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Conoscere il territorio: Arte e Storia delle Madonie. Studi in memoria di Nico Marino, Vol. II

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Conoscere il territorio:

roujKà

Arte e Storia delle Madonie

Studi in memoria di N i c o Marino

Voi. II

D

M a

a cura di

Marco Failla

Giuseppe Fazio

Gabriele Marino

mmo

Associazione Culturale «Nico Marino»

(2)

Conoscere il lerriiorio: Arie e Situiti delle Mathnie Studi in memoriti di Siro .\ {tirino, Voi. Il

A cura di Marco Fatila, Giuseppe Fazio e Gabriele Marino Associazione Culturale "Nico Marino", Lulu.com Cefalù PA, ottobre 2014

ISBN 978-1-326-03409-2 Atti della seconda edizione

Organizzata da Archeoclub d'Italia sede di Cefalù presso la Sala delle Capriate del Municipio di Cefalù e il Polo Culturale Santa Maria di Gesù, Collesano (PA), 19-20 ottobre 2012 Contributi di: Salvatore Anselmo Arturo Anzelmo Diego Cannizzaro Marco Failla Salvatore Farinella T o m m a s o G a m b a r o Gabriele Marino Angelo Pettineo Rosario Pollina Giuseppe Spallino Rosario T e r m o t t o Impaginazione e grafica: Gabriele Marino Grafica di copertina ideata da: Pia Panzarella

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Studi in memoria di Nico Marino

Voi. II

Atti della seconda edizione Organizzata da Archeoclub d'Italia sede di Cefalù presso la Sala delle Capriate del Municipio di Cefalù e il Polo Culturale Santa Maria di Gesù, Collesano (PA),

19-20 ottobre 2012 a cura di Marco Failla Giuseppe Fazio Gabriele Marino Associazione Culturale "Nico M a r i n o " Lulu.com Cefalù ottobre 2014

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Nota di cura 7 Nico Marino (scheda bìo-bibliografica) 9

GABRIELE MARINO: Nico Marino raccoglitore e custode di cose ce/aiutane 13

Programma delle giornate di studio 19

Ricerche sulla Storia e l'Arte delle Madonie

MARCO F A I L L A : I dipinti perduti, raffiguranti i sovrani normanni e svevi, della

cattedrale di Cefalù. Un'interpretazione iconologica ed un'ipotesi sulla datatone __ 23

ARTURO ANZELMO: Note a margine su Nibilio e Giuseppe Gagini come metafora

del tramonto dell'esperienza rinascimentale in Sicilia 35

DIEGO C A NTN I Z Z A R O : La traditone musicale sacra a Cefalù 67 ROSARIO T E R M O T T O : Schiavi e zingari nei paesi delle Madonie in età Moderna ___ 73

GIUSEPPE SPALLINO: Sotto il controllo del Duce. Le associazioni madonite

durante il fascismo 83

SALVATORE ANSELMO: Appunti su due opere della maniera di Petralia Sottana:

il San Carlo Borromeo in preghiera di Giuseppe Salerno e La disputa di Gesù

con Ì Dottori di anonimo pittore siciliano 89

ANGELO PETTINEO: L'inedito ruolo di Giovanbattista Vespa nell'impianto della

città ideale: dalla rifondanone di Santo Stefano di Camastra (1683) alla

ricostmzjone di Catania (1694) 97

TOMMASO GAMBARO: La produzione ceramica di Collesano nel XVII secolo 141 SALVATORE F A R I N E L L A : Matteo e Giuseppe GarìgUano, pittori gangitanì del

tardo Settecento. Un primo bilancio con una appendice su due opere inedite di

Pietro Martorana e Raffaele Visallì 151

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Contenuti del volume

Il presente volume, curato da Marco Failla, Giuseppe Fazio e Gabriele Marino per conto dell'Associazione Culturale "Nico Marino", liberamente consultabile online, con le immagini a colori, sul sito nicomarinocefalu.it (tramite la piattaforma issuu.com) e acquistabile in formato cartaceo sul sito lulu.com, raccoglie gli atti della seconda edizione delle giornate di studio "Conoscere il territorio: Arte e Storia delle Madonie. Studi in memoria di Nico Marino", organizzate dall'Archeoclub d'Italia sede di Cefalù, con la collaborazione della famiglia Marino, presso la Sala delle Capriate del Municipio di Cefalù e il Polo Culturale Santa Maria di Gesù, a Collesano, Ì giorni 19 e 20 ottobre 2012.

Oltre agli articoli ricavati dalle comunicazioni presentate all'interno delle giornate di studio, il volume include l'articolo di Gabriele Marino Nico Marino

raccoglitore e custode di cose ce/aiutane, originariamente pubblicato come Nico un(ic)o e centomila. Nico Marino tra storia, turismo e cabaret^ in "Corso Ruggero", anno I,

numero 1, Marsala Editore, Cefalù PA, agosto 2011, pp. 92403. Ringraziamenti

Maria Antonella Panzarella e Gabriele Marino desiderano ringraziare quanti hanno collaborato alla realizzazione delle giornate di studio di cui il presente volume è testimonianza e quanti hanno collaborato alla realizzazione dello stesso volume: il Comune di Cefalù; il Comune di Collesano; i soci delPArcheoclub d'Italia di Cefalù e particolarmente il Presidente Flora Rizzo; i relatori, colleghi e amici di Nico e particolarmente Rosario Termotto.

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Cefalù, 1948-2010

Figlio del D o t t . Gabriele e di Elena Bellipanni, D o m e n i c o Marino - per tutti " N i c o " - è nato a Cefalù il 30 aprile 1948, secondo di quattro fratelli.

Dalla metà degli anni Settanta, parallelamente alla carriera di attore e autore di teatro c o n il g r u p p o di cabaret-folk "I Cavernicoli" (fondato nel 1967 e m o l t o attivo, anche in ambito nazionale, tino ai primi anni Novanta), è stato u n o dei principali animatori della vita culturale della sua città, collaborando con enti pubblici, privati e associazioni, organizzando eventi, c o m p i e n d o ricerche storiche, p r o m u o v e n d o il n o m e di Cefalù in Italia e nel m o n d o .

Collezionista e guida turistica sui generis, studioso di storia e tradizioni locali, ha pubblicato una decina di libri e circa duecento tra articoli, saggi e contributi di vario tipo tutti incentrati su u n qualche aspetto della vita o della storia di Cefalù e delle Madonie.

Sposato dal 1982 con Maria Antonella Panzarella, padre di Gabriele (nato nel 1985), N i c o ci ha lasciati il 18 ottobre 2010.

Libri e curatele

- (a cura di) Mostra della iconografia storica di Cefalù (catalogo della mostra), Kefagrafìca Lo Giudice, Palermo 1992

- (e A m e d e o Tullio, a cura di) Oggetti, curiosità e bìbelots della Fondanone Mandralisca (catalogo della mostra), Kefagrafìca Lo Giudice, Palermo 1994

- Altre note di storia cefaludese (raccolta di articoli apparsi su "Il Corriere della M a d o n i e " 1989-1993), Kefagrafìca L o Giudice, Palermo 1995

- (e T o t ò Matassa, a cura di) Saluti da Cefalù. Mostra di cartoline d'epoca ed altro, (catalogo della mostra) Tipografia N u o v a Select, Cefalù P A 1995

- (e Rosario T e r m o t t o ) Cefalù e le Madonie. Contributi di storia e di storia dell'arte tra

XVII e XVIII secolo, Tipografia N u o v a Select, Cefalù P A 1996

- Enrico Piraino Barone di Mandralisca, Centro Grafica, Castelbuono P A 1999 (II ed., 2000)

- Vincenzo Cirincione. Un benemerito cefaludese collezionista e filantropo nel bicentenario

della nascita a 130 anni dalla morte, Cefalù 1803-2003, Tipolitografia Pollicino

s.n.c, Cefalù P A 2003

- La vita e le opere di Enrico Piraino Barone di Mandralisca, Officine Tipografiche Aiello & P r o v e n z a n o , per Archeoclub d'Italia sede di Cefalù, Bagheria PA 2004

- Compendio di note, appunti, indicazioni e documenti sulla storia di Cefalù, M P Grafica, per Archeoclub d'Italia sede di Cefalù, Cefalù 2005 (formato CD-R)

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— 1856 milleottocentocinquantaseì. I moti rivoluzionari cefaludesi nel centocinquantesimo

anniversario, Cefalù 25 novembre 1856-25 novembre 2006, Tipografia

Valenziano, Cefalù PA 2006

— (a cura di) Festa di Musica. Nel 25° Anniversario dell'Associamone Musicale S. Cecilia, Tipografia Valenziano, Cefalù PA 2007

— Giuseppe Giglio: Medico chinugo, ostetrico, scienziato, filantropo. Un benemerito cefaludese

nel centocinquantesimo anniversario della nascita, Cefalù 1854-2004, Marsala Editore,

Cefalù PA 2007

— Cefalù. Itinerari urbani, PRC Repubbliche, Palermo 2008

Scelta di pubblicazioni che contengono contributi di Nico Marino

— AA. W . , Il Cabaret dei Cavernicoli, Lorenzo Misuraca Editore, 1973

— AA. W . , L'Osteria Magno di Cefalù, a cura dell Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Cefalù, Palermo 1994 (II ed., 1996)

— Caterina DÌ Francesca (a cura di), Immagini per Mandralisca. Omaggio alla vita ed

alle opere del Barone Enrico Piraino, Kefagrafica Lo Giudice, Palermo 1994

— AA. W . , Omaggio alla memoria di Gabriele Ortolani di Bordonaro Principe di

Torremw^a, a cura del Comune di Cefalù, (senza dati editoriali né tipografici)

