• Non ci sono risultati.

Sviluppo di una metodologia per la simulazione CFD di una ruota tacchettata posta in rotazione a contatto con il suolo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sviluppo di una metodologia per la simulazione CFD di una ruota tacchettata posta in rotazione a contatto con il suolo"

Copied!
159
0
0

Testo completo

(1)

Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di ingegneria civile e industriale

Corso di laurea in Ingegneria Aerospaziale

Sviluppo di una metodologia per la

simulazione CFD di una ruota

tacchettata posta in rotazione a

contatto con il suolo

Candidato: Luigi Pezzotta

Relatori:

Prof. Ing. Giovanni Lombardi Ing. Marco Maganzi

(2)

2

SOMMARIO

In un comune autoveicolo le ruote contribuiscono alla resistenza aerodinamica per circa il 25%, di conseguenza intervenire nello studio aerodinamico delle ruote influisce significativamente sulla diminuzione generale della resistenza aerodinamica. Lo studio approfondito dell’aerodinamica dalla ruota è stato trascurato rispetto ad altre componenti della vettura: bisogna considerare infatti che la ruota di per sé è un corpo particolarmente tozzo, quindi caratterizzato da grosse zone di separazione del flusso che inducono forti vortici e turbolenze nel campo. Inoltre, essa è posta in rotazione, interagendo così con il suolo e con il passaruota che la contiene. I problemi su detti sono particolarmente stringenti nell’analisi di simulazioni CFD (Computational Fluid Dynamics) basate su un approccio di tipo RANS (Reynolds averaged Navier Stokes equations), di conseguenza in letteratura vi è scarsità di studi e dati al riguardo.

Nel presente lavoro di tesi vengono analizzate diverse metodologie di simulazione CFD, nell’ambito del software STAR CCM+, di una ruota posta in rotazione a contatto con il suolo. Il seguente lavoro non ha un dato sperimentale di riferimento, di conseguenza si analizzano diverse metodologie CFD che modellizzano la fisica del problema in modo differente. In particolare, si vuole valutare la metodologia di simulazione per la tacchettatura dello pneumatico della ruota, cercando di capire qual è il metodo con il miglior rapporto accuratezza / costo computazionale. Si cerca quindi, di modellizzare inizialmente il problema nei modi più semplici e computazionalmente meno esosi per poi passare a modalità di simulazione più complesse e costose, le quali si avvicinano di più alla fisica reale del problema in esame. Grazie al confronto e allo studio dei risultati ottenuti si valuta l’affidabilità dei modelli più semplici indicando infine i giusti accorgimenti tali da garantire un’accuratezza adeguata per i processi di progettazione industriale.

(3)

3

INDICE

SOMMARIO ... 2 1. INTRODUZIONE ... 5 1.1. GENERALITÀ ... 5 1.2. METODI ED OBIETTIVI ... 8

1.3. AERODINAMICA DELLA RUOTA ISOLATA ... 9

2. MODELLIZZAZIONE CFD CLASSICA ... 13

2.1. MODELLI “MOVING WALL” E “REFERENCE FRAMES” ... 13

2.2. ANALISI DELLA RUOTA SLICK ... 15

2.3. ANALISI DELLA RUOTA CON SCANALATURE LONGITUDINALI 33 2.4. ANALISI DELLA RUOTA CON SCANALATURE LONGITUDINALI E TRASVERSALI ... 45

3. MODELLIZZAZIONE CFD “OVERSET MESH ZERO GAP” ... 63

3.1. MODELLO “OVERSET MESH” E “OVERSET MESH ZERO GAP” 63 3.2. ANALISI DELLA RUOTA SLICK CON IL MODELLO “OVERSET MESH ZERO GAP” ... 68

3.3. ANALISI DELLA RUOTA TACCHETTATA CON IL MODELLO “OVERSET MESH ZERO GAP” ... 95

4. CONCLUSIONI ... 136

4.1. ANALISI DEI RISULTATI ... 136

4.2. SVILUPPI FUTURI ... 141

INDICE DELLE FIGURE ... 144

INDICE DELLE TABELLE... 158

BIBLIOGRAFIA ... 159 RINGRAZIAMENTI ... Errore. Il segnalibro non è definito.

(4)
(5)

5

1. INTRODUZIONE

1.1. GENERALITÀ

Attraverso diverse soluzioni ingegneristiche, lo sviluppo del design automobilistico tende sempre più ad una riduzione del consumo di combustibile fossile e delle emissioni di C02. Negli ultimi decenni, in particolare, con l’aumento della potenza

computazionale ed il conseguente sviluppo di software CFD sempre più accurati si è posta particolare attenzione sulla ricerca aerodinamica del veicolo, considerandola una delle parti centrali della progettazione. Si deve considerare infatti, che già alla velocità di percorrenza di una comune strada extraurbana (circa 70 km/h) il 75/80% della potenza erogata dal motore di una vettura moderna viene utilizzata per vincere la resistenza aerodinamica generata dal moto relativo che si instaura tra aria e vettura stessa (Osho, 1998).

Figura 1.1. Potenza erogata in funzione della velocità di percorrenza e del coefficiente di resistenza aerodinamica (Buresti).

(6)

6 Inoltre, particolare attenzione è stata posta anche dal mondo del Motorsport dove la ricerca della prestazione è strettamente collegata ad una gestione ottima dell’efficienza aerodinamica, cercando il perfetto bilanciamento tra le componenti verticali e orizzontali della forza aerodinamica agente sulla vettura.

Figura 1.2. Vettura da corsa a ruote scoperte (Toro Rosso STR12, Formula 1).

In un comune autoveicolo contribuiscono alla resistenza aerodinamica per circa il 70% la scocca, per circa il 25% le ruote con i rispettivi passaruota e per circa il 5% il radiatore e i condotti interni alla vettura (Buresti). Questo aspetto mette in risalto come intervenire nello studio aerodinamico delle ruote possa influire significativamente sulla diminuzione generale della resistenza aerodinamica. Nonostante ciò, non risulta semplice, data la sua particolare complessità, effettuare analisi aerodinamiche accurate del flusso intorno alla ruota. Bisogna considerare infatti che la ruota di per sé è un corpo particolarmente tozzo, quindi caratterizzato da grosse zone di separazione del flusso che inducono forti vortici e turbolenze nel campo. Inoltre, essa è posta in rotazione, interagendo così con il suolo e con il passaruota che la contiene.

(7)

7

Figura 1.3. Visualizzazione del flusso attorno ad una vettura stradale.

Figura 1.4. Impronta sul suolo della ruota.

I problemi su detti sono particolarmente stringenti nell’analisi di simulazioni CFD basate su un approccio di tipo RANS. Infatti, lo studio approfondito dell’aerodinamica dalla ruota è stato più trascurato rispetto ad altre componenti della vettura, e di conseguenza in letteratura vi è scarsità di studi e dati al riguardo.

(8)

8

1.2. METODI ED OBIETTIVI

Nel seguente lavoro si cerca di superare i problemi relativi alla rotazione della ruota andando a modellizzarla semplificando la fisica del problema. La prima semplificazione adottata nel corso dell’intero lavoro di tesi è stata considerare la ruota non all’interno del passaruota ma isolata. Questa semplificazione del problema elimina tutte le interazioni aerodinamiche con il resto della vettura riducendo i corpi da analizzare, rendendo così più leggero il “peso” computazionale. Infatti, va considerato che l’obbiettivo della seguente tesi non è analizzare una specifica ruota tacchettata ma trovare una metodologia di analisi CFD generale che possa essere poi usata industrialmente sul particolare modello di pneumatico progettato. Bisogna anche ricordare, però, che lo studio aerodinamico della ruota isolata può risultare di particolare interesse per il settore del motorsport dove vi è la presenza di diverse categorie di vetture a ruote scoperte. Seguendo sempre la stessa filosofia progettuale, si adotta un modello geometrico di ruota semplificato. Si è realizzata, infatti, una ruota simmetrica, per la quale si sono eliminati ogni dettaglio di una ruota reale, mantenendo però le dimensioni caratteristiche di una comune ruota da vettura stradale.

