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La domanda di arte e cultura: un problema di assuefazione?

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex

D.M. 270/2004)

in Economia e Gestione delle Arti e delle

attività culturali

Tesi di Laurea

La domanda di Arte e Cultura: un problema

di Assuefazione?

Relatore

Ch. Prof. Cinzia Di Novi

Correlatore

Ch. Prof. Daniele Goldoni

Laureando

Silvia Ongaro

Matricola 845563

Anno Accademico

2013 / 2014

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INDICE

Introduzione 5

1. Il bisogno di Arte 9

1.1 Nascita e storia del collezionismo: da dove deriva la passione per l'Arte 13

1.2 Educazione all'Arte 18

1.3 Il ruolo dell'Arte 20

2. L'economia dell'Arte 25

2.1 La domanda di Arte 31

2.2 I fattori che influenzano la domanda 37

2.3 Il consumo di Arte oggi 40

2.3.1 I collezionisti 41

2.3.2 Gli addetti ai lavori 43

2.3.3 Gli appassionati 44

2.3.4 I consumatori occasionali 45

3. L'addiction in Arte 46

3.1 Il modello di Becker e Stigler 68

3.1.1 Il modello a preferenze endogene 72

3.2 Il modello di Becker e Murphy 74

3.3 Altri modelli di Cultural addiction 78

3.4 Critiche 79

Conclusioni 87

Bibliografia 91

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INTRODUZIONE

“No one is immune from addiction”1

La presente tesi di laurea nasce da un forte interesse per la materia, a cui si aggiunge anche la curiosità di capire come sia possibile essere consumatori assuefatti di beni culturali. Perché se questo è vero, io sono un'addicted. Sono entrata la prima volta in un Museo all'età di tre anni, quando sono stata a Teatro ne avevo sei, la musica in casa è sempre stata una costante: da allora non ho più smesso, amo l'Arte, la Musica, il Teatro, l'Opera, ma anche la Letteratura e la Poesia, il Cinema, e, nonostante abbia sviluppato un mio personalissimo gusto, vado a vedere tutto ciò che posso e che suscita una qualche curiosità.

Sono dunque dipendente dalla cultura? Sono un'addicted? Ma cosa si intende realmente con addiction?

Nelle pagine che seguono andremo a scoprire un po' di questo tema, fatto di contraddizioni e complessità, in perenne modificazione e ricco di spunti di riflessione. Nel primo capitolo si è voluto porre l'accento su quella che è la natura dell'Arte, con le sue mille sfaccettature, che ben si adattano ai contesti più disparati. Come si è visto, il bisogno di Arte è una necessità atavica, radicata nei secoli, che inizia con l'uomo stesso. Le prime rappresentazioni figurate risalgono alle pitture rupestri, a testimonianza del fatto che l'espressione artistica nasce e si modifica con l'evoluzione umana: procedono di pari passo. È un modo per manifestare pensieri, idee, auspici, senza l'ausilio della parola, rendendone chiaro il significato, senza troppo bisogno di spiegazioni.

Man mano che si va avanti nel tempo, l'Arte acquista un ruolo sempre maggiore, diviene un manufatto pregiato, un elemento simbolico e mistico, un oggetto prezioso, un capolavoro. Ecco perchè, il bisogno dell'uomo di circondarsi di cose belle ed importanti diviene tale, da sfociare nel collezionismo. È interessante, a mio avviso, notare come

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testimonianze di collezioni artistiche siano risalenti ad epoche così lontane, presenti già nell'antica Grecia. Questo è un altro evidente esempio, di quanto l'Arte sia sempre stata vicina all'uomo, anche se in certe epoche, esse era considerata un tramite con il divino. Ci si chiede, poi, se questa passione possa essere paragonata e paragonabile ad un'assuefazione, ma trovare una risposta non è semplice, proprio per le caratteristiche peculiarità che appartengono ai beni culturali.

Ma l'Arte non ha sola funzione contemplativa: è un monito per la civiltà, un mezzo di richiamo per le masse, un segno dei mutamenti sociali, è la storia dei popoli.

Non stupisce, dunque, che essa venga usata anche nella vita di tutti i giorni, dalla pubblicità alla moda, un po' per il suo linguaggio diretto, a cui non occorrono parole, un po', ovviamente, per la sua indiscutibile bellezza e valenza simbolica.

È importante, perciò, analizzare i principali ruoli che l'Arte ricopre, per poterla comprendere al meglio.

In un Paese ricco di bellezze culturali, quale è l'Italia, bisognerebbe puntare al massimo in questo settore, ricco di potenzialità e valore, che consentirebbe di generale profitto economico, sostenendo le eccellenze del Bel Paese, creando nuovi posti di lavoro per i giovani, puntando su una porzione di mercato che genera esternalità positive per tutta la comunità.

Il secondo capitolo verte sull'incontro tra l'economia e l'Arte: due mondi apparentemente inconciliabili, che hanno invece imparato a convivere, seppur con qualche iniziale difficoltà. La problematicità di questa unione si deve, in special modo, alle caratteristiche proprie dei beni culturali, diversi dai normali beni di consumo, con proprie specifiche che devono essere trattate in modo differente. Gli economisti hanno quindi dovuto, per prima cosa, trovare una chiave di lettura, che consentisse, poi, di aprire la strada alle varie dissertazioni e ai relativi studi.

Inoltre, l'opera d'Arte è qualificata da tre elementi fondamentali, indicati da Throsby: la creatività; la trasmissione simbolica; la presenza di proprietà intellettuale. Questo rende ulteriormente più chiaro il perchè delle difficoltà iniziali: i principi essenziali dei beni culturali differiscono totalmente da quelli dei beni di consumo. Non è poi possibile giudicare il valore di un'opera, come si farebbe per un bene qualsiasi: si deve tenere conto di discriminanti quali la critica, la rarità, l'autore, lo stato di conservazione.

Questa disciplina, relativamente recente, risale agli anni Novanta, è fondamentale nel nostro Paese, perchè, come detto sopra, le ricchezza artistiche e culturali sono

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numerosissime e invidiate da tutto il Mondo. Infatti, molti dei turisti che visitano l'Italia sono attratti dalla nostra cultura e dalle bellezze artistiche e paesaggistiche.

Per capire come si diversifica la domanda di questi beni e quali elementi la influenzano, è necessario analizzarne, non solo gli aspetti principali, ma anche le evoluzioni avute nel corso del tempo, dalle richieste del nobile committente a quelle del borghese mercante, le specificità del mercato d'Arte, dalla sua nascita e il suo sviluppo fino ai giorni nostri. È importante notare come cambiano i rapporti tra l'artista e il committente con il passare delle epoche, solo così si può veramente capire quella che è la figura dell'artista oggi, come funziona il mercato e cosa influenza la domanda di beni culturali, cosa cerca il pubblico e cosa lo spinge verso questo tipo di fruizione. In questo modo diviene più semplice capire come si differenziano i vari tipi di fruitori, quali sono i maggiori appassionati, che saranno quindi più soggetti ad una possibile addiction culturale, e quelli che invece si limitano ad un consumo occasionale.

Nel terzo capitolo viene affrontato quello che è il tema centrale di questa tesi: la

cultural addiction. Dal momento, però, che l'argomento in questione dispone di ancora

pochi contributi, sia perchè relativamente recente, sia soprattutto perchè presenta notevoli difficoltà, legate in particolar modo alla natura stessa dei beni culturali, la trattazione parte proponendo una revisione della letteratura riguardante l'addiction in ambito economico sanitario. In questo settore, l'addiction viene ampiamente trattata da numerosi studiosi: i dati da interpretare sono più chiari e la dipendenza di un consumatore è netta, poiché sono presenti segni comunemente riconoscibili, il bisogno di assumere una data sostanza è diventata una necessità fisica oltre che psicologica, che se non viene soddisfatta comporta delle conseguenze. Lo studio sui comportamenti dei consumatori assuefatti viene approfondito perchè, oltre che gli evidenti effetti negativi sul consumatore, l'addiction genera esternalità sull'intera società: se un individuo fuma aumenta le sue probabilità di ammalarsi, ma anche di far ammalare gli altri attraverso il fumo passivo, questo andrebbe a ricadere sul Sistema Sanitario Nazionale, che viene sostenuto dalle tasse dei cittadini, di tutti, anche di chi non fuma.