1996

— Angelo Petdneo (a cura di), I Uvolsi. Cronache d'arte nella Sicilia tra '500 e '600, BagheriaPA1997

— AA. W . , Chiese aperte a Cefalù, Tipografia Valenziano, per Archeoclub d'Italia sede di Cefalù, Cefalù PA 1997

— Pierluigi Zoccatelli (a cura di), Aleister Crowley. Un mago a Cefalù, Udizioni

Mediterranee, Roma 1998

— Nino Liberto e Steno Vazzana, Cefalù raccontata dalle fotografie di Nino Liberto, Elfil Grafiche s.a.s., Palermo 1999

— Umberto Balistreri (a cura di), Gli Archivi delle Confraternite e delle Opere Pie del

Palermitano, Circolo Cultura Mediterranea, Poligraf, Palermo 1999

— Umberto Balistreri (a cura di), Le torri di avviso del Palermitano e del Messinese, Archivi e Memorie, Poligraf, Palermo 1999

— AA. W . , Le edicole votive di Cefalù, Centro Grafica, per Archeoclub d'Italia sede di Cefalù, Castelbuono PA 2000

— AA. W . , Cefalù. Perla del Mediterraneo, Ed. Affinità Elettive, Messina 2002 — Giacinto Barbera e Marcella Moavero (a cura di), Il Liberty a Cefalù, Offset

Studio, Palermo 2005

— Vincenzo Abbate (a cura di), Giovanni Antonio Sogliani (1492-1544). Il capolavoro

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- Angela Diana Di Francesca e Caterina Di Francesca (a cura di), Cinematografari. Una lunga storia dì Cinema, Officine Tipografiche Aiello & Provenzano, per

Marsala Editore, Bagheria PA 2009

- Giuseppe Antista (a cura di), Alla corte dei Ventimiglia. Storia e committenza artìstica, Edizioni Arianna, Ceraci Siculo PA 2009

Contributi su quotidiani e periodici

A partire dal 1973, Nico Marino ha pubblicato una grande quantità di articoli dedicati a Cefalù e le Madonie. Nell'impossibilità di elencarli in questa sede, si vogliono però ricordare le principali testate su cui sono apparsi: «Il Corriere delle Madonie» (Cefalù PA), «Presenza del Murialdo» (Cefalù), «L'Eco di Gibilmanna» (Gibilmanna, Cefalù), «La Voce delle Madonie» (poi «La Voce»; Cefalù), «Cefalù InForma» (Cefalù), «Espero» (Termini Imerese PA), «Le Madonie» (Castelbuono PA), «PaleoKastro» (Sant'Agata di Militello ME), «Il Centro Storico» (Mistretta ME).

Articoli e altri testi su Nico Marino

- Peppino Ortoleva e Barbara Scaramucci (a cura di), "Via Asiago Tenda", in

L'universale Gar\antìne. Radio, Voi. N-Z, Mondadori-TV Sorrisi e Canzoni,

Milano 2006, p. 928

- Guglielmo Nardocci, La città di Ercole e dei Normanni La terra del mito (I Borghi più

belli d'Italia 12: Cefalù), in «Famiglia Cristiana» n. 36, 4 settembre 2005

(http://bit.ly/lnlY9tA)

- Roberto Alajmo, "Cefalù. L'osmosi della somiglianza prende il sopravvento", in L'arte di annacarsi. Un viaggio in Sicilia, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 215-221 - Consiglio di amministrazione della Fondazione Mandralisca, È stato un acuto

ricercatore, in «LaVoce Web», 18 ottobre 2010 (http://bit.ly/lDz7ZYG)

- (Articolo non firmato) A.ddìo a Nico Marino, anima e cofondatore dei Cavernicoli, «Giornale di Sicilia», 19 ottobre 2010

- (Articolo non firmato) È morto Nico Marino, cuore dei Cavernicoli, in «La Repubblica Palermo», 19 ottobre 2010

- Giuseppe Palmeri, Nico Marino, l'etnografo che univa ironia e ricerca, in «LaVoce Web», 20 ottobre 2010 (http://bit.ly/lwMAAVK)

- Mario Alfredo La Grua, Puoi ancora aiutarci a non sentirci soli, a crescere, in «Cefalunews.net», 23 ottobre 2010 (http://bit.ly/lv4wngQ; http://bit.ly/lCoswgX)

- Rosario Termotto, Ricordo di Nico, in «Espero» anno IV n. 43, 01 novembre 2010

- Italo Piazza, Caro Nico, ti scrivo..., in «LaVoce Web», 10 novembre 2010 (http://bit.ly/lv4wLvJ)

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— Angelo Pettineo, Eredità materiale e immateriale, in «Presenza del Murialdo» nn.

1-2, gennaio-febbraio 2011 (http://bit.ly/lusExkn)

— Gabriele Marino, Nico unficjo e centomila. Nico Marino tra storia, turismo e cabaret, in «Corso Ruggero» 1, Marsala Editore, Cefalù, agosto 2011, pp. 92-103

— Giuseppe Terregino, Nico Marino e l'epopea risorgimentale a Cefalù, in «Cefalunews», 19 settembre 2011 (http://bit.ly/luJW97P)

— Gabriele Marino, Questo era mio padre. Gabriele ricorda Nico, in «LaVoce Web», 18 ottobre 2011 (http://bit.ly/lrof8pm)

— Daniele Sabatucci, "Le origini e gli anni Sessanta", in Palermo al tempo del vinile, Dario Flaccovio, Palermo 2012, p. 37

Pagine web

— Sito: nicomarinocefalu.it

— Pagina Facebook: fb.com/nicomarinocefalu — I Cavernicoli: icavernicoli.it

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GABRIELE MARINO

Raccontare chi era Nico Marino è difficile. E non perché Nico era mio padre o perché io mi senta particolarmente inadeguato per questo compito, ma perché, semplicemente, ho paura di dimenticare qualcuna delle centomila cose che

Nico faceva ed era. Nico era una personalità poliedrica, con mille cose per la testa e

per le mani, ma riusciva sempre a ricondurre ad unum tutte le sue attività, a farle sue, a imprimervi sopra il suo modo di essere, a farle "Nico Marino" insomma. Era uno di quelli di cui si dice "più unico che raro", e lo era davvero e in tutti i sensi, tanto che a parlarne, soprattutto adesso, si rischia sempre dì sembrare esagerati. Chi lo conosceva sa cosa voglio dire. Chi non l'ha conosciuto spero possa farsi un'idea leggendo questo piccolo compendio.

Togliamoci subito l'impiccio delle date e dei dati biografici. Domenico Marino, per tutti Nico, era nato il 30 aprile 1948 a Cefalo, secondogenito di Gabriele Marino, medico chirurgo, insegnante di educazione fisica, calciatore e amministratore, ed Elena Bellipanni, bella donna dai riccioli neri e donna di casa. Si è sposato il 29 settembre 1982 con Maria Antonella Panzarella, ex ballerina classica dilettante e insegnante di matematica e fisica, da cui ha avuto un solo figlio: io, Gabriele come il nonno. I primi di settembre del 2010 gli è stato diagnosticato un mieloma multiplo in stadio avanzato e la malattia e tutto quello che ne è seguito se lo sono improvvisamente portato via la mattina del 18 ottobre successivo.

Nico ha cominciato a recitare da ragazzo nella filodrammatica dei frati cappuccini di Gibilmanna, luogo delle villeggiature estive con la famiglia, quando era piccolo, e vero e proprio locus amoenus negli anni della maturità. È stato addetto alle escursioni al villaggio Valtur di Pollina e vero e proprio animatore della Cefalù studentesca a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta: la Cefalù goliardica e godereccia, quella delle "straniere", della temutissima "Festa della Matricola", delle maxicomitive che si muovevano tra Ì locali della cittadina e le campagne del circondario (e tra queste, quelle amatissime del «Cammarone» e «Chianu Piru»). È stato tra i fondatori del club «La Caverna» (1967) e da li, assieme agli amici Leandro Parlavecchio, Gigi Nobile e Pio Pollicino, ha dato il via a una lunga carriera come attore e cabarettista ne I Cavernìcoli (dei cui testi è stato il principale autore e di cui è stato in un certo senso il frontman), carriera che lo ha portato a

1 II seguente testo, presentato qui con minimi interventi di integrazione e aggiornamento, è stato

u risina ria niL-niu pubblicato come: Gabriele Marino, Nico un(ic)o e centomila. Nico Marino tra storia,

turismo e cabaret, in "Corso Ruggero", anno 1, numero 1, Marsala Editore, Cefalù PA, agosto 2011, pp.

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calcare palcoscenici nazionali, a pubblicare tre album con la Fonit Cetra, a lavorare in radio, tv (il picco di celebrità a metà degli anni Ottanta con la prima Buona

Domenica di Costanzo) e cinema, prima di ripiegare su se stessa riducendo il

proprio campo d'azione alla sola Sicilia.

Nico è stato antiquario (il suo negozio si chiamava «La Pulce - Cose vecchie»; e di cose vecchie ne ha accumulato in quantità e di tutti i tipi per tutta la vita), ristoratore (ha lavorato nel ristorante «'U Trappitu» gestito dal cognato Francesco "Ceccone" DÌ Bianca), vetrinista e arredatore d'interni (non si era laureato in architettura per un solo esame e la tesi), artista e grafico "fai da te" (suoi sono i pupìddi delle grafiche dei Cavernicoli; alcune piccole sculture modellate con il das o con quella che lui chiamava "cerapongo"; le locandine di tante manifestazioni organizzate a Cefalù; un vero e proprio ciclo di chine, acquerelli e tempere ispirato alle figure arabeggianti dipinte sul soffitto ligneo della Cattedrale). Da ragazzo, era stato un divoratore di fantascienza (centinaia dei mitici «Urania») e con il tempo era diventato un vero esperto di film gialli (Hitchcock, Wilder, Laughton), in costume (storici, di cappa e spada, di guerra) e soprattutto western (amava John Wayne), oltre che collezionista di locandine cinematografiche.