L’obbiettivo della tesi è studiare un metodo di simulazione CFD per una ruota tacchettata. Si è scelto però di eseguire un’analisi “graduale”, partendo dallo studio di una ruota slick, ovvero con superficie del battistrada liscia e senza scanalature, per poi passare, inserendo le scanalature, ad una ruota completamente tacchettata. Questa scelta è dovuta al fatto che la ruota slick, essendo caratterizzata da un modello geometrico più semplice, è computazionalmente meno esosa, di conseguenza risulta più agevole eseguire un’analisi di sensibilità ai vari settaggi di una simulazione CFD. Si valutano i modelli più usati e semplici che riproducono in modo fittizio la rotazione della ruota. Da questa approfondita analisi si traggono tutti i settaggi che saranno utilizzati nell’analisi dei modelli di ruota con scanalature. Successivamente si simulano le ruote con sole scanalature longitudinali e poi anche con quelle trasversali, ottenendo una ruota tacchettata. Non si ha a disposizione un dato sperimentale di riferimento, di conseguenza non è possibile validare i risultati

(9)

9 ottenuti. Risulta quindi necessario elaborare una nuova metodologia di simulazione CFD che risulti più accurata fisicamente. Si elabora quindi, una metodologia CFD che permette la rotazione effettiva della ruota a contatto con il suolo e viene applicata alla ruota slick e alla ruota tacchettata. L’impostazione di questa metodologia porta a tempi e costi di calcolo notevolmente più alti rispetto ai modelli più semplici. Grazie a questi risultati è possibile avere un confronto e capire l’accuratezza dei modelli più semplici e la possibilità che questi possano essere utilizzati con affidabilità dal mondo industriale.

1.3. AERODINAMICA DELLA RUOTA ISOLATA

Si richiamano ora brevemente dei cenni generali sull’aerodinamica della ruota isolata tratti da lavori sperimentali e CFD che riportano le caratteristiche principali del flusso intorno alla ruota.

Uno dei lavori sperimentali più estesi e approfonditi è stato quello eseguito da Fackrell (“The Aerodynamics of an Isolated Wheel Rotating in Contact with the Ground”, 1974). Il lavoro sperimentale fu basato sull’utilizzo di una ruota isolata in rotazione su un piano mobile, sostenuta da un apposito sistema di fissaggio e di misura delle forze, come illustrato in figura 1.5.

(10)

10 Il risultato chiave trovato da Fackrell fu che la ruota in rotazione generava meno portanza e resistenza dell’equivalente ruota stazionaria.

Sfruttando anche i risultati ottenuti dell’analisi CFD, si è evidenziato come il punto di separazione superiore del flusso si sposta in avanti con la messa in rotazione della ruota. Inoltre, nel caso della ruota in rotazione, si ha un incremento del Cp (coefficiente di pressione) nella zona in cui la ruota va a schiacciarsi al suolo.

Figura 1.6. Foto delle linee di fumo sul battistrada della ruota in rotazione a sinistra, ferma a destra (Fackrell, 1974).

Figura 1.7. Visualizzazione CFD del flusso intorno ad una ruota in rotazione a sinistra, ferma a destra (“Validation of AcuSolve for Automotive External Aerodynamics”, Dr. Lee Axon).

(11)

11

Figura 1.8. Valore del coefficiente di pressione (cp) sulla superficie della ruota ferma (linea tratteggiata)

ed in rotazione (linea continua).

Questi risultati sono stati spiegati dal fatto che quando la ruota è in rotazione, nella zona in cui la superficie del battistrada si congiunge continuamente al suolo, si crea un effetto di pompaggio. Risulta infatti, una continua espulsione di flusso verso l’esterno in direzione laterale creando due forti vortici sui lati della ruota vicino al suolo. Questo fenomeno è causa dell’incremento del cp.

Figura 1.9. I tre sistemi principali di vortici che si originano dalla ruota e vanno a confluire nella scia, secondo Fackrell.

La rotazione della ruota genera inoltre un particolare strato limite sulle superfici del battistrada. Infatti, il flusso alla parete ha la stessa velocità della superficie, ma appena fuori dalla parete interagisce con il flusso asintotico esterno. Di conseguenza, dal valore di velocità tangenziale della superficie esterna del battistrada, la velocità del flusso va ad annullarsi per poi cambiare direzione e seguire il flusso asintotico, come illustrato in figura 1.10. Il fenomeno di separazione del flusso è quindi fortemente influenzato dalla rotazione della ruota.

(12)

12

(13)

13

2. MODELLIZZAZIONE CFD CLASSICA

Nel seguente capitolo verranno analizzate le modalità di simulazione CFD della ruota solitamente utilizzate in campo di progettazione industriale. Esse si basano sull’utilizzo di modelli che semplificano molto la fisica del problema in esame al fine di ottenere una netta riduzione dei tempi e dei costi computazionali. Si analizzeranno tre differenti tipologie di ruote: ruota slick (pneumatico liscio), ruota con tre scanalature longitudinali e una ruota con scanalature sia longitudinali che trasversali (pneumatico tacchettato). Esse verranno analizzate utilizzando i modelli “Moving Wall” e “Reference Frames” attraverso simulazioni sia stazionarie che non stazionarie. Si analizzeranno i precedenti modelli e si confronteranno i risultati ottenuti tra le diverse geometrie analizzate e i rispettivi modelli utilizzati.

2.1. MODELLI “MOVING WALL” E “REFERENCE

FRAMES”

I modelli “Moving Wall” e “Reference Frames” sono modelli utilizzati per riprodurre l’effetto della rotazione della ruota senza che questa giri effettivamente. Questo implica la possibilità di utilizzare griglie di calcolo non rotanti e di conseguenza l’utilizzo di simulazioni stazionarie che risultano le meno onorese sia in termini di costi che di tempi. La non rotazione della ruota implica una fondamentale semplificazione nella zona di contatto tra ruota e suolo. Infatti, questa si realizza già da CAD (Computer Aided Drafting) e rimane fissa nel tempo così come il resto della geometria.

Nel modello “Moving Wall” si impone alla superficie della ruota una condizione di velocità tangenziale (𝑉) del tipo:

(14)

14 Dove:

• Ω: Velocità angolare della ruota; • 𝑅: Raggio della ruota.

Figura 2.1. Moto di puro rotolamento tra ruota e suolo. Velocità di rotazione (𝛚) della ruota in

relazione alla velocità asintotica (𝑽) e al raggio della ruota (𝑹).

Questo modello viene utilizzato anche per riprodurre la velocità del suolo. Infatti, come per ogni simulazione CFD o prova sperimentale in galleria del vento, il corpo da analizzare è fermo mentre l’aria e il suolo si muovono su di esso.

Nel modello “Reference Frames” si impone all’interno di un volume fluido un moto di rotazione, anche in questo caso senza modificare la posizione della mesh. Questo modello viene utilizzato nelle simulazioni che prevedono regioni fluide con moti rotatori dominanti, come ad esempio eliche o rotori. Le regioni fluide alle quali verrà assegnato tale modello saranno caratterizzate da superfici di interfaccia che le mettono in relazione con il resto della regione fluida con la quale possono scambiare flusso e quantità fisiche. Questo modello si applica alle regioni fluide “interne” della ruota come le razze del cerchione o le scanalature degli pneumatici. Le superfici che non sono in contatto con il resto della regione fluida ma con una parete solida della ruota saranno automaticamente trattate con il modello “Moving Wall”.

