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Prima degli Acaia: Pinerolo e il suo territorio tra XI e XIII secolo

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Academic year: 2021

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L’immagine di Pinerolo nel medioevo è indissolubilmente legata a quella dei principi d’Acaia, il ramo dei Savoia che fece di questo borgo la propria capitale lungo il XIV secolo, segnandolo profondamente nelle sue architetture e nella sua urbanistica.1 Per quanto il dominio degli Acaia sia stato nel complesso breve (poco

più di un secolo), è indubbio che abbia attribuito a Pinerolo una centralità politica che non ha risconti nei periodi precedente e successivo.

Questa immagine rischia però di offuscare la pluralità di protagonisti e di articolazioni della società pinerolese, riducendo il borgo alla sola funzione di centro della corte degli Acaia. È quindi importante risalire ai secoli precedenti per vedere come il dominio principesco si sia andato a sovrapporre a un sistema di poteri che possiamo leggere – sia pure con qualche fatica, data la povertà delle fonti – a partire dal secolo XI. Il periodo compreso tra la metà dell’XI secolo (quanto abbiamo le prime notizie di Pinerolo) e la fine del XIII (quando si afferma il dominio degli Acaia) non deve essere letto come “preparazione” di quel che avvenne in seguito, ma nei suoi caratteri propri e nei suoi equilibri specifici, al cui interno il ruolo dei Savoia fu profondamente diverso da quello degli Acaia nel Trecento.

Il punto di partenza deve quindi essere la fondazione dell’abbazia di S. Maria di Pinerolo, e in specifico la serie delle donazioni in favore dell’abbazia da parte della contessa Adelaide, tra 1044 e 1078,2 che andarono a definire il nucleo centrale

del patrimonio monastico, concentrato sul villaggio di Pinerolo e su alcuni luoghi del circondario, in specifico nella bassa val Chisone, senza per questo andare a costituire in alcun modo un controllo omogeneo sul territorio che attualmente definiamo “Pinerolese”.

1 Per un quadro complessivo del potere degli Acaia, v: Storia di Torino, II, Il basso medioevo e la

prima età moderna (1280-1536), a c. di r. comba, Torino 1997; P. buffo, La documentazione dei

principi di Savoia-Acaia. Prassi e fisionomia di una burocrazia notarile in costruzione, Torino 2017.

2 Cartario di Pinerolo fino all’anno 1300, a c. di f. gabotto, Pinerolo 1899 (Biblioteca della Società

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abbazie di Caramagna o di Susa significava porre la propria anima sotto la protezione delle sante preghiere dei monaci, ma anche rendere omaggio ai fondatori.3 Ma non

lontano da Pinerolo, a Cavour, l’abbazia di S. Maria nacque all’interno di un progetto politico concorrenziale e ostile nei confronti degli Arduinici: il testamento del vescovo Landolfo di Torino, nel 1037, ci mostra bene come la sua scelta di fondare l’abbazia di Cavour si collocasse in un’ampia e ambiziosa azione politica tendente a porre il potere vescovile come alternativo a un potere marchionale che in quegli anni si trovava ad affrontare una profonda crisi dinastica, legata soprattutto alla morte senza figli maschi del marchese Olderico.4 Il progetto vescovile fallì, e fino

al 1091 la marca di Torino rimase stabilmente nelle mani della contessa Adelaide, figlia di Olderico; ma la fondazione di S. Maria di Cavour ci mostra nel modo più chiaro come il territorio del Pinerolese fosse organizzato attorno a diverse polarità: i monasteri di Pinerolo e di Cavour, i signori di Luserna e di Piossasco,5 costituirono

tra XI e XII secolo altrettante polarità forti del territorio.

Questa pluralità di poteri rimase un dato costante in tutto il periodo di cui discuto qui, e non fu cancellata dalla progressiva affermazione dei Savoia. Se infatti ci spostiamo due secoli più tardi, nei decenni che precedono la costituzione del principato degli Acaia, ci troviamo di fronte a una ricca e complessa dinamica politica. Signori di Piossasco, signori di Luserna, conti di Albon… molti poteri erano radicati e attivi nel Pinerolese; ma anche se ci concentriamo sul borgo di Pinerolo, ci troviamo di fronte a una dinamica politica complessa, di cui erano attori i Savoia, gli abati e la comunità locale.6

A Pinerolo la signoria dell’abbazia di S. Maria conviveva infatti con una riconosciuta ma poco incisiva eminenza dei Savoia e con la crescita politica della comunità locale. Punto di partenza può essere la lite che nel 1218 oppose l’abate e il comune per questioni abbastanza specifiche, ovvero i doveri di alcuni

hospicia nei confronti del comune e l’obbligo dell’abbazia a pagare il quartum.