Per quanto riguarda i beni culturali e l'Arte, invece, il discorso è molto diverso: intanto l'assuefazione deriva, secondo alcuni studiosi, dall'aumentare dell'utilità man mano che si aumenta il consumo; il soggetto economico sarà sempre più soddisfatto dalla fruizione di beni e servizi di questo tipo, tanto da accrescerne e specializzarne il consumo. Inoltre, le esternalità generate da questo tipo di attività sono positive, sia per

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l'individuo stesso, che per l'intera società.

Le teoria a riguardo sono prevalentemente tre: habit formation, learning by consuming e

rational addiction. Queste non sono separate nettamente tra loro, ma si influenzano

vicendevolmente. Tali studi, con le relative verifiche empiriche, trovano, però, numerosi detrattoti che portano all'evidenza delle incongruenze nei modelli elaborati dai sostenitori della cultural addiction, sostenendo l'inapplicabilità di tale teoria ai beni culturali.

Nel presente elaborato cercherò di esaminare con occhio critico le diverse posizioni, cercando di capire se è possibile trovare risposta al quesito: si può parlare davvero di assuefazione ai beni culturali?

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1. IL BISOGNO DI ARTE

“..fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza..”2

Il bisogno di Arte, di rappresentare in modo figurato la realtà, i sogni, di celebrare l'uomo e la divinità, è innato nell'animo umano. È la necessità comune di rendere visibile ciò che si prova, oppure testimoniare quello che si osserva e si percepisce.

Ma che cos'è l'Arte? Che cosa si intende con questo termine?

La risposta è certamente molto complessa e da sola richiederebbe una dissertazione specifica.

Nell'Enciclopedia Treccani offrono una definizione tecnica e puntuale di quello che è il “fare Arte”

“In senso lato, ogni capacità di agire o di produrre, basata su un particolare complesso di regole

e di esperienze conoscitive e tecniche, quindi anche l’insieme delle regole

e dei procedimenti per svolgere un’attività umana in vista di determinati risultati”3

ma personalmente trovo più opportuna, anche se non così tecnica, in quanto coinvolge l'animo dell'uomo e dell'artista da cui l'opera scaturisce, quella lasciataci dal grande pittore Vincent Van Gogh

“A tutt’oggi, non ho trovato miglior definizione dell’Arte di questa:

2 Alighieri D., Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI, vv 119-120, Zanichelli, 2006. 3 Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/arte/

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l’Arte è l’uomo aggiunto alla natura – natura, realtà, verità.

Ma col significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, che libera e interpreta.” 4 L'Arte dunque congiunge l'uomo con la natura, lo completa, lo innalza.

Già in epoca preistorica si trovano reperti a testimonianza che l'Arte ha sempre fatto parte della vita dell'uomo. Le prime tracce di carattere artistico possono essere individuati nelle Pitture Rupestri: questo tipo di figurazione risale al Paleolitico Superiore, circa quarantamila-trentacinquemila anni fa, e si trova prevalentemente nelle caverne, nelle abitazioni rudimentali dell'epoca. Rappresentavano principalmente scene di caccia, di animali, di vita quotidiana; è pertanto presumibile che si trattassero di una forma rituale, propiziatoria e che come tale fossero affidate a uno “stregone”.

Un esempio su tutti è quello delle Grotte di Lascaux in Francia, definite Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO.

1. Particolare di una delle grotte raffigurante due tori ( “Grande sala dei tori)

Successivamente le scene di vita comune si fanno sempre più preponderanti rispetto alle altre e, nel Neolitico, diventano vere e proprie decorazioni che fungono da abbellimento.

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Da qui in avanti l'Arte diviene sempre più elemento costante nella vita dell'uomo: se inizialmente, appunto, aveva più propriamente una funzione mistica, in seguito l'artista acquista maggior consapevolezza del valore del proprio lavoro.

Già a partire dal Medioevo si riconosceva, nelle arti, l'applicazione di principi teorici, ma bisognerà attendere il quindicesimo secolo per considerarle attività creative derivanti dall'intelletto.

L'Arte, pur conservando in molti casi e fino ad anni molto più recenti (sarà Oscar Wilde ad invocare a gran voce “l'Arte per l'Arte”, ossia l'Arte fine a sé stessa, che deve rispondere solo al canone della bellezza) una finalità propiziatoria, votiva, religiosa, nelle opere, si affranca dalla necessità di veicolare un'utilità. Questo però non significa che l'artista non debba trasmettere valori etici e sociali: non bisogna dimenticare che da sempre la creazione artistica è lo specchio della società, e come tale ne riflette le caratteristiche, i bisogni o ne denuncia i soprusi, talvolta lanciando messaggi volti alle masse affinché si smuovano e cerchino soluzioni (un celebre esempio Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, raffigurante lo sciopero dei lavoratori a simboleggiare la protesta sociale e l'affermazione che la nuova classe, il proletariato, diviene consapevole dello sfruttamento subito).

Riassumendo: le opere dunque passano da essere un tramite con il divino, a illustrative di ciò che accade nella vita quotidiana, in alcuni casi idealizzando l'uomo che viene rappresentato alla stregua di una divinità, a portatrici di conoscenza, tradizioni e valori. In tutte queste circostanze, però, resta chiaro il comune denominatore: l'uomo ha da sempre la necessità di esprimersi, di circondarsi di cose belle e l'Arte è, probabilmente, il miglior modo per farlo. Non solo, l'uomo vuole conoscere, scoprire, ha bisogno di cultura, nel senso più ampio del termine. La cultura infatti può essere intesa in modo diverso, da popoli diversi, ma non comprenderla non vuol certo dire negare il suo essere.

Un delle maniere di manifestazione culturale più diffuse è l'Arte. La raffigurazione è il mezzo più semplice e immediato di comunicazione poiché abbatte le barriere linguistiche.

Pur mantenendo determinate peculiarità caratterizzanti Paesi diversi, viene comunque percepita come tale, anche se non è detto che sia sempre compresa.

Esprimersi attraverso l'Arte è oggi davvero molto comune, tanto che non ci si rende forse conto della sua importanza: siamo abituati alle opere pittoriche, scultoree, grafiche

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e anche architettoniche.

L'Arte fa parte del nostro quotidiano, basti pensare alle campagne pubblicitarie che spesso riprendono capolavori noti a tutti e se ne servono per lanciare il loro messaggio, come si può vedere nell'immagine sottostante.

2. Immagine pubblicitaria Nokia che riprende il capolavoro di Michelangelo,

La creazione di Adamo, 1511

Qui abbiamo una ripresa dell'affresco della Cappella Sistina, La creazione di Adamo, realizzata da Michelangelo Buonarroti. La notorietà di questo capolavoro rende immediata a tutti la ricezione dell'informazione che si voleva veicolare.

Gli esempi di questo genere sono molti; altre campagne invece puntano sul rimando ad un'opera famosa attraverso particolari riconoscibili o singole parti dell'opera stessa. Non solo la pubblicità, però, si appropria delle rappresentazioni artistiche: la moda, una delle eccellenze del made in Italy, ne ha fatto un vero e proprio must, partendo da Rodarte che rende abito una delle più celebri tele di Van Gogh, Notte Stellata, passando per Yves Saint Laurent con i suoi abiti raffiguranti capolavori di Mondrian, arrivando a Alexander McQueen che cita invece Bosch.

La passione, il bisogno di Arte non si limitano alla sola ammirazione: chi può permetterselo desidera possedere l'opera che gli procura tale appagamento. Questo

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spiega il fiorire del fenomeno collezionistico, fin da tempi molto lontani.

1.1 Nascita e storia del collezionismo: da dove deriva la passione per

l'Arte

L'uomo istintivamente è portato a voler disporre di ciò che gli procura gioia e soddisfazione, in qualsiasi momento lo desideri.

In certi casi questo sfocia anche in una gelosia, che arriva a far desiderare che il bene non sia visto da altri, che sia a solo vantaggio di chi lo custodisce.

Questo desiderio porta al collezionismo: raccolta di oggetti, che per il possessore detengono un particolare valore.

In questo elaborato tratterò solo il collezionismo d'Arte, come è nato e come si è sviluppato.

Il concetto di collezione si può ricondurre all'epoca rinascimentale, così come anche quello di tutela e salvaguardia del bene, e infine di museo pubblico, anche se per avere un museo come lo si intende oggi si deve aspettare il diciottesimo secolo almeno.

Provando a ricostruire la storia del collezionismo artistico si riscontrano difficoltà dovute alla mancanza di fonti, ma sono giunti fino a noi documenti che attestano collezioni di oggetti artistici, di mirabilia e di manufatti già nel Medioevo.

