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Epistole commerciali VI-V sec.a.C

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Academic year: 2021

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Indice

Premessa……… p. 2

Cap. I - Il commercio arcaico………. p. 4

Cap. II - Epistola di Achillodoro a Protagora e Anassagora...p.40

Cap. III - Lettera di Apatorios a Léanax... p. 56

Cap. IV - La lettera di Artikôn ... p .69

Cap. V - La lettera di Mnesiergos...p. 78

Cap. VI – Epistola dalla Pnice di Atene... ....p.85

Cap. VII – Una epistola da Emporion...p. 91

Conclusioni...p.102

Bibliografia ...p.105

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Premessa

Questo mio lavoro prende le mosse da considerazioni tese ad inquadrare, da un punto di vista storico-sociale, l’argomento oggetto di questo mio scritto, ossia alcune epistole, private, gravate su piombo, inerenti a problemi di natura commerciale, contenenti anche elementi di diritto privato.

La scelta delle epistole è stata guidata dall’idea di abbracciare,idealmente e geograficamente, l’intero bacino del Mar Mediterraneo, in tutta la sua estensione, per mettere in evidenza come alcuni elementi siano comuni o comunque ricorrenti in località diverse e lontane tra di loro, e come gli individui coinvolti nelle vertenze poste in essere, si trovino a vivere situazioni simili tra loro, sintomo questo di una certa omogeneità delle attività di natura commerciale.

Ho scelto tre epistole rinvenute nel contesto geografico del Ponto Eusino Settentrionale, una proveniente dall’isola di Berezan,due dalla città di Olbia, a seguire due epistole provenienti dall’Attica, ed infine una proveniente dalla città di Emporion,nell’estremità occidentale del Mar Mediterraneo.

Cercherò di analizzare ogni singola epistola, dedicando a ciascuna un capitolo,in cui il primo passo sarà quello di contestualizzarla, laddove è possibile, nel luogo di ritrovamento, con brevi cenni storici - geografici,e, a seguire, attraverso l’analisi del testo, ricostruire il tessuto sociale in cui è stata prodotta, occupandomi della figure dei soggetti citati in esse, tentando di chiarire le intricate questioni sottese al testo scritto per giungere a proporre una datazione in base alle caratteristiche grafiche e al tipo di scrittura utilizzato.

A questo lavoro premetterò un primo capitolo in cui cercherò di analizzare il fenomeno del commercio, di come esso abbia rappresentato un voce significativa all’interno della società greca, nelle sue relazioni con la storia dell’economia e della società delle città greche, e in particolare tenterò di delineare i soggetti che

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praticavano tale forma di attività, con particolare attenzione alla figura del marcante e delle classi sociali coinvolte.

Partendo dal periodo di crescita e di sviluppo che avvenne in età arcaica ( VIII-VII sec. a.C.), farò in particolare riferimento ai testi di Omero e di Esiodo, accennando anche alle due fila di studiosi che hanno animato il grande dibattito sull’economia greca, dibattito che vedeva schierati su due fronti coloro che ritenevano ci fosse una grande differenza tra economia antica ed economia moderna (i cosiddetti “primitivisti”) opposti a coloro che erano più portati ad allineare il passato con il presente (i cosiddetti “modernisti”). Successivamente tratterò delle forme di economia strettamente legata all’aristocrazia ( VI sec. a.C.) laddove le società avevano una forma di governo identificabile o nella tirannide o in forme di oligarchia dove uno o più membri appartenenti a famiglie aristocratiche esercitavano il potere.

Infine mi occuperò del periodo di sviluppo compreso tra il V sec. a.C. e gli inizi del IV sec. a.C. in cui Atene diventa città egemone, il perno di tutta la Grecia di età classica da un punto di vista non solo culturale ma anche politico, sociale ed economico, coinvolgendo a sua volta anche altre città, non solo quelle della Grecia, ma anche quelle orientali e quelle dell’estrema parte del Mediterraneo occidentale, inglobandole in quel fenomeno di espansione che sarà la colonizzazione greca nel Mediterraneo.

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Capitolo primo Il commercio arcaico

Il mondo antico, pur essendo spesso la documentazione incerta se non del tutto assente, fu caratterizzato da fenomeni migratori di popoli diversi che, si può pensare, spinti dalle caratteristiche geofisiche non proprio ottimali dei luoghi in cui vivevano, pensarono di uscire dai loro noti confini per apportare un miglioramento alle loro condizioni di vita. Tutto ciò ebbe come immediata conseguenza la mescolanza, il contatto tra civiltà diverse che si trovarono a che fare con elementi culturali differenti dai propri, provocando quindi una commistione di usanze, di abitudini, rintracciabili a livello sociale. Ad esempio,ci sono tracce evidenti che la popolazione antico-mediterranea della Grecia ha lasciato nella lingua, soprattutto nell’assunzione di termini relativi alla pesca e alla navigazione1

, ma anche e soprattutto a livello culturale ed economico, risultato quest’ultimo dell’organizzazione politica di tali popolazioni. L’assunzione di siffatto patrimonio culturale antico-mediterraneo con la commistione di elementi antropologici rappresentano il segnale di un lungo periodo di contatti tra popolazioni diverse che, nel tentativo di agglomerazione, ebbero il loro punto di forza nel trasmettere i tratti distintivi di ogni singola civiltà,anche se in seguito essi saranno inglobati o modificati da popoli differenti o semplicemente e naturalmente scompariranno nell’evolversi dei secoli.

Nel quadro di un’economia fondamentalmente agraria e di una popolazione sostanzialmente contadina, legata alle proprie tradizioni, ben presto penetrarono le tradizioni dei nuovi popoli indoeuropei che furono assai facilmente assimilate a quelle preesistenti. A fronte di un’economia in cui l’attività prevalente era

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l’agricoltura, si hanno testimonianze di una intensa attività commerciale già nell’età dei palazzi micenei i quali non vivevano isolati dal resto del mondo greco né dalle più lontane regioni dell’Oriente Mediterraneo e dove non mancavano produzioni atte allo scambio di merci. Nel bacino del Mediterraneo il raggio di diffusione di tale commercio fu assai ampio e questo dimostra come questo mare avesse, per gli antichi, una duplice valenza: era un mare chiuso, era un mare che stava al centro dell’oikouméne, era il luogo centrale che condizionava non solo la vita sociale ma anche le relazioni tra i diversi popoli che si affacciavano in esso e di conseguenza le differenti società che essi rappresentavano e ciò aveva come presupposto anche l’esistenza di una flotta, capace di dominare sui mari e di aprire nuove rotte. Anche se non esistevano ancora forme di economia monetaria, esistevano piuttosto delle espressioni di un’economia premonetale, ad esempio i lingotti di rame che assommavano in sé, per così dire, la funzione fondamentale della tesaurizzazione e allo stesso tempo costituivano una qualche forma di valore. Un’espansione di tale portata era impensabile senza una volontà politica precisa che intendesse esercitare una attività specifica come quella di carattere commerciale.

