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Academic year: 2021

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Editoriale

3 Cross Vol.6 N°2 (2020) - DOI: http://dx.doi.org/10.13130/cross-14081

QUESTO NUMERO

Si apre verso orizzonti nuovi il dibattito sul rapporto tra donna e mafia, sulla condizione femminile nei contesti dominati dalle organizzazioni mafiose. E dalle donne giungono domande di libertà, non solo comportamenti conformi e sottomessi. Domande diverse ma sempre portatrici di scelte coraggiose. È a questo nuovo scenario che viene dedicata la prima parte di questo nuovo numero della Rivista. Che viene aperto nella sezione “Dibattito” da un intervento speciale. Opera non di un accademico ma di un protagonista sociale che agli accademici ha fornito idee e soprattutto molto materiale su cui lavorare ed esercitare la propria intelligenza delle cose. “La spada di Giuditta” è un’immagine che don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e del Gruppo Abele, ho proposto in un seminario nazionale di Libera a Ciampino nel luglio del 2019, e ha poi eletto a chiave di volta dell’appassionato intervento tenuto alla Summer School di Scienze Politiche a Milano sul tema “Mafia e Donna”. Giuditta che difende la propria città, Betulia, dal conquistatore rappresenta l’universo femminile che si ribella a ogni disegno di dominio, e per questo è chiamata a simboleggiare la donna che inizia un nuovo, difficile viaggio di liberazione anche in terra di Calabria, considerata tra tutte le regioni la più tetragona al cambiamento.

La riflessione di don Ciotti viene seguita e per alcuni aspetti incorniciata sul piano teorico (sezione “Discipline”) dal contributo di Ombretta Ingrascì, che al rapporto tra donna e mafia ha dedicato scritti importanti. L’autrice affronta il concetto di vulnerabilità in una prospettiva avanzata negli ultimi anni nella letteratura femminista, orientata a cogliere in questo tratto dell’identità femminile una possibile ragione di forza. È la forza della marginalità, dell’interstizio, come già d’altronde suggerito dalle letterature che si sono occupate di altre forme di innovazione culturale, dai movimenti sociali ai fenomeni di imprenditorialità. Con questo contributo la “Rivista”, che già è intervenuta più volte sul tema dei rapporti tra mafia e donna, arricchisce il proprio ruolo di stimolo teorico. Uno stimolo necessario. Perché se oggi le istituzioni politiche sembrano disporre di nuove

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consapevolezze, come dimostra il sostegno sempre più ampio dell’esperienza, qui richiamata, di “Liberi di scegliere” (che vede donne calabresi sottrarre a un destino di mafia i propri figli), si profilano purtuttavia, anche in questa stessa esperienza, le nuove possibili forme di paternalismo verso la donna adombrate dall’autrice. Nella sezione “Ricerca”, il terzo contributo giunge invece da Giovanni Balducci, giovanissimo autore di una importante e originale ricerca sul campo a Hong Kong, che ha ricostruito in profondità il ruolo svolto dalle Triadi locali per contrastare e reprimere il movimento detto “degli ombrelli”, promosso nel 2014 e nel 2019 dagli studenti universitari della ex colonia inglese, oggi regione amministrativa speciale, in nome della democrazia. Repressione verosimilmente attuata, secondo gli schemi più tipici, per conto delle autorità politiche locali e cinesi.

Su un argomento nuovo e sempre grazie a due giovani autrici, Ilaria Meli e Maria Cristina Montefusco, e sempre nella sezione “Ricerca”, si misura poi il quarto contributo, dedicato alla funzione crescente svolta dal teatro nel campo della educazione alla legalità. Ci si confronta qui con il concetto, ormai di largo uso in sede internazionale, di lawfulness education. Si tratta di un piano di intervento a cui le Nazioni Unite hanno iniziato a dedicare una speciale attenzione, in parallelo a quella ormai consolidata per la cooperazione giudiziaria e investigativa internazionale nella lotta al crimine organizzato. Le autrici propongono una comparazione fra tre tipologie di attività teatrali, praticate in contesti assai diversi e informate a modalità espressive e artistiche molto diverse: in centro America, in Senegal e in Italia. Infine la tradizionale sezione “Storia e memoria” viene riservata all’approfondimento di un autore che nel tempo è diventato un autentico riferimento (un must, direbbe qualcuno) degli studi storici sulla mafia: Leopoldo Franchetti. Non vengono presi qui in considerazione i suoi scritti sulla Sicilia, fortunatamente ormai piuttosto noti, ma quelli sugli Abruzzi e Molise del 1873, assai meno conosciuti e precedenti al suo lungo viaggio siciliano, che vengono rivisitati in una prospettiva storica generale da Loreto Di Nucci, docente di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Perugia.

Con l’augurio di una buona lettura, vada a tutti i lettori l’augurio di una buona estate. N.d.C

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