(15)

15

2.2. ANALISI DELLA RUOTA SLICK

Il modello CAD realizzato per studiare il comportamento della ruota e l’effetto delle scanalature degli pneumatici è semplificato rispetto alla geometria di una vera ruota di un’automobile. Esso, oltre ad avere una simmetria perfetta tra la parte destra e sinistra della ruota, non presenta tutti i dettagli di una ruota vera. Questa scelta è stata fatta al fine di una semplificazione che comporta una riduzione dei tempi e dei costi computazionali ed è giustificata dal fatto che l’obbiettivo è trovare una metodologia generale di analisi CFD del problema e non di lavorare su un singolo caso specifico.

Le dimensioni della ruota scelta fanno riferimento ad una comune ruota da 16 pollici di un autoveicolo stradale. Le misure specifiche dello pneumatico sono riportate all’interno della sigla di riferimento; per lo pneumatico scelto essa sarà:

205/55 R16 (91V) Dove:

• 205: rappresenta la larghezza dello pneumatico in millimetri;

• 55: è il rapporto in percentuale tra l’altezza del fianco e la larghezza dello pneumatico. In questo caso, l’altezza dello pneumatico è pari al 55% della larghezza, ovvero 112,75 mm;

• R16: indica il diametro del cerchio su cui deve essere montato lo pneumatico ed è espresso in pollici;

• 91: indica l’indice di carico, ovvero il carico massimo che lo pneumatico può sopportare;

• V: indica il codice di velocità, ovvero la velocità massima per la quale è omologato lo pneumatico.

(16)

16

Figura 2.2. Modello CAD realizzato ed utilizzato per l’analisi CFD.

L’effetto dello schiacciamento della ruota dovuta al fatto che su di essa normalmente agisce il peso dell’autoveicolo è realizzato tagliando il modello nella parte inferiore.

Riguardo l’impostazione fisica del problema si è scelto di simulare una ruota isolata immersa in un flusso a 35 m/s. Questa velocità sarebbe dovuta alla velocità di traslazione del veicolo al quale è attaccata la ruota e coincide con la velocità dei punti sull’asse di rotazione della ruota stessa. Tra ruota e suolo si instaura un moto di puro rotolamento al quale corrisponde una velocità di rotazione della ruota pari a 110.7594937 rad/s.

Come introdotto precedentemente, i modelli fisici per la riproduzione della rotazione della ruota sono il “Moving Wall” e il “Reference Frames”. Per la ruota slick si è adottato il modello “Reference Frames” per le 5 regioni di fluido all’interno delle razze, mentre per tutto il resto delle superfici si è adottato il modello “Moving Wall”. All’interno del software CFD per applicare i due modelli contemporaneamente è necessario dividere il dominio fluido in due zone: una regione interna alle razze nella quale applicare il modello “Reference Frame” ed

(17)

17 una comprendente tutto il resto, comprese le superfici esterne della ruota, sulle quali applicare il modello “Moving Wall”.

Figura 2.3. Superficie della ruota sulla quale viene applicato il modello “Moving Wall”.

Figura 2.4. Regione fluida comprendente l’interno delle razze sulla quale applicare il modello “Reference Frames”.

(18)

18 Si riportano nelle figure 2.4 e 2.5 i settaggi utilizzati nel software CFD.

(19)

19

Figura 2.6. Impostazione del modello “Reference Frames” applicato alla regione interna della ruota.

Al fine di garantire la comunicazione e lo scambio di flusso e quantità fisiche tra le due regioni è necessario gestire le superfici di interfaccia. Esse nel caso di interesse sono 5 per lato e sono piane. Queste superfici non sono “solide” ma solo di connessione, infatti su di esse non viene applicato nessun modello fisico particolare.

(20)

20

Figura 2.7. Superfici di interfaccia (in giallo).

Nella figura 2.8 è rappresentato il risultato dell’impostazioni eseguite sui modelli “Moving Wall” e “Reference Frames”. Di seguito, in figura 2.9 si può osservare, in una simulazione completata, il flusso sulle superfici di interfaccia. Si osserva che su queste il flusso non presenta una condizione di rotazione perfetta. Infatti, queste superfici fanno interagire il flusso esterno con il flusso interno alle razze della ruota. Il primo proviene da una condizione di flusso asintotico rettilineo, il secondo è in rotazione essendoci applicato il modello “Reference Frames”. Ne risulta una condizione di flusso mista, influenzata da queste due diverse condizioni di flusso.

(21)

21

Figura 2.8. Rappresentazione del modulo di velocità sulla superficie della ruota (“Moving Wall”) e streamlines sul piano di simmetria nella regione interna delle razze del cerchione (“Reference Frame”).

Figura 2.9. Rappresentazione del modulo di velocità sulla superficie della ruota (“Moving Wall”) e sulle superfici di interfaccia.

(22)

22 Per questo tipo di ruota (Slick) è stata eseguita un’analisi di sensibilità rispetto a: raffinatezza della griglia, tipo di cella e tipo di modello di turbolenza utilizzato. Inoltre, sono state eseguite simulazioni CFD non stazionarie per comprendere il comportamento nel tempo del flusso attorno alla ruota.

La discretizzazione della mesh è stata variata principalmente sul battistrada (sulla superficie larga dello pneumatico) dove ci si aspetta la separazione del flusso. Sono stati utilizzati volumi di infittimento e refinement di scia. Di seguito si riportano nelle immagini da 2.10 a 2.14 le differenze tra le griglie utilizzate.

Figura 2.10. Vista da dietro della mesh di volume da 2.2 milioni di celle trimmate. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 4 mm.

(23)

23

Figura 2.11. Vista da dietro della mesh di volume da 5 milioni di celle trimmate. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 4 mm con i raccordi a 2 mm.

Figura 2.12. Vista da dietro della mesh di volume da 7 milioni di celle trimmate. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 4 mm mentre sui raccordi è più estesa la mesh da 2 mm.

(24)

24

Figura 2.13. Vista da dietro della mesh di volume da 10 milioni di celle trimmate. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 4 mm e 2 mm mentre sui raccordi è da 1mm.

Figura 2.14. Vista da dietro della mesh di volume da 20 milioni di celle trimmate. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 1 mm.

I tipi di cella simulati sono le trimmate e le poliedriche. Di queste ultime si sono analizzate tre griglie diverse per ripetere l’analisi effettuata per le trimmate. Si

(25)

25 riporta, a titolo di esempio, in figura 2.15 una scena che riporta una griglia realizzata con celle di tipo poliedriche.

Figura 2.15. Vista della mesh di volume da 7.5 milioni di celle poliedriche. Sulla superficie del battistrada la mesh di superficie è di 5 mm con i raccordi a 2 mm.

I modelli di turbolenza adottati sono: il K-Epsilon Realizable, il K-Omega SST e il Reynolds Stress Model.

Infine, sono state eseguite tre simulazioni non stazionarie. Si è scelto di simulare un tempo di 5 secondi con un time step-pari a 0.01 secondi. Le condizioni iniziali alle simulazioni non stazionarie sono le tre simulazioni stazionarie andate a convergenza con il modello K-Epsilon Realizable, con celle di tipo trimmate da 5, 10 e 20 milioni di celle.

