• Non ci sono risultati.

7. Anita Biagini, Marina Santoni e alunni V L, Donne e Scienza, da Ipazia

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "7. Anita Biagini, Marina Santoni e alunni V L, Donne e Scienza, da Ipazia"

Copied!
49
0
0

Testo completo

(1)

Donne e scienza:

da Ipazia a Sof’ja Kovalevskaja

Anita Biagini, Marina Santoni e alunni della classe V sez. L

Ascarelli Stefania Bafaro Martina Bombardone Giorgia Centrone Francesca De Simone Felice Di Domenico Gioia Gagliardi Claudia Giallatini Veronica Hanfy Laila Marcelli Maria Mattei Valentina Murgia Serena Necci Erica

Parravani Giulia Yoko Pietrobono Maria Grazia Presutti Ramona

(2)

 Samà Gianluca  Santori Sara  Scuto Andrea  Semeraro Francesca  Severino Jacqueline  Simeone Arianna  Taffara Marzia  Tresca Micaela

(3)

Ipazia (370- 415)

“Era una donna che divideva il mondo in due: quelli che guardavano a lei come a un faro luminoso e quelli che la consideravano un emissario dell’oscurità”

Introduzione storica : Alessandria nel IV secolo

Ad Alessandria, nel IV secolo, il pensiero scientifico si risollevò in parte grazie all’opera della scienziata più famosa prima di Marie Curie. Ultima scienziata pa-gana del mondo occidentale morì di morte violenta proprio negli ultimi anni dell’Impero romano. Poiché, nei mille anni che seguirono, matematica, astro-nomia e fisica non fecero grossi passi avanti, la sua opera diventò un simbolo della fine della scienza antica; a Ipazia seguirono soltanto le barbarie e il caos dei “secoli bui”. Quando Ipazia nacque, nel 370, la vita intellettuale di Alessan-dria attraversava una fase di pericolosa confusione. L’Impero romano si stava convertendo al cristianesimo e di solito gli zeloti vedevano nella matematica e nella scienza soltanto eresia. Non era certo un buon momento per diventare scienziati e filosofi. Il padre di Ipazia, Teone, era matematico e astronomo al Museo e controllò da vicino tutti gli aspetti dell’educazione della figlia.

Biografia

Ipazia nacque intorno al 370 d.C. ad Alessandria d’Egitto era figlia di Teone, ce-lebre matematico-astronomo del Museo ed autore di un importante

(4)

Commen-tario all’Almagesto di Tolomeo. Ipazia fu istruita dal padre nello studio

dell’astronomia e della geometria ma subì anche le influenze della scuola neo-platonica di Alessandria.

Ad Ipazia e a suo padre si devono le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto ed è anche noto il loro lavoro sul Sistema matematico di Tolomeo, un astronomo, matematico ed geografo alessandrino del II secolo.

Purtroppo su Ipazia non si sono dati sicuri perché non è rimasto alcuno scritto, ma solo la citazione di tre titoli di opere, però andate perdute: Commentario

all’Aritmetica di Diofanto, Commentario al Canone astronomico e Commenta-rio alle sezioni coniche d’Apollonio Pergeo; quest’ultima è considerata il suo

ca-polavoro. Come i suoi antenati greci, Ipazia era affascinata dalle sezioni coni-che, che furono poi dimenticate dagli scienziati fino all’inizio del XVI secolo, poi, tali sezioni furono di nuovo utilizzate per descrivere molti fenomeni naturali, quali quelli astronomici.

La scienziata si dedicò all’insegnamento delle scienze esatte (astronomia e ge-ometria) e alla filosofia, commentando Platone, Aristotele e i filosofi maggiori, ma s’interessò anche di meccanica e tecnologia.

Si tramanda che Ipazia avesse inventato l’astrolabio, il planisfero e l’idroscopio. L’astrolabio è un antico strumento astronomico tramite il quale è possibile lo-calizzare o predire la posizione di corpi celesti come il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle; serve anche per determinare l'ora locale conoscendo la longitudine, o viceversa. Il planisfero rappresenta la superficie terrestre, l’idroscopio è un ap-parecchio utilizzato per esplorare il fondo del mare, costituito da un tubo muni-to di un sistema di lenti.

Ipazia era molto più che una studiosa di matematica e astronomia era anche un’insegnante e una guida spirituale, una cultrice della filosofia neoplatonica, amata dai suoi discepoli. Il suo discepolo più illustre fu Sinesio di Cirene, filoso-fo neoplatonico, poeta e oratore, che divenne poi vescovo cristiano di Tolemai-de. La figura di Ipazia si può considerare come una gnostica che cercò di difen-dere la rinascita del platonismo contro il cristianesimo, infatti, dopo la sua mor-te Sinesio cercherà di fondere le dottrine gnostiche con quelle neoplatoniche, senza perdere di vista la fondamentale concezione platonica. Lo gnosticismo praticato da Ipazia è una tendenza religiosa che trae origine non dal cristiane-simo ma da varie religioni misteriche, dalle correnti magiche - astrologiche dell’oriente, dalle filosofie ellenistiche. Tale dottrina insiste sull’elemento cono-scitivo di pochi iniziati che pervengono alla salvezza attraverso la visione del

(5)

Di-vino, del Vero. Il neoplatonismo, invece, è un vasto movimento culturale che ha come propria caratteristica un forte ritorno al misticismo e una tendenza a giu-stificare per via razionale le verità religiose (in questo, il neoplatonismo si prefi-gura come forma di scolastica). Questo movimento filosofico riprende dal pla-tonismo il concetto di trascendenza, anche se il pensiero neoplatonico fu ulte-riormente contaminato dal pitagorismo, dall'aristotelismo e dalla dottrina stoi-ca. Il neoplatonismo è quindi la testimonianza del clima culturale e religioso a-lessandrino che influenzò il pensiero di molti filosofi e scienziati già dal II secolo d.C.

Ipazia insegnava come Socrate per le strade, non teneva il suo sapere per sé, né lo condivideva soltanto con i suoi allievi. Come Socrate, Ipazia vestiva il mantel-lo del fimantel-losofo e percorreva la città dispensando il suo sapere con grande libertà e generosità, per questo si conquistò grande considerazione fra i suoi concitta-dini insegnando ad Alessandria per più di vent’anni. Importante per la sua for-mazione culturale fu un viaggio compiuto ad Atene, dove si aggregò alla scuola teosofica di Plutarco. Ipazia vedeva nel cristianesimo soprattutto il fanatismo e la violenza, perché il vescovo Teofilo aveva fatto distruggere, oltre a vari mo-numenti della civiltà greca - orientale, anche il tempio di Serapide e l'annessa biblioteca. La scuola di Alessandria appartiene all’ultima grande corrente del neoplatonismo, nata tra la prima metà del V e la prima metà del VII secolo; questa forma di neoplatonismo poteva costituire un’alternativa valida al cri-stianesimo. I neoplatonici, infatti, ritenevano i cristiani nemici più accesi, per-ché mal consideravano l’acceso interesse del neoplatonismo per le questioni di carattere scientifico. Nel 412 il successore del vescovo Teofilo fu suo nipote Ci-rillo. Il cristianesimo, che cessò di essere perseguitato con l’editto di Costantino nel 313, diventando religione di stato con l’editto di Teodosio nel 380, iniziò a sua volta a perseguitare, bruciando templi greci e libri pagani. Cirillo, che mal sopportava la predicazione pagana di Ipazia, divenuta ad Alessandria la rappre-sentante più qualificata della filosofia ellenica, si convinse che l’ostacolo mag-giore al trionfo dell’ortodossia cristiana fosse proprio lei. Fu così che nel 415 un gruppo di fanatici cristiani, guidato da Pietro il Lettore, istigato dal vescovo Ci-rillo, tese un agguato alla filosofa mentre questa si avviava ad una delle sue consuete uscite cittadine: la folla la trascinò dalla carrozza portandola nella grande chiesa chiamata Caesarion, i partecipanti all’atto la spogliarono comple-tamente nuda e poi sfregiarono il suo corpo con delle tegole (o delle conchiglie affilate); fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo

(6)

chiamato Cinaron e là li bruciarono. Ipazia morì dunque martire del fanatismo cristiano. Dopo la sua morte i dotti alessandrini presero la via della fuga, se-gnando così il declino della grande città dei filosofi – scienziati, qual’era stata fino a quel momento Alessandria.

Esistono tre versioni, di cui due di parte cristiana, della morte di Ipazia:  Dalla Vita di Isidoro di Damascio, riprodotta nel Suda

“Accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristiane-simo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di ca-valli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c'era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare. Quando Ipazia uscì dalla sua casa, se-condo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commet-tendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d'origine. L'Imperatore si adirò, e l'avrebbe vendicata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l'Imperatore ritirò la punizione sopra la sua testa e la sua fami-glia tramite i suoi discendenti pagò il prezzo. La memoria di questi eventi anco-ra è vivida fanco-ra gli alessandrini”.