Attraverso queste testimonianze è possibile avere un'idea del gusto nelle varie epoche, le preferenze e le caratteristiche dei protagonisti, così come le motivazioni che li spingevano a cercare ed acquistare tali oggetti.

Una spiegazione può venire dalla semplice volontà di avere oggetti preziosi, di valore, oppure si può considerare l'aspetto di perpetrazione dell'eterno derivante dalle opere: l'uomo è sempre stato ossessionato dalla caducità della vita e possedere collezioni di opere del passato da poter tramandare alle generazioni future, faceva si che anche il nome del possessore fosse ricordato, creando un ponte tra passato e futuro.

Pare che già nell'antica Grecia, nel periodo ellenistico, persone colte cominciarono ad interessarsi ai manufatti realizzati dagli artigiani, oggi considerati artisti, iniziando così a creare piccole collezioni private che diedero un primo impulso alla nascita del mercato

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d'Arte. Questo si deve probabilmente alla rivalutazione del lavoro artigianale e artistico, che fino a quel momento era considerato di livello inferiore e non adatto ai ceti più elevati, avvenuta in seguito al fiorire del pensiero filosofico.

L'origine di quello che oggi definiamo collezionismo si riscontra, più probabilmente, nella Roma classica, quando si cominciò a richiedere con frequenza statue di origine greca per abbellire le città dell'Impero. Anche i privati iniziarono a farsi arrivare opere dalla Grecia e, come conseguenza alla crescente domanda, si ha il sorgere del mercato della copia: i capolavori classici venivano riprodotti fedelmente, soprattutto per quanto concerne le statue dei secoli immediatamente precedenti. Ad affermazione di ciò, abbiamo delle tracce in epistolari latini quali ad esempio quello di Cicerone.

Le prime testimonianze vere e proprie giunte a noi arrivano però dal Medioevo. Sebbene sia ancora difficile tracciare una storia del collezionismo medievale, sia per la difficoltà nel reperire fonti attendibili, sia per il pervadere del potere della Chiesa e del cristianesimo nella vita quotidiana dei fedeli, che reprimeva ogni forma di attaccamento materiale condannando il possesso e le espressioni di individualismo, uno dei primi documenti attestanti la volontà di possedere oggetti preziosi e opere d'Arte è ricollegare proprio ad un uomo di chiesa, l'abate Suger di Saint-Denis. Esso sosteneva che la bellezza e l'Arte innalzassero il fedele a Dio, respingendo così la censura della Chiesa. Alla fine del Milleduecento, Ristoro D'Arezzo mostra un precoce quanto vivo interesse per taluni oggetti antichi. Il sorgere di questa nuova sensibilità preumanistica contrasta con lo spirito medievale che vedeva un'unica possibilità per il collezionismo: quella della raccolta di tesori religiosi e oggetti appartenenti alla categoria del meraviglioso e del miracoloso.

Del 1335 è una nota del facoltoso notaio trevigiano Oliviero Farzetta, una sorta di promemoria per gli acquisti che avrebbe voluto fare una volta recatosi a Venezia.

Questo sta ad indicare la vivacità commerciale antiquaria e artistica della città: non solo Venezia comunque, ma tutta l'area veneta e l'Italia settentrionale erano costellate da centri di spicco. 5

Non solo l'aristocrazia, perciò, ma anche la ricca borghesia si affacciava al mercato artistico realizzando le proprie collezioni private.

Successivamente i centri principali si sposteranno a Milano, Mantova, Firenze e Roma.

5 De Benedictis C, Per la storia del collezionismo italiano: fonti e documenti, Ponte delle Grazie editore, 1998.

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L'apice del ritorno alla cultura classica, alla sua bellezza assunta ad ideale, a modello di vita, si ha nel Milletrecento con Petrarca: esso stesso collezionista di monete antiche e committente (non va dimenticato il dipinto di Laura commissionato a Simone Martini). Questo vivace interesse per i classici, per la Grecia antica in particolar modo, per la bellezza e l'idealizzazione delle forme, dell'aderenza alla natura che sono riusciti addirittura a trascendere, con la consapevolezza però che non si sarebbero mai raggiunti i livelli dei maestri passati, diventerà il perno del Rinascimento.

L'artista viene sempre più considerato un intellettuale, esso stesso ha raccolte private di antichità cercando di crearsi uno status sociale di rilievo.

Culla del Rinascimento per antonomasia è Firenze, che si contraddistingue per un raccoglimento di antichità che volevano rappresentare anche una funzione politica, e non solo estetica quindi, rimandando all'ideale del buon governo di Paride.

Di questo aspetto si fecero illustri portavoce i Medici, intenti a manifestare positivamente il loro potere sia politico che culturale, nonché il loro prestigio intellettuale e sociale.6

Un esempio è dato dalla statua del David di Donatello, posta nel giardino di palazzo, a simboleggiare la vittoria sulla tirannide creando un link immediato tra il passato e il presente.

Il più celebre collezionista quattrocentesco fiorentino è appunto un esponente della famiglia dei Medici, Lorenzo. Con lui le collezioni di famiglia assumono una stabile collocazione nel Palazzo di via Larga: un'ampia documentazione ci è arrivata da numerosi cartigli e dagli inventari delle opere possedute.

Queste collezioni, così come le opere di Palazzo o del giardino, costituiscono grande fonte di ispirazione per gli artisti del Quattrocento e del Cinquecento, diventando un vero e proprio supporto didattico per la formazione di maestri quali Michelangelo Buonarroti.7

Nel Cinquecento non abbiamo una città di spicco, in quanto il secolo è contraddistinto da un collezionismo policentrico. Per citare le più famose:

– Mantova con Isabella d'Este Gonzaga, molto appassionata, fervente acquirente

6 Ivi.

7 Vasari G., Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architetti italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, 1550.

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di antichità e mecenate di artisti a lei contemporanei. Giungono fino a noi notizie certe riguardo i suoi acquisti o le opere da lei commissionate, grazie ad una fitta corrispondenza intrattenuta personalmente con artisti, quali Mantegna e Leonardo Da Vinci.

Il suo mecenatismo, comunque, si concentra quasi esclusivamente alla decorazione del suo studiolo privato, una stanza volta al raccoglimento, alla preghiera e all'introspezione, che nel tempo si trasforma in museo privato.

Gli studioli erano molto in voga tra Quattrocento e Seicento e traggono le proprie origini dai camerini dei monaci trecenteschi.

– Roma, dove il recupero dell'antico, dell'Impero, la numismatica, non è più solo un vezzo, per il gusto del possesso o del prestigio. Si inizia, infatti, a raccogliere oggetti d'epoca e a considerarli come reperti di studio, che consentono di trarre informazioni per una ricostruzione del passato.

Papa Leone X aveva addirittura commissionato degli scavi nella città e in questa occasione viene scoperta la Domus Aurea neroniana.

– A Padova, invece, si comincia a sentire il bisogno di un'apertura artistica al presente. L'amore per il classicismo continuava a persistere, così come si era radicato il gusto del falso antico, ma lo sviluppo di un'Arte moderna era incombente.

Marco Mantova Benavides, collezionista instancabile, dispone nel suo testamento, che la collezione vada mantenuta intatta anche dopo la sua morte.8 Inizia infatti a farsi sempre più importante, per il collezionista, la trasmissione ai posteri della propria raccolta, con clausole di integrità della stessa e destinazione ad uso pubblico.

Restando sempre in area veneta, ma spostandoci a Venezia, si ha testimonianza del Cardinale Grimani, che lascia il suo vasto assortimento alla Serenissima, ad uso pubblico, con la volontà di restare ad imperitura memoria.

Il XVII secolo è caratterizzato da un collezionismo diffuso, sia tra i nobili, che tra la borghesia.

Il metodo di raccolta comincia a specializzarsi: se fino al Cinquecento il modello più diffuso era quello delle wunderkammern, in cui si accumulavano oggetti d'Arte d'ogni

8 Favaretto I., Menegazzi A., Un museo di antichità nella Padova del Cinquecento. La raccolta di Marco Mantova Benavides all'Università di Padova, G. Bretschneider Editore, 2013.

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tipo, esemplari imbalsamati di animali rari, elementi naturali, tesi a un raggruppamento di tutto lo scibile in una stanza, in una sorta di horror vacui, dal Seicento si cerca di avere un atteggiamento più razionale e ordinato, che porta a una specializzazione delle raccolte.

Nel Settecento diviene imprescindibile il coinvolgimento del pubblico, dei cittadini alla fruizione delle raccolte, nucleo fondativo in molti casi di quelli che saranno poi i musei attuali.