I risultati ottenuti sono riassunti nella tabella 2.1. In essa viene indicata anche la dimensione della cella di superficie sulla superficie del battistrada. Il 𝐶𝐷 viene calcolato rispetto ad: una densità 𝜌 = 1.225 𝑘𝑔 𝑚⁄ 3, una velocità di riferimento pari a quella asintotica 𝑈∞= 35 𝑚 𝑠⁄ e come superficie di riferimento la sezione

(26)

26 Analisi Di Sensibilità CD Deviazione Standard Dimensione Griglia Costo computazionale Numero di celle (trimmate / K-Epsilon Realizable)

2.2 milioni 0.856 0.00463 4 mm 8 core / 8.3 h

5.0 milioni 0.858 0.00086 4 / 2 mm 8 core / 17.1 h 7.0 milioni 0.855 0.00137 4 / 2 mm 256 core / 1.1 h 10.0 milioni 0.837 0.00352 4 / 2 / 1 mm 256 core / 1.6 h

20.0 milioni 0.832 0.00390 1 mm 256 core / 2.9 h

Tipo di cella (poliedrica / K-Epsilon Realizable)

2.3 milioni 0.873 0.00595 6 / 2 mm 8 core / 11.5 h 4.9 milioni 0.884 0.00586 6 / 1 mm 256 core / 1.5 h 7.5 milioni 0.879 0.00712 5 / 1 mm 256 core / 2.6 h

Modello di turbolenza (10 milioni / trimmata)

K-Epsilon Realiz. 0.837 0.00352 4 / 2 / 1 mm 256 core / 1.6 h K-Omega SST 0.838 0.01642 4 / 2 / 1 mm 256 core / 2.8 h RSM 0.799 0.01360 4 / 2 / 1 mm 256 core / 4.2 h

Non stazionario (trimmata / K-Epsilon Realizable)

5.0 milioni 0.843 0.00037 4 / 2 mm 256 core / 0.3 h 10.0 milioni 0.828 0.00066 4 / 2 / 1 mm 256 core / 0.4 h

20.0 milioni 0.825 0.00085 1 mm 256 core / 0.9 h

Tabella 2.1. Risultati dell’analisi di sensibilità sulla ruota slick.

Dall’analisi dei risultati si nota che è forte la sensibilità alla mesh sulla superficie del battistrada. Questo è giustificato dal fatto che la resistenza generata dalla ruota è strettamente correlata alla separazione del flusso. La ruota, infatti, essendo un corpo tozzo presenta un’estesa zona di separazione che influisce per la maggior parte sulla resistenza globale generata. Una buona discretizzazione della superficie è quindi importante per individuare con più accuratezza la zona separata e di

(27)

27 conseguenza il valore della resistenza. Dall’analisi si evince che intorno ad una discretizzazione di 2 / 1 mm si raggiunge l’indipendenza di griglia e il valore del CD si assesta intorno a 0.83. Da questa analisi, si è valutato che le simulazioni

successive saranno eseguite con questo tipo di discretizzazione superficiale, con celle di tipo trimmate che permettono minori tempi e costi computazionali rispetto alle poliedriche e con K-Epsilon Realizable come modello di turbolenza che si è dimostrato il più stabile e affidabile dei modelli provati.

Dall’analisi non stazionaria si evince una diminuzione di circa un decimale del valore del coefficiente di resistenza. Si riporta nelle figure da 2.16 a 2.19 l’andamento nelle iterazioni e nel tempo della forza di resistenza e dei residui della simulazione non stazionaria da 20 milioni di celle.

Figura 2.16. Andamento dei residui nelle iterazioni della simulazione non stazionaria da 20 milioni di celle. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non stazionaria.

(28)

28

Figura 2.17. Andamento dei residui nelle iterazioni della simulazione non stazionaria da 20 milioni di celle. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non stazionaria.

Figura 2.18. Andamento della forza di resistenza nelle iterazioni della simulazione non stazionaria da 20 milioni di celle. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non stazionaria.

(29)

29

Figura 2.19. Andamento della forza di resistenza nel tempo della simulazione non stazionaria da 20 milioni di celle.

Si riportano di seguito delle visualizzazioni ottenute dalle simulazioni eseguite.

Figura 2.20. Visualizzazione scalare del modulo della velocità sul piano di simmetria della simulazione da 20 milioni di celle.

(30)

30

Figura 2.21. Visualizzazione scalare del modulo della velocità sul piano y = -0.07 m della simulazione da 20 milioni di celle.

Figura 2.22. Visualizzazione scalare dello sforzo tangenziale di parete sulla superficie della ruota della simulazione da 20 milioni di celle.

(31)

31

Figura 2.23. Visualizzazione di un’isosuperficie del modulo di vorticità pari a 1000 𝒔−𝟏.

Figura 24.24. Visualizzazione scalare del modulo della vorticità nei piani: x = 0 m, x = -0.25 m, x = -0.5 m, x = -0.75 m, x = -1 m.

(32)

32

Figura 2.25. Visualizzazione scalare del modulo della velocità sul piano x = 0.0 m della simulazione da 20 milioni di celle.

Figura 2.26. Visualizzazione scalare del modulo della velocità sul piano x = -0.5 m della simulazione da 20 milioni di celle.

(33)

33

2.3. ANALISI

DELLA

RUOTA

CON

SCANALATURE LONGITUDINALI

Il modello CAD utilizzato per lo studio delle scanalature longitudinali è quello adoperato per lo studio della ruota slick ma con la presenza di tre scanalature 10x10mm che percorrono radialmente l’intera ruota, come mostrato in figura 2.27.

Figura 2.27. Ruota con scanalature longitudinali.

Con la presenza delle scanalature si sono adottati due metodi di risoluzione. Il primo metodo consiste nel trattare le superfici delle scanalature come nel caso della ruota slick, ovvero imporre il modello “Reference Frames” solo alle regioni interne alle razze applicando il modello “Moving Wall” a tutto il resto, scanalature comprese. Il secondo metodo consiste invece nel generare una regione fluida all’interno delle scanalature e applicare il modello “Reference Frames” ad essa oltre che ovviamente alla regione interna delle razze. Nel resto delle superfici, compresa la porzione di superficie che va da una scanalatura all’altra si applica il modello “Moving Wall”, come riportato nelle figure 2.28 e 2.29.

(34)

34

Figura 2.28. Superficie della ruota sulla quale viene applicato il modello “Moving Wall”.

Figura 2.29. Regione fluida comprendente l’interno della ruota e l’interno delle scanalature sulla quale applicare il modello “Reference Frames”.

(35)

35

Figura 2.30. Impostazione del modello “Reference Frames” applicato alla regione interna della ruota e alle scanalature longitudinali.

Figura 2.31. Superfici di interfaccia (in giallo) della regione interna alle razze e delle scanalature longitudinali.

(36)

36

Figura 2.32. Modello «M. W.» per le superfici esterne della ruota (scanalature comprese). Modello «R. F.» per le regioni fluide interne alle razze.

Figura 2.33. Modello «M. W.» per le superfici esterne della ruota escluse le scanalature. Modello «R. F.» per le regioni fluide interne alle scanalature e alle razze.

Come nel caso della ruota slick, l’applicazione del modello “Reference Frames” richiede la gestione delle superfici di interfaccia. In questo caso oltre alle superfici relative alla zona interna tra le razze della ruota devono essere presenti anche tre superfici di interfaccia relative alle scanalature.

