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L'offerta e il mercato dell'abbigliamento sostenibile in Italia.

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE.

1.1. Perché affrontare il tema dell’abbigliamento sostenibile?

Abbinare la moda e, in particolare, l’abbigliamento al concetto di sostenibilità può apparire un paradosso. Ciò che oggi va di moda, non è ciò che lo era ieri o che lo sarà domani. La moda è in continuo cambiamento, rappresentando perfettamente l’idea di spreco. Pertanto l’unione del concetto di sostenibilità, che comporta risparmio delle risorse e riutilizzo dei capi di abbigliamento, a quello di moda, quale consumo sfrenato e capriccioso di capi di abbigliamento e accessori, può sembrare un tentativo di privarla del suo senso originario.

In realtà la moda, nasce dal bisogno materiale dell’uomo di coprirsi, per proteggere il proprio corpo dalle intemperie e assume, nel corso della storia, una serie di funzioni immateriali, semantiche e culturali. Diventa apparenza e appartenenza sociale, distinzione attraverso, ad esempio, il fenomeno dell’anti-moda, espressione della propria personalità e immagine di sé, seguendo i ritmi degli sviluppi della società e facendosi specchio delle tendenze culturali che la animano.

E’ in quest’ottica che la moda può ricongiungersi al concetto di sostenibilità, divenendo in sostanza il riflesso di una trasformazione economica, sociale e culturale, che da qualche anno, sta avvenendo a livello mondiale. Gli sconvolgimenti climatici, gli effetti della recente crisi economico-finanziaria il mutamento degli assetti economico-politici mondiali, hanno messo sotto inchiesta la correttezza e la possibilità stessa di continuare ad adottare un modello capitalista, caratterizzato da consumismo sfrenato e dall’utilizzo poco razionale delle risorse disponibili, ma limitate.

La sostenibilità si sta facendo progressivamente strada nel mondo della produzione, cosi come in quello del consumo, rendendo sempre più importante il legame tra l’attività economico-finanziaria e il rispetto di un’etica comune. Si parla, quindi, di banca etica, di tracciabilità e genuinità dei prodotti alimentari, di energia rinnovabile e di trasporti a minor impatto ambientale. In questo contesto, anche la moda sta iniziando timidamente a mostrare qualche tentativo nella stessa direzione: nascono nuovi movimenti, che promuovono una diversa filosofia di produzione e consumo dell’abito, sempre più spesso all’interno delle fiere del settore prende spazio il tema della sostenibilità e i modelli di consumo stanno lentamente modificandosi.

Studiare i cambiamenti che avvengono nel mondo della moda, analizzandone le dinamiche e i trends, in quest’ottica, è un po’ come cercare di inquadrare un fenomeno più ampio che riguarda il contesto economico sociale nel suo complesso. D’altra parte il rapporto tra le trasformazioni della moda e i

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cambiamenti economico-sociali, è stato messo in evidenza anche dalla teoria dell’economista James Taylor, la quale sosteneva l’esistenza di un preciso rapporto tra l’andamento dell’economia occidentale e la lunghezza degli abiti femminili.

Affrontare il tema dell’abbigliamento sostenibile, delineando il quadro del suo stato attuale nel settore e nel mercato italiano e prevedendone i trends futuri, significa sostanzialmente chiedersi, se la sobrietà e la giusta misura legati al concetto di sostenibilità possano essere modelli di consumo che continueranno a diffondersi e ad essere adottati anche quando si comincerà a percepire una nuova ripresa economica; oppure se il fenomeno rimarrà relegato a un periodo di scarsità e di sfiducia, che -non appena conclusosi- lascerà di nuovo il passo alla moda usa e getta.

1.2. Obiettivi del lavoro.

Il presente progetto di ricerca nasce nel luglio del 2014, quando insieme alla mia collega e cara amica Bianca Bacchioni, ho avviato una collaborazione con l’associazione Greenfarm Movement, con l’obiettivo di lanciare una nuova linea di capi di abbigliamento sostenibili nel mercato italiano. Avremmo pertanto dovuto compiere una pianificazione di marketing strategico e operativo, definendo la segmentazione e il target di riferimento, analizzando l’ambiente competitivo e scegliendo infine un posizionamento, che si sarebbe tradotto in specifiche decisioni relative al marketing mix (prodotto, prezzo, comunicazione e distribuzione).