Sia le raccolte pubbliche, che quelle private, diventano largamente visitabili dal popolo, strumento fondamentale per la formazione culturale e intellettiva delle masse.

Per assolvere meglio a questo compito, si ha una catalogazione razionale delle opere e una progressiva specializzazione delle collezioni sempre maggiore.

In seguito, la Rivoluzione Francese e le successive conquiste napoleoniche, portano a mettere da parte il collezionismo del singolo, in funzione dei musei pubblici, creando così, però, una cesura col passato, con il luogo di provenienza delle opere stesse.

Si fa, sotto certi aspetti, paradossalmente un passo indietro nel XIX secolo, quando la funzione del museo diventa prevalentemente conservativa, allontanando il pubblico comune in favore di eruditi alto borghesi.

Nuovo impulso alla fruizione di massa viene dato nel Novecento, con un'attenzione particolare alla comunicazione a tutti i livelli, coinvolgendo il più possibile il pubblico di visitatori.

Collezionare Arte significa manifestare la propria passione, un amore profondo, una necessità, che talvolta può sembrare, o addirittura essere una dipendenza: i fruitori e i collezionisti di opere d'Arte sono assuefatti, addicted ai beni culturali, perchè la loro soddisfazione e il loro piacere aumenta con il crescere di questo consumo. Ma è davvero così? Esiste realmente questo tipo di assuefazione? Cercheremo di capirlo nei prossimi capitoli.

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1.2 Educazione all'Arte

L'Italia ha un immenso capitale culturale, diviso tra opere d'Arte nei musei, beni culturali materiali e immateriali, biblioteche, archivi, palazzi, castelli e ville d'epoca, giardini e parchi; può essere appunto considerata come un meraviglioso museo a cielo aperto.

Intere città sono state dichiarate dell'UNESCO Patrimonio dell'Umanità, Venezia per esempio, per citarne una.

Il nostro Paese è al primo posto per il numero di siti iscritti alla Lista UNESCO del Patrimonio dell'Umanità:

– 50 siti Italia – 47 siti Cina – 44 siti Spagna

la distribuzione nel Mondo dei siti UNESCO è indicata dalla cartina seguente

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Il numero dei musei e degli istituti similari è indicativo di quante bellezze la nostra Penisola ospita, dovendo quindi attuare politiche di tutela e valorizzazione efficaci al fine di garantire una fruizione il più possibile ampia.

Nel 2011 si sono contati quattromilacinquecentottantotto, tra musei ed istituti pubblici e privati, di cui tremilaottocentoquarantasette musei, gallerie e collezioni; duecentoquaranta aree e parchi archeologici; cinquecentouno monumenti e complessi monumentali.9

Guardando questi dati, viene naturale pensare che i Beni Culturali siano la principale locomotiva italiana, o comunque una risorsa preziosa e incentivata: purtroppo non è così.

Lo studio dell'Arte e dei Beni Culturali viene addirittura ulteriormente ridotto nel 2010 in seguito alla riforma scolastica introdotta dall'ex Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. La Storia dell'Arte non viene eliminata del tutto, ma viene ridotto il numero delle ore di insegnamento da molti istituti tecnici e licei, togliendo la maggior parte delle sperimentazione che avevano, invece, implementato le ore di studio della materia. Al liceo classico, culla del sapere umanistico, si studierà Storia dell'Arte solo nel triennio, due ore a settimana.

Di fatto in Italia saranno molti gli studenti che non avranno la possibilità di conoscere o approfondire l'opera di quelli che sono i grandi maestri, invidiatici da tutto il Mondo. Senza queste conoscenze di base sarà difficile, anche se certamente possibile, che si appassionino intensamente da adulti, tanto da volerne farne il loro lavoro, in modo da poter ottimizzare il Patrimonio artistico anche in ottica economica.

Ciò in un momento storico in cui l'Europa punta invece sull'Arte e sui Beni Culturali: le convenzioni UNESCO del 2003 e del 2005, la Convenzione di Faro, sono tutte volte al recupero, alla tutela e all'incentivazione della valorizzazione di tale Patrimonio nel Mondo.

La convenzione di Lisbona del 2006 recita:

“ L’educazione all’Arte e alla tutela dei beni artistici delle nazioni si realizza obbligatoriamente nelle scuole pubbliche

con la partecipazione di insegnanti preparati e aggiornati ”10

9 Dati Istat.

10 Consiglio d'Europa, UNESCO, Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all'istruzione superiore nella regione Europa, 2006.

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Inoltre l'Arte e la creatività sono in primo piano durante la crescita e lo sviluppo intellettivo del bambino. L'esperienza artistica stimola la fantasia e le capacità cognitive, che porteranno ad avere, non solo migliori capacità comunicative, ma anche logico matematiche. Vista l'importanza dell'Arte per lo sviluppo intellettuale, si è cercato di avvicinare questo mondo a quello dell'infanzia, rendendo anche i museo a misura di bambino. In tal senso sono stati creati musei appositamente pensati per l'età infantile, oppure si sono sviluppati progetti ad hoc all'interno di grandi musei come il MART di Rovereto, che coinvolge sia le scuole che le famiglie in progetti di educazione, visite guidate e laboratori manuali.

Si può dunque affermare che, senza dubbio, educare all'Arte in una Nazione che dispone di un tale Patrimonio Culturale dovrebbe essere essenziale, un dovere civico, sia per saper così apprezzare e conoscere tali bellezze, sia per formare gli specialisti di domani, in modo da puntare su questa risorsa inestimabile, riuscendo a valorizzarla al meglio.

1.3 Il ruolo dell'Arte

L'Arte, come abbiamo visto finora, ha sempre svolto un ruolo attivo nella società.

È stata presente fin dagli albori della civiltà, modificando con essa funzioni, caratteristiche, linguaggio espressivo.

L'Arte rappresenta il riflesso della società, degli uomini che la caratterizzano, del tempo e del luogo in cui viene creata.

È indicativa nel ricostruire la storia di un popolo, dalla più antica a quella più recente. La sua funzione però, pur restando sempre primaria, è mutata nei secoli.

Se inizialmente era, infatti, appannaggio di una personalità di spicco all'interno della comunità, diritto esclusivo dello stregone, successivamente diventa opera, dell'artigiano prima e dell'artista poi. Una casta eletta, insomma, che rappresentava la situazione sociale attraverso un gusto e una tecnica ligia ai canoni del tempo. Ci sono però, per ogni epoca, artisti di rottura, che modificano e in certi casi sovvertono le regole: Giotto e l' uso della prospettiva; Caravaggio con la drammaticità e il contrasto chiaroscurale; Monet e gli Impressionisti con il loro uso della luce; Picasso e la scomposizione cubista

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delle forme; solo per citare alcuni tra gli esempi più noti. Questi geni artistici riescono a recepire meglio i cambiamenti sociali e culturali, talvolta anticipandoli.

Oggi il bacino artistico di utenza è molto più vasto rispetto anche solo al secolo scorso. La fruizione è sempre più accessibile e il concetto di Arte si è così tanto allargato da poter contenere, al suo interno, tipi di espressione veramente differenti tra loro: da Duchamp in avanti si ha l'impressione che tutto possa essere Arte, dalla ruota di una bicicletta, a una definizione presa dal dizionario.11

È difficile pensare che partendo da opere come un San Giorgio e il drago di Raffaello, l'uomo riesca a riconoscere e percepire come Arte un'opera di Opalka.

La mente umana è molto più abituata a raffigurazioni del primo tipo, rispetto a opere contemporanee come una tela ricoperta da numeri, ma ciò nonostante capiamo si tratti di Arte, anche se per chi non è “addetto ai lavori”, magari, occorre uno sforzo leggermente maggiore, perché segue l'evolversi della società.

I mutamenti sociali, antropologici che le opere talvolta anticipano, talvolta assecondano,

11 Si fa riferimento nel primo esempio al Ready Made di Duchamp (Ruota di bicicletta del 1913); nel secondo caso si parla di Arte concettuale, in particolare dell'opera di Kosuth.

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ci permettono di arrivare preparati ad accettare queste nuove forme come opera d'Arte. Si deve ammettere che, però, l'Arte contemporanea sebbene sia riconosciuta, è spesso ancora molto dibattuta, criticata e non capita.