Dalla Historia Ecclesiastica di Socrate Scolastico

“Alcuni fanatici cristiani, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, tesero un'imboscata ad Ipazia mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesa-reum, dove la spogliarono completamente e poi l'assassinarono con delle tego-le. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono”.

Dalla Cronaca di Giovanni, vescovo cristiano di Nikiu

“Una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistra-to, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ri-cerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il pre-fetto con i suoi incantesimi. Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un'alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo

(7)

ac-cadde nei giorni del digiuno. Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attra-verso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città”.

Il poeta pagano Pallada dedicò un epigramma a Ipazia:

« Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e Alle tue parole, vedendo la casa astrale della vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza della parola, astro

incontaminato della sapiente cultura. »

E’ l’elogio più bello, e più significativo. Sta a indicare da un lato l’amore per l’astronomia, dall’altro la tensione filosofica. Ogni nuova mappa del cielo che lei tracciava era al tempo stesso un orientamento per la vita degli uomini qui sulla terra, una visione cosmica che non contemplava alcuna mediazione ecclesiasti-ca tra cielo e terra. In questo Ipazia si pone come erede di una sapienza anti-chissima, oltre che della migliore tradizione filosofica greca.

Le fonti concordano nel rilevare la disinvoltura di Ipazia a partecipare nelle riu-nioni con filosofi che, all'epoca, erano frequentate da tutti uomini. Socrate Sco-lastico sostiene che era apprezzata dai colleghi filosofi e Damascio che era ama-ta dalle folle che addirittura applaudivano sotto la sua casa. Socrate Scolastico

e Damascio hanno una visione benevola rispetto alla terza fonte, il vescovo di

Nikiu Giovanni. I primi due la descrivono come un personaggio sì amato dalla folla, stimato e rispettato dagli intellettuali ma vittima dell'invidia dei mediocri ma potenti, costante inevitabile di ogni epoca, e fu proprio questo che portò al triste epilogo della vita di Ipazia.

Giovanni amplifica, nel suo racconto di parte, a volte sgradevole, le informazio-ni: "la femmina pagana", com’è solito chiamarla nelle sue scritture, dedita alla magia e alla musica, aveva con incantesimi e stratagemmi satanici sedotto Ore-ste, il prefetto della città, a tal punto che egli non frequentava più le cerimonie in chiesa, ospitava a casa sua i pagani. Durante uno spettacolo in teatro vietò, con un editto, a un certo Hierax di dileggiare pesantemente "i pagani", infine

(8)

firmò l'esecuzione capitale di alcuni monaci e non riuscì a controllare l'insurre-zione degli ebrei contro le chiese. E così Giovanni sostiene che il buon Pietro al-la testa di un certo numero di cristiani decise di eliminare al-la strega che aveva incantato il governatore, causa di tutti i mali.

"Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo e neanche alla chiesa di Alessandria. E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristia-nesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere." (Giovanni vescovo di Nikiu).

La vicenda di Ipazia fu riportata alla ribalta nel XVII secolo ed ebbe varie inter-pretazioni, ruotanti intorno alla critica o alla difesa della figura di Cirillo.

Infatti la marchesa Diodata Saluzzo Roero Glaucilla Erotria in Arcadia scrisse un poema (Ipazia, ossia delle filosofie, del 1827) in cui si immagina una tardiva conversione di Ipazia al cristianesimo e la sua uccisione da parte di un amante respinto.

Nel 1975 il poeta e autore teatrale fiorentino Mario Luzi ha dedicato a Ipazia una famosa opera teatrale dal titolo omonimo.

Ed è dedicata a lei l'opera teatrale Ipazia, il messaggero (1979) scritta e diretta da Orazio Costa. Di recente anche Umberto Eco ha citato la storia di Ipazia nel suo libro Baudolino.

Opere

Ipazia è la prima scienziata la cui vita sia ben documentata. Nonostante gran parte dei suoi scritti siano andati perduti, rimangono molte citazioni di lei e del-la sua opera, tra cui Commentario aldel-la aritmetica di Diofanto, Commentario al

Canone astronomico e Commentario alle sezioni coniche d’Apollonio Pergeo;

quest’ultima viene considerata il suo capolavoro. Questo trattato in otto volumi Sulle coniche

d’Apollonio era un’opera di divulgazione del lavoro

di Apollonio di Perga, matematico alessandrino del III secolo a. C.

Le sezioni coniche

(9)

La circonferenza, l’ellisse, l’iperbole e la parabola sono sezioni di una superficie conica e in questo modo vennero originariamente studiate. Esse pertanto ven-gono globalmente chiamate sezioni coniche o coniche.

Una superficie conica si ottiene facendo ruotare una retta r, detta generatrice, attorno ad un’altra retta a ad essa incidente e non perpendicolare, detta asse del cono. L’ampiezza dell’angolo formato dalle due rette è l’apertura del cono. Sezionando la superficie conica con un piano non passante per il suo vertice, si ottengono diversi casi che si presentano a seconda dell’inclinazione di tale pia-no rispetto all’asse del copia-no.

I caso: l’apertura del cono è minore dell’inclinazione del piano.

In tale caso l’intersezione tra la superficie conica e il piano è una curva chiusa, un’ellisse. Il termine “ellisse” deriva dal verbo greco

ekléi-pein, che significa “lasciare,

mancare” ed indica che l’angolo del cono è minore di quello del piano. Più l’angolo diminuisce più aumenta l’eccentricità dell’ellisse che diventa sempre più oblun-ga

II caso: l’apertura del cono è uguale all’inclinazione del piano.

Quando i due angoli hanno

ugua-le ampiezza, la sezione “si apre”: la curva aperta che si forma è una parabola, termine che deriva dal greco parabàllein, che vuol dire “uguagliare” e si riferisce ai due angoli considerati. È solo quando l’inclinazione del piano e l’apertura del cono sono di uguale ampiezza che si forma la parabola

(10)

III caso: l’apertura del cono è maggiore dell’inclinazione del piano.

Il piano interseca la superficie conica in tutte e due le parti di cui è formato il cono. La sezione è ora una curva formata da due rami distinti: è un’ iperbole, termine che deriva dal greco

hyperbàllein, che significa

“ol-trepassare” e richiama il fatto che l’angolo di apertura del cono oltrepassa l’angolo tra il piano e l’asse.

Se il piano passa per il vertice del cono, le sezioni non sono più “curvilinee”, e, a seconda dell’angolo, sono rispettivamente un punto, una retta, oppure una coppia di rette che si intersecano nel vertice stesso.

Anche queste sono sezioni coniche e sono chiamate coniche degeneri. Esse possono essere pensate come forme “limite” delle normali coniche: il punto come caso limite di circonferenza; la retta come caso limite di parabola; le due rette come caso limite di iperbole.

(11)

ogni conica ha, come espressione algebrica, un’equazione di secondo grado in due incognite, la cui forma generale è:

ax2+bxy+cy2 R)

viceversa, l’insieme delle soluzioni reali di ogni equazione di secondo grado in due incognite, se non è vuoto, è rappresentato nel piano cartesiano da una co-nica.

Il teorema afferma che le curve espresse da equazioni di secondo grado in due incognite sono tutte e sole le coniche: a seconda del valore del valore di ∆ (= b2 – 4ac) si tratterà di ellisse, di circonferenza, di iperbole, di parabola.

Con ∆ > 0 sarà un’iperbole. Con ∆ = 0 sarà una parabola. Con ∆ < 0 sarà un’ellisse

(12)

Sophie Brahe: (1556 – 1643)

Introduzione storica: streghe, scienza e magia

Il Novecento è stato anche il secolo delle donne, grazie alla loro voglia di affer-mare i loro diritti: basti pensare alle suffragette dei primi anni del ’900, alla conquista del diritto di voto nel 1948 in Italia, alle varie manifestazioni del ’68 degli anni ’70, dove le donne hanno finalmente conquistato il diritto allo studio e il diritto al lavoro. Le radici delle loro rivendicazioni affondano nel Seicento. Il secolo del Barocco e del metodo sperimentale, della rivoluzione copernicana e della Controriforma fu anche il secolo in cui le donne s’inserirono, per la prima volta, nel dibattito letterario, filosofico e scientifico. Riforma e Controriforma avevano dato un grande impulso all’alfabetizzazione, che cattolici e protestanti consideravano premessa indispensabile per un’evangelizzazione universale. I pedagogisti presero così a occuparsi anche dell’educazione delle fanciulle, che finalmente non dovevano imparare solo quello che era necessario per diventa-re una buona moglie, ma appdiventa-rendediventa-re anche nozioni di letteratura e storia dell’arte, matematica e filosofia. Fu così che, a poco a poco, persino un mondo maschilista come quello della filosofia naturale vinse i suoi pregiudizi e alcuni grandi pensatori si degnarono di discutere sulle grandi questioni della filosofia, con le menti femminili più brillanti.