Le testimonianze letterarie greche inerenti i secoli VIII-VII a.C., unitamente alla documentazione archeologica, mostrano una società profondamente differente da quella precedente: i cambiamenti riguardano non solo l’aspetto politico ma anche quello sociale - economico. Il primo elemento che emerge è la scomparsa del

wanax miceneo con il conseguente crollo delle strutture palaziali per lasciare

spazio all’emergere di nuove forme di organizzazione, di nuove unità e associazioni gentilizie locali (dâmoi,kômai ) che diventano il perno del nuovo assetto sociale i cui esponenti principali sono i basilêes, ossia i ministri del culto

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comune che si fanno interpreti delle locali gerousiai2. La crisi delle entità politiche

palaziali, per effetto di fattori di dissoluzione interna come per causa di aggressioni esterne, lo stesso accentuarsi o instaurarsi di condizioni di instabilità negli insediamenti stessi, il restringersi o il frantumarsi delle aree economiche, il declinare o il parziale attenuarsi degli scambi sono tutti fattori che vanno messi in stretta relazione con l’ambito politico in cui essi si manifestano. Probabilmente le stesse circostanze, sotto la continua spinta dovuta a lenti ma radicali processi di trasformazione, sono preludio alla spaccatura di unità territoriali e statali presenti durante l’età micenea, forse agevolata da un lato dal desiderio di emergere di strutture nuove, dall’altro dal sopraggiungere di nuove forme di organizzazione tribale e al tempo stesso di suddivisioni interne,connesse queste anche con l’invasione dei Dori alla fine del XII sec. a. C., che intervengono ormai ad attraversare, a frazionare se non a distruggere del tutto le vecchie entità politico – territoriali.3

Parlare quindi dell’economia e della società greca di età arcaica significa doversi confrontare con il mondo di Omero e con quello di Esiodo. Non è sempre facile applicare come criterio risolutivo di distinzione e di evoluzione, all’interno del concetto e della storia del commercio arcaico, quello della specializzazione ossia intendere con questo temine una sorta di specifiche attività commerciali rispetto ad altre che si svolgono ugualmente per mare e che possono essere anch’esse attività economiche e sociali più generiche ad esempio come trasporti specializzati di merci determinate oppure trasporti che possono sfociare in fenomeni ben diversi e più pericolosi come ad esempio la pirateria. Accanto a queste considerazioni bisogna poi valutare anche il ruolo delle persone coinvolte e

2 G.Pugliese Caratelli,Dal regno miceneo alla polis , Accademia Nazionale dei Lincei ,1962. 3

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distinguere coloro che assolvono la funzione di intermediari, ricercando le condizioni per una maggiore specificità del ruolo sociale del mercante, che si rende progressivamente più indipendente sia rispetto all’aristocrazia sia rispetto al possesso della terra in generale.

- Il mondo di Omero e il tema dell’ οἲκος

I poemi omerici costituiscono una valida testimonianza per cercare di ricostruire il tessuto economico – sociale di età arcaica e tutti gli elementi ad esso connessi. Da un lato la monarchia risulta ancora assai salda nell’Iliade, dato l’argomento guerresco che rimanda a società ancora di tipo monarchico, l’Odissea, invece, sembra caratterizzarsi per elementi più moderni, con forme di organizzazione e di vita cittadina nuove, quasi a proporre il riflesso di un quadro domestico e pacifico del regno omerico. Dalla stessa organizzazione della guerra e dai singoli episodi di essa, tematiche apparentemente inconciliabili con il tessuto economico e sociale,si possono ricavare delle informazioni interessanti che non mancano tuttavia di continui riferimenti a momenti di pace in cui emergono alcuni aspetti di vita quotidiana e quindi anche dell’economia4

. Dovendo descrivere le società iliadiche e odissiache si deve individuare il tessuto sociale,la struttura socio-economica che ne costituisce il fondamento e la cui importanza si rifletterà sempre anche nei secoli successivi della storia greca e cioè l’ οἲκος, vale a dire l’insieme delle persone fisiche e delle proprietà,come terre, case, schiavi, armenti, che facevano capo ad un casato. Gli individui che appartengono al casato manifestano un vivo senso di solidarietà reciproca a tal punto che ogni uomo si sente tale, cioè pienamente realizzato come uomo, solo nella misura in cui fa parte di un οἲκος, ed esserne fuori significa essere sottoposto a qualsiasi forma di sopruso e di violenza. Esso costituisce dunque una struttura orizzontale autosufficiente, anche

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se non è esclusa la presenza di artigiani che compiono lavori e forniscono prestazioni di pubblico interesse, spesso mansioni speciali che richiedono delle conoscenze professionali, non alla portata di ogni membro della comunità.5

Il tema dell’ οἲκος si trova al centro di un lungo dibattito sull’economia degli antichi, dibattito che vede schierati due fronti di studiosi: i “primitivisti” da un lato e i “modernisti” dall’altro6

.

I primi, i “primitivisti”, sono tutti quelli studiosi che, prendendo le mosse dai testi omerici e esiodei, considerano solo l’economia di tipo aristocratico, quella che emerge dai poemi omerici e dalle “Opere e i giorni” di Esiodo. In età arcaica l’aristocrazia è in vario modo interessata al commercio e non solo perché in un certo senso ne riceve in cambio benefici ed un tornaconto individuale, ma anche perché, in certa misura, e in modo più o meno diretto, non disdegna di esercitarlo. Questo va di pari passo con la considerazione che la circolazione dei beni e il loro scambio sono strettamente collegati a quei processi di accumulo che l’aristocrazia terriera può permettersi, un’aristocrazia terriera per la quale detenere le redini dell’economia rappresenta un motivo di prestigio o di mero vanto e non necessariamente un mezzo per arricchirsi. I membri dell’aristocrazia possono permettersi di commerciare i prodotti delle loro ἀρούραι ,è il caso di Euneo, signore di Lemno, che invia navi cariche di vino all’esercito acheo per ottenere in cambio pelli, metalli e schiavi 7.

I secondi, i “modernisti”,invece hanno come punto di riferimento delle loro considerazioni l’economia attica del VI, V e IV sec. a. C. , un’economia di tipo urbano, praticata anche nelle città ellenistiche, e tendono di conseguenza a

5 G.Camassa, Istituzioni politiche greche, in Storia delle idee politiche,economiche e sociali. I. L’Antichità

classica, a cura di L.Firpo, Unione tipografica-Editrice Torinese, Torino 1982,pag.. 11 seg.

6Gras M.,Il Mediterraneo nell’età arcaica, Pandemos-Paestum,1997, pag.. 9 seg.. 7

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trasferire nei secoli antichi elementi di economia moderna, per così dire imprenditoriale, esercitata a fini di lucro. La società antica era, del resto, una società basata principalmente sulla proprietà terriera e questo esclusivo interesse per la terra e per le risorse da essa ricavate, è spiegato con il fatto che essa costituisce la fonte principale cui attingere i mezzi di sostentamento: l’agricoltura diventa la base per la sussistenza primaria delle società antiche, anche di quelle presenti nell’Iliade8

.

Una testimonianza importante di questo aspetto dell’economia antica è la descrizione dello scudo di Achille9 che, fornendoci l’immagine di uno stralcio di vita cittadina, descrive le varie occupazioni tra le quali la forma principale di sussistenza dell’epoca cioè l’agricoltura. Si parla dell’aratura di un campo10

, in cui si affaticano molti ἀροτῆρες, dei quali è difficile stabilire la condizione sociale e il loro rapporto con la terra, mentre più netto si staglia il diritto di proprietà del βασιλεύς sul τέμενος cioè su di un lotto di terra che gli spetta, e la forte condizione di dipendenza dei mietitori che prestano il loro servizio in quel appezzamento. Al possesso della terra e ad altre attività è strettamente connesso il concetto di πλοῦτος, cioè di ricchezza11

. Il poeta Teognide di Megara, vissuto intorno alla metà del VI sec. a. C., distingueva la ricchezza basata sui proventi della terra e quella che derivava da altre attività. Egli sostiene che, pur essendo in ogni caso la ricchezza un elemento di disturbo dell’ordine costituito, la terra rappresentava, presso tutte le classi sociali, la forma di arricchimento maggiormente riconosciuta e stimata da un punto di vista sociale perché considerata più sicura e più strettamente legata ai vincoli del genos e pertanto meno soggetta al libero arbitrio

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D.Musti, L’economia in Grecia,Bari, Laterza, 1981, pag.. 26.

9 IL. XVIII, v. 541 seg. 10 IL. XVIII, v. 541 seg. 11

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dei singoli individui. Che la ricchezza, poi, fosse considerata importante nel giudizio degli antichi, indispensabile per una vita onorevole, lo dimostrano le parole che Odisseo rivolge ad Alcinoo, re dei Feaci, quando gli dice di essere disposto ad aspettare anche un anno, se necessario, e non solo fino al giorno dopo, per avere i molti doni che gli sono stati promessi prima della partenza, in quanto “molto meglio sarebbe tornare in patria con le mani ben piene: più rispettato e più caro sarei per i principi tutti.”12

- Il commercio: una voce dell’economia antica

Accanto alla terra come fonte di sostentamento, di potenziale arricchimento, si può, a ragione, pensare che anche l’attività commerciale dovesse essere esercitata.

