondamentale, la storia del monumento e del sito. Dati che riempiono una lacuna documentale e che tuttavia non potevano non scaturire da un centro di sicura importanza. È certo difficile serrare le valutazioni storiche con ceramiche assai frammentarie e sradicate dai loro contesti, ma mi auguro che questo contri-buto, pur nei suoi limiti, suggerisca almeno analisi e problematiche possibili.

Come si è sottolineato, il complesso nuragico del Santu Antine di Torralba conferma e accentua - anche nell'epoca fenicio-punica - la sua importanza, rive-landosi carico di relazioni culturali, diverse nel tempo ma sempre di notevole pre-gnanza storica. Tutto ciò è auspicabile che serva come invito e indicazione preliminare per ricerche nuove e più approfondite, sia presso il nuraghe che nel ricco territorio limitrofo. Nuovi e migliori dati di contesto potranno far maturare quelli proposti, in maniera sicuramente imperfetta, in questa sede, contribuendo

(17)

CATALOGO DELLE CERAMICHE

N.B.: Le misure si inlendono riporlale in cenlimelri.

J) Frammento di coppa (Fig. l,l)

Argilla giallina, ingubbiatura amaranto sulla parete esterna e sul labbro. h. residua 2,7; provenienza: XXV; quota -1,20.

Cfr.: BYRSA II, fig.436, n.l (Cartagine); vedi anche DU PLAT TAYLOR 1963, fig. lO n.l (Mo-zia); MOZIA-IX, tav.XIX fig. 2, n.3; tav.XXIII fig.5, n. 4; MARRAS 1981, p. 192, fig.2, nn.12/16 (Monte Sirai); CULICAN 1982, Abb.13, e (Malta).

2) Frammento di ansa a doppio cannello (Fig. 1,2) Argilla rossa, dura, lucidata sul dorso.

h. residua 8; diametro sezione 3,2 (1,6+ 1,6); provenienza: XVIII; quota -0,50. Cfr.: CINTAS 1950, forma 160; MARRAS 1981, p.193 fig.3, 19-20 (Monte Sirai); 3) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 1,3)

Argilla rossa, superficie marron-bruna; fasce rosso vinaccia marginate a breve distanza da linee nere. h. residua 8,5; provenienza: AC; quota -l,50.

Cfr.: in generale per le sintassi decorative a fasce cromatiche vedi CINTAS 1970, pp. 396-401. 4) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 1,4)

Argilla grigio-biancastra, bollosa; fascia rossa marginata da linee nere. h. residua 5; provenienza: A5; quota -0,60.

Cfr.: in generale per le sintassi decorative a fasce cromatiche vedi CINT AS 1970, pp. 396-401 ; AA.VV. 1982, p.917 n.lO (Mozia).

5) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 1,5)

Argilla nocciola, superficie lucidata; fascia nera a vernice relativamente diluita. h. residua 2,3; provenienza: XVIII; quota -0,30.

Cfr.: in generale per le sintassi decorative a fasce cromatiche vedi CINTAS 1970, pp. 396-401.

6) Frammento di "cuenco" carenato (Fig. 1,6)

Argilla nocciola, nero-carboniosa all'interno, con inclusi. Ingubbiatura bruno-nocciola all'esterno del labbro e, a fasce irregolari, all'interno.

h. residua 8; diametro ipotizzato circa 30; provenienza: superficie.

Cfr.: ALMAGRO GORBEA 1977, figg.I77-178-180, pp.441-446 (Estremadura); AA.VV.1981, abb.16, g (Cerro de 10s Infantes); ROOS 1982, forma 16.

7)-8) Frammenti di "cuencos" carenati (Fig. 1,7-8) Argilla, provenienza e confronti come Fig. 1,6. h. residue 4,5; 3,7.

9) Labbro frammentario di oinochoe a bocca trilobata (Fig. 2, l)

Argilla d'impasto grigio-scuro, duro, buccheroide, all'esterno arancio chiaro-nocciola; vernice rosso-bruna lucidata all'esterno e, internamente, nella parte superiore.