(13)

Tuttavia il periodo della Controriforma fu anche il periodo della cosiddetta “caccia alle streghe”. I processi e le esecuzioni capitali per stregoneria, sporadi-ci durante il medioevo, diventarono frequentissimi a partire dalla metà del XVI secolo fino a tutto il XVII secolo, per diradarsi poi (senza scomparire) nel XVII. Le torture e le uccisioni di centinaia di migliaia di donne furono l’esito di una serie di fattori: estrema violenza dei conflitti sociali e religiosi, guerra alla cultu-ra contadina, fobie sessuali del rigorismo religioso, meccanismi di ghettizzazio-ne di gruppi marginali. Un ruolo significativo venghettizzazio-ne giocato anche dal dualismo dell’immagina femminile, per cui si vedeva la donna come “santa” o come “demonio”, dotata di una sensualità paragonata alla Natura indomita.

Il filosofo inglese Francis Bacon, detto Bacone (1561-1626), considerato il padre delle scienze naturali moderne, che in qualità di cancelliere era corresponsabile della caccia alle streghe in Inghilterra, affermò che attraverso la tortura delle streghe bisognava cercare di capire i segreti della Natura.

Il tentativo di dominare questa Natura, ancora selvaggia, era lo scopo delle nuove scienze. L’idea di un mondo calcolabile e funzionante in modo meccanco influenzò lo sviluppo delle scienze moderne nei semeccancoli successivi. Questo i-deale fu rappresentato soprattutto dal filosofo e matematico francese René Descartes, detto Cartesio (1596-1650), iniziatore del razionalismo moderno, che con grande chiarezza osservò: “Se riusciamo a comprendere la forza e

l’effetto del fuoco, dell’aria, delle stelle, del cielo e di tutti gli altri corpi che ci circondano, potremmo utilizzare queste forze naturali per ogni scopo. Così noi uomini potremmo diventare i signori e padroni della Natura”. Cartesio partì dal

presupposto che la natura e gli esseri viventi, compreso l’uomo considerato come corpo, potesse essere paragonati a una grande macchina, priva di anime e di ogni fine: ovvero governata da leggi di corpi esterni e in movimento.

Soprattutto nel campo dell’astronomia furono sviluppate concezioni rivoluzio-narie. Ispirato da antiche trascrizioni, il polacco Nikolaj Kopernik detto Coperni-co (1473-1543) ribaltò le teorie geometriche e tolemaiche, dichiarando che il Sole è il centro dell’universo; anche Galileo Galilei (1564-1642), fisico e astro-nomo, iniziatore del moderno metodo sperimentale, sostenne questo nuovo si-stema eliocentrico, convenendo con la scoperta del funzionamento dei corpi celesti grazie all’utilizzo del cannocchiale. Il tedesco Johannes Kepler (1571-1630) sviluppò ulteriormente il modello copernicano e, basandosi sulle ricerche dei fratelli Tycho e Sophie Brahe, riuscì a calcolare le orbite dei pianeti. La sco-perta della forma ellittica del movimento dei pianeti, così come quella delle

(14)

macchie lunari, spazzò definitivamente la convinzione medievale di un cielo che, essendo perfetto, può muoversi solo in moto circolare.

Il filosofo e naturalista inglese Isaac Newton (1642-1727) confermò le teorie di Keplero mediante la formulazione della legge di gravitazione universale. Nella sua opera principale Philosophiae naturalis principia matematica pose le basi della matematica classica e della fisica matematica.

Il periodo che va dal XV agli inizi del XVII secolo segna anche la grande rinascita della magia, in sostanziale parallelismo con il crescere degli interessi scientifici. I maghi, così come umanisti, platonici, aristotelici, esprimono la consapevolezza con cui l’uomo si riconosce essenzialmente inserito nel mondo (uomo come

na-tura media). Importante diviene, nel Rinascimento, lo studio del mondo nana-tura-

natura-le; la cui indagine comincia ad apparire come uno strumento indispensabile per la realizzazione dei fini umani nel mondo. In essa si possono distinguere due aspetti, che sono la magia e la filosofia della natura. La magia rinascimentale è caratterizzata da due presupposti: 1) l’universale animazione della natura, rite-nuta mossa da forze simili a quelle che agiscono sull’uomo, coordinate e armo-nizzate da una “simpatia” universale; 2) la possibilità che questo offre all’uomo di penetrare di colpo nei più nascosti recessi della natura e di riuscire a domina-re le forze con gli stessi mezzi con cui si riesce ad avvicinadomina-re un essedomina-re animato (lusinghe o incantesimi). Per questi due presupposti la magia va in cerca di for-mule che servano a chiarire i misteri naturali e pongano l’uomo di colpo in pos-sesso di un potere illimitato sulla natura.

La filosofia della natura fa la sua comparsa in alcuni personaggi sostenitori della magia; tuttavia se ne distacca. La natura è pur sempre considerata come una totalità vivente, ma retta da propri principi: la scoperta di questi principi diven-ta il compito della filosofia. Si rinuncia alla pretesa di penetrare di colpo nei mi-steri naturali, i quali vengono negati: le forze naturali sono potenti e si rivelano all’esperienza; occorre solo riconoscerle ed assecondarle. La filosofia della na-tura rompe i ponti sia con la magia sia con l’aristotelismo; ovvero, intende in-terpretare la natura con la natura, prescindendo da ipotesi e dottrine fittizie. Proprio mentre la tradizione magica è al suo culmine, nel XVII secolo si iniziano a vedere le avvisaglie della polemica contro la cultura magico - alchimistica, che caratterizzerà maggiormente il secolo dei lumi. Il precursore della condanna delle varie dottrine magiche in nome del sapere scientifico è da considerarsi Francis Bacon. A partire da questo momento la magia inizierà un lento declino, favorito da pensatori come Cartesio e Hobbes e dallo sviluppo delle correnti

(15)

fi-losofiche del meccanicismo, del razionalismo e dell'empirismo. Nel XVIII secolo, con l'avvento dell'Illuminismo, la magia, definitivamente sconfitta nell'ambito della cultura dominante, venne relegata in un limbo, nel quale tuttavia riuscì in qualche modo a sopravvivere.

Curioso è come, spesso, opere di grandi uomini vengono taciute. Emblematico è, al riguardo, il caso del Somnium di Keplero. In quest’opera autobiografica e non certo solo di fantasia, egli racconta che, ancora fanciullo, iniziato dalla ma-dre, una strega, alle tecniche della magia popolare (in effetti Katarina Kepler fu sottoposta ad un processo per stregoneria e riuscì a salvarsi grazie all’intervento del figlio), avendo smarrito alcuni talismani, viene ceduto in cam-bio al capitano di una nave che spesso faceva uso dei servigi della Strega; costui lo conduce all’isola di Uranisburg, dove lo vende a Tycho Brahe che lo istruisce ai segreti dell’astronomia e dell’astrologia.

Biografia

Sophie Brahe nacque in Danimarca da una famiglia della piccola nobiltà. Studiò da sola dai libri del fratello maggiore ed insieme calcolarono l’eclissi lunare dell’8 dicembre 1573. Il re di Danimarca, Federico II donò a Tycho l’isola di He-veen vicino a Copenaghen sulla quale venne eretto il famoso castello-osservatorio di Uraniborg. La moglie del sovrano Sophia, regina di Danimarca e di Norvegia, fu una mecenate dei fratelli Brahe, alla morte del consorte si ritirò dalla vita pubblica per dedicarsi all’astronomia ed alle scienze naturali. L’importanza del lavoro dei fratelli Brahe è che furono i primi astronomi euro-pei ad effettuare osservazioni regolari ed a lungo termine sulla posizione delle stelle fisse e dei pianeti tramite sestanti, quadranti, sfere armillari e strumenti di osservazione da loro ideati, dato che il telescopio non era stato ancora in-ventato. Sulla base delle loro osservazioni redassero un catalogo di oltre 1000 stelle fisse con una precisione inimmaginabile per l’epoca.

Nel 1572 ci fu un evento astronomico che attrasse l’attenzione di Tycho: si trat-tava di una “nova” ovvero una stella che aumenta la propria luminosità in mo-do violento, questo evento non si inseriva nel modello planetario tolemaico ed i fratelli ipotizzarono un modello di universo in parte geocentrico ed in parte e-liocentrico, in cui soltanto il Sole e la Luna ruotavano attorno alla Terra e gli al-tri pianeti ruotavano attorno al Sole: questo sistema prese il nome di Ticonico. La fama dei due fratelli crebbe quando identificarono una cometa nel 1577.