(37)

37 La mesh generata fa riferimento alle conclusioni fatte dall’analisi di sensibilità della ruota slick. La superficie del battistrada viene dunque discretizzata con celle da 2 mm con infittimenti da 1 mm sulle scanalature longitudinali. Nonostante la stessa discretizzazione superficiale, le mesh dei due metodi utilizzati non possono essere perfettamente uguali. Questo è dovuto al fatto che nel modello “Reference Frames” le scanalature appartengono ad un’altra regione rispetto al resto della ruota, ne consegue che esse sono relative ad un comando “Automated Mesh” differente. La mesh di volume che ne consegue è di 10.5 milioni di celle per il modello “Moving Wall” e di 9.7 milioni per il modello “Reference Frames”. Si riporta in figura 2.34 una visualizzazione della mesh di volume del modello “Moving Wall”.

Figura 2.34. Vista da dietro della mesh di volume del modello “Moving Wall”.

Si riassumono nella tabella 2.2 i risultati ottenuti dall’applicazione delle due diverse modalità di risoluzione descritte precedentemente. Della simulazione che utilizza il modello “Reference Frames” anche nelle scanalature si è eseguita un’analisi non stazionaria come nel caso della ruota slick. Inoltre, è stata analizzata anche una ruota con una scanalatura dal profilo 5x6 mm per valutare, in prima analisi, l’effetto della dimensione della scanalatura. Va sottolineato però che l’utilizzo di questo profilo costringe a realizzare celle di dimensioni molto piccole, dell’ordine del

(38)

38 mezzo millimetro, che portano ad una mesh di dimensioni molto più grandi (20 milioni).

Tre scanalature 10x10mm, trimmata, 10.5 milioni, K-Epsilon Realizable

“Moving Wall” (1) CD = 0.842 Dev. St. = 0.00237 2 / 1 mm, 10.5 mil. “Refer. Frames” (2) CD = 0.848 Dev. St. = 0.00124 2 / 1 mm, 9 mil. “Refer. Frames” Non Stazionario CD = 0.836 Dev. St. = 0.00067 2 / 1 mm, 9 mil.

Tre scanalature 5x6mm, trimmata, 21 milioni, K-Epsilon Realizable

“Moving Wall” CD = 0.851 Dev. St. =

0.00515

2 / 1 / 0.5 mm, 20.5 mil. “Refer. Frames” CD = 0.859 Dev. St. =

0.00424 2 / 1 / 0.5 mm, 19.5 mil. “Refer. Frames” Non Stazionario CD = 0.846 Dev. St. = 0.00224 2 / 1 / 0.5 mm, 19.5 mil.

Tabella 2.2. Risultati dell’analisi sulla ruota con scanalature longitudinali.

Dall’analisi dei risultati si nota la differenza tra le due metodologie utilizzate. Il modello “Reference Frames” in entrambe le ruote analizzate è caratterizzato da un CD più elevato rispetto al modello “Moving Wall”. Inoltre, come per le slick si nota

una diminuzione della resistenza nelle simulazioni non stazionarie.

Per motivi di costo e tempo computazionale speso si sceglie di fissare la dimensione del profilo a 10x10 mm per tutte le analisi successive sulle scanalature.

Si riportano nelle figure da 2.35 a 2.38 l’andamento nelle iterazioni e nel tempo della forza di resistenza e dei residui della simulazione non stazionaria del profilo della scanalatura 10x10 mm con il modello “Reference Frames”.

(39)

39

Figura 2.35. Andamento dei residui nelle iterazioni della simulazione non stazionaria del profilo della scanalatura 10x10mm. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non stazionaria.

Figura 2.36. Andamento dei residui nel tempo della simulazione non stazionaria del profilo della scanalatura 10x10mm.

(40)

40

Figura 2.37. Andamento della forza di resistenza nelle iterazioni della simulazione non stazionaria del profilo della scanalatura 10x10mm. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non

stazionaria.

Figura 2.38. Andamento della forza di resistenza nel tempo della simulazione non stazionaria del profilo della scanalatura 10x10mm.

Si riportano di seguito delle visualizzazioni ottenute dalle simulazioni eseguite. In particolare, si evidenzia la differenza nel flusso all’interno della scanalatura longitudinale. Inoltre, si evidenzia come il resto del flusso (scia) è simile al caso della ruota slick.

(41)

41

Figura 2.39. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Moving Wall”.

Figura 2.40. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(42)

42

Figura 2.41. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Moving Wall”.

Figura 2.42. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(43)

43

Figura 2.43. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione delle streamlines sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Moving Wall”.

Figura 2.44. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione delle streamlines sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(44)

44

Figura 2.45. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano x = 0.0 m, x = -0.25 m, x = -0.5m, x = -0.75 m, x = -1.0m della simulazione della ruota slick.

Figura 2.46. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano x = 0.0 m, x = -0.25 m, x = -0.5m, x = -0.75 m, x = -1.0m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(45)

45

2.4. ANALISI

DELLA

RUOTA

CON

SCANALATURE

LONGITUDINALI

E

TRASVERSALI

Il modello CAD utilizzato per lo studio della ruota con scanalature longitudinali e trasversali (ruota tacchettata) è quello adoperato per lo studio della ruota slick ma con la presenza di tre scanalature longitudinali 10x10 mm che percorrono l’intera ruota e con scanalature trasversali distanziate tra loro ogni 10 gradi con lo stesso profilo, come mostrato in figura 2.47.

Figura 2.47. Ruota con scanalature longitudinali e trasversali.

Procedendo come con la ruota con le sole scanalature longitudinali, anche in questo caso si sono adottati due metodi di risoluzione. Il primo metodo consiste nel trattare le superfici delle scanalature come nel caso della ruota slick, ovvero imporre il modello “Reference Frames” solo alle regioni interne alle razze e lasciando il modello “Moving Wall” a tutto il resto, scanalature comprese. Il secondo metodo consiste invece nel generare una regione fluida all’interno delle scanalature e applicare il modello “Reference Frames” ad essa oltre che ovviamente nella regione interna delle razze. Nel resto delle superfici, compresa la porzione di superficie che

(46)

46 va da una scanalatura all’altra si applica il modello “Moving Wall”, come riportato nelle figure 2.48 e 2.49.

Figura 2.48. Superficie della ruota sulla quale viene applicato il modello “Moving Wall”.

Figura 2.49. Regione fluida comprendente l’interno della ruota e l’interno delle scanalature sulla quale applicare il modello “Reference Frames”.

(47)

47

Figura 2.50. Impostazione del modello “Reference Frames” applicato alla regione interna della ruota e alle scanalature.

Figura 2.51. Superfici di interfaccia (in giallo) della regione interna alle razze e delle scanalature longitudinali e verticali.

Come nel caso della ruota slick, l’applicazione del modello “Reference Frames” richiede la gestione delle superfici di interfaccia. In questo caso oltre alle superfici

(48)

48 relative alla zona interna tra le razze della ruota devono essere presenti anche le superfici di interfaccia relative alle scanalature.

Figura 2.52. Modello «M. W.» per le superfici esterne della ruota (scanalature comprese). Modello «R. F.» per le regioni fluide interne alle razze.

Figura 2.53. Modello «M. W.» per le superfici esterne della ruota escluse le scanalature. Modello «R. F.» per le regioni fluide interne alle scanalature e alle razze.

(49)

49 La mesh generata fa riferimento alle conclusioni fatte dall’analisi di sensibilità della ruota slick. La superficie del battistrada viene dunque discretizzata con celle da 2 mm con infittimenti da 1 mm sulle scanalature. Nonostante la stessa discretizzazione superficiale, le mesh dei due metodi utilizzati non possono essere perfettamente uguali. Questo è dovuto al fatto che nel modello “Reference Frames” le scanalature appartengono ad un’altra regione rispetto al resto della ruota, ne consegue che esse sono relative ad un comando “Automated Mesh” differente. La mesh di volume che ne consegue è di 14 milioni di celle per il modello “Moving Wall” e di 13 milioni per il modello “Reference Frames”. Si riporta in figura 2.54 e 2.55 la mesh di volume del modello “Moving Wall”.