La Grecia, e con essa la zona commerciale mediterranea, furono le zone, da un punto di vista economico, più progredite non solo nel periodo arcaico ma anche nelle epoche successive, quando intervennero tensioni di natura politica, fra gruppi concorrenti di potenze commerciali, che raggiunsero l’apice del loro sviluppo in concomitanza di una maggiore stratificazione della società. Molto più interessante e ricca di dettagli è la testimonianza che viene fornita dall’Odissea13

, per la maggior ricchezza di dati riguardanti l’organizzazione della società nel suo complesso, nel suo quotidiano funzionamento ed in particolare per i riferimenti alla patria di Odisseo, Itaca, o a Scheria, l’isola di Alcinoo. Notevoli sono gli aspetti inerenti la vita politica ma importante è soprattutto il ruolo molto particolare che riveste il mare, elemento naturale e culla di una parte soltanto, ma assai cospicua, dell’economia di scambio in ambiente greco. Proprio grazie ai dati forniti dall’Odissea è possibile ricostruire una storia del commercio marittimo in Grecia. Il

12 Od., XI, vv 358-360. 13

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commercio di questa epoca appare concentrato nelle mani di ξεῖνοι, cioè di naviganti stranieri, soprattutto fenici, alcuni disposti a trascorrere un intero anno in un porto straniero14, e si presenta come un’attività che ha qualche connotazione sociale e morale negativa. I viaggi commerciali sembrano non fare parte delle attività cui si dedicavano principalmente gli eroi del passato mitico e a questo proposito interessante è l’episodio in cui Eurialo apostrofa, offendendolo, Odisseo che era giunto nell’isola dei Feaci15. Odisseo, in quanto ritenuto ἀρχός dei marinai πρηκτῆρες,non viene considerato degno della condizione di eroe e gli viene negata l’esperienza atletico-militare che, invece, ne costituisce il tratto più caratteristico. Ciò che gli viene rimproverato più duramente è il fatto che egli ha creato un divario troppo drastico con le attività atletico – militari e con i relativi comportamenti tipici dell’eroe in fatto di ricchezza e di beni, perché, viaggiando spesso, possedendo e vendendo merci, ha sciolto l’alternativa eroica tra il viaggiare per affari e il viaggiare come pirata e guerriero. Odisseo, divenuto capo dei marinai πρηκτῆρες, adusi a praticare nient’altro se non la πρῆξις, ha assunto, nei confronti dei suoi beni, un atteggiamento bassamente materialistico, tipico di chi vive di continue preoccupazioni per le merci e avidamente desidera guadagni16. Assai diverso è il comportamento dell’eroe che può, si, esercitare il commercio, però senza mai rinnegare la propria natura. Allo stesso modo vanno le cose nei confronti del κέρδος, inteso come vantaggio economico: l’eroe, pur non escludendo vantaggi di questo tipo, anzi apertamente se li augura, può legittimamente aspirare all’ ἂξιον e agli ἂξια δῶρα, ma deve anteporre ai vantaggi

14 Od. XV, v 455 seg.: “quelli un intero anno restando nel nostro paese, nella concava nave molte ricchezze

trafficando ammassarono.”

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Od. VIII, vv. 158-164: “Va’ straniero, tu non mi sembri uomo capace nelle gare…ma uno, che sempre su nave multireme viaggiando, capo di marinai che si danno al commercio, tien memoria del carico e i viaggi sorveglia e i guadagni rapaci: no, non mi sembri un atleta!”.

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materiali le leggi dell’onore17. Il disprezzo dell’eroe non è diretto al commercio in sé, ma al commercio divenuto azione di vita, al commercio dei πρηκτῆρες e al κέρδος ricercato come lo è il cibo da chi è affamato; prospettive quali il μυρίος ὦνος e l’ἂσπετος ὦνος cioè “guadagno infinito” non sono che due espressioni per definire la prospettiva dell’ἂξιος ὦνος, cioè il giusto guadagno, ma mentre le prime due espressioni rappresentano e comportano azioni riprovevoli, la terza conferma quella che, presso gli eroi e nei rapporti tra gi eroi, era la regola18.

Dunque, poiché viaggiare per commercio o commerciando era considerata un’attività vile, si può supporre che i nobili ricchi, non essendo costretti ad esercitarla, se ne astenessero. Il loro ruolo nel commercio marittimo si limitava, forse, a due funzioni principali: la prima consisteva nell’inviare uomini, al loro servizio, perché esercitassero il commercio per loro conto, con lotti di merci, le più varie, dai tessuti, al vino, al bestiame ecc.; la seconda funzione poteva essere quella di prestare a dei nobili poveri o non ricchi, ma che disponevano di terre come garanzia, i beni necessari per commerciare. Interessanti a questo proposito sono due passi dell’Odissea19

, che riportano entrambi la stessa espressione formulare omerica20 e che si riferiscono alla pratica del commercio che, in entrambi i passi, viene associato ad una attività che doveva essere praticata con una certa facilità e che doveva essere ben nota ossia quella della pirateria, attività questa che comportava ardire, capacità di comando, responsabilità verso un seguito e pertanto non era disdegnata neppure dall’aristocrazia come l’epos

17 A.Mele, Pirateria,commercio e aristocrazia , DHA,12,1986, pag .77 seg. 18

A.Mele,Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli,1979, pag. 81 seg.

19 Od. III, vv. 71-74: in questo passo Nestore si rivolge a Telemaco dopo aver e accolto lui e i suoi compagni,

dopo avere banchettato per sapere chi fossero e per quale motivo erano giunti fino a Pilo.

Od. IX, vv. 252-255: il passo costituisce il racconto che Odisseo fa ad Alcinoo dell’avventura che lui e i suoi compagni hanno vissuto con il Ciclope e di come costui si fosse rivolto a loro con queste parole.

20 “ὦ ί, ; ’ὑ; ἢ : o stranieri

chi siete? E di dove navigate i sentieri dell’acqua? Forse per qualche commercio o andate errando sul mare senza meta..”

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testimonia21. Da questi due passi emerge l’immagine di un equipaggio, formato da persone, forse compagni tra loro, forse salariati, forse anche schiavi, che esercitano una πρῆξιν cioè un’attività, una semplice attività come le altre, certo un’attività vantaggiosa e proficua arrischiandosi con una nave che non è,forse, di loro proprietà, interrompendo le loro attività agricole e andando per mare con un gruppo di ἐταῖροι o di δμῶες, vendendo qualsiasi genere di mercanzia, non solo per guadagnare ma per procacciarsi dei beni che non possono ottenere presso di loro, soprattutto metalli e prodotti artigianali di lusso. L’allusione ai predoni, ai ληϊστῆρες, fa pensare che i confini tra commercio e pirateria fossero molto labili e si può quindi supporre che questi equipaggi esercitassero, si, dei commerci, ma compissero anche delle razzie, qualora si presentasse l’occasione favorevole22

. Si può tentare una ulteriore distinzione e cioè parlare di commercio quando l’attività,πρῆξις, è orientata verso una meta certa e nota, mentre la pirateria è da considerarsi un errare alla ventura23.L’esistenza di termini quali ληϊστῆρες o ληϊστόρες 24

indica che la pirateria è conosciuta come attività a parte e, anche se non viene condannata, tuttavia è temuta. Il fatto poi che essa venga praticata mettendo a repentaglio la propria vita, nulla toglie all’ onorabilità della sua pratica se si considera anche il fatto che per una comunità eroica lo sprezzo della vita non era un elemento negativo ma essenziale, come ad esempio Achille che aveva fatto della guerra la sua principale attività25; l’eroe cretese con i bottini sfugge alla

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Od. III, vv. 73-74 / Od. IX, vv. 254-255: in entrambi i passi si parla di ïῆ ossia di predoni che “errano giocando la vita, danno agli altri portando.”

22A.Mele,Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie,Napoli, 1979, pag. 72 seg.

23 A.Mele,Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli, 1979, pag. 71 sg. Omero infatti usa in

entrambi i passi l’avverbio ί, dalla radice  che significa “temerariamente” ma anche “a caso”, che contiene i due caratteri peculiari delle azioni proprie dei pirati e cioè il rischio che corrono nel compiere razzie ma anche la loro capacità di saper approfittare e di saper cogliere l’imprevedibilità del caso che li porta ora in un luogo ora nell’altro, avendo come unico scopo quello di arricchirsi.