Bisogna fare attenzione poi a non confondere la figura dell'artista con quella del creativo: il creativo ha un'attitudine al bello, segue regole e schemi, produce in base alle richieste e ai vincoli ricevuti, è un artigiano di idee; l'artista ha il genio ad animarlo, imprime la sua esperienza e le sue emozioni in ogni opera, poiché chiedere ad un'artista di seguire alla lettera delle indicazioni, sarebbe come chiedergli di fare una copia di un'altra opera, e questo sarebbe un esercizio di stile, non certo Arte.

Ci sono, inoltre, questioni ancora aperte e dibattute circa l'Arte di popoli africani, nativi americani e aborigeni. In special modo tali opere vengono per lo più studiate da antropologici e etnologi, restando quasi totalmente escluse dai testi di Storia dell'Arte Ci sarebbe molto da approfondire circa il citato argomento, ma non è questa la sede opportuna; mi limiterò a riportare, ad esempio, come un grande artista occidentale quale è Picasso, ha più volte sostenuto l'importanza avuta dalle sculture primitive e dalle maschere africane per lo sviluppo della sua poetica pittorica.

L'Arte non si limita a rivestire un ruolo sociale fondamentale solo in ambito culturale, ma va addirittura ad investire quello che è uno dei maggiori settori di punta del Made in

Italy: la moda.

Non solo prendono spunto dai colori o dagli stili delle opere. Non solo facendosi da esse ispirare. L'abito diventa opera d'Arte nelle passerelle di alta moda, ma ci sono casi in cui la definizione è davvero letterale. L'opera d'Arte, specialmente pittorica, viene trasferita su stoffa, creando un abito che sembri in tutto e per tutto un quadro da indossare. Il vestito non è solo citazione alla tela, ma ne riporta tutti i dettagli.

Gli esempi non si risparmiano: da Versace che realizza un abito con i visi di Marilyn, tanto cara a Andy Warhol; a Sportmax che ripropone le Ninfee di Monet; a Yves Saint Laurent con Mondrian; fino a Rodarte con Van Gogh.

Come si può vedere nell'immagine che segue, l'abito non è semplicemente un omaggio alla tela, un ricordo dello stile o dell'artista, ma è una e propria riproduzione fedele dell'opera.

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6. Dipinto di Mondrian, contrapposto a un abito Yves Saint Laurent del 1965

Ma gli stilisti non si limitano a riproporre capolavori artistici nelle loro collezioni: la Fondazione Prada di Venezia, presieduta dal 1995 da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, è un'istituzione volta all'Arte contemporanea e alla cultura, dove è stata riproposta nel 2013, a cura di Germano Celant, la celebre mostra del 1969 “When attitude become

form”, famosa per aver radicalmente modificato l'approccio del curatore con

l'esposizione, concepita qui come medium linguistico.12

L'Arte insomma investe la nostra vita anche quando non si tratta di cultura.

Come si è anticipato all'inizio di questo sottocapitolo, l'Arte ha un ruolo cruciale nella società: esiste certamente l'Arte per l'Arte, per il solo gusto della bellezza fine a sé stessa, e ogni opera , anche la più densa di significati, ricerca comunque un gusto estetico di qualche tipo; l'Arte però non può non assolvere al suo compito sociale.

Walter Benjamin vedeva nell'Arte per l'Arte l'ultimo baluardo di quella che lui chiama

aura dell'opera. Successivamente, con l'avvento della cultura di massa, l'opera perde

sempre più quest'aura, la sua sacralità, il suo aspetto culturale. Dal Novecento l'Arte si pone l'obiettivo di avere un ruolo in un certo senso politico. Il rischio che essa venga strumentalizzata, come nel caso del fascismo, o politicizzata, come nel comunismo, è sempre presente, ma egli vede nel cinema uno strumento di mobilitazione per le masse. Proprio il cinema, in quanto atteggiamento critico e piacere del pubblico coincidono; inoltre si impone al fruitore un nuovo modo di percepire, attraverso i primi piani per esempio. Supera poi il limite pittorico che impedisce di avere una ricezione dell'oggetto simultanea e collettiva.

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All'Arte, quindi, spetta la funzione sociale di risvegliare dal torpore la massa, di aprire le menti, di istruire, di offrire un piacevole svago: insomma è fondamentale nel percorso collettivo, quanto nel personale.

Non si deve infine dimenticare il ruolo che essa svolge nell'economia nazionale, o che potenzialmente potrebbe svolgere.

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2. L'ECONOMIA DELL'ARTE

“Non puoi fare una buona economia con una cattiva etica.”13

Oggetto di studio dell'economia dell'Arte è l'insieme di attività, beni, servizi artistici. Non è sempre facile, però, definire le specifiche che denotano il carattere artistico, o meno, del bene.

Spesso, il confine tra produzione artigianale, industriale e artistica è labile: si pensi ad esempio al Ready Made di Duchamp, o alle opere di Industrial Art.

David Throsby indica tre elementi caratterizzanti l'opera d'Arte:

– creatività,

– trasmissione di un significato simbolico, – presenza di proprietà intellettuale.

Secondo Werner W. Pommerehne e J. Martin Garcia, un bene d'Arte ha peculiarità che possono essere classificate in primarie e secondarie. Le primarie, sono di natura estetica spiccata (distinguono i beni culturali dagli altri); le secondarie, sono di carattere storico e finanziario (in comune con gli altri beni).

Le definizioni in letteratura sono, comunque, molteplici e differenti tra loro, risulta quindi difficile trovare un'universale definizione per questi beni.

L'economia dell'Arte nasce come disciplina negli anni Novanta del Novecento, affrancandosi dall'economia politica. L'interesse economico verso la cultura affonda le sue radici in anni molto meno recenti però: già nella metà degli anni Sessanta abbiamo i lavori di Baumol e Bowen riguardanti le performing arts, arrivando a elaborare una

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teoria sui costi delle arti performative definita comunemente Morbo di Baumol.

Le origini dell'incontro tra queste due discipline, Arte ed economia, si devono comunque a Smith, che nella seconda metà del Settecento aveva accennato, in alcuni suoi scritti, all'analisi delle opere d'Arte secondo un approccio economico.

Gli economisti si occupano prevalentemente dell'analisi di mercato, degli investimenti, della variazione del prezzo delle opere, dell'analisi dei rendimenti di istituti pubblici, organizzazioni, enti e fondazioni, delle politiche di costo per la valorizzazione, conservazione, tutela e fruizione dei beni culturali. Per fare ciò, è opportuno che essi lavorino in sinergia con professionisti di altri settori, quali ad esempio i curatori dei musei, i galleristi, i restauratori.

Lo sviluppo e l'interesse per questa branca dell'economia, si deve all'importanza che la cultura riveste nelle economie dei Paesi: essa, infatti, ha un peso notevole nello sviluppo sostenibile di queste. Inoltre, affinché l'Arte svolga le proprie funzioni sociali, è necessario che vengano trasferiti flussi continui di risorse economiche ai settori artistici. Tali risorse, poi, devono essere impiegate con efficienza, al fine di evitare sprechi.

L'economista si occupa quindi sia della quantità di risorse da destinare, che dell'impiego, oltre che dello sviluppo, del marketing e del merchandising. Ma deve anche interessarsi alle politiche del mercato dell'Arte, della sua definizione, del consumo e della fruizione dei beni, dell'appagamento del bisogno del consumatore. Tutto ciò non risulta essere semplice, dal momento che, mentre per le merci comuni il valore economico è chiaro e dato dall'utilità, dal prezzo, dalla rarità, dall'importanza, questo non è altrettanto facile da definire quando si tratta di Beni Culturali. A ciò si deve poi aggiungere il valore culturale dell'opera, che non può essere calcolato secondo uno standard definito, essendo mutevole e molto sfaccettato, comprendendo elementi non esprimibili il termini quantitativi.14

Ecco perché le due materie devono coesistere e interagire costantemente: il confronto tra le due realtà deve essere bilanciato al fine di creare sinergie profittevoli e funzionali. In un Paese come i nostro, poi, diviene una disciplina fondamentale.

Non sono solo il vasto numero di Musei, i molti siti archeologici, i monumenti che costellano il territorio, l'oggetto di studio da considerare, ma anche tutte le molteplici eccellenze del Made in Italy, le conoscenze, il know how, l'artigianato locale nelle sue più diverse sfaccettature.

Per quanto riguarda l'Arte, la cultura, le risorse sono appunto innumerevoli, ciò che

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serve, dunque, è un'appropriata gestione di queste, un approccio mirato e cucito addosso alle esigenze di questo specifico settore, una valorizzazione e uno sfruttamento sostenibile dei preziosi mezzi di cui disponiamo.