Appassionato della storia e delle tradizioni popolari locali, Nico è stato per più dì trent'anm una guida turistica super-specìalizzata, un accanito ricercatore di qualsiasi informazione e documento sulla sua città (e documentatore a sua volta, con migliaia tra foto e diapositive), nonché collezionista, ai confinì del maniacale, dì qualsiasi libro, stampa o cartolina che riguardasse Cefalù.

Ecco, Nico è stato tutte queste cose e tutte queste cose assieme. Perché tutte queste cose erano mosse dalla stessa sconfinata passione: l'amore per la sua città. Per la quale si è speso davvero come pochi altri, promuovendola ed esportandone ìl nome in Italia e nel mondo e contribuendo a studiarla e a sviscerarne la storia fin nei più piccoli particolari.

Nico era un custode (potrei tranquillamente dire "il custode") della memoria storica, maggiore e minore, di Cefalù: ne conosceva letteralmente a memoria la toponomastica, i monumenti e persino le case private, con tutte le loro vicissitudini storiche e umane, araldiche e genealogiche, passate e presenti. La sua conoscenza attingeva da tutte le fonti possibili, dal ricordo personale, al racconto di qualche vecchio testimone di fiducia (Don Giovannino Cerami, lo zio "Turiddu" Ciclo, lo "zio" Giovanni Agnello, l'Aw. Tano Misuraca), alle fonti documentarie, ovviamente, con una predilezione per quelle secondarie, trascurate o inedite (tra le tante, il mitico manoscritto di Francesco Alessandro di Bianca). Nico era la Wikipedia di Cefalù (e con grande dispiacere aveva scoperto che nella celebre enciclopedia online la voce dedicata alla sua città ne saccheggiava gli scritti senza però citarlo).

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Era un riferimento per tutti qui "in paese" e qualsiasi manifestazione o evento, di fatto, lo vedeva in qualche modo coinvolto. È stato membro della locale sezione dell'Archeoclub d'Italia, è stato assiduo collaboratore della Fondazione Mandralisca (la cui biblioteca, assieme a quella del Seminario Vescovile, era il suo luogo di ricerca e documentazione prediletto) e del Comune di Cefalù, per conto del quale ha ideato e curato tutta una serie di manifestazioni e di eventi e per il quale è stato consulente nell'ambito della storia e delle tradizioni popolari dal 1998 al 2005. Con un simile "pedigree", era diventato un riferimento anche e soprattutto per chi a Cefalù veniva "da fuori" e aveva bisogno di informazioni, appoggio logistico, contatti e, come si direbbe in altri contesti, del giusto know-how. È così che è stato "location manager" (insomma, l'uomo chiave sul territorio) di due grosse produzioni cinematografiche girate a Cefalù: Mario e il

mago di Klaus Maria Brandauer (1993; film che ha avuto in Italia una circolazione

limitatissima e sfortunata) e II regista di matrimoni di Marco Bellocchio (2005; Nico girò anche una scena a due con Castellitto, poi tagliata, reperibile però negli extra dell'edizione dvd). Lo stesso vale per le decine di trasmissioni televisive (le varie

Linea Blu, Il Sabato del Villaggio, Sereno Variabile) e per le troupe di giornalisti e

documentaristi che periodicamente e per i motivi più diversi (le bellezze del paesaggio, la gastronomia, il soggiorno di Aleister Crowley ecc.) facevano tappa a Cefalù e trovavano in lui l'interlocutore privilegiato.

Approfondirò in altra sede la storia de I Cavernicoli e del Nico uomo di spettacolo2; occupiamoci adesso del Nico studioso di "cose cefalutane".

Mai geloso delle proprie ricerche, delle proprie scoperte e dei propri scritti (come ha sottolineato, tra gli altri, Peppino Palmeri in suo ricordo su «LaVoce Web»)3, Nico ha pubblicato circa duecento tra articoli, saggi e contributi di vario tipo su libri, quotidiani e periodici, tutti incentrati su un qualche aspetto della vita o della storia di Cefalù. E ha scritto una decina di libri: i cataloghi delle mostre

sulla Iconografia storica di Cefalù (1992) e su Oggetti, curiosità e bibelots della Fondazione

Mandralisca (realizzato assieme all'archeologo Amedeo Tullio, 1994); la raccolta di

interventi apparsi su «Il Corriere delle Madonie» A.ltre note dì storia cefaludese (1995; in cui approfondiva aspetti oscuri, controversi o addirittura del tutto sconosciuti della storia della cittadina); Cefalù e le Madonie - Contributi di storia e di storia dell'arte

tra XVII e XVIII secolo (assieme al collesanese Rosario Termotto, 1996; in cui

faceva luce sulle vicende della famiglia Duca, su alcuni aspetti della festa patronale del SS. Salvatore e sull'identità dell'autore degli stucchi absidali della Cattedrale, Scipione Li Volsi). Sue le monografie dedicate alle grandi figure filantropiche e ai grandi momenti della storia di Cefalù: il barone Enrico Piraino di Mandralisca (tre

2 A partire da un mio articolo - Non a volerò mure! Onarant'annì dì Cavernìcoli - scritto nel dicembre 2008 e rimasto finora inedito.

3 Giuseppe Palmeri, Nico Marino, l'etnografo che univa ironìa e ricerca, in «l.aV'oee Web», 20 ottobre 2010 (http://bit.ly/lwMAAVK).

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edizioni, 1999, 2000 e 2004), a cui si devono l'omonima Fondazione-Museo e il liceo, personaggio che Nico stimava e amava sopra tutti; l'avvocato Vincenzo Cirincione (2003), collezionista e benefattore; il medico-chirurgo Giuseppe Giglio (2007), a cui Cefalù deve la nascita del proprio ospedale; i moti rivoluzionari antiborbonici del 1856 che videro tra i loro protagonisti Salvatore Spinuzza e Nicola Botta (2006). Ancora, un Compendio di note, appunti, indicazioni e documenti sulla

storia dì Cefalù (su cd-r, 2005), vivace condensato della sue ricerche sulla storia

cefalutana dalle origini miriche ai nostri giorni; Festa di musica (2007), che ripercorre la vita e le opere dei principali musicisti cefalutani (Salvatore Cicero, Vincenzo Curreri, Vincenzo Maria Pintorno i più famosi); Cefalù - Itinerari urbani (2008), sorta di "contro-guida turistica" della cittadina organizzata secondo percorsi tematici (la Cefalù delle Mura e delle acque, quella ruggeriana, quella ventimigliana, della lumachella, del Cinema).

Nico ha scritto anche quattro testi teatrali, sempre di ambientazione cefalutana e di argomento storico: Giallo limone (sui fatti dell'epidemia di colera del 1837), La Fiera del SS. Salvatore (una carrellata di ritratti popolareschi), Lo sbarco di

Ruggero e II miracolo di S. Lucia (i cui titoli spiegano da sé il contenuto delle opere).

Nico non era un grande scrittore, né un accademico, ma un "erudito autodidatta", uno studioso appassionato, divorato dalla curiosità. E un grande affabulatore, con un gusto spiccato per il fatto curioso, il dettaglio nascosto, l'aneddoto rivelatore (come ha notato il giornalista di «Famiglia Cristiana» Guglielmo Nardocci)4. Un affabulatore, aggiungo io, capace letteralmente di perdersi nei propri discorsi, costruiti tra mille digressioni, mille incisi, inserti, note a lato, parentesi tonde, quadre e graffe (che spesso non si chiudevano).

Mi piace ricordare le belle parole spese da Corrado Mirto, Docente Emerito dell'Università di Palermo, durante la serata dell'estate 2008 in cui la Fondazione Mandralisca ha ripresentato al pubblico cefalutano le pubblicazioni a carattere storico di Nico: il professore ne aveva sottolineato l'uso attento delle fonti, la capacità di intuire nessi nascosti e di scavare anche in mezzo alle cose "già note" alla ricerca dei dettagli più minuti. E proprio così: Nico aveva un vero sesto senso per certi argomenti che gli stavano a cuore, sapeva quali ipotesi verificare, quali piste seguire. Mi piace ricordare le parole di Angelo Rosso durante la trasmissione dedicata da Radio Cammarata a Nico dopo la morte: sull'importanza dei troppo spesso sottostimati "storici locali" all'interno delle loro comunità e sul valore del loro operato. Mi piace ricordare quelle di Angelo Pettineo, tratte da un articolo pubblicato su «Presenza del Murialdo», che voglio riportare integralmente perché davvero capaci in poche righe di sintetizzare la poliedricità del personaggio: "Nico

Marino non era archeologo o epigrafista, non era storico dell'arte o dell'urbanistica, non era

4 Guglielmo Nardocci, ha città di Ercole e dei Normanni, la terra del mito fi Boiyjji pili belli d'Italia 12: Cefalù), in «Famiglia Cristiana» n. 36, 4 settembre 2005 ( h t t p : / / b i t . l y / l n l Y 9 t A ) .