L’idea di partenza prevedeva l’avvio di un progetto di cooperazione con alcune comunità di donne indiane, che avrebbero contribuito alla realizzazione di un prodotto moda sostenibile ed evergreen. La produzione sarebbe avvenuta nella zona di Bangalore, favorendo l’indipendenza delle donne indiane e sottraendole dal lavoro nelle miniere, il quale causa loro gravi problemi di salute. Si intendeva realizzare un prodotto, che utilizzasse tessuti, a basso impatto ambientale, provenienti dall’India, ma che si distinguesse per uno stile occidentale, non etnico, da indossare per tutte le occasioni. Lo sviluppo del progetto si basava sulla collaborazione tra l’Associazione GreenFarm di Bologna, che aveva i contatti con le comunità locali in India, il centro moda di Trento, che avrebbe realizzato i bozzetti, il nostro “reparto marketing” e la consulente moda, da noi scelta, Marina Cattaneo.

Abbiamo condotto degli incontri settimanali via Skype, nei quali avvenivano gli aggiornamenti sullo stato dei lavori e la pianificazione delle future fasi di realizzazione, sino ad arrivare alla scelta definitiva

Fig.1.Errore. Nel documento non esiste testo dello stile

specificato..1. Esempio di due bozzetti

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dei modelli di abiti da realizzare (v. Fig.1.0.1. Esempio di due bozzet). Il progetto, però, è stato definitivamente chiuso ad aprile 2015. Non sono stati, infatti, forniti gli adeguati finanziamenti già richiesti dall’Associazione, che si è al contempo resa conto della complessità di entrare in un settore completamente nuovo rispetto a quelli nei quali già operavano, senza possedere le necessarie conoscenze manageriali.

Nonostante la conclusione della collaborazione con l’Associazione, il progetto, che era ormai iniziato da oltre otto mesi, è stato portato avanti, in qualità di ricerca indipendente, avendo coltivato nel frattempo un sempre maggior interesse per l’argomento. Inoltre, la sostenibilità nella moda, in tutta la sua complessità è apparso come un fenomeno in un certo senso “rivoluzionario”, attuale e ricco di potenzialità in un probabile futuro, rendendolo molto affascinante come oggetto di studio.

Le fasi di lavoro sono state, quindi, riassestate su nuovi obiettivi, più generali, quali:

- L’analisi del settore dell’abbigliamento sostenibile, focalizzandosi sulla quantità e qualità della sostenibilità praticata dalle aziende;

- L’analisi del mercato e dei fattori alla base dell’acquisto, del consumo e dello smaltimento di abbigliamento sostenibile, con particolare attenzione alle pratiche adottate e all’impegno predisposto dai consumatori in questo genere di acquisti;

- La previsione dei trend futuri per quanto riguarda la domanda e l’offerta di abbigliamento sostenibile e, in particolare, l’eventualità di una diffusione del fenomeno nel mercato di massa.

1.3. Approccio metodologico utilizzato.

La realizzazione del progetto si è svolta attraverso quattro principali fasi metodologiche:

- La ricerca bibliografica la sua sintesi e indicizzazione, per l’elaborazione delle informazioni contenute nel capitolo 2 e 3 della presente trattazione.

- L’utilizzo di internet per la ricerca delle informazioni necessarie sulle aziende, sui consumatori e sulle dinamiche del mercato;

- La somministrazione di due questionari auto-compilati e strutturati, sia ai consumatori, che ai blogger e alle aziende;

- L’elaborazione dei risultati e le conclusioni.