(50)

50

Figura 2.55. Vista della mesh di volume del modello “Moving Wall”. Sono presenti box di infittimento sia cilindrici che cubici.

Si riassumono nella tabella 2.3 i risultati ottenuti dall’applicazione delle due diverse modalità di risoluzione descritte precedentemente. Della simulazione che utilizza il modello “Reference Frames” anche nelle scanalature si è eseguita un’analisi non stazionaria come nel caso della ruota slick.

scanalature 10x10mm, trimmata, K-Epsilon Realizable

“Moving Wall” (1) CD = 0.712 Dev. St. = 0.00014 2 / 1 mm, 14 mil. “Refer. Frames” (2) CD = 0.594 Dev. St. = 0.00028 2 / 1 mm, 13 mil. “Refer. Frames” Non Stazionario CD = 0.594 Dev. St. = 0.00061 2 / 1 mm, 13 mil.

Tabella 2.3. Risultati dell’analisi sulla ruota con scanalature longitudinali e trasversali (tacchettata).

Dall’analisi dei risultati è evidente la differenza tra i due modelli utilizzati. Infatti, in questo caso il modello “Moving Wall” non sembra riprodurre con efficacia l’effetto di fuoriuscita trasversale del flusso attraverso le scanalature trasversali.

(51)

51 Questo è dovuto al fatto che una condizione di velocita tangenziale imposta sulle superfici delle scanalature diventa più complessa. Infatti, l’orientazione delle superfici verticali delle scanalature trasversali tende ad essere perpendicolare al vettore velocità imposto dovuto alla rotazione della ruota.

Rispetto al caso di ruota slick e ruota con le sole scanalature longitudinali, si ha un netto calo della resistenza aerodinamica. Questo fatto è riconducibile all’analisi dell’aerodinamica dei corpi tozzi. Infatti, in un corpo tozzo la resistenza è strettamente correlata ai vortici da esso generati nella scia. Un regolare e alternato vortex shedding può esserci solo se la linea di separazione è rettilinea. In questo caso i vortici sono forti e concentrati e la frequenza di vortex shedding è ben definita. Se invece la linea di separazione è “ondulata” o irregolare, il vortex shedding è anch’esso irregolare, di conseguenza l’energia contenuta nella scia è più bassa (Buresti).

Figura 2.56. Cilindro con vortex shedding regolare e concentrato a sinistra, cilindro con scia diffusa a destra (Buresti).

Figura 2.57. Lastra piana perpendicolare al flusso. La lastra di sinistra ha un CD ≈ 1.8. La lastra di

(52)

52 Questo fenomeno aerodinamico spiega come in questo caso non sia presente una differenza tra l’analisi stazionaria e non stazionaria. Viene a mancare infatti, una frequenza dominante del vortex shedding.

Si riportano nelle figure da 2.58 a 2.61 l’andamento nelle iterazioni e nel tempo della forza di resistenza e dei residui della simulazione non stazionaria con il modello “Reference Frames”.

Figura 2.58. Andamento dei residui nelle iterazioni della simulazione non stazionaria con il modello “Reference Frames”. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non stazionaria.

Figura 2.59. Andamento dei residui nel tempo della simulazione non stazionaria con il modello “Reference Frames”.

(53)

53

Figura 2.60. Andamento della forza di resistenza nelle iterazioni della simulazione non stazionaria con il modello “Reference Frames”. La simulazione è stazionaria fino a 5000 iterazioni, poi diventa non

stazionaria.

Figura 2.61. Andamento della forza di resistenza nel tempo della simulazione non stazionaria con il modello “Reference Frames”.

Si riportano di seguito delle visualizzazioni ottenute dalle simulazioni eseguite. In particolare, si evidenzia la differenza che c’è tra i due modelli nel flusso laterale in uscita dalle scanalature trasversali (figure da 2.64 a 2.69). Si evidenzia inoltre la

(54)

54 differenza di flusso della scia rispetto al caso di ruota slick e ruota con sole scanalature longitudinali (figure da 2.62 a 2.75).

Figura 2.62. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria della simulazione con il modello “Reference Frames”.

Figura 2.63. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano y = 0.03 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(55)

55

Figura 2.64. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano y = 0.08 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

Figura 2.65. Visualizzazione scalare dello sforzo tangenziale di parete sulla superficie della ruota della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(56)

56

Figura 2.66. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano x = 0.0 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

Figura 2.67. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano x = -0.5 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(57)

57

Figura 2.68. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione scalare della componente y di velocità sul piano x = 0.0 m della simulazione con il modello “Moving Wall”.

Figura 2.69. Ingrandimento sulla parte superiore della ruota. Visualizzazione scalare della componente y di velocità sul piano x = 0.0 m della simulazione con il modello “Reference Frames”. Si nota verso l’esterno delle scanalature il valore più elevato della velocità trasversale rispetto al modello “Moving

(58)

58

Figura 2.70. Ingrandimento sulla parte laterale della ruota. Visualizzazione scalare della componente y di velocità sul piano y = 0.11 m della simulazione con il modello “Moving Wall”.

Figura 2.71. Ingrandimento sulla parte laterale della ruota. Visualizzazione scalare della componente y di velocità sul piano y = 0.11 m della simulazione con il modello “Reference Frames”. Si nota verso l’esterno delle scanalature il valore più elevato della velocità trasversale rispetto al modello “Moving

(59)

59

Figura 2.72. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano y = -0.08 m e sul piano x = -0.5 m della simulazione della ruota slick.

Figura 2.73. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano y = -0.08 m e sul piano x = -0.5 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(60)

60

Figura 2.74. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano y = -0.08 m della simulazione della ruota slick.

Figura 2.75. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano y = -0.08 m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(61)

61

Figura 2.76. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano x = 0.0 m, x = -0.25 m, x = -0.5m, x = -0.75 m, x = -1.0m della simulazione della ruota slick.

Figura 2.77. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano x = 0.0 m, x = -0.25 m, x = -0.5m, x = -0.75 m, x = -1.0m della simulazione con il modello “Reference Frames”.

(62)

62

Figura 2.78. Visualizzazione di l’isosuperficie del modulo di vorticità pari a 1000 /s sulla ruota slick.

Figura 2.79. Visualizzazione di l’isosuperficie del modulo di vorticità pari a 1000 /s della simulazione con modello “Reference Frames”.

(63)

63

3. MODELLIZZAZIONE CFD “OVERSET MESH

ZERO GAP”

Nel seguente capitolo verranno analizzate le modalità di simulazione CFD della ruota utilizzando il modello Overset Mesh Zero Gap. Questo tipo di simulazione modellizza più accuratamente la fisica del problema in esame, infatti mette effettivamente in rotazione l’intera ruota. Le simulazioni che ne risultano sono decisamente più esose a livello di costi e tempi computazionali. Verranno prese in analisi il caso di ruota slick e il caso di ruota tacchettata. Si analizzerà il settaggio di questo tipo di simulazioni e si discuterà dei problemi di questa particolare modellizzazione CFD.