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architetto o etno-antropologo o, ancora, marketing manager del turismo culturale: era tutto ciò che dovrebbe ispirare ciascuna di quelle 'competente' in un'unica personalità, uno stupefacente compendio delle eredità materiali ed immateriali rilasciate dalla storia di Cefalù e delle Madonie"5.

N i c o impegnato nel m o n d o dello spettacolo, versato nei suoi studi, coinvolto in ogni aspetto della vita del suo paese. Personaggio pubblico, c o m e ha scritto il Prof. Mario Alfredo La G r u a sulle colonne di «Cefalunews.net»: "Mai

guastato da ambizioni o calcoli politici; mai dì parte, mai famoso, severo con [sje stesso anche quando scher%av[a]. In ogni circostanza, pubblica o privata, la [s]uà presenta era rassicurante, ì .a s uà ìial iirale solanlà i-ra e dif/ca Iì h-. . • \ima> di lutti e di c/ji/nu]/n?'b. Reco allora iì N i c o

"privato". Sempre interessato ad approfondire la conoscenza della p e r s o n e che incontrava, a prestare loro attenzione, a dedicare loro parte del suo t e m p o . Marito e padre i n n a m o r a t o , pazientissimo e ìnca^uso, disponibilissimo e decisionista, protettivo, come solo io e mia madre possiamo sapere, ben oltre la soglia della possibile u m a n a esagerazione: che dire camurruso è dire niente.

Negli ultimi anni, forse già segnati dalla malattia, a sua e a nostra insaputa, Nico aveva mostrato u n certo distacco dalle "cose del paese", usciva e partecipava m e n o e con m e n o entusiasmo, sembrava scoraggiato, amareggiato, stanco. Nel vedere la sua Cefalù sempre m e n o atdva e reattiva, sempre più disinteressata alla propria storia e al proprio passato, sempre m e n o attenta al proprio presente, una città che andava p e r d e n d o pezzi di se stessa e pezzi della propria memoria. Massimo Genchi, nel dedicargli il p r i m o volume del lessico della cultura dialettale delle

Madonie (2010)7, opera cui N i c o aveva contributo nelle vesti di informatore

linguistico, lo ha descritto c o m e "sensìbile raccoglitore e attento custode di parole, cose e

storie cefalutane". E c c o , credo che il significato della vita e dell'opera di Nico, nella

loro globalità e unitarietà, il suo lascito insomma, si trovi tutto condensato in questa breve definizione, che va come a completare ed esplicitare la dedica che apriva Altre note di storia cefaludese, il suo primo libro: "A Gabriele Marino, mio padre,

che mi insegnò l'amore per Cefalù, e a Gabriele Marino, mio figlio, al quale sono desideroso dì trasmetterlo".

N i c o ha impiegato una vita intera a raccogliere, sistemare e studiare tutte le cose (testi, documenti, foto, oggetti, ricordi) che andavano a c o m p o r r e la storia e il patrimonio materiale e immateriale di Cefalù e, prima ancora, quello della sua

5 Angelo Pettineo, Credila u/a/criale e iii/u/aleriaie, in «Presenza del Murinldo» nn. 1-2, gennaio-febbraio 2011 (http://bit.lv/lusExkn).

6 Mario Alfredo La Grua, Puoi ancora aiutarci a non sentirci soli, a crescere, in «Cefalunews.net», 23 ottobre 2010 (http://bit.ly/lv4wngQ; http://bit.ly/lCoswgX).

' Massimo Genchi e Roberto Sottile, lessico della Cultura dialettali- ditte Madonie. I .\\liu/e//li/po//e, "Atlante Linguistico della Sicilia" diretto da Giovanni Ruffino, Centro Studi Filologici, Palermo 2010.

(18)

famiglia, con un amore e una dedizione speciali, che ha conservato fino agli ultimi giorni. Penso che mi toccherà la stessa sorte, con tutto quello che mi ha lasciato, eredità immensa e preziosa, rammaricandomi per tutto quello che invece è andato perduto per sempre: tutte le cose che sapeva o ricordava solo lui e non ha mai scritto, gli aneddoti curiosi, gli incontri importanti della sua vita di artista, che magari raccontava qualche volta, ma i cui dettagli si perdono nella nostra memoria. Nico era un appassionato vero, un accumulatore a tutto campo, un ponte tra passato e futuro. Ha dato tantissimo alla sua città e tanto ha ricevuto, tanto avrebbe ancora potuto dare e tantissimo avrebbe ancora potuto ricevere.

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C o n o s c e r e il terriotorio: Arte e Storia delle M a d o n i e Studi in m e m o r i a di N i c o Marino

II edizione

Sala delle Capriate, Municipio di Cefalù Polo Culturale Santa Maria di Gesù, Collesano

1 9 - 2 0 ottobre 2012

Venerdì 19 ottobre 2012

Sala delle Capriate, Municipio di Cefalù O r e 16.15

Discussane. Vincenzo Abbate

Saluti

- Rosario La Punzina, Sindaco del C o m u n e di Cefalù Introduzione ai lavori

- Flora Rizzo, Presidente deirArcheoclub d'Italia di Cefalù Interventi

- Marco Failla: I dipinti perduti rajjiguranti i sovrani normanni nelle torri della Cattedrale

di Cefalù

- A r t u r o Anzelmo: Note a margine sugli argentieri Nibilio e Giuseppe Gagini come metafora del tramonto dell'esperienza rinascimentale in Sicilia, con appendice sui candelabri del Gonzaga a Cefalù

- D i e g o Cannizzaro: La traditone musicale sacra a Cefalù

- Rosario T e r m o t t o : Schiavi e zingari nei paesi delle Madonie (1507-1672). Documenti invaiti

- Vincenzo Abbate: Inediti di Giuseppe Salerno a Polipi

- G i u s e p p e Spallino: Sotto il controllo del Duce. Le associazioni madonite durante il fascismo

Salutano gli intervenuti

- Maria Antonella Panzanella Marino - Gabriele Marino

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Sabato 20 ottobre 2012

Polo Culturale Santa Maria di Gesù, Collesano O r e 16.15

Discussane Rosario T e r m o t t o

Saluti

— Giovanni Meli, Sindaco del C o m u n e di Collesano

— Fausto Maria A m a t o , Assessore alla Cultura del C o m u n e di Collesano Introduzione ai lavori

— Flora Rizzo, Presidente dell'Archeoclub d'Italia di Cefalù Interventi

— Giuseppe Fazio: "L'altaro magiori cum la in imagini di marmora". Riflessioni su alcuni

arredi marmorei della Sicilia centro-settentrionale

— Salvatore Anselmo: Dipìnti, sculture, intagli e stucchi nella chiesa dì San Francesco di Petralia Sottana

— Angelo Pettineo: L'inedito ruolo di Giovanbattista Vespa nell'impianto della città ideale: dalla rifondanone di Santo Stefano dì Camastra (1683) alla ricostruzione di Catania (1694)

— T o m m a s o G a m b a r o : ha produzione ceramica di Collesano nel XVII secolo — Salvatore Farinella: Matteo e Giuseppe Garigliano pittori gangitanì del tardo Settecento.

Un primo bilancio, con una appendice su due opere inedite di Pietro Martorana e Raffaele

T Isa/li

— Rosario Pollina: Bernardo Cornelia poeta caltariititrese dell'Ottocento

Salutano gli intervenuti

— Maria Antonella Panzarella Marino — Gabriele Marino

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MARCO FAILLA

La cattedrale di Cefalù (Fig. 1), fondata da re Ruggero II nel 11311, conserva numerose testimonianze pittoriche medievali, con una cronologia che spazia dal quinto decennio del XII secolo sino alla seconda metà del XV secolo. Diverse altre testimonianze pittoriche, ricordate dalla documentazione o dai cronisti, sono invece scomparse. Tra queste rientrano cinque dipinti raffiguranti i sovrani normanni e svevi di Sicilia un tempo esistenti sulla facciata esterna della cattedrale, che per lungo tempo hanno alimentato l'interesse di cronisti, storici e storici dell'arte.

La nostra fonte di conoscenza primaria su questi dipinti si basa su di un manoscritto del XIV secolo, che ne contiene una dettagliata descrizione. Esso è il

Rollus Rubeus - Privilegia Ecclesie Cephalediiane a diversis regis et ìmperatoribus concessa, recollecta et in hoc volumim scripta, fatto realizzare nel 1329 per volere del vescovo di

Cefalù Fra' Tommaso da Butera (1329-1333), e contenente Ì più importanti documenti riguardanti Ì diritti e Ì privilegi della Chiesa di Cefalù dalla fondazione ad opera di Ruggero II, fino agli anni del vescovo Tommaso2. Tra i tanti privilegi, possedimenti, donazioni o conferme di beni alla Chiesa di Cefalù, raccolte e copiate nel manoscritto dal notaio Ruggero di Guglielmo da Mistretta assistito dal giudice di città Primo di Primo, sono descritti anche cinque dipinti esistenti a quel tempo sulla facciata esterna della cattedrale, raffiguranti delle donazioni fatte dai sovrani normanni alla Chiesa di Cefalù e, in un caso, l'imperatore Federico II e il vescovo di Cefalù Giovanni Cicala.