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Od. XV, v 427.

25 Od. XIV, vv. 216-226: “audacia allora mi davano Ares e Atena, e forza in guerra…non m’era caro il

lavoro né il governo della casa, che nutre splendidi figli, ma solo navi munite di remi mi erano care, e guerre e aste lucide, e dardi, tristi cose, che son detestate dagli altri.”

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sua condizione poco fiorente26, la sua è una scelta di vita anche quando egli è ricco e rispettato ed è costretto a prendere parte alla guerra di Troia, una scelta in cui la pirateria porta con sé la manifestazione dell’ἀρητή militare e del πόλεμος. Il ragionamento che sta alla base di questo tipo di considerazioni non è tanto l’opposizione tra guerra e pirateria, che rimangono inscindibili, ma tra un mondo di produzione fondato sulla guerra e uno basato,invece, sulla cura del proprio οἲκος, tra una attività bellica intesa come scelta di vita fine a se stessa e un’attività bellica funzionale invece alla difesa dei propri beni. C’è quindi un sostanziale bipolarismo tra ideale eroico – guerriero presente nell’epos omerico ed un ideale, fatto di erga, con conseguente rifiuto dell’attività militare professionale, che è proprio della poesia esiodea. Il termine con cui in epoca classica si indica, in senso generale, il mercante, ἒμπορος, in Omero è connotato come semplice viaggiatore mentre la specificità della funzione commerciale emergerà, fra le varie πρῆξεις,“affari” del navigatore, solo col tempo. Al termine πρῆξις, utilizzato da Omero per indicare un’attività di tipo commerciale, si può attribuire comunque una duplice valenza: da un lato essa è “faccenda”, ossia un’attività semplice come tante altre, dall’altro è vantaggio, utilità, cioè un’attività vantaggiosa; essendo poi l’aspetto soggettivo e quello oggettivo del πρήσσειν compresenti, con il termine πρῆξις si passa ad indicare non più una semplice attività in generale, ma, con una connotazione più specifica, un’attività orientata verso uno scopo utile e vantaggioso e quindi può essere usato per indicare l’attività commerciale con una evoluzione specifica del termine.. Si passa da una generica πρῆξις, che può essere ἰδίη e non δήμιος, ad un viaggiare ἐπί πρῆξιν καί χρήματα, per arrivare all’identificazione dei πρηκτῆρες con quei particolari ναῦται che sono agli ordini di un capitano attento alle merci e

26 Od. XIV, vv 230 seg.: “rapide navi guidai contro genti straniere e m’era toccato molto bottino. Sceglievo a

mio gradimento e poi molto ancora avevo in sorte, e presto la casa mia si arricchiva: così venerato e potente fra i Cretesi divenni.”

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ai guadagni27. Ipotizzando e seguendo questo tipo di evoluzione semantica, si giunge alla identificazione della πρῆξις con il commercio e del commercio con la πρῆξις per eccellenza. Significativo è poi il fatto che la prima ipotesi, cioè quella di una πρῆξις ἰδίη, ricorra in un contesto di carattere formulare, mentre le tappe successive si trovino nell’Inno ad Apollo delfico e in un passo dell’Odissea, che è ricco di novità sia sul piano lessicale che su quello economico – sociale, dato che contiene l’immagine di un capitano e di marinai commercianti di professione e κακόι28 e che permette di osservare l’evoluzione del termine in una successione cronologica compresa nell’arco temporale tra la ripresa proto-geometrica delle relazioni via mare e lo sviluppo dei commerci di età precoloniale e coloniale. Un primo carattere che emerge da questo tipo di commercio è il presentarsi, specialmente nei livelli più antichi, perché anche più tradizionali, come una valida alternativa alla pirateria29, infatti agli ξεῖνοι che vengono dal mare si domanda se sono in viaggio per una qualche πρῆξις oppure se sono pirati. In età arcaica si possono rintracciare i segni di una mentalità analoga a quella degli eroi omerici30. Lo stretto rapporto tra commercio e pirateria permette di inserire, tra i caratteri principali di tale commercio, un tipo particolare di commercio, ossia quello degli schiavi: la vendita come la compera degli schiavi costituisce, nei poemi omerici,

27 A. Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie,Napoli, 1979 , pag . 42seg.; Od. VIII, vv 163 seg. 28 B. Bravo, une lettre sur plomb de Berezan: colonisation et modes de contact dans le Pont. DHA 3, 1977,

pag.. 34 seg.

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La pirateria era preferita al commercio perché sentita come attività più degna per un nobile dati i caratteri di rischio e di spiccato ardire che essa comportava (cfr D.Musti,L’economia in Grecia,Bari,Laterza, pag.. 29, n.5); essa è considerata come una attività onorevole che pertanto si affianca senza particolari difficoltà al commercio (cfr Thuc., Hist. I 5, 2). Nell’età di Tucidide restano fedeli a questa pratica solo popolazioni arretrate collocate in contesti periferici (cfr Thuc., Hist. I 5, 3: “giacché i Greci anticamente…da quando avevano cominciato ad attraversare più frequentemente il mare..si erano dati alla pirateria..”ἐάό

ί,“…e assalendo le città, le saccheggiavano e così procuravano la maggior parte dei loro mezzi di sussistenza, senza ancora vergognarsi di questo modo di agire, il quale anzi portavalori perfino una certa gloria…”.

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Per il ruolo che ha avuto nella ί la pirateria riguardo alla storia dei Focesi cfr A. Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie,Napoli, 1979, pag.. 60, in cui c’è uno specifico richiamo alla pratica omerica del commercioῆ nel racconto che Charon di Lampsaco fa della fondazione della sua patria ad opera dei Focesi e testimonia lo svolgersi delle tradizioni commerciali di questo popolo sul modello omerico.

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l’attività con maggiori riferimenti sia nell’Iliade che nell’Odissea, forme di commercio da associare a forme di economia premonetale cioè con valutazioni in buoi, come misura del valore, ma anche altre merci come oggetti preziosi, tripodi, dei quali esisteva forse una gerarchia che ne stabiliva il valore.

- I beni oggetto del commercio

A questo punto ci si deve chiedere quali fossero i beni interessati da questo tipo di commercio e si può ipotizzare che fossero beni di consumo, dei quali si andava in cerca per cronica mancanza, ma anche beni durevoli, come ad esempio metalli lavorati, il cui valore economico era molto alto e, di conseguenza,lo era anche il loro potere di acquisto. In questi termini, al commercio di tali oggetti, corrisponde un trasferimento di merci che cresce quantitativamente man mano che si passa a beni di valore inferiore, ad esempio cereali contro manufatti metallici, e si può pensare che oggetti di così alto valore, non comuni, destinati ai livelli più alti della società,finissero per divenire simboli di uno status sociale e per inserirsi nel complicato intreccio delle relazioni che fanno capo ai ceti più elevati, tra cui rientrano, si, gli scambi ma anche tributi e doni, che si esprimono in uno specifico contesto che è quello dell’ospitalità ξεινίη 31

. All’interno del commercio arcaico non

è però facile applicare, come criterio di distinzione e di evoluzione, il tratto distintivo della specializzazione, sia che con ciò si intenda la specializzazione dell’attività commerciale rispetto ad altre attività che si svolgono per mare, o più in generale rispetto ad altre attività economiche e sociali, per esempio alla specializzazione nel trasporto di determinate merci. Il campo delle πρῆξεις svolte per mare, in quanto tali, non è infinito e, se non si tratta di fenomeni migratori, di eventi collegati con la realtà coloniale, di viaggi o trasporti di uomini per scopi determinati, si tratterà allora di viaggi che hanno scopi acquisitivi o di scambio, che

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si possono far rientrare sotto la categoria del commercio, o della pirateria, e che nell’ambito delle πρῆξεις rivestono un ruolo privilegiato. I carichi appaiono estremamente compositi e solo in certi casi, per esempio nel commercio dei cereali,essi sembrano specializzati. Il commercio πρῆξις è commercio di βίοτος, soprattutto cereali, vino e olio, e in particolare Omero32 allude ad olivi coltivati in giardini, tra alberi da frutto, come piante che rientrano nelle colture del mondo aristocratico; questo commercio πρῆξις è orientato verso luoghi di commercio determinati, garantito da relazioni di ξεινίη e di rispetto della sacralità che lo straniero porta con sé, nel pieno rispetto delle δίκαι che sono in vigore nelle varie realtà politiche e sociali e di cui si fanno garanti i poteri locali.