(16)

All’età di 20 anni Sophie si sposò, le nacque un figlio, occupazioni che non la di-stolsero dal suo lavoro presso l’osservatorio, quando morì il marito, nel 1588, divenne anche amministratrice dei terreni e si diede allo studio dell’alchimia e della medicina. Nel 1597 Tycho si trasferì a Praga come astronomo dell’imperatore Rodolfo II, alla sua corte conobbe Giovanni Keplero il quale, sulla base delle osservazioni effettuate dai fratelli Brahe, formulò per primo l’ipotesi dell’ellitticità delle orbite dei pianeti. Mai come in questo caso l' incon-tro fu fruttuoso; successivamente Isaac Newton confermò le teorie di Keplero mediante la formulazione della legge della gravitazione universale nell’opera

Philosophiae naturalis principia mathematica. Sophie continuò le sue ricerche

anche quando il fratello si trasferì a Praga. Il contributo apportato dalla sorella all’astronomia non venne mai riconosciuto autonomamente ed oggi non è più possibile ricostruire la sua partecipazione al lavoro del fratello poiché non esi-stono documenti specifici sulla sua vita e sulla sua opera. Nonostante l’insufficienza di documentazione il filosofo e fisico Pierre Gassendi scrive nella biografia di Tycho Brahe che la sorella era dotata di eccezionali conoscenze in matematica ed astronomia.

Opere

L’opera più importante che Sophie scrisse, insieme a Tycho, si intitola “De nova stella”. Sophie compilò inoltre l’albero genealogico della sua casata ed un’opera di 900 pagine manoscritte sulle famiglie nobili della Scandinavia (quest’ultimo libro è conservato presso la biblioteca dell’Università di Lund).

De Nova Stella: i cieli non sono immutabili

La sera del giorno 11 Novembre 1572 Sophie e Tycho, ospiti dello zio Steen Bille alchimista, u-scendo dal suo laboratorio, notarono una stella luminosissima a nord-ovest di Cassiopea, più lumi-nosa della stessa Venere. Fenomeni come questo erano stati già osservati in passato negli annali a-stronomici cinesi e su pitture murali di antiche cul-ture americane. In Europa, al contrario, mancavano quasi completamente regi-strazioni storiche di stelle “novae” (nuove).Tale esplosione si ha quando una stella,al termine delle sua esistenza,si espande, aumentando la sua luminosità a

(17)

livello esponenziale; tale stadio è solo transitorio, poiché la stella in questione si spegnerà presto, diventando una nana nera. Ciò determinò un tracollo delle certezze garantite dall’immobile e incompromettibile sistema tolemaico, basa-to su sfere fisse che non prevedevano alcun cambiamenbasa-to nella loro struttura. Tali osservazioni li condussero alla redazione del trattato “De nova stella” (la stella nuova).I due fratelli non sfruttarono loro scoperta per mettere in discus-sione i principi fisici su cui si fondava il sistema tolemaico, bensì si limitarono a considerare l’evento un miracolo e, come tale, da accettare come evento asso-lutamente eccezionale, non inquadrabile in alcuno schema cosmologico. Più tardi, nel 1577, e successivamente negli anni 1580, 1582 e 1585, Sophie e Tycho osservarono e misurarono, con estrema cura, grazie ad uno strumento da loro ideato, il sestante, le posizioni di quattro comete, giungendo alla con-clusione di trovarsi davanti gli occhi degli oggetti celesti non fissi, collocati ad oltre 230 raggi terrestri dalla Terra, quindi nella sfera di Venere del sistema to-lemaico. Dopo 10 anni di osservazioni arrivarono alla scelta di un modello co-smologico diverso da quello tolemaico, seppure non copernicano. L’idea alter-nativa, il cosiddetto sistema “Tychonico”, prevedeva che la Terra fosse ancora immobile al centro dell’universo, ma che gli unici corpi celesti in moto di rivolu-zione intorno ad essa fossero la Luna ed il Sole, mentre tutti i pianeti, quali Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, ruotassero intorno al Sole in modo tale che le orbite dei pianeti interni avessero raggio minore del raggio orbitale del Sole intorno alla Terra, mentre quello dei pianeti esterni doveva essere

maggiore.

Tale sistema si presentò come una versione aggiornata e accettabile del si-stema aristotelico,ma ancora privo della semplicità e la simmetria del sistema copernicano. Un grande passo per la scienza risulta essere l’abbandono delle sfere cristalline, poiché esse, considera-te immutabili, non avrebbero potuto at-traversarsi a vicenda come prevedrebbe il sistema tychonico.

Purtroppo pochissimi testi attribuiscono il merito di tale scoperte a Sophie, il più delle volte non viene neppure citata. E’ soprattutto grazie alla sua dedizione e passione per il cielo che Keplero, alcuni

(18)

decenni dopo, redige una delle opere chiavi della storia della fisica e dell’astronomia, De Rivolutionibus, che ‘sconvolse’ definitivamente le cono-scenze tradizionali alle quali la cultura europea risultava essere così gelosamen-te ancorata.

Le leggi di Keplero

Keplero, utilizzando in parte gli studi di Sophie e Tycho, formulò tre leggi ri-guardanti il movimento dei pianeti e la loro rotazione attorno al Sole. Tali risul-tati verranno poi utilizzate da Newton per la legge di gravitazione universale.

I Legge:

- I pianeti descrivono orbite ellittiche e la posizione del Sole coincide con uno dei due fuochi di tale ellisse.

II Legge:

-Il raggio vettore che congiunge il Sole con il centro del pianeta spazza, durante la sua orbita, aree uguali in tempi uguali. Da tale legge deriva che la velocità orbi-tale non sarà costante, bensì massima, in prossimità del perielio, quando il pianeta si trova più vicino al Sole, al contrario sarà minima, in prossimità dell'afelio, quando il pianeta si trova nel punto più lontano dal Sole.

(19)

III Legge:

I cubi dei raggi r, (distanza media) delle orbita dei pianeti sono direttamente pro-porzionali ai quadrati dei tempi T di rivo-luzione, cioè: 2 3 T r K

Da tale legge consegue che, maggiore sarà il tempo di rivoluzione di un pianeta, maggiore sarà la sua distanza dal Sole. Il rapporto tra il cubo del raggio vettore e il quadrato del tempo di rivoluzione è infatti costante.

(20)

Madame du Châtelet (1706 –1749)

Introduzione storica: l’Illuminismo

Il Settecento è il secolo dei cambiamenti culturali, politici e sociali. In Francia, così come in altri paesi europei, prende forma un movimento chiamato ”lumiè-res”, che in italiano corrisponde alla parola illuminismo. La luce è un carattere fondamentale, poiché dirada le tenebre dell’ignoranza e della superstizione. L’illuminismo è una corrente che veicola i seguenti temi: libertà, uguaglianza, fraternità, diritti umani, scienza e laicità dello Stato. Questi saranno ripresi dai francesi durante la Rivoluzione del 1789 che sancirà la vittoria del popolo con-tro l’aristocrazia e la Chiesa.

Uno dei punti di riferimento della cultura illuminista è la fisica di Newton, con-siderata come definitivo superamento della fisica cartesiana, troppo ancorata a pregiudizi metafisici. Inoltre l’Età dell’illuminismo vede svilupparsi e diffon-dersi la scienza anche nel campo dell’astronomia, della nascente biologia, geo-logia e zoogeo-logia.

Gli illuministi vertono la propria attenzione sul rapporto tra “teoria” e “prassi” e ciò li induce a riflettere sul rapporto tra scienze e applicazioni pratiche anche in ambito sociale, economico e politico. Nella Francia ancora dominata dall’assolutismo monarchico, questa attenzione tra “teoria” e “prassi” costitui-rà la nascita di nuovi modelli politici.

Dall’atteggiamento pragmatico degli illuministi nei riguardi dei problemi politici e sociali derivano la lotta contro l’intolleranza di Voltaire, la dottrina politica e la filosofia dell’educazione di Rousseau, l’esame dei processi produttivi di Adam Smith ( primo teorico del liberismo economico).

(21)

La condizione femminile nel Settecento

Nel Settecento le donne acquisirono una libertà maggiore rispetto alle epoche precedenti. Pur restando fortemente soggette alle leggi paterne, una volta spo-sate erano libere di esercitare una sorta di dominio in casa.

Le occasioni di uscita delle ragazze di buona famiglia, erano, inoltre, aumentate rispetto al passato, infatti, le dame avevano la possibilità di incontrare il loro futuro marito ai ricevimenti o ai concerti. Bisogna però sottolineare che non tutte le famiglie erano così libertarie con le giovani donne, e che, comunque, le usanze e i tempi dell'entrata nel mondo delle giovani variava da regione a re-gione.