(18)

Cfr.: per la forma, ad es. TARAMELLI 1918, tav. IX-X (Sardara); LILLIU 1972, p.255 fig.49; p. 253 fig. 253 (Sardara, Cabras); per un tipo simile di trattamento dell'argilla, LILLIU 1982, p.114 sgg.; FERRARESE CERUTI 1982, pp.168-169; UGAS 1986, p.45.

lO) Frammento di labbro (Fig. 2,2)

Argilla d'impasto grigio-scuro, duro, buccheroide; vernice rossa all'esterno; all'interno sulla parte superiore.

Forma presumibilmente come la precedente. h. 3; provenienza e quote sconosciute. Cfr.: vedi Fig. 2,1.

Il) Ansa frammentaria a decorazione cromatica (Fig. 2,3)

Argilla rosata, dura, con molti inclusi biancastri e, in misura inferiore, neri. Ingubbiatura bianco-crema. Quattro gruppi di tre fascette cromatiche, color viola chiaro, disposte orizzontalmente lungo il dorso. Tornio.

h. 15; provenienza C, T A-C

':fr.: per la forma vedi in generale LILLIU 1982, ad es. fig. 160 p.145; per i profili e le sezioni delle anse, p.143 fig.159.

12) Frammento di coppa ionica (tipo A-2) (Fig. 2,4)

Argilla nocciola chiaro; fasce rosso cupo all'esterno del labbro, sulla spalla e sotto la massima espan-sione della vasca.

All'interno una fascia rosa sulla parte superiore del labbro, una fascia rosso cupo a metà tesa, tra due fasce più sottili risparmiate; al di sotto, per la parte residua della vasca, vernice rossa a tratti scrostata.

h. 5,4; diamo ipotetico 13,2; provenienza e quota sconosciute.

Cfr.: in genere VALLET-VILLARD 1955, pp.18-23, figg.3-5; tavv.VIII-IX; TOCRA-I, pp. 113-114, fig.66 n.1253; per la diffusione in Etruria, MARTELLI CRISTOFANI 1978, pp. 163-166; PIERRO 1984, tavv.II-VI, nn.9/21; per la diffusione delle coppe ioniche in Sardegna, da ultimo GRAS 1985, pp.181-182, con relativa bibliografia.

13) Frammento di coppa ionica (tipo B-1) (Fig. 2,5)

Argilla rosa carico, vernice nera; all'esterno, dalla metà inferiore dell'ansa e sotto alla stessa, fascia rosa lucida marginata, in alto e in basso, da una sottile linea arancio.

h. residua 2,8; diametro ipotetico 17; provenienza: XIV; quota -O,SO.

Cfr.: in genere VALLET-VILLARD 1955, pp.23-27 (in particolare fig.4, b); TOCRA-I, p.116, fig.S8 n.1302; SAMOS-IV, Bei1.1 n.129; per la diffusione in Etruria, MARTELLI CRISTOFANI 1978, pp.163- 166; PIERRO 1984, tav. I, nn.1I3; per la diffusione in Sardegna, GRAS 1985, pp.181-182; vedi anche esemplari a parete sottile da Himera: HIMERA-II, fig.20, nn.21-22.

14) Frammento di Lidless Lekanis a vernice nera (Fig. 2,6)

Argilla nocciola, vernice nera. All'esterno, linea rossa orizzontale sotto l'ansa; all'interno, linee ros-se (una sul labbro; due all'inmo della vasca; una all'interno, con traccia di cerchio risparmiato). Zone rossastre sull'ansa (del tipo 'ribbon handle').

(19)

h. residua 3,4; diametro ipotetico 17,2; provenienza: T A-C; quota sconosciuta.

Cfr.: TOCRA-I, pp.l06-I07; figg. 53-54, nn.1177; 1181; 1183 (per la linea rossa esterna); AGORA XII, p.I65; nn.1206/1208.