Come accennato poco sopra, è difficile stabilire il valore dell'opera d'Arte:

– bisogna valutare molti elementi quali ad esempio l'artista, il contesto, i materiali, l'innovatività, ecc. . Il prezzo dell'opera è, infatti, influenzato da questi ed altri elementi, specialmente nelle opere più contemporanee, mentre per quanto riguarda opere dei secoli precedenti è più semplice stabilirne il valore, anche se entra in campo la rarità come caratteristica principale;

– si deve tenere presente che l'Arte è multiforme e talvolta immateriale, se si pensa ad esempio ad un'opera musicale;

– la sua filiera di produzione è molto complessa, scandisce i compiti degli attori attraverso il susseguirsi di cinque fasi principali.

La prima fase comprende la scelta degli artisti, dei creativi, i meccanismi che portano alla nascita di un mercato, del mecenatismo pubblico e privato, delle istituzioni, delle organizzazioni internazionali, delle accademie e degli istituti specializzati, oltre che di premi e borse a favore dell'incentivazione della creatività e dell'originalità.

La seconda fase si concentra sull'ideazione e sull'origine delle idee creative, che concernono un processo produttivo vero e proprio che parte dalla ricerca, dall'ideazione, attraversando momenti di ripensamento, utilizzando capacità di

problem solving. Si tratta, quindi, di un processo razionale e non dettato del solo

genio: non è più pensabile l'ideale dell'artista come genio e sregolatezza.

Il prodotto che si ha ora, per andare in contro alla esigenze di mercato e soddisfare gli acquirenti, deve essere di alta qualità: è questo ciò che più conta oggigiorno, si deve puntare sulle eccellenze, per investitori con ingenti capitali da impegnare, più che sulla quantità.

Non si deve, poi, dimenticare che qui entrano in gioco i diritti della proprietà intellettuale che devono essere protetti, cercando di arginare al meglio i mercati della pirateria commerciale.

La terza fase si occupa della produzione vera e propria dell'oggetto artistico. Questa comporta un sistema interconnesso di operazioni complesse, che rendono

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concreta l'idea sviluppata nella fase precedente. Qui avvengono le contaminazioni giunte dall'esterno: dal mercato, dal circuito culturale nazionale e internazionale, dagli istituti pubblici e privati, dalla critica.

La quarta fase è la distribuzione: step fondamentale nella catena di produzione del bene. In questo stadio assume fondamentale rilevanza la gestione imprenditoriale che deve sapere intuire ed assecondare i gusti e le esigenze dei consumatori e degli acquirenti, oltre che soddisfare la critica e i cosiddetti “addetti ai lavori”. Le logiche della distribuzione, che potrebbero essere estranee all'artista, devono essere seguite da esperti nel settore. Ecco quindi che appare ancora più evidente come l'economia e l'Arte siano necessariamente messe a confronto e come la loro interazione divenga basilare per la buona riuscita della filiera.

Infine, l'ultima fase, la quinta, è quella del consumo vero e proprio del bene. Qui si vedrà se la filiera è stata svolta nel modo corretto, affinché il prodotto sia apprezzato e fruito. Questa fase servirà anche come cartina tornasole per il futuro: mostrerà eventuali errori o imperfezioni che potranno essere corrette, oppure se si ottiene un riscontro positivo, indicherà la via da seguire anche nelle successive volte;

– in certi casi non è unica, come accade nel caso della fotografia, che attraverso il negativo può essere ampiamente riprodotta senza differenze dall'originale;

– il mercato dell'Arte poi è molto mutevole, segue mode e tendenze con oscillazioni notevoli;

– i critici svolgono un ruolo incisivo nell'approvazione dell'artista, e quindi la variabile della critica deve sempre essere tenuta presente;

– le accademie sono anch'esse fondamentali, sin da tempi antichi, per la definizione del prezzo dell'opera;

– l'Arte contemporanea, in particolare, possiede caratteristiche e significati per lo più sconosciuti al grande pubblico, che fatica ad attribuirle il valore che possiede.

L'Italia ha un patrimonio artistico e culturale davvero esteso e pregevole, è la più grande eccellenza del nostro territorio, ma non viene opportunamente sfruttata e valorizzata. Nonostante ciò, come si evince dal rapporto Io sono cultura redatto nel 2013 da

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Symbola e Unioncamere, il settore cultura muove il 15,3% del valore aggiunto nazionale, ossia ben duecentoquattordici miliardi di euro. In queste cifre sono comprese anche le entrate derivanti dal turismo culturale, che se gestito in modo responsabile e oculato, e non lasciato all'incuria e alla cattiva gestione come spesso avviene nelle nostre città, una su tutte Venezia, sarebbe anch'esso una risorsa fondamentale per l'economia della nostra Terra.

Un'indagine ENIT (Ente Nazionale Italiano del Turismo) sul turismo culturale ha portato alla stesura di un dossier sul ruolo del turismo culturale nella percezione dell'immagine Italia. Questa è legata fortemente al concetto di cultura, inteso non solo come patrimonio artistico-culturale-paesaggistico, ma anche gastronomico, artigianale, folkloristico. Da questa indagine emerge un sempre più forte interesse nei confronti di quello che si può definire l’Italian Style of Life, con un'attenzione crescente alle tradizioni ed al patrimonio enogastronomico del nostro Paese.

In termini percentuali, sul totale degli arrivi, quelli per turismo culturale rappresentano: l’80% dei turisti da USA, Spagna e Portogallo; l’85% dei giapponesi; il 52% degli svizzeri e dei francesi; il 60% dei turisti dei Paesi Bassi; il 40% dei belgi e lussemburghesi; il 60% degli scandinavi; il 70% degli indiani. In Germania in alcuni periodi dell’anno la richiesta delle informazioni da parte dei turisti tedeschi e rivolta per il 70% al segmento Arte e cultura. I numeri del turismo cosiddetto culturale sono interessanti: nel 2011 il 36% degli arrivi in Italia sono stati registrati nelle città d'Arte. Si parla di 36.961.108 persone recate nel Bel Paese a scopo culturale.

7. Elaborazione ONT su dati Istat. Movimento esercizi ricettivi dal 2007 al 2011

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Sono cifre importanti queste, il problema, però, è che di culturale in questo turismo, c'è ben poco: spesso si serve al turista un pacchetto preconfezionato, che prevede solo fugaci visite, veloci e poco approfondite, a quelle che sono le bellezze artistiche e paesaggistiche della città visitata. Inoltre, la cultura offerta è a solo uso del turismo, non dà quindi veri significati culturali. Per non parlare, poi, degli abitanti del luogo, spesso non consultati, che si trovano a far fronte ai prezzi crescenti dei servizi, all'impatto che l'ingente numero di turisti provoca sull'ambiente, senza beneficiare dei proventi ottenuti dall'attività turistica, che raramente vengono reinvestiti nelle attività culturali.

Per ovviare a questi aspetti negativi, di quello che potenzialmente è un ottimo settore economico, bisogna sviluppare il corrente tipo di turismo in modo sostenibile, interagendo profittevolmente con economisti e tecnici dell'Arte e della cultura.

Tornando al peso che la cultura riveste nell'economia nazionale, si può vedere come le industrie culturali e creative siano un pilastro del made in Italy: durante questi anni di crisi economica si è registrato un aumento dell'export legato a questo settore del 35% , pari a quarantun miliardi e trecento milioni di euro.

Non solo, anche le sponsorizzazioni sono cresciute nel 2013 del 6,3%, giungendo a quota centocinquantanove milioni di euro, a differenza di quelle negli altri settori, che hanno invece subito un costante calo.

I dati sopra riportati sono notevoli, ma mostrano anche, che dato il potenziale nazionale, si potrebbero raggiungere traguardi ben più importanti, con un'opportuna e oculata gestione ottenuta dalla collaborazione tra i professionisti dei diversi settori coinvolti. Inoltre, la figura emergente del Manager dei Beni Culturali dovrebbe essere incentivata, dal momento che coniuga le diverse necessità grazie ad una preparazione multidisciplinare.

Il futuro dell'economia della cultura deve puntare sulle industrie culturali, che comprendono non solo i musei e i bene culturali propriamente detti, ma anche lo spettacolo, le arti performative, le nuove arti, l'editoria e il turismo, e sui loro mercati, cercando di arginarne i problemi, alzando il livello di occupazione e reddito.

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2.1 La domanda di Arte

In origine il pittore dipingeva per un committente, che commissionava l'opera. Questa poteva essere richiesta con un soggetto, un tema specifico, oppure poteva essere lasciata libera iniziativa all'artista.