Le ragazze provenienti da famiglie borghesi restavano più a lungo in famiglia, sotto stretta sorveglianza, e non lasciavano la casa fino al giorno del matrimo-nio. La nuova casa diveniva il loro successivo luogo di reclusione.

Una figura nuova, specifica di questo periodo, comparve però al fianco delle donzelle nobili: il cicisbeo. Quest'uomo non era mai un amante della dama, ac-compagnava la sua dama a passeggio, a tavola, in società ed a teatro, ma non passava con lei la notte.

In origine, questa figura sociale veniva designata dalla famiglia per proteggere la dama sposata dalle insidie dei malintenzionati, e veniva scelta tra parenti ed amici, anche di una certa età. Ma con la decadenza dei costumi dell'alta società essa mutò, divenendo molto più frivola. Le dame dunque trascorrevano la loro vita mondana con i loro cicisbei, andando a far visita alle amiche nei loro salotti per banchettare o discutere. Dal punto di vista intellettuale le signore dell'ari-stocrazia aprirono i loro salotti per discussioni colte.

I principali invitati nei salotti erano filosofi, uomini di scienza e naturalmente letterati. Le conversazioni si trasformarono rispetto a quelle che animavano i boudoir seicenteschi: da temi concernenti il rapporto uomo-donna nella fami-glia e nella società, l'attenzione si spostò su temi di scienza e di filosofia. Alcune delle signore più importanti del tempo, come Madame Du Châtelet, si interes-sarono di scienza. Molte altre, come Madame d'Epinay e Madame du Deffand, entrarono nelle polemiche filosofiche più accese a fianco dei filosofi loro amici (Rousseau, Voltaire, D’Alembert). Stiamo parlando delle cosiddette donne-filosofe; gli argomenti da discutere erano comunque soprattutto quelli che

(22)

in-teressavano i loro amici filosofi. Erano infatti questi ultimi a decidere i temi da trattare, mostrando così una sorta di conservatorismo nella gerarchia sociale. Quindi le donne, nonostante molti sforzi, non riescono ancora a mettersi sullo stesso piano

degli uomini. Per spiegare meglio questo concetto avviciniamoci a Rousseau e alla sua opera pedagogica: L’ Emile

Nel V libro dell’ Emile ritroviamo nella figura di Sofia (futura promessa sposa di Emile) tutti gli stereotipi e i pregiudizi che ancora erano attribuiti alla donna. Tra questi citiamo in particolare alcune frasi:" La donna deve tralasciare lo

stu-dio delle discipline astratte , come la filosofia e le scienze", "Ciò che Sofia sa fare meglio sono i lavori tipici del suo sesso: usare l’ago, fare le trine, cucinare e provvedere alla preparazione della tavola.".

Biografia

Émilie du Châtelet (Parigi, 17 dicembre 1706 – Lunéville, 10 settembre 1749) è stata una matematica, fisica e scrittrice francese. Fu uno dei più grandi ingegni al femminile del XVIII secolo. Contribuì alla conoscenza e all'approfondimento delle teorie di Newton e di Leibniz, traducendone le opere. Nata in una famiglia di elevatissimo ceto sociale, il padre aveva infatti incarichi di grande prestigio alla corte del Re Sole Luigi XIV, fu stimolata a sviluppare studi sia linguistici che scientifici, all’ epoca riservati esclusivamente ai rampolli di sesso maschile delle grandi famiglie. Il 12 giugno 1725, appena diciannovenne, sposò il marchese Florent Claude du Châtelet all’epoca trentenne. Il matrimonio rispondeva più a criteri di censo che a motivi sentimentali, i due ebbero tre figli ma il marchese, per obblighi inerenti alla propria carriera militare, incontrava la moglie assai di rado. Il rapporto sentimentale più importante e duraturo della sua vita fu quel-lo con il grande Voltaire, dal quale fu stimolata, nel 1733, ad approfondire sempre più la tematica scientifica, fino a pubblicare, nel 1737, la prima tradu-zione in francese degli Elementi della filosofia di Newton. Lo scopo era consentire ad un pubblico più vasto, anche se non dotato di un alto livello di conoscenze scientifiche, di avvicinare l’opera dello scienziato inglese.

(23)

Nel 1740 pubblica Istituzioni di

fisica, un’esposizione delle

teo-rie del filosofo Leibniz.

Il testo fu pubblicato anonimo, per scelta dell'autrice, che volle evitare ulteriori contrasti con Samuel Koening, il filosofo che, dopo averla introdotta alle idee di Leibniz, si attribuì impro-priamente la paternità dell'ope-ra della marchesa.

Negli anni successivi porta avanti, con la consulenza scientifica di Clairaut, il progetto della traduzione dell'opera di Newton Principia matematica con l’aggiunta di una sezione dedicata alle evoluzioni che avevano subito le teorie dell'autore per opera degli scienziati francesi. Nel 1746, presa da un'improvvisa passione per il poeta Saint Lambert, abbandonò Voltaire. La relazione si risolse tragicamente perché Madame De Châtelet affrontò una gravidanza ad un'età che, all'epoca, costituiva un rischio mortale per la puerpera. Diede alla luce una bambina che morì subito dopo la nascita e lei stessa morì sei giorni dopo, assi-stita negli ultimi momenti da Voltaire, col quale era rimasta in ottimi rapporti, e da Saint Lambert.

Clairaut pubblicò il libro della marchesa, con il nome dell'autrice, nel 1759, dieci anni dopo la sua morte. La traduzione dell'opera di Newton resterà per circa due secoli l’unica disponibile in francese; ciononostante la scienziata venne presto dimenticata e la sua opera principale venne attribuita a Clairaut.

Nel 1749, poco dopo la morte di Emilie, Voltaire scrive a un'amica:

je n'ai pas perdu une maîtresse mais la moitié de moi-même. Un esprit pour le-quel le mien semblait avoir été fait. (non ho perduto un'amante ma la metà di

me stesso. Un'anima per la quale la mia sembrava fatta).

Opere

Emilie du Chatelet fu una precorritrice sia nel campo della matematica che in quello della fisica, in particolare intuendo che la massa di un oggetto in movi-mento è proporzionale alla sua massa e al quadrato della velocità mentre fino a

(24)

quel tempo si era ritenuto che l’energia fosse direttamente proporzionale alla velocità.

Lavoro, energia, principio di conservazione dell' energia meccanica

Definiamo energia cinetica l’ energia legata al movimento di un corpo. Essa è direttamente proporzionale alla massa del corpo e al quadrato della sua veloci-tà.

2

2 1

mv

Ek  dove EK indica l’energia cinetica misurata in Joule; m indica la massa

misurata in Kg e v indica la velocità misurata in m/s.

Il teorema dell'energia cinetica afferma che la variazione di energia cinetica di un corpo è uguale al lavoro compiuto su di esso.

Sia infatti F, una forza costante applicata a un corpo di massa m, allora poiché, per il secondo principio della dinamica, Fma si ha che a è costante, il moto è

dunque uniformemente accelerato cioè 2 0 2 1 at t v s   . Si ha dunque: ) 2 1 ( ) 2 1 (v0t at2 mat v0 at ma Fs L    

poichè il moto è uniformemente accelerato:

0 0 t t v v a    , in particolare per 0 0  t dunque atvv0, quindi sostituendo

m

v v

v v

mv mv EkF EkI v v v v m v v v v v m L                        2 0 2 0 0 0 0 0 0 2 1 2 1 2 1 2 2 1 da cui LEkFEkI

Se il lavoro che la forza compie nello spostamento da un punto A ad un punto B dipende solo dagli estremi A e B e non dal particolare percorso seguito durante lo spostamento, come nel caso della forza peso, si dice che la forza è conserva-tiva e si può definire una grandezza detta energia potenziale.

L’energia potenziale gravitazionale è quella forma di energia che un corpo pos-siede in seguito alla posizione che esso occupa rispetto a un livello di riferimen-to opportunamente scelriferimen-to nel campo gravitazionale terrestre.

(25)

mgh

Epot  dove Epot indica l’energia potenziale misurata in Joule; m indica la

massa misurata in kg ;g indica l’accelerazione di gravità(9,81m/s2) e h l’altezza misurata in metri.

Si definisce variazione di energia potenziale l'opposto del lavoro fatto dalla for-za durante il passaggio dalla situazione iniziale a quella finale, cioè

potF potI E E

L  .

Principio di conservazione dell'Energia meccanica

In un sistema isolato, cioè su cui non agiscono forze esterne e in cui sono pre-senti solo forze conservative, l'energia meccanica totale, cioè la somma dell'e-nergia cinetica e potenziale si conserva.