Per la ricerca bibliografica, insieme a Bianca Bacchioni, abbiamo utilizzato le banche dati, messe a diposizione dal sistema bibliotecario di Ateneo, ricercando gli articoli per parole chiave e in base ad una scaletta di argomenti, che volevamo affrontare nel lavoro. Sono risultati più di 100 articoli, di cui più della metà in inglese, che in seguito ad una lettura sono stati da me sintetizzati e ordinati in cartelle, in base a un indice di argomenti.

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All’emerografia è stato integrato un approccio di studio basato sulle ricerche in internet di aziende, articoli di riviste, blog e forum di consumatori. Attraverso il web abbiamo potuto contestualizzare meglio le varie tematiche presenti del complesso mondo della sostenibilità. E’ infatti un argomento multidisciplinare, che per essere meglio compreso avrebbe avuto bisogno di una consulenza da altri esperti del settore: oltre a quello della moda, sarebbero servite maggiori conoscenze in particolare legate alla chimica, all’economia ecologica e alla relativa giurisprudenza. In questo contesto, il web è stata una finestra aperta sulla possibilità di integrare il nostro “know-how”, con quello di altri esperti, in modo pratico e veloce.

I motori di ricerca di Google sono stati anche indispensabili per avere una prima idea sul settore e sul mercato, fornendoci i primi nomi delle aziende “sostenibili”, che vendono in Italia e permettendoci di analizzarne i relativi marketing mix, attraverso lo studio degli argomenti trattati sul sito internet. La partecipazione diretta alla fiera di Milano “Fair and Ethical Fashion Show”, ha invece consentito una prima contestualizzazione sul campo, riportando in evidenza tutti i vantaggi e le problematiche ricollegate al settore dell’abbigliamento sostenibile. L’evento si è svolto a fine maggio, coinvolgendo circa una ventina di aziende, di cui circa la metà straniere, che si sono riunite negli spazi dell’ex-Ansaldo, promuovendo una manifestazione contestuale, ma al tempo stesso distinta, dall’Expo. L’indagine vera e propria è stata somministrata on-line attraverso la realizzazione e somministrazione di due questionari: uno rivolto alle aziende ed ai blogger teso a evidenziare le dinamiche e i trends del settore; e uno rivolto ai consumatori, per comprendere meglio gli atteggiamenti e i comportamenti nell’acquisto e nel consumo dell’abbigliamento sostenibile. La fase di strutturazione dei questionari è iniziata a fine maggio 2015 e l’indagine è stata avviata a partire dalla seconda metà del mese di agosto 2015, dopo il test del questionario, che è stato svolto alla World Fair Trade Week di Milano e ad un campione di volontari attraverso le pagine dei social network.

Per la realizzazione dei questionari on-line è stata utilizzata la piattaforma LimeSurvey, che permetteva di gestire l’e-mailing attraverso una procedura di gestione degli accessi, basata su identificativi, oppure di pubblicare il link al questionario sulle pagine dei social network o di un sito internet. Le opzioni di LimeSurvey hanno consentito la realizzazione di un questionario esteticamente abbastanza piacevole, con il quale si potevano raccogliere i dati e inserirli in un data-set, in modo automatico e veloce. Inoltre, l’invio delle mail automatizzato ha permesso un più veloce raggiungimento dei destinatari, inviando circa 500 questionari in pochi click.

L’elaborazione dei risultati e l’output dei grafici è stato, invece, realizzato mediante Excel e l’utilizzo delle tabelle pivot.

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1.4. Breve riassunto dei contenuti.

La ricerca bibliografica ha posto le basi per il delinearsi di un primo scenario inziale sull’offerta e il mercato dell’abbigliamento sostenibile in Italia, partendo dai dati relativi alla struttura, alle dinamiche ed ai trend del settore moda in generale e del consumatore, sino al panorama, più specifico e dettagliato del contesto nazionale. L’abbigliamento sostenibile è, infatti, uno specifico aspetto, che per essere compreso deve esser contestualizzato in uno scenario più ampio, il quale ha coinvolto: - La situazione economico-strutturale del sistema moda in Italia e un raffronto con la situazione

europea e internazionale, con particolare riferimento alla definizione dei nuovi modelli di business, alla delocalizzazione e alla digitalizzazione;

- Un quadro del consumatore di moda, tratto dai diversi studi a livello internazionale, che è stato poi confrontato con gli atteggiamento e i comportamenti degli italiani, che emergono dai diversi studi e articoli di diffusione;

- Le informazioni relative all’origine, allo sviluppo e ai limiti ad oggi riscontrabili nel concetto di sostenibilità e nella sua pratica applicazione, sia a livello aziendale, che dal punto di vista delle persone, che acquistano, consumano e smaltiscono i capi di abbigliamento.