3 Per Caramagna l. proVero, Monasteri, chiese e poteri nel Saluzzese (secoli XI-XIII), in «Bollettino

storico-bibliografico subalpino», XCII (1994), pp. 399-404; per S. Giusto g. sergi, I confini del potere.

Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995, p. 132 sgg.; per le funzioni sociali dei monasteri

id., L’aristocrazia della preghiera. Politica e scelte religiose nel medioevo italiano, Roma 1994, pp. 3-29.

4 g. gandino, Contemplare l’ordine. Intellettuali e potenti dell’alto medioevo, Napoli 2004, 189-210. 5 a. barbero, Il dominio dei signori di Luserna sulla Val Pellice (secoli XI-XIII), in «Bollettino

storico-bibliografico subalpino», XCI (1993), pp. 657-690; g. morello, Dal “custos castri Plociasci” alla

consorteria signorile di Piossasco e Scalenghe (secolo XI-XIII), in «Bollettino storico-bibliografico

subalpino», LXXI (1973), pp. 5-87.

6 l. proVero, Le parole dei sudditi. Azioni e scritture della politica contadina nel Duecento, Spoleto

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Le deposizioni raccolte furono in linea di massima contrarie alle richieste dell’abate, ma la sentenza, sulla base soprattutto della donazione del 1078 della contessa Adelaide, affermò che Pinerolo era pieno allodio dell’abate, negando ogni legittimità alle richieste del comune e dichiarando che qualunque fosse stato l’uso locale, questo non poteva prevalere sul fondamentale quadro giuridico definito dalla donazione della contessa; una conferma di ciò era, secondo i giudici, la fedeltà giurata regolarmente all’abate da parte sia degli uomini di Pinerolo, sia dei consoli e podestà.7 La sentenza individuò quindi nella donazione di Adelaide un

quadro giuridico prevalente su qualunque concreta pratica politica, affermando un principio che sembra piuttosto lontano dalla realtà. Più che un giudizio, fu un atto di potere dell’abate, un’affermazione di principio destinata a certificare il potere abbaziale, fornirlo di una prova documentaria sulla cui base impostare il confronto con la comunità locale.

E la forza politica dell’abate e della comunità è mostrata in piena evidenza da due atti relativi ai suoi rapporti con i conti di Savoia. Nel 1235 - all’interno di un più ampio atto di pacificazione regionale - i Savoia e gli uomini di Pinerolo deliberarono di nominare 24 uomini (12 per parte), incaricandoli di dichiarare le norme che regolavano il rapporto tra principe e comunità, ma con l’imposizione di alcuni limiti a ciò che essi potevano dichiarare, a tutela dei diritti dell’abate di S. Maria.8

Nel 1244 una fase di aperto conflitto si concluse con un accordo di pace, redatto all’interno del monastero e fondato su un complesso sistema di mediazioni, ad opera sia dell’abate (rappresentato dal priore), sia di un gruppo di piccoli aristocratici, che nei giorni immediatamente successivi alla stipula del patto si accordarono per trarre il massimo beneficio dalla propria mediazione.9 Nel complesso gli atti

duecenteschi delineano una dinamica a tre protagonisti, l’abate, la comunità e i Savoia, senza che si possa riconoscere una chiara linea di tendenza verso una piena e indiscussa dominazione principesca.

Gli Acaia giunsero quindi a Pinerolo non come un potere dominante e pressoché assoluto, ma come un’egemonia regionale costretta a pesanti mediazioni con la società e i poteri locali. Il controllo di questa società e il coordinamento di questi poteri fu la sfida che gli Acaia dovettero affrontare nei decenni della loro dominazione su Pinerolo.

-Luigi Provero

7 Cartario di Pinerolo cit., pp. 108-116, docc. 84-85. 8 Cartario di Pinerolo cit., pp. 155 sgg., doc. 100. 9 Cartario di Pinerolo cit., pp. 175-179, docc. 108-109.

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