15) Piatto con 'presine laterali6

a decorazione lineare (Fig. 2,7)

Argilla figulina camoscio. Vernice nero-bruna sul labbro. Fascia nero bruna sotto l'ansa e bruno rossastra attorno al piede.

All'interno, sulla vasca, due fascette concentriche in vernice nera evanida. h. residua 4; diametro bocca 19,5, piede h. 0,8, diametro ext. piede 8,7 provenienza: T q. -0,50.

Cfr.: MA V Il, p.lO: nn.182-183 (VULCI); NSA 1930, p.I44, fig. 27 n. 5 (TARQUINIA); attestazio-ne tarda (terzo venticinquennio del VI secolo a.C.) dal relitto di Cap d'Antibes: BOULOMIÈ 1982, fig.9 n.252; da ultimo vedi MANGANI. 1986, pp.25-26, tav. XXXIII, con aggiornata bibliografia; per il rinvenimento di piatti etrusco- corinzi in Sardegna, generalmente a decorazione figurata, UGAS-ZUCCA 1984, nn.I64-165, tavv. XXXV, 4-5; XLVI, 3 a-b (Othoca); n.276 p.I46, tav. XLI, 9 (Thar-ros); n. 6 p.92, tav.XXXI,6 (Sarcapos); D'ORlANO I984b, p.525 (perfugas).

16) Frammento di forma chiusa a decorazione cromatica (Fig. 3,1)

Argilla nocciola chiara; superficie chiara, grigio-verdastra; tracce di fasce nero-brune sull'interno del labbro e sulla spalla.

Lieve risega sotto il labbro e sottile cordolo all'altezza del collo. h. residua 5,7; diametro ipotizzato 13; provenienza: A5; quota -0,60. Cfr.: UGAS-ZUCCA 1984, tav.XI, 1-4 (Monte Olladiri-CA). 17) Frammento a decorazione cromatica (Fig. 3,2)

Argilla rossa, superficie rosa carico. Fascia rossa sotto l'orlo e sul labbro all'esterno. h. residua 3,5; diametro interno ipotizzato 9,4; provenienza: rq.lI; quota -0,6. Cfr.: vedi Fig. 3,4.

18) Frammento a decorazione cromatica (Fig. 3,3) Argilla nocciola rosata. Fascia rossa sotto l'orlo.

h. residua 4,5; provenienza: CIO; quota -0,40. Cfr.: vedi Fig. 3,4.

19) Anfora frammentaria a decorazione cromatica (Fig. 3,4)

Argilla rosa, ingubbiatura nocciola. Fasce rosso-mattone, con tracce brune, sotto il labbro e sulla spalla. All'altezza mediana del collo, anello scanalato.

h. residua 15; diametro interno bocca 9,5; provenienza: A-C; quota sconosciuta.

Cfr.: sul tipo in generale vedi BARTOLONI-TRONCHETTI 1981, pp.53- 55 (Nora); BARTOLONI 1983a, pp.49-50, fig.5, d-e (Monte Sirai, SuICl); vedi inoltre CINTAS 1950, forme 353-354 e, a 'pan-cia schiac'pan-ciata' , forma 356 (tavv.XXVII-XXVIII).

20) Frammento a decorazione aomatica (Fig. 3,5)

Argilla nocciola; tracce di fascia vinaccia alla sommità del collo. h. residua 4,5; provenienza: SXII; quota -0,20.

(20)

21) Frammento di anfora a decorazione cromatica (Fig. 3,6)

Argilla arancio, con sfumature nocciola all'interno; piccoli inclusi neri e bianchi. All'esterno illab-bro è dipinto in rosso; sul collo due strette fasce dello stesso colore; traccia di una fascia più larga sulla spalla.

h. residua 6; diametro interno bocca lO; provenienza: T; quota -0,50.

Cfr.: per il labbro e la decorazione RODERO RIAZA 1980, ill.9, fig. 14; vedi inoltre FERNANDEZ 1980, nn.9-1O-11 e CINTAS 1959, tav.XCVI.