(26)

Maria Gaetana Agnesi (1718 – 1799)

Introduzione storica

Il XVIII secolo fu un secolo di radicali cambiamenti. La rivoluzione industriale, le rivoluzione americana e quella francese, segnano l ‘economia, la società e la politica. Tuttavia le conseguenze di tali processi si diffonderanno in Europa nel corso dell’Ottocento e il Settecento rimane soprattutto il secolo dell’ Illumini-smo.

L ’Illuminismo è un movimento culturale e filosofico nato in Inghilterra intorno alla metà del XVII secolo ed espresso principalmente da John Locke, poi svilup-patosi in Francia e diffusosi in Europa dall'inizio del XVIII secolo fino alla Rivolu-zione francese. Le idee prevalenti dell'illuminismo sono: la libertà e l'uguaglian-za sociale, i diritti umani, la laicità dello Stato, la scienl'uguaglian-za e il pensiero razionale. L’Illuminismo fu soprattutto la filosofia della borghesia in ascesa che, grazie al-lo sfruttamento delle coal-lonie, al commercio intercontinentale, e alla maggiore produzione artigianale si arricchì, rimanendo però esclusa dal potere politico, ostacolata principalmente dall’ aristocrazia. Al concetto di gerarchia sociale vo-luta da Dio, venne opposta la teoria secondo la quale tutti gli uomini sono u-guali poiché dotati di ragione. L’unica via per conoscere la verità, come affer-mava il filosofo Kant , è l’uso di servirsi con coraggio della propria intelligenza, uscendo così dallo stato di minorità da imputare a se stessi. Collegandosi al pensiero razionalista, gli uomini del XVIII secolo erano convinti che tutta la na-tura obbedisse a determinate leggi, riconoscibili ed esprimibili attraverso la

(27)

ma-tematica e, che, fosse possibile creare una società basata sulla ragione. Il risul-tato fu una forte spinta all’ innovazione in tutti i campi dell’ agire e del sapere e un’ aspirazione alla scientificità espressa in una nuova formulazione del sistema delle scienze. Protagonista di un approccio metodologico più articolato e com-plesso, che coniuga la matematica (intesa come strumento di calcolo) con l’osservazione empirica, fu Isaac Newton (1642-1727) i cui studi in campo ma-tematico (calcolo infinitesimale) e nel campo della fisica (legge della gravitazio-ne) influenzarono la stessa filosofia. In particolare Newton fu l'ordinatore di tutta una serie di concetti relativi alla dinamica dei corpi che trovarono la loro suprema sintesi nella teoria della gravitazione universale. Newton fu considera-to il vero promoconsidera-tore del nuovo sapere e della nuova immagine della ragione, limitata dall’esperienza, concreta e attenta ai fatti.

L’illuminismo a Milano

Nel settecento Milano si trovava sotto il dominio degli Asburgo. Grazie al dispo-tismo illuminato dei sovrani d’ Austria , a Milano ci fu una grande ripresa nomica e culturale. Il ceto dirigente milanese fu molto attivo e restaurò l’ eco-nomia caduta a causa delle ingenti spese di guerra.

In campo culturale Milano fu il centro di maggior influenza illuministica dell’ Ita-lia Settentrionale. Milano era una città molto aperta alle novità ed il primo se-gno evidente dell’ evoluzione culturale fu la fondazione, nel 1762, dell’ Acca-demia dei Pugni e quella dei Trasformati. L’AccaAcca-demia dei Pugni creò un gior-nale: Il Caffè”, nato nel 1764 a opera di Pietro Verri a cui parteciparono su temi politici, economici e sociali Cesare Beccaria, Parini, Alessandro Verri.

A Milano gli intellettuali partecipavano attivamente anche alla vita pubblica; non era raro infatti che a quel tempo un letterato ricoprisse cariche pubbliche. L’Austria promuoveva lo sviluppo e la diffusione della Cultura e favoriva gli uomini d’ intelletto. L’ imperatrice Maria Teresa d’Austria infatti aveva riorga-nizzato l’ istruzione , attuando nelle scuole un programma di alfabetizzazione. Furono anche create Scuole elementari statali e furono migliorate le condizioni di insegnamento. La sua Corte era composta da intellettuali letterati, e artisti che spesso venivano chiamati a prestare servizio per la famiglia imperiale. Maria Teresa d’ Austria, come anche Giuseppe II d'Asburgo furono sovrani de-finiti “illuminati” poiché regnavano basandosi principalmente sulle ideologie

(28)

dei teorici dell’ Illuminismo francese , loro politiche di riforme portarono grandi benefici alla città di Milano.

Nel ‘700 le signore dell’ aristocrazia aprirono i loro salotti per le discussioni col-te dove i principali invitati erano filosofi, scienziati ed economisti. I salotti ari-stocratici divennero centri di divulgazione culturale e scientifica e nonostante alcune fossero donne coltissime e di grande temperamento fu precluso loro l’ accesso alle università e alle accademie scientifiche.

L’ unica eccezione era rappresentata dalle italiane Laura Bassi (fisica) e Maria Gaetana Agnesi(matematica) che riuscirono a frequentare l’ università. Nono-stante qualche rara eccezione, la suddivisione del mondo maschile e quello femminile diveniva sempre più netta, alle donne veniva affidata la gestione del-la famiglia e degli affetti e agli uomini tutto il resto cosicché le donne ebbero sempre meno possibilità di studiare e realizzarsi. Grande importanza a questo riguardo ebbero le teorie del filosofo Jean Jacques Rousseau che nel 1762, nel suo romanzo Emile contrappose il concetto del sentimento a quello della ra-gione sostenendo che uomini e donne non sono uguali bensì complementari. Si tratta di un romanzo pedagogico diviso in quattro parti, corrispondenti alle quattro fasi fondamentali della vita del giovane considerate da Rousseau. Solo la botanica e la chimica, secondo il filosofo , potevano essere scienze adatte al-le donne.

Biografia

Maria Gaetana Agnesi nasce a Milano il 16 maggio 1718 , da una ricca e facol-tosa famiglia, figlia di Pietro Agnesi e Anna Brivio è riconosciuta molto presto, all’età di cinque anni, come una bambina prodigio. Maria Gaetana mostrò di possedere una straordinaria intelligenza e una propensione per le lingue stra-niere come il tedesco, il francese, lo spagnolo e l’ebraico; con lo studio dei clas-sici apprende perfettamente il latino e il greco e le fu presto dato il sopranno-me di “oracolo sette lingue”. La casa Agnesi diventa un luogo di incontro tra gli intellettuali più in vista del momento, Maria partecipa a molti seminari coinvol-gendo gli ospiti in discussioni di carattere filosofico e matematico, compiacen-do il padre.

Avvenimento fondamentale che sconvolse la vita dell’ Agnesi fu la morte della madre che la portò a ritirarsi dalla vita pubblica .Cominciò a dedicarsi alla ge-stione familiare ma non abbandonò la matematica; nel 1738 venne pubblicata

(29)

una raccolta di saggi sulla scienza naturale e la filosofia: Popositiones

Philoso-phicae (in cui si parla dell'istruzione delle donne), che riportava parte delle

di-scussioni avvenute nel salotto di casa Agnesi.

In questo periodo don Ramiro Rampinelli, monaco olivetano, pioniere della ma-tematica analitica, arriva a Milano, al monastero di San Vittore per insegnare matematica. Nel 1740 Maria Gaetana, in collaborazione con padre Ramiro Rampinelli , si dedica alla stesura di un testo di analisi le Istituzioni Analitiche ad

uso della Gioventù Italiana. L’opera trattava del calcolo differenziale e

integra-le. Pubblicata nel 1748 riscontrò un gran successo nel mondo accademico poi-ché fu il primo lavoro completo riguardante l’analisi infinitesimale; il libro fu ampiamente tradotto e utilizzato come manuale. La prima sezione espone l’analisi di quantità limitate trattando anche i problemi elementari di massimi e minimi, tangenti e punti del flesso, la seconda sezione è incentrata sull’analisi di quantità infinitamente piccole, nella terza troviamo il calcolo integrale e nell’ultima le equazioni differenziali. Il testo fu giudicato dall’accademia delle scienze di Parigi come il trattato più completo di matematica che fosse mai sta-to realizzasta-to, ebbe un gran successo in tutta Europa nonostante la contempo-ranea pubblicazione di un’opera analoga di Eulero.

L’imperatrice Maria Teresa, inviò in dono alla dotta suddita un anello di brillanti in un prezioso cofanetto e Goldoni le dedicò un sonetto. Il Papa Benedetto XIV scrisse nel 1750 all’Agnesi dicendole che il suo lavoro avrebbe portato credito all'Italia e all'Accademia di Bologna, per questo le assegnò il titolo di lettrice onoraria dell'Università di Bologna.