Il primo di questi dipinti raffigurava re Ruggero II, coronato e in vesti regali, che con la mano destra donava il modellino della chiesa cefaludese a Cristo assiso e benedicente. Sopra la testa riportava il proprio titulus, Rqgerius rex, e con la mano sinistra reggeva un cartiglio recante l'iscrizione: Suscipe, Salvator, ecdesiam et

civiiaiem Cephaludi cum omni iure et liberiate sua. Nkhil in evitate preter fellonìam, proditionem, homicidium nobis et nostris successorìbus reservamuf. L'iscrizione faceva

riferimento al privilegio dell'aprile del 1145 con il quale Ruggero II concedeva alla Chiesa di Cefalù «libere possidendum in perpetuum tam in temporalìbus quam in

1 Sulle origini e la fondazione della cattedrale di Cefalù si vedano, in particolare: C. VALENZIANO, M.

VALENZlAXO, La basilica cattedrale di (.e/a/i/ nel perìodo normanno, (. ) Thcolugos, Palermo 1979, pp. 6-20; C. FlLANGERI, Il propello delle: Cattedrale normanna. Considerazioni introduttive, in ì -a Basìlica Caiiedrale dì Cefalù. Materiali per la conoscenza storica e il restauro, Siracusa-Palermo 1985-1989, voi. I, pp. 29-34. 2 II manoscritto originale è conservato presso l'Archivio di Stato di Palermo ed è stato trascritto e pubblicato integralmente nel 1972 dal prof. Corrado Mirto (Roilus Rubens - Privilegia ecdesiae chephaieditanae a dirers/s reg/s et unperatorìhiis concessa, recollecta et in hoc rohniane scripta, traduzione ed annotazioni a cura di Corrado Mirto, Palermo 1972).

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spirituaiibus», la città di Cefalù con tutte le sue pertinenciae4'. Questa

rappresentazione, esemplare di una tradizione iconografica che affonda le proprie radici nel IV secolo d. C. e che attraverserà quasi tutto il medioevo vedendo l'alternanza di re, imperatori, vescovi, papi e ricchi facoltosi nelle vesti di donatori5 , ci riporta alla memoria il pannello musivo raffigurante Guglielmo II che offre il tempio

alla Vergine posto sopra la tribuna vescovile della cattedrale di Monreale (e

replicata anche in uno dei capitelli del chiostro), con la variante del Cristo rispetto alla Vergine6.

Il secondo dipinto raffigurava re Guglielmo I, coronato e in vestì regali, con lo scettro reale nella mano destra, mentre con il volto si rivolgeva verso il popolo presente. Sopra la testa riportava anch'egli il proprio titulus, Guilklmus prìmus Sicilie

rex, e nella mano sinistra reggeva un cartiglio recante l'iscrizione: Quod dive memorie

pater nostre ecclesiae cephaludensi concessìt, confirmamus, ratificamus et approbamus et de pia clementia nostra addìcìmus predicto dono et donamus ecclesìam Sancte Lucie de Siracusìs cum casalibus etpertinenciis suis. Accanto al titulus si trovava anche l'iscrizione: Ut rata sit

bona res qui sunt successor et heres, que prebetgeniiorpariter dare cumpatre1. L'iscrizione nel

cartiglio in questo caso si presentava inesatta, in quanto la chiesa di Santa Lucia di Siracusa venne donata alla Chiesa di Cefalù da Adelicia, nipote di re Ruggero e signora di Collesano e di Adernò, nel 11408.

Il terzo dipinto raffigurava invece re Guglielmo II, coronato e in vesti regali, con lo scettro reale posto nella mano destra e un cartiglio nella mano sinistra. Sopra la testa recava il titulus Gulìelmus secundus Sicilie rex, mentre il cartiglio conteneva l'iscrizione: Regali clementia nos heres progenitorum nostrorum concedimus que

concesserunt de benigniate cephaludensi ecclesie et presenti scrìpti robore confirmamus. Accanto

al titulus era anche l'iscrizione: Ne successores rapiant que dant genitores firmo patrum

mores, nostros superaddo favores9. In questa descrizione il notaio Ruggero da Mistretta

fece ricorso al verbo all'imperfetto, piuttosto che al presente, tanto per la descrizione del dipinto (pictus erat ibi) quanto per la relativa iscrizione (cuius scrìpture

tenor talis erat). Ciò fa supporre che al suo tempo questo dipinto si presentasse in

mediocri condizioni di conservazione e quindi di visibilità. Per quanto riguarda

4 RollusRubens..., ck., privilegio reale dell'aprile 1145, pp. 50-51.

-1 Su quello che è ritenuto l'archetipo di questo soggetto iconografico si veda: P. LlVERANI, scheda 2b "Costantino offre il modello della Basilica sull'arco trionfale", in ÌM pittura medievale a Roma. L'orinante tardoantico e le nuore immagini 312-468. Coipus, a cura di Maria Andaloro, Voi. I, Milano 2006, pp. 90-91. Sulla tradizione iconografica del committente-donatore nella pittura del Medioevo si veda: Medioevo: ì committenti, \tri del Convegno internazionale di studi (Parma, 24-26 Settembre 2010), a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Verona 2011; inoltre si veda: S. BAGCI, ad vocem "Committenza" in Enciclopedia de//', irte Mediera/e, diretta da .Angiola Maria Romanini, Roma ll)lJ4.

6 Sull'iconografìa di Guglielmo II che dona la cattedrale di Monreale alla Vergine si veda, in particolare: F. GANDOT.FO, Ritratti di committenti nella Sicilia Normanna, in Medioevo: i committenti..., cit., pp. 201-214.

' Rollus Rubens..., cit., pp. 27-28.

9 L. T. WHITE, Latin monasiicism in Norman Sici/y, Cambrige 1938, rist. Catania 1984, pp. 314-315.

(25)

invece l'iscrizione contenuta nel cartiglio, n o n si conosce nessun diploma di conferma di beni da parte di Guglielmo II alla Chiesa di Cefalù.

Il quarto dipinto raffigurava la regina Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II e moglie dell'imperatore Enrico IV di Svevia, coronata e in vesti regali, c o n il viso rivolto verso il p o p o l o . C o n la m a n o destra teneva lo scettro reale e sopra la testa recava il titulur. Constantia, Rogerii regis filia, regina Sicilie et Romanorum imperatris. C o n la m a n o sinistra teneva invece u n cartiglio recante l'iscrizione: De innata

benigniate nos Costantia Romanorum imperatrix, que concessit pater noster Rogerius Sicilie rex confimamus ecclesie Cephaludì et addicentes donamusperpetuo eidem casale Odosuer cum vhibus etpertinentiis suisw. L'iscrizione faceva riferimento al privilegio del 1196 c o n il quale

la regina Costanza d'Altavilla confermava i beni della Chiesa di Cefalù11, e al privilegio del 1198 con il quale le donava il casale Odesver, ubicato nei pressi dell'odierna contrada Buonfornello1 2. A n c h e in questa descrizione venne utilizzato

il verbo all'imperfetto sia per il dipinto che per l'iscrizione («Depicta erat ibi quidam

imago mulìerm ; «cuius scripture tenor talis erat»).

L'ultimo dipinto raffigurava l'imperatore Federico II seduto su di un faldistorio, coronato e in vesti regali, reggente lo scettro reale nella m a n o destra. C o n il volto si rivolgeva verso l'immagine di u n u o m o mitrato e in abiti vescovili, che riceveva u n cartiglio recante l'iscrizione: vade in Babiloniam et Damascum et filios

Saladini quere et verba mea eìs audacter loquere ut statum ìpsium terre valeas in melius reformare. I due personaggi riportavano sopra la testa i rispettivi titoli: Fredericus

primus imperator e lohannes episcopusn. In questo caso, se la prima dicitura si

presentava errata, in quanto si trattava dell'imperatore Federico II, la seconda faceva riferimento al vescovo Giovanni Cicala, in carica sulla cattedra di Cefalù dal 1196 al 1216 e fratello del conte di Collesano Paolo Cicala14.

Nella descrizioni veniva precisato che le raffigurazioni si trovavano «in

pariete porte regum in ìpsius ecclesìe campanario pietà», ossia nella parete di una delle torri

della facciata della cattedrale adibita a campanile; che la parete in cui si trovavano le raffigurazioni era dipinta di bianco e che nel caso del secondo dipinto, quello riguardante Guglielmo I, il p o p o l o raffigurato nella scena si trovava rappresentato nella parete opposta.

Il motivo della trascrizione di questi dipinti all'interno del Rollus Rubens è riportato invece nella premessa che precede ogni descrizione. Il vescovo T o m m a s o , t e m e n d o che queste testimonianze potessero deperire a causa

111 Rollus Rubens..., cit., p . 30.

11 R. D E SIMON]'., / documenti dì età federìciana, in Federico lì e lei Sicilia. Dalia terra alla corona, < della mostra (Palermo, Rcal Albergo dei Poveri, 16 dicembre 1994 - 30 maggio 1995) a cura di Maria Andaloro, Palermo 1995, rist. Siracusa 2000, voi. I, p. 37.

12 Rollus Rubens..., cit., p. 21.

13 Ivi, pp. 31-32.

14 Sul vescovo Giovanni Cicala si veda: G. MTSURACA, Serie chi rescori dì Cefali/, Roma 1960, pp. 19-20; N . KAMP, advocem Cicala, Giovanni di, in Dizionario biografico diali italiani, Voi. 25 (1981).

(26)

dell'acqua o del tempo («quod tìmens ne scriptum infrascrìpta modo aliquo deleatur [aqua

vel\ antiquitate») e si perdesse in tal modo il ricordo delle donazioni regali fatte alla

chiesa di Cefalù dai sovrani normanni («et memoriam regalium donationium jactarum

sancte ecclesiae de pìcto albo pariete valeat deperire»), si premurava di farle trascrivere

pubblicamente «ad perpetuam rei memoria reservanda». Pertanto il notaio e il giudice, alla presenza di testimoni, premettendo che le iscrizioni trovate non presentavano nessuna cancellazione né alterazione («ipsam scrìpturam vidimus et legimus non deletam

nec etiam vitiatam»), dichiaravano di trascriverne fedelmente i contenuti «nihìl addendo pel minuendo nec etiam immutando». L'interesse del vescovo non risiedeva quindi nel

salvaguardare i dipinti in quanto tali, ma in quanto importanti testimonianze di privilegi concessi dai sovrani normanni alla Chiesa di Cefalù.