- La società Esiodea

La società, invece, delineata e che emerge dalle opere di Esiodo presenta delle caratteristiche molto interessanti per delineare il quadro del commercio in età arcaica e i dati che essa fornisce sono da inserire in considerazioni di tipo cronologico sull’asse dei rapporti Esiodo - Omero e Esiodo – lirica arcaica. La società esiodea, rispetto a quella omerica, risulta essere caratterizzata da elementi posteriori a livello cronologico. Quella illustrata da Esiodo risulta essere una società in cui gli eroi omerici e l’epos, che li celebra, sono un’esperienza da considerarsi passata e ormai conclusa. Si assiste in Esiodo ad una evoluzione sociale della comunità, ad esempio compare il concetto di νόμος, quello di δίκη diventa una realtà attuata, cioè è sentenza che si fa punizione. Le informazioni, i consigli che Esiodo dissemina qua e là nella sua opera, riflettono la sua diretta esperienza o quella paterna e conferiscono alla narrazione un taglio autobiografico che era proprio della lirica di età arcaica. Esiodo afferma di non avere nessuna

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18 σοφίη di cose navali33

e sostiene che, quanto afferma a proposito della navigazione e del commercio, proviene dalla tradizione, reso poi più preciso e più vero dai dettagli che egli ricavava dall’esperienza del padre, confermato anche dai frequenti eolismi che compaiono nella sezione dell’opera dedicata al commercio, caratteristiche linguistiche queste che richiamano la città di Cuma Eolica nella quale si è svolta principalmente l’attività del padre di Esiodo34

.

Esiodo è testimone oltre che del vecchio rapporto tra economia agraria e commercio, anche dell’avvento di nuove forme commerciali, quelle di una emporìe che si è resa, o che ormai può più spesso rendersi, autonoma dalle attività agricole, sia su di un piano specificamente economico, cioè non dipendere da esse e non venire esercitata in funzione di esse, ma anche su di un piano sociale cioè non dipendere strettamente dal contesto aristocratico.

E’ assai difficoltoso affermare se, in queste condizioni, la testimonianza di Esiodo equivalga ad un totale rifiuto e ad una sostanziale estraneità di fronte ad una società “diversa” che sta nascendo, o se invece rappresenti solo una possibilità, in un continuum di alternative diverse, che costituiscono altrettante forme combinate tra la tendenza accumulatrice e quella allo scambio del surplus e alla circolazione dei beni. Vero è che il poeta di Ascra attesta una fase arcaica dell’economia, ha il pregio di esemplificare il processo economico nella sua forma più elementare e proprio per questo costituisce una testimonianza originaria ed autentica. Si riscontra in lui una tendenza nuova, quella alla tesaurizzazione e all’accumulazione, ma contemporaneamente egli riconosce l’utilità dello scambio a distanza di prodotti agricoli, e non solo di questi, presupponendo in questo modo la costituzione di centri di mercato, ossia luoghi geograficamente e socialmente

33 Op. vv. 649 seg.:    “sia pure inesperto di navigazione

che di navi..”

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idonei a convogliare, a intrecciare fra loro e rendere pertanto efficaci quelle spinte allo scambio che, anche se in diversa misura, sono inerenti ad ogni forma di accumulazione e quindi anche di produzione, riconducibili ad ogni tipo di società. Mentre la storia del padre di Esiodo, che lascia l’eolica Cuma, caricando la nave di quel che può, costituisce un caso singolare che non vale come paradigma di tutte le forme di navigazione, e può essere considerata come una vera e propria migrazione. Il tipo di navigazione che Esiodo raccomanda è una navigazione da alternare alle attività agricole, identificandola quindi come forma di scambio funzionale alla dominante produzione agricola35.Questi aspetti di scambio vanno ad inserirsi in un tipo di società la cui struttura economica presenta forti tendenze alla conservazione in unione al consumo interno, una forma elementare di tesaurizzazione in scorte alimentari, ad esempio in scorte di beni necessari per la sopravvivenza, per lo scambio di derrate agricole in distanze di breve tratto, ma anche in beni di lusso acquistati spesso da mercanti stranieri36.

Il commercio di cui parla Esiodo è considerato un ἒργον tra gli ἒργα, un commercio forse stagionale, affiancato alle consuete attività agricole, un commercio inteso allo smercio di prodotti locali37 e che sembra avere la fisionomia di una attività autonoma, praticata in modo regolare e continuo, scandito da un νόμος, cioè da una legge di natura, e fortemente determinato dalla posizione geografica e dal trascorrere delle stagioni38. Il termine che Esiodo utilizza per indicare questo tipo di commercio è ἐμπορίη, termine che Omero non conosceva e che sta ad indicare il commercio marittimo rivolto verso l’esterno. Il termine ἐμπορίη diventa sinonimo

35

Si veda in proposito Op. vv. 622 seg. “e allora [cioè al tramonto delle Pleiadi] non tener più la nave nel mare dal colore del vino, ma lavora la terra, ricordandoti dei miei precetti…”

36D.Musti, L’economia in Grecia, Bari, Laterza, 1981, pag. 37 seg.

37 A.Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli, 1979, pag..53 seg. La cosa è

immediatamente percepibile se si considera il fatto che l’ἐί viene trattata da Esiodo nel contesto dedicato agli erga,accostato cioè all’aratura, alla semina, alla mietitura, o ad altre attività che scandivano la regolarità della pratica agricola.

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di ναυτιλίη e di πλόος e la sua pratica comporta consigli sulla manutenzione dell’imbarcazione, sul periodo opportuno per imbarcarsi, consigli sulla nave da utilizzare e sulla navigazione vera e propria, avvalendosi di rievocazioni auto biografiche oppure attingendo dall’esperienza dei viaggi paterni39. L’evoluzione che Esiodo propone del termine ἒμπορος “viaggiatore” in senso generico e poi, con una connotazione già più specifica del ruolo, “viaggiatore sulle navi altrui”, e del termine ἐμπορίη, induce da un lato a identificare il viaggiare con il commerciare e di conseguenza a intendere il commercio come una attività specializzata.

In sintonia con la mentalità acquisitiva dei Greci in campo economico, la logica che regola l’ ἐμπορίη è quella del κέρδος, cioè del guadagno, un modo per incrementare le proprie ricchezze, e si parla in questo caso di πλοῦτος, oppure aumentare le provviste e allora si utilizzano i due termini ὂλβος oppure βίοτος40.E’

in questa prospettiva che si devono intendere gli ἒργα ὡραῖα πάντα cioè tutte le attività relative alla ναυτιλίη ossia la scelta della nave su cui, in vista del κέρδος, imbarcare il carico, la conoscenza dei μέτρα θαλάσσης necessari per chi voglia praticare l’ ἐμπορίη. I consigli che Esiodo enuncia considerano come scontata la partecipazione diretta al viaggio di commercio, ma danno anche per scontata la proprietà della nave laddove si parla della manutenzione della nave stessa durante la cattiva stagione e del modo in cui conservarla perché non si verifichino danni.

Da questi elementi si può affermare che il commercio marittimo, di cui parla Esiodo, riceve per la prima volta una denominazione specifica nello stesso momento in cui si presenta con caratteri di regolarità e di continuità quali erano

39 Op., vv 618-629, vv. 630-632, vv. 641-645, vv. 648-662. 40

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quelli tipici delle attività agricole; si delinea dunque come un’attività autarchica41 , cui si aggiunge il possesso della relativa ciurma, la cui perdita colpisce direttamente chi mette in mare la nave.