Dal sedicesimo secolo si sviluppa un vero e proprio mercato di opere d'Arte ad Amsterdam, in seguito all'aumento della domanda d'Arte da parte della sempre più florida borghesia. Emergono, in questo contesto, la figura del broker, l'intermediario puro, e quella del dealer, ossia il mercante vero e proprio.

I pittori, per stare al passo con il crescere della domanda, tendono a specializzarsi su temi caratteristici apprezzati dagli acquirenti, come ad esempio le nature morte.

I mercanti, vedendo quali soggetti vengono maggiormente acquistati, commissionano ai pittori varie opere con lo stesso soggetto, differenziando così il prodotto sia orizzontalmente che, talvolta, verticalmente.

In questo modo, il mercante e il mercato acquisiscono sempre più peso: oltre a valutare il merito artistico dell'opera, i migliori e più noti erano chiamati a valutarne anche il valore economico, stabilendone il prezzo, compito generalmente affidato alla critica. Successivamente, nell'Ottocento in Francia, si sviluppano i Saloon, esposizioni di quadri dove era possibile acquistare le opere.

Gli Impressionisti non vengono ammessi e le loro tele sono acquistate da alcuni esperti intenzionati a rivenderle: nasce così la figura del gallerista.

Il mercato artistico era comunque molto diverso da quello che intendiamo oggi, nonostante l'incertezza, in questo campo, resti comunque un elemento con cui confrontarsi.

Definire il prezzo di un bene artistico è per certi aspetti paragonabile a definire quello per gli altri beni: il prezzo è legato al costo di produzione.

Ciò avviene in modo molto più labile nel caso delle arti visive, dove il prezzo di offerta derivava dalla qualità artistica (non tutte le caratteristiche sono oggettivamente misurabili e passibili di valutazione monetaria; la soggettività è comunque un elemento da tenere presente), tranne nel caso in cui il valore viene determinato dalla domanda, come accade quando si ha una quantità fissa di merce, come le tele di Tiziano: il prezzo dipende dal desiderio del pubblico di acquistare l'opera; tanto maggiore è l'interesse,

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tanto più il prezzo salirà, essendo fisso il numero di quadri.

Le caratteristiche principali dei beni artistici (soprattutto per quanto riguarda le arti visive) sono:

• eterogeneità, sono beni molto diversi tra loro, sia per soggetti che per materiali, stili o significati. Nessun bene è uguale ad un altro, non esistono sostituti perfetti e quindi l'artista gode, in un certo senso, di potere di monopolio;

• durata nel tempo, molto elevata. Spesso più invecchiano e più aumenta il loro valore;

search goods, beni in cui è possibile individuare a priori la qualità (per esempio

un'opera di un noto e quotato artista);

experience goods, beni in cui è possibile individuare la qualità solo dopo averne

fruito (ad esempio un'opera letteraria);

credence goods, beni in cui la qualità non può essere valutata con oggettività

neanche dopo il consumo (i dipinti in genere);

hidden property goods, beni il cui valore è stabilito a posteriori dai gatekeepers,

gruppo di agenti ai quali viene riconosciuto il ruolo di guida per la valutazione del valore artistico e monetario.

Inoltre spesso gli acquirenti e gli offerenti non sono pienamente a conoscenza del valore artistico del bene in questione. Si possono quindi presentare situazioni di:

– informazione simmetrica, entrambe le parti possiedono tutte le informazioni rilevanti ai fini dello scambio.

Supponendo di avere due parti, A e B, e un solo venditore, C, che offre due dipinti che possono essere di alta oppure bassa qualità. A possiede un reddito Ya e ha un prezzo di riserva per il bene di alta qualità pari a Xa, mentre per quello di bassa qualità, di Za.

B invece spenderebbe fino a Xb per la qualità alta e fino a Zb per quella bassa. C espone i prezzi delle due opere: Xc per la qualità alta e Zc per quella bassa. A vuole quello di qualità alta e risparmia R rispetto al suo prezzo di riserva; B vuole il quadro di bassa qualità e risparmia anch'esso R .

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Si ha così uno scambio ottimale dove tutti sono soddisfatti e si ottiene un ammontare massimo di scambio;

– asimmetria informativa, deriva dalla distribuzione non uniforme delle informazioni. Alcuni individui possiedono informazioni, rilevanti ai fini dello scambio, che le controparti non hanno.

In questo caso gli acquirenti non conoscono la qualità del bene, il venditore invece sì.

A e B sanno però che un quadro è vero mentre l'altro è falso, anche se non possono distinguerli, attribuiscono così una probabilità di 12 a ciascuna

possibilità. Essendoci la probabilità 1

2 di acquistare un falso, è disposto a pagare un prezzo Pa che è la media ponderata dei prezzi di riserva da lui scelti Stesso ragionamento per B che pur cercando il falso, può incappare nell'acquisto del quadro autentico, ed è quindi disposto a pagare un prezzo Pb maggiore.

Essendo entrambi, Pa e Pb , inferiori al prezzo stabilito da C per l'opera autentica, questo verrà ritirato dal mercato. Di conseguenza A e B, sapendo che acquisterebbero il quadro falso, tornano al prezzo di riserva iniziale per l'opera di valore inferiore.

L'opera verrà quindi acquistata dal primo che la vede.

Si evince, quindi, che in questo mercato si ha un esito inefficiente, poiché viene esclusa l'alta qualità e inoltre il numero di scambi si riduce15. L'efficienza si può raggiungere se C decide di intraprendere un comportamento di tipo non opportunistico nei confronti degli acquirenti, evitando di maggiorare il prezzo della merce di bassa qualità, guadagnandosi così una reputazione di onestà e credibilità, eliminando l'incertezza;

– disinformazione simmetrica, nessuna delle parti possiede le informazioni necessarie.

Anche in questo caso la probabilità di acquistare il bene di alta o bassa qualità è di 1

2 . C valuta i due quadri allo stesso modo, i due dipinti sono quindi posti in vetrina allo stesso prezzo.

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A e B si comportano come se si trovassero in una situazione di asimmetria informativa.

Risulta, quindi, più difficile occuparsi di Arte e beni culturali, rispetto alle merci di consumo tradizionale. Come è stato detto, non è facile stabilirne il prezzo, il valore, l'autenticità, sopratutto per quanto concerne l'Arte contemporanea, ci si deve affidare agli esperti oltre che al proprio gusto, per gli investimenti e gli acquisti. Per quanto riguarda, invece, la pura fruizione, allora è sempre utile, bello e importante, farne esperienza il più possibile e per tutto il corso della propria vita.

Un'altra complicazione deriva dalla natura dei beni culturali: spesso infatti essi sono beni pubblici, e quindi sono per definizione non rivali e non escludibili. Il principio di escludibilità è la proprietà in forza alla quale ad un individuo può essere impedito l'uso di un bene: i beni pubblici sono non escludibili in quanto non è possibile escludere dalla fruizione chi non ha pagato (per esempio, è impossibile escludere dalla visita di un museo statale ad ingresso libero, e sovvenzionato anche dagli introiti derivanti dalle imposte, un evasore fiscale). Il principio di rivalità è la proprietà in forza della quale l'uso da parte di un individuo di un bene o di un servizio, ne limita la possibilità di godimento da parte di un altro: i beni pubblici sono non rivali poiché la fruizione di un'opera d'Arte senza danneggiarla, la visita ad un museo, da parte di un soggetto economico, non riduce o limita la possibilità agli altri soggetti economici di esperirne. Il consumatore privato, in questa situazione, può non essere disposto a pagare per usufruire del suddetto bene, dal momento che una volta erogato, può comunque goderne. Dunque, l'individuo singolo tenderà a far ricadere sugli altri consumatori la spesa di produzione e di erogazione, senza manifestare la propria preferenza e quindi una domanda esplicita per il bene culturale, rivelando un comportamento da free rider: ossia il comportamento opportunistico che si sviluppa a causa della non escludibilità del bene artistico, poiché ogni soggetto economico, egoisticamente, preferisce che sia qualcun'altro a pagare per il bene pubblico; considerato che il prezzo che copre il costo del bene pubblico è pari alla somma verticale delle valutazioni marginali individuali, la sottovalutazione da parte degli individui porterà ad avere un prezzo per il bene che sarà inferiore al suo costo di produzione. Queste caratteristiche fanno sì che un privato non abbia interesse a produrre o erogare questi servizi, poiché la produzione li indurrebbe ad una perdita, che perciò vengono presi a carico dello Stato, con un costo che ricade sulla fiscalità ordinaria. La soluzione ottimale sarebbe quella di distribuire il costo di

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produzione in maniera proporzionale al consumo di ciascuno: risulta però, comunque, molto difficile che il singolo soggetto economico esponga le proprie preferenze o la sua disponibilità a pagare, e inoltre, è altrettanto complicato riuscire a stabilire efficacemente il giusto bacino di utenza.