Correvano infatti tempi difficili per quest'ultima: l'afférmazione nel territorio della diocesi di una famiglia feudale molto potente e ambiziosa, i Ventimiglia, aveva cominciato a recare non pochi problemi all'erario della curia cefaludense. Sempre più spesso infatti ì diritti e ì possedimenti della Chiesa di Cefalù erano divenuti oggetto di abusi e usurpazioni, con una escalation divenuta nel corso del tempo sempre più preoccupante, per far fronte alla quale il povero vescovo Tommaso prendeva l'iniziativa di fare redigere il Rollus Rubeus15. Per la

propria solerzia questo vescovo fu vittima egli stesso dei soprusi dei Ventimiglia, come ricordato nella sua biografia contenuta nel Rollus Rubeus («òic patitur

persecutiomm a magnìficis lajciis quìa non alìenant tunnarìas et Sìnìscalcum et privilegia Tuse»*6

). Anche il Carandino e il Passafiume, nelle loro note biografiche sul vescovo Tommaso da Butera, ne ricordano il grande impegno per la difesa dei diritti della Chiesa di Cefalù («omnia privilegia, et iura Ecclesiae scribenda curawttP) e le persecuzioni subite per questo (<<hk persecutiones passus est, quia multa alienare recusavit,

amicitia Dei pluris exstimans, quam secularìum ruìnas», "stimando di più l'amicizia di

Dio che le minacce degli uomini"18). Ritorniamo quindi ai nostri dipinti. Dopo le descrizioni del 1329, tanto gli storici (Carandino, Pirri, Gregorio, Misuraca) che gli storici e i critici dell'arte (Clausse, Serradifalco, DÌ Marzo, Lazarev, Demus), hanno mostrato sempre un certo interesse verso queste raffigurazioni.

l j Su questo fenomeno si veda: V. D ' A L E S S A N D O , Ver una storia di Cefalii m>! Medioevo, in ÌM Basilica Cattedrale...cit., voi. VII, pp. 14-24; H. BRESC, Malvicino: la montagna tra il vescovato e il potere temporale, in Potere religioso e potere temporale a Cefalù, Atti del Convegno Internazionale (Cefalù 7 - 8 aprile 1984), Palermo 1985; S. FODALE, I Ventì/i/igiia. il papato e la Chiesa di Cefali) nei Xll ' secolo, in Potere religioso e potere temporale, Op. Cit.; N . MARINO, I Ve/itiimpia nella stona e nell'assetto urbano di Ce/ali/, in Alla corte dei I 'entii/ihjia. Storia e conniiitlen-~a artistica. Atti del convegno di studi (Ceraci Sìculo, Cangi, 27-28 giugno 2009) a cura di Giuseppe Amistà, Bagheria 2010, pp. 87-89.

16 Rollus Rubens..., cit., p . 33.

17 B. PASSAFIUME, De origine ecclesiae ceplxdcdìtanne elusane urbis, et diocesi' brevis descriptio, Venezia 1645, p. 67.

18 B. C A R A N D I N U S , Descriptio tot'ms licclesiae Cephaledi/anae, Diocesis, Privilegiontn/ ne !ipiscopontvi ipsii/s, Mantova 1592, p . 122.

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Il Carandino, in particolare, è il p r i m o a parlare n u o v a m e n t e dei dipinti d o p o le descrizioni del 1329. Egli ne dà una resoconto m o l t o dettagliato traendo le informazioni dal Rollus Rubeus, in quanto lo stesso scriveva, n o n senza u n tocco di rammarico, c o m e dei dipinti al suo t e m p o (1592) n o n vi fosse più traccia, cancellati a parer suo dall'ingiuria del tempo1 9.

U n secolo d o p o il Carandino su queste raffigurazioni ritornava il Pirri, il quale affermava che al suo t e m p o si vedeva su una parete della cattedrale la scena raffigurante Federico II e il vescovo Giovanni realizzata a mosaico («Nosterjoannes,

ac Fridericus Imperniar musivo opere in templi pariate bac insaiptione ckpicti muntimi).

L'abate, collegando questa raffigurazione con quanto scritto nel Rol/us Rubens circa la vita del vescovo Giovanni Cicala, narra che questo vescovo venne inviato dall'imperatore Federico II in oriente per una missione diplomatica, ma l'imperatore durante la sua assenza ne approfittò p e r fare trasferire i due sarcofagi di porfido fatti realizzare nel 1145 da Ruggero II per la cattedrale di Cefalù nella cattedrale di Palermo. Rientrato dalla missione e v e n u t o a conoscenza dell'accaduto, il vescovo fece scomunicare l'imperatore, il quale o t t e n n e la revoca della scomunica soltanto d o p o aver d o n a t o il feudo Cultura alla Chiesa di Cefalù a titolo di risarcimento2 0. La notizia fornita dal Pirri circa l'esistenza al suo tempo della scena raffigurante il vescovo Giovanni Cicala e Federico II risulta p e r ò priva di fondamento, in q u a n t o si è detto c o m e il Carandino, che aveva scritto m o l t o t e m p o prima di lui, testimonia come dei dipinti n o n vi fosse già più traccia. A n c h e il fatto che questa scena fosse realizzata a mosaico appare di conseguenza p o c o credibile, notizia che tuttavia verrà riportata a catena nell'arco di due secoli rispettivamente dal Clausse21, dal D i Marzo, dal Pietarsanta2 2, dal Gregorio2 3 e infine da D e m u s .

Gioacchino DÌ Marzo, oltre un secolo d o p o dal Pirri, aggiungeva a quanto scritto da quest'ultimo che «i fatti più rilevanti in proposito di essa (la Chiesa di Cefalù) nelle esterne pareti del tempio veniano a musaico figurati; e sin da Guglielmo II, che eravi espresso in alto di conferir concessioni, si venia sino all'ambasceria commessa al vescovo da Federico»2 4, dimostrandosi quindi soltanto parzialmente a conoscenza dei fatti.

19 B. CARANDINL'S, Desaiptio totius Ecclestae, cit., p. 23. Il Carandino annotava anche la presenza sulla facciata della cattedrale di un dipinto molto rovinato raffigurante la Vergine e San Cristoforo, posto nella parete a destra del portale d'ingresso, e di un dipinto raffigurante Cristo benedicente posto sopra lo stesso portale.

20 R. PlRRT, Sicilia Sacre, Disquisìtìonibus, et notitiis illustrata, Panormi 1733, tomo II, p. 805.

21 G. CLAUSSE, Les Mouumeuts chi Cbristianisme cut Moyen Age. ìiasi/ic/iks et Mosa/cjnes Cbretìénnes. Italie — Siale, Tomo II, Paris 1893, pp. 110-111.

22 D . L o FASO PlETRASANTA, Del Duomo di A hnmde e di ultir chiese siculo-normanne, Palermo 1838, p. 75.

23 R. GREGORIO, Dei Reali sepolcri della maggior chiesa eli Palermo, Napoli 1784, p. 4.

24 G. D i MARZO, Delle belle arti in Sicilia. Dai normanni sino al secolo XVI, Palermo 1858-1870, voi. II, p.

(28)

Anche lo studioso austriaco Otto Demus si mostra dell'opinione che queste raffigurazioni fossero dei mosaici, certamente sulla scorta della testimonianza del Pirri via via riportata dagli altri studiosi, precisando però che la natura musiva di queste raffigurazioni non era chiaramente espressa nel Roilus Rubens. Secondo il Demus i dipinti costituivano dei pannelli dedicatori, estranei al programma musivo originale della chiesa in quanto aggiunte postume, e realizzati o nel periodo contemporaneo al personaggio raffigurato, o come una sorta di cronaca monumentale della chiesa cefaludense realizzata nel XIII secolo, cioè nel periodo relativo all'ultima scena del ciclo, da cui escludere però il primo pannello, in quanto consistente verosimilmente nel pannello dedicatorio originale di Ruggero IL Egli datava l'ultima scena entro gli anni compresi tra il 1226, quando un'ambasciata siciliana guidata dall'arcivescovo Berardo di Palermo si proponeva di condurre negoziati con i figli del sultano Saladino, e alla quale di conseguenza avrebbe preso parte il vescovo Giovanni Cicala, e il 1228-1229, quando Gerusalemme veniva conquistata dall'imperatore25.

Sulla base dell'interpretazione proposta da Demus circa l'ultima raffigurazione, Joseph Deér osservava come di conseguenza non vi fosse nessuna correlazione tra la missione del vescovo Giovanni Cicala presso i figli di Saladino e il trasferimento dei sarcofagi a Palermo, in quanto la prima si sarebbe verificata dopo la seconda e oltretutto i due fatti sarebbero avvenuti in tempi molto distanti tra di loro26. Sappiamo però che il vescovo Giovanni Cicala, chiaramente identificato nel dipinto, morì nel 1216, e sostituito due anni dopo dal vescovo Arduino II, rimasto in carica sulla cattedra di Cefalù fino al 123827. Quindi di conseguenza egli non potè prendere parte all'ambasceria guidata dall'arcivescovo Berardo. Si è visto inoltre come le iscrizioni in alcune scene presentino diverse inesattezze, condizione impensabile per dei pannelli dedicatori.