A questo punto il commerciante è ancora un ἀυτοπώλης ossia colui che esporta un φόρτος, un carico, fatto di βίος, di cibo, che per Esiodo è frutto di Demetra, cioè delle attività agricole, alle quali si dedicano quanti hanno concluso la stagione della navigazione. In questo senso si può cogliere una sorta di limitazione di autonomia al commercio esiodeo: esso è limitato nel tempo, per non staccarsi dagli ἒργα ed è altresì limitato nei fini che esso si prefigge, poiché il κέρδος cui esso mira ha un carattere integrativo e complementare rispetto all’agricoltura, e comunque tale κέρδος diventa condizione essenziale di un commercio che deve essere finalizzato ad evitare i debiti e la “fame funesta”42

.Il tema della povertà 43 che si fa pressante e il desiderio di uscire da queste misere condizioni di vita sono uno dei temi presenti in una elegia di Solone44 che contiene le definizioni di colui che si trova nella condizione di ἀχρήμων cioè “senza mezzi”, quindi in una situazione di πενίη cioè di “povertà”. Colui che si trova in una siffatta situazione – sostiene Solone - ha due possibilità: la prima è quella di “andare vagabondando su navi attraverso il mare periglioso, cercando di portare a casa un guadagno, κέρδος, senza tener conto in nessun modo della sua anima e della sua vita”, anche se l’attività marittima esercitata in proprio è rischiosa a causa delle condizioni del mare; la seconda possibilità è quella di “lavorare la terra ricca di

41

A.Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli,1979, pag . 52 seg.

42 Op., v 647 : “ …”.

43 M. Finley, L’economia degli antiche e dei moderni. Bari, Leterza,1974, pag.44 seg. Le parole greche

ῦ e ί , tradotte con “ricchezza” e “povertà”, avevano una sfumatura diversa: un ύ era un

uomo abbastanza ricco da vivere agiatamente del proprio reddito mentre un ὲ non era tale anche se ciò non significava che costui fosse privo di proprietà e neppure che fosse povero in senso stretto (colui che era completamente privo di risorse veniva definito ό); poteva avere schiavi, anche una certa quantità di dracme accumulate ma era costretto ad avere un’occupazione per guadagnarsi da vivere. Il termine ί

quindi implicava il duro obbligo di lavorare.

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alberi, rimanendo a servizio per un anno, sottoposto a coloro per i quali spinge l’aratro ricurvo”. L’alternativa che Solone propone al viaggiare per mare è quella del lavoro agricolo, ma in quale rapporto di dipendenza questo personaggio o queste persone esercitano l’attività marinara o il lavoro agricolo? Il fatto che sia contenuta l’espressione “per un anno” fa supporre che ci si trovi di fronte ad un caso in cui un debitore insolvente con qualche proprietario, sia chiamato a prestare gratuitamente la sua opera a favore del creditore. Questa precisa annotazione temporale non viene riportata a proposito dell’attività marinara, ma si può pensare che chi, essendo in condizione di ἀχρήμων ,quindi povero, non possa permettersi di fare l’armatore e pertanto sia costretto ad esercitare il commercio in condizione di dipendenza.

Ci si deve domandare a questo punto chi fossero i protagonisti del commercio esiodeo, chi esercitasse effettivamente questo tipo di commercio specializzato e quali tratti e quali motivazioni avessero tali personaggi. Si può ipotizzare che in età arcaica l’aristocrazia fosse variamente interessata al commercio e non solo perché questo era un ulteriore mezzo per incrementare le proprie ricchezze, ma anche perché la circolazione delle merci contribuisce a quei processi di accumulazione che, in primo luogo, è proprio l’aristocrazia terriera a potersi permettere45

. Si può anche pensare che questi nobili esercitassero delle forme di commercio perché “poveri”, cioè non abbastanza ricchi da poter condurre una vita quale si converrebbe al loro status e che, per questo motivo, fossero costretti ad ovviare a tale situazione e tentassero di arricchirsi vendendo i prodotti ricavati dalle loro proprietà terriere oppure beni presi in prestito da nobili ricchi che glieli affidavano

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affinché li vendessero46. In tal caso si affaccia il ruolo degli “intermediari” che hanno contribuito in modo notevole e importante a quella specificazione del ruolo del mercante che si rende sempre più autonomo rispetto all’aristocrazia e rispetto alla proprietà terriera in genere. Vista dal di fuori l’attività commerciale dei nobili “poveri” non si distingue da quella dei mercanti professionali che viaggiano per conto altrui. Essi stessi non si considerano dei mercanti ma piuttosto degli agathoì, degli esthloi47, costretti dalla πενία ad esercitare un’attività che, di fatto, li disonora ma attraverso la quale essi sperano di sfuggire giustamente a questa condizione di misera povertà e ottenere l’accesso alla vita nobile che, altrimenti, resterebbe loro preclusa. Da queste considerazioni emerge il quadro di una nobiltà greca arcaica, da punto di vista economico, come un gruppo non omogeneo:essa non è una classe, ma piuttosto uno “stato”, cioè un gruppo distinto e chiuso all’interno del quale, tuttavia, esiste una profonda differenziazione dei livelli economici e sociali. Tra i vari livelli di questo “stato”, considerevole è la mobilità sociale che genera continue tensioni e lotte, ad esempio i nobili “poveri” rischiano sempre di essere trattati come dei κακοί dai nobili ricchi, ma aspirano piuttosto, con tutti i mezzi, ad elevarsi al livello degli ἐσθλοί ricchi e potenti48. Poteva capitare che questi nobili, o comunque questi mercanti, durante i loro viaggi allacciassero dei rapporti di ξεινίη, ossia dei legami di reciproca ospitalità con dei nobili stranieri, e in questa logica dominava la valenza fortemente significativa del dono, soprattutto da un punto di vista sociale, che si esprimeva con oggetti di particolare bellezza e nobiltà come κειμήλια e αγάλματα49. Questi beni di prestigio si ritrovavano sia in

ambito sacro, con le offerte alle divinità, dove il bue assume la funzione di unità di

46 B.Bravo,Remarque sur les assises sociales, les formes d’organisation et la terminologie du commerce grec

à l’epoque archaïque, DHA, 3, 1977, pag. 9 seg.

47

A.Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli, 1979, pag. 80 seg.

48 A.Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli, 1979, pag. 83 seg.

49 D.Musti,L’economia in Grecia, Bari, Laterza, 1981, pag. 35 seg.- N.Parise, La nascita della moneta.Segni

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misura trasferendola poi anche ad altri ambiti,a quello pubblico, ad esempio nella residenza del sovrano o nella sede del consiglio, ma anche all’ ambito privato, dove oggetti preziosi facevano bella mostra di sé nelle case dei nobili. L’ostentazione di beni di prestigio era senza dubbio uno dei cardini principali della mentalità aristocratica, soprattutto quella arcaica. Tali beni di prestigio dell’οἲκος costituiscono anche dei “valori circolanti” e servono per identificare ambiti e momenti della vita sociale in cui la nozione di “bene di prestigio” tende a diventare oggettiva. La nascita della moneta coniata, non attestata in Omero, ha i suoi inizi nelle “gocce”d’oro e d’argento che da oggetti preziosi diventano segno quantitativo del valore, ed infine, con l’apposizione dell’emblema cittadino, a garanzia del peso e del materiale di cui sono fatti, assumeranno la figura di moneta.

Perché è importante la testimonianza di Esiodo? Egli, pur attestando una fase arcaica del commercio greco, se da un lato sembra esemplificare il processo economico nella sua forma più elementare, dall’altra sembra dilatare il fenomeno, conservando sempre i suoi caratteri peculiari di originalità e di autenticità, introducendo sfumature nuove come la tendenza alla tesaurizzazione e all’accumulazione, ma riconoscendo anche il concetto dell’utilità dello scambio che rimane un principio vitale per tutte le società di ogni tempo.

Tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo,in una data che si può con una certa approssimazione fissare attorno al 700 a. C.,si assiste ad una trasformazione socio-economica e politica della madrepatria greca che porterà con sé numerosi fattori di innovazione. Attorno proprio alla metà dell’VIII sec. a.C. ha inizio il secondo periodo dell’espansione greca nel Mediterraneo, espansione che non rappresenta più il movimento di intere popolazioni, come nel caso della migrazione dorica, ma appare come la prima e grande innovazione nella vita e

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nell’organizzazione sociale ed economica degli stati greci50

. Questa nuova ondata di espansione greca è condotta dalle più ampie fasce del popolo greco, dalla nobiltà ai nullatenenti, ai contadini e, se uno dei tratti specifici della struttura e della dinamica socioeconomica della Grecia arcaica era il conservatorismo, la mentalità acquisitiva, tesaurizzatrice, che recava in sé una certa diffidenza verso l’esterno, con la conseguente prudenza nello scambio, questa nuova ondata colonizzatrice verso ovest, Italia e Sicilia,e verso est,Ponto Eusino ed Egeo Settentrionale,esprime orientamenti “centrifughi”, iniziative verso l’esterno, espressioni di un nuovo modo di sentire la vita, al quale i confini della madrepatria erano diventati ormai troppo stretti.

Le colonie di popolamento dell’VIII – VII sec. nascono per lo più come colonie di popolamento, possiedono tutte una χώρα, sono attente alla loro difesa e al loro ampliamento, mostrano di avere importato dalla madrepatria e di avere adottato alcune strutture e tendenze economiche fondamentali ma le dimensioni sono molto vaste ed è innegabile che proprio l’introduzione della dimensione del “grande spazio” nei rapporti intra-greci conferisca anche una nuova dimensione e una nuova tensione al processo commerciale. Corinto, ad esempio, conserva rapporti commerciali con le colonie fondate durante l’età dei tiranni, dopo la metà del VII secolo, ed è naturale che tale potere si fondi e sussista laddove l’economia della madrepatria è fortemente improntata al commercio: i rapporti commerciali, per la loro continuità ed intensità, e per la loro dimensione aerale e per la molteplicità di territori su cui si sviluppano, sboccano naturalmente in una frequenza di contatti e di rapporti, talvolta anche in vere e proprie forme di controllo politico – amministrativo51. L’oligarchia dei Bacchiadi, che dominò la città

50 D. Musti,L’economia in Grecia, Bari Laterza, 1981, pag. 47 seg. 51

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di Corinto per circa due secoli fino al suo abbattimento intorno al 657 a.C., era cointeressata al commercio, sicuramente per l’esazione dei diritti di transito attraverso l’istmo che collega il Peloponneso alla Grecia centrale ed orientale, mentre meno certa risulta essere la partecipazione più o meno diretta dei suoi membri o di loro intermediari a vere e proprie operazioni, viaggi, imprese commerciali, sia a fini di acquisizione e di importazione, sia per smerciare i prodotti dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’artigianato52

. Strabone53 parla della ricchezza che Corinto deve al suo ruolo di empòrion, in quanto piazza di transito e di scambio fra merci d’Asia e d’Italia. Una volta che questa nuova dimensione viene introdotta, anche se fondamentalmente rimaneva il rapporto e lo scambio tra madrepatria e colonia, si veniva necessariamente delineando un’intera area commerciale che risultava non solo estesa ma anche animata da una tensione tra più punti nell’area medesima e, siccome tali punti erano raggiungibili grazie a itinerari che toccavano anche centri diversi dalle colonie della città esportatrice, era naturale pensare a smerciare i prodotti anche altrove. In questo modo si creava una fitta rete di scambi commerciali che non seguivano più una sola direzione ma più direzioni, creando una vera e propria rete di traffici. Per le rotte mercantili che si vanno intrecciando, alcune colonie fungono da filtro di correnti commerciali dell’asse Occidente – Oriente e viceversa.

Mentre alla colonizzazione dell’Occidente parteciparono Greci di tutte le stirpi, la colonizzazione delle coste del Mar Nero fu opera di una sola città, Mileto, i cui

52 D.Musti,L’economia in Grecia, Bari, Laterza, pag. 51 seg. 53

Strabone , Geogr., VIII 6, 20 ,C. 378: “….I bacchiadi vi esercitarono la loro tirannide; erano ricchi, numerosi e illustri per il loro lignaggio; tennero il potere per circa duecento anni,traendo profitto dall’empòrion senza preoccupazione alcuna..”. Anche da alcune testimonianze archeologiche ci sono dati secondo i quali sarebbe assai certa una partecipazione corinzia agli scambi commerciali soprattutto per quanto concerne i prodotti derivanti dall’artigianato, quindi si può pensare che l’aristocrazia dei Bacchiadi fosse , nei riguardi del commercio, in rapporto di “signoria” che cioè traesse profitti da quello che era il commercio di transito mentre la partecipazione attiva alla produzione artigianale e agli scambi particolari fosse di competenza degli strati meno elevati della popolazione corinzia.

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abitanti fondarono oltre novanta colonie tra il Ponto e la Propontide, animati non solo dal desiderio di trovare nuove terre coltivabili, ma spinti anche da considerazioni di natura commerciale perché, arrivare in questa regione e fondare colonie, significava aprirsi l’accesso al ricco entroterra russo-meridionale, collegato attraverso le vie dei traffici sia con la costa baltica dell’ambra sia con l’Asia interna, e creare un collegamento con il Caucaso ricco di miniere. Come la Propontide, anche le zone alla foce dei grandi fiumi russi meridionali erano note per la ricchezza del pesce mentre l’entroterra era ricco di cereali, nonché di lino, lana, e molto richiesti erano anche gli schiavi sciti che, su navi milesie, trovavano la via verso al Ionia54.

Fin dall’inizio della migrazione, al desiderio di nuove terre vennero unendosi altre considerazioni di carattere commerciale e importanti, in questo senso, furono non solo i grossi progressi della nautica, con la costruzione di navi sempre più grandi e capaci, ma anche le sempre più approfondite conoscenze geografiche del mondo occidentale fornite dai navigatori greci. Il movimento coloniale prende inizio prima della scoperta della moneta e agisce con scambi diretti o con strumenti economici pre-monetali per poi continuare, dopo le coniazioni, con sempre maggiore intensità , risultando essere la moneta l’effetto di un processo che ha i suoi esordi con una natura di tipo acquisitiva, finalizzata ad esigenze di sussistenza, per poi mutarsi in una attività che consente anche lo scambio di prodotti agricoli o di prodotti artigianali eccedenti il fabbisogno locale55.

- La tirannide

Tra il VII e il VI sec. a. C., se da un lato la fondazione di colonie contribuì ad attenuare le tensioni di natura economica, sul piano politico si affacciarono diverse

54 A.Mele, Il commercio greco-arcaico.Prexis ed emporie, Napoli, 1979, pag. 65 seg. 55

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soluzioni e, in generale, il potere dei nobili venne ridimensionato in quanto si verificò una progressiva sostituzione di governi aristocratici con governi di tiranni che finirono per avvantaggiare sia la massa dei poveri ma anche i ceti medi di commercianti e artigiani.56 L’origine della tirannide può essere considerata come l’espressione di una certa crisi dell’assetto della proprietà agraria aristocratica e delle relative forme politico-militari ma allo stesso tempo si può cogliere la varietà delle basi economiche che costituiscono la sua ossatura: ad esempio la tirannide dei Cipselidi coincide con una grande espansione commerciale di Corinto, e anche la politica di Pisistrato ad Atene può essere considerata di incoraggiamento alla piccola proprietà terriera, collegata pertanto ad una base agraria, ma indirizzata a promuovere contemporaneamente le attività commerciali ateniesi. La tirannide dunque non è intesa semplicemente come espressione della classe media contadina né come quella dell’economia monetaria, bensì come un tentativo di aggregare intorno a se i piccoli proprietari terrieri, i più modesti fra gli

autourgoì e gli strati più indigenti della popolazione cittadina, gli artigiani e i

mercanti, e persino anche parte dell’aristocrazia. La tirannide si delinea dunque come il risultato della crisi di una struttura economica, basata sui processi di tesaurizzazione e di accumulazione, e quindi sulla prevalenza della grande proprietà terriera e dell’aristocrazia che ne era la principale proprietaria. Questo nuovo regime politico si delinea come espressione di più avanzati processi di circolazione, di scambio, di de tesaurizzazione, per quanto riguarda il piano economico, e di nuove forme di aggregazione e di una più mobile stratificazione sul piano sociale, quasi una reazione contro gli strati vecchi della società, immobili nei loro rapporti gerarchici57.