Il presidente dell'Accademia di Bologna la invitò poi ad accettare la cattedra di matematica all'Università di Bologna, ma l’Agnesi rifiutò per dedicarsi agli studi privati e all’istruzione dei fratelli e delle sorelle. Intraprese vita monacale senza esser monaca, dedicandosi ai poveri, nell'Albergo dei poveri, situato nel palazzo del principe Trivulzio, come direttrice del Quartier delle Donne. Si dedicò co-stantemente al suo lavoro di assistenza fino al giorno della sua morte, il 9 gen-naio 1799.

(30)

Opere

Maria Gaetana Agnesi è famosa per aver studiato una curva, detta versiera, già studiata da Fermat.

È probabile che Maria Gaetana, profonda conoscitrice della lingua latina, si sia ispirata alla forma sinuosa della curva ed abbia tratto il nome dal verbo latino "vertere" che significa volgere-rivolgere. Il nome della versiera deriva dal latino ed indicava la corda legata all'estremità di una vela e utilizzata per le virate. Il traduttore inglese del libro della Agnesi confuse la versiera con il termine l'av-versiera, che significa strega, (ovvero avversaria di Dio), denominandola come “witch of Agnesi” (strega di Agnesi), e con tale nome essa è conosciuta in nu-merose lingue.

Questa curva viene costruita nel seguente modo: data una circonferenza con diametro AB, viene tracciata da B la tangente t alla circonferenza, e viene chia-mata r la generica retta uscente da A, viene indicata con la lettera D l’intersezione tra r e t e con E l’intersezione tra r e la circonferenza, con F l’intersezione tra la parallela ad AB condotta per D e la parallela a t condotta per E. L’insieme dei punti F , al variare di r nel fascio di rette di centro A descri-vono la versiera.

La versiera è una curva cubica del piano, caratterizzata, come si vede dal grafi-co, da una forma a campana; definita come

2 2 3 a x a y

 , al variare del parame-tro a si ottengono le diverse curve sotto rappresentate

(31)
(32)

Sophie Germain (1776 – 1831)

Introduzione storica

L’attività di Sophie Germain andò di pari passo con i moti rivoluzionari francesi del 1789.

Ma quale fu il ruolo della donna durante la Rivoluzione francese?

Sanculotti e giacobini, dichiarano che le donne devono restare a casa accanto al loro signore: il marito!

Ma come occupa il suo tempo la donna di casa?

Sveglia all’alba (alle 4 o alle 5 del mattino), pulizia della casa, invio a scuola o da una vicina dei figli piccoli e via per fare la spesa.

La donna che lavora viene impiegata in vari settori. Innanzitutto le forniture di guerra, come le divise dei soldati. Si lavora dalle sette del mattino alle sette di sera e, sovente, anche fino alle 9, con due ore di pausa. Il salario è diversificato, un uomo guadagna tre o quattro volte quanto guadagna una donna e a nulla valgono le proteste delle operaie!

Secondo alcuni storici sin dal 1789 sorge un embrione di movimento femminile. Infatti, è proprio del 1789 il primo Cahier de Doleance femminile. Una certa madame B.B. del Caux, scrive:

“La donna è considerata incapace di padroneggiare se stessa e deve essere sottoposta prima al padre e poi al marito. La sua dote è inalienabile, non può esercitare attività commerciali. Chi invieranno le donne come loro

(33)

rappresen-tanti, degli uomini? No, le donne dovrebbero essere rappresentate da altre donne. Esse, al pari dei negri, che stanno

tentando il loro riscatto, devono unirsi e richiedere il riconoscimento della parità con l’altro sesso!”

In questo periodo nascono i primi Club Femminili, nel marzo del 1791 Etta Palm fonda la “Société Patriotique et de Bienfaisance des Amies de la Véri-té”,91. La Palm formerà quella che poi verrà battezzata col nome di Trinità Femminile della Rivoluzione, con Théroigne de Méricourt e Olympe de Gouges. Quest’ultima nel 1791 pubblicò la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, che vuole essere una versione al femminile della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” approvata nel 1789 dall’Assemblea Nazionale Costituente. Nella Dichiarazione Olympe de Gouge elenca i diritti validi solo per gli uomini, allorché le donne non dispongono del diritto di voto, dell'accesso al-le istituzioni pubbliche, alal-le libertà professionali, ai diritti di possedimento. L'autrice vi difende, non senza ironia sulle considerazioni dei pregiudizi maschi-li, la causa delle donne, scrivendo che « La donna nasce libera e ha uguali diritti all'uomo ».

“ Per aver dimenticato le virtu’ che convengono al suo sesso e per essersi immi-schiata nelle cose della Repubblica” Olympe de Gouges venne ghigliottinata nel 1793

Qui riportiamo alcuni articoli della Dichiarazione: Articolo 1

La Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'interesse comune.

Articolo 2

Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell'Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprie-tà, la sicurezza e soprattutto la resistenza alla oppressione.

Articolo 3

Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che l'unione della Donna e dell'Uomo: nessun organo, nessun individuo può esercitare auto-rità che non provenga espressamente da loro.

(34)

La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così l'unico limite all' esercizio dei diritti naturali della donna, la perpetua tiran-nia dell' uomo cioè, fa riformato dalle leggi della natura e della ragione.

Articolo 6

La legge deve essere l'espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente o con i loro rappresentanti alla sua formazione; essa deve essere uguale per tutti. Tutte le cittadine e tutti i cittadi-ni essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammessi a tutte le dignità posti e impieghi pubblici, secondo le loro capacità e senza altra distin-zione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo 11

La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più prezio-si della donna poiché queste libertà asprezio-sicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni cittadino può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio vo-stro, senza che un pregiudizio barbaro la forzi a nascondere la verità salvo a ri-spondere dell' abuso di questa libertà dei casi stabiliti dalla Legge.

Articolo 13

Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese di amministrazione, i contributi della donna e dell' uomo sono uguali; essa partecipa a tutti i lavori ingrati a tutte le fatiche, deve quindi partecipare anche alla distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche, delle dignità e dell' industria.

Sulla scia di grandi aspirazioni femministe sorgono, in questo periodo, anche scuole professionali per le donne, come”L’Ecole typographique pour le fem-mes”, dove le giovani dai 15 ai 30 anni studiano: geografia, lingua, storia, mora-le ma “gli uomini” insorgono contro questo tentativo di autonomia.

Il lavoro, laddove è possibile, viene fornito dal settore pubblico. Nascono così, ad esempio, le Filature Comunali, con Ateliers di circa 400 donne che lavorano pagate dal Comune, su iniziativa del Sindaco Bailly. La retribuzione non è fissa, ma comprende anche una fornitura di pane, oltre ad un piccolo salario. L’orario di lavoro va dalle 7 alle 19 o dalle 6 alle 18;vengono impiegati anche i ragazzi dai dieci anni in su, spesso figli delle stesse lavoranti, ma anche questo spiraglio di libertà svanì in fretta poiché gli uomini lamentarono l’assenza della donna nella vita familiare.

Dominique Godineau divide le donne rivoluzionarie in tre categorie:

(35)

2)Militanti che “si distinguono”: tra le 50 e le cento unità a Parigi, sono coloro che possiedono una solida cultura rivoluzionaria,

3)Militanti di base: hanno coscienza della rivoluzione, la praticano nelle strade, nei locali,

“militanti che si distinguono”” e “militanti di base”, costituiscono la Sanculotte-ria femminile.

“… se saremo oppresse, opporremo resistenza all’oppressione” era il loro

motto.

Per la maggior parte del diciottesimo e del diciannovesimo secolo, anche la Francia dimostrò un' attitudine maschilista verso le donne nelle matematica, fu infatti dichiarato che la matematica era inadatta alle donne e oltrepassava le loro capacità mentali. I salotti parigini giocarono comunque un ruolo centrale nel mondo della matematica, ma solo una donna riuscì ad affermarsi: Sophie Germain.

Biografia

Sophie Germain nasce il 1° aprile 1776, era figlia di un mercante. Nell’anno in cui scoprì il suo amore per i numeri la Bastiglia venne demolita e il suo studio del calcolo infinitesimale fu oscurato dal Regno del Terrore. Anche se il padre era ricco, la famiglia di Sophie non apparteneva all’aristocrazia. Benché le si-gnore del ceto sociale della famiglia Germain non fossero incoraggiate a studia-re matematica, ci si aspettava che avessero una conoscenza sufficiente della materia per poterne discutere se l’ argomento si fosse affacciato in qualche conversazione salottiera.