3.1. MODELLO “OVERSET MESH” E “OVERSET

MESH ZERO GAP”

Il modello Overset Mesh Zero Gap è una particolare applicazione del più generale modello Overset Mesh. Quest’ultimo modello è usato per discretizzare un dominio fluido con 2 o più mesh differenti che si muovono l’una rispetto all’altra. La suddivisione è caratterizzata da una regione di “Background” che solitamente è ferma e rappresenta la galleria di prova e una regione, detta di “Overset”, che incorpora l’oggetto in movimento. Le due mesh vengono inizialmente generate separatamente. Successivamente il volume di celle della regione di Overset viene automaticamente sottratto da quello di background, ottenendo così la mesh sulla quale svolgere la soluzione CFD. L’utilizzo di questa metodologia permette quindi di non dover modellizzare nessuna fisica di rotazione, infatti non si utilizzano i modelli “Moving Wall” e “Reference Frames”. L’effettiva rotazione dell’intera ruota si porta con sé tutte le pareti solide, incluse ovviamente le razze del cerchione e la tacchettatura.

(64)

64

Figura 3.1. Una banana. Quest'immagine serve a creare l'indice delle figure.

La simulazione è ovviamente non stazionaria. Il movimento della regione di Overset è strettamente legato al time-step imposto, infatti la mesh si modifica, in questo caso seguendo il moto di rotazione, ogni time-step. Attraverso le interfacce, create automaticamente da Star CCM+, si ha lo scambio di flusso e quantità fisiche tra le due regioni attraverso set di celle donatrici (“Donor Cells”) e accettatrici (“Acceptor Cells”) che vengono create e aggiornate dal software in ogni time-step. Per il corretto funzionamento del modello “Overset Mesh” occorre avere la stessa dimensione di celle all’interfaccia tra regione di Background e di Overset. Inoltre, si deve scegliere un time-step tale per cui, all’interfaccia, l’ampiezza dello spostamento di una cella da un time-step ed il successivo non sia superiore alla misura locale di circa due celle.

Uno dei problemi principali dello studio di una ruota posta in rotolamento su una superficie è proprio la zona di contatto tra esse, ovvero simulare il contatto tra pneumatico e suolo. A causa del peso stesso della ruota e del peso che graverà su di essa, la ruota non è tangente al suolo ma si schiaccia su di esso generando un’impronta piana. Con i modelli “Moving Wall” e “Reference Frames” il problema non sussiste perché, essendo la ruota ferma, l’impronta è generata direttamente da CAD e rimane ferma nel corso della simulazione. Nel caso del modello “Overset Mesh” questa procedura non è possibile perché la ruota, girando, porterebbe in rotazione l’impronta. Oltre a questo immediato ed evidente problema,

(65)

65 c’è da considerare il fatto che nel modello “Overset Mesh” è necessario che la superficie di interfaccia tra regione di Background e Overset sia sufficientemente lontana dalle superfici della regione di Background. Questo nel caso di ruota appoggiata al suolo è evidentemente impossibile, come illustrato in figura 3.2 e 3.3.

Figura 3.2. Visualizzazione sul piano di simmetria della mesh della regione di Background e della regione di Overset.

Figura 3.3. Zoom sulla zona dell’impronta sul piano di simmetria della mesh della regione di Background e della regione di Overset.

(66)

66 Per ovviare ai suddetti limiti del modello “Overset Mesh” si è utilizzato il modello “Overset Mesh Zero Gap”. Questo modello è usato quando è presente una configurazione “Zero Gap”, ovvero quando le superficie di una regione di Overset e una di background, o anche le superfici tra due regioni di Overset, vengono a trovarsi al di sotto di una certa distanza, tangenti o tra loro intersecanti. Quando si utilizza l’”Overset Mesh Zero Gap”, lo “Zero Gap Wall Boundary” è automaticamente creato in ognuna delle regioni. Durante la simulazione, se il processo di Overset individua che la distanza tra due zero gap wall boundaries di entrambe le regioni è meno del valore di default di tre celle, le celle nel gap diventano inattive. Le facce delle celle tra quelle attive e quelle inattive sono collocate all’interno degli zero gap wall boundaries. Si riporta a titolo di esempio, in figura 3.4 e 3.5, un’immagine tratta dal manuale di STAR CCM+ che illustra il funzionamento di tale processo.

Figura 3.4. Visualizzazione delle due mesh prima dell’applicazione del modello di Overset Mesh Zero Gap (Manuale di STAR CCM+).

(67)

67

Figura 3.5. Visualizzazione delle due mesh dopo l’applicazione del modello di Overset Mesh Zero Gap (Manuale di STAR CCM+).

Utilizzando questa metodologia è stato possibile analizzare il caso di ruota slick e tacchettata, risolvendo il problema dell’impronta sul suolo. Nei paragrafi seguenti si analizzerà in dettaglio i due casi in analisi.

(68)

68

3.2. ANALISI DELLA RUOTA SLICK CON IL

MODELLO “OVERSET MESH ZERO GAP”

Il modello geometrico di ruota è ovviamente lo stesso di quelli usati precedentemente. La differenza è nella zona di impronta tra ruota e suolo, infatti mentre prima l’impronta era generata direttamente da CAD, ora si utilizza un modello di ruota perfettamente cilindrico. L’impronta verrà generata automaticamente dal modello Overset mesh zero gap. Si riporta in figura 3.6 il modello di ruota slick all’interno della regione cilindrica di Overset.

Figura 3.6.Visualizzazione del modello geometrica utilizzato. In blu la regione di background, in rosso la regione di Overset.

Il lavoro fatto su questo tipo di simulazione ha portato anche un’ulteriore modifica nella regione di background. Si è visto che generare una “tasca” nel suolo perfettamente uguale alla ruota, rendendo il contatto perfettamente tangente, permette una migliore gestione del conto CFD. Così facendo infatti, la superficie del battistrada e quella del suolo è a distanza costantemente nulla per tutta l’impronta. Si riporta in figura 3.7 la sola regione di background con la tasca cilindrica.

(69)

69

Figura 3.7. Zoom nella zona dell’impronta nella regione di background.

L’impostazione del problema CFD è basata su un’analisi non stazionaria che permette di creare automaticamente, selezionando le regioni di background e Overset, l’opzione “Overset Mesh Zero Gap”.

Figura 3.8. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Creazione dell’interfaccia di Overset.

L’opzione “Overset Mesh Zero Gap”, come precedentemente spiegato, crea automaticamente l’interfaccia di “Overset Mesh Zero Gap” e i “Zero Gap Wall”.

(70)

70 L’interfaccia è la superficie che delimita le due regioni, mentre i boundaries “Zero Gap Wall” contengono le facce delle celle tra quelle attive e inattive, delimitando così le dure regione e l’impronta al suolo.

Figura 3.9. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Vengono evidenziati i due boundaries ZeroGapWall e l’interfaccia di Overset.

È scelta l’opzione “Distance weighted” per l’interpolazione delle celle donatrici e accettatrici nell’interfaccia di Overset. L’opzione scelta si basa sulla distanza delle quattro più vicine celle considerate.

Figura 3.10. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Impostazione delle opzioni di interfaccia.

(71)

71 Il numero di layers di celle scelto dove far applicare il modello “Overset Mesh Zero Gap” è quello di default (3).

Figura 3.11. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Impostazione del numero di layers che partecipano alla creazione dell’impronta.

Si applica all’intera regione di Overset il moto di rotazione. Questo fa sì che tutta la mesh della regione di Overset ruoti sull’asse di rotazione. Quindi non risulta necessario nessun modello aggiuntivo (“Moving Wall” o “Reference Frames”) per modellizzare la rotazione della ruota e delle scanalature.

(72)

72

Figura 3.12. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Impostazione del moto di rotazione della regione Overset.