Più recentemente su queste raffigurazioni è tornato Vladimir Zoric, il quale ne ha interpretato il significato in una pesante rivendicazione. Secondo lo studioso infatti la chiave di lettura dell'intero ciclo risiederebbe nell'ultimo dipinto: questo, oltre a non mostrare l'imperatore Federico II nell'atto di concedere o confermare privilegi come i suoi predecessori, lo raffigurava al contrario nell'atto di inviare un vescovo lontano dalla propria diocesi, con una accezione quindi negativa. Il dipìnto, messo a confronto con gli altri, suonava come una vera e propria nota stonata nello spartito composto dalle cinque raffigurazioni, che non avrebbe avuto nessun senso se non quello di mettere in cattiva luce l'immagine dell'imperatore rispetto ai suoi predecessori, prodighi e magnanimi di privilegi nei confronti della Chiesa di Cefalù28. Ma quale il motivo di tale rivendicazione?

2? O. DF.MUS, The musata oj' nonuan Sìcily, I .ondon 1949, p. 10.

26 J. DEÉR, The dyuast/i/>o/pln:r; ,'o/i/ijs of the ìionmrn period in Sicily, Cambridge 1959, p . 19. 27 MiSURACA, Serie dei vescovi..., cit., pp. 20-21.

28 V. ZORIC, II cantiere delia Cattedrale di Cefali/ ed / suoi costruttori, in La Basilica Cattedrale..

(29)

Dal Rollus Rubeus sappiamo che il vescovo Giovanni Cicala venne inviato da Federico II, «dolo et fraude» (con l'inganno) come ambasciatore per conto suo a Babilonia. Durante la sua assenza l'imperatore fece trasferire i sarcofagi dalla cattedrale di Cefalù a quella di Palermo («et dum vadit, ipse Fredericus transtulìt dolo

sepulcra porphyrea, quae erant Cephaludi, Panormum»). Quando il vescovo al suo rientro

venne a conoscenza dell'accaduto scomunicò Federico II, il quale insieme ai sarcofagi aveva spogliato la cattedrale di molti altri beni («etpostquam Episcopus rediit

excommunkavit ìmperatorem ìpsum, qui mm dictis sepulcris postmodum spoliavit Cepbaludensem Ecclesiam multis Tbesauris»), ritirando la scomunica soltanto dopo che

l'imperatore ebbe donato la tenuta di Cultura alla Chiesa di Cefalù («qui in

absolucione sua dedit terrìtorìum Culturae Cephaludensi Ecc/esiae»)29.

Nella realtà dei fatti, se non abbiamo nessun'altra testimonianza documentaria circa la missione diplomatica condotta dal vescovo Giovanni Cicala per conto di Federico II oltre a questa, è invece molto noto l'episodio con il quale, prima del mese di settembre del 1215, Federico II faceva trasferire Ì due sarcofagi di porfido dalla cattedrale di Cefalù nella cattedrale di Palermo.

Secondo il Deér architetto dell'operazione del trasferimento dei sarcofagi da Cefalù a Palermo sarebbe stato l'arcivescovo di Palermo Berardo Castagna, in quel periodo il più stretto consigliere spirituale e amico personale di Federico II, desideroso come un suo predecessore, l'arcivescovo Gualtiero, di affermare il ruolo di sepolcreto reale della cattedrale di Palermo3". Berardo Castagna, già arcivescovo di Bari, veniva eletto arcivescovo di Palermo nel settembre del 1213 da papa Innocenzo III. Designato l'anno prima dallo stesso pontefice come legato pontificio presso Federico II, finirà per divenirne uno dei più fedeli e autorevoli consiglieri personali per diversi anni a seguire31. In quello stesso torno di anni Federico II, in correlazione con Ì progetti di crociata del papa, doveva inviare il vescovo Giovanni Cicala a Damasco e al Cairo per condurre trattative

29 Rollus Rubens..., cit., pp. 32-33.

30 J. DEÉR, The dynasticporphyty..., cit., p p . 18-19.

Sulla vicenda del trasferimento dei sarcofagi reali dalla Cattedrale di Cefalù alla Cattedrale di Palermo

si vedano inoltre: V. D'AURIA, Dell'Origine ed antichità di Cefali/ Citte piacen/issima dì Sicilia, Palermo

1656, p . 50; G. D i MARZO, Delle belle arti..., cit., pp. 258-260. Sui due sarcofagi di porfido fatti realizzare da Ruggero II per la Cattedrale si vedano invece, oltre alla pioneristica opera di F.

D Wir.i.r., / regali sepolcri chi Duomo dì Palerà/ti riconosciuti e illustrati, Napoli 1784, II list. Napoli 1859 ed

alla citata opera del Deér: E. BASSAN, scheda 1, p. 37 e scheda 2, pp. 39-40 in Federico II e la

Sicilia...cit, voi. I; M. ANDALORO, Per la conoscenza e la conservazione delle tombe reali delia Cattedrale dì Palermo: linee storiche e storico-artistiche, in 11 su reo/ago ckiì'imperatore. Studi, ricerche e indagini sulla tomba di Federico II nella Cattedrale di Palermo 1994-1999, Palermo 2002, pp. 135-148; F. GANDOLFO, La scultura,

in Storia di Palermo, a cura di Rosario La Duca, Palermo 2003, voi. I l i , p p . 220-225; F. GANDOLFO, Il Porfido, in Xobilcs Offc/uae. Perle, filigrane e traine di seta dal Palalo Reale di Palermo, catalogo della mostra (Vienna, Kunsthistonsches Museum, 31 Marzo - 13 Giugno 2004; Palermo, Palazzo dei Normanni, 17 Dicembre 2003 - 10 Marzo 2004) a cura di Maria Andaloro, Palermo 2006, voi. I, pp. 205-209.

31 Sull'arcivescovo Berardo Castagna si veda: E. PlSPISA, ad voce-m Berardo di Castagna, in Federico 11. ìinciclopedia federìciana, Istituto della enciclopedia italiana, Roma 2005.

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diplomatiche. Risoltesi senza dubbio con un nulla di fatto, visto che nel corso del IV Concilio Lateranense apertosi a Roma nel 1215 e al quale lo stesso Giovanni Cicala partecipò, riferendo certamente anche degli esiti della sua missione diplomatica32, veniva presa la decisione di indire una crociata. La missione diplomatica del povero vescovo Giovanni Cicala, avvenuta in coincidenza con il trasferimento dei due sarcofagi, lascerebbe intendere che essa fu soltanto un atto studiato dall'imperatore per dare vita al suo progetto.

Sulla base dei dati storici Ì due episodi sembrano quindi collegati: allontanato il vescovo di Cefalù dalla propria cattedra con l'inganno di una falsa missione diplomatica, e con uno dei suoi più stretti e fidi collaboratori sulla cattedra palermitana disponibile ad accogliere i due sarcofagi nella sua chiesa, Federico II, allora poco più che ventenne, ne approfittò per dare vita al progetto di trasferimento delle due tombe reali nella cattedrale di Palermo, dove si trovano ancora oggi33.

Stando cosi le cose l'interpretazione dei dipinti proposta da Zoric appare di conseguenza la più convincente, in quanto la più coerente sia con Ì dati storici che con il presunto carattere recriminatorio delle raffigurazioni. Anche l'iscrizione che affiancava il titulus di Guglielmo II, dai caratteri ammonitori contro i successori affinché "non rubino ciò che Ì loro genitori hanno donato con vigore", sembra ribadire ulteriormente l'ipotesi dello studioso.

Nel settembre del 1215 Federico II donava alla Chiesa di Cefalù il feudo

Cultura «in reconpensationem duorum sarcopbagorum porphyreticorum quos ab ecclesia

Cepbaludensi ad Panormitanam transferi iussit prò sua et patris sui sepultura»34,

concludendo definitivamente in tal modo, almeno per quanto ci è noto, i contrasti sorti con la Curia di Cefalù a causa del trasferimento delle tombe reali da Cefalù a Palermo.

Negli altri casi in cui gli studiosi si sono occupati di questi dipinti, come visto, l'accento è stato posto sempre su un loro valore celebrativo e commemorativo, in quanto interpretati come una manifestazione di riconoscenza e di gratitudine da parte della Chiesa di Cefalù nei confronti della magnanimità dei sovrani normanni, o come una testimonianza del prestigio della Curia cefaludense, in quanto destinataria di numerosi privilegi da parte di questi ultimi. Ma che non si trattasse di raffigurazioni dedicatorie ce lo dice la Storia: se appare plausibile che la

32 N . KAiMP, tidrocem Cicala, Giovanni di, cit.

33 Nell'aprile del 1215 l'arcivescovo Berardo riceveva da Federico II un privilegio di conferma dei privilegi concessi al suo predecessore, l'arcivescovo Parisio, e la concessione di altri doni, tra cui il castello di Caccamo. In tali circostanze Federico riconosceva «devotionem et ftdem atque sincerai» sdìiìàtudììu-iìì et cfiiitliaws hdmres prò nobis etpviiaila lien/rdi Paimwitanì ardì/episcopi, expertì fidc/is et fo.iì/iliarìs

nostri» Q. L. HuiLLARD - A. BRRUOI.LES, ì Ustoria D/pion/aì/ca I I/storia diplomatica Vri de ria Secarteli, 12

voli., Parigi 1852-61, voi. I, p . 372). Ci si chiede se dietro alla concessione di questo privilegio ed ai «coniuwos labores prò nobis et pericula» n o n vi sia anche il trasferimento dei due sarcofagi da Cefalù a Palermi >.