La recente crisi economico-finanziaria sembra, infatti, aver contribuito ad uno slancio determinante per l’affermazione (sempre più concreta) del concetto di sostenibilità all’interno dell’organizzazione aziendale, ma anche nella mentalità di un consumatore “nuovo”. Ciò ha determinato l’accelerazione degli sviluppi in ambito sostenibile, che si erano già registrati a partire dagli anni sessanta ed ha portato, da un lato, alla necessità delle imprese di confrontarsi con i cambiamenti avvenuti a livello mondiale e locale e, dall’altro, all’emergere per il consumatore di una nuova necessità di confrontarsi con la scarsità delle risorse proprie e del pianeta.

Il sistema moda italiano, caratterizzato da una fitta rete di piccole e micro imprese, e riconosciuto come eccellenza a livello internazionale, ha infatti cercato di cavalcare gli effetti della crisi, come la riduzione della redditività e l’affacciarsi sullo scenario competitivo mondiale di nuovi paesi emergenti (primo tra tutti la Cina), delocalizzando le proprie produzioni e andando alla ricerca di nuovi modelli di business. Tali cambiamenti hanno richiesto nuove strategie e assetti organizzativi per la conquista di un vantaggio competitivo, basato sulla digitalizzazione, sulla differenziazione della propria offerta, sull’immagine del brand e, in particolare, sull’adozione di una nuova mentalità di fare impresa in modo più etico e sostenibile.

Questa nuova sensibilità è emersa non solo a causa dei molteplici scandali sul cattivo comportamento delle imprese, di cui la tragedia del Rana Plaza del 2013 ne costituisce l’esempio determinante, ma anche grazie ad un consumatore, che assume un ruolo più attivo nel sistema economico e compartecipa alla produzione, esprimendo giudizi e condanne sull’attività delle imprese attraverso i

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propri atti di acquisto e consumo. In senso più generale, sembra che ad essere stato messo in dubbio sia il nostro modello capitalistico, caratterizzato dal consumismo sfrenato e da un’ottica di breve termine nell’utilizzo delle risorse del pianeta.

Internet con la sua velocità nella diffusione delle informazioni e la capacità di poter aggregare, in breve tempo, persone residenti in diverse parti del mondo, sembra giocare un ruolo da protagonista all’interno del caos dei mutamenti. Il consumatore si informa sempre più attraverso la rete e trae da essa ispirazione, potendosi confrontare con una moltitudine di modelli ed esperienze provenienti da ogni parte del globo. Anche in Italia si registra una sempre maggior influenza del web, che si sta estendendo anche a fasce di consumatori non più giovanissimi. Si utilizzano i social network e l’e-commerce e, anche se il nostro paese risulta qualche passo indietro rispetto ad altri paesi europei, dimostra di dirigersi verso una maggiore digitalizzazione non solo della conoscenza, ma anche delle pratiche di acquisto.