22) Anfora frammentaria a decorazione impressa (Fig. 3,7)

Argilla bruno rossiccia, assai dura, con fini inclusi micacei; cordoncino di occhielli impressi tra spal-la e collo.

h. residua 12,3; diametro bocca lO; provenienza: RSTA; quota sconosciuta.

Cfr.: sul tipo in generale vedi (Fig. 3,4); vedi anche FANTAR 1972, pls. XIV/XVI; BALDACCHI-NO 1951, fig.7, tomba l; THARROS-I, fig.3 tav.CCCII.

23) Frammento a decorazione cromatica (Fig. 3,8)

Argilla rosata, farinosa; fascia vinaccia sull'esterno dell'orlo. h. residua 5; provenienza: rq. I; quota -0,60.

Cfr.: THARROS-VII, tav.XI: Tht 80.52.46; varianti con risalto esterno: THARROS-X, tav.XXI, nn.9-10; THARROS-XI, tav.VI, n.7.

24) Frammento a decorazione cromatica (Fig. 3,9)

Argilla rosata, farinosa; tracce di fascia vinaccia sull'esterno dell'orlo. h. residua 5; provenienza: VI; quota sconosciuta.

Cfr.: vedi tav.III n.8

25) Thymiaterion figurato (Fig. 4,1)

Argilla rosata; restaurato, con integrazioni nella parte anteriore della vasca. h. 13,5; diametri vasca: 7,9; 7,3 (rest.); provenienza: capanna l; quota -0,20. Cfr.: UBERTI 1975, tav.XI, A 79; A 97 (Tharros); MOSCATI 1987, A 25.

26) Lucerna frammentaria (Fig. 4,2)

Argilla nocciola. Diffuse tracce di combustione. h. 2,8; diametro 6; provenienza e quota sconosciute.

Cfr: GUALANDI GENITO 1977, n.12; BERNARDINI 1982, tipo A (variante Al 1).

27) Beccuccio di lucerna (Fig. 4,3)

Argilla nocciola; tracce di colore rossiccio all'esterno e all'interno. Provenienza e quota sconosciute.

28) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 4,4)

Argilla rossa, dura; superficie interna nocciola, esterna con lieve ingubbiatura bianco-crema; tre fa-sce rosse.

h. residua 8,2; provenienza: C; quota -0,80.

(21)

29) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 4,5)

Argilla, superfici e pittura come il frammento precedente.

h. residua 3,5; provenienza: AC; quota -l,SO.

Cfr.: vedi frammento precedente.

30) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. 4,6)

Argilla nocciola; superficie interna rosata, esterna biancastra; fascia bruna, a vernice diluita. h. residua 4,4; provenienza: C; quota -0,80.

Cfr.: il frammento presenta identità di argilla e pittura con anfore ovoidali esposte nella vetrina n.38

del Museo Nazionale G.A.Sanna di Sassari (nn.inv. 2799; 2842; 2797); TARAMELLI 1912, fig.18, n.3 (tomba 126 di Predio Ibba, Cagliari); QUATTROCCHI PISANO 1981, fig. 2, D 12. 31) Frammento di unguentario (Fig. 4,7)

Argilla rosa, dura, ben depurata; superficie ingubbiata, nocciola lucida. Fascette color ocra.

h. residua 3; provenienza: z. II; quota -0,30.

Cfr.: FORTI 1962, tipi I e II; CUADRADO 1978, tipo A-IV.

32) Labbro frammentario di an/ora commerciale da trasporto (Fig. 4,8) Argilla rossiccia, inclusi bianchi.

h. residua 2,6; provenienza e quota sconosciute.

Cfr.: BARTOLONI 1973, fig.24, n.8 (Capo Bon); RODERO RIAZA 1981, fig. 1, n. 7 (Tharros);

BARTOLONI 1985, forma F.