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Chiesa di Cefalù possa aver voluto esprimere un tributo di riconoscenza nei confronti dei sovrani normanni, appare del tutto inverosimile pensare che la stessa abbia voluto concedere la stessa riconoscenza all'imperatore Federico II, cioè a colui che oltre ai sarcofagi di porfido e a molti altri beni, nel 1223 sottraeva alla Curia cefaludense anche il castello sulla rocca, presidio fortificato di grande importanza strategica in virtù della sua ubicazione a ridosso della marchia

sarracenorum, privandola anche dei proventi derivanti dal porto3-"1, e ancor di più a

colui che sarà l'artefice della nota persecuzione nei confronti del vescovo di Cefalù Arduino II (1217-1238), che tra accuse, processi e allontanamenti forzati del vescovo dalla propria cattedra si concluderà soltanto nel 123836.

Realizzati all'esterno della cattedrale alla vista di tutti, i dipinti rappresentavano quindi un vero e proprio atto d'accusa pubblico nei confronti dell'imperatore, concepito «da chi non aveva altri mezzi disponibili per lottare in difesa dei propri diritti lesi dalla prepotenza sovrana»37. Accogliendo l'interpretazione dei dipinti proposta da Zoric, possono essere fatte di conseguenza due considerazioni: innanzitutto, i dipinti dovettero venire realizzati certamente prima del mese di settembre del 1215, data della transazione pacificatoria tra Federico II e la Chiesa di Cefalù; poi, per il loro carattere estemporaneo e recriminatorio, appare alquanto improbabile che potesse trattarsi di mosaici, data la natura preziosa ed aulica di questo medium artistico. Scartata del tutto anche la natura celebrativa di questi dipinti, i dati storici ci raccontano quindi che sia alla base della loro realizzazione che della loro descrizione del 1329 vi fu un elemento di base comune: episodi di rapine e di usurpazioni ai danni della Chiesa di Cefalù, cui seppero rispondere con grande fermezza due intraprendenti vescovi, Giovanni Cicala e Tommaso da Butera.

Dopo le descrizioni del 1329 non si ha più nessuna notizia di questi dipinti fino al Carandino, quando come detto non esistevano più. Certamente i dipinti, sotto la prolungata azione dell'acqua e del vento (il grande portico a tre arcate inserito nella facciata della cattedrale verrà realizzato soltanto circa due secoli e mezzo dopo) furono soggetti ad un lento ma progressivo deterioramento, e infatti si è osservato come al tempo del vescovo Tommaso due di essi fossero già in fase di degrado. La realizzazione del grande portico a tre arcate (cfr. Fig. 1) realizzato dal magister Ambrogio da Como (1471 -1472) con un successivo intervento dell'architetto netino Matteo Carnilivari, ne dovettero determinare la totale scomparsa38. Ma non la memoria.

35 Rolius Rubens..., c i t , doc. del luglio 1266, p. 110.

ìó Per questa vicenda si veda: V. D'ALESSANDRO, Terra, nobili e borghesi ne/hi Sialiti n/edìmiìe, Palermo 1994, pp. 79-80; C. V A L R N Z I A N O , Processo. L'imperatore Federico II e il vescovo Arduino II, Agrigento 2001.

37 V. ZORIC, Il cantiere delia Cattedrale..., cit., p. 172.

38 La stessa ipotesi era stata formulata da D e m u s , che datava però la realizzazione del portico al 1480 forse basandosi su quanto scritto dal Clausse, il quale aveva individuato tale data in u n o dei capitello

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Una reminiscenza di queste raffigurazioni la si ha infatti ancora nel Seicento, quando vennero realizzate quattro tele raffiguranti quattro dei cinque soggetti originari, e collocate nelle pareti laterali del bema entro quattro grandi nicchie rettangolari contornate da cornici in stucco. I quattro dipinti, oggi conservati nella sagrestia della cattedrale, ci mostrano una ricostruzione delle scene piuttosto soggettiva e contestualizzata al periodo storico della realizzazione delle quattro tele, costituendo però un interessante documento storico legato a questa vicenda39 (Figg. 2-5). La prima di queste, Ruggero II dona la chiesa di Cefalù al

Salvatore, reca dipinto in basso a sinistra lo stemma del Vescovo Marco Antonio

Gussio (1644-1650), quindi verosimilmente è a lui che si deve la committenza del ciclo.

Ma di questi dipinti sembra essersi conservata la memoria anche nella denominazione con la quale viene ricordato tuttora l'ingresso principale della cattedrale: la porta regum, "la porta dei re", che non lascia altro spazio all'immaginazione se non che pensare possa aver tratto questo appellativo regale proprio dai dipinti raffiguranti Ì sovrani normanni e svevi di Sicilia, un tempo esistenti all'esterno della cattedrale di Cefalù411.

Fig. 1. Cefalù, Cattedrale. Prospetto principale con il portico quattrocentesco.

Fig. 2. Ignoto pittore del quinto-sesto decennio del XVII s e c , Ruggero II offre la chiesa di Cefalù al Salvatore. Cefalù, cattedrale.

Fig. 3. Ignoto pittore del quinto-sesto decennio del XVII s e c , Guglielmo I conferma la donazione del padre alla Chiesa di Cefalù. Cefalù, cattedrale.

Fig. 4. Ignoto pittore del quinto-sesto decennio del XVII s e c , L'imperatrice Costanza d'Altavilla conferma i privilegi concessi alla Chiesa di Cefalù dal padre Ruggero II. Cefalù, cattedrale.

Fig. 5. Ignoto pittore del quinto-sesto decennio del XVII s e c , Federico II invia diplomatica il vescovo Giovanni Cicala. Cefalù, cattedrale.

(Figg. 2-5 tratte da: C. Valenziano, Processo. I .'imperatore V'ederico II..., cit., pp. 123-126)

del portico (G. CLAUSSE, Les Monumenti da (.'J.mstianisme..., cit., nota 1 a p . 107). Relativamente alle possibili motivazioni della scomparsa delle cinque raffigurazioni, la stessa idea del D e m u s è stata espressa anche dalla studiosa Maria Andaloro (M. AxDALORO, scheda 6.7-1 in MateriaU per la conoscenza storica e il restauro di una cattedrale. Mostra di documenti e testimonianze jhjiraiire della Basilica rn^i-riaiia di (icfalù, Palermo 1982, nota 13 a p. 127).

jl) Sulle quattro tele si veda: T. VlSCUSO, La decorazione della protesi e del presbiterio, in \ A Basilica Cattedrale..., cit., voi. V I I , pp. 86-87.

40 A conferma di tale ipotesi, si riporta che anche lo stesso Catandino sottolineava l'importanza di tale porta sulla base della presenza delle raffigurazioni dei sovrani normanni e svevi un t e m p o li esistenti (B. CARANDINUS, Descriptio totius ìiccksìae..., cit., p . 23).

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ARTURO ANZELMO

«Nel campo della ricerca storica non esistono opere definitive. Tanto nuovi ritrovamenti quanto diverse sensibilità e inedite costellazioni interpretative invitano, infatti, a vedere con occhi nuovi persino argomenti ampiamente indagati e a

rammentare come essi siano inesaurìbili.»

Daniele Pisani {Casabella 818, ott. 2012) Alle non poche fatiche del DÌ Marzo1 (sulle quali un sereno giudizio non può che prendere atto dei moltissimi pregi più che essere demolitore2), al di la di quanto lo stesso Studioso avesse voluto vedere nella serena compostezza delle creazioni di Antonello Gagini il massimo raggiungimento della rinascenza isolana, non disgiunta la sua opinione circa un "declinare del gusto" laddove tra gli artisti affermatisi nella seconda metà del Cinquecento ed i primi del secolo successivo più forte si fa sentire l'eco della Maniera è imputabile il perdurare di preconcetti, il formarsi di veri e propri miti attorno a figure di notevole spessore. In questo senso l'espressione dell'Accascina3 da cui estrapolo parte di un più lungo periodo:

«Tutto in Sicilia è Gagini [...]» e la recente provocazione di Giovanni Travagliato che

a proposito de' I Gagini e la scultura in Sicilia..., del DÌ Marzo ne propone la parafrasi

«La Scultura in Sicilia nei secoli XVI e XVII... e i Gagini» invitando a porre

«attenzione, piuttosto che su questi ultimi -o solo su di essi-, su gli altri contemporanei artefici [„.]»4.

La vicenda storica dell'arca di San Giacomo in Caltagirone, non disgiunta dalle umane vicissitudini che vedono il succedersi della scomparsa (1607) di Nibilio Gagini -che ne avvia e porta a buon punto l'esecuzione- e del figlio Giuseppe (1610) -che lascia l'opera incompiuta- offre esempio del tutto calzante, pur sottolineandone il portato nella storia dell'arte orafa ed argentiera, di come un'opera o una figura d'artista pongano "resistenze" critiche e, alla luce di quanto la ricerca continua ad esitare, di quanto relativa possa essere l'attribuzione di opere

1 G. D i Marzo, / Curi/ni e la scultura in Sicilia nei secoli X\ 'e -VT-^7, Palermo 188(!-l 883.

2 Si citano in proposito gli interessanti saggi in S. LA BARBERA (a e. di ), Gioacchino Di Alarlo e la

Critica d'Arte nell'Ottocento in Italia, Palermo 2004.

3 Giornale di Sicilia, 1 agosto 1935.

4 G. TRAVAGLIATO, "Sulla scultura in Sicilia nei secoli XVI e XVII: non solo i Gagini. Regesti documentari inediti ad integrazione degli si'udì dì Gioacchino Di Manv". in S. l.A BARBERA (a e. di J, Gioacchino Di Mar^o e la Critica d'Arte ..., Palermo 2004, pp. 304.

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