56 D.Musti,L’economia in Grecia, Bari,Laterza,1981, pag. 63 seg. 57

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Tra la metà del VI secolo a.C., all’incirca nel 700 a.C., si può collocare la nascita della moneta e, tra il VI e il V sec. a.C., cominciano a diffondersi le coniazioni d’oro e d’argento in città greche d’Asia tra cui ad esempio Cizico. Secondo la testimonianza di Erodoto58 furono i Lidi i primi coniatori di monete al mondo e sempre lo storico di Alicarnasso li definisce “ricchissimi d’argento”59 in contrapposizione a quei Greci del Peloponneso, cioè Messeni, Arcadi, Argivi, che non hanno “nulla di simile né all’oro né all’argento”. Nella sua opera Erodoto attribuisce loro la pratica della kapeleìa ossia del commercio al minuto, del mercato locale. Nonostante queste prime coniazioni di monete, lo scambio privato non sembra essere lo scopo primario, bensì un mezzo attraverso cui poter acquisire rifornimenti di scorte alimentari, di metalli, di armi, di materiali per costruire le navi, anche se il commerciante,o venditore o rivenditore di qualsiasi prodotto, avrà pure riutilizzato a sua volta il metallo coniato, ricevuto ad esempio da un monarca o da una polis , come pure avrà cercato di conservarlo, di tesaurizzarlo oppure di investirlo nell’acquisto di un bene da conservare nel tempo, principalmente della terra o una casa60. Una maggiore tesaurizzazione della moneta si ha nel momento in cui essa conosce una più ampia diffusione e questo solo quando la stessa circolazione assume, in un contesto economico generale, un’intensità maggiore.

- Lo sviluppo del VI sec. a.C.

L’economia monetaria conosce uno sviluppo particolare a cominciare dalla fine del VI secolo a.C., periodo questo che coincide con lo sviluppo, nel Mediterraneo, di una complessa economia “internazionale” di mercato, che implicava una notevole varietà di beni e di servizi.

58 Erodoto, Hist. I 94. 59 Erodoto, Hist. IV 49, 5-8. 60

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Al contrario di quanto accadeva in età arcaica, l’attività commerciale su vasta scala acquisisce lo stesso rilievo dello scambio di articoli di lusso. Si viene sempre più sviluppando un commercio regolare e vantaggioso che si svolgeva secondo percorsi ben precisi a partire dal Mar Nero e per tutto il Mediterraneo Occidentale. Esso riguardava materie prime, le derrate alimentari, soprattutto grano ma anche pesce secco e salato, metalli, legname, schiavi e anche manufatti come vasi e oggetti metallici. Viaggiare era facile, grazie anche ai grandi progressi fatti nella costruzione di navi, sempre più solide e in grado di affrontare tragitti sempre più lunghi, e uomini di riconosciuto talento si potevano muovere liberamente da una zona all’altra. L’economia greca fu allora più unitaria e più avanzata perché le vie commerciali del mondo greco avevano raggiunto un notevole grado di organizzazione ed i Greci avevano acquisito la ricchezza e la potenza militare sufficienti a migliorare il tenore di vita sociale61.

Questo sviluppo di fine VI secolo, pur segnalandosi come periodo di nuovi impulsi che percorrono e animano l’economia, la produzione artigianale e l’intera società e cultura greche, sembra piuttosto un ulteriore sviluppo di un processo iniziato già da tempo. Poteva accadere che uno stato si facesse garante nell’’assegnare il valore di una moneta ad un metallo,o altro materiale, di per sé privo di intrinseco valore o anche ad oggetti assunti solo convenzionalmente come moneta. Importante fu la progressiva sostituzione del canone in natura con un canone in moneta nelle operazioni economiche degli stati ma anche nei rapporti tra privati. Tutto ciò contribuì a far si che lo sviluppo dell’economia monetaria privata, forte di esperienze ed impulsi privati provenienti dalle classi aristocratiche e da quelle più ricche, avrà sicuramente interferito o interagito con il commercio, ne avrà facilitato ma anche stimolato ogni sua forma, compresa anche quella degli schiavi,

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arrivando a trattare costoro come un mero fenomeno economico, conforme alle leggi della domanda e dell’offerta, e assegnando loro un valore di scambio ben determinato, a tal punto da essere comperati e venduti al mercato, considerati come oggetti di investimento piuttosto che come parte integrata del sistema sociale62.

- Il regime democratico e lo sviluppo del V sec.a. C.

Passando ad analizzare il regime democratico, si deve parlare di Atene, città dell’Attica, presa come modello della democrazia, la cui evoluzione interna vede il passaggio, attraverso le riforme di Solone e l’esperienza della tirannide di Pisistrato prima e dei suoi figli poi,ad una forma di governo chiamata isonomia63 per poi approdare ad una costituzione che sarà chiamata “democrazia” vera e propria.

Nelle società aristocratiche si verificano delle forme di contenimento delle manifestazioni più appariscenti della ricchezza e delle differenze di ricchezza con il risultato della creazione, a livello ideologico, di termini quali eunomìa ed

isonomìa. Quest’ultimo, in particolare, registra uno sviluppo notevole con le

riforme democratiche di Clistene, nella città di Atene alla fine del VI sec. a.C., e viene largamente usato in ambito democratico, affiancato da altri termini come

isegorìa, parresìa cioè uguaglianza di parola e libertà di parola, evidenziando il

concetto della conservazione e della tutela dei diritti esistenti di proprietà, legalmente acquisiti, e facendo emergere, di contro, una realtà di disuguaglianza sociale, anche se nobilitata dall’uguaglianza formale del cittadino di fronte alla legge. Il concetto di isonomìa è da intendersi come un tentativo dell’ìsa nèmein ossia del dividere equamente,e, collegato alla parola nòmos che evoca l’idea di

62 D.Musti, L’economia in Grecia,Bari, Laterza, 1981, pag. 85 seg. 63

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uguaglianza di fronte alla legge, può intendersi come la reazione a condizioni diverse, siano esse sociali politiche o di altra natura; ad esempio si può pensare a società aristocratiche che volessero evitare una troppa marcata differenziazione economica al loro interno. Atene presenta la storia di uno stato aristocratico che, fino al VII secolo inoltrato, risulta coincidere con la storia di grandi famiglie nobiliari, nelle cui mani si trovava la quasi totalità delle terre coltivabili, possesso questo che consentiva loro un dominio incontrastato su tutta la vita economica. La grande massa della popolazione, composta da braccianti, i cosiddetti teti, e da quanti erano stati piccoli contadini, si trovava in uno stretto rapporto di dipendenza dai grandi e nobili proprietari terrieri, addirittura molti erano fortemente indebitati nei loro confronti fino a divenirne schiavi. A seguito delle Guerre Persiane, si aprì un periodo favorevole a Temistocle che mirava alla costituzione di una flotta, in apparenza per motivi politici di natura difensiva, in particolare di navi granarie, ma con l’aggiunta di considerazioni di carattere economico e, di fatto, con la costruzione della flotta divenne inscindibile la ristrutturazione politica dello stato ateniese. Per equipaggiare le nuove navi si sarebbe fatto ricorso alla vasta classe del quarto stato,i teti, che avrebbero dovuto prestare regolare servizio sotto le armi, condizione questa che li avrebbe fatti avvicinare sempre più a vedersi riconosciuta la piena cittadinanza. Per il finanziamento della flotta e del programma navale si ricorse, su proposta di Temistocle, alle rendite delle miniere statali d’argento del Laurion; inoltre, per l’armamento delle navi, i cittadini greci avrebbero dovuto contribuire personalmente. Con la costruzione di questa flotta il potenziale bellico di Atene fu notevolmente ingrandito e, di fatto, Atene divenne così la prima potenza navale della madrepatria greca, superando ampiamente le rivali Egina e Corinto. La costituzione di questa potente flotta gettò anche la basi per avviare quella che sarà l’egemonia di Atene sul mare e, con la nascita della

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