Figura 3.13. Impostazione del problema CFD del modello Overset Zero Gap Mesh. Creazione del moto di rotazione della ruota.

(73)

73 Dopo aver impostato i suddetti settaggi del modello “Overset Mesh Zero Gap” e i settaggi sulla fisica generale del problema (Velocità all’Inlet, sul suolo, ecc.) si realizzano le mesh delle due regioni in analisi utilizzando il comando “Automated mesh” scegliendo come celle quelle di tipo trimmate.

Figura 3.14. Visualizzazione in trasparenza delle due mesh. In primo piano, in rosso, la mesh della regione di Overset.

Figura 3.15. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background. In vista anche la mesh sul piano di simmetria (y = 0 m).

(74)

74

Figura 3.16. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background. In vista anche la mesh sul piano di simmetria (y = 0 m) e sul piano x = 0 m.

La mesh che ne risulta conta complessivamente 13.5 milioni di celle, 5 milioni per la regione di background e 8.5 per la regione di Overset. La discretizzazione scelta sulla superficie della ruota è di 2 mm.

Si deve sottolineare che per far funzionare il modello Overset mesh zero gap bisogna dedicare molto lavoro sulla realizzazione della mesh. La stabilità della simulazione è strettamente dipendente dalla qualità della mesh, in particolare bisogna avere sulla superficie di interfaccia di Overset la stessa dimensione delle celle nella regione di Overset e in quella di background. Diventano quindi necessari degli infittimenti volumetrici specifici nella regione di background per far coincidere le due mesh, soprattutto nella zona dell’impronta, la più delicata sotto questo aspetto.

Inizializzando il problema, il software sottrae automaticamente dalla regione di background la regione di Overset creando direttamente l’impronta sul suolo. Nelle figure da 3.17 a 3.36 si riportano le visualizzazioni della mesh prima e dopo l’inizializzazione della soluzione, con i “Zero Gap Wall” in vista e nascosti.

(75)

75

Figura 3.17. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.18. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. In vista i due boundaries ZeroGapWall nella zona dell’impronta.

(76)

76

Figura 3.19. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. Si nascondono i due boundaries ZeroGapWall nella zona

dell’impronta.

Figura 3.20. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(77)

77

Figura 3.17. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. In vista i due boundaries ZeroGapWall nella zona dell’impronta.

Figura 3.18. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. Si nascondono i due boundaries ZeroGapWall nella zona

(78)

78

Figura 3.19. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.20. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. In vista i due boundaries ZeroGapWall nella zona dell’impronta.

(79)

79

Figura 3.21. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. Si nascondono i due boundaries ZeroGapWall nella zona

dell’impronta.

Figura 3.22. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background nella zona posteriore del battistrada dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap. Si nascondono i due

(80)

80

Figura 3.23. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.24. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(81)

81

Figura 3.25. Zoom sull’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.26. Zoom sull’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(82)

82

Figura 3.27. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.28. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(83)

83

Figura 3.29. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.30. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano di simmetria (y = 0 m) dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(84)

84

Figura 3.31. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.32. Visualizzazione delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(85)

85

Figura 3.33. Zoom sull’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.34. Zoom sull’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(86)

86

Figura 3.35. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m prima dell’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

Figura 3.36. Zoom su un lato dell’impronta delle mesh della regione di Overset e di background sul piano x = 0 m dopo l’applicazione del modello Overset Mesh Zero Gap.

(87)

87 L’infittimento nella zona dell’impronta è caratterizzato da celle di 2 mm. Questa necessaria discretizzazione comporta che l’interfaccia tra le due regioni, chiudendosi nell’impronta, sia caratterizzata da celle di questa dimensione che obbliga l’utilizzo di un time-step molto più basso (𝑡𝑠𝑡𝑒𝑝= 10−5 𝑠) rispetto a quello

utilizzato nei modelli non stazionari del capitolo 1 (𝑡𝑠𝑡𝑒𝑝 = 10−2 𝑠). Per contenere

i tempi e i costi computazionali si è limitato il tempo di soluzione a 0.3 s, nei quali la ruota compie 5 giri superando il transitorio iniziale. Considerando che per ogni time-step occorrono 5 iterazioni, la soluzione si otterrà dopo 150000 iterazioni. I risultati ottenuti sono riportati in tabella 3.1.

Overset Mesh Zero Gap Slick, trimmata, K-Epsilon Realizable

CD = 0.834 Dev. St. = 0.02316 2 mm, 13 mil. N° Core = 512 Tempo di calcolo ≈ 6.5 giorni (157 h)

Tabella 1.1 Risultati dell’analisi sulla ruota slick con il modello “Overset Mesh Zero Gap”.

Si riportano nelle figure da 3.37 a 3.39 i residui e l’andamento delle forze nel tempo.

Figura 3.23. Andamento dei residui nel tempo della simulazione della ruota slick con il modello “Overset Mesh Zero Gap”.

(88)

88

Figura 3.24. Andamento della forza di resistenza nel tempo della simulazione della ruota slick con il modello “Overset Mesh Zero Gap”.

Figura 3.25. Andamento della forza di resistenza negli ultimi 0.5 s della simulazione della ruota slick con il modello “Overset Mesh Zero Gap”.

Si riportano nelle figure da 3.26 a 3.37 delle scene che mostrano la simulazione. Le scene rappresentano il flusso intorno alla ruota nell’ultimo time-step calcolato (0.3 s).

(89)

89

Figura 3.26. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria (y = 0 m) in cui viene visualizzata anche la mesh.

(90)

90

Figura 3.28. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano y = -0.07 m.

Figura 3.29. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria e sul piano x = -0.5 m.

(91)

91

Figura 3.30. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria nella parte alta della ruota.

Figura 3.31. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano di simmetria nella parte bassa della ruota, dove il battistrada incontra il suolo.

(92)

92

Figura 3.32. Visualizzazione scalare sforzo tangenziale sulle superfici della ruota.

Figura 3.33. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano x = 0 m in cui viene visualizzata anche la mesh.

(93)

93

Figura 3.34. Visualizzazione scalare del modulo di velocità sul piano x = 0 m.

(94)

94

Figura 3.36. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sul piano x = -0.08 m.

Figura 3.37. Visualizzazione scalare del modulo di vorticità sui piani: x = 0 m, x = -0.25 m, x = -0.5 m, x = -0.75 m, x = -1 m.

Riferimenti

Documenti correlati

Dopo aver fatto un check generale, esprimi il tuo voto da uno a dieci:.. 1 2 3 4 5 6 7 8

Questa soluzione non ha condizioni di equilibrio e, per qualunque valore dei parametri iniziali, la massa m accelera verso “infinito”, dove ovviamente il termine “infinito” indica

Un estremo della molla ` e fissato sull’asse, mentre all’altro estremo ` e fissata una massa m che pu` o scorrere all’interno della scanalatura senza attrito. Dire in quali

Un disco di raggio R ruota con velocità angolare costante ω attorno ad un suo asse ad esso perpendicolare e passante per il suo centro O. Sopra il disco si trova,

Altri dati chiave sono l’incidenza delle patologie post parto, suddivise per mese e per ordine di parto; il momento della lattazione in cui si verifica un evento patologico

 Presentiamo la filastrocca “La settimana del pollo” (che chiederemo loro di illustrare sul quaderno) che aiuta i bambini a memorizzare la successione dei nomi

rotazione: ruota intorno al suo asse. rivoluzione: ruota intorno

Inoltre posta la particella in in punto arbitrario sulla superficie, se consideriamo il piano determinato dal suo vettore posizione rispetto al polo e dall’asse z vediamo che