L’episodio che cambiò la vita di Sophie avvenne un giorno quando lei, mentre curiosava nella biblioteca paterna, s’imbatté nella Storia della Matematica di Jean Etienne Montucla. Il capitolo che catturò la sua immaginazione fu quello dedicato alla vita di Archimede. Il racconto di Montucla delle scoperte di Ar-chimede era senza dubbio interessante, ma ciò che affascinò la ragazza fu so-prattutto l’aneddoto della morte di Archimede. La leggenda vuole che durante la conquista della città di Siracusa da parte dell’esercito romano Archimede fosse così immerso nello studio di una figura geometrica tracciata sulla sabbia da non rispondere alla domanda postagli da un soldato romano, che, irritatosi,

(36)

lo passò subito a fil di spada. La matematica doveva essere decisamente affa-scinante, pensò Sophie, se qualcuno poteva esserne talmente assorbito da

di-menticare tutto il resto.

Questo almeno è quanto racconta un amico di famiglia, il conte Guglielmo Libri-Carrucci della Somaia, matematico toscano dalla vita piuttosto tormentata, ar-rivato alla cattedra di analisi della Sorbona. E, aggiunge il conte, Sophie si dedi-cò completamente alla matematica, passando le notti sui libri di Newton e di Eulero; il padre, contrariato per questi interessi della figlia, considerati poco femminili, le confiscava abiti e candele per scoraggiarla. Questo però non fer-mò Sophie che, di nascosto (ma siamo sempre più nell'agiografia), avvolta in coperte di lana, continuò nei suoi studi, "anche nelle notti più fredde, quando l'inchiostro ghiacciava nel calamaio", riuscendo alla fine a convincere i suoi ge-nitori dell'ineluttabilità della sua vocazione.

Nel 1794 veniva aperta a Parigi l'Ecole Polytechnique che sarebbe stato il luogo ideale per

la Germain, dove avrebbe potuto perfezionare la sua preparazione di autodi-datta, se i corsi non fossero stati riservati ai soli uomini.

Con uno stratagemma riuscì a ottenere le di-spense di molti corsi, utilizzando il nome di uno studente che aveva abbandonato gli studi, Antoine-August Le Blanc, uno pseudonimo grazie al quale poteva anche chiedere spiegazioni e far corregge-re le proprie soluzioni ai problemi proposti agli studenti.

Il gioco continuò finché il celebre Lagrange, che teneva il corso di analisi, stu-pito per le soluzioni brillanti e ingegnose di uno studente che fino a quel mo-mento aveva dimostrato scarso interesse per la matematica, chiese di incon-trarlo, obbligando in tal modo Germain a rivelare la sua vera identità. Stupe-fatto e ammirato nel trovarsi di fronte a una giovane donna, Lagrange ne di-venne amico e consigliere, offrendole il suo aiuto per proseguire gli studi. L'argomento che più attirava Germain era la teoria dei numeri e in particolare l'Ultimo teorema di Fermat. Su questi argomenti Germain entrò in corrispon-denza con Gauss, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, usando

(37)

anco-ra il suo pseudonimo, Monsieur Le Blanc. E come tale sarebbe rimasta nelle carte di Gauss se Napoleone non avesse invaso la Prussia, nel 1806.

Germain, preoccupata per la sorte di Gauss scrisse ad un amico di famiglia, il generale Joseph-Marie Pernety, chiedendo di riservare al grande matematico un'attenzione particolare. Quando il generale incontrò Gauss, gli spiegò che il trattamento di riguardo nei suoi confronti era dovuto all'intervento di una giovane matematica parigina Sophie Germain, che firmava i suoi lavori con lo pseudonimo di Monsieur Le Blanc. Fu così che Gauss scoprì la vera identità del suo interlocutore e scrisse quello che è senza dubbio il più prezioso omaggio all'intelligenza di Germain:

"Quando una persona di sesso femminile che, secondo il nostro giudizio e i

no-stri pregiudizi maschili, deve urtare in difficoltà infinitamente superiori a quelle che incontrano gli uomini per giungere a familiarizzarsi con le spinose ricerche della matematica, quando questa persona riesce, nonostante tutto, a sormon-tare simili ostacoli e a penetrare fino alle regioni più oscure della scienza, ella deve senza dubbio possedere un nobile coraggio, un talento assolutamente straordinario e un genio superiore".

La corrispondenza di Sophie Germain con Gauss ispirò gran parte della sua at-tività, ma nel 1808, il rapporto si interruppe bruscamente. Gauss era stato nominato professore di astronomia all’Università di Gottinga; i suoi interessi si spostarono dalla teoria dei numeri alla matematica applicata ed egli non ri-spose più alle lettere della Germain. Senza più il suo mentore, la fiducia di lei cominciò ad affievolirsi e nel corso degli anni ella abbandonò la matematica pura ed intraprese una carriera interessante come fisica, una disciplina dove riuscì di nuovo ad eccellere.

Cominciò ad occuparsi anche di acustica e della teoria dell'elasticità. Era rima-sta incuriosita dagli esperimenti di Ernst Chladni, un fisico svizzero. Anche Na-poleone era rimasto molto colpito dagli esperimenti di Chladni e aveva propo-sto un premio consistente in una medaglia d'oro, del peso di un chilogrammo, al matematico che avesse saputo spiegare questi esperimenti. Nel 1809 venne bandito il concorso con scadenza di due anni e nel 1811 Sophie fu l'unico ma-tematico a presentare un lavoro per il premio. Il suo metodo era corretto, ma non venne premiata perché la commissione aveva rilevato alcuni errori. Solo

(38)

nel 1815 Germain riuscì a vincere il premio, dopo aver rivisto e corretto il suo lavoro, con l'aiuto di Lagrange.

Quando venne costruita la Tour Eiffel, venne deciso di scrivere sulla struttura i nomi di settantadue grandi scienziati, manca il nome di Sophie Germain anche se le sue ricerche sull'elasticità dei metalli erano state utilizzate dagli ingegne-ri che avevano costruito la grande torre d'acciaio.

Sophie ricevette anche una medaglia dell’Institut de France e divenne la prima donna ammessa a seguire le lezioni dell’Accademia delle Scienze che non fosse moglie di uno degli accademici. Poi, verso la fine della vita, ella ristabilì i rap-porti con Carl Gauss, il quale ottenne che l'Università di Gottinga le assegnasse una laurea honoris causa. Tragicamente, prima che l’università potesse conse-gnarle l’onorificenza, Sophie Germain morì di tumore al seno.

H.J. Mozans scrisse così di lei:

“Tutto considerato ella fu forse la donna intellettualmente più dotata che la Francia abbia mai prodotto. E tuttavia, per quanto possa sembrare strano, quando l’ufficiale di stato civile stilò il certificato di morte di questa illustre col-lega e collaboratrice dei più illustri membri dell’Accademia francese delle Scienze, la qualificò come una donna che usufruiva di una rendita annuale e non come una matematica. E questo non è tutto. Quando fu eretta la Tour Eif-fel, nella quale gli ingegneri furono costretti a dedicare particolare attenzione all’elasticità dei materiali impiegati, furono scritti in questa altissima struttura i nomi di settantadue scienziati. Ma nell’elenco non si trova il nome di Sophie Germain, quella figlia geniale, le cui ricerche contribuirono così tanto all’elaborazione della teoria dell’elasticità dei metalli. Venne esclusa dall’elenco per la stessa ragione per cui la Agnesi non fu eletta membro dell’Accademia di Francia, ossia in quanto donna? Sembrerebbe di sì. Se que-sta fu davvero la ragione, la vergogna è ancora maggiore per coloro che si re-sero responsabili di tale ingratitudine verso una donna che ha meritato così bene nella scienza e che con i suoi risultati si è guadagnata un posto invidiabile nella galleria delle celebrità.”

Riferimenti

Documenti correlati

081-5833247 e-mail: scienzasocieta@szn.it Per ulteriori informazioni visitate il sito www.szn.it. Inaugurazione

Una delle problematiche che il consulente tecnico medico legale chiamato dal giudicante deve affrontare è quella relativa alla possibilità/doverosità da parte

Gli studenti che hanno conseguito un voto di laurea pari o superiore a 105/110 sono esonerati, per il primo anno accademico, fatto salvo quanto previsto al

La forza resistente della leva è il peso del carico applicato alla staffa, mentre la forza motrice è esercitata dal sostegno e misurata dal

Nel caso in cui le domande siano più di 100 e qualora il Consiglio Scientifico del Master ritenga di voler ampliare il numero degli iscritti, l’ammissione sui posti

Ipazia di Alessandria è ricordata nella storia della scienza come la prima donna cultrice delle matematiche che abbia lasciato tracce apprezzabili dei propri studi.. e

Quando Socrate e Filostorgio scrissero le loro opere, molti dei responsabili della morte della filosofa erano ancora vivi: i due quindi rischiarono davvero grosso,

Barra la casella per indicare a quale gruppo appartiene. NUMERI DELLA TABELLINA