33) Frammento di parete a decorazione cromatica (Fig. S,l)

Argilla rossa, dura, grigia verso l'interno; sulla metà superiore della parete, triangoli inscritti tra di loro, con la punta verso l'alto, fra due motivi a reticolo. Decorazione a pittura bordeaux.

h.residua 8,2; diametro ipotizzato (alla massima espansione) 15; provenienza: BC; quota -2,45;

(Sassari: Museo Nazionale A.Sanna, n.inv. 11551)

34) Fondo frammentario a decorazione cromatica (Fig. 5,2)

Argilla rossa, dura, grigia verso l'interno. Bande orizzontali color bordeaux.

h. residua 3,5; diametro 5,5; provenienza: BC; quota -2,45.

Cfr.: vedi la discussione condotta nel testo. Bibliografia: CONTU 1965, RSP, p.383; Id., 1974, p.182 tav.l44 A; GRAS 1985, p.195 nota 38.

(22)

NOTE

• Desidero ringraziare la Soprintendenza Archeologica di Sassari per avenni affidato l'edizione dei materiali di età fenicio-punica del nuraghe Santu Antine di Torralba. Ringrazio inoltre il prof. Enrico Acquaro per la di-sponibilità mostrata nel seguire lo sviluppo di questo lavoro; sono grato, infine al dotto Piero Bartoloni per le sue indicazioni sulla ceramica fenicio-punica di Sardegna.

(I) ACQUARO 1985, pp.49-50; BERNARDINI-TRONCHETII 1985, p.286; BARTOLONI 1987 (in corso di stampa).

(2) TARAMELLI 1939, tav.lX n.2.

(l) ZUCCA 1982, p.446 n.l; UGAS 1982, p.464; D'ORlANO 1984b, pp.87- 90; per una breve notizia prelimi-nare, MADAU 1986.

(4) CONTU 1974, p.182 tav. 144 A.

(') GRAS 1985, p.19S n.38. (Mi sembra che si possa generalmente concordare con l'attribuzione delPautore ad ambiente fenicio, anche se i confronti indicati -SicArch 6, giugno 1969, fig. S -non sembrano pienamente convicenti). (6) FORTELEONI 1961, p.13 (Cheremule, Thiesi, Mores); MAETZKE, SS XVII (1960-61), p.6S8 (Bonnanaro); ACQUARO 1974, p.20, n.203; p. 68, n.1173 (Bonnanaro); TARAMELLI 1940, p.lS n.34 (Mores). (') PAIS, NSA 1880, pp.1l0-1l2 (si tratta in realtà di un orecchino' a globo mammellato' di età alto-medievale). (') CONTU, RSP 1961, p.278.

(9) GALLI 1983.

(IO) GALLI 1983, p.57, tav.XLIX, nn.12-14.

(II) GALLI 1983, tav.XLVIII. nn.2-3.

(Il) GALLI 1983, tav.XLlX, n.l.

(Il) GALLI 1983, tav.XLlL, n.16.

(14) MADAU 1987a e b, in corso di stampa.

(U) Vedi da ultimo AMADASI GUZZO 1986, p.66.

(16) GRAS-TORE 1981; vedi anche, per orizzonti 'pre-coloniali', il ripostiglio di bronzi del nuraghe Flumene-longu: LO SCHIAVO 1976.

(17) BAFICO 1986, pp.91-93.

(I,) D'ORlANO 1984 (perfugas); NICOSIA 1981, p.460; p.471. (19) TRONCHETTI 1985.

(20) Tra questi, si può segnalare, per l'impianto edilizio e le classi dei materiali, Sa Tanca 'e sa Mura presso Mon-teleone Roccadoria (SS): RIVO'198S; MADAU 1987a (in corso di stampa, con sintesi in appendice dei rinveni-menti di età cartaginese nella Sardegna nord-occidentaJe); MANCA DI MORES 1987 (in corso di stampa). (21) BARTOLONI 1983a, p.43; p.80; fig.l0, j.

(l2) AA.VV. 1982, fig.9, n.l; NEGUERELA 1981, Abb.6, b.

(23) ALMAGRO GORBEA 1977, pp.441-446, figg.I77/180; ROOS 1982, pp.6S-67, fig.7; MARTINEZ-MALLA 1982, Abb.14, n.12.