Ciò che viene spontaneo chiedersi è se la tendenza sia strettamente legata agli sconvolgimenti internazionali recenti e, dunque, destinata a concludersi nel momento in cui si ravviseranno segnali di ricrescita economica, oppure se siano stati esclusivamente il propulsore di una trasformazione in atto da decenni. Un dato di fatto è che le risorse disponibili siano limitate e che i ritmi capitalistici e di consumo sfrenato non possono esser sostenuti ancora a lungo. Gli sconvolgimenti climatici, le asimmetrie nel benessere sociale dei diversi paesi del mondo, sembrano sempre più vicini alla quotidianità di tutti noi, probabilmente anche grazie ai nuovi strumenti di comunicazione digitale. Quello che ne deriva è una nuova consapevolezza, accompagnata però dalle criticità e dalle incertezza di nuove strade, che appaiono necessarie da intraprendere, ma che al tempo stesso non risultano ancora così chiare. Il fermento si percepisce, dalla complessità e dalla varietà dei modelli adottati nell’ottica di una maggiore sostenibilità di impresa e di consumo. Le pratiche, che si riconducono all’etica sono numerose e, spesso, è difficile tracciare i confini su ciò che vada incluso o escluso dal concetto di “sostenibile”.

Attraverso i risultati dell’indagine quantitativa, si sono esplorate le dinamiche che stanno prendendo piede in risposta alle nuove esigenze, manifestatesi nel sistema economico. Analizzando il comparto e il mercato dell’abbigliamento è stato, in altre parole, possibile delineare un quadro degli atteggiamenti e dei comportamenti relativi alla sostenibilità, che si stanno consolidando a livello nazionale. Il quadro, che ne emerge risulta frammentato, confermandoci il clima di cambiamenti che stiamo affrontando.

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1.5. Ringraziamenti.

Per avermi coinvolto nel progetto, permettendomi di lavorare a un tema quanto mai attuale e affascinante, ringrazio l’associazione GreenFarm Movement. Un grazie anche a tutti coloro che hanno permesso il proseguimento di questo percorso, fornendo il proprio supporto esperienziale e professionale: al professore Riccardo. Lanzara, sempre disponibile e presente; alla consulente di moda Marina Cattaneo, che ci ha introdotto gli aspetti più tecnici di un settore, che fino ad oggi avevo seguito poco e dall’esterno; a Giovanni Riccardi, che ha dedicato il suo tempo e le sue capacità, per supportare la parte empirica e statistica del progetto; a Federica Nieri, che lavorando a una tesi di dottorato sulla responsabilità sociale delle imprese, ci ha indirizzato nell’individuazione dei parametri chiave per la realizzazione di un indice di equo-solidarietà; a Bianca Bacchioni, che oltre ad un’amica, è la compagna con la quale ho condiviso gran parte di questa avventura.

Grazie alla mia famiglia, che mi ha sostenuto nella scelta di riprendere gli studi, dopo anni di lavoro, e agli amici, che ho incontrato e mi hanno accompagnata in questo percorso: a Dario Morra, che è un amico, ma anche il principale punto di riferimento per risolvere le mie difficoltà in statistica; ad Elena Dell’Amico, a Martina Campani ed a Eleonora Siconolfi, che con le quali ho condiviso molti momenti di studio e di svago, rendendo semplicemente più bella l’esperienza universitaria; a tutti gli altri amici e conoscenti, con i quali ho condiviso la mia vita a Pisa; ai vecchi amici di sempre, come Anwar Fenaoui, Andrea Capovani, Gionata Bianchini, Ilena Maremmani, Adele Lapi, Veronica Tronci, Ketti Rosini, Endia Corso, Adnan Thar, e molti altri che non nomino per ovvi motivi di tempo, ma che mi hanno aiutata, emotivamente e nella pratica, al raggiungimento dei miei obiettivi personali e professionali, restando per tutto questo tempo validi punti di riferimento nella mia vita.

A tutte quelle persone, che mi hanno dimostrato interesse e si sono rese disponibili a contribuire attivamente alla diffusione e realizzazione dell’indagine empirica, come Chiara Bardi responsabile del negozio di abbigliamento Kyaré, Daniele Mocchi ricercatore presso l’istituto Studi e Ricerche di Carrara e tutte le persone che hanno partecipato all’intervista qualitativa, in particolare Claudia Luccini e Par.co Denim di Milano.

Ultimo, ma non meno importante, un ringraziamento speciale ad Andrea Ratti, che ho potuto conoscere anche grazie all’Università e che mi è stato accanto in ogni singolo momento.

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