Risulta chiaro, dopo aver analizzato le difficoltà presenti sia nella produzione che nell'erogazione di beni e servizi artistici, così come nell'acquisto degli stessi, dovuti proprio alla loro natura complessa, che anche la domanda di Arte non è semplice da definire. Infatti sono molteplici le cause che spingono alla fruizione artistica: non solo l'interesse personale, ma anche l'istruzione, la curiosità, le mode. Coloro poi che “domandano” Arte possono essere consumatori di tipo diverso, con radici culturali e interessi differenti, con motivazioni opposte, possono essere esperti o visitatori disattenti, possono essere appassionati o addicted (cioè assuefatti).16 La domanda d'Arte proviene, però, non solo da singoli consumatori, ma anche dalle istituzioni, che richiedono in modo esplicito e formale determinati contenuti; dal sistema scolastico, che pur chiedendo sempre in modo esplicito, cerca, però, un accordo con chi eroga i servizi culturali e artistici; dagli studiosi, che inviano precise richieste, dettagliate e approfondite, che il sistema deve riuscire a soddisfare con puntualità.

Nonostante la moltitudine di sfaccettature presenti in questo campo, è possibile avere un quadro generico di come è cambiata la domanda di beni culturali negli ultimi anni; chi sono coloro che ne godono maggiormente, quanto incide la spesa culturale all'interno delle famiglie. Seppure non sia un'analisi onnicomprensiva, ma fornisca solo una visone generale, una media dei dati raccolti, è indicativa e interessante da valutare, per capire come viene vissuto dalla popolazione il bisogno di esperire l'Arte.

Negli ultimi vent'anni il settore Arte e cultura ha beneficiato di una domanda in costante crescita, sia da parte dei residenti, che da parte dei turisti, giunti nel nostro Paese perché attirati, anche, dalle straordinarie bellezze che vi sono presenti.

Nonostante la crisi economica internazionale, infatti, la domanda non è diminuita: dal 2001 al 2011, anzi, la spesa culturale degli italiani è aumentata del 26,3% . Dal 2012, invece, si assiste a un leggero calo del 4, 4% . La presenza dei singoli visitatori nei musei o degli spettatori a teatro, non è invece diminuita, restando pressoché costante, tralasciando il picco avuto nel 2011, con cifre di molto superiori alla media, con una

16 Delle diverse tipologie di consumatore parlerò dettagliatamente nei paragrafi 2.3.1 – 2.3.4; l'addiction sarà invece argomento centrale del capitolo 3.

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conseguente diminuzione nell'anno successivo.17

Nei grafici che seguiranno, è facile seguire l'andamento storico sia dei visitatori culturali che della spesa culturale all'interno delle famiglie. Ciò che, però, emerge lampante, al si là delle cifre e delle stime, è che la voce cultura riveste comunque un peso troppo lieve all'interno dei bilanci. La cultura non è una priorità per le famiglie, come non lo è per la politica, che riduce di anno in anno i fondi del FUS18 ad esempio, così come il budget del Mibact, che in dieci anni ha visto abbassare del 27% il suo valore19.

8. Visitatori culturali dal 1996 al 2012, elaborazione e dati Federculture

9. Spesa culturale nelle, elaborazione Federculture su dati ISTAT

17 Dati Istat.

18 Il FUS è il Fondo Unico per lo Spettacolo.

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Ciò che non emerge da questi dati, ma che è possibile valutare sfogliando le tavole di dati dell'Istat20, è che esiste un enorme divario all'interno della popolazione: questa che risulta è, infatti, una stima, una media, di quanto nelle famiglie si spenda per il settore culturale, ma se il 75,3 % dichiara di essere stato, negli ultimi dodici mesi, almeno una volta al museo o ad una mostra, è solo l' 8,1% ad averne fruito più di sette volte. Quindi anche i frequentatori assidui, i più interessati , svolgono comunque meno di un'attività culturale al mese. È quindi fondamentale, date le potenzialità, ma anche date le esternalità positive generate dalla cultura, incentivare il più possibile la domanda.

2.2 I fattori che influenzano la domanda

Come si è visto nel paragrafo precedente, la domanda culturale è sfaccettata e differentemente segmentata. Diversamente, però, dalle richieste proveniente dalle istituzioni o dagli addetti ai lavori, che sono poco influenzabili e tendenzialmente stabili, la domanda del pubblico di consumatori è più generica e di conseguenza maggiormente condizionabile. È, perciò, quest'ultimo segmento che analizzerò con maggiore attenzione, mostrando quali sono i fattori che spingono alla scelta e alla fruizione di questi beni, come si formano i gusti e le abitudini del consumatore, quali interazioni sociali emergono, e come si è giunti ad ipotizzare un modello di addiction che presuppone una dipendenza e un'assuefazione ai beni culturali.

Una prima considerazione riguarda le rappresentazioni artistiche a teatro, che si ripropongono per lunghi periodi e anche in luoghi differenti: la ripetizione dei repertori è una costante in determinati Festival o in taluni Teatri21: questo può essere spiegato per la presenza di consistenti abitudini di consumo, che quindi rendono chiaro quali opere siano apprezzate e quali invece vengano snobbate dal pubblico.

L'analisi della domanda si sviluppa seguendo, poi, due filoni:

– analisi della domanda aggregata, in cui non ci si riferisce ad uno specifico

20 http://www.istat.it/it/files/2014/11/C08.pdf

21 Heilbrun J., Empirical Evidence of a Decline in Repertory Diversity among America Opera Companies 1991/92 to 1997/98, Journal of Cultural Economics, 25, 2001.

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soggetto economico, ma al consumatore medio, capace di rappresentare, grosso modo, l'intera collettività; esso vede cambiare, nel corso del tempo, il reddito medio, il titolo di studio, l'età, la posizione sociale. Dallo studio empirico dei dati emersi, si nota come il consumo aggregato di questi beni e servizi è funzione negativa del prezzo del bene e del prezzo del tempo libero, mentre è funzione positiva della diffusione e del livello di prezzo dei beni sostituti e della media del reddito. Inoltre è possibile constatare come cambiano le abitudini di consumo e come si evolvono i gusti;

– analisi della domanda individuale, i cui dati derivano da indagini dirette e coprono un limitato intervallo temporale, non consentendo, quindi, di apportare aggiustamenti dinamici. In questo tipo di analisi emerge, però, oltre a ciò che viene riportato anche nei report della domanda aggregata, l'influenza delle caratteristiche personali di ogni soggetto economico, quali l'età, il sesso, reddito, il titolo di studio, l'impiego, la posizione sociale, sulle decisioni prese, distinguendo tra consumo e non consumo di Arte, tra le diverse tipologie di consumo. L'età può essere considerata una discriminante, ad esempio, perchè i gusti che si hanno da ragazzi in fatto di film sono spesso molti diversi in età adulta; i film d'azione sono preferiti dagli uomini, mentre le donne prediligono i generi romantici e sentimentali; un titolo di studio superiore presuppone una maggiore esposizione all'Arte e alla cultura, e quindi una fruizione passata più consistente rispetto a un possessore di titoli di studio inferiori. Inoltre, ad un livello di istruzione maggiore, corrisponde anche un grado di addiction al consumo di beni d'Arte più forte che prevale sull'effetto del reddito, poiché un alto reddito provoca solamente un limitato incremento della domanda dal momento che, con esso, cresce anche il costo del tempo del soggetto e ciò porta ad una situazione paradossale: il progresso economico dovrebbe permette di disporre di una quantità di tempo libero crescenti, ma man mano che aumenta la ricchezza, aumentano anche le possibilità di consumo e, di conseguenza, il tempo libero disponibile sarà minore rispetto a prima e anche più costoso, perchè sottrarre tempo al lavoro significa rinunciare a parte del profitto. Questo porta ad un paradosso, poiché l’aumento di ricchezza e una maggiore istruzione, creano assuefazione, ma anche se si possono comprare più beni, e si ha potenzialmente i mezzi per fruirne in modo maggiore, scegliendo la qualità migliore, si dispone di minor tempo libero per goderne.

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