(24) CINTAS 1970, pp.396-401. (2') LlLLlU 1986, p.7B.

(26) Sulla classe vedi GRAS 1980, con relativa bibliografia.

A BARTOLONI 1987a e 1987b.

(2') Vedi ad esempio COLDSTREAM 1968, PJ.8, g.; CANCIANII974, tav. IV, 4.

(l9) BERNARDINI-TRONCHETTI, p.286; BAFICO 1986, p.92, tav.XXXVII, 6.

(lO) Il fenomeno deUa ceramica di tradizione nuragica tornita (rinvenuta di recente anche nell'area del pozzo nu-ragico di Niedda presso Sorso-SS, scavi Rovina) e dipinta può ben indicare una nuova organizzazione delle forze produttive e dei relativi rapporti di produzione. Vedi su questi aspetti, in altri contesti TORELLI 1983, pp.6S-66; BOTTINI-GUZZO 1986, p.163.

(31) MORRICONE 1982, figg.818-19-20, p.37S; fig.8S1, p.386; fig.869, p.391.

(ll) SAMO-S, 1968, tav.4S n.70.

(l') COLDSTREAM 1968, p.S9, f.34.

(M) COLDSTREAM 1968, p.360.

(l') CANCIANI 1974, tav.lO n.3; sulla Metopengattung, lbid., pp.2S- 26.

(l') CONTU 1974, tav.I44, A. (l7) BISI 1983.

(23)

(J') Sui manufatti greco-orientali in Sardegna, vedi da ultimo GRAS 1985, pp.181-182. (40) MARTELLI CRISTOFANI 1978, p.I64.

(41) TOCRA-I, p.1I6 fig.58, n.1302. (41) MARTELLI CRISTOFANI 1978, cito • (41) GRAS 1985, pp.181-182.

(44) BOULOMIÉ 1982, fig.9 n.252.

(") UOAS-ZUCCA 1984: nn.I64-165, tavv.XXXV, 4-5; XLVI, 3a-b (Othoca); n.276, p.I46, tav. XLI, 9 (Thar-r05);n.6, p.92, tav.XXXI, 6 (Sarcapos); D'ORlANO 1984a, p.525 (perfugas).

(46) AOORA XII, p.165; nn.1206/1208; TOCRA-I, pp. 106-107; nn.lI77; 1181; 1183; per la datazione dei livelli di Tocra, TOCRA-II, pp.3- 5.

(41) Per la ceramica attica in Sardegna, vedi TRONCHETTI 1983. (41) NICOSIA 1981, ppA73-474.

(4') L1LLlU 1982, p.I44; p.153. (30) L1LLlU 1982, p.153.

(") R.ASSOROIA, in FERRARESE CERUTI 1982, p.169. (n) BARTOLONI 1983a, p.72 nota 58.

(") Sui tipi etruschi, vedi ADRIANI 1930, p.51, tav.l, d; VIGH11935, p.47; POHL 1972, p.270, n.4; fig.269, n.4; p.272. Sul problema, TORELLI 1981, p.62; AYMERICH 1983, p.85; BERNARDINI1983, p.18; UGAS 1986, p.45; nota 49 p.52.

(54) CULICAN 1976, fig. A: A; TUSA 1983, tav. XXIX, 11- III. (") MANOANI-PAOLETTI 1986, p.14 fig. 9.

(") UOAS-ZUCCA 1984, pp.26-27, tav.XI, nn.1I4. ('1) ALMAORO 1949, p.91, fig.28, n.l.

(''l ALMAORO 1949, p.1I7, fig.56 (ultimo frammento): seconda metà del VI secolo a.C. ('') SOLIER 1978, p.237 ss ••

(60) Queste ceramiche di cultura 'ib~ro-languedocienne' possono quindi essere arrivate nell'isola tramite circuiti punici. Si pensi, d'altro canto, alla situazione nel sud della Gallia nella meta del VI secolo a.C., quando si regi-stra una cesura di una cena importanza: la consistente presenza di materiali etruschi dei decenni precedenti, col-legata all'iniziativa vulcente, ha una netta contrazione, mentre aumentano, con notevole affluenza di tipi anforici, le presenze puniche. Vedi a questo proposito SOLIER 1972, pp.127-150; MOREL 1975, p.872; MORE L 1981, pp.480-481.

(di) BARTOLONI 1983a, pp.49-50; fig.5, d-e. (61) BARTOLONI-TRONCHETTI 1981, pp.53-55.

(63) PESCE 1968; BARTOLONI-TRONCHETTI 1981, p.53.

("') MONTE SIRAI-I, tav.XXXlV, nn.72; 90; MONTE SIRAI-Il, tav.XLI, nn.54; 87; etc ..

(") ALEXANDRESCU 1978, tav'XXIV, n.2; TOCRA-I, pp.41-42, nn.580- 581-587; DELOS, pl.66, nA, 124. (d4) CULICAN 1982 Abb.13, a.

(61) BARTOLONI 1983a, p. 49; fig.5, e; per la decorazione impressa, TARAMELLI 1912, p.134 (tomba 12 di Predio Ibba); vedi anche un'anfora acroma, con decorazione incisa, da Mozia (MOZIA-V, tav.XXIX, l,c). (61) MAETZKE 1964a, figg.12-28-30; Id. 1964b, fig.35; Id. 1964c, fig.2.

(") MAETZKE 1964a fig.30 n.27.

(70) Il frammento

e

stato rinvenuto fra i materiali dei vecchi scavi poco prima di andare io stampa: ci è sembra-to opportuno presentarlo comunque, nonostante il tempo insufficiente per approfondirne lo studio. Diamo

alcu-ni esempi di confronti decorativi: THARROS-IV, fig.1l, n.l; fig. 12 n.l; THARROS-IV, tav.XXXII THP 140-144-478; ClNTAS 1950, tav.XXVIII, f.332.;

(II) RODERO RIAZA 1981, p.183.

(Il) ~ stato rinvenuto nella capanna l; all'ingresso della stessa, sotto un selciato di piccole pietre, fu ritrovato

UD ripostiglio di bronzi nuragici: CONTU, RSP 1965, p. 382.

(Il) BERNARDINI 1982.

(14) TARAMELLI 1910, col.lBO sgg ..

(l') HOWLAND 1958, tipi 30 BI 30 C.

(l') ad es. MONTE SIRAI-II, p.54; OLBIA, p.27 tav.XVIII.

('1) TARAMELLI 1912, fig.18 0.3.

(") PIANU 1982; vedi anche CUADRADO 1978. (") MA~A, 1951.

(10) BARTOLONI 1985, forma F.

(11) Per Sulci, BERNARDINI-TRONCHETTI1984; BARTOLONI 1987a; BARTOLONI 1987b.

(24)

(13) BAFICO 1986.

(14) ACQUARO 1985, pp.49-50; BERNARDINI-TRONCHETTI 1985, p. 290; BARTOLONI 1987a (in corso di stampa).

(I$) GRAS 1985, p.126. (16) TORELLI 1981, pp.60-61.

(17) Per questi rapporti vedi GRAS 1980; NICOSIA 1981; LO SCHIAVO 1981a; GRAS 1981; TORELLlI981, pp. 60-61; GRAS 1985;

(II) NICOSIA 1981, p.460 sgg.

(19) È una delle funzioni della lekanis, impiegata anche come per contenitore per toeletta; era inoltre un tipico vaso nuziale: AGORA XII-l, p.I64.

(90) Si veda, ad esempio, la consistente presenza di anfore puniche nel porto di Gravisca nella prima metà del VI secolo a.C.: M.SLASKA. Le anfore da traspono di Gravisca in /1 commercio etrusco arcaico - Atti dell'/n-contro di Studio 5-7 dicembre 1983, Roma 1985, pp.19-20.

(91) GALLI 1983, cito a note 9/13; D'ORlANO 1984. (9l) MORE L 1983, pp.739-740.

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